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DIRITTO
DELL’U.E.
• i trattati istitutivi
• l’unione economica e monetaria
• le istituzioni comunitarie
il Parlamento, la Commissione, il Consiglio
dell’unione ed europeo, la Corte di giustizia...
• il diritto comunitario
gli atti vincolanti: regolamenti, direttive e decisioni;
gli atti non vincolanti: raccomandazioni e pareri
• comunità europee e stati membri
• adesione di nuovi stati r ip
in et
24 ere
or
e
Appendice
• sentenze e ordinanze della Corte di giustizia e della
Comunità Europea
• dizionarietto dei termini
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
ISBN 978-88-89142-30-1
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Copyright © 2007 - Edipress 30 sas
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Prima edizione: maggio 2007 tin
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PARTE PRIMA
STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
-1
PARTE SECONDA 30
2- 4
LA STRUTTURA ISTITUZIONALE DELLE 91 COMUNITÀ EUROPEE
8 -8
8
1. LE ISTITUZIONI GIURIDICHE COMUNITARIE: 8- IL PARLAMENTO ..... PAG. 17
n 97
1.1 GENERALITÀ ............................................................................................ PAG. 17
/ i sb
1.2 COMPOSIZIONE E FUNZIONAMENTO .................................................................
.it PAG. 17
i
1.3 POTERI DELIBERATIVI E POTERI DI CONTROLLO
n tin .................................................. PAG. 18
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2. LA COMMISSIONE .............................................................................. PAG. 19
w
w
2.1 GENERALITÀ ............................................................................................ 19 PAG.
2.2 COMPOSIZIONE E FUNZIONAMENTO ................................................................. PAG. 19
2.3 FUNZIONI E POTERI .................................................................................... PAG. 20
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6.3 LA PROCEDURA DI APPROVAZIONE DEL BILANCIO COMUNITARIO ........................... PAG. 44
-1
- 30
7. GLI ALTRI ORGANI ............................................................................. PAG. 46
42
7.1 91
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE ............................................................... PAG. 46
-8
7.2 - 88
IL COMITATO DELLE REGIONI .......................................................................... PAG. 46
7.3 8
LA BANCA CENTRALE EUROPEA E LA BANCA97EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI ....... PAG. 47
7.4 GLI ALTRI COMITATI CONSULTIVI E LE AGENZIE n
sb COMUNITARIE ................................. PAG.
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PARTEt TERZA
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IL DIRITTO COMUNITARIO
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1. LE FONTI PRIMARIE DEL DIRITTO COMUNITARIO .......................... PAG. 52
1.1 LE FONTI DEL DIRITTO COMUNITARIO ................................................................ PAG. 52
1.2 I TRATTATI ISTITUTIVI ..................................................................................... PAG. 52
1.2.1 Il procedimento di revisione dei trattati ........................................... PAG. 54
1.3 I PRINCIPI DEL DIRITTO COMUNITARIO .............................................................. PAG. 55
1.4 LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UOMO .............................................. PAG. 56
1.5 LA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA LA COMUNITÀ E GLI STATI MEMBRI ........... PAG. 59
PARTE QUARTA
COMUNITÀ EUROPEE E STATI MEMBRI
PARTE QUINTA
ADESIONE DI NUOVI STATI E RELAZIONI ESTERNE
APPENDICE
SENTENZE E ORDINANZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITÀ EUROPEA ........ PAG. 138
DIZIONARIETTO DEI TERMINI ................................................................................. PAG. 141
6 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 l’integrazione
PARTE PRIMA
STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
dei governi. Invero, già durante l’ultima fase del0-secondo 1 conflitto, si pensa
3
soprattutto a come perseguire la pace in Europa, 4 2- evitando il riprodursi di quelle
condizioni politiche, economiche e militari, che 91
-8 hanno spinto i popoli europei alla
distruzione reciproca. Proprio in questo periodo, - 88 nel 1941, tre grandi intellettuali
8
del panorama culturale italiano, Altieron97Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio
Colorni, stendono quello che verrà ricordato sb come il Manifesto di Ventotene.
t/i
Nel documento viene espressa latinnecessità i.i di creare in Europa un forte Stato
un
sovranazionale per superare il nazionalismo imperialista delle potenze, colpevo-
.s
w
le di tutte le esperienze traumatiche della prima metà del Novecento. La rior-
w
w
ganizzazione federale dell’Europa non significa solo la fine dello Stato-nazione,
ma è la condizione per l’instaurazione di un assetto politico democratico e di un
ordinamento economico basato su una “terza via”, in grado di evitare gli errori e
del capitalismo e del comunismo. Il modello d’Europa federata di Spinelli, concepi-
to come una vera e propria rivoluzione, sarà d’ispirazione e di riferimento per la
corrente federalista europea del secondo dopoguerra. Accanto a questa corren-
te di pensiero, sono identificabili altre due “tesi europeiste”: l’una confederalista,
l’altra funzionalista. In sostanza, la tesi confederalista propone la cooperazione
intergovernativa, una forma di cooperazione europea che non scalfisce la so-
vranità dei singoli Stati che vi aderiscono. Essa, infatti, pur non escludendo la
creazione di un organismo confederale cui affidare competenze specifiche,
pretende l’accordo unanime degli Stati membri per il perseguimento e l’attuazione
degli obiettivi comuni. L’idea di una costruzione europea di questo tipo viene più
volte ribadita da Winston Churchill che, in un famoso discorso tenuto a Zurigo
nel 1946, auspica una più stretta collaborazione tra Francia e Germania nell’am-
bito della creazione degli Stati Uniti d’Europa. La tesi funzionalista, infine, si col-
loca in una posizione intermedia tra l’approccio federalista, che propugna uno
Stato federale, e quello confederalista, che difende una collaborazione inter-
statale. Anche i funzionalisti puntano allo Stato federale, all’istituzione di un’orga-
l’integrazione www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 7
nizzazione sovranazionale come i federalisti, ma il loro metodo è differente poi-
ché prevede una graduale collaborazione settoriale. La soluzione funzionale,
difatti, sostiene un’integrazione europea da raggiungersi attraverso un progres-
sivo trasferimento di competenze (e dunque di sovranità) in settori specifici a
nuove Istituzioni indipendenti dagli Stati. Saranno proprio due funzionalisti, Jean
Monnet e Robert Schuman a proporre di mettere in comune le risorse carbo-si-
derurgiche della Francia e della Germania, creando un’istituzione sovranazionale
aperta a tutti i paesi d’Europa (la futura CECA).
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ganale(2). Quanto alle Istituzioni, si procede alla creazione -1 (sul modello della CE-
30
CA) di: un Consiglio dei ministri per ciascuna 4 2- Comunità, organo legislativo
composto dai rappresentanti dei governi dei sei 91
-8 Paesi, con distinte funzioni per la
CEE, l’Euratom e la CECA; due Commissioni, - 88 una di nove membri per la CEE e
un’altra di cinque membri per l’Euratom (fermo 78 restando l’Alta Autorità per la CE-
b n9
CA), con funzioni propositive ed esecutive;
i t /is un’Assemblea unica per le tre Co-
munità, formata da 142 parlamentari i.
in eletti dai Parlamenti nazionali, con poteri
consultivi e di controllo; una Corte u nt di giustizia, ugualmente comune, col com-
.s
pito di dirimere le controversiewwtra gli Stati membri.
w
perativa solo dal ’58), per promuovere liberi movimenti di lavoratori, capitali, merci e ser-
vizi.
(2)
L’unione doganale si compie con l’eliminazione tra gli Stati membri dei dazi doganali e con
l’adozione di una tariffa doganale comune nei confronti dei Paesi terzi. Per il raggiungimento
di tale obiettivo, il Trattato prevede tre fasi, ciascuna della durata di quattro anni.
l’integrazione www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 9
perdere il suo ruolo dominante all’interno della politica comunitaria.
Una vera e propria crisi scoppia nel 1965, quando la Commissione propone di
usare i proventi dei diritti doganali (e non più i contributi versati dagli Stati membri),
per finanziare il bilancio comunitario che, così, si sarebbe alimentato con risorse
proprie. La Francia non solo reagisce alla proposta opponendo un netto rifiuto,
ma inizia a disertare tutte le riunioni della Commissione, dando inizio alla più grave
e clamorosa crisi nella storia della Comunità europea (la cd. crisi della sedia
vuota). Le attività comunitarie si bloccano totalmente per ben 7 mesi, dal momen-
to che le decisioni devono essere prese in base al principio dell’unanimità. La
situazione si risolve solo nel gennaio del 1966 quando i ministri degli Esteri dei
Sei, riuniti a Lussemburgo, decidono di sostituire il criterio del voto a maggioran-
za in seno al Consiglio(3) con quello dell’unanimità tutte le volte che fossero stati in
gioco interessi molto importanti anche per uno solo degli Stati membri (compro-
messo di Lussemburgo).
Nel 1967 entra in vigore il Trattato sulla fusione degli esecutivi, firmato a
Bruxelles due anni prima. Esso stabilisce l’istituzione di un Consiglio unico e di
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(3)
Secondo il Trattato di Roma questo criterio sarebbe stato adottato a partire dal 1° gennaio
del 1966.
10 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 l’integrazione
fanno subito richiesta di adesione alla Comunità, che vedono come un efficace
fattore di sviluppo per le loro economie così arretrate rispetto a quelle dell’Europa
dei Nove. L’allargamento della Comunità verso gli Stati dell’Europa mediterranea
se, da un lato può bilanciare verso sud l’asse geografico comunitario, troppo
proteso a nord, dall’altro presenta notevoli problemi economici e commerciali che
si riflettono nei lunghi e complessi negoziati.
La Grecia entra a far parte della Comunità il 1° gennaio del 1981, mentre la Spa-
gna ed il Portogallo il 1° gennaio del 1986.
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2. DALL’UNIONE ECONOMICA ALL’UNIONE MONETARIA
il 31 dicembre 1992, di un mercato unico, cioè di “uno 1 spazio senza frontiere in-
terne” in cui merci, persone, capitali e servizi possano 0- circolare liberamente.
2 -3
L’Atto Unico, inoltre, introduce alcune modifiche 1 4 istituzionali (tra cui l’adozione
89
della procedura di cooperazione tra il Consiglio 8- ed il Parlamento, che diviene così
-8
compartecipe del processo legislativo) ed78estende il campo d’azione della CEE
ad aree non previste dai Trattati di Roma b n9 (come la politica dell’ambiente, la po-
/is
litica relativa alla ricerca e alla tecnologia, .it la politica sociale e regionale).
t i ni
Dall’entrata in vigore dell’Atto Unico n fino alla fatidica data del 1° gennaio 1993,
u
fissata per l’avvio del mercato unico, .s gli Stati membri procedono ad una completa
w
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armonizzazione delle loro legislazioni, al fine di eliminare tutte le barriere (fisiche,
w
tecniche e fiscali) che ostacolano il processo di integrazione. Garantita la libera
circolazione dei capitali, delle merci e dei servizi resta parzialmente irrisolta la
questione relativa alla libera circolazione delle persone, l’unico settore in cui il
processo di liberalizzazione rimane incompleto. L’accordo di Schengen firma-
to nel 1985 da Francia, Germania, Benelux, Spagna, Portogallo e Grecia, cui
l’Italia aderisce nel 1990 e che prevede la soppressione di tutti i controlli sulle
persone alle frontiere a partire dal 1° gennaio 1993 (nonché una politica comune
in materia di visti e diritti d’asilo), viene dapprima rinviato e poi applicato solo a
Francia, Germania e Benelux(4).
(4)
Il Governo italiano si accorda definitivamente solo nel luglio 1997: i confini aerei cadono
nell’ottobre dello stesso anno, quelli terrestri nell’aprile 1998.
12 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 l’integrazione
viene firmato nel febbraio 1992 ed entra in vigore nel novembre 1993.
La struttura dell’Unione europea(5) può essere paragonata ad un tempio basato
su tre pilastri:
¾ la Comunità europea, risultante dalle tre precedenti istituzioni (cd. primo
pilastro);
¾ la Politica estera e di sicurezza comune, o PESC (cd. secondo pila-
stro);
¾ la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, o
CGAI (cd. terzo pilastro).
Per le politiche riguardanti il primo pilastro si applica il cd. metodo comunitario,
che marginalizza il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni europee;
mentre la collaborazione nell’ambito degli altri due pilastri è tipicamente inter-
governativa, poiché attribuisce tutto il potere decisionale agli Stati membri. I tre
pilastri sono tenuti insieme e collegati da un “tetto” (il Preambolo) in cui sono
enunciati i principi e le finalità del Trattato, da un “frontone” (le Disposizioni
comuni) e da una “base” (il Quadro istituzionale e le Disposizioni finali).
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La parte più innovativa del Trattato di Maastricht è sicuramente -1 quella relativa alle
30
modifiche apportate al Trattato CEE, a cominciare 4 2- dalla sostituzione dell’espres-
1
sione Comunità economica europea con Comunità 89 europea. Il cambiamento ri-
vela chiaramente la volontà di non limitare8-8più 8- l’azione della Comunità alle sole
relazioni economiche, ma di estendere nla 97 collaborazione anche ad altri settori.
L’Unione, infatti, amplia il suo raggio d’azione: / i sb alla protezione della salute, alla cul-
t
tura, all’educazione ed alla formazione i.i professionale, allo sviluppo delle reti tran-
t in
seuropee di comunicazione, all’industriaun ed alla protezione dei consumatori. Per
.s
legittimare e bilanciare in qualchew modo l’esercizio di queste nuove funzioni,
w
viene introdotto il principio diw sussidiarietà, secondo il quale la Comunità, nelle
materie che non sono di sua esclusiva competenza, interviene soltanto qualora
gli Stati membri non possano agire o quando è preferibile procedere a livello co-
munitario.
Per rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini viene poi istituita la
cittadinanza europea, che è riconosciuta a tutti i cittadini degli Stati membri.
Sempre nell’ambito delle modifiche apportate al Trattato CEE, la novità più impor-
tante introdotta dal Trattato di Maastricht consiste nell’obiettivo di procedere, at-
traverso tre fasi, alla realizzazione di un’Unione economica e monetaria
(UEM) che comporti, a termine, l’introduzione di una moneta unica europea:
l’euro.
Per quanto riguarda la struttura istituzionale, come vedremo, non vi sono istitu-
zioni dell’Unione che non siano quelle della Comunità. Inoltre, alla procedura di
(5)
Il TUE non dà una definizione precisa dell’Unione europea: essa non è una nuova orga-
nizzazione internazionale che si aggiunge alle tre Comunità e non le sostituisce. L’Unione,
in realtà, si fonda sulle Comunità europee e sulle politiche e forme di cooperazione pre-
viste dallo stesso trattato (PESC e CGAI) che non sono gestite nell’ambito della struttura
istituzionale delle Comunità esistenti.
l’integrazione www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 13
consultazione, prevista dal Trattato di Roma, e a quella di cooperazione, instau-
rata dall’Atto unico, il TUE aggiunge una procedura di codecisione che dà al Par-
lamento europeo il potere di legiferare insieme col Consiglio in determinate mate-
rie.
Nel corso del 1993 iniziano i negoziati con quattro Paesi che già da tempo hanno
fatto richiesta di adesione all’Unione europea: Austria, Finlandia, Svezia e
Norvegia. L’atto di adesione viene firmato un anno dopo, ma, ancora una volta, la
consultazione referendaria svoltasi in Norvegia dà esito negativo. Dal 1° gennaio
1995 gli Stati membri dell’Unione europea passano da dodici a quindici.
effettuata una rinumerazione di tutti gli articoli dei trattati esistenti (dal Trattato
-1
sulla fusione degli esecutivi all’Atto Unico europeo, 30 dal Trattato di Maastricht al
Trattato di Amsterdam) e si procede ad un’opera 4 2-di semplificazione, per cui, ad
91
esempio, vengono eliminate tutte quelle disposizioni, -8 approvate negli anni ’50,
- 88
che riguardano le varie fasi dell’unione doganale. 7 8
9
Per ciò che concerne le principali modifiche bn apportate al Trattato CEE, viene i-
stituzionalizzato il principio della cooperazione
i t /is rafforzata, il quale consente, agli
.
ni
Stati che lo vogliano, di instaurarentiforme di cooperazione differenziate e supple-
mentari, rispetto a quanto previsto u
.s per la generalità dei Paesi membri. In pratica,
w
il meccanismo consente ad walcuniw Stati di andare ”più avanti” nell’integrazione,
senza subire il condizionamento dei paesi più restii o non ancora pronti(6).
Nell’ambito delle modifiche istituzionali va rilevato il fatto che il Parlamento euro-
peo diventa un vero e proprio co-legislatore, dal momento che la procedura di
codecisione (introdotta dal TUE) viene semplificata e va a sostituire in molti casi
quella di cooperazione (che continuerà ad applicarsi per le questioni relative al-
l’Unione economica e monetaria).
Altre importanti novità introdotte dal Trattato di Amsterdam riguardano la Coope-
razione in materia di giustizia e affari interni che viene rinominata Cooperazione
di polizia e giudiziaria in materia penale. Quasi tutti i settori che rientravano nel
terzo pilastro sono trasferiti nel primo: in tal modo vengono comunitarizzate
materie che prima erano trattate esclusivamente attraverso una collaborazione
intergovernativa (politica di asilo e di immigrazione, cooperazione doganale, coope-
razione giudiziaria in materia civile e, più in generale, tutte le questioni riguardanti
la libera circolazione delle persone).
(6)
In tal modo si realizza quell’Europa a due o più velocità di cui tanto si è discusso in pas-
sato e di cui non mancano esempi oggi: basta pensare all’Unione economica e monetaria,
cui non partecipano tutti gli Stati membri, ma anche alla vicenda in materia di immigrazione,
in particolare a seguito della comunitarizzazione degli accordi di Schengen.
14 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 l’integrazione
Uno dei problemi irrisolti con l’approvazione del Trattato di Amsterdam riguarda il
nuovo assetto istituzionale da dare all’Unione europea, in vista del futuro allarga-
mento. A partire dal 1990, infatti, in seguito alla fine della divisione politica e
militare dell’Europa, dieci Stati appartenenti all’ex blocco comunista presentano
domanda di adesione all’Unione europea (ad essi vanno aggiunte le richieste di
Malta e Cipro).
Per dare una risposta a tali questioni, nel febbraio 2000 viene convocata una
nuova Conferenza intergovernativa che elabora un progetto di trattato conte-
nente le riforme necessarie. Nel febbraio 2001 i Quindici firmano il Trattato di
Nizza che entra in vigore nel febbraio 2003. Esso contiene modifiche di carattere
essenzialmente tecnico e stabilisce alcune regole di funzionamento dell’Unione
europea allargata a ventisette. In particolare, come vedremo, il testo determina
una nuova ripartizione del numero dei rappresentanti degli Stati membri negli
organi comunitari. Il Trattato di Nizza, inoltre: amplia i poteri del Presidente della
Commissione europea; riduce drasticamente i casi in cui il Consiglio deve votare
all’unanimità; introduce alcune modifiche nell’ordinamento giudiziario comunita-
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rio. 1
0- 3
4 2-
2.4 L’UNIONE MONETARIA E L’INTRODUZIONE 91 DELL’EURO
-8
88
Come accennato, il Trattato di Maastricht 7prefigura 8- la realizzazione di un’Unione
economica e monetaria e l’adozione di buna n9 moneta unica europea, l’euro.
Durante la prima fase, iniziata nel luglio i t /is 1990 e terminata nel 1993, avviene il
i.
completamento del mercato unicontinattraverso la totale liberalizzazione del movi-
mento dei capitali. u
.s
w
w
La seconda fase inizia nel gennaio 1994, quando viene creato l’Istituto Moneta-
w
rio Europeo (IME), precursore della Banca Centrale Europea. Nell’arco di questo
periodo, che finisce nel dicembre 1998, gli Stati membri iniziano a far convergere
le loro economie attraverso il rispetto di cinque parametri stabiliti dal protocollo
allegato al TUE. Questi criteri di convergenza, necessari per il passaggio alla
terza fase e dunque per l’accesso dei Paesi alla moneta unica, richiedono: una
stabilità monetaria, un basso livello dei tassi di interesse, dell’inflazione, del
debito pubblico e del deficit pubblico. La scelta degli Stati che possono partecipa-
re all’UEM viene effettuata nel maggio 1998 e l’IME viene sostituito dalla Banca
Centrale Europea (BCE)(7).
