Sei sulla pagina 1di 192

Luca M ontersino

Peccati di gola
La scuola di pasticceria
Copyright ‘ Sitcom Editore

‘ Sitcom Editore s.r.l.


Tutti i diritti riservati

Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, o altro, senza
l’autorizzazione scritta dell’editore.

Sitcom Editore s.r.l.


Via Attilio Benigni 59
00156 – Roma
sitcomeditore@sitcom.tv
www.sitcomeditore.tv

Autore
Luca M ontersino

Progetto Grafico
Sitcom Editore

Fotografie
R. Sammartini

Impaginazione
Bianca&Volta

Supervisione Testi
M aria Abruzzese

Segreteria Organizzativa
Gioia Quattrocchi

ISBN: 978-88-6107-199-5

In copertina
Fronte e bandella: F. Brambilla e S. Serrani
Foto pagina 4: F. Brambilla e S. Serrani
Sommario
Il perché delle 8 basi

Prima di cominciare… qualche segreto

Il pan di Spagna

La pasta frolla

La pasta per bignè

La pasta sfoglia

La crema pasticciera

La pasta brioche

La meringa italiana

La dacquoise

Glossario

Indice alfabetico
Il perché delle 8 basi

La pasticceria è una scienza perfetta, dove la bilancia la fa da padrona. A differenza della


cucina, arte emozionale e viscerale, la pasticceria necessita di molta tecnica, dosi giuste e
precise bilanciature degli ingredienti. Nulla, dunque, deve essere lasciato al caso, soprattutto
per quanto riguarda le basi, le cui preparazioni meritano una specifica attenzione. Solo con
una profonda e completa conoscenza delle reazioni chimico/fisiche e dei ruoli che ciascun
ingrediente compie all’interno delle ricette, si riesce a comprendere fino in fondo la
preparazione e, spesso, anche a risolvere le problematiche in cui ci si può imbattere.
A chiunque sarà capitato che, cambiando un ingrediente, per esempio una farina forte con una
più debole, abbia ottenuto un risultato completamente diverso. Dal canto mio, ho sempre
avvertito la necessità di dare una spiegazione a tutto: questa è la ragione principale del perché
ho scelto di prestare attenzione alle basi della pasticceria. Di preparazioni creative è pieno il
mondo: sono molteplici i libri e i siti internet che raccolgono ricette, ma pochi quelli che si
soffermano sui processi preparatori delle basi. L’intera pasticceria, o quasi, si raccoglie
intorno a queste 8 basi, dalla cui combinazione si ottengono svariate ricette che, con un tocco
di personale creatività, possono non trovare mai fine.
È importante definire correttamente ogni preparazione, in modo da uniformare il linguaggio e
limitare inutili incomprensioni. Faccio qualche esempio: nel descrivere un dolce, spesso il
semifreddo viene definito parfait (solo perché l’uso della lingua francese rende il menu più
elegante), oppure il bisquit viene chiamato pan di Spagna o il croissant indicato con il termine
brioche.
Poiché la scarsa informazione genera confusione nel consumatore, questo libro nasce
dall’esigenza di fornirvi lo spunto necessario per approfondire al meglio le vostre
conoscenze. Ed è solo l’inizio!
Prima di cominciare… qualche segreto!

LE TORTE DA FORNO
Le torte da forno costituiscono il patrimonio più importante della nostra pasticceria classica.
Prima dell’avvento della pasticceria moderna, proveniente in gran parte dalla Francia, le torte
da forno costituivano la parte principale dell’arte dolciaria italiana. Tuttora, anche se presenti
tante altre specialità provenienti da tutto il mondo, i dolci al forno restano sempre molto
apprezzati.

Nei prossimi passaggi, vi voglio spiegare sinteticamente quali sono le condizioni affinché una
torta lieviti e quali gli inconvenienti che avvengono di frequente.

Prima di chiarire tutti gli imprevisti che si possono incontrare nella realizzazione delle torte
da forno, forse è bene che vi indichi che cosa accade durante l’importante fase della cottura.

Le condizioni perché un dolce si sviluppi in forno sono essenzialmente tre:

1. l’aggiunta, nella ricetta, di lievito chimico;


2. l’inserimento di lievito di birra;
3. l’aggiunta di aria all’interno della massa.

È chiaro che, se aggiungiamo nella preparazione il lievito chimico (o baking), questo agirà con
il calore, sprigionando dei gas che tenderanno ad andare verso l’alto, facendo aumentare di
volume il dolce. È importante non aprire il forno, né togliere la torta quando la cottura non è
ancora completata. Questo causerebbe la dispersione dei gas, non essendosi ancora coagulate
né le proteine della farina (glutine), né quelle delle uova. Inoltre, con l’apertura del forno, si
avrebbe la tipica discesa del dolce con la conseguente formazione di un incavo nel centro.
Ecco perché, a volte, la vostra torta non riesce.
Se utilizzate il lievito di birra negli impasti, poiché si nutre in modo rilevante di glutine,
dovete prestare particolare attenzione alla farina che andrete a impiegare. In questo caso, vi
suggerisco l’uso di farine “forti”, in quanto ricche di glutine. Inoltre, mentre il baking fa
aumentare il dolce solo in fase si cottura, con il lievito di birra lo sviluppo e la lievitazione si
hanno sia nella fase preparatoria, di impasto e di riposo, sia in quella finale di cottura.

Se, nell’aumentare di volume verso l’alto, la maglia glutinica che si è formata durante la fase
dell’impasto non è abbastanza resistente, questa cede, precipitando verso il basso e
compromettendo la riuscita del dolce. Per questo motivo in alcune preparazioni, prima di
impastare tutti gli ingredienti, è necessario preparare la “biga”, un preimpasto lievitato che ha
la funzione di rinforzare quello finale. Questo processo avviene perché nella biga, non
essendoci altri ingredienti (come grassi o sale) al di fuori della farina, il lievito si sviluppa al
massimo delle sue potenzialità, consentendo una crescita maggiore dell'impasto, oltre a
espandere aromi più fini rispetto a una ricetta preparata con il metodo diretto.

Infine, la lievitazione può avvenire attraverso l’inserimento di aria nella massa. Generalmente,
l’aria si incorpora nelle uova, negli albumi oppure nella preparazione di specifiche ricette,
come l’impasto del pan di Spagna. Vi consiglio di fare questa operazione con una frusta
elettrica, in modo da incorporare più aria possibile al composto; tutti gli altri ingredienti,
invece, andranno aggiunti a mano con una spatola, effettuando il classico gesto “dal basso
verso l’alto”, in modo da non fare fuoriuscire l’aria incorporata, preziosa per la sofficità del
dolce.

È necessario, inoltre, imburrare e infarinare accuratamente le teglie, così da non avere la


brutta sorpresa che il pan di Spagna, seppure di ottimo aspetto, non si stacchi dallo stampo.
Solitamente, si utilizza un pennello da cucina intinto nel burro fuso o nell’olio extravergine di
oliva, se si sta realizzando un dolce senza i latticini. Ricordatevi di accendere il forno prima
di iniziare a realizzare la vostra ricetta, altrimenti rischierete di avere l’impasto pronto prima
che il forno abbia raggiunto la temperatura giusta. Questa accortezza diventa fondamentale in
alcune preparazioni, le cui masse, appena montate devono essere subito infornate. Se restano
troppo tempo nelle teglie prima della cottura, l’aria inglobata dalle uova fuoriuscirebbe,
compromettendo la sofficità.

LA CONFETTURA
L’estate ci fornisce tantissima frutta, colorata, accattivante e anche a un prezzo competitivo.
Ecco perché ho pensato di suggerirvi idee e consigli su come conservarla al meglio per la
stagione invernale, in modo da poterne apprezzare il profumo e colorare con essa la nostra
tavola, anche nei mesi più freddi, senza essere costretti ad acquistare frutta fuori stagione,
meno saporita e, soprattutto, più cara!

Le soluzioni sono tante, ma mi sono concentrato in particolare sulla realizzazione di confetture


e di gelatine, naturalmente senza conservanti e coloranti. Ottimizzando al meglio il colore e il
sapore naturale della frutta, infatti, si utilizza come unico conservante la concentrazione
zuccherina. A tal proposito, per ottenere il massimo del risultato in precisione, esiste in
commercio uno strumento chiamato “rifrattometro”, che indica la giusta gradazione zuccherina.
In questo modo, si ottiene sempre la stessa densità e spalmabilità del prodotto, ma soprattutto
ci si assicura una conservazione perfetta. In alternativa, potete ovviare usando il metodo del
piattino, ossia facendo raffreddare un po’ di confettura nel piatto e, se questa risulta densa al
punto giusto, allora vuol dire che è pronta. Ovviamente, questo sistema è molto meno preciso.
La marmellata deve essere invasata, ancora bollente, in contenitori sterili, con il tappo e la
guarnizione nuovi. Una volta riempito, il barattolo deve essere subito sigillato con il
coperchio e conservato capovolto, facendo raffreddare la marmellata in questa posizione. Una
volta fredda, se il tappo appare incavato è segno che la preparazione è andata a buon fine;
altrimenti (cosa improbabile, a meno che non siano stati utilizzati coperchi difettosi), occorre
disfarsi del barattolo, oppure consumare subito la marmellata. Se invece tutto è andato per il
verso giusto, la confettura si manterrà per più di un anno.
La preparazione della gelatina di frutta prevede l’aggiunta della pectina, che svolge un ruolo
fondamentale nella solidificazione del prodotto, facilitando la fase del taglio e del passaggio
dei vari pezzi nello zucchero semolato. In questa fase è importante l’uso del rifrattometro, che
permette di ottenere un taglio netto e preciso ed evita che la gelatina risulti troppo molle o,
addirittura, troppo dura. Provate a conservare la frutta in questo modo, se poi è del vostro
giardino, tanto meglio!

E in ultimo, una curiosità: conoscete la differenza tra la confettura e la marmellata? La


confettura si prepara con qualsiasi frutto tranne gli agrumi; con questi ultimi, invece, si
realizza la marmellata.

LA BISCOTTERIA
Partendo dal presupposto che la prima colazione è il pasto fondamentale che ogni individuo
dovrebbe fare, si intuisce subito l’importanza di assumere prodotti con un corretto valore
nutritivo, costituiti da grassi genuini, o comunque nobili, senza conservanti, monodigliceridi,
aromi chimici ecc. Inoltre, dal momento che si tratta di preparazioni con pochi ingredienti,
facciamo in modo che siano di qualità eccellente. Andrà a favore del prodotto finito e,
soprattutto, della nostra salute.

In pasticceria e nella biscotteria gli ingredienti sono di solito sempre gli stessi: la frutta secca,
le uova, il burro, la farina di tipo 00, le farine forti, la vaniglia naturale in bacche e il latte.

Consiglio sempre di tostare per qualche minuto in forno a 180 ¡C la frutta secca come
nocciole, mandorle, pistacchi e pinoli, in modo da tirar fuori tutti gli oli essenziali che
contengono. Questo accorgimento migliora notevolmente il gusto, esaltando il sapore.

Per quanto riguarda le uova e il burro, raccomando sempre la massima freschezza; ricordatevi
anche di lavare le uova prima di aprirle, per evitare spiacevoli contaminazioni. Il burro,
invece, va usato generalmente a temperatura ambiente e mai freddo di frigo, al fine di
facilitarne l’unione con gli altri ingredienti.

È preferibile utilizzare farina di tipo 00 (la cosiddetta farina debole), con un basso tenore di
glutine, evitando quella forte, indicata per i prodotti lievitati, perché l’alto contenuto di glutine
renderà i vostri biscotti poco friabili.
Non dimenticate che la friabilità di un frollino è data dall’alto quantitativo di burro che
contiene; quindi, se volete diminuire la dose di burro per rendere i vostri biscotti più dietetici,
fatelo pure, ma ricordatevi che andrà a discapito della morbidezza. Io vi consiglio di usare del
burro di buona qualità, anche perché questo prodotto è ricco di vitamine e di principi
importanti per il nostro organismo.

Non consiglio, invece, le margarine: utilizzandole, si perde in gusto e fragranza, senza


considerare che, a livello nutrizionale, il burro è senza dubbio migliore. Ultimo consiglio, ma
non meno importante: evitate l’utilizzo di aromi chimici come la vanillina, le essenze di
mandorle e gli aromi di burro chimici. Oltre a ottenere sapori industriali e poco artigianali, le
vostre preparazioni saranno difficili da digerire, in quanto il nostro organismo rifiuta questi
prodotti. Va bene, invece, la vaniglia naturale in bacche, da acquistare solo se belle morbide:
è più cara, ma resta sempre un ingrediente naturale e, quando si tratta di cucinare per i propri
cari, forse è meglio non dare troppa importanza al portafoglio.
LA GELATINA DI FRUTTA
La gelatina si può realizzare con qualsiasi frutto; il concetto base è quello di ricavarne il
succo e cuocerlo con un’adeguata quantità di zucchero. C'è però un problema: non tutta la
frutta contiene pectina (che è il gelificante naturale) o, se la contiene, le percentuali variano.
Questo elenco aiuta a capire le diverse categorie di frutta, le loro percentuali di pectina e il
loro grado di acidità:

mele, more, ribes rosso, uva spina, limoni, arance, prugne acerbe sono frutti ricchi di
pectina e notevolmente acidi;
prugne mature e ciliegie dolci sono ricche di pectina, ma poco acide;
fragole, uva, albicocche, amarene sono povere di pectina, anche se discretamente acide;
lamponi, pesche, fichi, pere e, in genere, tutta la frutta matura, contengono poca pectina e
non sono acidi.

L’integratore di pectina è la mela acerba (bucce e torsoli in primo luogo); il correttore di


acidità è il limone (tutto). Per ottenere una base ricca di pectina, fate cuocere le mele con la
buccia e il torsolo, tagliatele a pezzettoni grandi, a fuoco basso e con poca acqua, per 30-40
minuti; fate raffreddare e passate con un colino a maglia fitta. Otterrete una purea molto molle
che è un vero e proprio concentrato di pectina; aggiungetela al succo di frutta e allo zucchero
prima della cottura finale.

Disponete la frutta, ben lavata e tagliata a pezzi, con tutta la buccia, in una pentola e copritela
a filo con l’acqua. Fate cuocere finché la sua consistenza diventa molto morbida (le fragole
saranno pronte in meno tempo, per le pere e le pesche occorrerà qualche minuto in più;
comunque, dipende dal grado di maturazione). Versate la frutta ancora calda in un telo bianco
e pulitissimo (usatelo solo per questo scopo, avendo poi cura di lavarlo senza detersivi), che
avrete poggiato su un ampio tegame. Raccogliete i quattro lembi del telo, legateli e sospendete
la massa cotta sopra il tegame. Dovrà restare lì a percolare per 24 ore. Non toccate il sacco,
non strizzatelo, non accelerate la percolatura: da questa fase dipende la luminosità della vostra
gelatina!

Prendete il succo ottenuto e, in relazione alla frutta impiegata, al vostro gusto e alle necessità
di conservazione, pesate da 400 a 700 g di zucchero per 1 kg di succo. La frutta matura
richiede meno zucchero; quella acerba o fortemente acida ne esige di più. A questo punto, due
utensili vi aiuteranno a ottenere il risultato migliore: la pentola di rame e il termometro. La
prima è utile perché condurrà la cottura al punto di gelificazione (108 ¡C) in minor tempo,
salvaguardando al meglio gli aromi della frutta. Il secondo è di fondamentale importanza: non
deve essere necessariamente un termometro da zucchero, basta che sia tarato fino a 120 ¡C e
che la scala graduata si legga bene. Unite nella pentola il succo, lo zucchero e la purea, che
contiene pectina e/o acidi. Mescolate a freddo per amalgamare il tutto e fate cuocere a fuoco
forte, fino a quando non raggiungerà il punto di gelificazione (circa 12-15 minuti dopo il
bollore). Togliete la pentola dal fuoco, fermate la cottura immergendo il fondo in acqua fredda
e invasate la gelatina con attenzione. Vi suggerisco di utilizzare contenitori piccoli (120 ml),
che tapperete immediatamente. A questo punto, rivoltate sottosopra i barattoli e lasciateli
raffreddare, prima di riportarli nella giusta posizione.
Ricetta base

Il pan di Spagna
Il pan di Spagna
Tra i prodotti di base della pasticceria il pan di Spagna, pensando agli ingredienti che lo
compongono, è quello più semplice (eccezion fatta per la meringa). Ma, al tempo stesso, è
anche uno dei più complicati da approntare, dal momento che i procedimenti di preparazione
contemplano numerose varianti; per non parlare dei passaggi critici, dove solo l’esperienza e
la conoscenza degli ingredienti e dei metodi possono dare luogo a una buona riuscita. I tre
ingredienti primari del pan di Spagna sono le uova, lo zucchero e la farina.
Naturalmente, per perfezionarne il sapore, la leggerezza e la friabilità, si possono aggiungere
altri ingredienti come il burro, la fecola di patate o altri amidi, tuorli, frutta secca in polvere,
cacao e miele.
La sua riuscita è strettamente legata alle quantità dei vari ingredienti utilizzati e, soprattutto,
alla razionale sbattitura, la quale non deve essere né lenta, né violenta, né tantomeno deve
superare il tempo necessario.
La sbattitura lenta non consente di incorporare sufficiente aria, quella violenta, invece, non ne
permette l’incorporazione omogenea e la formazione uniforme degli alveoli. Lo sbattimento
prolungato, dal canto suo, rompe eccessivamente la rete proteica che, di conseguenza, perde di
consistenza, causando la rimozione delle bollicine di aria. In questo modo, il dolce non
raggiungerà la consistenza richiesta. Comunque, solo con la pratica si può arrivare a lavorare
l’impasto “a regola d’arte”.

Che cosa avviene durante la cottura

Durante la cottura si verificano altre trasformazioni fìsico/chimiche, che fanno aumentare di


volume il composto. Con il calore l’aria incorporata si espande, favorendo la formazione
degli alveoli e, quindi, la penetrazione omogenea, all’interno dell’impasto, della temperatura
necessaria alla coagulazione perfetta delle proteine. Queste, indurendo, cedono una parte di
acqua che, a sua volta, viene assorbita dagli amidi e dagli agglutinati, costituendo in tal modo
lo scheletro del dolce e la conseguente formazione della salda d’amido: in parole povere, il
pan di Spagna è una schiuma d’uovo stabilizzata. Sulla sua superficie si verificano la
destrinizzazione e la caramellizzazione dell’amido e dello zucchero. L’abbassamento dello
spessore del pan di Spagna durante la cottura è dovuto, da un lato, alla lavorazione difettosa,
che determina l’eliminazione di una parte dell’aria, dall’altro al calore discontinuo o
insufficiente, che impedisce la solidificazione dell’impalcatura sostenuta dai vacuoli, i quali,
a loro volta, si contraggono e si rimpiccioliscono.
Gli ingredienti nel dettaglio

Le uova: servono come base per il calcolo degli altri ingredienti della ricetta:
1 uovo intero = 50 g
1 tuorlo = 20 g
1 albume = 30 g
È possibile aggiungere più tuorli o, viceversa, più albumi, mantenendo la stessa grammatura.
Se si aggiungono tuorli, si avranno degli alveoli più piccoli e, di conseguenza, un pan di
Spagna leggermente più pesante. La dose è massima 1/3 del peso delle uova.
¥
Nota: quando si uniscono tuorli e burro, il pan di Spagna può essere chiamato anche pasta
margherita.
Se si aggiungono albumi, si otterrà una massa più leggera, con alveoli più grandi. La dose
¥
massima è 1/3 del peso delle uova.

Lo zucchero: si utilizza generalmente quello semolato o cristallino, che si scioglie con


facilità. La quantità è sempre pari a quella della farina.
La farina: normalmente, si usa farina debole da biscotteria (160 W, 180 W), al fine di
ottenere un composto soffice con una buona friabilità. L’impiego di una farina ricca di glutine,
infatti, renderebbe troppo elastico l’impasto.

Le proporzioni delle varie ricette

Pan di Spagna montata pesante


1,5 kg di uova, 1,5 kg di zucchero, 1,5 kg di farina
Pan di Spagna montata media
1,5 kg di uova, 1 kg di zucchero, 1 kg di farina
Pan di Spagna montata leggera
1,5 kg di uova, 750 g di zucchero, 750 g di farina

Altri ingredienti aggiuntivi

Burro: si aggiunge sciolto, non bollente, alla fine del montaggio, purché sia stato già
precedentemente amalgamato con una piccola quantità di composto, per favorirne
l’assimilazione e non fare smontare l’impasto. La sua presenza nella ricetta migliora il gusto e
favorisce il restringimento degli alveoli. In questo modo, il prodotto si secca meno e risulta
più friabile e meno elastico.
La sua dose massima è di 1/4 rispetto al peso dello zucchero.
Nota: il pan di Spagna, con l’aggiunta di burro, si può chiamare anche genovese.

Fecola/amido: si può aggiungere in quantità pari fino a metà del peso della farina, eliminando
quest’ultima. La presenza di fecola o altro amido nella preparazione riduce gli alveoli e fa
perdere elasticità al composto, donandogli una buona friabilità.

Frutta secca in polvere: va unita insieme con la farina e il suo peso non deve mai superare
quello dello zucchero (ogni 300 g di frutta secca in polvere è necessario eliminare 100 g di
farina). La sua presenza nella ricetta dona al prodotto finale un gusto notevolmente migliore,
accompagnato da alveoli leggermente più piccoli e da una buona friabilità.

Cacao: il suo peso va sottratto a quello della farina e la sua dose massima è di 80 g per 1 kg
di farina.

Massa di cacao: prima di aggiungere la farina, è necessario scioglierla e amalgamarla a una


piccola parte di montata. Se l’aggiunta viene effettuata insieme con il burro fuso, prima di
unire la massa di cacao alla montata finale, bisogna scioglierla e mescolarla con il burro e con
una piccola parte di montata. La sua dose massima è di 100 g per 1 kg di farina.

Cioccolato fondente: prima di unire la farina, è necessario scioglierlo e amalgamarlo a una


piccola parte di montata. Se l’aggiunta deve essere fatta assieme al burro fuso, prima di unire
il cioccolato fondente alla montata finale, bisogna scioglierlo e amalgamarlo con il burro e
con una piccola parte di montata.
La sua dose massima è di 200 g per 1 kg di farina.
Ricetta base

Il pan di Spagna

Ingredienti (per 2 tortiere da 18 cm di diametro)

250 g di uova intere


250 g di uova intere
175 g di zucchero
150 g di farina 00
50 g di fecola di patate
1 bacca di vaniglia bourbon
1 In un pentolino scaldate le uova intere con lo zucchero e la vaniglia fino a raggiungere
la temperatura di 45 ¡C (foto A), mettete nella planetaria le uova scaldate (foto B) e,
aiutandovi con la frusta montate fino a ottenere un composto spumoso e chiaro.