La terza fase dell’Unione monetaria inizia il 1° gennaio 1999, data in cui nasce
ufficialmente l’euro, anche se la nuova moneta non sostituisce subito le valute
nazionali. Da questo momento inizia un periodo di transizione che dura fino al
gennaio 2002, quando la Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali
mettono in circolazione l’euro. Dal 1° marzo 2002 la lira e le altre monete nazionali
(7)
La verifica del rispetto da parte degli Stati membri dei parametri di Maastricht viene affi-
data all’IME, il quale stende un rapporto che trasmette poi alla Commissione europea.
Quest’ultima raccomanda al Consiglio i Paesi che soddisfano tutti i requisiti di partecipa-
zione posti dal TUE.
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cessano di avere corso legale. I Paesi che, pur facendo parte dell’Unione europe-
a, non partecipano all’UEM sono il Regno Unito, la Danimarca e la Svezia: essi
hanno volontariamente rifiutato di entrare nell’area dell’euro.
Dal 1º gennaio 2007, la Slovenia ha adottato l’euro, portando il numero dei Paesi
della zona euro a 13: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlan-
da, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Slovenia.
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PARTE SECONDA
LA STRUTTURA ISTITUZIONALE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
1.1 GENERALITÀ
L’art. 7 del Trattato CE descrive la struttura interna della Comunità che risulta
composta dalle seguenti istituzioni:
• il Parlamento europeo ;
• la Commissione europea;
• il Consiglio dell’Unione ;
• la Corte di giustizia ;
• la Corte dei conti.
Parlamento, Consiglio e Commissione sono affiancati da un Comitato economico
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Attualmente, in virtù dell’art. 192 TCE, il Parlamento europeo può chiedere alla
-1
Commissione di presentare proposte sulle questioni 30 di interesse comunitario
che, a suo avviso, necessitano l’adozione di specifici 4 2- atti. Questo potere, la cd.
1
iniziativa dell’iniziativa ha certamente un peso 89 non indifferente, nonostante la
8-
responsabilità della proposta sia della Commissione, 8 -8 ed ha natura soprattutto po-
7
litica. b n9
s
Per quanto riguarda i poteri di controllo t/i , il Parlamento europeo dispone di un si-
i.i
gnificativo strumento di controllo giuridico t in sull’operato della Commissione: la mo-
zione di censura. Tale meccanismo, un che deve essere approvato dai parlamen-
.s
w
tari con la maggioranza dei due w
w terzi dei voti espressi e la maggioranza dei mem-
bri, obbliga i membri della Commissione ad “abbandonare collettivamente le loro
funzioni” (art. 201 TCE). Questo strumento, in realtà, oltre ad essere usato in
rarissime occasioni, in origine non aveva un’efficacia rilevante, perché il Parla-
mento non disponeva di alcun potere sulla nomina dei membri della Commissione:
dunque, dopo aver ricevuto una mozione di censura, quest’ultima poteva essere
riproposta inalterata nella sua composizione.
Il Trattato di Maastricht e quello di Amsterdam, con la modifica dell’art. 214 e della
procedura di nomina della Commissione, hanno introdotto delle novità sostanziali
in questa materia, rendendo più consistente la partecipazione del Parlamento.
Questo, infatti, deve anzitutto approvare la designazione del Presidente della
Commissione, poi è chiamato ad esprimere un voto di approvazione sul Presi-
dente e gli altri commissari collettivamente considerati.
La Commissione, inoltre, ha l’obbligo di presentare annualmente al Parlamento
europeo una relazione generale sull’attività svolta nell’anno precedente (art.
200 TCE).
Un ulteriore strumento di controllo politico è dato dalle interrogazioni che ciascun
(2)
Tali poteri si traducevano nell’emanazione di un parere che, oltre a non essere obbligato-
rio, non era neanche vincolante.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 19
parlamentare può porre alla Commissione, cui quest’ultima deve rispondere oral-
mente o per iscritto(3) (art. 197 TCE).
Il Parlamento europeo, inoltre, esercita un incisivo potere di controllo nella proce-
dura di approvazione del bilancio comunitario, settore che, come vedremo, si
dimostra di fondamentale importanza per la vita della Comunità.
2. LA COMMISSIONE
2.1 GENERALITÀ
La Commissione delle Comunità europee, istituita nel 1965 col Trattato sulla
fusione degli esecutivi, ha ereditato quelle che in precedenza erano le compe-
tenze dell’Alta Autorità della CECA e della Commissione della CEE e dell’Euratom.
Al contrario del Consiglio, la Commissione è un organo formato da individui,
in quanto i suoi membri “esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nel-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
l’interesse generale della Comunità” (art. 213 TCE) 1 e non rappresentano gli
Stati da cui provengono. 0-
2 -3
La procedura di nomina della Commissione avviene 4 attraverso varie fasi:
91
¾ il Consiglio, riunito a livello di capi di Stato 8 -8e di governo(4), designa la persona
- 8
che intende nominare come Presidente 78della Commissione; tale designazione
deve essere approvata dal Parlamento b n9 europeo;
s
¾ il Consiglio, di comune accordo col t/i
i.i Presidente designato, procede alla scelta
t in
delle altre persone che intende un
nominare come membri della Commissione;
¾ il Parlamento europeo deve .s
w dunque esprimere un voto di approvazione sul
collegio così nominato, dopo w il quale il Consiglio nomina Presidente e Commis
w
sione.
Il Trattato di Nizza ha rafforzato il ruolo del Presidente della Commissione euro-
pea che, oltre a partecipare in modo attivo alla scelta degli altri commissari, defi-
nisce gli orientamenti politici della Commissione.
(3)
Questo vale anche per le interrogazioni che il Parlamento è legittimato a porre al Consiglio.
(4)
Nel capitolo successivo esamineremo questa particolare composizione del Consiglio del-
l’Unione.
(5)
Fino a questa data ad alcuni Stati (Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito) spet-
tavano due commissari, per un totale di 20 membri. La riduzione è stata operata per con-
sentire ai nuovi Stati membri un’adeguata rappresentanza in seno all’istituzione.
20 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
La Commissione, oltre ad essere un organo individuale ed indipendente, è
un organo collegiale, per cui tutte le decisioni dei singoli commissari concorro-
no a formare la volontà dell’organo nel suo complesso.
Essa, inoltre, è un organo a tempo pieno che si riunisce almeno una volta alla
settimana, ragion per cui è prevista per i membri della Commissione l’incompatibi-
lità con qualsiasi altra carica.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
vincolanti. In pratica, è sempre su proposta della Commissione che i diversi atti
-1
normativi vengono adottati dal Consiglio(6). 30
La funzione esecutiva viene esercitata dalla Commissione 4 2- sotto il duplice profilo
91
del controllo sull’osservanza del diritto comunitario 8 -8 e dell’emanazione di atti di
8
esecuzione. 8-
n 97
Per quanto riguarda la funzione di controllo, l’art. 211 TCE dispone che la Com-
sb
missione “vigila sulla applicazionei.idelle t/i disposizioni del presente Trattato e
tin
delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù del Trattato stesso”. Tale po-
un
tere di vigilanza da parte della Commissione è generale e riguarda soprattutto la
.s
w
verifica dell’osservanza degliwwobblighi comunitari da parte degli Stati membri.
Quanto agli atti di esecuzione, invece, lo stesso art. 211 TCE dispone che la
Commissione ha il potere di adottare tutte le misure necessarie per dare attuazio-
ne ai regolamenti emanati dal Consiglio. Quest’ultimo, però, può porre dei limiti al-
l’esercizio di tale potere attraverso l’utilizzo della procedura dei comitati consultivi,
di gestione e di regolamentazione. Le modalità di questa procedura sono state
definite con la decisione nº 468, cd. comitatologia, adottata dal Consiglio nel
1999. In pratica, la Commissione, nei casi stabiliti, deve consultare il comitato pri-
ma di adottare delle misure; nel caso in cui il parere non sia favorevole, essa può
adottare un provvedimento difforme, ma lo deve comunicare al Consiglio: que-
st’ultimo può respingerlo o modificarlo.
Infine, alla Commissione spetta in via esclusiva la funzione di rappresentanza
della Comunità all’esterno: le relazioni internazionali ed i rapporti con gli organi-
smi internazionali sono, infatti, una prerogativa della Commissione.
(6)
La proposta della Commissione può anche essere sollecitata dal Consiglio, dal Parlamento
o, in rari casi, da uno Stato membro.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 21
3. IL CONSIGLIO DELL’UNIONE
3.1 GENERALITÀ
Il Consiglio dell’Unione europea, in origine Consiglio Speciale dei Ministri della
CECA e poi Consiglio dei Ministri, assume tale denominazione a partire dal 1993,
in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht.
“Il Consiglio è formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello
ministeriale, abilitato ad impegnare il Governo di detto Stato membro” (art. 203
TCE).
Esso è l’organo decisionale delle Comunità e coordina le politiche economiche
generali degli Stati membri.
(7)
I rappresentanti in seno al Consiglio non devono necessariamente ricoprire la carica di
ministri, ma è necessario che facciano parte del governo e che siano abilitati ad impegnar-
lo.
22 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
ora è ampiamente condiviso col Parlamento europeo.
Il Consiglio ha il potere di concludere accordi internazionali tra la Comunità euro-
pea ed uno o più Stati o organizzazioni internazionali. In questo campo, i negoziati
sono condotti dalla Commissione, mentre al Consiglio spetta l’approvazione defi-
nitiva di tali atti.
Oltre a coordinare le politiche economiche generali degli Stati membri, il Con-
siglio svolge un ruolo preminente nella procedura di approvazione del bilancio
dell’Unione che, come vedremo, coinvolge anche il Parlamento europeo.
Il Consiglio, infine, elabora la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e
coordina la Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.
Il Trattato di Maastricht e quello di Amsterdam prevedono che il Consiglio dell’U-
nione possa riunirsi ed agire nella composizione dei soli capi di Stato e di
governo. In questa ipotesi, al Consiglio sono attribuiti poteri decisionali in diver-
si ambiti:
¾ nell’ambito della procedura di nomina del Presidente della Commissione. Il
Consiglio, nella suddetta composizione, designa la persona che intende no-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
minare Presidente e delibera a maggioranza qualificata -1 (art. 214 TCE, modi-
30
ficato dal Trattato di Nizza).
4 2-
¾ nell’ambito della cooperazione rafforzata. 8Qualora 91 uno Stato membro si op-
-
ponga alla concessione dell’autorizzazione - 88 prevista (da parte del Consiglio
dell’Unione) all’avvio della cooperazione 78 rafforzata, può investire della que-
b n9
stione il Consiglio (riunito a livello di is capi di Stato e di governo) affinché si pro-
nunci a maggioranza qualificatani.(art. it/ 40 TUE e art. 11 TCE).
t i
¾ nell’ambito della tutela dei dirittiu n umani. Il Consiglio, deliberando all’unanimità
su proposta di un terzo degli .s
w Stati membri o della Commissione e previo pare-
w
re conforme del Parlamento w europeo, può stabilire l’esistenza di una grave
violazione di uno o più princìpi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uo-
mo e dello stato di diritto da parte di uno Stato membro (art. 7 TUE).
¾ nell’ambito dell’Unione economica e monetaria. Al Consiglio compete il potere
di identificare gli Stati membri idonei al passaggio alla terza fase dell’UEM e poi
alla moneta unica (art. 121 TCE).
Tutte queste funzioni non possono essere svolte dal Consiglio, la cui attività è
discontinua, né dalla Commissione che è un’istituzione indipendente.
Il COREPER, oltre a compensare la variabilità di composizione del Consiglio,
rappresenta l’organo di collegamento tra la Comunità ed i Paesi membri.
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1
0-
2 -3
9 14
-8
- 88
9 78
bn
t/ is
i.i
tin
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w
w
w
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 25
4. IL CONSIGLIO EUROPEO
4.1 GENERALITÀ
Il Consiglio europeo, sebbene faccia parte del sistema dell’Unione europea, non
può essere considerato come un’istituzione comunitaria(9). Esso, infatti, nasce
in modo parallelo ed esterno alla struttura istituzionale comunitaria, dalla prassi
dei cd. vertici, ossia incontri fra i capi di Stato e di governo degli Stati membri. Tali
riunioni si sono svolte periodicamente, pur senza una cadenza precisa, a partire
dal 1961 e fino ai primi anni ’70, per discutere questioni riguardanti la vita e lo svi-
luppo delle Comunità.
Il Consiglio europeo riceve una prima istituzionalizzazione dal summit di Parigi
del dicembre 1974, in seguito al quale i capi di Stato e di governo decidono di riu-
nirsi, accompagnati dai loro Ministri degli Affari Esteri e da rappresentanti della
Commissione, tre volte l’anno. Esso, dunque, nasce come organo informale di
cooperazione politica, con un’importante funzione di stimolo e di coordinamen-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(9)
Difatti, all’art. 7 TCE, in cui sono elencate le istituzioni della Comunità, non vi è alcuna
menzione di quest’organo. Il Consiglio europeo, inoltre, non va confuso col Consiglio
d’Europa, organizzazione internazionale che ha sede a Strasburgo e che è completamen-
te diversa dalle Comunità e dall’Unione europea.
26 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
importanza per la definizione delle linee d’azione dell’Unione.
4.3 COMPETENZE
L’art. 4 TUE non definisce in modo specifico quali siano le competenze politiche
generali del Consiglio europeo. Tuttavia, in alcuni casi, le disposizioni relative ai
tre pilastri dell’Unione attribuiscono a quest’organo determinate funzioni.
Nell’ambito del secondo pilastro, il Consiglio europeo ha il compito di definire
gli orientamenti generali della PESC e di coordinare le strategie comuni in base
alle quali il Consiglio dell’Unione deve operare (art. 13 TUE). Inoltre, al Consiglio
europeo spettano le scelte fondamentali per la politica comune di difesa (art. 17
TUE).
Relativamente al primo pilastro (politica dell’occupazione), il Consiglio europeo
esamina annualmente la situazione dell’occupazione in base ad una relazione
della Commissione e del Consiglio dell’Unione (art. 128 TCE). Sempre nell’ambito
del primo pilastro (politica economica), il Consiglio europeo definisce gli indirizzi
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (art. 99 TCE).
1
0-
2 -3
9 14
-8
- 88
9 78
bn
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w
w
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5. LA CORTE DI GIUSTIZIA ED IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
inizia ad operare nel 1958. Tale istituzione “assicura -1 il rispetto del diritto comu-
30
nitario nell’interpretazione e nell’applicazione dei
4 2- trattati e degli atti normativi
derivati” (art. 220 TCE). Alla Corte di giustizia, 91in pratica, è attribuito il controllo
-8
giurisdizionale sia sulla legittimità di atti e comportamenti - 88 delle istituzioni comuni-
8
tarie rispetto ai trattati, sia sull’interpretazione n 97 del diritto comunitario da parte
degli Stati membri. b
/is
La Corte di giustizia ha sede a Lussemburgoi .it ed è unica per le tre Comunità(10).
in t
un
.s
5.2.1 Composizione e wfunzionamento
w
w di un giudice per ogni Stato membro (attualmente
La Corte di giustizia si compone
i giudici sono 27) e da 8 avvocati generali: essa è un organo di individui, in
quanto i suoi membri non rappresentano gli Stati da cui provengono (artt. 221 e
222 TCE).
Sia i giudici che gli avvocati sono nominati di comune accordo dai governi degli
Stati membri, essi devono essere scelti fra “personalità che offrano tutte le ga-
ranzie di indipendenza, e che riuniscano le condizioni richieste per l’eserci-
zio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano
giuristi di notoria competenza” (art. 223 TCE).
(10)
Essa non va confusa né con la Corte Internazionale di giustizia, che ha sede a L’Aja, né
con la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sede a Strasburgo.
28 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
parziale ogni 3 anni; il loro mandato può essere rinnovato.
Il Presidente della Corte viene eletto tra i giudici ogni 3 anni: egli dirige i lavori e
le udienze ed esercita tutte le competenze che il regolamento di procedura gli at-
tribuisce, sia sotto il profilo giurisdizionale che amministrativo.
Di norma la Corte si riunisce in sezioni di 5 o di 3 giudici, oppure in grande sezione
che comprende 13 giudici, qualora lo richieda uno Stato membro o un’istituzione
dell’Unione che è parte in causa. La Corte può riunirsi in seduta plenaria in casi
molto eccezionali, tassativamente previsti dal Trattato e qualora la Corte ritenga
che una causa riveste un’importanza eccezionale.
Per la Corte è prevista anche la figura del Cancelliere, il quale riveste importanti
funzioni giudiziarie ed amministrative.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
l’altra orale. -1
30
• La procedura scritta consiste nello scambio tra
4 2- le parti in causa di tutti i do-
cumenti e gli atti necessari; 91
-8
• la procedura orale prevede la lettura della - 88 relazione presentata da un giudi-
ce relatore e l’audizione da parte della 78Corte degli avvocati, dei consulenti e
b n9
delle conclusioni dell’avvocato generale. s
t/i
In genere, le udienze della Corte i.isono pubbliche, mentre le deliberazioni
t in
sono segrete. un
Le deliberazioni della Corte sono .s
w valide solo se sono prese con la partecipazione
w
w
di un numero dispari di componenti.
Le sentenze sono firmate dal Presidente e dal Cancelliere e devono essere mo-
tivate, nonché lette in pubblica udienza. Esse hanno efficacia vincolante per
tutte le parti i causa e forza esecutiva all’interno degli Stati membri.
La Corte di giustizia è un’istituzione indipendente ed autonoma che ha il compito
di garantire la corretta osservanza del diritto comunitario, sia nell’interpretazione
che nell’applicazione dei trattati istitutivi delle Comunità europee, nonché delle
norme adottate dalle istituzioni comunitarie competenti. Per svolgere tale compi-
to, quanto mai vario ed eterogeneo, la Corte è stata dotata di ampie competenze
giurisdizionali che riguardano:
¾ l’esame dei ricorsi per inadempimento diretti contro gli Stati membri (artt.
226-228 TCE);
¾ l’esame dei ricorsi di annullamento, ossia il controllo sulla legittimità degli
atti comunitari (art. 230 TCE);
¾ l’esame dei ricorsi per carenza, ossia il controllo sul comportamento omissivo
di un’istituzione comunitaria (art. 232 TCE);
¾ la procedura di rinvio pregiudiziale, ossia la pronuncia in via pregiudiziale
sull’interpretazione e sulla validità di una norma comunitaria (art. 234);
¾ l’esame dei ricorsi per il risarcimento dei danni derivanti da responsa-
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 29
bilità extracontrattuale delle Comunità (artt. 235 e 288);
¾ la pronuncia sulle impugnazioni proposte contro le sentenze pronunciate dal
Tribunale di primo grado.
1
5.3.1 Composizione e funzionamento -30-
Attualmente il Tribunale è composto di 27 giudici, 42nominati di comune accordo dai
8 91
governi degli Stati membri (con criteri analoghi - a quelli adottati per la nomina dei
88
giudici della Corte) per un mandato di 6 anni 7 8- rinnovabile (art. 224 TCE).
9
Il Tribunale si riunisce in sezioni composte bn di 3 o 5 giudici, nei casi previsti dal re-
is
golamento di procedura può riunirsi iin i. t/ seduta plenaria o statuire nella persona di
n
un giudice unico. Tale possibilità èntilimitata alle cause di personale, mentre viene
esclusa in tutte quelle situazioni.surelative all’attuazione delle norme in materia di
w
w
concorrenza, aiuti di Stato, imprese ed agricoltura.
w
Presso il Tribunale non esistono avvocati generali permanenti, tuttavia, le funzio-
ni di avvocato generale possono essere esercitate, in un numero limitato di cau-
se, da un giudice che viene designato a tal fine.
I giudici del Tribunale eleggono tra loro il Presidente, il cui mandato è di 3 anni
rinnovabile, e nominano il Cancelliere che resta in carica 6 anni.
(11)
Tale previsione ha trovato attuazione nella decisione n° 591 approvata dal Consiglio nel
1988.
30 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
ma giurisdizionale europeo.
Al pari della Corte, il Tribunale persegue l’obiettivo di assicurare il rispetto del di-
ritto comunitario nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati delle Comunità
europee, nonché delle disposizioni emanate dalle istituzioni comunitarie. A tal fi-
ne, il Tribunale è competente a ricevere in primo grado i ricorsi proposti
dalle persone fisiche e giuridiche contro le decisioni delle istituzioni
comunitarie (cd. ricorsi diretti).
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
¾ dei ricorsi del personale, cioè controversie tra-1la Comunità e i suoi funzio-
0
nari ed agenti (art. 236 TCE); -3
42
¾ dei ricorsi fondati su una clausola compromissoria, 9 1 cioè controversie
-8
- 88
relative a contratti di diritto pubblico o privato stipulati dalle Comunità e conte-
8
nenti la suddetta clausola (art. 238 TCE).97
bn
i t /is
Lo stesso articolo prevede due eccezioni i. : riserva la competenza alle Camere
in
giurisdizionali per alcuni ricorsi, ed
u nt opera un rinvio allo Statuto per i ricorsi da ri-
s
servare alla Corte di giustizia.w.
w
Lo Statuto precisa (art. 51)wche sono di competenza esclusiva della Corte di
giustizia i ricorsi presentati dagli Stati membri, dalle istituzioni comunitarie o dalla
Banca centrale europea nelle ipotesi previste dagli artt. 230 (ricorso di annulla-
mento) e 232 (ricorso in carenza).
È da rilevare che tutte le cause decise in primo grado dal Tribunale possono es-
sere oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia: tale riesame è possi-
bile “per i soli motivi di diritto” (art. 225 TCE).
Un’altra importante novità introdotta dal Trattato di Nizza riguarda le questioni
pregiudiziali che sono di competenza del Tribunale in materie specificamente de-
terminate dallo Statuto (art. 225 TCE).
vetto comunitario. 1
0- 3
4 2-
5.5 IL CONTROLLO SULLA LEGITTIMITÀ DI 91 8 ATTI E COMPORTAMENTI DELLE
8-
ISTITUZIONI COMUNITARIE: L’AZIONE 8 -8 DI ANNULLAMENTO, IL RICOR-
7
n9
SO IN CARENZA, L’ECCEZIONE i sb DI INVALIDITÀ
t /
Il controllo giurisdizionale diretto(13) sulla i.i legittimità degli atti e dei comportamenti
delle istituzioni comunitarie spetta n tin in via esclusiva al giudice comunitario, in
u
particolare: .s
w
w
¾ alla Corte di giustizia, perw i ricorsi degli Stati membri e delle istituzioni (nonché
in secondo grado rispetto alle sentenze del Tribunale);
¾ al Tribunale di primo grado per i ricorsi individuali;
¾ al Tribunale delle funzione pubblica per il contenzioso sul pubblico impiego.
Il controllo sugli atti delle istituzioni comunitarie può avvenire sia sotto il
profilo attivo sia sotto il profilo omissivo:
• nel primo caso vi è stata una emanazione di atti illegittimi, dunque è pos-
sibile avviare un ricorso di annullamento;
• nel secondo caso si è verificata una astensione dall’emanazione di atti
(12)
La decisione del Consiglio stabilisce pure la composizione e le competenze di tali orga-
ni; la nomina spetta sempre al Consiglio che delibera all’unanimità.
(13)
Il sistema comunitario di tutela giurisdizionale prevede due tipologie procedurali distinte: il
controllo diretto e quello indiretto. Nel primo caso, il controllo della Corte di giustizia e/
o del Tribunale è diretto poiché, attivato dalle istituzioni, dagli Stati membri o dai singoli, si
esaurisce con la pronuncia del giudice comunitario. Nel secondo caso si parla inve-
ce di procedura pregiudiziale che inizia dinanzi al giudice nazionale (con la sospensio-
ne del procedimento e la remissione di un’ordinanza alla Corte di giustizia) e si risolve in un
controllo indiretto del giudice comunitario, dal momento che poi la pronuncia finale
spetta al giudice nazionale.
32 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
dovuti, per cui si può avviare un ricorso per carenza.
L’azione di annullamento, prevista dall’art. 230 TCE, consiste nell’impugnazione
di atti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, di atti del
Consiglio, della Commissione e della BCE (che non siano raccomandazioni o
pareri), nonché di atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici
nei confronti dei terzi: in sostanza, sono atti impugnabili solo quelli che hanno
effetti vincolanti.
I soggetti legittimati a proporre ricorso alla Corte sono anzitutto:
• gli Stati membri;
• le istituzioni comunitarie (Parlamento, Consiglio e Commissione);
che sono definiti ricorrenti privilegiati, poiché per poter impugnare un atto
illegittimo non devono dimostrare che questo li tocchi in modo diretto, ma posso-
no agire in qualunque situazione (art. 230, comma 2).
In particolare:
• la Corte dei Conti
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
• la BCE -1
30
4 2-
sono legittimati a proporre ricorsi solo per la salvaguardia delle proprie preroga-
tive (art. 230, comma 3). 8 91
-
88
7 8-
Infine, possono impugnare gli atti comunitari: 9
bn
• le persone fisiche e giuridiche,
i t /is
i.
i cd ricorrenti non privilegiati, che in propongono il ricorso al Tribunale di primo
nt
grado e non alla Corte, alla solasucondizione che gli atti in questione li riguardino
.
direttamente ed individualmente w
w (art. 230, comma 4).
w
Il termine di decadenza del ricorso è di 2 mesi dalla pubblicazione o dalla
notificazione dell’atto.
Ai sensi dell’art. 230, i vizi degli atti comunitari sono quelli tradizionali del
contenzioso amministrativo:
• incompetenza,
• violazione delle forme sostanziali,
• violazione di legge,
• sviamento di potere.
Secondo quanto prevede l’art. 242 TCE la Corte, in via cautelare, ha il potere di
sospendere l’atto impugnato e, inoltre, può ordinare le misure provvisorie che
ritiene necessarie (art. 233 TCE).
L’esito del giudizio d’illegittimità da parte della Corte si risolve nell’annullamen-
to dell’atto (art. 231 TCE). Questo ha effetti erga omnes, cioè nei confronti
di tutti i soggetti dell’ordinamento, e produce effetti ex tunc, ossia ha efficacia
retroattiva, a partire dal momento dell’emanazione. L’annullamento dell’atto com-
porta per l’istituzione che lo ha adottato l’obbligo di prendere tutti i provvedimenti
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delle controversie relative al risarcimento dei-1 danni di cui all’art. 288,
0
comma 2, ossia quelli provocati dalle istituzioni -3 o dagli agenti della Comu-
1 42
nità nell’esercizio delle loro funzioni.
89
La responsabilità extracontrattuale della Comunità 8- si basa su elementi soggettivi
8 -8
ed oggettivi stabiliti dalla Corte di giustizia,
n 97 conformemente ai principi generali
comuni ai diritti degli Stati membri (art. b288 TCE). La giurisprudenza della Corte
/is
ha più volte precisato quelle che sono i .it le condizioni della responsabilità extra-
in
contrattuale della Comunità e del nt conseguente obbligo risarcitorio; esse sono:
. su
l’illiceità del comportamento dell’istituzione
w , la reale esistenza del danno e l’e-
w
sistenza di un nesso di causalitàw fra il danno lamentato ed il comportamento
dell’istituzione.
Talvolta la responsabilità della Comunità può sussistere anche come conse-
guenza dell’emanazione di atti normativi illegittimi, dunque nell’ambito del ricorso
di annullamento: in tali casi la Corte ha affermato che l’azione di risarcimento del
danno e quella di annullamento sono indipendenti ed autonome.
Ai sensi dell’art. 238 TCE “la Corte di giustizia è competente a giudicare in virtù
di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o
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porre fine al comportamento illecito. -1
30
La funzione di questa fase, non solo è quella di 4definire 2- con maggiore chiarezza
la questione oggetto della controversia, ma anche 8 91 di stimolare per quanto possi-
-
bile una soluzione non giudiziaria al fine ultimo 88 di far cessare l’infrazione stessa.
7 8-
Qualora lo Stato membro non si adegui al parere 9 motivato entro il termine prefissato,
bn
la Commissione può presentare il ricorso
i t /is alla Corte di giustizia, avviando così la
fase contenziosa. i.
in
Ai sensi dell’art. 227 TCE, la stessa u nt procedura d’infrazione può essere attivata
.s
anche da uno Stato membro, w
w qualora un altro Stato membro abbia violato un
w
qualche obbligo derivante dai Trattati.
Lo Stato che intende adire la Corte perché reputa che un altro Stato membro sia
inadempiente deve comunque rivolgersi prima alla Commissione (pena l’irricevibilità
del ricorso), esponendo le motivazioni su cui si fonda la sua richiesta.
Alla Commissione competono gli stessi adempimenti previsti dalla procedura ex
art. 226 (lettera di messa in mora e parere motivato), ma essa può assumere
posizioni diverse:
¾ può reputare non fondate le ragioni addotte dallo Stato che ha presentato ri-
corso;
¾ può appoggiare la posizione dello Stato imputato di inadempimento;
¾ può approvare la tesi dello Stato che ha presentato ricorso;
¾ può non formulare alcun parere entro tre mesi dalla richiesta che le è stata
avanzata.
Nelle prime due ipotesi il ricorso dinanzi alla Corte è sempre possibile, poiché il
parere della Commissione non è vincolante.
Nel terzo caso il ricorso verrà attivato solo qualora lo Stato non si conformi al
(16)
In tal modo, la Commissione esercita il potere di vigilanza sulla corretta applicazione da
parte degli Stati membri del Trattato e degli atti comunitari, ai sensi dell’art. 211 TCE.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 37
parere entro il termine prefissato, o qualora non metta fine al comportamento
illecito.
Nell’ultima ipotesi è possibile comunque presentare il ricorso per inadempimento
dinanzi alla Corte di giustizia.
Se, in seguito ai procedimenti suddetti, la Corte di giustizia accerta che uno Stato
ha violato uno o più obblighi derivanti dal Trattato (o da un atto comunitario), lo
Stato in questione è tenuto a prendere tutti i provvedimenti che l’esecuzione della
sentenza impone (art. 228 TCE).
La sentenza d’inadempimento, dunque, è volta solo ad accertare l’esistenza del-
la violazione, perciò non può indicare le misure necessarie alla cessazione
dell’illecito. Lo Stato dichiarato inadempiente deve però provvedere, attraverso i
mezzi che ritiene più opportuni, ad un’effettiva riparazione dell’illecito.
Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, l’art. 228 si fermava a que-
sto punto, per cui nei casi di mancata o non corretta o non tempestiva esecuzio-
ne della sentenza nei confronti dello Stato inadempiente veniva attivata un ulte-
riore procedura d’infrazione, ai sensi dell’art. 226; tale ipotesi, definita di doppia
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Inoltre, la Corte ha stabilito che per far sorgere a vantaggio dei singoli il diritto ad
ottenere un risarcimento è necessario che:
¾ il risultato prescritto dalla direttiva implichi l’attribuzione di diritti a favore dei
singoli;
¾ il contenuto di tali direttive possa essere individuato sulla base delle disposi-
zioni della direttiva;
¾ si verifichi un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo a carico dello
Stato e il danno subìto dai soggetti lesi.
Nel risolvere la questione sottoposta alla sua attenzione, la Corte ha pure fissato
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
alcuni punti chiave: -1
30
¾ è compito del giudice nazionale applicare le norme 4 2- di diritto comunitario e ga-
1
rantirne la piena efficacia, tutelando così-8i9diritti che queste attribuiscono ai
cittadini; 88
7 8-
¾ se i singoli non avessero la possibilità n9 di ottenere un risarcimento nell’ipotesi
di lesione dei loro diritti (dovuta adt/iuna sb violazione del diritto comunitario impu-
i. i
tabile ad uno Stato membro), sarebbe in messa a repentaglio la piena efficacia
del diritto comunitario; u nt
.s
¾ la possibilità di risarcimento w
w a carico dello Stato membro è particolarmente
w
indispensabile qualora la piena efficacia delle norme comunitarie sia subor-
dinata alla condizione di un’azione da parte dello Stato e, quindi, in mancanza
di tale azione, i singoli non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i di-
ritti loro riconosciuti dal sistema comunitario.
(18)
Sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93.
(19)
Sentenza 26 marzo 1996, causa C-392/93.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 39
¾ l’ammontare del risarcimento deve essere rapportato in maniera adeguata al
danno subìto dal cittadino.
Ancora, nella pronuncia Konle(20) la Corte ha affrontato un altro aspetto del tema,
cioè la possibilità di imputare allo Stato violazioni della normativa comunitaria
attribuibili a soggetti diversi dalle autorità centrali. Nella fattispecie, si trattava di
una violazione commessa da uno Stato (Land tedesco) parte di uno Stato fede-
rale (Repubblica tedesca). La Corte ha affermato che il privato può esperire l’a-
zione risarcitoria nei confronti di un Land e non dello Stato federale nel suo in-
sieme, qualora la violazione sia imputabile al solo Land. Tuttavia, spetta agli Stati
membri accertarsi che i singoli ottengano un risarcimento del danno loro causato
dall’inosservanza del diritto comunitario, a prescindere dalla pubblica autorità
che ha commesso tale violazione.
(20)
Sentenza 1 giugno 1999, causa C-302/97.
40 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
Il rinvio pregiudiziale, dunque, svolge una serie di importanti funzioni che sono:
¾ realizzare un’interpretazione, dunque assicurare un’uniforme applicazione
del diritto comunitario in tutti gli Stati membri;
¾ verificare la legittimità di una legge nazionale o di un atto amministrativo ri-
spetto al diritto comunitario;
¾ completare il sistema di controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti co-
munitari.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
diretta di annullamento ai singoli non è consentito -1impugnare atti di portata ge-
30
nerale (regolamenti e direttive) che non li investano 4 2- direttamente ed individual-
mente (art. 230, comma 4). Il rinvio pregiudiziale 8 91 di validità, al contrario, offre
al singolo la possibilità di impugnare un atto 8-
8 -8 comunitario di cui non è il destinatario
specifico(21) . 7
n9
• Il secondo elemento di differenziazione / i sb concerne gli effetti della sentenza
t
pregiudiziale. i.i
t in
Mentre, infatti, nell’ipotesi prevista un dall’art. 230 l’atto viene annullato, nel caso di
.s
una sentenza su rinvio pregiudiziale w di validità l’atto viene dichiarato invalido e
w
w
gli effetti sono limitati alla controversia in esame. Nonostante ciò, bisogna ricor-
dare che in seguito ad una pronuncia pregiudiziale d’invalidità, le istituzioni di so-
lito si comportano come se ci fosse stata una sentenza di annullamento: perciò
provvedono alla modifica o alla sostituzione dell’atto viziato. Ancora, la dichiara-
zione d’invalidità di un atto comunitario, sebbene abbia come diretto destinatario
solo il giudice che si è rivolto alla Corte, costituisce un precedente giurisprudenziale
vincolante per gli altri giudici (anche di Paesi diversi) che saranno tenuti ad
applicarla.
Quanto al problema degli effetti nel tempo della sentenza pregiudiziale,
normalmente si parla di un’efficacia ex tunc, poiché si estende anche a rap-
porti sorti in epoca precedente alla sentenza stessa.
(21)
In tal modo, la pregiudiziale di validità “completa” il sistema di controllo giurisdizionale sulla
legittimità degli atti comunitari.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 41
infatti, tutto il sistema giuridico comunitario: dai Trattati istitutivi agli accordi di
associazione, dagli atti delle istituzioni (anche quelli non vincolanti), ai principi
generali del diritto comunitario;
¾ gli effetti della sentenza pregiudiziale. La sentenza interpretativa pronun-
ciata dalla Corte vincola il giudice nazionale che deve applicare la norma co-
munitaria così come interpretata dal giudice comunitario (eventualmente disap-
plicando la norma nazionale contrastante con la norma comunitaria).
Se la Corte esprime un parere negativo, l’accordo può entrare in vigore solo alle
condizioni stabilite dall’art. 48 TUE, ossia previa modifica-1 delle disposizioni dei
30
Trattati che contrastano con l’accordo. 4 2-
1 9
-8
- 88
9 78
bn
t/ is
i.i
tin
un
.s
w
w
w
(22)
Come vedremo, si tratta di accordi tra la Comunità e Paesi terzi o Organizzazioni interna-
zionali.
42 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
6. LA CORTE DEI CONTI ED IL BILANCIO COMUNITARIO
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Alla Corte dei conti è stata attribuita la funzione di 1
controllo sulla gestione
finanziaria della Comunità. Difatti essa, ai sensi 0-
2 -3 dell’art. 248 TCE, è compe-
tente ad esaminare tutte le entrate e le spese della 4 Comunità e degli organismi da
91
essa creati. 8 -8
8
In sostanza, la Corte esercita un controllo 8- formale di legittimità diretto a verifi-
n 97
care la regolarità delle operazioni finanziarie, b nonché un controllo di merito
/is
diretto ad accertare la sana gestione i .it finanziaria (nel rispetto dei principi di effi-
cacia, economicità ed efficienza).ntin
u
.s
Alla chiusura dell’esercizio finanziario, infatti, la Corte dei conti presenta al Con-
w
siglio e al Parlamento europeo w una dichiarazione di affidabilità dei conti e di
w
legittimità e regolarità delle relative operazioni (art. 248 TCE, comma 2).
Il controllo viene esercitato sui documenti, ma la Corte dispone anche di un po-
tere d’ispezione presso le istituzioni dell’Unione e negli Stati membri che sono
tenuti a collaborare.
La Corte dei conti, inoltre, è chiamata ad assistere l’autorità di bilancio (Consiglio
e Parlamento) nell’esercizio della funzione di controllo sull’esecuzione del bilan-
cio.
(23)
In origine la CE era finanziata dai contributi che ciascuno Stato membro versava in per-
centuale, sulla base di alcuni fattori quali: la capacità contributiva ed il peso politico.
44 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
• le Prospettive finanziarie 2007-2013.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
spetta al Consiglio pronunciarsi su di esse;
-1
¾ spese non obbligatorie (SNO), che sono tutte 30 le altre; su di esse si pro-
4 2-
nuncia, invece, il Parlamento. 91
La Commissione redige un progetto preliminare -8 di bilancio, sulla base
- 88
delle informazioni ricevute da tutte le altre 7 8 istituzioni comunitarie(24); tale docu-
9
mento viene poi trasmesso al Consiglio, bnnon oltre il 1º settembre dell’anno prece-
dente a quello di esecuzione del bilancio. i t /is
i.
in
Il Consiglio, sulla base del documento
u nt preliminare suddetto, approva a mag-
gioranza qualificata il progetto .s di bilancio, talvolta consultando la Commis-
w
w
sione o le altre istituzioni interessate nel caso in cui voglia discostarsi dal proget-
w
to preliminare.
Con l’Accordo interistituzionale del maggio 1999 è stata prevista una procedura
di concertazione, allo scopo di favorire il dialogo tra le autorità di bilancio e rag-
giungere un’intesa tra esse. Tale procedura consiste in una riunione a tre (Con-
siglio, Parlamento e Commissione) che viene convocata dal Consiglio e che porta
all’elaborazione del progetto di bilancio. Quest’ultimo deve sempre essere tra-
smesso al Parlamento entro il 5 ottobre dell’anno precedente a quello in cui il
bilancio verrà eseguito.
Il Parlamento europeo ha a disposizione 45 giorni per pronunciarsi sul proget-
to; possono così verificarsi tre possibilità:
¾ il Parlamento approva il bilancio, senza proporre emendamenti e/o modifiche;
in questo caso il bilancio viene adottato;
¾ il Parlamento, deliberando a maggioranza dei suoi membri, può proporre e-
mendamenti al progetto di bilancio per quanto riguarda le SNO, oppure può,
decidendo a maggioranza assoluta dei voti espressi, apportare modifiche al-
le SO;
(24)
Tutti i soggetti interessati, infatti, devono trasmettere entro il 1º luglio alla Commissione
uno stato di previsione delle spese che intendono sostenere nell’esercizio successivo.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 45
¾ il Parlamento, deliberando a maggioranza dei suoi membri e dei due terzi dei
voti espressi, ha la facoltà di respingere in blocco il progetto in questione.
Il progetto di bilancio modificato dal Parlamento ritorna allora al Consiglio, il
quale, a sua volta, ha il potere di intervenire in diversi modi sulle correzioni che
sono state effettuate.