2 Togliete dalla macchina e aggiungete a mano con un cucchiaio di gomma la farina


setacciata insieme alla fecola di patate, miscelando il tutto delicatamente dal basso verso
l'alto (foto C). Versate il composto ottenuto, immediatamente negli stampi imburrati e
infarinati (foto D e E), cuocete in forno a 190 ¡C per 20 minuti circa.

I consigli del pasticciere


3 Il pan di Spagna è molto delicato e soffice, per evitare che si sfaldi è meglio tagliarlo
quando è ben freddo o, ancora meglio, congelato.
3 Il pan di Spagna va inzuppato quando è morbido ma asciutto, dosando bene la bagna,
altrimenti si sfalderà e perderà forma.
Tronchetto foresta nera

Ingredienti (per 12 persone)

per la crema chocolatine


125 g di crema pasticciera
200 g di cioccolato al 50%
700 g di panna montata

per la bagna al kirsch


100 g di zucchero liquido al 70%
100 g di acqua
25 g di kirsch

per la panna al kirsch


1 kg di panna montata
250 di zucchero
1 bacca di vaniglia bourbon
25 g di kirsch

per la finitura
600 g di pan di Spagna al cacao
100 g di amarene
150 g di cioccolato al 50%
50 g di zucchero bucaneve

1 Per la crema chocolatine: scaldate sul fuoco la crema pasticciera a 35 ¡C, unite il
cioccolato fuso e mescolate con cura; alleggerite il tutto con la panna montata.

2 Per la panna al kirsch: montate la panna con lo zucchero e la vaniglia quindi profumate
con il kirsch.

3 Realizzate la bagna al kirsch unendo allo zucchero liquido e all’acqua 25 g di kirsch.

4 Mettete sul fondo di un quadro di acciaio alcune fettine di pan di Spagna al cacao
spesse 1 cm circa e inzuppate con la bagna al kirsch (foto A).

5 Disponete sopra il pan di Spagna uno strato di panna al kirsch spessa 1 cm (foto B) e
disponete delle amarene a distanza regolare una dall’altra (foto C).

6 Continuate con altro pan di Spagna inzuppato e aggiungete uno strato di crema
chocolatine spessa 1 cm (foto D). Completate il dolce con la panna montata al kirsch,
livellate bene la superficie e mettete il dolce nel congelatore. Tagliatelo in tronchetti
regolari, guarnite con ciuffi di panna montata al kirsch, sfoglie croccanti di cioccolato,
qualche amarena e completate con lo zucchero bucaneve.

I consigli del pasticciere


3 Il sistema migliore per sciogliere il cioccolato è farlo fondere al microonde intorno ai
50 ¡C, è un modo semplice, che permette di evitare contaminazioni con l’acqua del
bagnomaria.
3 Per montare la panna velocemente potete usare la planetaria: più la frusta è grande, più
è in grado di incorporare aria.
3 Se lo zucchero diluito vi avanza potete conservarlo a lungo in una bottiglia e utilizzarlo
per formare la bagna da usare per un’altra preparazione.
3 Quando l’amarena è di qualità non ha un colore rosso acceso, ma è molto scura; in caso
contrario, vuol dire che è stata trattata chimicamente.
3 Tutti i dolci da taglio vanno congelati velocemente per non far soffrire gli ingredienti;
in caso non si abbia a disposizione un abbattitore di temperatura, si può usare il freezer.
3 Il sac à poche non va mai riempito completamente, ma a metà, in modo da poter avere
un miglior controllo dell’ingrediente.
Tirati su classico con caffè d'orzo

Ingredienti (per 10-12 persone)

175 g di tuorli
340 g di zucchero
100 g di acqua
1 bacca di vaniglia bourbon
500 g di panna montata
500 g di mascarpone
250 g di pan di Spagna
400 g di bagna al caffè d'orzo
15 g di cacao amaro in polvere
1 Per la crema tirati su: cuocete in una casseruola lo zucchero semolato con l'acqua fino
a raggiungere una temperatura di 121 ¡C (foto A), quindi versate lo zucchero sui tuorli
mentre stanno montando con la vaniglia nella planetaria (foto B). Montate fino al
completo raffreddamento.

2 Unite il mascarpone al composto (foto C) e, infine, incorporate la panna montata


mescolando dal basso verso l’alto (foto D).

3 Il classico tiramisù nasce in pirofila o in coppa monoporzione; stratificate, quindi, il


pan di Spagna inzuppato abbondantemente nella bagna al caffè d'orzo, con la crema
tiramisù classica. Fate almeno due strati di pan di Spagna inzuppato e due strati di crema.
Terminate con la crema e riponete in frigorifero, facendolo riposare per almeno un paio
d'ore. Spolverate la superficie con il cacao amaro solo prima di servire.

I consigli del pasticciere


3 Se non si ha il termometro, si può misurare la temperatura dello zucchero diluito
bagnando le dita in acqua fredda e pizzicando un po’ di zucchero; se riuscite a formare
una pallina, non troppo dura, lo zucchero è pronto.
3 Nel preparare lo zucchero liquido ricordatevi di non girarlo mai con uno utensile
metallico, rischiereste di farlo cristallizzare, formando dei grumi che non si
scioglierebbero più facilmente.
3 Se vi avanzano delle bucce di vaniglia da un'altra preparazione non buttatele, potrete
frullarle assieme allo zucchero e ottenere dello zucchero vanigliato.
3 La panna monta più velocemente quanto più è alta la sua percentuale di grassi. Se si
unisce quindi alla panna un ingrediente grasso, diminuiranno i tempi della montatura.
3 Se non si hanno a disposizione i savoiardi, per fare il tiramisù è possibile utilizzare un
qualsiasi pan di Spagna tagliato a fette: hanno, infatti, entrambi gli ingredienti.
3 In pasticceria gli impasti vanno sempre miscelati unendo gradatamente l'ingrediente più
fluido a quello più solido; operando al contrario i due impasti non si legheranno bene, e
nel caso si mescoli con più forza la loro struttura si smonterà.
3 Per creare una decorazione di cioccolato basta disegnare delle forme con un sàc a
poche su una lastra precedentemente raffreddata nel freezer: grazie allo shock termico, il
cioccolato liquido solidificherà istantaneamente, permettendovi di modellarne la forma.
Torta quadro d'autore

Ingredienti (per 12 persone)

per la chantilly al limone


800 g di panna montata
600 g di crema pasticciera
15 g di colla di pesce in fogli
20 g di buccia di limone
20 g di limoncello

per la finitura
600 g di gelée ai frutti rossi
600 g di frutta fresca mista
400 g di pan di Spagna di riso
40 g di gelatina neutra per pasticceria

per la bagna al limoncello


200 g di acqua
200 g di sciroppo di zucchero
50 g di limoncello

Vi servono anche
1 quadro di acciaio
1 foglio di acetato

1 Per la chantilly al limone: mescolate la buccia di limone grattugiata con la crema


pasticciera, quindi scaldate una parte di questo composto e unite la gelatina (che avrete
preparata facendo ammollare in acqua i fogli di colla di pesce); mescolate bene in modo
da far sciogliere la gelatina, unite il resto della crema fredda, il limoncello e alleggerite
il tutto con la panna montata.

2 Per la finitura: mettete un quadro in acciaio sopra un foglio di acetato, disponetevi


sopra la frutta fresca fatta a fettine lasciando degli spazi vuoti tra un pezzo e l'altro (foto
A); quindi, aiutandovi con un sac à poche mettete metà della crema chantilly al limone
fino a formare 1 cm di spessore (foto B) e livellate bene con una spatola (foto C).
Colatevi sopra, come in questo caso, della gelée ai frutti rossi (foto D) oppure, se
preferite utilizzate della frutta fresca e lasciate rapprendere in frigorifero.

3 A questo punto formate sopra la gelée un altro strato con l'altra metà di chantilly (foto
E) e coprite il tutto con il pan di Spagna inzuppato di bagna al limoncello (foto F), che
avrete ottenuto miscelando insieme tutti gli ingredienti.

4 Mettete il dolce nel congelatore, toglietelo dallo stampo, capovolgete, staccate il


foglio di acetato quindi lucidate il dolce con la gelatina neutra. Decorate la torta con
qualche pezzetto di frutta fresca a piacere e con la buccia di limone.

I consigli del pasticciere


3 Per ammollare la gelatina (o colla di pesce) bisogna utilizzare acqua fredda e
immergere i fogli di gelatina uno alla volta. Inserendoli in blocco i fogli si salderanno
insieme, impiegando molto tempo ad ammorbidirsi, utilizzando invece acqua calda, i
fogli si scioglieranno completamente.
3 Usando il “violino” invece della grattugia per ricavare la buccia di un agrume si evita
di prendere la parte bianca amara e la buccia si raccoglie più facilmente.
3 La colla di pesce è ammorbidita perfettamente quando prende cinque volte il suo peso
iniziale. Ricordatevi di strizzarla accuratamente prima di incorporarla.
3 Il frullatore a immersione è l’utensile migliore per frullare la frutta perché non produce
calore, in modo da preservare il colore e il sapore.
3 Quando si vuole coprire un dolce con la gelatina è bene farlo prima di estrarlo dalla
sua forma, in questo modo si evita di sporcare i lati del dolce con la gelatina in eccesso.
Coppa cacao e zabaione con cioccolato gianduia

Ingredienti (per 12 persone)

per la panna cotta al cacao


600 g di panna
150 g di latte intero fresco
120 g di zucchero
10 g di colla di pesce in fogli
60 g di cacao amaro in polvere
12 g di marsala secco

per la chantilly allo zabaione


360 g di crema zabaione
360 g di panna

per la finitura
360 g di pan di Spagna al cacao
180 g di cioccolato gianduia
72 g di zucchero bucaneve

per la bagna al marsala


120 g di sciroppo di zucchero
60 g di acqua
90 g di marsala secco

1 Per la panna cotta al cacao: portate a bollore il latte con lo zucchero, togliete dal fuoco
e unite la colla di pesce, precedentemente ammollata e strizzata, e il cacao amaro.
Mescolate con cura, quindi aggiungete il marsala e, infine, la panna fredda.

2 Per la chantilly allo zabaione: mescolate la crema zabaione molto fredda con la panna
altrettanto fredda (questo è molto importante al fine di un’ottima riuscita), quindi montate
il composto nella planetaria con la frusta (foto A).

3 Per la bagna al marsala: amalgamate insieme tutti gli ingredienti.


4 Per la finitura: mettete la panna cotta al cacao nei bicchieri fino a circa metà altezza
(foto B); lasciate rapprendere in frigorifero, quindi adagiatevi sopra il pan di Spagna al
cacao fatto a dadini e inzuppato con la bagna al marsala (foto C). Colmate infine i
bicchieri con la chantilly allo zabaione (foto D) e decorate con alcuni riccioli di
cioccolato gianduia, ottenuti raschiando un blocco di cioccolato con la lama di un grosso
coltello da cucina. Spolverate infine il tutto con lo zucchero bucaneve.

I consigli del pasticciere


3 Il bucaneve è uno zucchero a velo ingrassato con burro di cacao fuso; questa
caratteristica evita che lo zucchero si sciolga a causa dell’umidità dopo averlo
spolverato sul dolce e riposto in frigo.
3 Non è consigliabile inserire dei cibi caldi in freezer, l'improvviso cambio di
temperatura rovinerebbe il prodotto. In mancanza di un abbattitore di temperatura, meglio
raffreddarli prima in un bagnomaria di acqua e ghiaccio.
3 Il calore fa perdere sapore ai cibi. All’occorrenza, per evitare questo inconveniente, si
può scaldare il prodotto solo in parte per poi aggiungere il resto in un secondo momento.
3 Per usare i ritagli di pan di Spagna avanzati in altre ricette potete preparare dei dolci al
bicchiere.
3 Nel preparare una crema chantilly o una crema pasticciera fate in modo che gli
strumenti utilizzati e gli ingredienti siano ben freddi, altrimenti non riuscirete a far
montare la vostra crema.
Ricetta base

La pasta frolla
La pasta frolla
Il termine pasta frolla deriva, secondo la tradizione, dal verbo “frollare”, che indica, in
cucina, il procedimento che favorisce l’intenerimento delle carni e migliora le loro
caratteristiche organolettiche. Di conseguenza, il termine “frolla” è stato associato a questo
tipo di pasta in virtù del fatto che le sue qualità migliorano dopo un riposo di qualche ora in
frigorifero. L’impasto base è composto da pochi ingredienti, che devono essere di buona
qualità, per avere il massimo del risultato soprattutto dal punto di vista del gusto.
Gli ingredienti sono: farina, grassi (principalmente il burro), zucchero, uova e aromi; è un
impasto a cui non va aggiunta l’acqua, se non quella contenuta nel burro e nelle uova.
La farina da usare è di tipo 0 oppure 00, anche se esistono varie tipologie di frolle preparate
con l’aggiunta di farine meno raffinate, come la farina di mais, che determina una maggiore
rusticità del prodotto, un fattore ritenuto, a volte, di pregio nella confezione di crostate alla
marmellata o biscotti per la prima colazione. Il fattore che indica la forza della farina deve
essere basso (150/180 W), per favorire la friabilità dell’impasto, che sarebbe invece
compromessa dall’elasticità del glutine lavorato in presenza di liquidi. A tal proposito, va
detto che anche una farina debole deve essere lavorata il meno possibile perché, dal momento
che vengono inseriti i liquidi (tuorli, uova intere, latte ecc.), l’impasto va manipolato solo fino
al loro assorbimento, poi va subito conservato in frigorifero per farlo riposare.
Un altro ingrediente che determina la maggiore o minore friabilità del composto è il burro che,
costituito dall’83% circa di materia grassa e dal 16% di acqua residua, si combina con la
farina formando la base dell’impasto, che andrà poi completato con le uova. Non esiste una
quantità ottimale di burro, ma essa varia a seconda del tipo di frolla che si vuole ottenere. È
possibile comunque conoscere una percentuale minima sul peso della farina che è consigliato
non superare (30% nelle frolle comuni e 50% in quelle montate) e una massima (70% nelle
frolle comuni e 80% in quelle montate). Superata la soglia minima, si perderebbe la friabilità
che caratterizza una frolla; al contrario, superata la soglia massima, si otterrebbe un impasto
eccessivamente grasso e talmente friabile da non riuscirlo nemmeno a lavorare. Inoltre, si
sbriciolerebbe una volta cotto, tanto da non poterlo tenere neanche in mano. La frolla classica,
costituita generalmente dal 50% di burro sul peso della farina, ha un buon punto di friabilità;
in ogni caso, a seconda dell’utilizzo che se ne deve fare, può essere necessario aumentarne o
diminuirne la quantità.
Il burro va lavorato nell’impasto a una specifica temperatura, che si aggira generalmente
intorno ai 13 ¡C, al fine di permettere la giusta mescolatura. Un burro troppo freddo (per
intenderci, alla temperatura di frigorifero 4 ¡C) non riuscirebbe ad amalgamarsi bene, mentre
un burro troppo caldo tirerebbe fuori tutto il suo grasso (si perderebbe l’emulsione naturale tra
i suoi grassi e la sua acqua).
Lo zucchero utilizzato normalmente è il saccarosio raffinato (il cosiddetto zucchero bianco),
che può essere sia semolato (frolla classica) sia a velo (frolla fine o frolle montate). Bisogna
tenere presente che lo zucchero semolato, rimanendo in sospensione nell’impasto, favorisce lo
sviluppo del glutine a differenza di quello a velo che, entrando nella struttura del composto, lo
rende meno elastico.

Ci sono anche varianti di pasta frolla preparate con zucchero di canna grezzo, miele e zuccheri
alternativi, ma fanno parte di ricette ben specifiche, destinate a impieghi particolari. Anche
per lo zucchero non esiste una quantità ottimale; in generale, una frolla ne contiene
normalmente circa il 40% sul peso della farina. Aumentandone o diminuendone la quantità, si
dà maggiore o minore compattezza all’impasto cotto; questo perché lo zucchero, durante la
cottura in forno, dopo lo scioglimento inizia una vera e propria fase di caramellizzazione che,
oltre a conferire il caratteristico colore nocciola all’impasto, gli dà la croccantezza voluta.
Anche in questo caso, si consiglia di non andare mai sotto il 25% circa sul peso della farina e
di non superare il 60% circa sul peso della farina, per evitare spiacevoli caramellizzazioni.
Gli ultimi ingredienti a entrare in scena sono le uova, che possono essere unite all’impasto
sotto forma di tuorlo, di uova intere o di albume. I tuorli, che sono composti essenzialmente da
grassi, andranno ad aumentare la quantità di questi ultimi all’interno della ricetta, agendo sulla
friabilità. Se si desidera un impasto più elastico, per permettere una maggiore lavorabilità
(per esempio, se si vogliono rivestire tortiere e stampini dalle forme particolari), si consiglia
di unire uova intere, in quanto l’acqua presente nell’albume (circa l’88%) farà reagire il
glutine aumentando elasticità. L’uovo intero, inoltre, fa lievitare di più l’impasto in cottura, a
causa delle proteine montanti presenti nell’albume. In questo modo, si ottiene una frolla che,
dopo la cottura, ha sviluppato un alveolo più grosso e una consistenza più asciutta e croccante,
a differenza dell’alveolo fine che presenta un impasto realizzato solo con tuorli.
Se la frolla viene impastata con lo zucchero semolato, si chiama “frolla comune”; se, invece
viene lavorata con lo zucchero a velo, prende il nome di “frolla fine”. Quando la quantità di
burro supera il 24% sul peso dell’impasto (ossia oltre 500 g di burro su 1 kg di farina), la
frolla viene classificata come sablè.

Per personalizzare le varie ricette, è necessario tener presente alcuni punti essenziali, che
caratterizzano la consistenza dell’impasto:

1. è stato provato che, utilizzando un particolare tipo di zucchero (a velo o semolato),


cambiano notevolmente le quantità di liquidi da inserire nell’impasto. Le preparazioni
realizzate con lo zucchero semolato assorbono una quantità nettamente maggiore rispetto
a quelle con lo zucchero a velo;
2. per trovare il peso delle uova si utilizzano dei coefficienti di divisione della “base
impasto”, e cioè il peso totale della farina+burro+zucchero che, diviso il coefficiente
(diverso a seconda del tipo di zucchero o di uova utilizzati), darà il peso delle uova da
mettere nell’impasto;
3. trovato il peso delle uova, se si impasta la ricetta con 500 g di burro sul peso della
farina, il peso delle uova resta invariato; se, invece, supera o diminuisce il peso del
burro sulla farina, ogni 100 g di burro in più o in meno faranno aumentare o diminuire il
peso delle uova, a seconda del tipo di zuccheri o di uova utilizzati;
4. è necessario ricordare che, per le frolle montate, il calcolo delle uova e i relativi
coefficienti non cambiano, ma il punto di riferimento base (su cui aumentare o diminuire
il peso delle uova) non è 500 g di burro su 1 kg di farina, ma 700 g su 1 kg di farina.

Una volta apprese queste nozioni, è possibile personalizzare le ricette a seconda dell’utilizzo
finale che se ne dovrà fare, agendo sulle diverse percentuali di grassi e di zuccheri.
Metodi di impasto

A prescindere dal tipo e dalla quantità di ingredienti utilizzati per la preparazione della pasta
frolla, esistono vari metodi di impasto, che hanno in comune un unico passaggio: lavorare il
meno possibile la farina con gli ingredienti che contengono acqua (burro e uova). I
procedimenti si distinguono in:
¥ metodo classico
¥ metodo sabbiato
¥ metodo montato
Metodo classico
Questo metodo consiste nel lavorare con la foglia in planetaria lo zucchero con il burro
(sempre alla giusta temperatura), miscelandolo senza montarlo. Quindi, vanno aggiunte le uova
poco alla volta, in modo da farle completamente assorbire al composto di burro e zucchero;
solo a questo punto vanno uniti gli aromi e la farina, necessaria semplicemente ad assorbire la
parte acquosa della preparazione (costituita da burro e uova).
Metodo sabbiato
Con questo metodo, la farina viene miscelata con il burro, al fine di ottenere un composto non
compatto ma “sabbioso”, in modo che il grasso rivesta le molecole di amido e le proteine
della farina (glutine), mantenendole isolate una dall’altra e impermeabilizzandole. Così, si
rendendo meno vulnerabili all’umidità dell’impasto anche dopo la cottura, ossia legano meno
tra di loro, formando tanti piccoli agglomerati a sé stanti. L’impasto di farina e burro, non
avendo costituito una massa compatta, darà un risultato di friabilità nettamente maggiore
rispetto al metodo tradizionale.
Il successivo passaggio consiste nell’aggiungere lo zucchero, seguito dalle uova che, con la
loro alta percentuale di acqua, riescono a far legare il tutto restituendo quel minimo di
compattezza alla pasta, in modo da poterla stendere. Non appena le uova si saranno
amalgamate all’impasto, è necessario spegnere immediatamente la planetaria.

A prescindere dal metodo di impasto utilizzato, il successivo passaggio obbligatorio è il


riposo in un ambiente freddo, come il frigorifero o l’abbattitore. Se bisogna utilizzarla subito,
conviene optare per l’abbattitore. È necessario stendere l’impasto tra due fogli di carta forno a
uno spessore di 4 cm, in modo da permettere un raffreddamento più uniforme. La frolla,
riposta nell’abbattitore a -40 ¡C, sarà pronta in 10 minuti. Se, invece, non deve essere subito
utilizzata, conviene riporla in frigorifero: dopo aver formato un panetto con la pasta, bisogna
ricoprirlo con la pellicola e lasciarlo in frigo per circa 3/4ore. Il freddo si distribuirà
uniformemente all’interno dell’impasto, permettendo alla frolla di raggiungere la temperatura
ideale per la lavorazione. Dopo averla tirata fuori dal frigorifero, la frolla avrà la temperatura
ideale di utilizzo, ma non la consistenza, che le verrà restituita, lavorandola per un minuto in
planetaria (utilizzando il gancio), oppure impastandola con le mani su un piano, spolverato
precedentemente di farina.
Metodo montato
Se si vuole utilizzare la frolla con il sac à poche, per la realizzazione di frollini o pasticceria
secca, conviene utilizzare il metodo della “frolla montata”. Si lavora il burro (a circa +13 ¡C),
con la frusta in planetaria, fino a ridurlo in pomata; quindi, si ferma la macchina e si aggiunge
lo zucchero a velo, opportunamente setacciato. Si rimette in moto la macchina al minimo della
velocità, fino a che il burro non viene assorbito completamente (questo per evitare che lo
zucchero voli via dal caldaio della planetaria), si aumenta la velocità, senza portarla al
massimo, e si fa montare bene il tutto, finché il burro e lo zucchero non diventano una soffice
crema di colore bianco. A questo punto, si aggiungono le uova sbattute, possibilmente a
temperatura ambiente, facendole assorbire poco alla volta, in modo da creare una crema
omogenea; in ultimo, va incorporata la farina, che verrà aggiunta solo dopo aver sostituito la
frusta con la foglia. Quando quest’ultima si è amalgamata al resto degli ingredienti, si spegne
la planetaria. A differenza degli altri due metodi, non bisogna farla riposare in frigorifero, ma
va usata subito. La si lascerà riposare solo dopo averle dato forma di frollino o dopo averla
utilizzata per rivestire gli stampi. Il riposo è importante per non far perdere le forme ai
frollini, in quanto il freddo del frigorifero o dell’abbattitore permette di stabilizzare il burro.
Esistono ricette particolari di frolle montate, dove una parte di tuorli crudi viene sostituita con
tuorli sodi, rendendo il prodotto finale estremamente fine, quasi vellutato. Ma, in tal modo, ci
avventuriamo in tipologie di frolle speciali, che non fanno parte delle basi più comuni.
Ricetta base

La pasta frolla

Ingredienti (per 2,160 kg di pasta frolla)

1 kg di farina 00
600 g di burro
400 g di zucchero a velo
160 g di tuorli
1 bacca di vaniglia bourbon
2 g di sale
buccia di limone q.b.