Per ciò che concerne gli emendamenti (SNO), il Consiglio può, a maggioranza
qualificata, modificarli; mentre per le proposte di modifica (SO) possono verifi-
carsi due casi:
¾ se le proposte di modifica implicano un aumento dell’importo globale delle
spese di un’istituzione, devono essere approvate dal Consiglio a maggio-
ranza qualificata; se ciò non accade esse si intendono respinte;
¾ se le proposte di modifica non comportano alcun incremento di spesa, si
applica la regola inversa: il rigetto di esse va approvato dal Consiglio a mag-
gioranza qualificata, altrimenti si intendono accolte.
Tale procedura deve svolgersi entro i 15 giorni successivi alla ricezione da parte
del Consiglio del progetto di bilancio. Nel caso in cui, entro tale termine, il Consiglio
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(25)
È importante ricordare che le SNO costituiscono una parte considerevole del bilancio, sia
dal punto di vista quantitativo (esse rappresentano circa il 60% del totale) che qualitativo:
si tratta, infatti, delle spese relative ai Fondi Strutturali, alla Ricerca, all’Ambiente, ai Tra-
sporti, ecc.
46 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
7. GLI ALTRI ORGANI
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Il mandato dei componenti il Comitato è di 4 anni ed è rinnovabile.
1
Come precisato dall’art. 258 TCE, il CES è organo 0- formato da individui, dun-
-3
que i suoi membri “esercitano le loro funzioni 1in 42 piena indipendenza, nell’inte-
9
resse generale della Comunità”. Questo significa -8 che i funzionari non possono
88
farsi portatori della categoria di cui fanno78-parte, ma devono agire garantendo
9
una piena imparzialità. bn
Il Comitato può essere consultato in i t /ismodo obbligatorio o facoltativo, secondo
i.
tin
quanto prevedono i trattati: tale nrichiesta porta alla emanazione di pareri che
non sono mai vincolanti . .s(26) u
w
w
Ai sensi dell’art. 262 TCE, il Comitato può anche formulare pareri di sua iniziativa.
w
(26)
Tali pareri sono piuttosto tecnici e sicuramente più specifici rispetto a quelli formulati dal
Parlamento europeo, i quali, inoltre, conservano un carattere sostanzialmente politico.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 47
semblea eletta”.
Il Trattato di Amsterdam ha inoltre previsto che i funzionari del Comitato in que-
stione non possono essere allo stesso tempo membri del Parlamento europeo.
Al pari del CES, il Comitato svolge una funzione consultiva che si concretizza
nell’emanazione di pareri. Il Comitato delle regioni viene consultato nei casi previ-
sti dal Trattato o quando il Consiglio o la Commissione lo ritengano opportuno;
esso può anche formulare pareri di sua iniziativa, in particolare quando è già
stato consultato il CES su problemi riguardanti specifici interessi regionali.
Il Trattato di Amsterdam ha ampliato tale possibilità di consultazione del Comitato
anche al Parlamento europeo, così come ha fatto per il CES.
Il parere del Comitato può essere richiesto per le azioni tese ad incoraggiare la
cooperazione in materia di cultura, di sanità, nonché per aspetti significativi della
politica di coesione economica e sociale quali Fondi strutturali e fondo regionale.
Il Trattato di Amsterdam ha inserito nuovi ambiti in cui può essere sollecitato il
parere del Comitato: il settore dei trasporti, dell’occupazione, dell’ambiente.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
1 -
7.3 LA BANCA CENTRALE EUROPEA E LA BANCA 30 EUROPEA PER GLI IN-
4 2-
VESTIMENTI 1
89
La creazione dell’Unione Economica e Monetaria 8- (UEM) in Europa ha dato origine
8 -8
ad una nuova moneta, l’euro, e ad una nuova 97 istituzione: la Banca centrale eu-
n
ropea (BCE)(27). Essa è incaricata dell’attuazione sb della politica monetaria per i 13
t/i
i.i
Paesi (tutti facenti parte dell’Unioneneuropea) che hanno aderito all’euro, adottan-
i
dolo come moneta unica (cd. “zona nt euro” o “area dell’euro”).
. su
La BCE e le Banche centrali dei w Paesi che hanno introdotto l’euro costituiscono
w
w
una nuova entità definita Eurosistema.
Il Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), comprende, invece, a
norma dell’art. 106 TCE, la Banca centrale europea e le Banche centrali nazionali
dei 27 Stati membri dell’UE, a prescindere dall’adozione dell’euro; solo i governa-
tori delle banche nazionali dei Paesi appartenenti all’area dell’euro, però, prendo-
no parte al processo decisionale ed attuativo della politica monetaria della BCE.
Finché vi saranno Stati membri dell’UE non rientranti nella zona euro vi sarà la
coesistenza tra SEBC ed Eurosistema: quest’ultimo non era stato previsto dai
Trattati in quanto, diversamente da quello che poi si è verificato, si dava per
scontata la partecipazione di tutti i Paesi dell’UE alla moneta unica.
Ai sensi dell’art. 105, paragrafo 1, TCE, oltre all’obiettivo principale del manteni-
mento della stabilità dei prezzi, il SEBC “sostiene le politiche economiche gene-
rali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della
Comunità” agendo “in conformità del principio di un’economia di mercato aper-
ta e in libera concorrenza”.
La BCE ha sede a Francoforte sul Meno, in Germania, ed impiega personale
(27)
La BCE è stata istituita in base al Trattato di Maastricht ed allo “Statuto del Sistema
europeo di banche centrali e della Banca centrale europea”, il 1º giugno 1998.
48 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 le istituzioni
proveniente dagli Stati membri dell’Unione. Essa gode di una totale indipendenza
nello svolgimento delle sue missioni ed il suo scopo principale consiste nel tenere
sotto controllo l’andamento dei prezzi, mantenendo il potere d’acquisto nell’area
dell’euro. La BCE, infatti, esercita il controllo dell’inflazione nella zona euro facen-
do attenzione a contenere, mediante opportune politiche monetarie, il tasso di in-
flazione di medio periodo ad un livello inferiore al 2%(28).
La BCE costituisce il perno dell’Eurosistema, garantendo che i compiti attribuitigli
siano compiuti sia attraverso le proprie attività, sia attraverso le Banche Centrali
Nazionali (BCN) partecipanti. Oltre all’obiettivo fondamentale di garantire la stabi-
lità dei prezzi, le missioni della BCE consistono nel:
• definire ed attuare la politica monetaria per la zona euro;
• effettuare le operazioni di cambio;
• detenere e gestire le riserve ufficiali dei Paesi dell’area dell’euro;
• promuovere il corretto funzionamento dei sistemi di pagamento;
• autorizzare l’emissione di banconote all’interno della zona euro.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
La struttura della BCE si compone di un Comitato0-1esecutivo e di un Consiglio
direttivo. -3
42
91
-8
Il Comitato esecutivo è formato dal Presidente 88 della BCE (il Governatore) ed il
7 8-
vicepresidente, più altri quattro membri,ntutti 9 scelti tra personalità aventi autorità
b
ed esperienza professionale riconosciute /is in materia monetaria o bancaria. Essi
i .it
sono nominati di comune accordo t in dai governi nazionali in sede di Consiglio
europeo, su designazione del Consiglio un e consultazione del Parlamento.
.s
w
Il Consiglio dei governatoriw(detto anche Consiglio direttivo) comprende inve-
w
ce i membri del Comitato esecutivo ed i Governatori delle Banche centrali degli
Stati membri dell’UEM.
Il Consiglio direttivo è l’organo decisionale supremo della BCE, in quanto si occu-
pa di definire l’orientamento generale della politica della banca e prende le deci-
sioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi conferiti all’Eurosistema. Esso,
inoltre, definisce la politica monetaria dell’area dell’euro e fissa i tassi di interesse
di riferimento e l’offerta delle riserve monetarie in seno all’Eurosistema.
Terzo organo decisionale della BCE è il Consiglio generale, composto dal
Presidente e dal vicepresidente della BCE e dai governatori delle BCN dei 27
Paesi membri dell’UE(29). Esso è un organo di transizione dal momento che verrà
sciolto quando tutti gli Stati membri dell’UE avranno introdotto l’euro. Il Consiglio
generale, infatti, svolge i compiti in precedenza affidati all’Istituto Monetario Euro-
peo (IME), ed assunti dalla BCE nella terza fase dell’UEM.
(28)
Un ruolo analogo di contenimento dell’inflazione viene svolto negli Stati Uniti dalla Federal
Reserve.
(29)
Possono inoltre partecipare alle riunioni del Consiglio generale, ma senza diritto di voto, gli
altri membri del Comitato esecutivo della BCE, il Presidente del Consiglio dell’Unione euro-
pea ed un membro della Commissione europea.
le istituzioni www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 49
Ogni anno la BCE trasmette al Parlamento, al Consiglio ed alla Commissione un
rapporto, seguito da una presentazione del Presidente al Parlamento che può
avviare un dibattito generale.
La Banca europea per gli investimenti (BEI) è stata istituita con il protocollo del 25
marzo 1957 (atto autonomo allegato al Trattato CE) e, sebbene non sia mai stata
inserita tra le istituzioni comunitarie, da sempre fa parte del sistema istituzionale
delle Comunità.
Difatti essa continua a non figurare nell’elencazione delle istituzioni di cui all’art.
7 TCE, ma l’attuale formulazione dell’art. 9 TCE la riconduce nell’ambito del quadro
organizzativo comunitario: di conseguenza, le norme che la disciplinano sono
state inserite nelle “disposizioni istituzionali” della Comunità nel Capo V della
Parte I, intitolato proprio alla BEI.
La Banca europea per gli investimenti è nello stesso tempo un organismo comu-
nitario ed una banca ed ha la sua sede a Lussemburgo.
Essa è dotata di personalità giuridica (distinta da quella della Comunità), dispone
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
monitoraggio della condizione macroeconomica0-degli 1 Stati membri e della Co-
3
munità nel suo insieme. 4 2-
1
¾ Il Comitato per l’occupazione, istituito dal 89 Consiglio, previa consultazione
del Parlamento europeo e composto da8-8due 8- rappresentanti per ciascun Stato
membro e due per la Commissione. nTale 97 organo ha lo scopo di promuovere il
b
coordinamento tra gli Stati membrit/isrelativamente alle politiche dell’occupazio-
ne e al mercato del lavoro. Il Comitato, i.i infatti, oltre a seguire la situazione oc-
t in
cupazionale dei Paesi europei une le politiche nazionali e comunitarie sul lavoro,
.s
formula pareri ed assiste wilwConsiglio nella preparazione delle decisioni dopo
w
aver ascoltato le parti sociali.
¾ Il Comitato di gestione del Fondo sociale europeo, che assiste la
Commissione nella gestione di tale risorsa. Esso è composto da un membro
della Commissione che ne è anche il Presidente e da rappresentanti dei go-
verni e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
¾ Il Comitato speciale per la politica commerciale, che interviene insie-
me con la Commissione nella stipulazione di accordi commerciali con Stati ter-
zi o con organizzazioni internazionali. Esso è formato da rappresentanti degli
Stati membri ed è presieduto dal membro dello Stato che ricopre la presidenza
di turno del Consiglio.
¾ Il Comitato consultivo in materia di trasporti, formato da esperti desi-
gnati dai governi degli Stati membri, che svolge attività di consulenza in mate-
ria di trasporti per conto della Commissione.
¾ Il Comitato per la protezione sociale, organo consultivo composto da
due rappresentanti per ogni Stato membro e per la Commissione, la cui fun-
zione è promuovere la cooperazione tra i Paesi membri e con la Commissione
in materia di protezione sociale.
tare (che ha sede a Parma); l’Agenzia europea per0-1la sicurezza aerea e l’Agen-
zia europea per la sicurezza marittima. -3
1 42
Tra gli osservatori, ricordiamo: l’Agenzia europea 89 dell’ambiente; l’Osservatorio
europeo delle droghe e delle tossicodipendenze; 8- l’Osservatorio europeo dei
8 -8
fenomeni di razzismo e xenofobia. n 97
b
Tra le agenzie che hanno lo scopo /is di promuovere il dialogo sociale a
i .it
livello europeo, ricordiamo: l’Agenzia tin
europea per la sicurezza e la salute sul
lavoro; il Centro europeo per lo u nsviluppo della formazione professionale e la
.s
Fondazione per il miglioramento w
w delle condizioni di vita e di lavoro.
Tra le agenzie che realizzano w programmi per l’Unione europea in uno
specifico campo di competenza, ricordiamo: la Fondazione europea per la
formazione professionale (che ha sede a Torino); il Centro di traduzione degli
organismi dell’Unione europea e l’Agenzia europea per la ricostruzione.
(30)
La loro nascita risale alla metà degli anni Settanta allorquando, nel 1975, furono creati il
Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale e la Fondazione
per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
(31)
L’Eurostat, l’Ufficio Statistico delle Comunità Europee, è il braccio statistico della
Commissione europea. Esso raccoglie ed elabora dati dell’Unione europea a fini statistici,
promuovendo il processo di armonizzazione dell’approccio statistico tra gli Stati membri. La
sua missione è quella di fornire all’UE un servizio informativo statistico di elevata qualità.
52 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
PARTE TERZA
IL DIRITTO COMUNITARIO
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
to, rilevati dalla Corte di giustizia, costituiscono -1il diritto comunitario non
0
scritto. -3
42
¾ Il diritto comunitario derivato racchiude91tutte quelle norme giuridiche e-
8
manate dalle istituzioni comunitarie per -8la8- realizzazione degli obiettivi prefis-
sati dai Trattati. Queste vengono distinte 8
7 in:
n9
- atti tipici, che sono i regolamenti,/isble direttive, le decisioni ed i pareri;
t
i.i
- atti atipici, quali gli atti interni nattraverso cui le istituzioni regolano il proprio
funzionamento, le proposte,ungli ti atti di autorizzazione e concessione, insom-
s
ma, le norme che si sonow.sviluppate nella prassi.
w
Il complesso di norme contenute w nel diritto comunitario originario costituiscono il
quadro giuridico-costituzionale della Comunità, dunque sono una fonte di pri-
mo grado del diritto comunitario, cd. diritto primario della Comunità.
Il diritto comunitario derivato, invece, è una fonte di secondo grado, poiché
le norme che lo compongono sono in un rapporto di subordinazione rispetto ai
Tratati.
Infine, la gerarchia del sistema normativo comunitario prevede come fonte di
terzo grado il complesso dei regolamenti della Commissione di attuazione degli
atti emanati dal Consiglio.
(1)
Nell’uso giuridico, la fonte giuridica costituisce l’origine e la legittimazione del diritto.
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 53
grazioni succedutesi nel corso degli anni, sono dei veri e propri accordi interna-
zionali, così come definiti nel diritto internazionale, ed in particolare nelle Con-
venzioni di Vienna del 1969 e del 1986 sul diritto dei trattati.
Nonostante ciò, è opportuno ricordare che i trattati comunitari posseggono delle
caratteristiche che li contraddistinguono dagli accordi di natura convenzionale
sopra citati, soprattutto se si prendono in considerazione gli obiettivi da essi per-
seguiti.
Anzitutto, essi, essendo istitutivi di organizzazioni internazionali, non solo pre-
vedono una serie di diritti e di doveri per gli Stati contraenti, ma contengono an-
che la definizione di una struttura istituzionale atta ad esercitare tutte le compe-
tenze proprie dell’ente (la Comunità nel suo complesso) in questione.
In secondo luogo, avendo la Comunità lo scopo principale di favorire un’unione
più stretta fra i Paesi europei, il Trattato risulta essere molto di più di uno strumen-
to per coordinare le politiche e per armonizzare le legislazioni degli Stati membri:
esso è perciò il mezzo attraverso cui si persegue l’integrazione europea.
In conseguenza di ciò, gli obblighi previsti dai trattati comunitari vanno letti come
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
i necessari passaggi verso l’obiettivo ultimo della piena -1 integrazione tra i popoli
30
europei. 4 2-
Ancora, per portare a compimento gli ambiziosi 91
-8 obiettivi che si prefiggono i trattati
comunitari, come vedremo in seguito più in8-dettaglio, 88 è stata prevista un’efficacia
diretta e immediata delle norme convenzionali n 97 (e di quelle che da queste rice-
b
vono forza) sulla situazione giuridica /is soggettiva, e degli Stati membri, e dei
i .it
singoli individui. Infatti, la competenza in normativa comunitaria, pur restando cir-
coscritta a materie definite, espressamente
u nt previste dai Trattati, ha investito set-
.s
tori sempre più ampi ed ha raggiunto w dimensioni notevoli; essa, inoltre, va ad ag-
w
w
giungersi, e talvolta a sostituirsi, alle competenze degli organi legislativi ed ammi-
nistrativi nazionali.
Detto ciò, è utile tracciare un quadro completo delle principali normative conven-
zionali (Trattati istitutivi e decisioni equivalenti), che costituiscono il nucleo fon-
damentale dell’ordinamento giuridico comunitario:
• Trattato CECA, firmato a Parigi il 18 aprile 1951, entrato in vigore il 23 luglio
1952, insieme ai Protocolli sullo Statuto della Corte di giustizia;
• Trattati CEE ed EURATOM, firmati a Roma il 25 marzo 1957, entrati in vigore
il 1º gennaio 1958, insieme allo Statuto della Corte di giustizia;
• Trattato sulla fusione degli esecutivi, firmato a Bruxelles l’8 aprile 1965,
entrato in vigore il 1º luglio 1967;
• Decisione del Consiglio del 21 aprile 1970, che ha instaurato il regime di
risorse proprie della Comunità (sostituta dalla decisione del 31 ottobre 1994);
• Trattati di Lussemburgo del 22 aprile 1970 e di Bruxelles del 22 luglio
1975, entrati in vigore rispettivamente il 1º gennaio 1971 e il 1º giugno 1977,
sull’accrescimento delle competenze finanziarie, sui poteri di bilancio del Par-
lamento europeo e sulla creazione della Corte dei conti;
• Decisione del Consiglio del 20 settembre 1976, entrata in vigore il 1º luglio
1978, sull’elezione a suffragio universale dei membri del Parlamento europeo;
54 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
• Atto unico europeo, firmato il 28 febbraio 1986, entrato in vigore il 1º luglio
1987;
• Trattato sull’Unione europea o Trattato di Maastricht e i Protocolli al-
legati, firmati il 7 febbraio 1992 ed entrati in vigore il 1º novembre 1993;
• Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1º
maggio 1999, che ha modificato il TUE ed i Trattati istitutivi della Comunità;
• Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001 ed entrato in vigore il 1º febbra-
io 2003, che ha apportato ulteriori modifiche di carattere istituzionale.
A questi atti vanno aggiunti i vari Trattati di adesione dei nuovi Stati membri:
- Regno Unito, Irlanda e Danimarca del 22 gennaio 1972;
- Grecia del 24 maggio 1979;
- Spagna e Portogallo del 12 giugno 1985;
- Austria, Svezia e Finlandia del 14 giugno 1994;
- Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lituania, Lettonia, Ungheria, Malta, Polonia,
Slovenia, e Slovacchia del 16 aprile 2003 - Bulgaria e Romania del 25/04/05(2).
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
1.2.1 Il procedimento di revisione dei Trattati -1
30
Come per ogni altro accordo internazionale, anche 4 2- per i Trattati istitutivi è previ-
1
sta una procedura per modificare il loro contenuto, 89 per volontà concorde di tutti
8 8-
gli Stati aderenti. 8 -
Tale procedimento di revisione dei Trattati 97viene disciplinato dall’art. 48 TUE.
bn
smodifica
Il potere di iniziativa per le proposte di t / i spetta sia alla Commissione che
i.i
ai singoli Stati membri: in entrambi t in i casi gli emendamenti vanno sottoposti al
Consiglio. Quest’ultimo consulta un
.s il Parlamento e la Commissione, i cui pareri
w
sono importanti dal punto di wvista politico, ma non vincolanti, nonché la Banca
w
centrale europea qualora si tratti di modifiche istituzionali concernenti il settore
monetario.
Se il Consiglio si pronuncia (a maggioranza semplice dei voti) in modo favorevole
al progetto di modifica, il suo Presidente convoca la Conferenza dei rappresen-
tanti dei governi degli Stati membri (spesso chiamata CIG, Conferenza inter-
governativa), al fine di approvare di comune accordo le varianti da apportare ai
Trattati in questione.