1 Disponete su una spianatoia la farina a fontana (foto A), mettendo al centro lo zucchero
a velo, i tuorli (foto B), il burro a pezzetti e a temperatura ambiente, il sale, la buccia di
limone grattugiata e la vaniglia (foto B). Cominciate a lavorare gli ingredienti con le
mani (foto C) fino a sabbiare il composto (foto D).

2 Quando l’impasto si sarà compattato (foto E), formate un panetto e avvolgetelo con
della pellicola o della carta da forno e riponetelo in frigorifero a riposare per almeno 30
minuti prima dell'utilizzo.
L’intera operazione può essere eseguita anche con l’impastatrice.

I consigli del pasticciere


3 Nella preparazione della pasta frolla i grassi, gli zuccheri e le farine sono
intercambiabili. Invece del burro si può utilizzare l'olio d'oliva o lo strutto. Al posto
dello zucchero a velo si potrebbe utilizzare il semolato o quello di canna.
3 Un baccello di vaniglia è di qualità se è morbido e si riesce a piegare bene; i baccelli
secchi, invece, sono difficili da pulire. Evitate se potete di utilizzare la vaniglina, che è
un prodotto chimico, molto meno gustoso.
3 Usando sempre le giuste proporzioni, preparando le basi è meglio usare dosi maggiori
che piccole quantità, la parte in eccesso può essere facilmente conservata in freezer per
altre ricette.
3 Nella preparazione della pasta frolla potete variare la grammatura del burro e dello
zucchero in funzione della consistenza desiderata. Aumentando la dose di zucchero, la
frolla sarà più croccante; una maggiore quantità di burro renderà invece la frolla più
friabile.
3 Per far riposare la pasta frolla più velocemente, invece di lasciarla in forma di panetto
possiamo schiacciarla su un foglio di carta da forno e chiuderla a pacchetto prima di
riporla in frigo.
3 Nella cottura della pasta frolla è importante ungere di burro la teglia da forno: il
grasso, conducendo meglio il calore, permetterà una cottura uniforme.
3 Per evitare che nella cottura in bianco la pasta frolla crei delle bolle o scenda lungo i
bordi della tortiera, ricordate di coprire la pasta con della carta stagnola e versatevi
all’interno del sale grosso perché faccia pressione sulle pareti.
Crostata frangipane alle mele e frutta fresca

Ingredienti (per uno stampo da 20 cm di diametro)

composto frangipane
250 g di mandorle in polvere
250 g di burro
250 g di zucchero a velo
100 g di farina 0
250 g di uova intere

per le mele spadellate


400 g di mele tagliate a cubetti
30 g di zucchero
10 g di burro
25 g di calvados

per la finitura
300 g di pasta frolla
100 g di crema pasticciera
300 g di frutta fresca mista
100 g di gelatina neutra
10 g di pistacchi in granella

1 Preparate il frangipane: montate il burro e lo zucchero a velo, unite le uova poco per
volta poi incorporate le mandorle e la farina e impastate fino a rendere omogeneo il
composto.

2 Nel frattempo, mettete lo zucchero in una padella antiaderente e scaldate bene fino a
quando non si sarà sciolto; aggiungete poi il burro, le mele tagliate a pezzetti e
fiammeggiate con il calvados.

3 Rivestite con la pasta frolla una tortiera da 20 cm di diametro (foto A), ed eliminate la
pasta in eccesso con l’aiuto di una rotella (foto B). Bucherellate il fondo (foto C),
disponetevi sopra i cubetti di mela spadellati in precedenza e, infine, coprite il tutto con
il composto frangipane (foto D). Infornate a 180 ¡C per 25 minuti e, a cottura ultimata,
fate raffreddare.

4 A piacere, decorate la superficie con la crema pasticciera e la frutta fresca a pezzettini.


Lucidate con la gelatina neutra e decorate con i pistacchi in granella.

I consigli del pasticciere


3 Per evitare che tra la cottura in padella e in forno le mele si riducano troppo, tagliatele
a cubetti piuttosto grossi e lasciatele croccanti nella prima cottura.
3 Se preparate voi stessi la farina di mandorle abbiate l’accortezza di congelarle in
precedenza: in questo modo non rilasceranno gli oli essenziali mentre le tritate.
3 Porre uno strato di confettura sul fondo della tortiera aiuterà il frangipane a rimanere
attaccato alla frolla anche dopo la cottura.
3 Se non avete il forno ventilato, per ottenere una cottura uniforme ricordate di mettere la
teglia nel forno a un'altezza intermedia.
Crostata alla crema cotta ananas e lamponi

Ingredienti (per uno stampo da 20 cm di diametro)

per la crema da forno


320 g di latte intero fresco
160 g di panna fresca
240 g di zucchero
145 g di tuorli
30 g di fecola di patate

per la finitura
160 g di pasta frolla
40 g di ananas sciroppato
40 g di lamponi
20 g di gelatina neutra
zucchero bucaneve q.b.

1 Portate a bollore, se possibile in una pentola di rame stagnata in acciaio, il latte con la
panna (foto A). Nel frattempo montate i tuorli con lo zucchero e la fecola (foto B).
Quando il latte bolle, unite il composto montato (foto C), frustate subito energicamente e
portate a cottura (foto D).

2 Foderate con la frolla una tortiera di media altezza, bucherellare il fondo e mettervi
dentro delle fettine di ananas sciroppato.

3 Mettete la crema calda nello stampo con la pasta frolla (foto E) e spianate leggermente
con l’aiuto di una spatola o di un cucchiaio (foto F), lasciando la superficie ad altezza
irregolare (questo permetterà una colorazione non del tutto uniforme durante la cottura).
Infine, cuocete in forno a 220 ¡C per 20 minuti.

4 Fate raffreddare e decorate con lamponi, una parte spolverizzati di zucchero bucaneve
e una parte no, e disponete alcuni pezzetti di ananas sciroppato al centro.
Gelatinate la crema e l'ananas prima di servire.

I consigli del pasticciere


3 La crema pasticciera da forno è un composto più zuccherino e più grasso. Questo
dosaggio fa sì che la crema non diventi ruvida dopo la cottura.
3 Ricordate che lo zucchero di canna scuro, oltre ad aggiungere un tocco di sapore in più,
facilita il processo di caramellizzazione.
3 Se realizzate una crema pasticciera da forno è bene usare la fecola di patate al posto
del solito amido, la torta prenderà una struttura da taglio perfetta. Usando la fecola per la
crema, da utilizzare per la preparazione di dolci che non vanno cotti in forno, questa
prenderà un’indesiderabile consistenza collosa.
3 Ricordate di bucherellare la pasta frolla sul fondo delle torte che infornate, altrimenti si
creerà una bolla di aria che, sollevando la pasta, ne impedirà la cottura.
Crostata di pane e mele in crosta croccante

Ingredienti (per uno stampo da 20 cm di diametro)

per il ripieno
400 g di mele
60 g di uvetta sultanina
20 g di pinoli
30 g di rum
80 g di burro fuso
160 g di pane casereccio
80 g di latte intero fresco
10 g di buccia di limone
cannella in polvere q.b.
per gli streussel
120 g di zucchero a velo
120 g di marzapane al 65% di mandorle
240 g di burro
320 g di farina 00
5 g di baking (o lievito chimico)

per la finitura
400 g di pasta frolla
100 g di confettura di albicocca
100 g di gelatina neutra
zucchero a velo q.b.

1 Tagliate le mele a dadini (foto A) e il pane a cubetti (foto B); versate quest’ultimo in
una ciotola e ammorbiditelo con il latte (foto C). Unitelo poi al resto degli ingredienti del
ripieno (foto D) e amalgamate il tutto.

2 Impastate, servendovi dell’aiuto di una planetaria con il gancio a foglia, il marzapane


con lo zucchero a velo; unite poi il burro morbido poco per volta e, per ultimo, la farina
setacciata con il baking.

3 Lasciate riposare l'impasto in frigorifero per 30 minuti; nel frattempo foderate con la
pasta frolla uno stampo da 20 cm di diametro ben imburrato, bucherellate il fondo e
spalmatevi sopra la confettura di albicocca. Riempite poi con il ripieno di mele e pane e
completate la torta in superficie con la pasta per streussel, passata attraverso un setaccio
a maglie larghe (foto E), in modo da formare tanti vermicelli (foto F). Infornate a 200 ¡C
per 25 minuti circa. A fine cottura, una volta fredda, gelatinate la crostata e
spolverizzatela con lo zucchero a velo.

I consigli del pasticciere


3 Fate attenzione a ridurre la quantità di latte e il tempo di riposo se il pane che utilizzate
è fresco piuttosto che raffermo.
3 Prima di utilizzarla nel composto, ponete sempre l’uva sultanina ad ammollare in acqua
calda, così non assorbirà liquidi in cottura alterando il grado di umidità del composto.
3 Se avete ospiti allergici all'uovo, la frolla per le torte può essere realizzata anche senza
usare il tuorlo: otterrete lo stesso effetto legante utilizzando la panna.
3 Ricordate che i liquidi servono ad ammorbidire i composti, mentre i grassi sono utili a
mantenerne l’umidità.
Crostata Linzer

Ingredienti (per uno stampo da 26 cm di diametro)

per la frolla Linzer


50 g di zucchero a velo
280 g di burro
300 g di farina 00
12 g di rum
125 g di tuorli sodi
cannella in polvere q.b.
buccia di limone q.b.

per il ripieno
400 g di confettura di lamponi

1 Montate il burro “in pomata” con lo zucchero a velo, la cannella in polvere, la buccia
di limone grattugiata e il rum.
Utilizzate per questa operazione una planetaria con la frusta oppure un normale frullino
casalingo, sempre munito di fruste.
Quando il composto risulterà spumoso unite i tuorli sodi e passati al setaccio e
completate il tutto con la farina, girando, però, il meno possibile.

2 A questo punto mettete l’impasto ottenuto in un sac à poche munito di bocchetta rigata,
e dosatelo nello stampo formando il fondo e un bordo (foto A e B). Disponete al centro la
confettura di lamponi (foto C) quindi, sempre con il sac à poche, realizzate sopra delle
righe di pasta intrecciata (foto D e E).

Cuocete in forno a 180 ¡C per 15/20 minuti o, comunque, finché non risulterà dorata. Lasciate
raffreddare completamente prima di estrarre la crostata dallo stampo.

I consigli del pasticciere


3 Se volete realizzare una composta di frutta, meno dolce e più aromatica di una
confettura, basta utilizzare il doppio della quantità di frutta rispetto alla dose di zucchero.
3 Il tuorlo è racchiuso in una sottile membrana; se lo rassodate al microonde, per evitare
che scoppi è sufficiente punzecchiarlo con una forchetta.
3 Per inserire correttamente la bocchetta del sac à poche, accompagnatela con l’indice
sul fondo e poi tagliate la sacca con un coltello all'altezza di metà bocchetta.
Ricetta base

La pasta per bignè


La pasta per bignè
Questo prodotto di base è un contenitore per ripieni che possono avere varie consistenze
(cremosi, densi o semiliquidi); l’involucro deve essere il più sottile possibile, ma resistente e
di gradevole scioglievolezza in bocca.
Fa parte della famiglia delle masse precotte, il cui processo di cottura inizia già prima della
cottura finale in forno. Infatti, la preparazione dei bignè consiste nel far bollire insieme sul
fuoco l’acqua con il burro e il sale; e, in un secondo tempo si aggiunge la farina, continuando a
mescolare per dare inizio al processo di gelatinizzazione degli amidi. Quando il composto
sarà cotto e si staccherà facilmente dalle pareti del tegame, bisogna aggiungere le uova che,
con le loro proteine, creano un legame con il grasso del burro e forniscono al composto la
struttura necessaria per far sì che il vapore possa fare aumentare la massa (più acqua avrà
incorporato la massa, più il prodotto a contatto con il calore si svilupperà in volume).

Gli ingredienti che compongono la ricetta

Acqua: serve come base di calcolo per gli altri ingredienti. Al fine di controllare meglio le
proporzioni, si consiglia di quantificare sempre le ricette con 1 l di acqua come partenza.

Latte: può sostituire totalmente o parzialmente l’acqua; il composto ottenuto con l’aggiunta di
latte tende a colorarsi meglio durante la cottura in forno.

Burro: può essere sostituito con margarina, strutto o grassi concentrati. La sua presenza nella
ricetta è funzionale, insieme con le uova e gli amidi della farina, a trattenere il vapore per fare
alzare in altezza il bignè.

Farina: la farina più adatta è il tipo da biscotteria, ossia ricca di amidi con poco glutine.
Attraverso la gelatinizzazione dei suoi amidi, si lega alle uova e al grasso e favorisce la
crescita del composto.
Uova: principalmente intere, si aggiungono (abbastanza velocemente, per non fare prendere
nervo alla massa) dopo che il liquido, il grasso e la farina sono già cotti. La loro dose varia
rispetto alle proporzioni degli altri ingredienti e al prodotto che si vuole ottenere.

Albume: si aggiunge come ultimo ingrediente, soprattutto quando ci si trova di fronte a


preparazioni ricche di grasso rispetto alla farina. La sua presenza aumenta la morbidezza della
massa e, di conseguenza, il vapore che farà poi alzare il bignè.

Sale: va aggiunto alla ricetta nella proporzione di 0,5-1% sul liquido. La sua presenza nella
ricetta migliora notevolmente il gusto.

Zucchero: va aggiunto alla ricetta nella proporzione di 0,5-1% sul liquido. La sua presenza
migliora leggermente il gusto e accentua la colorazione in forno durante la cottura.

Le proporzioni nelle ricette


Nota
Calcolando che il liquido è sempre di 1000 g, la pesantezza o la leggerezza di una pasta da
bignè si calcola dal peso del burro e della farina; quindi, più farina si utilizza rispetto al
burro, più si otterrà un bignè con una pelle grossa ed elastica; viceversa, più burro si usa
rispetto alla farina, più si avrà una pelle sottile, friabile e un bignè completamente vuoto.

La cottura

Per quanto riguarda le cotture, ogni pasticciere conosce il suo forno. Si parla, quindi, solo di
temperature standard, che riguardano concetti ben precisi a seconda delle ricette utilizzate. Per
le ricette più pesanti, ossia ricche di farina e povere di burro, si utilizzeranno temperature di
circa 180 ¡C.
Per le ricette medie, con burro e farina di pari peso, si useranno temperature di circa 200 ¡C.
Per le ricette leggere, povere di farina e ricche di burro, si utilizzeranno temperature di circa
220 ¡C.
Queste temperature riguardano esclusivamente i forni statici; se si utilizzano forni a
ventilazione, le gradazioni vanno diminuite di 10-20 ¡C.
La valvola del forno va solitamente tenuta chiusa, fino a quando i bignè non si saranno gonfiati
e avranno preso un leggerissimo colore; dopodiché, il forno andrà aperto, liberando così la
camera dall’umidità prodotta e lasciando asciugare il composto.
Ricetta base

La pasta per bignè

Ingredienti (per circa 30 bignè)

185 g di acqua
165 g di burro
175 g di farina 00
25 g di latte intero fresco
270 g di uova intere
un pizzico di sale
1 Mettete a bollire, in una pentola dal fondo molto spesso, acqua, burro, sale e latte
(foto A), versate tutta la farina (foto B), e lasciate asciugare sul fuoco (foto C). Trasferite
l’impasto in planetaria con il gancio a foglia, e lasciate girare per 1 minuto; aggiungete
quindi le uova un po’ per volta (foto D) e lasciate incorporare bene.

2 Con l’aiuto di una tasca da pasticciere (foto E) modellate i bignè su teglie imburrate
(foto F) e cuocete in forno a 220 ¡C con il cielo più alto del suolo o, se preferite,
friggeteli in olio vegetale ben caldo.

I consigli del pasticciere


3 Per sciogliere il burro in acqua è bene immergere il panetto tagliato a fette; se l’acqua
raggiunge l'ebollizione, bisogna toglierla dal fuoco, altrimenti una parte evaporerà
sbilanciando la ricetta.
3 In pasticceria è sempre utile unire un pizzico di sale alle preparazioni: serve a dare una
completezza di gusto e a stemperare quel sapore a volte stucchevole dei dolci.
3 La farina viene detta “debole” perché povera di proteine quindi di glutine, che si
formerà solo con l’impasto. Le farine deboli danno vita ad impasti non troppo elastici al
contrario delle farine “forti”, cioè ricche di proteine.
3 La farina va incorporata al burro fuso in acqua versandola in un colpo solo, altrimenti
potrebbe creare dei grumi.
3 La pasta dei bignè deve avere una consistenza simile a quella di una crema, ma non
troppo liscia. Se il vostro impasto è troppo rappreso, per rimediare basta aggiungere
dell'altro uovo.
3 Nella cottura dei bignè ricordate di non usare la carta da forno per rivestire la teglia,
altrimenti il bignè non lieviterà bene e farà una pancia sulla base; se la teglia è imburrata,
invece, l'impasto rimarrà aderente al fondo e si gonfierà in altezza.
Profiterol tiramisù

Ingredienti (per 8-10 persone)

per la chantilly al caffè


1 kg di panna fresca
500 g di crema pasticciera
15 g di colla di pesce
100 g di caffè espresso
10 g di caffè liofilizzato

per la glassa al mascarpone


250 g di mascarpone
250 g di panna
150 g di crema pasticciera
80 g di zucchero a velo

per la finitura
200 g di pasta per bignè
20 g di cacao tipo Van Houten
200 g di cioccolato al 70%
5 g di caffè in chicchi

1 Per la chantilly al caffè: stemperate la crema pasticciera fredda di frigorifero con una
frusta, al fine di ottenere una massa ben liscia e omogenea; prelevatene circa la metà e
scaldatela al microonde, quindi unite la colla di pesce ammollata e fatela sciogliere.
Versate il caffè espresso, nel quale è stato fatto sciogliere precedentemente anche il caffè
solubile e aggiungete il resto della crema pasticciera fredda.

2 Nel frattempo montate la panna e unitela alla crema molto delicatamente, con un
movimento del cucchiaio dal basso verso l'alto, in modo da ottenere una crema chantilly
ben areata e leggera. Coprite con la pellicola trasparente e conservate in frigo.

3 Per la glassa al mascarpone: unite al mascarpone la crema pasticciera e lo zucchero a


velo (foto A) poi, incorporate la panna leggermente sbattuta, ma ancora semiliquida (foto
B).

4 Dopo aver cotto i bignè come da ricetta base, farciteli con la chantilly al caffè e, dopo
averli congelati, glassateli con la glassa al mascarpone aiutandovi con una forchetta (foto
C e D). Impilateli uno sopra l'altro in un tubo fatto con il cioccolato fondente,
spolverizzate leggermente con il cacao amaro in polvere e decorate con i chicchi di caffè.

I consigli del pasticciere


3 Per fare in modo che la panna monti con facilità fatela raffreddare per bene in frigo
assieme al contenitore in cui verrà montata.
3 Per rafforzare il caffè per la crema, senza sbilanciare il rapporto di liquidi nella ricetta,
aggiungete del caffè solubile a quello liquido.
3 In pasticceria due composti si miscelano bene insieme se hanno la stessa consistenza;
per unire un ingrediente liquido a uno più solido, fatelo prima addensare aggiungendo
parte del composto solido (basta rendere simili i due composti).
3 Nel riempire il sac à poche schiacciate bene il composto all'interno del sacco per
eliminare eventuali bolle d'aria, altrimenti potreste far esplodere il bignè al momento
della farcitura.
3 Se la glassa per i profiterole diviene troppo liquida possiamo batterla leggermente per
farla montare un poco; se invece è troppo densa, la si può diluire aggiungendo un po’ di
panna.
Croquenbouche
alla chantilly di zabaione

Ingredienti (per 8-10 persone)

per la crema chantilly allo zabaione


400 g di crema zabaione
600 g di panna
15 g di colla di pesce

per il caramello
250 g di zucchero
100 g di acqua
150 g di sciroppo di glucosio
per la ganache al cioccolato amaro
250 g di cioccolato al 70%
350 g di panna fresca

per la finitura
400 g di pasta per bignè
200 g di pan di Spagna
150 g di panna montata

1 Per la chantilly allo zabaione: unite alla crema zabaione ancora calda la colla di pesce
ammollata, portate il tutto a 30 ¡C, quindi alleggerite con la panna leggermente sbattuta,
ma ancora semiliquida. Per la ganache al cioccolato amaro: scaldate la panna, unite il
cioccolato amaro a pezzettini, quindi mescolate bene in modo da farlo sciogliere.

2 Nel frattempo, preparate i bignè e, una volta che avrete terminato la cottura, lasciateli
raffreddare.

3 Mettete in un tegame di rame lo zucchero con l'acqua e lo sciroppo di glucosio (foto


A); fate cuocete a una temperatura di 160 ¡C, fino a che non raggiunge la tipica
colorazione bionda del caramello.

4 Procedete glassando uno a uno i bignè con il caramello (foto B e C) e assemblateli


componendo una corona (foto D). Lasciate raffreddare.

5 Una volta fredda, ponete sul fondo della corona uno strato di pan di Spagna, uno di
chantilly allo zabaione, uno di ganache al cioccolato amaro. Terminate aggiungendo in
cima al dolce un ultimo strato di crema chantilly allo zabaione. Decorate con fili di
caramello realizzati con l’aiuto dell’apposita frusta priva delle estremità (foto E) e con
ciuffi di panna montata.