A questo punto inizia una fase “diplomatica”, in cui i rappresentanti dei governi
degli Stati membri svolgono un lavoro di mediazione politica all’interno della CIG,
che si conclude con la firma del nuovo Trattato. Per entrare in vigore, questo de-
ve poi essere ratificato da tutti gli Stati membri, secondo le rispettive norme na-
zionali(3) .
Va ricordato che, nella prassi, un ruolo notevole nel processo di revisione viene
(2)
Questi ultimi sono entrati in vigore il 1º gennaio 2007, portando il numero dei Paesi membri
a 27.
(3)
Per l’Italia, ai sensi dell’art. 80 del nostro testo costituzionale, deve essere approvata
un’apposita legge di autorizzazione alla ratifica da parte del Parlamento, in seguito alla
quale può avvenire la ratifica da parte del Presidente della Repubblica (art. 87 Cost.).
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 55
svolto dal Consiglio europeo, il quale ha proposto la convocazione delle conferen-
ze intergovernative che hanno preceduto la firma dell’Atto unico europeo, del
Trattato di Maastricht, del Trattato di Amsterdam e del Trattato di Nizza.
Nella storia della Comunità europea, infatti, si sono susseguite diverse conferen-
ze intergovernative, l’ultima delle quali si è aperta a Roma il 4 ottobre 2003, allo
scopo di esaminare la bozza di Costituzione europea elaborata dalla Convenzio-
ne sul futuro dell’Europa, “comitato” che ha operato dal febbraio 2002 al luglio
2003.
In passato, talvolta, è stata utilizzata una procedura diversa da quella appena
esposta: senza convocare la CIG, è stata necessaria soltanto una decisione u-
nanime del Consiglio dell’Unione che poi ha invitato gli Stati membri a ratificarla
secondo le rispettive norme costituzionali. Ciò è accaduto, ad esempio, con la
decisione dell’aprile 1970 sulle risorse proprie e con quella del settembre 1976
relativa all’elezione del Parlamento europeo a suffragio universale.
In dottrina si è spesso dibattuto il problema se tutte le norme del Trattato possano
essere oggetto di revisione o di abrogazione, o se, al contrario, vi siano delle
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norme fondamentali non suscettibili di alcuna modifica. -1 Tale quesito non ha trova-
30
to una risposta né nel Trattato, né nella giurisprudenza
4 2- della Corte.
Riguardo a ciò, bisogna tener presente il fatto89che 1 l’esperienza comunitaria non
-
è soltanto normativa, ma anche storica, economica 88 e soprattutto politica, dunque
7 8-
risulta difficile immaginare che mutamenti 9 profondi siano concordati dagli Stati
b n
membri. /is t
i.i
n tin
1.3 I PRINCIPI DEL DIRITTO sCOMUNITARIO
u
.
w
I principi generali di diritto comunitario sono stati individuati dalla Corte di giustizia
w
w
nell’esercizio della sua funzione volta ad assicurare il rispetto del diritto nell’inter-
pretazione e nell’attuazione dei Trattati (art. 220 TCE). Nel corso degli anni, infatti,
la Corte, attraverso la sua copiosa giurisprudenza, ha colmato alcune lacune
normative presenti nei Trattati comunitari, dal momento che questi in origine
avevano natura sostanzialmente economica. Si è formato così il diritto comunita-
rio non scritto, che viene considerata una fonte di primo grado dell’ordinamento
comunitario.
I principi generali di diritto comunitario non possono essere ordinati gerarchica-
mente, né si rivela particolarmente utile la distinzione, spesso ricorrente in dottri-
na, tra i principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri e i principi
generali propri del diritto comunitario. I principi generali di diritto mutuati dai
sistemi giuridici nazionali, infatti, hanno sì un’origine esterna all’ordinamento co-
munitario, ma possono essere considerati a pieno titolo come principi propri del
sistema giuridico comunitario.
In realtà, la vera differenza che sussiste tra le due categorie sopra citate si
riferisce al fatto che nell’ordinamento comunitario vi sono principi espressamen-
te sanciti dai Trattati o che possono essere desunti dalla natura e dalle finalità
della Comunità e principi che, invece, risultano dall’opera di rilevazione effettuata
dal giudice comunitario.
56 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
Tra i primi ricordiamo: il principio di uguaglianza, il diritto alla tutela giurisdizionale
piena ed effettiva, il principio della certezza del diritto, il principio della propor-
zionalità dell’azione amministrativa.
Tra i secondi rientrano: il principio della leale cooperazione, il principio della di-
retta efficacia del diritto comunitario, il principio del primato del diritto comunitario,
il principio del legittimo affidamento, il principio dell’effetto utile.
Il Trattato CE fa riferimento ai principi generali di diritto solo all’art. 288, in relazio-
ne alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, quando afferma che “la
Comunità deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti
degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nel-
l’esercizio delle loro funzioni”.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
I Trattati istitutivi delle Comunità europee, risalenti agli anni ’50, non contenevano
1
alcuna previsione circa il rispetto dei diritti fondamentali, 0- ma garantivano soltanto
-3
una serie di libertà individuali strumentali alla 1realizzazione 42 del mercato unico.
La Corte di giustizia ha cercato di colmare8-8questa 9 grave lacuna attraverso la
8
sua giurisprudenza, a partire dalla sentenza 8- Stauder del novembre 1969, in cui
è avvenuto il primo riconoscimento ufficiale n 97 dei diritti fondamentali. In tale occa-
b
sione la Corte ha affermato che i diritti /is della persona “fanno parte dei principi
i .it
generali del diritto comunitario” ditincui essa garantisce l’osservanza.
Successivamente la Corte, in diverse un pronunce susseguitesi negli anni ’70, ha
.s
w
ribadito tale concetto ed ha specificato
w
w che la tutela fondamentale dei diritti umani
di cui essa è garante si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri ed alla Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo(4).
Il riconoscimento dei diritti umani a livello comunitario ha poi coinvolto anche le
altre istituzioni comunitarie: in particolare, con la Dichiarazione comune del 5
aprile 1977, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno espresso la vo-
lontà di rispettare, nell’esercizio delle loro funzioni, i diritti fondamentali, quali
derivanti dalle Costituzioni degli Stati membri, nonché dalla CEDU. È ovvio che tale
dichiarazione non ha un carattere vincolante, bensì risulta importante dal punto
di vista politico.
Lo stesso è accaduto nel Preambolo dell’Atto Unico europeo del 1986, ove si
(4)
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
(CEDU) è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950, sotto l’egida del Consiglio d’Europa. La
Convenzione ha predisposto un originale sistema di tutela internazionale dei diritti dell’uo-
mo, offrendo ai singoli individui la facoltà di invocare il controllo giudiziario sul rispetto dei
loro diritti. La Convenzione, successivamente ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE, ha
istituito diversi organi di controllo, insediati a Strasburgo. Tra questi ricordiamo la Corte eu-
ropea dei diritti dell’uomo, creata nel 1959, la più importante istituzione di tutela giuridica
dei diritti umani a livello europeo.
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 57
dichiara la volontà degli Stati membri di “promuovere insieme la democrazia,
basandosi sui diritti fondamentali riconosciuti dalle Costituzioni degli Stati
membri, dalla CEDU e dalla Carta sociale europea”.
Solo col Trattato di Maastricht viene sancito il principio secondo cui “l’Unione
rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione di Roma
del 1950 sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, oltre che dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, come principi generali di diritto comu-
nitario” (art. 6, par. 2). Tale norma è importante sia perché formalizza quella che
era stata la giurisprudenza della Corte fino a quel momento, sia perché i diritti
fondamentali vengono equiparati ai principi generali propri del diritto delle Comu-
nità europee.
Un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione della normativa sulla protezione dei
diritti umani in ambito comunitario, è avvenuta col Trattato di Amsterdam che
ha operato una serie di modifiche al testo di Maastricht ed ha introdotto pure al-
cune disposizioni nuove.
Anzitutto, l’art. 6, par. 2 (TUE), stabilisce che “l’Unione si fonda sui principi di
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www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
- libertà, -1
30
- uguaglianza, 4 2-
- solidarietà, 91
-8
- cittadinanza, - 88
- giustizia; 78
b n9
is
principi che sono enunciati anche nelt/Preambolo, laddove si afferma che “l’Unio-
i.i
ne si fonda sui valori indivisibili etinuniversali di dignità umana, di libertà, di u-
guaglianza, di solidarietà”. un
.s
w
Il settimo titolo, dedicato allewDisposizioni generali che disciplinano l’interpreta-
zione e l’applicazione dellaw Carta, indica che le disposizioni ivi contenute si
applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di
sussidiarietà, nonché agli Stati membri nell’attuazione del diritto comunitario.
La Carta europea dei diritti fondamentali non è stata integrata nei Trattati istitutivi,
così come auspicato, ma si è configurata come un documento separato, privo di
efficacia giuridica vincolante. Tali problemi sono stati a lungo oggetto di discus-
sione nell’ambito comunitario, poiché la connotazione esclusivamente politica
della Carta implica una scarsa influenza di essa nelle dinamiche istituzionali eu-
ropee.
A tal proposito, si sono verificate diverse prese di posizione: il Parlamento euro-
peo, ad esempio, in due risoluzioni del marzo e dell’ottobre 2000 ha chiesto con
forza una integrazione della Carta nei Trattati, così come il Comitato economico e
sociale. Anche la Commissione europea, in una comunicazione dell’ottobre 2000,
si è espressa in favore di una Carta vincolante.
La questione si è ripresentata nel corso dei lavori per l’adozione di una Costitu-
zione europea, dove ha prevalso tale orientamento: il testo della Carta europea
dei diritti fondamentali è stato, infatti, integralmente inserito nella Parte II del
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (Costituzione europea), con
valore giuridico vincolante.
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 59
1.5 LA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA LA COMUNITÀ E GLI STATI
MEMBRI
I Trattati istitutivi non hanno esplicitamente previsto quale fosse la distribuzione
delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri. Tuttavia, in base a quanto
stabilisce l’art. 5 TCE, gli organi comunitari possono “agire solo nei limiti delle
competenze che gli sono conferite e degli obiettivi assegnati in maniera espres-
sa da specifiche norme del Trattato”.
Tale principio delle competenze di attribuzione indica che la Comunità di-
spone solo di quei poteri che gli Stati membri hanno deciso di conferirle attraver-
so le norme materiali(5) contenute nei Trattati.
A conferma di tale principio è previsto l’obbligo di motivazione per l’adozione di
tutti quegli atti derivati che hanno un’efficacia vincolante: in questo modo si rende
necessaria l’indicazione di una base giuridica su cui la Comunità trae la sua com-
petenza a deliberare su quella materia specifica.
Fin dagli anni ’70, tuttavia, si è verificato un progressivo allargamento degli in-
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L’intervento della Comunità in via sussidiaria è soggetto 1 a diversi presupposti:
0-
• esso è previsto solo per le materie che non42rientrano -3 nella competenza e-
sclusiva della CE, quindi con riguardo alle-8nuove 91 politiche, al fine di promuo-
vere la cooperazione tra gli Stati o se necessario 88 per completare la loro azio-
7 8-
ne; n 9
b
• la Comunità può intervenire sempre /is che l’azione prevista abbia una dimen-
i .it
sione europea (altrimenti dovràtiagire n il singolo Stato o un gruppo di Stati inte-
ressati); u n
.s
• dovrà ricorrere la presunzionew dell’insufficienza degli Stati a risolvere lo
w
specifico problema; w
• dovrà sussistere altresì la presunzione dell’esigenza dell’intervento comu-
nitario per una migliore soluzione dello stesso.
Le istituzioni comunitarie sono, dunque, tenute ad agire solo quando il loro inter-
vento si riveli indispensabile e senza mai andare oltre quanto necessario per il
raggiungimento degli obiettivi prefissati. Al principio di sussidiarietà viene così
affiancato il principio di proporzionalità, in base al quale la Comunità deve
utilizzare mezzi legislativi adeguati e proporzionali agli scopi fissati, al fine di
meglio salvaguardare le competenze degli Stati membri.
Il principio di sussidiarietà è stato oggetto di discussione durante il vertice euro-
peo di Edimburgo del dicembre 1992; in tale occasione, infatti, i capi di Stato e di
del 1973, ha dichiarato il principio secondo cui le istituzioni comunitarie hanno il dirit-
to di emanare atti in tutti quei settori nei quali il Trattato attribuisce loro una com-
petenza.
(7)
Quello della sussidiarietà è un principio mutuato dalla dottrina sociale del cattolicesimo;
esso prevede che le decisioni devono essere prese il più vicino possibile ai cittadini, la-
sciando che il potere appartenente ad un livello superiore si occupi solo delle materie che
non possono essere trattate meglio ad un livello inferiore.
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governo hanno evidenziato che: “la sussidiarietà è un concetto dinamico che
dovrebbe essere applicato sulla scorta degli obiettivi enunciati dal Trattato.
Esso consente di estendere le azioni della Comunità quando lo richiedono le
circostanze e, viceversa, di restringerle o di interromperle quando esse non
sono più giustificate”.
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singoli cittadini.
1
In molti casi sono gli stessi Trattati a precisare quale 0- tipo di atto le istituzioni
-3
debbano utilizzare: come abbiamo visto, infatti, 1qualora 42 il Trattato preveda l’ema-
nazione di una direttiva mentre il Consiglio emana 89 un regolamento, quest’ultimo
8-
atto può essere impugnato dinanzi alla Corte 8 -8 di giustizia, ai sensi dell’art. 230
7
TCE. n9
Gli atti normativi delle Comunità europee / i sb si dividono in atti vincolanti, che sono
t
i.i
n tin
i regolamenti, le direttive e le decisioni ed atti non vincolanti, che sono le
raccomandazioni ed i pareri..su
w
w
w
2.2 GLI ATTI VINCOLANTI: I REGOLAMENTI, LE DIRETTIVE E LE DECISIONI
Tutti gli atti comunitari vincolanti presentano delle caratteristiche comuni che
sono:
• obbligo di motivazione;
• base giuridica;
• efficacia nel tempo.
Per quanto riguarda l’obbligo di motivazione, è l’art. 253 TCE a stabilire che gli
atti in questione devono contenere la specificazione degli elementi di fatto e di
diritto su cui si è basata l’istituzione comunitaria che li ha posti in essere.
Questo elemento distintivo va a soddisfare due esigenze: gli Stati membri ed i
singoli cittadini sono messi a conoscenza del modo in cui l’istituzione ha applicato
il Trattato; la Corte ed il Tribunale possono esercitare un controllo giurisdizionale
in maniera più efficace. Difatti, la mancanza di motivazione dell’atto è un vizio che
comporta l’annullamento dello stesso per violazione delle forme sostanziali(8).
La base giuridica si riferisce, invece, alla necessità che l’atto faccia un chiaro
(8)
Vedi Parte Seconda, paragrafo 5.5.
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 63
riferimento ad una o più specifiche norme del Trattato (generalmente attraverso
l’espressione “visto l’art…”). Anche l’omissione della base giuridica (o la sua
errata individuazione) causa un vizio sostanziale dell’atto(9), a meno che non sia
possibile individuarla in base ad altri elementi dello stesso atto.
L’efficacia nel tempo, infine, impone che la norma comunitaria vincolante non
possa essere applicata ai rapporti giuridici anteriori alla sua entrata in vigore:
l’atto, cioè, non ha effetto retroattivo. In via del tutto eccezionale è prevista l’ef-
ficacia retroattiva di un atto comunitario, ma in questo caso l’istituzione dovrà in-
dicare espressamente le ragioni che giustificano tale circostanza.
Tra gli atti giuridicamente vincolanti, un posto di rilievo viene occupato dai REGO-
LAMENTI, i quali: hanno una portata generale, essendo indirizzati a tutti gli
Stati membri, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente ap-
plicabili (art. 249 TCE).
Analizziamo le tre caratteristiche previste dal Trattato:
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(9)
Ibidem.
(10)
La portata generale è il carattere che distingue il regolamento dalle direttive, che, come
vedremo, hanno come destinatari gli Stati membri, e dalle decisioni, che si rivolgono sem-
pre a soggetti ben determinati.
(11)
L’obbligatorietà in tutti i suoi elementi è il carattere che distingue il regolamento dalla
direttiva, la quale, come vedremo, è obbligatoria solo nel fine che intende perseguire.
64 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
(12)
europea (Parte I - Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità);
in mancanza di tale pubblicazione l’atto resta pur sempre valido, ma non produce
effetti obbligatori.
I regolamenti entrano in vigore dopo un periodo di vacatio legis di venti giorni, a
meno che essi stessi non prevedano una data diversa (art. 254 TCE).
Altri atti comunitari vincolanti sono le DIRETTIVE che, ai sensi dell’art. 249 TCE,
comma 3, vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il ri-
sultato da raggiungere, fatta salva la competenza degli organi nazionali in
merito alla forma ed ai mezzi.
Analizziamo le caratteristiche previste dal Trattato:
¾ la direttiva è un atto che non ha portata generale, ma vincola solo lo Stato
(direttiva individuale o particolare) o gli Stati (direttiva generale) cui è indiriz-
zata ;
¾ la direttiva non è obbligatoria in tutti i suoi elementi, ma si limita a fis-
sare un risultato da raggiungere, lasciando liberi gli Stati di adottare tutte le
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misure ritenute necessarie per la realizzazione0-1dell’obiettivo.
3
4 2-
Quest’ultimo aspetto si collega anche alla questione 91 8 dell’efficacia delle direttive
che risulta in qualche modo mediata, dal momento 8- che esse creano diritti ed ob-
8 -8
blighi nei confronti dei singoli solo in seguito 7 all’adozione da parte degli Stati
n9
membri degli atti mediante i quali vengono / i sb recepite. Le direttive, dunque, in linea
i t
i.
di principio, non sono direttamentetinapplicabili, come invece accade per i regola-
menti. u n
.s
In realtà, come avremo occasione w di vedere in seguito, la Corte di giustizia è
w
w
intervenuta più volte su questo punto, riconoscendo, in talune circostanze, un’ef-
ficacia immediata delle direttive (in particolare nel caso in cui lo Stato non prov-
veda al recepimento della direttiva entro il termine stabilito).
La direttiva viene impiegata soprattutto come strumento di armonizzazione delle
legislazioni nazionali, nel settore agricolo, in tema di diritto di stabilimento e nel
campo dei trasporti; inoltre, essa è stata spesso utilizzata per la realizzazione
del mercato interno.
Normalmente per l’elaborazione delle direttive viene seguito lo stesso iter proce-
durale dei regolamenti.
Dal momento che la direttiva è un atto a carattere individuale, è, cioè, sprovvista
di portata generale ed ha destinatari espressamente individuati, essa va notifi-
cata a questi ultimi ed inizia a produrre effetti obbligatori a partire dalla data della
notifica. È invalsa, tuttavia, la prassi di pubblicare altresì le direttive sulla Gaz-
zetta Ufficiale dell’Unione europea.
(12)
La Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GUUE) è il documento ufficiale, pubblicato
quasi tutti i giorni feriali nelle lingue ufficiali della Comunità, che contiene tutti i testi nor-
mativi adottati dalle istituzioni e le informazioni di interesse comunitario che devono essere
rese note.
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È da ricordare che la direttiva stessa fissa un termine per la sua attuazione: se
gli Stati membri non adottano le necessarie misure interne di esecuzione entro
tale termine, commettono una violazione del Trattato ai sensi dell’art. 226 TCE.
Nella prassi comunitaria, è spesso venuto meno l’elemento distintivo della diret-
tiva di imporre soltanto un obbligo di risultato ed è diventato sempre più frequente
il ricorso alle cd. direttive dettagliate o particolareggiate. Tali direttive non si
limitano all’enunciazione di principi e criteri generali, ma indicano con precisione
i modi ed i tempi per la realizzazione dell’obiettivo da esse prescritto.
Poiché le norme interne che gli Stati sono tenuti ad adottare vengono già fissate
sul piano comunitario, le direttive dettagliate assumono nella sostanza la stessa
portata e la stessa efficacia dei regolamenti(13).
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I pareri possono essere adottati anche dalla Corte di giustizia, nell’ipotesi previ-
sta dall’art. 300, par. 6, dal Comitato economico 3e0-1sociale (art. 262) e dal Co-
-
mitato delle Regioni (art. 265). 42
Dal momento che le istituzioni comunitarie fanno 8 91 un ampio e differenziato uso
8-
delle raccomandazioni e dei pareri, non è 8facile -8 individuare un criterio distintivo
7
tra questi due atti.
b n9
s
In generale, le raccomandazioni hanno t/i lo scopo di invitare i destinatari a
tenere un determinato comportamento, i.i di suggerire una linea di condotta senza
t in
creare un obbligo giuridico in capo un ad essi.
.s
w
I pareri, invece, sono atti attraverso cui le istituzioni comunitarie fanno cono-
w
w
scere il loro punto di vista su questioni specifiche, esercitando così una funzione
di orientamento nei confronti dei destinatari.
Sia le raccomandazioni che i pareri possono avere come destinatari: gli Stati
membri, le altre istituzioni comunitarie e, in alcuni casi, anche i cittadini dell’Unio-
ne.
Il fatto che le raccomandazioni ed i pareri non abbiano un’efficacia vincolante,
non esclude che possa comunque sussistere un effetto giuridico di tali atti,
specialmente delle raccomandazioni. Riguardo a ciò, la Corte di giustizia, nella
sentenza Grimaldi del 1989, ha affermato che le raccomandazioni non possono
essere considerate prive di effetto giuridico e che, perciò, i giudici nazionali de-
vono tenerne conto quando procedono all’interpretazione di norme nazionali o di
altri atti vincolanti comunitari.
In dottrina, invece, si è spesso discusso del cd. effetto di liceità, prodotto dagli
atti non vincolanti: può essere considerato pienamente lecito un atto (di per sé
illecito), posto in essere per rispettare una raccomandazione di un’istituzione.
Il Trattato non prevede la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli atti non vin-
colanti, tuttavia, ciò accade lo stesso, soprattutto per le raccomandazioni, al fine
di favorirne la conoscenza.
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2.4 GLI ATTI ATIPICI
Oltre agli atti elencati nell’art. 249 TCE, i Trattati contemplano una serie di atti non
vincolanti, i cd. atti atipici, che sono emanati dalle istituzioni comunitarie e sono
per lo più funzionali alla loro attività. Tra questi ricordiamo:
1988); quella relativa al programma Erasmus di mobilità degli studenti (n. 663
1
0-
del 1989); o la decisione riguardante la cd. comitatologia
3
(n. 468 del 1999).
4 2-
¾ Le decisioni e le risoluzioni del Consiglio 8 91
europeo, approvate dagli
8-
Stati membri e considerate come accordi 8 -8 internazionali in forma semplifica-
7
n9
ta, attraverso cui sono apportate alcune modifiche istituzionali ai Trattati.
b
/is
i .it
¾ Gli accordi interistituzionali,tintra Consiglio, Commissione e Parlamento,
con cui queste istituzioni fissano un delle regole per migliorare i loro rapporti ed
.s
w
evitare conflitti. Tra i più importanti ricordiamo: gli accordi sulla disciplina e
w
w
sulla procedura di bilancio (1993); l’accordo sulle procedure per l’attuazione
del principio di sussidiarietà (1993); l’accordo sugli orientamenti comuni rela-
tivi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria (1998).
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
blicati dalla Commissione. Essi sono diretti a tutti -1 coloro - sia organismi che
30
4 2-
privati - che partecipano al processo di consultazione e di dibattito a livello
europeo; in alcuni casi rappresentano il primo 8 91 passo degli sviluppi legislativi
successivi. 8-
-8
78
b n9
¾ I libri bianchi sono documenti che t/i
s contengono proposte di azioni comunita-
ria in un settore specifico. Essiinfannoi.i spesso seguito a un libro verde pubbli-
n t
cato per promuovere una consultazione
u a livello europeo e contengono una
.s
raccolta ufficiale di propostew in settori politici specifici, costituendo lo stru-
w
w
mento per la loro realizzazione.
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3. L’ADOZIONE DEGLI ATTI COMUNITARI
Per quanto riguarda il potere di iniziativa legislativa, bisogna ricordare che l’art.
192 TCE ha apportato un’importante novità, stabilendo che “il Parlamento euro-
peo ha la facoltà di richiedere, a maggioranza dei suoi membri, alla Commis-
sione la presentazione di adeguate proposte sulle questioni che necessitano
l’emanazione di un atto” (cd. iniziativa dell’iniziativa)(16).
La proposta della Commissione deve avere l’approvazione del Consiglio
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che, innanzitutto, decide se sottoporla o meno all’esame -1 di altre istituzioni comu-
30
nitarie. In seguito, un gruppo di lavoro di esperti ed 4 2- il COREPER discutono la pro-
posta, che può essere stata modificata dai pareri 91 delle istituzioni coinvolte.
-8
A questo punto, se Commissione e Consiglio - 88sono d’accordo, quest’ultimo adotta
l’atto secondo i sistemi di votazione previsti 78
b n9 dai Trattati (a maggioranza semplice,
a maggioranza qualificata, all’unanimità). s
t/i Nel caso in cui il Consiglio voglia: respin-
gere la proposta e redigere un nuovo i.i testo oppure apportarvi delle modifiche,
t in
esso deve deliberare all’unanimità un (art. 250 TCE).
.s
Alle riunioni del Consiglio prende w parte anche un membro della Commissione che,
w
w
talvolta, su richiesta del Consiglio, può effettuare modifiche alla proposta. Nella
prassi, infatti, la Commissione nel momento in cui elabora il progetto della norma
comunitaria, presenta anche una serie di eventuali modifiche che ritiene accet-
tabili.
(17)
Sentenza 29 ottobre 1980, causa 138/79.
72 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
- Ricerca e sviluppo tecnologico (art. 166, par. 4; 172 TCE);
- Risorse proprie (art. 269 TCE);
- Trasporti (art. 71, par. 2, TCE);
- Unione economica e monetaria (artt. 107, par. 2; 111; 112; 117; 122 TCE);
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
La procedura di cooperazione prevede una doppia lettura del Parlamento
per gli atti che il Consiglio è chiamato ad adottare.30-1
-
Durante la prima lettura, il Parlamento esamina 42la proposta della Commissione
ed esprime un primo parere, insieme ad eventuali 8 91 proposte di modifica. La pro-
8-
posta viene trasmessa al Consiglio che, 8deliberando-8 a maggioranza qualifica-
7
ta, adotta una posizione comune. Quest’ultima
b n9 viene comunicata al Parlamen-
is
to, che deve essere informato ancheit/delle motivazioni che hanno spinto il Con-
.
siglio ad adottare quella posizionetieni delle considerazioni della Commissione.
un
.s
Inizia così la seconda lettura,w
w fase durante la quale il Parlamento ha tre mesi
w
per:
¾ approvare la posizione comune o non pronunciarsi affatto. In que-
sto caso il Consiglio adotta definitivamente l’atto conforme alla posizione co-
mune, a maggioranza qualificata. Se l’atto è diverso rispetto alla proposta
originaria, esso deve essere adottato all’unanimità;
¾ respingere del tutto la posizione comune del Consiglio, a maggioran-
za assoluta dei suoi membri. In tal caso, il Consiglio può, entro tre mesi, adot-
tare l’atto, ma solo votando all’unanimità;
¾ proporre emendamenti alla posizione comune del Consiglio, a mag-
gioranza assoluta dei suoi membri. Se ciò si verifica, la Commissione, entro
un mese, riesamina la proposta iniziale, insieme alle modifiche proposte dal
Parlamento che intende accettare, e la trasmette di nuovo al Consiglio, con
giuntamente alle motivazioni sugli emendamenti da essa rigettati.
(18)
Essa è stata inizialmente prevista per l’adozione di atti in gran parte collegati con la rea-
lizzazione del Mercato unico.
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 73
sione;
¾ adottare all’unanimità l’iniziale posizione comune, senza tener conto degli
emendamenti proposti dal Parlamento;
¾ modificare la proposta riesaminata dalla Commissione (anche accettando
le modifiche parlamentari rifiutate da essa) ed adottare l’atto votando all’u-
nanimità.
Qualora il Consiglio non agisca entro il termine previsto, la proposta si considera
non adottata e decade.
(19)
I settori per i quali, in precedenza, era prevista la procedura di cooperazione sono stati
sottoposti alla procedura di codecisione.
74 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
LA PROCEDURA DI COOPERAZIONE (ART. 252)
Proposta della
COMMISSIONE
⇓
Parere del
PARLAMENTO
⇓
Posizione comune del
CONSIGLIO
a maggioranza qualificata
⇓
Seconda lettura del
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
PARLAMENTO
entro tre mesi 30-1
2-
9 14
-8
↓ ↓ ↓ ↓
8
8 -8
97
n Respinge la
Approva la Non si Propone emenda-
sb /i
posizione comune pronuncia i.
posizione
i t comune a menti alla posizione
n tinmaggioranza assoluta comune a maggio-
u
w
.s
↓ ranza assoluta
↓ w
w
Entro tre mesi il Consi- ↓
Il Consiglio adotta l’atto in glio adotta l’atto, ma Entro un mese la
conformità alla posizione solo all’unanimità Commissione riesa-
comune mina la proposta ini-
ziale, insieme agli
emendamenti che
vuole accettare ed
↓ alle motivazione su
CONSIGLIO quelli rigettati
entro tre mesi
↓ ↓ ↓ ↓
Adotta la proposta Adotta all’unanimità Modifica all’una- Non agisce e la
riesaminata dalla l’iniziale posizione co- nimità la propo- proposta della
Commissione a mune, senza tener sta riesaminata Commissione
maggioranza conto degli emenda- dalla decade
qualificata menti parlamentari Commissione
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 75
3.5 LA PROCEDURA DI CODECISIONE
La procedura di codecisione, introdotta dal Trattato di Maastricht all’art. 251, è
stata concepita come il prolungamento della procedura di cooperazione, ma a
differenza di questa, essa garantisce una più attiva partecipazione del Par-
lamento nel processo di formazione di alcune norme comunitarie. Nella proce-
dura di codecisione, infatti, il Parlamento europeo ed il Consiglio sono
posti sullo stesso piano.
Analizziamo nel dettaglio la procedura di codecisione, la quale spesso risulta
abbastanza complessa, aiutandoci con uno schema.
La prima fase dell’iter decisionale della codecisione non si discosta molto da
quella prevista per la procedura di cooperazione. Difatti, la Commissione presen-
ta una proposta al Parlamento che formula un proprio parere ed eventualmen-
te propone degli emendamenti (cd. prima lettura). Se il Consiglio accetta tutte
le modifiche parlamentari proposte o se non vi sono stati emendamenti, l’atto
viene definitivamente adottato e la procedura si ferma qui. Se ciò non
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
- Diritto di stabilimento (art. 44, par. 1; art. 46, par.0-12; art. 47, parr. 1 e 2 TCE);
- Divieto di discriminazione in base al sesso, alla -3
1 42 razza o all’origine etnica, alla
religione o alle convinzioni personali, agli handicap, 89 all’età o all’orientamento
sessuale (art. 13, par. 2, TCE); 8-
8 -8
- Divieto di discriminazione in base allan9nazionalità 7 (art. 12 TCE);
- Fondo europeo di sviluppo regionale / i sb (art. 162 TCE);
i t
- Fondo sociale europeo (art. 148 i.
in TCE);
- Formazione professionale (art. u nt 150, par. 4 TCE);
.s
- Frodi (art. 280 TCE); w
w
w
- Industria (art. 157, par. 3 TCE);
- Istruzione (art. 149, par. 4 TCE);
- Libera circolazione dei lavoratori (art. 40 TCE);
- Libertà di circolazione e di soggiorno (art. 18, par. 2 TCE);
- Mercato interno (art. 95 TCE);
- Mutuo riconoscimento dei diplomi (art. 47 TCE);
- Occupazione (art. 129 TCE);
- Pari opportunità e parità di trattamento (art. 141, par. 3 TCE);
- Partiti politici a livello europeo (art. 191 TCE);
- Politica sociale (art. 137, parr. 1 e 2 TCE);
- Protezione dei consumatori (art. 153, par. 4 TCE);
- Reti transeuropee (art. 156 TCE);
- Ricerca e sviluppo tecnologico (art. 166, par. 1; art. 172 TCE);
- Sanità pubblica (art. 152, par. 4 TCE);
- Sicurezza sociale dei lavoratori migranti (art. 42 TCE);
- Statistiche (art. 285 TCE);
- Trasporti (art. 71, par. 1; art. 80 TCE);
- Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche legate alla libera circolazione delle
persone (art. 67, parr. 4 e 5 TCE);
comunitario www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 77
LA PROCEDURA DI CODECISIONE (ART. 251)
Proposta della
COMMISSIONE
⇓
Parere del
PARLAMENTO
⇓
CONSIGLIO
↓ ↓
Adotta l’atto se: Adotta una posizione comune
accetta tutti gli emendamenti
↓
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
↓ ↓ ↓
Il CONSIGLIO rigetta gli emen- Negativo: Positivo:
damenti: si convoca il COMI- Il CONSIGLIO adotta Il CONSIGLIO adotta
TATO DI CONCILIAZIONE l’atto all’unanimità l’atto a maggioranza
che, entro 6 settimane qualificata
↓ ↓
Raggiunge un Non raggiunge un
progetto comune progetto comune
↓ ↓ La procedura
↓
si arresta
Il Consiglio e il Parlamento Il Consiglio e il Parla-
adottano l’atto rispettivamente mento non adottano
a maggioranza qualificata e l’atto
assoluta
78 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 diritto
3.6 LA PROCEDURA DEL PARERE CONFORME
La procedura del parere conforme è stata introdotta dall’Atto Unico europeo ed
offre al Parlamento europeo la possibilità di esprimere il suo accordo
o il suo disaccordo sull’approvazione di alcuni atti del Consiglio.
In pratica, in alcune materie il Consiglio non può legiferare se il Parlamento, a
maggioranza assoluta dei suoi membri, non concorda pienamente col contenuto
dell’atto: in mancanza di tale parere conforme, infatti, l’atto non viene approvato.
La procedura del parere conforme, che rappresenta quasi un diritto di veto
del Parlamento nei confronti del Consiglio, era prevista all’origine soltanto
per la conclusione degli accordi di associazione e per l’esame delle domande
di adesione alla Comunità europea.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
- Adesione di nuovi Stati (art. 49 TUE);
- Compiti specifici della BCE (art. 105, par. 6 TCE); -1
30
- Cooperazione rafforzata (art. 11, par. 2 TCE); 4 2-
1
- Fondi strutturali e Fondo di coesione (art.8-161 89 TCE);
- Modifiche allo Statuto del SEBC (art. 107, - 8 par. 5 TCE);
78
- Procedura uniforme per l’elezione del b n9Parlamento europeo (art. 190, par. 4
s
TCE); t/i
i.i
tin 7 TUE).
- Violazione dei diritti dell’uomo (art.
un
.s
w
w
w
(20)
Si tratta di accordi di associazione che prevedono particolari obblighi e diritti, misure di co-
operazione o obblighi di spesa e modifiche ad atti approvati con la procedura di codecisione.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 79
PARTE QUARTA
COMUNITÀ EUROPEE E STATI MEMBRI
1.1 INTRODUZIONE
Nella Parte Quarta esamineremo a fondo il problema del rapporto che, all’interno
del sistema giuridico comunitario, intercorre tra le norme comunitarie da una par-
te, e quelle nazionali dall’altra. Tale problema è stato affrontato innumerevoli volte
dalla dottrina e dalla giurisprudenza, dunque, risulta necessario fornire un qua-
dro complessivo della questione, partendo da alcune caratteristiche fondamen-
tali del diritto comunitario.
Anzitutto, occorre considerare che l’ordinamento giuridico comunitario risulta
completamente autonomo rispetto ai singoli sistemi degli Stati membri.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(1)
Sentenza 5 febbraio 1963, causa 26/62.
(2)
Sentenza 7 marzo 1964, causa 6/64.
80 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
In sostanza, mentre la relazione che intercorre tra l’ordinamento internazionale e
l’ordinamento interno avviene sulla base di un coordinamento tra due sistemi
giuridici autonomi, nel caso delle Comunità europee si instaura una stretta
integrazione ed interdipendenza tra l’ordinamento comunitario e gli
ordinamenti degli Stati membri.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
1
0-
Inoltre, non bisogna dimenticare il cd. obbligo di2-3leale collaborazione, sancito
4
dall’art. 10 TCE, che impone agli Stati membri 91 di adottare “tutte le misure di
8 -8
carattere generale o particolare atte ad assicurare 8 l’esecuzione degli obblighi
8-
derivanti dal Trattato oppure determinati
n 97 dagli atti delle istituzioni della
Comunità...Essi si astengono da qualsiasi b misura che rischi di compromettere
/is
la realizzazione degli scopi del Trattato”. i .it
t in
un
Tale principio si rivela utile nella misura in cui mostra quanto l’ordinamento comu-
.s
nitario abbia bisogno dell’integrazione con i sistemi giuridici degli Stati membri per
w
w
potersi realizzare in modo pienow e concreto.
Come abbiamo visto, nel caso dei regolamenti, è lo stesso Trattato, all’art. 249
TCE, a stabilire che essi siano provvisti e di efficacia diretta e di diretta applicabilità
in ciascuno Stato membro.
Il discorso cambia, invece, per le disposizioni dei Trattati istitutivi, le direttive e le
decisioni la cui diretta efficacia è stata riconosciuta solo attraverso la giurispru-
(3)
Ricordiamo che l’effetto diretto, così come il primato (che esamineremo nel paragrafo suc-
cessivo), sono elementi rinvenibili anche nel diritto internazionale. Nel diritto comunitario,
però, essi sono maggiormente diffusi e sono accompagnati da un sistema di tutela giuri-
sdizionale vero e proprio.
(4)
Cfr. Parte Terza, Capitolo 2, Paragrafo 2.2.
82 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
denza della Corte di giustizia, che nel corso degli anni si è orientata in tal senso.
Per quanto riguarda la diretta efficacia delle disposizioni dei Trattati istitutivi,
riportiamo di seguito alcune pronunce della Corte di giustizia, ricordando che la
giurisprudenza della Corte sull’effetto diretto è nata proprio in relazione ad una
norma del Trattato (l’art. 25 TCE), con la sopra ricordata sentenza Van Gend en
Loos. In tale occasione, infatti, la Corte ha stabilito che l’art. 25 in materia di dazi
doganali e tasse di effetto equivalente, “è per sua natura perfettamente atto a
produrre direttamente degli effetti sui rapporti giuridici intercorrenti fra gli Stati
membri ed i loro amministrati”, attribuendo ai singoli dei diritti soggettivi che pos-
sono essere fatti valere dinanzi ai giudice nazionale.
Ancora, nella pronuncia Reyners c. Stato belga(5), la Corte ha affermato che l’art.
43 TCE, sancendo alla fine del periodo transitorio la piena realizzazione della
libertà di stabilimento, ha prescritto un obbligo di risultato preciso ed è pertanto
una disposizione direttamente efficace.
Infine, nella sentenza Defrenne c. Sabena(6), la Corte ha stabilito che il principio
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
della parità di retribuzione fra lavoratori di sesso maschile 1 e lavoratori di sesso
0-
femminile indicato all’art. 141 TCE, fa parte dei42principi-3 fondamentali del diritto
comunitario e, dunque, ha efficacia diretta e-8può 91 essere fatto valere davanti al
giudice nazionale. - 88
Dalla giurisprudenza della Corte si evince 78
b n9 che l’ordinamento giuridico comunita-
rio, riconoscendo come soggetti nont/issolo gli Stati membri, ma anche i singoli
i.i
cittadini, impone degli obblighi cosìtincome riconosce loro dei diritti soggettivi.
un
.s
Per quanto riguarda la diretta w
w efficacia delle direttive, il problema risulta più
w
complesso, poiché la giurisprudenza della Corte di giustizia vi ha attribuito in
parte tale caratteristica.
Anzitutto, nella sentenza Tullio Ratti(7), la Corte ha affermato che se è vero che
i regolamenti, ai sensi dell’art. 249 TCE, sono direttamente applicabili e, in forza di
ciò, producono effetti diretti, da ciò non si può dedurre che le altre categorie di
atti contemplate dallo stesso articolo non possano mai produrre effetti analoghi.
Secondo la Corte, infatti, escludere che l’obbligo imposto da una direttiva possa
essere fatto valere dalle persone interessate, sarebbe incompatibile con l’effi-
cacia vincolante che l’art. 249 riconosce ad essa. In particolare, “nei casi in cui
le autorità comunitarie abbiano, mediante direttiva, imposto agli Stati membri
di adottare un determinato comportamento, l’effetto utile dell’atto sarebbe atte-
nuato se agli amministrati fosse precluso di valersene in giudizio ed ai giudici
nazionali di prenderlo in considerazione in quanto elemento di diritto comuni-
tario”(8).