I consigli del pasticciere


3 Il metodo più facile e veloce per fare il caramello è sciogliere lo zucchero a secco: è
importante però non mescolarlo subito, ma attendere che fonda, altrimenti granisce e si
compatta.
3 La plastica mantiene molto bene il calore del microonde, è quindi ottima per scaldare
un prodotto; per raffreddarlo, invece, è consigliabile usare un contenitore di vetro.
3 Per preparare la ganache non serve fondere le scaglie di cioccolato, ma basta
incorporarle alla panna calda perché si sciolgano.
3 Per farcire un bignè con la giusta quantità di ripieno bisogna inserire la crema
lentamente finché non si sarà gonfiato del tutto.
3 Il modo migliore per cuocere i bignè è usare un forno statico: avranno così una
superficie liscia; cuocendoli in un forno ventilato, invece, assumeranno una forma
frastagliata.
Torta Saint-Honoré

Ingredienti (per 8-10 persone)

per la crema Saint-Honoré


90 g di latte intero
90 g di panna fresca
120 g di zucchero
110 g di tuorli
17 g di amido di mais
12 g di colla di pesce in fogli
1 bacca di vaniglia bourbon

per la meringa italiana


140 g di zucchero
50 g di acqua
220 g di albumi
40 g di zucchero

per la finitura
1,2 kg di pasta sfoglia
800 g di pasta per bignè
400 g di crema pasticciera al cioccolato
300 g di pan di Spagna
200 g di bagna al rum
400 g di zucchero

1 Stendete la pasta sfoglia in uno strato molto sottile (circa 2 mm), quindi bucherellatela
bene e ricavatene dei dischi da 12 cm di diametro (foto A). Metteteli sulla teglia con
carta da forno e, dopo averli spennellati con acqua, formate intorno un cordone di pasta
per bignè cruda (foto B). Infornate il tutto a 180 ¡C per circa 20 minuti. A fine cottura
lasciate raffreddare direttamente sulla teglia, mentre con il resto della pasta fate dei
piccoli bignè, che cuocerete nel forno a 190 ¡C.

2 Nel frattempo preparate la crema Saint-Honoré: portate a bollore il latte con la panna,
versatevi dentro i tuorli sbattuti con lo zucchero, l'amido di mais e la vaniglia. Cuocete
come una crema pasticciera (cioè fino a quando non si sarà addensata), quindi togliete
dal fuoco, unite la colla di pesce precedentemente ammollata e ben strizzata. Tenete da
parte, coprendo con pellicola a contatto, in modo da evitare la formazione di una
crosticina in superficie; e il fatto che, al tempo stesso, la crema si raffreddi.

3 Cuocete 140 g di zucchero con l'acqua fino a raggiungere una temperatura di 121 ¡C,
quindi versate a filo sugli albumi, che stanno montando in planetaria con la frusta,
insieme con 40 g di zucchero; se non si possiede una planetaria eseguite la stessa
operazione con un frullino. Montate il tutto fino a raffreddamento, quindi unite alla crema
calda preparata in precedenza, mescolando delicatamente dal basso verso l'alto e tenete
da parte.

4 Nel frattempo preparate il caramello con 400 g di zucchero e glassate la coroncina di


bignè fatta in precedenza sul bordo della pasta sfoglia. Stendete sul fondo dei dischetti
uno strato di crema Saint-Honoré (foto C), disponetevi sopra un dischetto di pan di
Spagna inzuppato di bagna al rum e, utilizzando una tasca da pasticciere munita di
bocchetta liscia, continuate con uno spuntone di crema Saint-Honoré e con uno spuntone
di crema pasticciera al cioccolato (foto D).
I consigli del pasticciere
3 Quando si amalgama lo zucchero al tuorlo è importante mescolare subito, altrimenti lo
zucchero farà coagulare il tuorlo formando delle palline che non si disferanno più.
3 Lo zucchero ha tante funzioni in pasticceria, non serve solo a dolcificare, ma è utile
anche come anticoagulante e come anticristallizzante.
3 È importante che il recipiente dove vengono montati gli albumi non contenga grassi
residui; i lipidi, infatti, impediscono alle chiare di prendere struttura.
Bignè con chantilly al parmigiano

Ingredienti (per circa 30 bignè)

480 g di pasta per bignè

per la crema pasticciera salata


300 g di latte intero fresco
15 g di amido di riso
40 g di burro
100 g di tuorli
4 g di colla di pesce in fogli
350 g di panna montata
200 g di parmigiano grattugiato
per la chantilly di parmigiano
200 g di crema pasticciera salata
80 g di parmigiano grattugiato
160 g di panna montata

per la decorazione
120 g di parmigiano grattugiato
0,5 g di pepe rosa secco
80 g di panna montata
24 g di riduzione di aceto balsamico

1 Preparate i bignè di forma tonda con la bocchetta liscia n. 12 e fate cuocere in forno a
220 ¡C per 15 minuti circa.

2 Per la crema pasticciera salata procedete come se preparaste quella tradizionale:


sbattete le uova e aggiungete l’amido di riso. In un pentolino scaldate il latte con il burro,
aggiungete anche la colla di pesce (precedentemente ammollata in acqua), unite poi il
composto di uova e continuate la cottura fino a che non si sarà ben addensato. A fuoco
spento, spolverate con il parmigiano e lasciate sciogliere per bene. Una volta fredda,
alleggerite la crema salata con la panna montata.

3 Per la chantilly di parmigiano: scaldate al microonde 200 g di crema pasticciera con il


parmigiano; mescolate bene in modo da sciogliere completamente il formaggio, quindi
unite il composto al resto della crema fredda e alleggerite il tutto con la panna montata.

4 Realizzate delle cialdine al parmigiano facendo cuocere 120 g di parmigiano


grattugiato in un flexipan (una forma per dolci di silicone) a forma di savarin (foto A e
B).

5 Composizione finale: tagliate alle bignole i cappelli (foto C), farcitele con la chantilly
di parmigiano (foto D) e adagiatevi sopra una cialdina di parmigiano (foto E).
Completate con un ciuffetto di panna montata (foto F) e decorate spolverizzando con del
pepe rosa sminuzzato e una goccia di riduzione di aceto balsamico.

I consigli del pasticciere


3 Nel creare una crema salata, per sostituire l’effetto anticoagulante dello zucchero, è
possibile usare dell’amido precedentemente addensato con il burro.
3 Dopo aver creato i bignè sulla teglia con il sac à poche spesso la massa forma un
beccuccio: è possibile eliminarlo senza sporcarsi spuntandolo con le dita bagnate.
Ricetta base

La pasta sfoglia
La pasta sfoglia
Si tratta di una pasta molto semplice, composta generalmente da quattro ingredienti, la farina,
il burro o la margarina, l’acqua e il sale che, combinati fra loro in diversi modi, danno vita a
riuscite diverse. Ogni pasticciere realizza la pasta sfoglia a modo suo, a seconda della
conoscenza degli ingredienti e dei procedimenti o perché così gli è stato insegnato.
Di seguito sono riportati il modo, gli ingredienti e i procedimenti che determinano le
differenze tra le varie versioni di pasta sfoglia.

La farina: è preferibile usare una farina mediamente forte (circa 230 W), che permette di
ottenere una buona sfogliatura e una discreta friabilità. Con una farina più debole, come quella
utilizzata per la pasta frolla, si avrà una pasta di buona friabilità ma di pessima sfogliatura e
leggerezza. Di contro, se si utilizza una farina troppo forte, per esempio quella indicata per i
lievitati, si ottiene un effetto molto sfogliato e leggero, ma con una scarsa friabilità, dovuta
all’assorbimento dell’umidità, dopo la cottura, da parte della massiccia presenza di glutine.

L’acqua: serve a sciogliere il sale e, miscelata con la farina, produce il pastello; la quantità
varia a seconda del potere di assorbimento della farina utilizzata.

Durante la cottura, l’acqua evapora, stimolata dal calore del forno, contribuendo così alla
stratificazione dell’impasto.

Burro o margarina: come materia grassa, è preferibile utilizzare il burro, che ha un sapore
notevolmente migliore. È vero che in commercio esistono margarine prodotte appositamente
per la pasta sfoglia, che hanno una struttura lunga e plastica in grado di facilitare la
lavorazione e influenzare notevolmente il distacco fra la materia grassa e il pastello, ma il
sapore è notevolmente peggiore rispetto a quello ottenuto con l’impiego del burro.

Il sale: serve a dare rotondità al sapore della sfoglia cotta; la sua dose è fra i 20 e i 25 g per 1
kg di farina. Generalmente si scioglie nell’acqua.
Metodi di impasto del pastello

Esistono diversi metodi di impasto del pastello, che sono fondamentali per la riuscita:

pastello poco impastato (glutine poco stimolato);


pastello molto impastato (glutine molto stimolato);
presenza di materia grassa nel pastello (con conseguente consistenza del pastello più
solida).

Nel primo caso, stimolando poco il glutine si ottiene una velocità di produzione notevole e un
tipo di sfogliatura più abbondante e leggermente irregolare.
Stimolando molto il glutine, invece, si ha una sfogliatura più regolare e non abbondante.
In quest’ultimo caso, durante la cottura, il glutine è già in tensione e al massimo della sua forza
quindi, attraversato dal vapore, non è in grado di ostacolarne il passaggio e di gonfiarsi molto.
Aggiungendo materia grassa all’impasto, la consistenza del pastello diventa più solida
favorendo, con l’effetto del freddo ottenuto dal riposo in frigorifero, le pieghe insieme al
panetto del burro.
Impasto del panetto

Per realizzare il panetto, utilizzate il burro da frigorifero, precedentemente battuto con il


matterello al fine di renderlo plastico e facilmente assimilabile alla farina che, di solito,
corrisponde al 30% del suo peso. Una volta impastato, disponete il panetto nella forma
desiderata per le pieghe e riponetelo in frigorifero per circa 1 ora.
Se usate il burro in placche, non è necessario preparare il panetto, ma basterà semplicemente
inserire il burro già steso all’interno del pastello.

Vari metodi di inserimento del panetto nel pastello

Ci sono diverse possibilità per avvolgere il panetto di burro con il pastello, che hanno tutte,
come scopo finale, la distribuzione uniforme fra il panetto e il pastello durante la realizzazione
delle pieghe. A tal proposito, vi ricordo che la buona riuscita delle pieghe comincia proprio
dall’inserimento del panetto all’interno pastello.
Metodo n. 1
Mettete al centro del pastello, ben steso e allargato, un panetto di forma rettangolare; chiudete
perfettamente i lati al centro e, successivamente, stendete con il matterello le ali esterne del
pastello, piegandole una sopra e una sotto, in modo da distribuire la pasta uniformemente. Alla
fine, stendete e realizzate le pieghe desiderate.
Metodo n. 2
Utilizzate questo metodo quando volete preparare una pasta sfoglia inversa, cioè con le pieghe
della pasta realizzate con il burro fuori. Per prima cosa, allargate il pastello a forma
rettangolare e appoggiate al centro il panetto, di dimensioni più piccole. Sollevate i bordi del
pastello, attaccandoli al panetto solo attraverso i margini, lasciando in questo modo il panetto
ben visibile al centro; infine, stendete con il matterello e realizzate le pieghe a vostro piacere.
Metodo n. 3
Allargate a forma rettangolare il pastello, disponete al centro il panetto, in maniera che risulti
parallelo al pastello nei lati corti, e chiudete le ali del pastello bene al centro, lasciando liberi
i lati corti. Alla fine, stendete con il matterello e realizzate le pieghe desiderate.
Metodo n. 4
Allargate il pastello in forma quadrata e mettete al centro il panetto di burro (preparato
sempre in forma quadrata), in maniera che si formino quattro punte; chiudetele al centro
coprendo totalmente il panetto, stendete bene il panetto e realizzate le pieghe a piacere.

Le pieghe della pasta sfoglia


Formare le pieghe o i giri alla pasta sfoglia, intervallando fra loro strati di pastello e di
panetto, è l’azione che ne determina la riuscita finale. Questa procedura contempla
innumerevoli varianti, che determinano poi il risultato.
Innanzitutto, il numero delle pieghe che, di solito, sono 4 da 4, ma possono essere anche 5 da 3
oppure 6 da 3, o in altri casi 2 da 3 e 2 da 4, alternate fra di loro. Il risultato finale, però, non
sarà determinato solo dal numero delle pieghe, ma anche dallo spessore, tanto che esistono sia
pieghe alte sia basse.

Solitamente, si è portati a pensare che un’abbondante stratificazione (ossia molte pieghe) sia
alla base di una sfoglia molto friabile e poco alta di spessore, con alveoli molto piccoli;
diversamente, una sfoglia poco stratificata (ossia con poche pieghe) sia propria di una pasta
un po’ elastica, con alveoli molto grandi e abbastanza irregolari. Questi effetti sono accentuati
o diminuiti, a seconda di come vengono realizzate le pieghe (alte o basse).
Le pieghe alte tendono a far aumentare di più la pasta; quelle basse, invece, ad amalgamare il
panetto e il pastello, al fine di ottenere una sfoglia più friabile.

Come si contano le stratificazioni


Per contare le stratificazioni della pasta sfoglia, si procede con un semplice calcolo
matematico. La cosa più importante è incominciare il calcolo contando il numero degli strati
che il pastello e il panetto danno nel momento in cui vengono sistemati insieme.
Considerando che il pastello avvolge completamente il panetto di burro, gli strati sono tre.
Esempio: per una sfoglia con 4 pieghe da 4, si procederà con il seguente calcolo: 3 x 4 x 4 x 4
x 4 = 768 pieghe.

Perché la pasta sfoglia si alza durante la cottura


La caratteristica lievitazione naturale a strati è dovuta al vapore che si sprigiona dall’acqua
dell’impasto del pastello e da quella contenuta nel burro, nel momento in cui la preparazione
viene infornata. Nel tentativo di uscire, il vapore spinge verso l’alto ma incontra sulla sua
strada la resistenza degli strati collosi dell’amido e del glutine contenuto nella farina,
facendoli alzare.
Quindi, vi consiglio di lavorare la pasta sfoglia con estrema precisione, in maniera che i tanti
strati di cui è composta siano perfetti negli spessori, evitando spiacevoli rotture.
La cottura ideale
Per definire correttamente la temperatura di cottura ideale della pasta sfoglia, è necessario
tener conto di alcuni parametri standard, come la grandezza e lo spessore del pezzo di panetto
che si vuole cuocere, se è stato bucato o no e a quale preparazione finale è destinato. Per
prima cosa, è necessario riflettere sul fatto che la pasta sfoglia è ricca di acqua che deve
essere eliminata. Questo procedimento preclude un lungo tempo di cottura, quindi le cotture
alte (a 220-230 ¡C) sono indicate solo per i pezzi molto sottili e bucati, in modo da rendere
più velocemente l’arrivo del calore agli strati interni che, nell’asciugarsi, permettono di
ottenere una sfoglia friabile.
Al contrario, se si devono cuocere dei pezzi abbastanza grossi e, per di più, non bucati,
bisogna dare il tempo al calore di penetrare nella pasta e di fare uscire tutto il vapore, senza
colorare troppo la superficie; in questo caso, è necessario utilizzare temperature più basse
intorno ai 160-180 ¡C.
Quindi, considerando il fatto che l’intervallo delle temperature di cottura della pasta sfoglia è
abbastanza ampio, bisogna valutare caso per caso la temperatura idonea. Anche l’apertura
della valvola del forno varia a seconda della conoscenza del proprio elettrodomestico,
dell’impasto da utilizzare e del tipo di preparazione che si vuole realizzare. Di solito la si
lascia chiusa dall’inizio della cottura fino a quando la pasta sfoglia non si è alzata; a questo
punto si apre per favorire la fuoriuscita del vapore, così da asciugare il più possibile il
prodotto.

Vi ricordo che, in una pasta sfoglia che ha subito una cottura troppo veloce, si può conservare
dell’umidità all’interno delle stratificazioni (spesso rimaste completamente bianche rispetto
alla superficie), che non ha avuto modo di venir fuori a causa di una cottura troppo veloce o
effettuata con un calore troppo forte. Questa umidità rende la sfoglia poco friabile e gommosa,
inadatta per preparazioni di determinati dolci, come diplomatici, millefoglie e torte Saint-
Honoré. Inoltre, se la sfoglia viene conservata al caldo, in attesa di essere utilizzata, rischia di
diventare secca, dando l’impressione di un prodotto vecchio.
Ricetta base

La pasta sfoglia

Ingredienti (per 3,7 kg di pasta sfoglia)

per il panetto
440 g di farina 00
1,5 kg di burro

per il pastello
1,060 kg di farina
00 30 g di sale
660 g di acqua

1 Per il panetto: impastate la farina con il burro, senza lavorarli troppo; formate un
panetto quadrato, appiattitelo e ponetelo in frigo per 1 ora (foto A).

2 Per il pastello: impastate tutti gli ingredienti per qualche minuto, fino a ottenere un
impasto liscio e omogeneo (foto A); riponetelo in frigorifero per almeno 30 minuti,
coperto con della pellicola per alimenti.

3 Per la finitura: allargate il pastello con il matterello dandogli la forma rettangolare,


mettete al suo centro il panetto di burro e la farina realizzato sempre in forma rettangolare
(foto B); chiudete le due estremità laterali di pastello coprendo completamente il panetto
(foto C). Appiattite con il matterello e, una volta raggiunto lo spessore di 1,5 cm, piegate
la sfoglia in 3 (foto D). Stendete nuovamente la sfoglia allo spessore di 1,5 cm, ma questa
volta effettuate 4 pieghe (foto E, F e G).

4 Riponete la sfoglia, coperta da pellicola, in frigorifero e lasciate riposare per altri 60


minuti circa, quindi tiratela fuori dal frigorifero e ripetete nuovamente le pieghe a 3 e poi
ancora le pieghe a 4.
Una volta ottenuta la sfoglia, prima di utilizzarla è necessario lasciarla riposare in
frigorifero per almeno 1 ora.

I consigli del pasticciere


3 Per fare una buona millefoglie bisogna evitare che la sfoglia cresca tanto, altrimenti
creerà dei difetti in cottura e sarà difficile tagliarla, quindi è bene stenderla parecchio e
bucarla accuratamente.
3 Gli aromi, come la vaniglia o la buccia di limone, vanno sempre incorporati nella
parte calda della ricetta, in questo modo sprigioneranno il massimo degli oli essenziali.
Sfogliatina frangipane alle pesche e cioccolato

Ingredienti (per 12 persone)

composto frangipane
95 g di mandorle pelate
90 g di zucchero di canna grezzo
95 g di burro
105 g di uova intere
28 g di farina di riso
7 g di amido di riso
10 g di cacao amaro in polvere
25 g di granella di amaretti
per la finitura
300 g di pasta sfoglia
250 g di pesche sciroppate
100 g di gelatina di albicocche
100 g di amaretti

1 Per preparare il composto frangipane, raffinate le mandorle con lo zucchero in modo


da ottenere una polvere fine. Per questa operazione si può utilizzare sia una raffinatrice
professionale che un normale robot da cucina; in quest'ultimo caso, è meglio congelare le
mandorle prima di tritarle in modo da evitare la fuoriuscita del loro olio. Montate il
burro con questa polvere di mandorle e zucchero (t.p.t.), utilizzando la planetaria con la
frusta oppure un frullino casalingo. Unite poi a filo le uova intere e infine, la farina e
l'amido setacciati con il cacao. Completate con gli amaretti sbriciolati.

2 Stendete la pasta sfoglia dello spessore di 2,5 mm e ricavatene dei dischi con l’aiuto
di un coppapasta (foto A). Bucherellate la superficie dei dischi con i rebbi di una
forchetta (foto B).

3 Mettete nel centro un po’ di frangipane al cioccolato (foto C) e gli amaretti ridotti in
granella. Aggiungete mezza pesca sciroppata, premendo leggermente in modo da far
fuoriscire dai lati della pesca un po’ di crema frangipane (foto D). Infornate a 170 ¡C per
20 minuti circa, quindi lasciate raffreddare completamente il dolce prima di lucidarlo
con la gelatina di albicocche calda.

I consigli del pasticciere


3 Nel creare un ripieno è meglio non passare gli ingredienti nel cutter, ma tagliarli al
coltello; una grana più grossa conferisce al composto un aspetto più invitante.
3 Aggiungendo un pizzico di amido di mais ai ripieni riusciremo a evitare che in cottura
gli ingredienti umidi rilascino troppi liquidi e ammollino la pasta.
Sfogliatina salata ai due gusti

Ingredienti (per 8 persone)

per il ripieno di ricotta e spinaci


250 g di ricotta di pecora
125 g di spinaci lessati e strizzati
35 g di parmigiano grattugiato
25 g di uova intere
15 g di tuorli
8 g di amido di mais
3 g di sale

per il ripieno di uova


150 g di panna fresca
40 g di latte intero fresco
15 g di tuorli
75 g di uova intere
0,5 g di sale
noce moscata q.b.

per la finitura
75 g di bacon
400 g di pasta sfoglia
40 g di parmigiano grattugiato

1 Unite gli spinaci lessati, ben strizzati e tritati alla ricotta, aggiungete il resto degli
ingredienti, mescolate con cura e tenete da parte.
Per il ripieno di uova: sbattete le uova intere con i tuorli, unite la panna e il latte; salate e
profumate con noce moscata.

2 Stendete la pasta sfoglia allo spessore di 2 mm, coppate dei dischetti e foderate gli
stampini, facendo in modo che la pasta fuoriesca di 1,5 cm oltre lo stampo (foto A).

3 Bucherellate bene il fondo con i rebbi di una forchetta (foto B), quindi farcite con il
ripieno di ricotta e spinaci. Ponete sopra dei dadini di bacon (foto C) e completate con un
centimetro di composto di uova (foto D). Risvoltate verso l'interno il bordo in eccesso di
pasta, spolverizzate con il parmigiano grattugiato e infornate a 170 ¡C per 20 minuti
circa.

I consigli del pasticciere


3 A differenza della pasticceria in cucina la grammatura degli ingredienti non è fissa, ma
varia a seconda dei prodotti che utilizziamo. Per determinare le quantità di sale è valida
quindi la regola dell'assaggio.
3 Friggere leggermente la pancetta ha un doppio vantaggio: oltre a essere più gustosa e
croccante, una volta scolata parte dei suoi grassi discioltisi in cottura verranno eliminati:
si eviterà così di appesantire ulteriormente la pasta.
Trancetto diplomatico

Ingredienti (per 8 persone)

per la sfoglia caramellata


500 g di pasta sfoglia
150 g di zucchero a velo
80 g di burro di cacao in polvere

per la finitura
1 kg di crema chantilly alla vaniglia
400 g di pan di Spagna

per la bagna al rum


100 g di zucchero liquido al 70%
100 g di acqua
25 g di rum

1 Stendete la pasta sfoglia allo spessore di 2 mm, bucatela con fori piuttosto distanziati
ma regolari e infornate a 160 ¡C, fino a quando la sfoglia non avrà assunto un bel colore
dorato. A questo punto toglietela dal forno, spolverizzatela con lo zucchero a velo e
infornatela nuovamente a 240 ¡C, fino a completa caramellizzazione.
A fine cottura passate su entrambi i lati di pasta sfoglia ancora calda, il burro di cacao in
polvere.

2 Posizionate sulla pasta sfoglia cotta un anello di metallo di circa 26 cm di diametro e,


con l’aiuto di un coltello ben appuntito, ritagliatene la circonferenza in modo da ottenere
due dischi (foto A).

3 A questo punto stendete uno strato alto 1 cm di crema chantilly alla vaniglia sul primo
foglio di pasta sfoglia caramellata (foto B). Disponetevi sopra delle fette di pan di
Spagna alte 1 cm (foto C) e inzuppatele con la bagna al rum (foto D) che avrete ottenuo
miscelando insieme tutti gli ingredienti. Sovrapponete un altro strato di crema chantilly
alla vaniglia e chiudete con l’altro foglio di sfoglia caramellata (foto E). Congelate il
tutto, in modo da poter tagliare il dolce a trancetti regolari con un coltello affilato.
Aspettate lo scongelamento prima di servire.

I consigli del pasticciere


3 È importante spolverare la sfoglia con il burro di cacao in polvere, così da
impermeabilizzarla, evitando che, durante il periodo di stoccaggio in frigo, la sfoglia si
ammorbidisca con la crema.
3 Nel montaggio di dolci con i lati a vista è importante essere precisi nelle
stratificazioni, altrimenti si noterà la differenza di spessore; per fare degli strati
omogenei usate il sac à poche al posto del mestolo.
Torta di sfoglia al farro e amarene

Ingredienti (per uno stampo di 26 cm di diametro)

per il composto di mandorle e farro


125 g di mandorle con la buccia
25 g di mandorle amare
35 g di farina di farro integrale
50 di zucchero di canna grezzo
125 g di burro
100 g di tuorli
200 g di albumi
80 g di zucchero di canna grezzo
per la finitura
400 g di pasta sfoglia con farina di farro
40 g di confettura di amarene
65 g di amarene snocciolate
80 g di mandorle a filetti
35 g di zucchero in granella
15 g di zucchero bucaneve
gelatina di albicocche q.b.
mandorle intere con la buccia q.b.

1 Passate alla raffinatrice i due tipi di mandorle, con 50 g di zucchero di canna e la


farina di farro integrale, in modo da ottenere una polvere fine e omogenea.

2 Montate in planetaria, con la frusta, il burro ammorbidito (foto A). Versate poi a filo i
tuorli d’uovo e aggiungete la polvere di mandorle e farro (foto B e C). Completate il
composto con l'albume montato a neve insieme a 80 g di zucchero di canna (foto D).

3 Imburrate abbondantemente la tortiera e rivestitela con la pasta sfoglia; bucherellate il


fondo, formate uno strato di confettura di amarene e disponetevi sopra le amarene intere
(foto E).

4 Aggiungete il composto alle mandorle (foto F), quindi spolverizzate con zucchero in
granella e mandorle a filetti.
Completate con alcune strisce di pasta sfoglia intrecciate.
Cuocete in forno a 170 ¡C per 25-30 minuti circa. Una volta sfornata capovolgete la torta
sopra una griglia e lasciate raffreddare. Decorate con lo zucchero bucaneve, le amarene e
le mandorle con la buccia. Infine, gelatinate per rendere brillante la torta.

I consigli del pasticciere


3 La farina di mandorle deve essere più fina possibile perché possa assorbire bene i
liquidi e assolvere alla sua funzione legante nella ricetta.
3 Usare ingredienti raffinati non è sempre la scelta migliore; i prodotti integri aiutano ad
assumere più fibre, a conservare il sapore primario, e caratterizzano la ricetta con più
colore e sapore.
3 Se utilizzate lo zucchero di canna al posto di quello semolato per montare gli albumi
ricordate di farlo sciogliere bene prima di montare, altrimenti i grani rimarranno sul
fondo senza dolcificare.
Ricetta base

La crema pasticciera
La crema pasticciera
In pasticceria è considerata la regina delle creme. Con essa si realizza la maggior parte delle
farciture di torte classiche e mignon e, quando è alleggerita con la panna, diventa un prodotto
insostituibile per ogni pasticciere. Gli ingredienti che la compongono sono molteplici; c’è chi
la prepara con latte, zucchero, tuorli, farina e aromi, chi con polvere per crema, chi con latte,
panna, zucchero e amido, chi fa una miscela di amidi. Naturalmente, devono essere sempre
freschissimi e di ottima qualità.
In questo tipo di preparazione si verifica, a carico delle proteine, un coagulo che forma una
specie di rete, nelle cui maglie vengono trattenuti tutti i principi nutritivi. La coagulazione è
favorita anche dalla presenza dell’amido contenuto nella farina che, grazie al calore, si
trasforma in salda.
In genere, queste creme risultano più soffici per la presenza dello zucchero, che diminuisce la
rapidità della coagulazione proteica. Quanto più zucchero si aggiunge, tanto minore è la
velocità di coagulazione. Volendo, si potrebbe abbondare con lo zucchero, in modo da
ritardare completamente la coagulazione dell’uovo, un processo dovuto alla presenza delle
proteine. In questo caso, però, la crema sarebbe immangiabile perché troppo dolce. Anche
l’aggiunta di bucce di agrumi a scopo aromatizzante e il rimescolamento continuo influiscono
sulla morbidezza della crema, perché così facendo si spezza la rete proteica e il prodotto
finale risulta più o meno ben fitto ma non solido, come quello della crema di caramello, che
non subisce alcuna manipolazione.
Le temperature che determinano un inizio di vischiosità degli amidi sono:

amido di mais da 72 ¡C a 84 ¡C;


amido di riso dai 76 ¡C a 92 ¡C;
farina di frumento da 81 ¡C a 94 ¡C.

All’esame visivo e gustativo, la crema pasticciera dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

aspetto esterno: la crema ha una superficie liscia, un aspetto lucido e un colore giallo
uovo tenue;
aspetto interno: la crema ha una struttura uniforme, cremosa e liscia, esente da sineresi
(ossia parziale cedimento dell’acqua);
qualità sensoriali: la crema ha un sapore leggero di vaniglia, non oppone resistenza al
palato, ha un aroma chiaramente distinguibile e non è farinosa.

Ingredienti principali

Il latte: si utilizza principalmente quello intero di alta qualità; è comunque possibile usare
anche il latte in polvere intero reidratato con l’acqua.

Il tuorlo: la sua coagulazione va da 62 ¡C a 65 ¡C, aspetto da tenere presente per la cottura del
prodotto. Infatti, più tuorli si utilizzano, meno sarà necessario cuocere il prodotto, per evitare
il sapore sgradevole di uovo cotto dovuto alla parte zolferina del tuorlo che, denaturandosi, dà
all’uovo un cattivo sapore.
Per ottenere una buona crema la quantità di tuorli in 1 l di latte può variare da 8 a 25 (da 160 g
a 500 g per 1 l di latte) e, di logica, più aumentano i tuorli meno amido si dovrà aggiungere
alla ricetta (coagulandosi, i tuorli fanno rapprendere la crema). Di contro, sarà necessario
aggiungere più zucchero (come già spiegato prima, lo zucchero neutralizza la capacità di
coagulazione dei tuorli; di conseguenza, si deve aumentare la sua quantità per tenerla sotto
controllo e non far rapprendere troppo velocemente i tuorli).
Il tuorlo aumenta la conservazione della crema grazie alla lecitina, che avvolge le particelle di
grasso ed evita l’ossidazione. L’azione conservante è maggiormente accentuata dallo zucchero.
Inoltre, l’abbondante presenza di tuorli fa sì che, in percentuale, nella preparazione ci sia
meno acqua, garantendo in questo modo una conservazione migliore.

Lo zucchero: oltre a dolcificare la crema, ha un’azione conservante. La sua dose per 1 l di


latte va dai 250 g ai 500 g; di solito, si miscela con l’amido prima di incorporare i tuorli,
oppure si mescola con i tuorli e, in un secondo momento, si aggiunge l’amido. Questa
preparazione deve essere fatta velocemente, in quanto lo zucchero è solubile in acqua e, se
viene lasciato a contatto con i tuorli senza essere amalgamato, i cristalli “acquistano” la poca
acqua contenuta nei tuorli. Questi ultimi, non avendone abbastanza per sciogliere i cristalli di
zucchero, provocano un assorbimento che “plastifica” le proteine dei tuorli, rendendole
gommose e insolubili, anche quando, in seguito, si unisce il latte. Così facendo, si prepara una
crema ricca di puntini piccolissimi. Questo non succede se i tuorli e lo zucchero vengono
sbattuti insieme con una frusta, in modo tale che lo zucchero si mescola ai tuorli e si scioglie
parzialmente, dando vita all’effetto anticoagulante.

La farina: si utilizza per fare addensare la crema, da sola o insieme agli amidi. La sua
temperatura di viscosità va da 81 ¡C a 94 ¡C.

L’amido di mais: si usa per fare addensare la crema, da solo o unito ad altri amidi o alla
farina. La sua temperatura di viscosità va da 72 ¡C a 84 ¡C.

L’amido di riso: si aggiunge per fare addensare la crema, da solo o insieme ad altri amidi o
alla farina. La sua temperatura di viscosità va da 76 ¡C a 92 ¡C.

Le uova: si possono utilizzare ma non sono molto indicate per una crema di qualità. Il loro
apporto di acqua è notevole e, quindi, minano la conservazione del prodotto.

La panna: con il suo apporto di grasso e una minore quantità di acqua, può sostituire una parte
di latte, migliorando il gusto del prodotto e potenziando la conservazione. La sua dose
massima si aggira sui 300 g per 700 g di latte.

Il burro: aggiunto alla ricetta, dona alla crema una maggiore cremosità, migliora il gusto e il
grado di conservazione. La sua proporzione varia dal 3% al 5% sul totale del peso della
preparazione.
La crema pasticciera si conserva in frigorifero a 4 ¡C; di conseguenza il burro, a contatto con
il freddo, si rapprende e fa rassodare anche la crema, donandole una buona cremosità. Inoltre,
svolge un’azione conservante avvolgendo con il suo grasso le particelle degli altri ingredienti
e rendendoli meno vulnerabili all’ossidazione. Se si dovesse presentare, infatti, argina
parzialmente la sineresi (ossia la perdita di liquido).

La vaniglia: i baccelli devono essere gonfi, morbidi e con una buccia sottilissima, in modo da
poter ricavare il massimo numero di semi. Per scegliere un baccello, provate a schiacciarlo
leggermente tra le dita. Deve risultare soffice e abbastanza elastico da potersi arrotolare
intorno al dito senza spezzarsi. I migliori in assoluto sono i baccelli ricoperti da una leggera
polvere bianca, costituita dalla vanillina che è trasudata dall’interno. La vaniglia va aggiunta
alla crema nella quantità di un baccello per ogni litro di latte. Di solito, si apre a metà il
baccello con un coltello e si raschiano via i semi, che vengono aggiunti al composto di tuorli,
zucchero e amido. Il baccello vuoto si mette a bollire con il latte.

Alcuni problemi

Crema bruciata sul fondo del tegame: accade quando manca il pastorizzatore e si lavora la
crema a fuoco diretto. Le cause possono essere una fiamma troppo violenta, un’azione manuale
(con la frusta) insufficiente o un tegame poco adatto (per esempio di acciaio inox senza il
triplo fondo).

Formazione di grumi: avviene quando, aggiungendo separatamente gli amidi e/o la farina, non
si sbatte energicamente con la frusta il composto, oppure quando la crema pasticciera cotta
viene tenuta scoperta durante il raffreddamento, senza essere mossa; in tal caso, si forma una
crosta abbastanza spessa che difficilmente si riamalgama.

Perdita di consistenza e formazione di liquido (sineresi): accade quando la crema non è


stata cotta abbastanza e, quindi, gli amidi non hanno fatto in tempo ad agglutinarsi. Al
contrario, una cottura troppo lunga fa perdere la capacità “legante” degli amidi.

Sensazione di farinosità sul palato: avviene quando la cottura della crema è insufficiente o
quando si usa solo la farina.
Ricetta base

La crema pasticciera

Ingredienti (per 1,6 kg di crema)

800 g di latte intero fresco


200 g di panna fresca
300 g di tuorli
300 g di zucchero
35 g di amido di mais
35 g di amido di riso
1/2 bacca di vaniglia bourbon

1 Montate i tuorli con lo zucchero, aggiungete la bacca di vaniglia e, infine, l'amido di


mais e l’amido di riso (foto A).

2 Nel frattempo mettete a bollire, preferibilmente in un pentolino antiaderente, il latte


con la panna (foto B).

3 Raggiunto il bollore, unite al latte la montata di uova (foto C) e fate cuocere per 1
minuto circa mescolando con una frusta (foto D ed E).

4 Fate raffreddare velocemente la crema in un bagnomaria di acqua e ghiaccio, oppure in


freezer, dopo averla coperta con una pellicola (foto F).

I consigli del pasticciere


3 Nella pasticceria l'uso di composti grassi come la panna e il tuorlo d'uovo garantisce
una maggiore cremosità.
3 La polpa della vaniglia non va mai inserita nel latte, altrimenti la pellicina di panna
ingloberà i grani di vaniglia e, al momento di montare, si formeranno dei grumi. Per
aromatizzare il latte possiamo invece usare il baccello vuoto.
3 Un modo semplice, veloce e igienico per separare una gran quantità di tuorli dagli
albumi è sgusciare le uova in una terrina per poi raccogliere il tuorlo con le mani.
3 Non usare mai la farina per fare la crema pasticciera, i suoi enzimi consumano il gel
formatosi nella preparazione facendo liquefare la crema. Gli amidi di riso e mais, invece,
gelificano prima e, usati insieme, danno rispettivamente più cremosità e struttura.
3 Nel preparare una crema badate bene di montare i tuorli prima di incorporarli al
marsala o al latte caldo; una volta versato, il battuto rimarrà in superficie senza toccare il
fondo della pentola ed eviterete che si attacchi o si bruci.
Pan di Spagna con crema fritta

Ingredienti (per 6 persone)

200 g di biscotti classici di riso


(oppure pan di Spagna classico)
300 g di crema pasticciera
100 g di bagna all'amaretto

100 g di uova intere


125 g di pangrattato
400 g di cioccolato fondente
olio di semi di arachide q.b.
1 Disponete sulla base di un quadrato di metallo il biscotto classico di riso inzuppato
nella bagna all’amaretto, quindi iniziate la stratificazione ricoprendo prima con la crema
pasticciera (foto A).

2 Posizionate sulla crema pasticciera un altro strato di biscotto inzuppato con la bagna
all’amaretto (foto B).

3 Completate con un ulteriore strato di crema (foto C) e infine, chiudete con il biscotto
sempre inzuppato con la bagna all’amaretto (foto D). Riponete in freezer e lasciate
congelare.

4 Quando il dolce sarà ben congelato, ricavatene dei cubi che impanerete nell’uovo e nel
pangrattato per 2 volte.
Friggete i cubetti in olio bollente e serviteli caldi, adagiati su delle coppette individuali
con del cioccolato fondente precedentemente sciolto a bagnomaria.

I consigli del pasticciere


3 Mai scaldare dell’albume senza lo zucchero, il suo effetto anticoagulante serve anche
ad alzare la temperatura di coagulo, in questo modo, l'albume non si rapprenderà.
3 L'alveolatura del pan di Spagna dipende dalla montata dell'uovo: facendo una montata
singola, cioè solo di albumi, questa sarà più fine, facendo una montata doppia, con
albumi e tuorli insieme, la bolla interna sarà più grossa.
3 Se state per utilizzare una crema che avete riposto da un po’ di tempo abbiate cura di
girarla bene per “lisciarla”, cioè renderla di nuovo bella cremosa.
3 È sempre meglio fare in casa il pangrattato; quello in vendita già pronto, essendo
conservato in buste di plastica, tende subito ad assumere un sapore stantio.
3 Un fritto leggero si ottiene mantenendo l’olio sempre molto caldo; ricordate, inoltre che
più il pezzo è grande più si abbassa la temperatura.
Coppa di mandorle e moscato

Ingredienti (per 6 persone)

per la chantilly alle mandorle


200 g di crema pasticciera alla vaniglia
300 g di panna montata
40 g di mandorle in pasta per gelato

per la gelée di moscato


3,2 dl di moscato
65 g di miele
10 g di colla di pesce in fogli

per la finitura
240 g di pan di Spagna
1,6 dl di moscato
50 g di salsa al caramello (già pronta)
30 g di mandorle a scaglie

1 Per la chantilly alle mandorle: prendete una ciotola capiente, versatevi la crema
pasticciera e incorporate, mescolando con delicatezza e dal basso verso l’alto, la panna
montata. Insaporite la crema chantilly che avrete così ottenuto con la pasta di mandorle
per gelato (si tratta di una pasta più fluida rispetto al marzapane o alla pasta di
mandorle).

2 Per la gelée di moscato: ammollate la colla di pesce in acqua tiepida e strizzatela.


Scaldate il miele e scioglietevi dentro la colla di pesce; unite il moscato e mescolate
bene. Versate metà della gelée in un contenitore di plastica e riponetela in frigorifero per
un paio d'ore a gelificare; tenete invece l'altra metà fuori dal frigorifero per lavorarla
subito.

3 Per la finitura: mettete sul fondo dei bicchieri alcuni tocchetti di pan di Spagna
inzuppato con del moscato (foto A), stendeteci sopra uno strato di chantilly alle mandorle
(foto B), poi uno di mandorle a scaglie (foto C) e poi uno di gelée di moscato (foto D).
Riponete in frigo in modo che la gelée possa solidificarsi. Fatto ciò, realizzate
nuovamente un altro strato di chantilly alle mandorle (foto E). Coprite la superficie con la
salsa al caramello e decorate con una tartare di gelée di moscato (foto F),
precedentemente rappresa in frigorifero. Infine, guarnite con delle mandorle tostate e
affettate.

I consigli del pasticciere


3 I dolci in coppa non sono solo facili da servire ma anche da conservare: essendo già
coperti dall’ossidazione sui lati, basta una pellicola sulla superficie perché si
mantengano più a lungo.
3 Il segreto di un buon aspic risiede nel bilanciamento tra gelatina e componente liquido:
non deve essere gommoso o troppo morbido, ma avere una consistenza che sia tagliabile,
soffice e trasparente.
3 La “decottura” dello zucchero è un procedimento per mezzo del quale si interrompe la
caramellizzazione dello zucchero tramite l’inserimento di un liquido bollente, che lo
manterrà cremoso, anche da freddo.
Crostatina alla gelatina di frutta e crema pasticciera

Ingredienti (per 12 crostatine)

500 g di pasta frolla


200 g di crema pasticciera

per la gelée alle fragole


200 g di purea di fragole
50 g di zucchero
6 g di colla di pesce in fogli
20 g di destrosio

per la gelée ai mirtilli


200 g di purea di mirtillo
50 g di zucchero
6 g di colla di pesce in fogli
20 g di destrosio

per la gelée di mango


200 g di purea di mango
50 g di zucchero
6 g di colla di pesce in fogli
20 g di destrosio

per la finitura
100 g di fragole
100 g di mirtilli neri
100 g di lamponi
50 g di gelatina neutra
10 g di pistacchi sgusciati e pelati

1 Foderate gli stampini con la pasta frolla, bucherellate il fondo e fate cuocere in forno a
180 ¡C per circa 15 minuti; a fine cottura lasciate raffreddare, quindi sformate le
crostatine dagli stampi e farcite con la crema pasticciera (foto A).

2 Nel frattempo preparate le gelatine di frutta: scaldate un quarto delle polpe con lo
zucchero, e il destrosio (se non si trova il destrosio è possibile sostituirlo con altro
zucchero), quindi scioglietevi la colla di pesce e unitela alle polpe fredde. Fate questo
lavoro mantenendo i diversi gusti separati tra loro.

3 Colate in un quadrato di acciaio senza fondo (foto B), rivestito di pellicola, ogni
gelatina e mettete nel congelatore. Una volta congelate, tagliatele a cubetti (foto C) e
usatele per guarnire le crostatine insieme alla frutta fresca (foto D). Lucidate con della
gelatina neutra (foto E) e decorate con dei pistacchi (foto F).

I consigli del pasticciere


3 Per la gelée è meglio usare il destrosio invece del saccarosio, ha un maggior potere
anticongelante ed impedisce che nella frutta si crei un cristallo di ghiaccio se sottoposta a
basse temperature.
3 Quando si conserva il tuorlo è bene ricoprirlo con della pellicola trasparente a
contatto, altrimenti creerà una pellicina in superficie. Abbiate lo stesso accorgimento per
conservare la crema calda.
Pan ricotta al germe di riso e crema pasticciera

Ingredienti (per 8 persone)

200 g di uova
340 g di zucchero
440 g di farina di riso
30 g di amido di riso
24 g di germe di riso
10 g di bicarbonato di sodio
1 bacca di vaniglia bourbon

per il ripieno
400 g di ricotta di pecora
200 g di crema pasticciera
180 g di zucchero
120 g di gocce di cioccolato
cannella in polvere q.b.

per la finitura
zucchero a velo q.b.
cannella in polvere q.b.

1 Setacciate la farina insieme all’amido di riso e teneteli da parte. Montate molto bene le
uova con lo zucchero, la vaniglia e il bicarbonato di sodio, utilizzando la frusta della
planetaria. Una volta ottenuta una schiuma ben fissa, togliete la frusta, mettete la foglia e
incorporate il germe di riso e la farina setacciata.

2 In una ciotola versate la ricotta, la crema pasticciera, lo zucchero, la cannella e le


gocce di cioccolato e mescolate con una spatola. Intanto spolverizzate il piano da lavoro
con abbondante farina e disponetevi sopra delle palline di impasto, che dovrà risultare
molto morbido (foto A); schiacciate leggermente con le mani (foto B) e disponete sopra
ognuna uno spuntone di ricotta (foto C).

3 Con un raschietto infarinato prendete in mano il dischetto di pasta con la ricotta (foto
D) e chiudetelo nel palmo della mano (foto E).

4 Adagiate le palline ottenute sulla teglia, con la chiusura rivolta verso il basso (foto F)
e infornate a 200 ¡C per 12 minuti circa. Fuori dal forno, una volta fredde,
spolverizzatele con zucchero a velo e cannella.