(5)
Sentenza 21 giugno 1974, causa 2/74.
(6)
Sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75.
(7)
Sentenza 5 aprile 1979, causa 148/78.
(8)
Cfr. anche la sentenza Grad del 6 ottobre 1970, causa 9/70.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 83
Da ciò discende che per le direttive occorre esaminare di volta in volta “se la na-
tura, lo spirito e la lettera della disposizione di cui trattasi consentano di ri-
conoscerle efficacia immediata nei rapporti tra gli Stati membri e i singoli”(9).
In sostanza, la Corte ha stabilito che l’effetto diretto sussiste allorquando un
direttiva ha un contenuto precettivo sufficientemente chiaro e preciso, tale da
non essere condizionato all’emanazione di atti ulteriori. Difatti, nella pronuncia
Becker(10), la Corte ha affermato che “in tutti i casi in cui disposizioni di una
direttiva appaiano, quanto al loro contenuto, incondizionate e sufficientemente
precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provve-
dimenti d’attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizio-
ne di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto sono atte a
definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato”(11).
La Corte ha altresì ritenuto ad efficacia diretta le direttive che pongono a carico
degli Stati membri un obbligo di astenersi dall’approvare determinati atti o dal
compiere specifiche azioni (cd. obbligo di non facere). Infatti, nella pronuncia
Van Duyn, la Corte ha riconosciuto l’effetto diretto di una direttiva che imponeva
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(9)
Sentenza Van Duyn del 4 dicembre 1974, causa 41/74.
(10)
Sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81.
(11)
In seguito la Corte ha precisato che “una norma comunitaria è incondizionata se sancisce
un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua
osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto delle istituzioni delle Comunità o
degli Stati membri…una norma è sufficientemente precisa per poter essere invocata da un
singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini non equivoci”, sen-
tenza Regione Lombardia, 23 febbraio 1994, causa C-236/92.
(12)
Sentenza Tullio Ratti, sopra citata.
(13)
Cfr. Parte Terza, Capitolo 2, Paragrafo 2.2.
84 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
(14)
territoriali , di autorità indipendenti dallo Stato incaricate di mantenere l’ordine
pubblico(15), di autorità che offrono servizi sanitari pubblici(16); e, più in generale,
nei confronti di ogni “organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuri-
dica, sia stata incaricata, con un atto della pubblica autorità, di prestare, sotto
il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e che dispone a
questo scopo di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che
si applicano nei rapporti tra i singoli”(17).
Per quanto concerne le decisioni, siano esse rivolte ai singoli oppure ad uno
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Stato membro, la Corte di giustizia ha riconosciuto 1
0- la loro diretta efficacia ed
immediata applicabilità. Difatti, in una pronuncia42risalente -3 al 1970(19), la Corte ha
affermato che “sarebbe in contrasto con la forza 8 91 obbligatoria attribuita dall’art.
-
249 TCE alla decisione l’escludere, in generale, 88 la possibilità che l’obbligo da
7 8-
essa imposto sia fatto valere dagli eventuali n 9 interessati. In particolare, nei casi
b
in cui le autorità comunitarie abbiano, /is mediante decisione, obbligato uno
i .it
Stato membro o tutti gli Stati membri t in ad adottare un determinato comportamen-
un
to, la portata dell’atto sarebbe sristretta se i singoli non potessero far valere in
.
giudizio la sua efficacia e se w i giudici nazionali non potessero prenderlo in
w
considerazione come norma w di diritto comunitario”.
La Corte ha in seguito precisato che, come conseguenza dell’effetto coercitivo
che l’art. 249 riconosce ad una decisione comunitaria, “una disposizione di una
decisione indirizzata ad uno Stato membro, può essere invocata dai singoli nei
confronti di tale Stato qualora imponga al destinatario una obbligazione incon-
dizionata e sufficientemente chiara e precisa”(20).
(14)
Sentenza Costanzo del 22 giugno 1989, causa 103/88.
(15)
Sentenza Johnston del 15 maggio 1986, causa 222/84.
(16)
Sentenza Marshall I del 26 febbraio 1986, causa 152/84.
(17)
Sentenza Foster del 12 luglio 1990, causa C-188/89.
(18)
Sentenza Faccini Dori del 14 luglio 1994, causa C-91/92.
(19)
Sentenza Grad, sopra citata.
(20)
Sentenza Hansa Fleisch del 10 novembre 1992, causa C-156/91.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 85
1.3 IL PRIMATO DEL DIRITTO COMUNITARIO SUL DIRITTO INTERNO
Secondo il principio del primato o della preminenza del diritto comunitario sul
diritto interno, in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità
tra norme comunitarie e norme nazionali, le prime prevalgono sulle
seconde. Tale principio di derivazione giurisprudenziale, affianca il principio
della diretta efficacia, andando a costituire un’ulteriore garanzia per i cittadini de-
gli Stati membri, nei casi in cui una norma comunitaria contrasti con una norma in-
terna. Qualora, infatti, la disposizione interna dovesse prevalere su quella co-
munitaria, i diritti attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario non potrebbero
essere tutelati in alcun modo.
Il principio della preminenza del diritto comunitario è stato affermato per la prima
volta nella già citata sentenza Costa c. Enel, in cui la Corte, ribadendo che il
Trattato ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato con quelli naziona-
li, ha risposto alla necessità di impedire che una qualsiasi disposizione nazionale
potesse introdurre un’interpretazione restrittiva delle norme comunitarie che fa-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(21)
Sentenza Costa c. Enel, sopra citata.
(22)
Sentenza Amministrazione delle Finanze c. Simmenthal del 9 marzo 1978, causa 106/77.
86 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
2. L’ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO
AL DIRITTO COMUNITARIO ORIGINARIO
2.1 INTRODUZIONE
La natura del rapporto tra diritto comunitario e diritto interno è, come abbiamo
accennato, alquanto problematica e, come tale, ha sollevato in dottrina e in
giurisprudenza ampie discussioni ed opinioni contrastanti.
Il problema si è posto in rilievo in tutti gli Stati membri della Comunità ed ha assunto
aspetti differenti in ragione delle caratteristiche di ciascun sistema costituziona-
le.
In Italia, è stata la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale a far luce
sui complessi rapporti scaturenti da un’esperienza d’integrazione tra Stati sovra-
ni, qual è quella comunitaria, che non trova facili termini di paragone.
Inizialmente, infatti, i rapporti tra l’ordinamento comunitario e l’ordinamento ita-
liano sono stati regolati secondo il principio della separazione degli ordina-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
menti giuridici, seguendo il cd. approccio dualistico 1 mutuato dal diritto inter-
nazionale. In pratica, tale approccio si basa su una 0-
2 -3 netta separazione tra l’ordi-
namento giuridico nazionale e quello internazionale, 14 ragion per cui non si può
stabilire una gerarchia tra le norme interne e8-quelle89 internazionali.
8
8-
n 97
I due ordinamenti in questione si distinguono: b
is
it/
¾ per quanto riguarda i soggetti: il i.diritto interno è caratterizzato da rapporti in-
tin
terindividuali, mentre il diritto ninternazionale da rapporti interstatali;
u
¾ per quanto riguarda le fonti: .s
w nel diritto interno vigono principalmente le leggi
emanate dal Parlamento, w
w mentre nel diritto internazionale l’accordo e la con-
suetudine.
Dalla separazione discende che le norme internazionali per essere valide nell’or-
dinamento giuridico degli Stati devono essere trasposte in norme interne, attra-
verso le classiche procedure di adattamento(23).
Quando l’Italia ha aderito alle Comunità europee, i rapporti tra l’ordinamento giuri-
dico nazionale e l’ordinamento comunitario hanno seguito il criterio dualistico
anche perché queste si presentavano come normali organizzazioni internazio-
nali, basate sui Trattati istitutivi. Nel corso degli anni, come abbiamo visto, il
processo di integrazione europea ha sviluppato caratteristiche peculiari, distin-
guendosi nettamente rispetto ad altri fenomeni di cooperazione organizzata tra
Stati. Ciò ha reso inadeguata l’impostazione dualistica fin qui analizzata, poiché è
risultato evidente che l’ordinamento nazionale non poteva essere considerato
come del tutto separato da quello comunitario. Infatti, il cospicuo trasferimento di
funzioni legislative alla Comunità, anche in settori così “intimi” di uno Stato (si
pensi alla politica economica e monetaria o al fisco), il potere delle istituzioni
(23)
La loro posizione nella gerarchia delle fonti all’interno dello Stato dipende, dunque, dal tipo
di atto con cui vengono recepite nell’ordinamento nazionale.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 87
comunitarie di emanare atti vincolanti (si pensi alle cd. norme self-executing),
nonché la giurisprudenza della Corte di giustizia (si pensi al principio della diretta
efficacia delle norme comunitarie o al principio del primato del diritto comunitario
sul diritto interno) hanno imposto un cambiamento di prospettiva nel rapporto tra
il sistema giuridico nazionale e quello comunitario.
Attualmente, in dottrina prevale la tesi del rapporto d’integrazione tra i due siste-
mi, tesi confermata anche dalla giurisprudenza costituzionale che è ricorsa
all’espressione “ordinamenti coordinati e comunicanti”.
(24)
Nel secondo dopoguerra, il nostro paese rinunciava formalmente all’uso della forza bellica
e si impegnava così a partecipare alla creazione di un ordinamento più giusto, che espri-
messe a livello internazionale quei valori che erano già posti a fondamento della Repubbli-
ca. Per fare ciò, lo Stato italiano era disposto ad accettare limitazioni di sovranità, cioè a
consentire che obblighi assunti a livello internazionale potessero condizionare il suo ope-
rato, purché tale ridimensionamento avvenisse allo scopo di assicurare pace e giustizia
nei rapporti tra i popoli.
88 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
(25)
Nella ormai famosa sentenza Costa c. Enel , la Corte stabilì che “è consentito
stipulare trattati con cui si assumono limitazioni di sovranità ed è consentito
darvi esecuzione con legge ordinaria”, precisando in un successivo passaggio
che ciò non comporta “alcuna deviazione dalle regole vigenti in ordine all’effi-
cacia nel diritto interno degli obblighi assunti dallo Stato nei confronti degli
altri Stati, non avendo l’art. 11 conferito alla legge ordinaria, che rende esecuti-
vo il trattato, un’efficacia superiore a quella propria di tale fonte di diritto”.
In seguito, la Corte costituzionale è nuovamente intervenuta sull’argomento per
contrastare l’argomentazione secondo cui la parte centrale dell’azione comuni-
taria (ancora oggi il mercato unico) non è volta ad assicurare la pace e la giu-
stizia, come sancito dall’art. 11. Nella sentenza Frontini ed altri c. Amministra-
zione delle finanze(26) , la Corte ha rilevato che la formula dell’art. 11 risulta ispi-
rata “a principi programmatici di valore generale di cui la Comunità europea e
le altre organizzazioni regionali europee costituiscono concreta attuazione”.
Del resto, nel preambolo del Trattato si proclama solennemente che gli Stati
firmatari “sono risoluti a rafforzare le difese della pace e della libertà” e deside-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
rano “assicurare lo sviluppo della loro prosperità0-1conformemente ai principi
dello Statuto delle Nazioni Unite”. -3
1 42
L’art. 11 ha costituito, per molto tempo, l’unico 89fondamento costituzionale dell’a-
desione italiana alla Comunità, a differenza 8-
8 -8 di quanto è avvenuto in altri Stati
membri, in cui il processo di integrazione 97 europea è stato accompagnato da
bn
/t is
adeguamenti della disciplina costituzionale.
i.i
t in
2.3 LA LEGGE COSTITUZIONALE un 3/2001
.s
w
Il rapporto tra il sistema giuridico
w
w italiano e quello comunitario ha trovato chiarez-
za nella nuova formulazione dell’art. 117, comma 1 della Costituzione italiana,
modificato con la legge costituzionale 3/2001. Tale articolo così recita: “La pote-
stà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costi-
tuzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli ob-
blighi internazionali”.
In realtà, il principio del rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario
era già stato ampiamente affermato sia dalla giurisprudenza della Corte di giusti-
zia delle Comunità europee, sia da quella della nostra Corte Costituzionale. Dun-
que, la disposizione, che va ad affiancarsi all’art. 11, non introduce alcuna novità
rilevante nei rapporti tra l’ordinamento italiano e quello comunitario, ma si limita a
“costituzionalizzare” il fatto che il diritto comunitario derivato possa prevalere
sulla stessa Costituzione (a patto che non confligga con i principi supremi da es-
sa espressi).
L’importanza dell’art. 117, comma 1, consiste nel fatto che, per la prima volta,
nella nostra Carta fondamentale si può rinvenire un esplicito riferimento alle
limitazioni di sovranità derivanti dalla partecipazione dell’Italia al processo d’inte-
(25)
Corte Costituzionale sentenza n. 14 del 7 marzo 1964.
(26)
Corte Costituzionale sentenza n. 183 del 27 dicembre 1973.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 89
grazione europeo. Un simile riferimento, infatti, mancava non solo nelle altre
norme costituzionali, ma anche nello stesso art. 11 Cost., unica base giuridica
fino ad allora adoperata per l’adesione italiana alle Comunità.
A tal proposito, occorre ricordare che l’art. 11 fa riferimento a particolari limitazio-
ni di sovranità, ma non ad una sua intera cessione. È pacifico, infatti, che la pre-
valenza del diritto comunitario sul sistema costituzionale italiano non può in nes-
suno modo pregiudicare i valori fondamentali posti alla base del nostro ordina-
mento. La stessa Corte Costituzionale ha individuato nel rispetto dei diritti invio-
labili della persona umana e dei principi fondamentali, un limite invalicabile al
recepimento di qualsiasi disposizione comunitaria.
Nella pronuncia Frontini(27) la Corte ha affermato che “deve quindi escludersi
che siffatte limitazioni, concretamente puntualizzate nel Trattato di Roma sot-
toscritto da paesi i cui ordinamenti si ispirano ai principi dello Stato di diritto e
garantiscono le libertà essenziali dei cittadini, possano comunque comporta-
re per gli organi della CEE un inammissibile potere di violare i principi fonda-
mentali del nostro ordinamento costituzionale, o i diritti inalienabili della per-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
sona umana”. 1
0- 3
4 2-
91
-8
- 88
9 78
bn
t/ is
i.i
tin
un
.s
w
w
w
(27)
Sentenza n. 183, sopra citata.
90 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
3. L’ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO
AL DIRITTO COMUNITARIO DERIVATO
3.1 INTRODUZIONE
Le misure adottate dall’Italia per dare corretta e puntuale attuazione nel nostro
ordinamento alle norme di diritto comunitario derivato hanno incontrato non po-
che difficoltà nel corso degli anni, analogamente a quanto è accaduto, come
abbiamo visto nel capitolo precedente, per l’adattamento del nostro sistema giu-
ridico al diritto comunitario originario.
A differenza di quanto avviene per le disposizioni dei Trattati comunitari(28), gli atti
di diritto comunitario derivato non richiedono una procedura di adattamento spe-
ciale, ma che eventualmente lo Stato ponga in essere tutti quei provve-
dimenti nazionali (leggi o atti amministrativi, a seconda dei casi) che
gli stessi atti comunitari prevedono o impongono ai fini della loro pre-
cisa e tempestiva attuazione.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Occorre, perciò, verificare di volta in volta, tenendo conto della forma e della
-1
sostanza dell’atto comunitario, quale sia l’impatto -con 30 l’ordinamento giuridico na-
2
4 agli Stati membri.
zionale e quali siano gli interventi richiesti o imposti
91
-8
88
Per quanto riguarda i regolamenti, essendo 8- atti vincolanti direttamente applicabili
n 97
in tutti gli Stati membri, non è necessaria b l’emanazione di alcun provvedi-
is
mento ulteriore da parte di una i.qualcheit/ autorità nazionale. Il contenuto
in
normativo del regolamento, infatti,ntacquista un’efficacia automatica ed immediata
u
nel nostro ordinamento internow.es non necessita di alcun atto statale di esecuzio-
ne o integrazione. w
w
Secondo la Corte di giustizia, un eventuale atto interno, anche solo confermativo
del regolamento, sarebbe contrario al Trattato poiché potrebbe rappresentare
un ostacolo o comunque potrebbe ritardare l’applicazione del regolamento stes-
so in modo uniforme e simultaneo su tutto il territorio comunitario(29). Inoltre, la
giurisprudenza ha collegato il divieto per gli Stati di riprodurre l’atto comunitario
anche alla competenza esclusiva della Corte di giustizia sul controllo giurisdizionale
dell’atto. Infatti, qualora il regolamento fosse nazionalizzato in modo formale,
sarebbe sottoposto al normale controllo del giudice nazionale, non più a quello
(28)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo 2, paragrafo 2.2. Occorre precisare che, in Italia, l’adattamen-
to ai Trattati istitutivi (e agli accordi successivi che li hanno modificati o integrati) avviene,
come per qualsiasi altro accordo internazionale, con un normale ordine di esecuzione
dato con legge ordinaria. L’ordine di esecuzione è un procedimento di adattamento
speciale (o procedimento mediante rinvio) che si esprime di solito con la formula “Piena ed
intera esecuzione è data al Trattato X...” ed è seguito dalla riproduzione del testo dell’accor-
do. Ad esempio, ai Trattati istitutivi delle Comunità europee del 1957 è stata data esecuzio-
ne mediante legge ordinaria 14 ottobre 1957, n. 1203; al Trattato di Nizza è stata data ese-
cuzione mediante legge ordinaria 11 maggio 2002, n. 102.
(29)
Sentenza Commissione c. Italia del 7 febbraio 1973, causa 39/72.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 91
del giudice comunitario, a cui spetta l’esclusività di tale competenza ai sensi del
Trattato(30).
Nonostante ciò, nei primi anni di esperienza comunitaria, in Italia era invalsa la
prassi di riprodurre in leggi nazionali disposizioni presenti in regolamenti comuni-
tari, prassi da tutti condannata e giudicata illegittima anche dalla Corte Costituzio-
nale(31).
Secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza Industrie
Chimiche(32), risponde alla logica del sistema comunitario che i regolamenti comu-
nitari “come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Stati sia per i loro
cittadini in quanto soggetti delle Comunità, non debbano essere oggetto di
provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che pos-
sono comunque differirne o condizionarne l’entrata in vigore, e tanto meno
sostituirsi ad essi, derogarli o abrogarli, anche parzialmente. Ciò, beninteso,
salva la necessità per gli Stati membri di emanare norme esecutive di organiz-
zazione e concernenti modalità di applicazione, richieste dagli stessi regola-
menti comunitari o comunque indispensabili…; fermo rimanendo peraltro che
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Per lungo tempo, l’Italia ha provveduto a dare esecuzione alle disposizioni conte-
nute nelle direttive attraverso le normali fonti di produzione normativa, utilizzando
quasi sempre lo strumento della legge ordinaria o della delega legislativa a favore
del Governo. La lentezza del procedimento (per ogni direttiva occorreva una leg-
ge ad hoc, che spesso doveva essere completata dal provvedimento delegato
del Governo), causava un estremo ritardo nel recepimento delle direttive co-
munitarie. Questo fatto, a sua volta, generava una serie di inadempimenti italiani
(30)
Sentenza Amsterdam Bulb del 2 febbraio 1977, causa 50/76.
(31)
Tutto ciò ha prodotto una situazione assai caotica ed ha sollevato problemi di rapporti tra
regolamenti e norme interne, problemi che esamineremo nel prossimo capitolo, essendo re-
lativi al rango delle norme comunitarie nell’ordinamento italiano.
(32)
Corte costituzionale, sentenza n. 232 del 30 ottobre 1975.
92 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
alle obbligazioni comunitarie, puntualmente individuati dalla Commissione e tra-
dotti poi in sentenze di condanna da parte della Corte di giustizia.