I consigli del pasticciere


3 Il germe di riso si può trovare in erboristeria ed è una fonte portentosa sia di valori
nutrizionali che di gusto.
3 La ricotta vaccina ha un sapore più blando e una concentrazione di acqua maggiore
rispetto a quella di pecora, che è più asciutta e quindi migliore per la cottura in forno.
3 In pasticceria le tempistiche sono fondamentali: una regola generale è realizzare
sempre prima il ripieno. La parte esterna spesso non può aspettare di essere cotta.
3 Le uova montano bene a 40 ¡C circa; se le prendete dal frigo, prima di lavorarle è bene
farle intiepidire in una pentola assieme allo zucchero, un anticoagulante naturale.
3 Il bicarbonato di sodio è un agente lievitante non troppo aggressivo come il baking o il
bicarbonato d’ammonio; creerà quindi superfici meno spaccate sulla cima della torta.
Ricetta base

La pasta brioche
La pasta brioche
La pasta brioche fa parte degli impasti lievitati dolci, come i babà, i krapfen, il panettone, il
pandoro e tanti altri. Può essere realizzata sia con il lievito di birra sia con il lievito madre,
con un impasto diretto o a più lievitazioni. In genere, più lenta è la lievitazione, migliori
saranno la digeribilità, il profumo e il sapore del prodotto. Ecco perché, oltre a zuccheri
semplici, quali il saccarosio, è importante dare ai lieviti nutrimenti più complessi, come per
esempio il malto. Ovviamente, anche la dose di lievito deve essere limitata il più possibile, a
favore di tempi più lunghi di lievitazione. Solo paste ben riposate e a lungo fermentate danno
il massimo di sé. In tutto questo, veste un ruolo di fondamentale importanza la scelta della
farina. Più siamo di fronte a impasti grassi e ricchi in zuccheri (uova, burro ecc.), più abbiamo
bisogno di farine ricche in proteine, come le due principali del frumento, la gliadina e la
glutenina, che, unendosi grazie all’azione meccanica dell’impasto e all’aggiunta di acqua,
formano la terza proteina che è il glutine. Da questa proteina dipende l’elasticità degli impasti
e, quindi, la conseguente capacità di trattenere l’anidride carbonica che si sviluppa durante la
fermentazione. Ecco perché, in assenza di tale proteina, si avrà molta difficoltà a ottenere
paste soffici e leggere. La formazione di “maglia glutinica” è la stessa in grado di frenare il
vapore che si svilupperà in cottura. In tal modo, la pasta salirà in cottura verso l’alto e si
espanderà, trovando stabilità solo dopo l’avvenuta coagulazione delle proteine, per effetto del
calore, e la gelificazione degli amidi contenuti nell’impasto. La pasta brioche è una pasta
medio grassa e medio zuccherina, cioè non arriva ai livelli dei grandi lievitati quali pandoro e
panettone. Per questo motivo, se si rispettano i metodi di impasto, si otterranno degli ottimi
risultati in termini di morbidezza, leggerezza e sofficità. È un impasto da cuocere tal quale,
oppure può diventare una base per successive lavorazioni come croissant, kranz, girelle,
saccottini ecc.

Farina di grano tenero

La farina è il prodotto ottenuto dalla macinazione opportunamente vagliata del grano, sia
tenero sia duro. Quest’ultimo, poco utilizzato in panificazione, se non in prodotti tipici
regionali (come il pane pugliese o di Altamura), è al contrario totalmente impiegato nella
produzione di pasta alimentare (per esempio, gli spaghetti).
Le farine di grano tenero utilizzate per il pane variano la loro composizione a seconda della
provenienza della famiglia di grano impiegata nella coltivazione, del tipo di terreno e
concimazione effettuata e, infine, delle caratteristiche climatiche della zona di coltura.

Gli elementi qualificanti delle farine sono:

% minima % massima
- amido 70 75
- proteine 9,7 14
- umidità 13 15,5
- ceneri 0,50 0,65
- grassi 1,35 1,80

Le due colonne si riferiscono alla composizione di due farine di qualità estreme. I valori della
prima colonna indicano una farina debole (ossia povera di glutine) e poco adatta alla
panificazione; quelli della seconda colonna, invece, si riferiscono a una farina ad alto valore
di pianificabilità, adatta sia alla produzione di pane (per esempio rosette, ciabatte ecc.), sia
alla realizzazione di bighe e lieviti madre.
In cucina, è frequente trovare valori intermedi ai due casi sopra citati.
Di questi componenti, i più importanti al nostro scopo sono le proteine e l’amido.

Proteine: nella cariosside di frumento se ne distinguono quattro tipi, che prendono il nome di
albumina, globulina, gliadina e glutenina.

Le ultime due non sono solubili in acqua, per cui rivestono particolare importanza nella
preparazione degli impasti. Esse infatti, per l’azione meccanica dell’impastamento della farina
con l’acqua, costituiranno la struttura reticolata della maglia glutinica e determineranno le
caratteristiche di plasticità, estensibilità ed elasticità dell’impasto.

Amido: è la componente dominante e si distingue in due tipi, amilosio e amilopectina,


composti macromolecolari costituiti da un alto numero di molecole di glucosio. Il glucosio è
un monosaccaride, ossia uno zucchero a sei atomi di carbonio, perciò costituisce l’alimento
fondamentale dei lieviti biologici, che sono in grado di metabolizzare solo zuccheri di questo
tipo, provocando la fermentazione alcolica.

Le caratteristiche dei vari tipi di farine sono fortemente influenzate anche dalla tecnologia
molitoria. Ne deriva che uno stesso grano, macinato da due società differenti, può presentare
caratteristiche diverse. Le differenze si esprimono in una perdita di proteine e grassi,
componenti necessari alla struttura e alle caratteristiche reologiche dell’impasto.
Normalmente, i mulini tendono a produrre farine con qualità reologiche standardizzate; per
questo motivo, acquistano varietà di grano differenti. Le farine che ne derivano avranno quindi
peculiarità diverse che, opportunamente miscelate tra di loro secondo rapporti corretti,
daranno vita a farine con le caratteristiche desiderate.

A seconda del grado di abburattamento, si hanno varie categorie di farina in commercio: la 00,
la 0, la 1, la 2 e quella integrale. Il tasso di abburattamento indica la percentuale di farina
ottenuta da 10 parti di frumento; quando il grado è basso, la farina è povera di ceneri e ha un
colore più chiaro.

Lo schema in basso evidenzia i gradi di abburattamento delle varie categorie di farina in


commercio:

La farina adatta per la preparazione del pane può essere di tipo 0 o 00, con un contenuto
proteico che si aggira intorno all’11%.
Le farine più deboli sono generalmente adatte per le paste battute, ossia per la produzione di
biscotti, ciambelle, pan di Spagna, plum cake ecc.

Le farine più ricche sono adatte per la produzione di prodotti dolciari lievitati come:
¥ panettone, colomba, pandoro, veneziana, croissant ecc.;
¥ bighe, lievito madre, paste acide;
¥ pane rosetta milanese, ciabatta ecc.

Per verificare le proprietà delle farine, abbiamo a disposizione particolari strumenti di


laboratorio. Tra questi il più usato è l’alveografo di Chopin, con il quale si determinano i
valori di forza W e di elasticità P/L relativi all’impasto della farina in esame.

W = superficie della curva identifica la forza della farina


P = pressione dell’aria insuflata identifica la tenacità della farina
L = lunghezza della curva identifica l’estensibilità della farina

I valori di W vanno normalmente da 140 a 450.


I valori di P/L sono generalmente compresi tra 0,45 e 0,7.

In base a questi dati, le farine per biscotteria (paste battute) hanno i seguenti valori:
W = 140-160 P/L = 0,45-0,50 farine deboli

Le farine per panificazione hanno i seguenti valori:


W = 180-260 P/L = 0,60-0,70 farine medio forti

Le farine per lievitati (panettone, colomba, croissant ecc.) hanno i seguenti valori:
W = 320-380 P/L = 0,50-0,60 farine forti

Le farine con valori più alti sono indicate per le bighe e per i rinfreschi del lievito madre,
oppure sono “da taglio”, per rinforzare le farine deboli:
W = 400-450 P/L = 0,60-0,80 farine molto forti

Farina di grano tenero integrale: è il prodotto della macinazione grossolana del chicco di
grano, che mantiene integri tutti gli elementi costitutivi. Naturalmente, per realizzare un pane
integrale di qualità, è necessario utilizzare del grano ricco di sostanze proteiche, in modo da
tenere ben legate la fibra e la cellulosa della crusca.

Farina di pasta acida: è il prodotto della fermentazione della farina. Si ottiene facendo
fermentare la farina impastata o in sospensione in acqua, con l’aggiunta di piccole quantità di
glucosio, che danno alimento ai microrganismi (i lieviti della specie lactobacilli e
saccharomyces cerevisiae).

La combinazione di questi microrganismi con gli enzimi della farina produce i seguenti effetti:
¥ gli enzimi trasformano gli amidi in zuccheri riducenti in “alimento dei lieviti” (lactobacilli
e saccharomyces cerevisiae);
¥ i lieviti si moltiplicano e, in combinazione con gli enzimi, trasformano gli zuccheri riducenti
in composti semplici (aldeidi, acidi e alcol, importanti per l’aroma e il mantenimento della
freschezza prolungata nel tempo).

La conduzione del processo di fermentazione è rigorosa in quanto, attraverso il controllo della


temperatura e dell’umidità relativa, si verifica l’andamento dello sviluppo microbico e la
corretta formazione degli acidi acetico e lattico. Una volta ottenuta la giusta maturazione della
massa, quest’ultima viene disidratata tornando a essere polverulenta, tipo la farina.

Lieviti per prodotti da forno

Si impiegano diverse tipologie di lievitazione in funzione dei prodotti che si vogliono


realizzare. Di seguito, è riportato uno schema orientativo relativo alle varie lievitazioni.

¥ Lievitazione biologica:
- lievito di
molto usato in panificazione e pasticceria.
birra
- lievito usato nell’industria dolciaria (panettoni, pandori, colombe, veneziane,
madre croissant ecc.).

¥ Lievitazione chimica:

reazione tra sali, acidi+bicarbonato di sodio molto usata in pasticceria (pan di Spagna,
muffin, plum cake, ciambelle ecc.).
decomposizione (bicarbonato d’ammonio) molto usato in biscotteria.

¥ Lievitazione fisica (inglobamento di aria):


usato in pasticceria (meringhe, paste battute, pan di Spagna ecc.).

¥ Lievitazione per laminazione:


usata in pasticceria e nell’industria dolciaria (pasta sfoglia). Le stratificazioni grasse,
frapposte a quelle della pasta, formano una barriera al vapore acqueo di cottura. L’energia di
quest’ultimo, premendo sugli strati sovrastanti, li solleva producendo l’effetto lievitante.

¥ Lievitazione biologica + laminazione:


usata in pasticceria e nell’industria dolciaria (pasta danese).

Lievito di birra: è costituito da una massa di saccaromiceti, allevati industrialmente in


appositi stabilimenti, che sono in genere zuccherifici. Il lievito è un componente chiave per i
prodotti da forno, anche se si usa in piccole quantità rispetto agli altri ingredienti
dell’impasto. La presenza di aria e di altri elementi dell’impasto, come l’amido, permette al
lievito di avviare un processo di fermentazione alcolica, che ha come risultato la produzione
di anidride carbonica e alcol etilico. Queste sono le sostanze responsabili del rigonfiamento
degli impasti, che avviene durante la fase di lievitazione. Il lievito deve essere uniformemente
distribuito nella massa e si deve evitare che entri in contatto con il sale, perché ne disattiva la
funzione.

Lievito madre: si ottiene attraverso la fermentazione spontanea della farina impastata,


rinfrescata e lievitata più volte, fino al raggiungimento del corretto grado di acidità. In questo
modo, si formano i lieviti naturali che sono:

lactobacilli a fermentazione lattica e acetica;


saccharomyces cerevisiae in piccola quantità.
L’importanza di questi fermenti sta nella loro capacità di fermentare gli impasti. Da una parte,
si nutrono, si moltiplicano (aumentano di numero in modo progressivo) e metabolizzano gli
zuccheri semplici derivati dagli amidi, innescando la fermentazione alcolica. Questa ha come
risultato la produzione di anidride carbonica e alcol etilico, responsabili del rigonfiamento
degli impasti che avviene durante la fase di lievitazione. Dall’altra, producono enzimi che
trasformano le molecole complesse in molecole semplici (amidi in zuccheri semplici, acidi
acetici e lattici, aldeidi aromatiche ecc.).

Ringrazio, per la realizzazione di questo capitolo, il mio amico e collega Stefano Laghi, con il
quale ho condiviso molte ore, sia in laboratorio sia in ufficio, a provare, sperimentare,
crescere e cercare di porre dei punti fermi sulle basi della pasticceria.
Ricetta base

La pasta brioche

Ingredienti (per 20 brioche)

1/2 kg di farina 00
80 g di latte intero fresco
15 g di lievito di birra
180 g di uova
70 g di zucchero
15 g di miele
10 g di rum
2 g di buccia di limone
1/2 bacca di vaniglia bourbon
180 g di burro
8 g di sale
tuorli
panna

1 Versate la farina nella planetaria. Unite il lievito di birra sbriciolato (foto A) e il latte
a temperatura ambiente (foto B), le uova intere (foto C), lo zucchero, il miele, il rum, la
buccia di limone e la vaniglia; azionate la macchina e impastate per circa 8 minuti a
velocità ridotta.

2 Unite il burro ammorbidito e sbattuto con una frusta a parte, facendolo incorporare
all'impasto poco per volta (foto D). Terminate con il sale e finite di impastare per altri 5
minuti circa, o comunque fino a quando non si ottiene un impasto liscio, omogeneo, ma
soprattutto elastico (foto E).

3 Lasciate lievitare a temperatura ambiente, co prendo con la pellicola (foto F), fino a
che l’impasto non raddoppia, quindi rompete la lievitazione impastando leggermente con
le mani e riponetelo in frigorifero, sempre ben coperto con la pellicola, per 3 ore circa.

4 Trascorso il tempo, formate tante palline con la pasta e disponetele sulle teglie a
lievitare, possibilmente in un ambiente tiepido (30 ¡C) e con un tasso di umidità elevato
(80%). Se non ci fosse sufficiente umidità, coprite le palline con il nylon.

5 Una volta che saranno raddoppiate di volume, lucidatele con una miscela di tuorli e
panna miscelati insieme nella stessa quantità (esempio: 50 g di tuorli, 50 g di panna) e
infornatele a 180 ¡C fino a doratura.

I consigli del pasticciere


3 Per preparare un lievitato, l'importante è avere l’accortezza di scegliere una farina con
un alto contenuto proteico, quindi adatta per formare un impasto elastico. Attenzione,
però: al variare del grado proteico della farina varia la quantità di acqua necessaria.
3 All’interno dell’impasto lievitato il miele non ha solo una funzione dolcificante e di
aromatizzazione, ma serve anche per nutrire il lievito e per la colorazione dell’impasto
durante la cottura.
3 Se fate macerare l’infuso degli aromi per alcune ore prima di usarlo nell’impasto,
otterrete una profumazione molto più intensa.
3 Il sale serve a dare sapore alla pasta ma anche a rallentare e regolare il processo di
lievitazione. Maggiore sarà il tempo di lievitazione, più l’impasto sarà digeribile e
saporito.
Croissant sfogliato

Ingredienti (per 25 croissant)

per il lievitino
115 g di acqua
250 g di farina
35 g di lievito di birra

per l’impasto
500 g di farina 00
150 g di zucchero
20 g di malto in polvere
75 g di burro
225 g di uova intere
150 g di latte fresco intero
150 g di sale

per le pieghe
375 g di burro

1 Impastate il lievitino senza lavorarlo troppo, mettete la pasta in un contenitore con


dell'acqua a temperatura ambiente e lasciate fermentare fino a quando la pasta sale a
galla (circa 10 minuti). Quindi mettetelo nell'impastatrice con 500 g di farina, lo
zucchero, il malto, le uova e il latte e impastate nuovamente, fino a ottenere un composto
liscio e omogeneo; a questo punto aggiungete il burro e il sale e riponete la pasta per 10-
12 ore in frigorifero.

2 Trascorso il tempo stendete la pasta in un foglio rettangolare spesso circa 2 cm (foto


A), disponete nel centro della pasta il burro a temperatura ambiente destinato alle pieghe
(foto B), avvolgetelo, stendete nuovamente e piegate in 3 (foto C); lasciate riposare per
30 minuti in frigo, dopodiché stendete e piegate di nuovo in 3. Trascorsi altri 30 minuti di
riposo in frigorifero, procedete con l'ultima piega a 3.
A questo punto fate raffreddare e riposare bene la pasta in frigorifero, quindi stendetela
con il matterello fino allo spessore di 3 mm.

3 Ricavate dei triangoli di pasta (foto D) e arrotolateli per ottenere la classica forma del
croissant (foto E). Disponete su teglie rivestite con carta da forno, fate lievitare in
ambiente tiepido (30 ¡C) per 2 ore circa; quindi, infornate a 180 ¡C per 15 minuti.

I consigli del pasticciere


3 Il lievitino è una tecnica che permette alla lievitazione di partire più velocemente in
modo da abbreviare i tempi di preparazione e dare il massimo della resa del lievito.
3 Il malto è un nutrimento per il lievito, quindi aiuta il processo di lievitazione, ma anche
la colorazione dell'impasto in cottura; se non riuscite a trovarlo potete usare del miele.
3 Nel fare l'impasto non incorporate mai tutti i liquidi nella farina in una volta sola, ma
poco a poco, altrimenti non sarà in grado di assorbirli completamente creando una pasta
molle senza struttura.
3 La formazione di una maglia glutinica abbastanza forte durante l'impasto è fondamentale
nel processo di cottura; se è troppo fragile la pasta non si gonfierà, ma collasserà sotto la
spinta dell’anidride carbonica.
Kranz

Ingredienti (per 20 kranz)

1/2 kg di pasta sfoglia


1/2 kg di pasta brioche
130 g di confettura di albicocche
80 g di uva sultanina
80 g di scorza di arancia candita
a cubetti

1 Stendete la pasta sfoglia a uno spessore di 3 mm circa e velatela con la confettura di


albicocche (foto A). Distribuite l’arancia candita e l’uvetta (foto B). Coprite il tutto con
la pasta brioche stesa a 3 mm di spessore (foto C e D).
2 Tagliate la doppia sfoglia farcita a metà a strisce lunghe 15 cm e larghe 2,5 cm (foto E)
e torcetele su se stesse (foto F). Lasciate lievitare i kranz finché saranno raddoppiati in
volume e infornate a 180 ¡C per 15-18 minuti.

I consigli del pasticciere


3 La lavorazione dell’impasto in planetaria non deve essere troppo lenta, in quanto non
permetterebbe all’impasto di formarsi, ma neanche troppo sostenuta, perché creerebbe un
calore tale che andrebbe a lacerare il glutine che ne forma la struttura.
3 Gli impasti lievitati non devono mai essere troppo duri ma morbidi, altrimenti anche
dopo la cottura il prodotto sarà poco soffice.
3 Durante la stesura cercate di modellare i due impasti in modo che abbiano la stessa
dimensione e lo stesso spessore, altrimenti sarete costretti a rifilarli in un secondo
momento creando degli sprechi.
Impasto base per danesi

Ingredienti (per 20 danesi)

1 kg di farina 00
100 g di burro
150 g di zucchero semolato
50 g di lievito di birra
20 g di sale
150 g di uova
100 g di purea di scorza
di arancia candita
350 g di acqua
1 In una brocca sciogliete il lievito con 50 g di acqua, un pizzico di farina e uno di
zucchero e fate fermentare. Quando l'impasto comincia a schiumare, spostatelo
nell'impastatrice con gli altri ingredienti, tranne il burro, che andrà aggiunto non appena
l'impasto diventerà liscio ed elastico, e il sale, che andrà unito alla fine.

2 Impastate fino a ottenere un composto liscio e omogeneo; quindi lasciate lievitare per
circa 2 ore a 28 ¡C oppure 10-12 ore in frigorifero.

3 Utilizzate questo impasto per preparare le danesi che preferite.


Danesi all’albicocca
Ingredienti (per 20 danesi)

300 g di pasta per danesi


80 g di crema pasticciera
150 g di albicocche sciroppate
70 g di gelatina di albicocche
un uovo

1 Stendete la pasta per danesi allo spessore di 3 mm (foto A); rifilatela con una rotella
quindi ricavate dei quadrati di 10 cm di lato (foto B). Incidete i quattro angoli di ogni
quadrato ma senza arrivare al centro (foto C).

2 Ripiegate una punta sì e una no verso il centro, in modo da ottenere una girandola,
premendo bene per fissare le punte (foto D). Adagiateli sulle teglie rivestite con carta da
forno. Bucate molto bene il centro con i rebbi di una forchetta (foto E) e riponete in
ambiente tiepido a lievitare.

3 A fine lievitazione disponete una cucchiaiata di crema (circa 15 g) al centro delle


girandole e coprite con una mezza albicocca sciroppata (foto F); spennellate con l’uovo e
infornate a 180 ¡C per circa 12 minuti. Levate, spennellate le danesi con la gelatina di
albicocche scaldata leggermente e servite.

I consigli del pasticciere


3 La frutta sciroppata contiene meno acqua di quella fresca, questa caratteristica può
farci risparmiare tempo perché la frutta fresca ha bisogno di essere disidratata in padella
perché non ammolli l’impasto in cottura.
3 La frutta fresca contiene più acqua di quella sciroppata, ha quindi bisogno di essere
prima disidratata in padella per evitare che ammolli l’impasto in cottura.
3 Ricordate di non aggiungere i grassi all’impasto prima che sia ben incordato, cioè
omogeneo e compatto, altrimenti impedireste la formazione della maglia glutinica.
3 Gli impasti non sfogliati hanno il lievito come unico agente lievitante, quindi meglio
congelarli cotti che crudi. Gli impasti come il croissant, che oltre al lievito hanno anche
la sfogliatura, possono invece rimanere congelati crudi anche per un mese.
Krapfen alla crema

Ingredienti (per 20 krapfen)

300 g di farina forte


80 g di zucchero
220 g di uova
80 g di burro
10 g di lievito di birra
2 g di sale
0,5 g di olio essenziale di limone
1/2 bacca di vaniglia bourbon
300 g di crema pasticciera
olio extravergine di oliva
(oppure strutto)

1 Versate la farina nella planetaria, aggiungete lo zucchero, il lievito di birra, gli aromi e
metà delle uova e impastate. Non appena le uova sono incorporate e l'impasto inizia a
prendere “nervo”, unite poco alla volta le uova rimaste. Lasciate lavorare ancora fino a
ottenere un impasto liscio, elastico e omogeneo; a questo punto unite poco alla volta il
burro in pomata e terminate con il sale.

2 Modellate l’impasto in un panetto, avvolgetelo in un foglio di pellicola trasparente e


mettetelo in frigo. Quando sarà freddato, levatelo, stendetelo su una spianatoia infarinata
a uno spessore di circa 2 cm (foto A) e, con un coppapasta, ritagliate tanti dischi di 5-6
cm di diametro (foto B).

3 Disponete i dischi su una teglia infarinata (foto C), coprite con pellicola per alimenti e
fate lievitare per circa 1 ora e mezza in un ambiente tiepido (30 ¡C). Scaldate l’olio a
160 ¡C in una larga padella e friggeteci i dischi di pasta, pochi alla volta (foto D).

4 Girateli a metà cottura (foto E) e, man mano che sono pronti, scolateli su carta
assorbente da cucina, tamponandoli leggermente.

5 Passateli nello zucchero e, servendovi di una tasca da pasticciere con bocchetta liscia,
farciteli con la crema pasticciera.

I consigli del pasticciere


3 La lettera W della farina è un’unità di misura che si riferisce alla forza proteica; più è
alto il valore a essa associato; maggiore sarà la quantità di glutine che riuscirà a
sviluppare. Commercialmente queste farine sono dette “per lievitati”.
3 Il bombolone classico va fritto nello strutto, molto gustoso ma poco digeribile e con un
alto tenore di acidi grassi saturi; il grasso più sano per friggere è sicuramente l’olio
extravergine di oliva.
3 Ricordatevi di infarinare molto bene la teglia dove porrete a lievitare i krapfen,
altrimenti durante questo processo la pasta producendo umidità, si attaccherà sulla
superficie.
3 La frittura dei krapfen deve essere molto dolce, a 160 ¡C circa, se fosse troppo alta
rischieremmo di bruciarli fuori e lasciarli crudi dentro. È consigliabile quindi inserirli a
fuoco spento per poi friggerli a fiamma bassa.
3 Ricordate di non lasciare troppo tempo i krapfen a scolare nella carta assorbente; se
eliminate tutto l'olio lo zucchero non si attaccherà sulla superficie.
Ricetta base

La meringa italiana
La meringa
È uno dei composti base più semplici e più utilizzati in pasticceria per le sue molteplici
caratteristiche. Si prepara con due soli ingredienti, albume e zucchero, che vengono montati
insieme. Per ottenere delle varianti, cambiano solo i procedimenti ma non gli ingredienti.
Prenderemo in esame i quattro tipi di meringhe più utilizzati in pasticceria:
¥ la meringa classica
¥ la meringa svizzera
¥ la meringa francese
¥ la meringa italiana
La meringa classica
È stata forse la prima a essere inventata. Si tratta di una montata di albumi a temperatura
ambiente con lo zucchero semolato, che va aggiunto a mano alla fine del montaggio, una volta
raggiunto il punto di neve ferma.
II bianco d’uovo sottoposto a sbattimento incorpora bolle di aria e si trasforma in spuma per
mezzo delle sue molecole tensioattive (che hanno una parte idrofila che fa sì che si leghino
bene all’acqua), e quelle che hanno una parte idrofoba, che non si legano con l’acqua ma con
l’aria (generando la formazione delle bollicine). Uno sbattimento prolungato migliora la
distribuzione delle bolle di aria, che diminuiscono anche di volume; la schiuma diventa così
da trasparente rigida, stabile e di colore bianco candido. A questo punto, aggiungendo lo
zucchero, che si scioglierà sulle pareti delle bolle, si forma una prima stabilizzazione della
schiuma, a questo punto pronta per essere infornata.

La meringa svizzera (o meringa con procedimento a caldo)


Si prepara con un procedimento a caldo, utilizzando le solite proporzioni di una parte di
albumi e due di zucchero. Disponete gli albumi in una pentola, possibilmente in rame o in
acciaio con triplo fondo; aggiungete pari peso di zucchero semolato e scaldate a una
temperatura massima di 60 ¡C. Poi, trasferite il tutto in una planetaria e fate montare in terza
velocità. Con questo procedimento lo zucchero semolato si scioglierà nell’albume che, aiutato
dal calore, monterà senza fatica e avrà una struttura solida e compatta.
Quando il composto sarà ben montato, fermate la planetaria e aggiungete a mano la seconda
parte di zucchero, che sarà a velo se volete ottenere un prodotto liscio e compatto, semolato se
desiderate una preparazione più friabile, rustica e leggera.

La meringa francese (o meringa con procedimento a freddo)


Mettete nel vaso della planetaria l’albume, mescolandolo con 1/3 di zucchero e facendo
montare il tutto in terza velocità. Lo scioglimento dello zucchero nell’albume liquido ha due
funzioni: da una parte, aumenta i solidi, evitando la granitura dell’albume e, dall’altra,
permette un montaggio consistente. L’impasto sarà rigido e otterrà nel forno un maggiore
volume. Poi, quando il composto avrà raddoppiato il volume, aggiungete ancora la metà dello
zucchero restante; infine, quando la montata sarà ben ferma, unite l’ultima parte di zucchero.

La cottura delle meringhe

Alla fase della cottura sono legate tante piccole attenzioni e destrezze, che fanno la differenza
nel prodotto finito. Ma, prima di parlare di temperatura, andiamo a vedere che cosa avviene
all’interno del prodotto durante questa fase.
Per stabilizzare definitivamente la schiuma, è necessario l’effetto del calore. Infatti, messa nel
forno, la schiuma aumenta di volume perché le bolle di aria in essa racchiuse, per azione del
calore, si dilatano. Nello stesso tempo, le proteine coagulano rendendo stabile la struttura
della schiuma. La presenza dello zucchero all’interno di essa fa sì che, a cottura ultimata,
risulti stabile e porosa (grazie alle bollicine di aria che, a un certo punto, fuoriescono dalla
massa e lasciano quei vuoti chiamati “vacuoli”o “alveoli”).
Le temperature standard per la cottura delle meringhe vanno dai 100 ¡C per circa 3 ore ai 140
¡C per circa 1 ora e 1/2. La cottura va effettuata sempre con la valvola del forno aperta, per
favorire l’uscita del vapore.

Nelle meringhe cotte a bassa temperatura la superficie screpola molto poco o per niente;
inoltre, rimangono bianchissime. Più si aumenta la temperatura, più la meringa si screpola e si
ingiallisce in superficie. Può sembrare un difetto, ma spesso questi prodotti possono essere
anche apprezzati di più rispetto a delle meringhe perfettamente bianche, in quanto
l’ingiallimento causato dalla cottura prolungata degli zuccheri e delle proteine, fa assumere un
sapore più tostato alla preparazione.
La meringa italiana
È l’unica, nella famiglia delle meringhe, a non essere cotta in forno. Infatti, pur avendo lo
stesso rapporto albume/zucchero delle altre, per preparare questa meringa si fa cuocere lo
zucchero facendo montare il tutto in planetaria.
Naturalmente, con la meringa italiana non si possono fare fondi per meringate o spumiglie, ma
essa costituisce una base per innumerevoli dolci freddi quali mousse, semifreddi, chibouste
ecc. Si può aggiungere la panna montata nella ricetta e ornare le meringhe con bellissime
decorazioni fiammeggiate.
La sua preparazione viene effettuata con svariati metodi, utilizzando sempre gli stessi
ingredienti. Dopo aver visto tantissimi maestri pasticcieri all’opera e appreso qualcosa da
ognuno di essi, ho individuato il procedimento migliore per ottenere il prodotto con meno
difetti e più pregi.
Per prima cosa, disponete gli albumi, che devono essere freschissimi e puliti da ogni traccia
di tuorlo, nel vaso della planetaria, montandoli a media velocità con 1/5 del peso totale dello
zucchero. Fate cuocere in una pentola di rame l’altra parte di zucchero con l’acqua. Quando
l’acqua e lo zucchero avranno raggiunto i 121 ¡C, l’albume montato dovrà essere a 3/4 del
montaggio. A questo punto, aumentate la velocità della planetaria e versate velocemente solo
una metà dello zucchero; dopo qualche secondo, diminuite di poco la velocità e unite
velocemente anche la seconda metà di zucchero. Questo perché, se l’albume venisse versato a
filo, tenderebbe (quello iniziale) a granire, in quanto si raffredderebbe a contatto con la
temperatura molto differente di quest’ultimo. Di conseguenza, nella meringa rimarrebbero dei
piccoli puntini di zucchero che, una volta mescolati con altri ingredienti all’interno di dolci,
sciogliendosi farebbero perdere struttura da questi ultimi. Invece, versando la prima quantità
velocemente, si creerà subito una camera calda, che non permetterà al composto di granire.
Dopo avere versato la seconda parte di zucchero nella planetaria, fate girare a velocità
massima per 2 o 3 minuti (lo zucchero deve essere aggiunto quando gli albumi sono a 3/4 del
montaggio). Dopodiché, spegnete la macchina e togliete la meringa italiana, disponetela in una
teglia ben pulita e sterilizzata, copritela con la pellicola e mettetela in un abbattitore a
raffreddare per alcuni minuti.

Così facendo, si ottengono tre cose molto importanti:

il volume massimo della meringa (vi ricordo che, facendola raffreddare nella planetaria,
la meringa riduce di molto il suo volume a causa dell’azione meccanica e della perdita di
acqua)
un prodotto sicuramente più sicuro, perché il raffreddamento in abbattitore è più veloce
la non formazione di cristalli di zucchero, che un raffreddamento lento e una perdita di
volume e di acqua, come già detto, potrebbero comportare

Naturalmente, questo procedimento si utilizza solo per favorire l’aumento di volume e la


perfetta struttura dei dolci che riceveranno al loro interno come base la meringa italiana.
Se volete ottenere, invece, una meringa da decorazione, dopo la prima fase (aggiunta di tutto
lo zucchero), lasciate raffreddare nella planetaria la meringa, fino a che non raggiunge la
consistenza e il volume desiderati.
Ricetta base

La meringa italiana

Ingredienti (per 750 g di meringa)

400 g di zucchero
100 g di acqua
250 g di albumi
100 g di zucchero

1 In una pentola fate scogliere 400 g di zucchero nell’acqua (foto A). Cuocete a fiamma
alta fino a raggiungere la temperatura di 121 ¡C.

2 Nel frattempo fate schiumare lentamente gli albumi con 100 g di zucchero (foto B).
3 Versate lo sciroppo così ottenuto a filo nella planetaria (foto C e D), senza fermarla, e
fate montare il composto fino a raffreddamento.

4 Disponete la meringa su una teglia (foto E), livellate e coprite con un foglio di
pellicola (foto F) se avete intenzione di conservarla nel congelatore.

I consigli del pasticciere


3 Ingrediente fondamentale per la meringa è l'albume, che deve essere assolutamente
pulito. Se durante la separazione si è contaminato con tracce di tuorlo non ingloberà
abbastanza aria, quindi va sostituito.
3 Per tenere sempre trasparente lo zucchero diluito, durante la preparazione fate
attenzione a eliminare gli schizzi sui bordi della pentola con un pennello, in quanto
potrebbero caramellare e contaminarlo.
3 La meringa italiana anche da fresca è un alimento cotto perché è stata pastorizzata con
l’inserimento dello zucchero caldo, può essere quindi consumata da subito.
Torta giardino
di fragole

Ingredienti (per 12 persone)

per la gelée di yogurt


1 kg di yogurt intero
280 g di zucchero
30 g di colla di pesce
115 g di destrosio
1 g di acido citrico in polvere

per la mousse di fragole


1 kg di purea di fragole
40 g di colla di pesce
1 kg di panna
500 g di meringa italiana

per la bagna al limoncello


150 g di acqua
150 g di zucchero liquido al
70% 30 g di limoncello

per la finitura
1,125 kg di pan di Spagna al riso
400 g di fragole
10 g di granella di pistacchi
50 g di gelatina neutra

1 Preparate la gelée: scaldate una piccola parte di yogurt e scioglieteci dentro la colla di
pesce, poi lo zucchero semolato, il destrosio e l’acido citrico. Unite a questo punto il
resto dello yogurt freddo e mescolate bene con una frusta. Tenete da parte.

2 Per la mousse alle fragole: scaldate una piccola parte di purea di fragole, scioglietevi
dentro la colla di pesce precedentemente ammollata e ben strizzata, unite la parte di
purea di fragole fredda e, infine, la meringa italiana mescolando dal basso verso l’alto.
Completare il tutto con la panna montata, mescolando sempre delicatamente e dal basso
verso l’alto.

3 Per la bagna al limoncello: unite insieme tutti gli ingredienti.


4 Montaggio del dolce: in un quadro di acciaio, appoggiato su una teglia con sopra un
foglio di acetato o di carta da forno montate il dolce al contrario: disponete le fragole
tagliate a rondelle spesse un centimetro (foto A) e mettete nel congelatore. Una volta
congelate, colatevi sopra la gelée di yogurt (foto B) e fate indurire in congelatore anche
quest’ultima. A questo punto disponete sopra uno strato di mousse alle fragole (foto C),
delle fettine di pan di Spagna inzuppate nella bagna al limoncello (foto D), un altro strato
di mousse di fragole (foto E) e, infine, completate con altro pan di Spagna inzuppato (foto
F). Congelate il tutto. Capovolgete al contrario, staccate il quadro e il foglio di acetato,
gelatinate quando il dolce è ancora congelato, quindi completate con una decorazione di
fragole fresche e con la granella di pistacchi.

I consigli del pasticciere


3 L’acido citrico in polvere non è un elemento chimico ma soltanto la parte acida
concentrata del succo di limone e serve a dare un tono acido ai composti in cui lo
zucchero può risultare stucchevole.
3 Il destrosio non è altro che una parte del saccarosio o zucchero semolato; formato da
una molecola di fruttosio, dolcificante, e da una di destrosio, ha un grande potere
decongelante.
3 Per dare un tocco più vivo alla vostra preparazione potete eliminare una sottile fetta ai
lati: la parte aderente allo stampo ha un colore spento, mentre i colori all’interno sono
più accesi.
Semifreddo paperella

Ingredienti (per 8 persone)

150 g di pralinato alla nocciola


200 g di mascarpone
200 g di panna montata
100 g di base semifreddo
100 g di meringa italiana

per la decorazione
200 g di cioccolato bianco
200 g di burro di cacao
20 g di marzapane arancio
per modellaggio
1 g di colorante giallo per alimenti

per il pralinato alla nocciola


75 g di nocciole tostate
75 g di zucchero

1 Preparate per prima cosa il pralinato alla nocciola: fate caramellare a secco lo
zucchero in un pentolino, quindi versatelo sulle nocciole stese su un foglio di carta da
forno. Fate raffreddare il tutto, quindi frullate molto bene, fino a ridurre in pasta, in un
macinacaffè.

2 Per il semifreddo: unite il pralinato alla base semifreddo (base tiramisù pastorizzata),
unite il mascarpone e, infine, la meringa italiana mescolando delicatamente dal basso
verso l’alto. Completare con la panna montata. Colate il semifreddo così ottenuto negli
stampini in silicone a mezza sfera di due dimensioni: una da 9 cm di diametro per il
corpo della paperella e l’altra da 4 cm di diametro per la testa. Fate congelare bene.
Smodellate dagli stampi e saldate a due a due le mezze sfere più piccole in modo da
formare una sfera, semplicemente premendole una contro l’altra e loro, per effetto del
freddo, si salderanno. Ponete nuovamente in congelatore.

3 A questo punto sciogliete il cioccolato bianco, unite il burro di cacao fuso e colorate il
tutto con una goccia di colorante giallo uovo liposolubile (foto A). Glassate per
immersione i semifreddi (foto B e C) e disponeteli sulla carta da forno, quindi glassate
anche le teste e attaccatele sempre con un po’ di cioccolato bianco sulla base del corpo.

4 Decorate le paperelle con il marzapane colorato in modo da formare becco (foto D),
zampe (foto E), ali e ciuffo (foto F). Completate formando gli occhi con due puntini di
cioccolato fondente fuso.

I consigli del pasticciere


3 Il pralinato in pasticceria è costituito sempre da frutta secca ricoperta di caramello e
poi frullata fino a essere ridotta in pasta.
3 Il caramello, come altri croccanti, va fatto raffreddare a temperatura ambiente. Infatti, il
freddo diretto, come quello del freezer, lo fa inumidire rendendolo colloso.
3 Un semifreddo è formato dalla base semifreddo e/o dalla meringa italiana, più la panna
montata e l’ingrediente che dà il gusto. Nel semifreddo l’elemento indurente non è la
colla di pesce come nella mousse, ma il freddo.
3 Nei coloranti per la pasticceria è importante distinguere tra quelli idrosolubili e quelli
liposolubili, cioè che si sciolgono in grassi ma idrofobi. Sbagliando potreste rovinare la
ricetta.
Zuccotto toscano

Ingredienti (per 12 persone)

per il semifreddo alla vaniglia


275 g di meringa italiana
200 g di crema pasticciera
525 g di panna montata
1 bacca di vaniglia

per il semifreddo alla panna e gocce di cioccolato


330 g di meringa italiana
670 g di panna montata
100 g di gocce di cioccolato
per la finitura
300 g di pan di Spagna
45 g di zucchero liquido al 70%
10 g di alkermes 70¡
45 g di acqua
300 g di meringa italiana

per la salsa al cioccolato


150 g di cioccolato fondente
150 g di panna

1 Preparate il semifreddo alla vaniglia: unite alla crema pasticciera la vaniglia,


mescolate bene, aggiungete la meringa italiana e, infine, la panna montata. Per il
semifreddo alla panna: miscelate alla meringa italiana le gocce di cioccolato, quindi
completate con la panna montata.

2 Rivestite gli stampi a zuccotto con le fettine di pan di Spagna (foto A), adagiatevi
all’interno uno strato di semifreddo alla panna e gocce di cioccolato (foto B) e, tenendo
separati i due strati da uno di pan di Spagna (foto C), e aggiungete quello alla vaniglia.
Chiudete infine lo stampo con altro strato di pan di Spagna (foto D) inzuppato con bagna
al l’alkermes, che avrete ottenuta mescolando quest’ultimo con l’acqua e lo zucchero
liquido.

3 Congelate il tutto. Una volta che il semifreddo si sarà rappreso in congelatore,


smodellatelo dallo stampo (foto E) e inzuppate anche il pan di Spagna esterno (foto F).
Decorate con la meringa italiana e servite con la salsa al cioccolato realizzata scaldando
la panna e sciogliendovi il cioccolato fondente tritato.

I consigli del pasticciere


3 Il semifreddo è costituito per circa il 23% di zucchero, che è appunto l’elemento
fondamentale che impedisce al composto di ghiacciare e gli permette di rimanere
“cucchiaiabile”.
3 Il semifreddo deve essere congelato il più velocemente possibile per avere un risultato
ottimale; più la congelazione è lenta più aumenta la possibilità che all'interno del dolce si
creino dei cristalli di ghiaccio.
Crostata di lamponi
con chibouste alla vaniglia

Ingredienti (per 12 persone)

per la chibouste alla vaniglia


500 g di crema pasticciera
8 g di colla di pesce in fogli
1 bacca di vaniglia bourbon
300 g di zucchero
60 g di acqua
175 g di albumi

per la finitura
1 kg di pasta frolla
200 g di lamponi
gelatina neutra q.b.

1 Scaldate la crema pasticciera con la vaniglia e scioglietevi dentro la colla di pesce


precedentemente ammorbidita. Fate cuocere con l’acqua 200 g di zucchero a 121 ¡C, e
versatelo poi a filo sugli albumi che, nel frattempo, avrete montato con 100 g di zucchero.
Infine, unite alla meringa la crema pasticciera ancora calda.

2 Stendete la pasta frolla e rivestire uno stampo da 22 cm di diametro, quindi


bucherellare il fondo e fate cuocere in bianco (ovvero senza ripieno) in forno a 180 ¡C
per 15 minuti circa. Una volta fredda riempite la base con i lamponi (foto A). Spalmate
uno strato di chibouste sui lamponi (foto B). Terminate coprendo la torta con altra
chibouste alla vaniglia dosandola con un sac à poche munito di una bocchetta grande
liscia (foto C e D). Fiammeggiate con il cannello (foto E), quindi congelate. Lucidate con
la gelatina neutra.

I consigli del pasticciere


3 La chibouste è una crema composta da meringa italiana, crema pasticciera, colla di
pesce e un gusto a scelta. Il contenuto liquido può essere sostituito: al posto di latte e
panna si può utilizzare il tè o la camomilla.
3 Fate attenzione a non far granire, cioè cristallizzare, lo zucchero liquido durante la
preparazione. Per evitare ciò non mescolate con utensili di ferro, usate le giuste
proporzioni di acqua e tenete la fiamma sempre molto alta.
3 In mancanza del cannello, per dorare la superficie della crema chibouste sulla crostata
potete infornare il dolce per qualche secondo a una temperatura molto alta sotto il grill.
Ricetta base

La dacquoise
La dacquoise
Questo tipo di biscotti si differenzia dagli altri per gli ingredienti, la struttura e la temperatura
di cottura, che è notevolmente più bassa rispetto a quelli classici o alle mandorle. Il perché
dei suoi tanti nomi è dato dall’enorme quantità di addetti al settore che lo utilizzano;
sfogliando vari libri di pasticceria di nazioni e autori diversi, infatti, è difficile riconoscerlo,
anche se, in realtà, la preparazione è sempre la stessa.

Con questo biscotto si ottengono fondi per torte moderne (come mousse, bavaresi ecc.),
oppure, per torte farcite con crema al burro o mousseline, per mignon o paste monoporzioni.
Ha una struttura molto morbida, dovuta alla grande percentuale di umidità che l’albume
apporta, sostenuta anche dalla frutta secca in polvere che, contenendo olio, fa sì che il biscotto
rimanga morbido e umido.
La sua preparazione è molto semplice: unite gli albumi allo zucchero, amalgamandoli molto
lentamente con una frusta, fino a che lo zucchero incomincia a sciogliersi. Dopodiché, montate
il tutto a neve lucida e aggiungete gli ingredienti in polvere.

Generalmente si utilizza il t.p.t. di frutta secca (50% zucchero a velo e 50% di polvere di
frutta secca), ma anche paste aromatizzanti, cioccolato in scaglie, cacao o farina, che assorbe,
insieme alla polvere di frutta secca, i liquidi contenuti nel composto. In poche parole, si tratta
di una meringa con frutta secca che, però, non deve essere cotta a temperatura bassa ma, al
contrario, la sua temperatura di cottura va da 160 ¡C a 190 ¡C.
Ricetta base

La dacquoise

Ingredienti (per 1,4 kg di dacquoise)

400 g di albumi
250 g di zucchero
375 g di farina di mandorle
100 g di farina di riso o frumento
275 g di zucchero
1 Montate gli albumi con 250 g di zucchero (foto A); in un altro recipiente versate la
farina di mandorle e miscelatela con 275 g di zucchero e con la farina di riso (foto B);
mescolate dal basso verso l’alto il composto ottenuto insieme agli albumi montati, con
dolcezza, per non farli smontare (foto C).

2 Su una teglia rivestita di carta da forno disegnate 2 cerchi con l’aiuto di una scodella
dal diametro di 20 cm circa. Riempite la tasca da pasticciere con l’impasto e seguite il
contorno dei cerchi, riempiendoli (foto D).

3 Cuocete in forno a 180 ¡C a valvola aperta, ovvero con il forno leggermente aperto per
12-15 minuti.

I consigli del pasticciere


3 Cercate di procurarvi sempre uova molto fresche per la preparazione dei dolci, in
quanto hanno un albume molto compatto, quindi più facile da separare dal tuorlo.
3 La dacquoise può essere fatta anche senza farina o amido; la loro presenza è
giustificata dalla necessità o meno di creare una struttura più solida per la preparazione
che si intende effettuare.
3 Se non volete macinare le mandorle fresche e utilizzate la farina di mandorle
acquistata, abbiate l'accortezza di frullarla comunque insieme agli altri ingredienti: in
questo modo si misceleranno meglio.
3 A volte è preferibile usare la dacquoise come base al posto del pan di Spagna: oltre ad
avere il sapore del frutto secco utilizzato, ha una struttura più secca e un’alta dose di
proteine, potrà quindi assorbire l’umidità della crema, diventando un tutt’uno con la torta.
Langaroli

Ingredienti (per 9 persone)

per la crema chantilly alle nocciole


75 g di base di tiramisù pastorizzata
10 g di gelatina in soluzione
25 g di pasta di nocciole
250 g di panna montata

per la finitura
200 g di dacquoise alle nocciole
40 g di fave di cacao in granella
40 g di granella di nocciole
50 g di gelatina neutra

per la base tiramisù pastorizzata


175 g di tuorli
340 g di zucchero
100 g di acqua
1 bacca di vaniglia bourbon

1 Per la base tiramisù fate cuocere acqua e zucchero a 121 ¡C; raggiunta la temperatura
versate i tuorli, che avrete già semimontato con la polpa della vaniglia. Quindi montate
fino a completo raffreddamento.

2 Versate la dacquoise alle nocciole su una placca rivestita di carta da forno (foto A) e
spolverizzate con la granella di fave di cacao e la granella di nocciole prima di infornare
(foto B e C). Cuocete poi come da ricetta base.

3 Unite alla base tiramisù pastorizzata ancora calda la gelatina in soluzione e la pasta di
nocciole; ma aspettate che il tutto arrivi a 30 ¡C prima di alleggerirla con la panna
montata.

4 Mettete sul fondo di un quadro in acciaio un foglio di dacquoise alle nocciole, poi la
chantilly (foto D) e infine ancora la dacquoise alle nocciole, con le granelle rivolte verso
l'alto (foto E). Congelate il tutto e tagliate in cubotti, che andranno spennellati con la
gelatina neutra.

I consigli del pasticciere


3 Nella preparazione della dacquoise si può usare qualsiasi tipo di frutta secca,
l’importante è conservare il corretto equilibrio tra frutta e zuccheri.
3 Lo zucchero liquido sul fuoco non va mai mescolato, ma agitato. La sua temperatura
può essere intuita anche guardando le bollicine: a 121 ¡C la viscosità è aumentata
talmente che saranno grandi e scoppieranno lentamente.
3 La scelta degli utensili è importante. Per mescolare un composto aerato come una
meringa a una farina, è meglio utilizzare una paletta molto ampia, usando un cucchiaio ci
vorrà molto più tempo e si rischia di smontare il composto.
3 Potrete conservare questa base su delle placche, in frigorifero, per 5 giorni al
massimo, coperta con carta da forno, in modo che possa respirare. Oppure, se preferite,
in congelatore per 20 giorni.
Choco passion fruit

Ingredienti (per 8-10 persone)

per 2 fogli da 375 g di dacquoise


al cocco
225 g di albumi
140 g di zucchero
40 g di mandorle pelate
70 g di zucchero a velo
70 g di cocco rape’

per 1 strato da 475 g di gelée


al passion fruit
125 g di acqua
75 g di zucchero
8 g di colla di pesce in fogli
25 g di destrosio
125 g di frutto della passione

per 2 strati da 575 g di mousse


al cioccolato
90 g di zucchero
40 g di acqua
140 g di tuorli
275 g di cioccolato fondente sao
30 g di burro
375 g di panna montata

per la finitura
110 g di lamponi
140 g di gelatina neutra
40 g di zucchero bucaneve
40 g di cocco rape’

1 Preparate la dacquoise: montate gli albumi con lo zucchero semolato, incorporate a


mano le mandorle ridotte in farina e mescolate con lo zucchero a velo e il cocco rape’.
Stendete l'impasto così ricavato su 2 fogli di carta da forno della grandezza di una teglia
rettangolare, spolverizzate con altro cocco rape’ e infornate a 180 ¡C per circa 15 minuti.

2 Preparate la gelée al passion fruit: scaldate l'acqua, unite lo zucchero, il destrosio e la


colla di pesce, quindi mescolate fino a far sciogliere il tutto. A questo punto unite la
polpa di passion fruit e continuate a mescolare.

3 Preparate la mousse al cioccolato: cuocete l'acqua e lo zucchero fino a 121 ¡C, quindi
versate il preparato sui tuorli e montate fino al completo raffreddamento. Alla fine unite
il cioccolato precedentemente fuso e ancora caldo, il burro ammorbidito e alleggerite il
tutto con la panna montata.

4 Stratificate i tre composti all’interno di un quadro nel seguente ordine: dacquoise (foto
A), mousse al cioccolato (foto B e C), gelée al passion fruit (foto D); proseguite con la
mousse al cioccolato (foto E) e completate con un ultimo strato di dacquoise (foto F).

5 Riponete nel congelatore per far indurire il tutto; togliete delicatamente il quadro e
tagliate la torta in piccoli quadratini. Spennellate la superficie con la gelatina e, infine,
guarnite con lamponi freschi, spolverizzando con lo zucchero a velo e il cocco rape’.

I consigli del pasticciere


3 Nel preparare la mousse al cioccolato seguite queste regole: per realizzare una
corretta base semifreddo, non montate eccessivamente la panna e non utilizzate
cioccolato troppo freddo. Gli ingredienti devono essere tiepidi, a circa 40 ¡C.
3 Nel distribuire la gelée su uno strato di mousse di cioccolato ricordatevi di essere
molto delicati per evitare di bucare lo strato di mousse.
3 Nel porzionare la torta in tanti mignon abbiate cura di pulire la lama del coltello,
anche dopo ogni taglio, per evitare di contaminare la superficie del ripieno.
Torta Caraibi

Ingredienti (per 8-10 persone)

per il cremoso al cioccolato


65 g di tuorli
30 g di zucchero
160 g di latte di riso
3 g di colla di pesce in fogli
80 g di cioccolato fondente al 70%

per la dacquoise al cocco e pistacchio


160 g di albumi
160 g di zucchero
65 g di cocco rape’
65 g di zucchero a velo
65 g di pistacchi

per la chibouste al cocco


160 g di tuorli 50 g di zucchero
30 g di amido di mais
250 g di polpa di cocco
(cocco frullato con il suo latte)
12 g di colla di pesce in fogli
220 g di albumi
190 g di zucchero
50 g di burro di cacao in polvere

per la finitura della torta


190 g di granella di pistacchi
65 g di cocco rape’
280 g di lamponi
125 g di gelatina neutra
125 g di gelatina di lamponi
panna montata q.b.

1 Preparate il cremoso al cioccolato: portate a bollore il latte di riso, unite i tuorli


miscelati con lo zucchero e cuocete fino ad arrivare alla temperatura di 85 ¡C. Togliete
dal fuoco e unite la colla di pesce precedentemente ammollata e strizzata.

2 Aggiungete il cioccolato fondente ed emulsionate con un mixer a immersione. Colate in


stampi più piccoli di 1 cm (rispetto agli stampi che utilizzerete per il montaggio della
torta) e fate raffreddare in freezer.

3 Preparate la dacquoise al cocco e pistacchio: raffinate fino a ridurre in polvere il coco


rapè, lo zucchero a velo e i pistacchi. Montate a neve l'albume con lo zucchero semolato,
quindi unite le polveri miscelando dal basso verso l'alto. Con una tasca da pasticciere
munita di bocchetta liscia formate sulla carta da forno delle gocce 1 cm più piccole
rispetto alla torta che si andrà poi a confezionare. Cuocete in forno a 180 ¡C per 10-12
minuti.

4 Preparate la chibouste al cocco: miscelate i tuorli con lo zucchero e l'amido di mais;


portate a bollore la polpa di cocco, quindi versatevi dentro i tuorli montati e mettete a
cuocere, continuando a mescolare come una normale crema pasticciera.
5 Togliete dal fuoco e unitevi la colla di pesce precedentemente ammollata e ben
strizzata. Scaldate a circa 70 ¡C gli albumi con lo zucchero, quindi montate fino a
ottenere una meringa soffice ma non troppo compatta e aggiungete il burro di cacao in
polvere. Unite la crema al cocco ancora calda alla meringa, formando un composto ben
amalgamato.

6 Mettete sul fondo della tortiera la dacquoise al cocco (foto A); formate sopra uno
strato di chibouste al cocco (foto B), quindi inserite il cremoso ancora congelato (foto
C). Coprite con un altro disco di dacquoise al cocco (foto D) e completate con un altro
strato di chibouste al cocco (foto E ed F).
Ricoprite i bordi della torta con il rape’ al cocco e decoratela con ciuffi di panna
montata, versate sulla superficie la gelatina di lamponi e la gelatina neutra. Decorate con
i lamponi freschi e la granella di pistacchi e riponete in frigo per far rassodare la
gelatina.

I consigli del pasticciere


3 Nel creare la crema inglese, che è senza farina, quindi senza amido, ricordate di non
superare gli 85 ¡C, e di farla rimanere sempre sotto la soglia del bollore, altrimenti si
separerà.
3 In caso si decida di non utilizzare panna, burro o latte vaccino, l’uso del burro di
cacao è utile a mantenere un corretto equilibrio di grassi, che conferiscono anche
cremosità alle preparazioni.
Torta Elvezia

Ingredienti (per 12 persone)

per la dacquoise alle mandorle


400 g di albumi
250 g di zucchero
375 g di farina di mandorle
100 g di farina di riso o frumento
275 g di zucchero

per la crema al burro


250 g di zucchero
75 g di acqua
12 g di glucosio
140 g di tuorli
500 g di burro
1/2 bacca di vaniglia bourbon

per la finitura
100 g di mandorle a filetti
100 g di zucchero a velo

1 Preparate la dacquoise alle mandorle: montate gli albumi con 250 g di zucchero e
aggiungete la farina di mandorle, che avrete miscelato al resto dello zucchero e alla
farina di riso. Con il composto ottenuto formate 3 dischi sulla carta da forno di 18 cm di
diametro, aiutandovi con una tasca da pasticciere e cuocete in forno a 180 ¡C a valvola
aperta per 12-15 minuti.

2 Preparate la crema al burro: in un tegame versate l'acqua, lo zucchero e il glucosio;


mettete sul fornello e cuocete questo sciroppo a 121 ¡C (regolatevi con l’apposito
termometro).

3 Mentre lo sciroppo cuoce, mettete nella planetaria i tuorli con la vaniglia e montateli a
spuma. Quindi versate a filo sui tuorli in movimento lo sciroppo precedentemente cotto e
continuate a montare fino a completo raffreddamento.

4 Incorporate a piccoli fiocchi il burro a temperatura ambiente e, una volta finito,


montate fino a ottenere una crema spumosa e ben areata. Coprite con la pellicola e
conservate in frigo. Farcite i due dischi con i filetti di mandorle e la crema al burro (foto
A). Ripetete due volte l’operazione (foto B, C e D). Terminate lisciando i bordi con altra
crema al burro (foto E), quindi cospargendo il tutto con filetti di mandorle tostati (foto F)
e con una generosa spolverata di zucchero a velo.

I consigli del pasticciere


3 La torta Elvezia, pur essendo cremosa, si può conservare fuori dal frigo per molti
giorni perché ha un alto contenuto in grassi e la scarsa presenza di acqua non permette la
formazione di muffe o la fermentazione.
3 Lo sciroppo di glucosio viene spesso ricavato dal mais o dal frumento attraverso
l'idrolisi; in pasticceria serve come anti-cristallizzante per non far granire lo zucchero. In
sua mancanza potete sostituirlo con il miele.
3 Per fare dei dischi di dacquoise sempre regolari potete disegnare delle circonferenze
con una matita attorno a un piatto sulla carta da forno su cui li infornerete. Essendo i fogli
trasparenti, basterà girare la carta per non contaminare il cibo.
Glossario
Abbattitore di temperatura: è un armadio refrigerato che, in brevissimo tempo, fa
raggiungere temperature negative (–18 ¡C) o positive (+4 ¡C) al cuore del prodotto. Permette
il rapido congelamento di un prodotto lasciando inalterate le sue caratteristiche organolettiche
e preservandolo dalla contaminazione batterica.

Anello in acciaio: stampo in acciaio senza base e di forma tonda.

Bagnomaria: è un sistema per riscaldare, cuocere o distillare indirettamente. Per realizzare un


bagnomaria, si prepara anzitutto il composto all’interno di un recipiente. Quindi si riempie di
acqua molto calda (da 65 a 80 ¡C) un altro recipiente di forma e dimensioni adatte a contenere
il primo. Si mette il primo dentro il secondo e quest’ultimo sul fuoco o in forno. Il calore
manterrà in ebollizione l’acqua e questa, a sua volta, rilascerà lentamente calore al composto
in maniera uniforme.

Bicarbonato di ammonio: è un agente lievitante che viene utilizzato per la lievitazione dei
dolci durante la cottura.

Bocchetta: cono metallico che va inserito nel sac à poche per decorare, farcire e modellare.
Esiste di svariate misure e nei modelli liscia o dentellata.

Burro di nocciola: si ottiene facendo fondere il burro lentamente all’interno di una casseruola.
Una volta fuso va filtrato attraverso un telo e poi scaldato nuovamente fino a che non acquista
una colorazione nocciola.

Cannello: è uno strumento dotato di una bomboletta di gas che emana una fiamma utile a
scaldare, fiammeggiare, caramellare ad esempio la creme brûlée.

Caramellare a secco: lo zucchero viene versato poco alla volta in un pentolino di rame non
stagnato, senza aggiungere acqua o altri liquidi.

Caramellometro: è un termometro utilizzato per misurare la temperatura dello zucchero.

Chibouste: è una crema pasticciera che viene alleggerita incorporando degli albumi montati
con lo zucchero.

Chinois: è un colino in acciaio dotato di forma conica, con fori più o meno grandi usato per
filtrare e, nello stesso tempo, trattenere le impurità.
Coppare: è chiamata così l’operazione che consiste nel ritagliare la pasta con un coppapasta
tondo, liscio o dentellato.

Cremare: far solidificare il cioccolato fino a renderlo leggermente opaco.

Cru di cacao: cacao monorigine selezionato direttamente nelle piantagioni e utilizzato per un
tipo unico di cioccolato.

Cutter: è una macchina da cucina utilizzata per triturare, impastare, sminuzzare e mescolare.

Dacquoise: è un biscotto alle mandorle e albumi montati da utilizzare come base per torte o
mignon. È possibile sostituire le mandorle con altri ingredienti come nocciole, cocco o
pistacchi.

Decuocere: interrompere la cottura di un composto aggiungendovi un liquido caldo come per


esempio, la panna.

Destrosio o glucosio: è un dolcificante naturale utilizzato per sostituire lo zucchero che, come
il levulosio e il fruttosio, si trova in natura in quasi tutta la frutta. Fisicamente si presenta come
una polvere bianca, inodore e solubile perfino in acqua fredda.

Emulsionare: frullare energicamente il composto generalmente con l’aiuto di un ingrediente


emulsionante come il tuorlo di un uovo o la lecitina di soia.

Farina debole: farina povera di proteine, quindi di glutine.

Farina forte: farina ricca di proteine, quindi di glutine.

Flambare: indica l’atto di irrorare la preparazione con una bevanda alcolica e darle fuoco,
appena prima di servirla in tavola.

Ganache: ripieno al cioccolato che si ottiene amalgamando della crema dolce con del
cioccolato.

Glassare: si intende l’atto di rivestire dolci con uno strato di glassa di zucchero o di
cioccolato fuso.

Inulina: è una fibra, reperibile in diverse piante, solubile e ipocalorica.

Isomalto: estratto industrialmente dal saccarosio, dolcifica la metà di quest’ultimo.

Maltitolo: estratto industrialmente dal maltosio, indicato anche per diabetici.

Pezzare: suddividere l’impasto pesandolo in modo tale da ricavarne tanti pezzi uguali.
Pirlatura: tecnica che consente di dare alla massa la forma della colomba o del panettone.

Planetaria: attrezzo da cucina dotato di un recipiente e di tre utensili: la frusta per montare, la
foglia per lavorare gli impasti morbidi e il gancio per quelli duri e scarsi di liquidi.

Puntare l’impasto: consiste nel lasciar lievitare un impasto (solitamente sono sufficienti 15-
30 minuti) ricoprendolo con della pellicola trasparente cosicché il glutine si rilassa e diventa
lavorabile.

Quadro in acciaio: stampo in acciaio senza base e di forma quadrata.

Raffinare: rendere sottile e fine.

Raffinatrice: strumento dotato di due o più rulli in pietra o marmo, regolabili tra di loro per
poter triturare finemente gli ingredienti fino a ridurli in pasta. Viene spesso utilizzato in
pasticceria per raffinare nocciole o mandorle.

Rifrattometro: strumento che si utilizza per misurare i solidi solubile all’interno dei
composti. Ad esempio, la percentuale di zucchero presente in frutti o sciroppi o durante la
cottura di confetture e gelatine.

Sabbiare: impastare poco un grasso (generalmente burro) con farina, per ottenere un composto
simile alla sabbia bagnata.

Sac à poche: sacca utilizzata in pasticceria per la creazione di biscotti, per la farcitura e la
decorazione dei dolci.

Sbiancare: montare le uova con lo zucchero finché non assumono un colore chiaro.

Sfogliatrice: macchinario utilizzato in sostituzione del semplice matterello per stendere la


pasta ottenendo una sfoglia più o meno sottile.

Tarocco: si utilizza per raschiare recipienti e tagliare impasti. Ha forma rettangolare ed è di


plastica.

Temperare: consiste nel fondere il cioccolato (più o meno intorno ai 50 ¡C), versarlo su una
lastra di marmo e mescolarlo con cura con una spatola (senza incorporare troppa aria) fino a
una temperatura di 27-28 ¡C. Si rimette poi il cioccolato sul fuoco, fino a quando la massa non
ha raggiunto una temperatura di 31 ¡C per il fondente e 29 ¡C per quello al latte e bianco: non
superare mai i 33 ¡C altrimenti l’operazione è da rifare. Occorre considerare che anche la
temperatura dell’ambiente influisce sull’operazione, pertanto l’ideale sarebbe operare a una
temperatura compresa tra 18 e 22 ¡C.
Valvola aperta e valvola chiusa: i forni professionali da pasticceria hanno la possibilità di
controllare la fuoriuscita del vapore che si forma durante la cottura dei prodotti. Se la valvola
è chiusa, il vapore resta nella camera del forno, quindi i prodotti si mantengono più solidi e
umidi (panettoni, brioche ecc.); se invece la valvola è aperta si asciugano (frolle, biscotti,
sfoglie ecc.). Talvolta è opportuno tenere la valvola chiusa nella prima parte di cottura e
aperta nella seconda, per far asciugare i prodotti.

Zucchero fondente: si ottiene miscelando il saccarosio di barbabietola o di canna con acqua


e glucosio.

Zucchero invertito: si tratta della molecola del saccarosio (zucchero comune) scissa in una
soluzione liquida di glucosio e fruttosio, invertendo la rotazione della luce polarizzata. È più
dolce e più economico del saccarosio da cui deriva. Il miele è particolarmente ricco di
zucchero invertito.
Indice alfabetico
Bignè con chantilly al parmigiano
Choco passion fruit
Coppa cacao e zabaione con cioccolato gianduia
Coppa di mandorle e moscato
Crema pasticciera
Croissant sfogliato
Croquenbouche alla chantilly di zabaione
Crostata alla crema cotta ananas e lamponi
Crostata di lamponi con chibouste alla vaniglia
Crostata di pane e mele in crosta croccante
Crostata frangipane alle mele e frutta fresca
Crostata Linzer
Crostatina alla gelatina di frutta e crema pasticciera
Dacquoise
Danesi all’albicocca
Kranz
Krapfen alla crema
Langaroli
Meringa italiana
Pan di Spagna
Pan di Spagna con crema fritta
Pan ricotta al germe di riso e crema pasticciera
Pasta brioche
Pasta frolla
Pasta per bignè
Pasta sfoglia
Profiterol tiramisù
Semifreddo paperella
Sfogliatina frangipane alle pesche e cioccolato
Sfogliatina salata ai due gusti
Tirati su classico con caffè d'orzo
Torta Caraibi
Torta di sfoglia al farro e amarene
Torta Elvezia
Torta giardino di fragole
Torta quadro d'autore
Torta Saint-Honoré
Trancetto diplomatico
Tronchetto foresta nera
Zuccotto toscano
Table of Contents
Frontespizio
Colophon
Sommario
Il perché delle 8 basi
Prima di cominciare… qualche segreto
LE TORTE DA FORNO
LA CONFETTURA
LA BISCOTTERIA
LA GELATINA DI FRUTTA
Il pan di Spagna
Il pan di Spagna
Tronchetto foresta nera
Tirati su classico con caffè d'orzo
Torta quadro d'autore
Coppa cacao e zabaione con cioccolato gianduia
La pasta frolla
La pasta frolla
Crostata frangipane alle mele e frutta fresca
Crostata alla crema cotta ananas e lamponi
Crostata di pane e mele in crosta croccante
Crostata Linzer
La pasta per bignè
La pasta per bignè
Profiterol tiramisù
Croquenbouche alla chantilly di zabaione
Torta Saint-Honoré
Bignè con chantilly al parmigiano
La pasta sfoglia
La pasta sfoglia
Sfogliatina frangipane alle pesche e cioccolato
Sfogliatina salata ai due gusti
Trancetto diplomatico
Torta di sfoglia al farro e amarene
La crema pasticciera
La crema pasticciera
Pan di Spagna con crema fritta
Coppa di mandorle e moscato
Crostatina alla gelatina di frutta e crema pasticciera
Pan ricotta al germe di riso e crema pasticciera
La pasta brioche
La pasta brioche
Croissant sfogliato
Kranz
Impasto base per danesi
Danesi all’albicocca
Krapfen alla crema
La meringa italiana
La meringa italiana
Torta giardino di fragole
Semifreddo paperella
Zuccotto toscano
Crostata di lamponi con chibouste alla vaniglia
La dacquoise
La dacquoise
Langaroli
Choco passion fruit
Torta Caraibi
Torta Elvezia
Glossario
Indice alfabetico
Quarta di copertina

Potrebbero piacerti anche