Tale provvedimento, che per la prima volta disciplinava in modo completo il pro-
cesso di adattamento dell’ordinamento italiano alle disposizioni comunitarie, ha
introdotto lo strumento della legge comunitaria annuale, una legge-contenito-
re che riunisce tutte le misure occorrenti a dare attuazione ad atti comunitari e/o
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
a pronunce della Corte. 1
0- 3
4 2-
91
La legge prevedeva che entro il 31 marzo di-8ogni anno il Governo presentasse
alle Camere un progetto di legge comunitaria 88 contenente le disposizioni occor-
7 8-
renti per dare attuazione, o assicurare l’applicazione,
9 di regolamenti, direttive e
bn
decisioni non ancora eseguite, eventualmente
i t /is conferendo apposita delega legi-
i.
slativa al Governo o autorizzando quest’ultimo, nel caso delle direttive, a provve-
tin
dere in via regolamentare(33). sun
.
w
w
w
La prima legge comunitaria è stata emanata alla fine del 1990(34), ed è stata
seguita da altre, ma ad intervalli non regolari: ad es. la legge comunitaria per il
1994 che è stata approvata solo nel 1996(35); o la legge comunitaria per il 2001
che è stata approvata l’anno successivo(36).
(33)
Tra i provvedimenti che la legge comunitaria doveva contenere vi erano anche quelli rela-
tivi all’istituzione di nuovi organi o “strutture amministrative” nonché quelli necessari per
fronteggiare le maggiori spese o le minori entrate, ove l’attuazione di direttive comunitarie
avesse comportato tutto ciò.
(34)
L. 29 dicembre 1990, n. 428.
(35)
L. 6 febbraio 1996, n. 52.
(36)
L. 1 marzo 2002, n. 39.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 93
L. 5 febbraio 1999, n. 25 1
Comunitaria 1998
0-
2 -3
14
9
L. 21 dicembre 1999, n. 526 -8 Comunitaria 1999
- 88
L. 29 dicembre 2000, n. 422 9 78 Comunitaria 2000
bn
t/ is
L. 1 marzo 2002, n. 39 i.i Comunitaria 2001
n tin
. su
L. 3 febbraio 2003, n. 14 ww Comunitaria 2002
w
L. 31 ottobre 2003, n. 306 Comunitaria 2003
(37)
Tale legge venne promulgata per dare attuazione alle direttive più urgenti, dal momento
che l’iter della legge comunitaria per il 1992 procedeva a rilento.
94 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
3.2 LA LEGGE 11/2005
La L. 4 febbraio 2005, n. 11 recante “Norme generali sulla partecipazione
dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di
esecuzione degli obblighi comunitari” ha provveduto ad una riorganizzazione
della disciplina in materia di adattamento al diritto comunitario. È importante sotto-
lineare che tale riorganizzazione si è resa necessaria in seguito all’approvazio-
ne della legge costituzionale 3/2001 di riforma del Titolo V, Parte Seconda della
Costituzione, che ha attribuito maggiore incisività ai poteri delle Regioni nella
formazione e nell’attuazione del diritto comunitario(38).
Le finalità della legge Buttiglione sono espresse all’art. 1, il quale precisa che il
nuovo provvedimento normativo intende disciplinare “il processo di formazione
della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e
dell’Unione europea” (cd. fase ascendente) e garantire “l’adempimento degli
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (cd. fase
discendente), sulla base dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica”.
Gli obblighi cui si riferisce il primo comma dell’articolo -1 derivano:
30
a) dall’emanazione di ogni atto comunitario e dell’Unione 4 2- europea che vincoli la
Repubblica italiana ad adottare provvedimenti 91 di attuazione;
8 -8
b)dall’accertamento giurisdizionale, con 8sentenza -8 della Corte di giustizia delle
Comunità europee, della incompatibilità n 97 di norme legislative e regolamentari
s b
dell’ordinamento giuridico nazionale t/i con le disposizioni dell’ordinamento co
i.i
munitario; t in
c) dall’emanazione di decisioni-quadro un e di decisioni adottate nell’ambito della
.s
w
cooperazione di polizia ewgiudiziaria in materia penale (vale a dire nel Terzo
w
Pilastro).
(38)
La stessa riforma costituzionale richiedeva l’approvazione di una legge in materia, come si
evince dall’art. 117, comma 5 della Costituzione novellata. Sotto questo aspetto la legge
Buttiglione verrà esaminata nel Capitolo Quinto di questa Parte, quando sarà analizzato il
ruolo delle Regioni nella fase ascendente e in quella discendente del diritto comunitario.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 95
le proprie riunioni il Comitato si avvale di un comitato tecnico permanente istituito
presso il Dipartimento per le politiche comunitarie, coordinato e presieduto dal Mi-
nistro per le politiche comunitarie o da un suo delegato.
sulle materie che risultano inserite all’ordine del0-giorno 1 delle riunioni del Con-
3
siglio dei Ministri dell’Unione europea; 4 2-
¾ prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio 91 europeo, riferire alle Came-
-8
re, illustrando la posizione che intende8-assumere 88 e, su loro richiesta, riferire
ai competenti organi parlamentari prima n 97 delle riunioni del Consiglio dei ministri
b
dell’Unione europea; /is
i .it
¾ riferire semestralmente alle Camere in illustrando i temi di maggior interesse de-
cisi o in discussione in ambito u nt comunitario e informare i competenti organi
.s
parlamentari sulle risultanze w
w delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione
w
europea e del Consiglio europeo, entro quindici giorni dallo svolgimento delle
stesse.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
16 della L. 11/2005, che provvedono all’adattamento0-dell’ordinamento 1 italiano agli
3
atti delle istituzioni comunitarie. 4 2-
1
Come accennato, la legge Buttiglione mantiene 89 lo strumento della legge comu-
nitaria, ossia la legge annuale mediante la 8-
8quale si effettua una ricognizione
8 -
della produzione normativa comunitaria n 97 da recepire nell’ordinamento
b
interno e si definiscono le procedure /is necessarie all’adattamento. L’art.
i .it
8, comma 4, infatti, impone al Governo t in di presentare alle Camere, entro il 31
gennaio di ogni anno, un disegno un di legge recante la dicitura “Disposizioni per
.s
l’adempimento degli obblighiwwderivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comu-
w
nità europee”, completata dall’indicazione “legge comunitaria” e seguita dall’an-
no di riferimento(41).
In allegato alla legge comunitaria il Governo deve presentare una relazione
annuale in cui:
(40)
La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province au-
tonome di Trento e Bolzano, comunemente detta Conferenza Stato Regioni, opera nel-
l’ambito della comunità nazionale per favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e
quella delle Regioni e le Province autonome, costituendo la sede privilegiata della nego-
ziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali. La
Conferenza Stato Regioni:
• è la sede privilegiata del raccordo fra la politica del Governo e quella delle Regioni;
• è la sede dove il Governo acquisisce l’avviso delle Regioni sui più importanti atti ammini-
strativi e normativi di interesse regionale;
• si riunisce in una apposita sessione comunitaria per la trattazione di tutti gli aspetti della
politica comunitaria che sono anche di interesse regionale e provinciale.
(41)
Prima di presentare il disegno di legge, il Governo verifica, con la collaborazione delle am-
ministrazioni interessate, lo stato di conformità dell’ordinamento interno a quello comunita-
rio e ne trasmette le risultanze tempestivamente, e comunque ogni quattro mesi, agli organi
parlamentari competenti, alla Conferenza Stato Regioni, alla Conferenza dei presidenti del-
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 97
a) riferisce sullo stato di conformità dell’ordinamento interno al diritto comunita-
rio e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in parti-
colare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da
parte della Repubblica italiana;
b ) fornisce l’elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa;
c ) indica le ragioni dell’eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine
di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti
per l’esercizio della delega legislativa;
d) fornisce l’elenco delle direttive attuate con regolamento nonché l’indicazione
degli estremi degli eventuali regolamenti di attuazione già adottati;
e) fornisce l’elenco degli atti normativi con i quali nelle singole Regioni e Provin-
ce autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di
loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento even-
tualmente approvate da esse. Tale elenco deve essere predisposto dalla
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e trasmes-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
so alla Presidenza del Consiglio dei ministri in tempo 1 utile e, comunque, non
0-
oltre il 25 gennaio di ogni anno(42). -3
42
91
-8
Il primo comma dell’art. 8 dispone che lo Stato, 88 le Regioni e le Province autonome,
7 8-
nelle materie di propria competenza legislativa, 9 diano tempestiva attuazione alle
bn
direttive comunitarie. Questo significa
i t /is che con la legge comunitaria si prov-
vede anzitutto a dare esecuzionetinai. tale tipologia di atto comunitario. Tuttavia,
un
l’art. 9, che disciplina i contenutisdella legge comunitaria, prevede l’inserimento in
.
essa anche di altre disposizioni, w al fine di assicurare il periodico adeguamento
w
dell’ordinamento nazionale aw quello comunitario.
La legge comunitaria annuale, perciò, contiene anche:
a) disposizioni modificative o abrogative di leggi statali vigenti in contrasto con
atti comunitari;
b ) disposizioni modificative o abrogative di leggi statali vigenti oggetto di proce-
dure di infrazione avviate dalla Commissione nei confronti dell’Italia;
c ) disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l’applicazione degli
atti del Consiglio o della Commissione di cui alle lettere a) e c) del comma 2
dell’art. 1, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa(43);
l’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome, per la formulazione di ogni
opportuna osservazione. Nelle materie di propria competenza, anche le Regioni e le Pro-
vince autonome verificano lo stato di conformità dei propri ordinamenti e trasmettono i ri-
sultati al Governo con riguardo alle misure da intraprendere (art. 8, comma 3). Soltanto
dopo la conclusione di questa fase di ricognizione sullo stato di adeguamento del-
l’ordinamento italiano rispetto a quello comunitario, il Governo può presentare il
disegno di legge comunitaria.
(42)
Tale disposizione verrà esaminata nel Capitolo Quinto di questa Parte, quando illustreremo
il rapporto delle Regioni col diritto comunitario.
(43)
In sostanza, con questo procedimento il Parlamento attribuisce al Governo la facoltà di
98 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
d) disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le di-
rettive(44);
e) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai Trattati internazionali conclusi
nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;
f) disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le Re-
gioni e le Province autonome esercitano la propria competenza normativa
per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie
di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione italiana(45);
g) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle
Province autonome, conferiscono delega al Governo per l’emanazione di de-
creti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni co-
munitarie recepite dalle Regioni e dalle Province autonome(46);
h) disposizioni emanate nell’esercizio del potere sostitutivo del Governo, di cui
all’art. 117, quinto comma, della Costituzione italiana(47).
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
munitarie all’art. 14. Esso impone che, a seguito della 1 notificazione di decisioni
adottate dal Consiglio o dalla Commissione, destinate 0-
2 -3 alla Repubblica italiana, che
rivestono particolare importanza per gli interessi14nazionali o comportano rilevanti
oneri di esecuzione, il Ministro per le politiche 89 comunitarie debba riferirne al
8-
Consiglio dei ministri. Quest’ultimo, se non 8 -8 delibera l’eventuale impugnazione
7
della decisione, emana gli opportuni provvedimenti n9 per l’esecuzione della deci-
/ i sb
sione a cura delle autorità competenti. i t Se l’esecuzione della decisione investe le
i.
competenze di una Regione o di tinuna Provincia autonoma, il Presidente della
u n
Regione o della Provincia autonoma .s interessata interviene alla riunione del Con-
w
siglio dei ministri, con voto consultivo
w (salvo quanto previsto dagli Statuti specia-
w
li).
La legge Buttiglione prevede anche una serie di misure urgenti per l’ade-
guamento degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario, che
approvare disposizioni di attuazione di atti comunitari, decisioni-quadro e decisioni
(questi ultimi sono atti adottati nell’ambito del Terzo Pilastro) tramite decreto legislativo,
regolamento o altro atto amministrativo, a seconda della materia oggetto della norma co-
munitaria.
(44)
Al Governo è, dunque, consentito di intervenire con un provvedimento inferiore dal punto
di vista gerarchico (il regolamento) in settori in cui vi era una disciplina di rango superiore
(la legge).
(45)
Anche in questo caso si tratta di una disposizione relativa al rapporto Regioni-Diritto co-
munitario, ragion per cui sarà analizzata nel Capitolo Quinto.
(46)
Dal momento che la nostra Costituzione attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato
la disciplina dell’ordinamento civile e penale (art. 117, comma 2, lettera l), le Regioni non
possono approvare disposizioni che prevedano l’applicazione di sanzioni penali. Se un at-
to comunitario che deve essere attuato dalle Regioni prevede anche la predisposizione di
sanzioni penali, sarà compito del Governo integrare il provvedimento regionale di attuazio-
ne mediante un decreto legislativo che disciplini l’applicazione di tali sanzioni.
(47)
Il potere sostitutivo dello Stato sarà oggetto di un apposito paragrafo del Capitolo Quinto.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 99
consentono un ulteriore snellimento ed accelerazione del processo di adegua-
mento dell’ordinamento italiano alle disposizioni comunitarie. Tali strumenti vanno
ad aggiungersi alla legge comunitaria annuale, contribuendo a migliorare la fase
di attuazione del diritto comunitario.
Secondo quanto stabilito dall’art. 10, infatti, nel caso in cui vi siano atti normativi
e sentenze degli organi giurisdizionali comunitari che implicano obbli-
ghi statali di adeguamento particolarmente urgenti, e la loro scadenza
cade prima del termine previsto per l’approvazione della legge comunitaria rela-
tiva all’anno in corso, il Consiglio dei ministri (su proposta del suo Presidente o del
Ministro per le politiche comunitarie), può adottare i provvedimenti necessari per
l’esecuzione di tali atti.
Oltre a ciò, la L. 11/2005 prevede una procedura semplificata per il recepimento
di tutti quegli atti che apportano solo modifiche tecniche a direttive cui è
già stata data esecuzione nel nostro ordinamento. Ai sensi dell’art. 13,
infatti, alle norme comunitarie non direttamente applicabili, che modificano moda-
lità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell’ordi-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
namento nazionale, viene data attuazione con decreto del Ministro competente
1
per materia (che ne dà anche tempestiva comunicazione 0- alla Presidenza del
-3
Consiglio dei ministri). 42 1
89
8- 8 l’art. 15 sulla relazione annuale
Infine, è importante ricordare quanto dispone 8-
al Parlamento. Il Governo, infatti, deven97presentare al Parlamento, entro il 31
b
gennaio di ogni anno, una relazione sui /is seguenti temi:
a) gli sviluppi del processo di integrazione i .it europea, con particolare riferimento
in
alle attività del Consiglio europeo u nt e del Consiglio dei ministri dell’Unione euro-
.s
pea, alle questioni istituzionali,
w
w alle relazioni esterne dell’Unione europea, alla
cooperazione nei settori wdella giustizia e degli affari interni e agli orientamenti
generali delle politiche dell’Unione;
b ) la partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario con l’esposizio-
ne dei princìpi e delle linee caratterizzanti della politica italiana nei lavori pre-
paratori in vista dell’emanazione degli atti normativi comunitari e, in particola-
re, degli indirizzi del Governo su ciascuna politica comunitaria, sui gruppi di
atti normativi riguardanti la stessa materia e su singoli atti normativi che rive-
stono rilievo di politica generale;
c ) l’attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l’andamen-
to dei flussi finanziari verso l’Italia e la loro utilizzazione, con riferimento an-
che alle relazioni della Corte dei conti delle Comunità europee per ciò che
concerne l’Italia;
d) i pareri, le osservazioni e gli atti di indirizzo delle Camere, nonché le osserva-
zioni della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato Regioni e della Conferenza dei
Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome,
con l’indicazione delle iniziative assunte e dei provvedimenti conseguente
mente adottati;
e) l’elenco e i motivi delle impugnazioni delle decisioni indirizzate all’Italia (di cui
all’art. 14, comma 2).
100 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
4. RANGO DELLE NORME COMUNITARIE
NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
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-1 0
Nel primo caso il problema viene risolto subito a 2favore -3 della legge comunitaria,
poiché vale il principio che da sempre disciplina 1 4 la successione delle leggi nel
8 9
tempo: lex posterior derogat priori, cioè la88-norma posteriore prevale sem-
-
pre su quella anteriore. Dunque, una 9legge 78 nazionale che confliggesse con
una norma comunitaria successiva, deve n
/ i sb essere considerata superata, talvolta
t
i.i
viene abrogata, in ogni caso non risulta più idonea a regolare la fattispecie.
tin
s un
Nel secondo caso, ossia per lew.norme nazionali confliggenti successive alla nor-
w
ma comunitaria, è intervenuta w più volte la Corte costituzionale che, inizialmen-
te, ha seguito un orientamento giurisprudenziale in netto contrasto con quello
della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Le prime frizioni tra ordinamento italiano e ordinamento comunitario, infatti, risal-
gono ai primi anni ‘60(48). In quegli anni l’Italia aveva portato a termine il processo
di nazionalizzazione delle società erogatrici di energia elettrica, con la legge
1643 del 1962. L’avvocato Costa impugnò questa normativa di fronte alla Corte
Costituzionale, affermando, tra i tanti motivi di questo ricorso, la violazione dell’art.
11 della Costituzione Italiana. A suo parere l’Italia, in applicazione di questa dispo-
sizione costituzionale, aveva ceduto delle quote di sovranità alle istituzioni co-
munitarie proprio nella materia regolata dalla legge impugnata. La L. 1643/1962,
inoltre, in quanto contrastante con una serie di articoli del Trattato CEE in materia
di concorrenza e di aiuti statali alle imprese, andava a realizzare una violazione
mediata dell’art. 11 Cost..
La Corte Costituzionale, con la sentenza 7 marzo 1964 n. 14(49), non accolse i mo-
tivi di ricorso dell’avv. Costa ed affermò che le norme comunitarie erano da porre
(48)
Su questo argomento cfr. anche i Capitoli 1, 2 e 3 di questa stessa Parte Quarta.
(49)
Corte costituzionale, sentenza Costa c. Enel, sopra citata.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 101
sullo stesso piano della legge ordinaria, dal momento che ai Trattati istitutivi era
stata data esecuzione mediante appunto una legge ordinaria (L. 1203/1957 )(50).
La Corte chiamava in causa il principio generale della successione cronologica
delle leggi per affermare l’efficacia della L. 1643/1962 e concludeva quindi che,
in caso di conflitto tra norma interna e norma comunitaria, avendo entrambe lo
stesso rango di legge ordinaria, si dovesse applicare il criterio lex posterior
derogat priori, nel caso in discussione, in favore della fonte di diritto interno.
Investita a sua volta del problema(51), la Corte di giustizia nella ormai famosa
sentenza Costa(52) enunciò una posizione antitetica, entrando in polemica con
quanto stabilito dai giudici costituzionali italiani.
Essa, infatti, ribadiva che con l’istituzione della Comunità gli Stati membri avevano
limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso
di norme comunitarie di carattere vincolante tanto per i cittadini che per gli Stati
stessi. Per questo motivo gli Stati si trovavano nell’impossibilità di derogare al
Trattato con un provvedimento unilaterale ulteriore, in quanto sarebbe venuta
meno l’uniforme applicazione del diritto comunitario. Dunque, la Corte di Giustizia
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(50)
Per l’ordine di esecuzione, cfr. in questa stessa Parte, Cap. Terzo, Par.3.1, nota n. 28.
(51)
La stessa controversia venne portata dinanzi al giudice comunitario, trattandosi di un ri-
corso ex art. 234 TCE, con il quale si richiede alla Corte di giustizia l’esatta interpretazione
di una norma comunitaria (Cfr. Parte Seconda, Capitolo Quinto, Paragrafo 5.9).
(52)
Sentenza 7 marzo 1964, causa 6/64, sopra citata.
(53)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Primo, Paragrafo 1.3.
(54)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Secondo, Paragrafi 2.2 e 2.3; Capitolo Terzo, Paragrafo 3.1.
(55)
Corte costituzionale, sentenza Frontini ed altri c. Amministrazione delle finanze, sopra cita-
ta.
102 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
né di diritto straniero, né di diritto interno dei singoli Stati -, dovessero avere
piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, sen-
za la necessità di leggi di recezione e adattamento, sì da entrare ovunque
contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione uguale ed unifor-
me nei confronti di tutti i destinatari;
• i regolamenti comunitari, come fonte immediata di diritti ed obbli-
ghi sia per gli Stati sia per i loro cittadini in quanto soggetti della Co-
munità, non dovessero essere oggetto di provvedimenti statali a
carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che potessero co-
munque differirne o condizionarne l’entrata in vigore, e tanto meno
sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli, anche parzialmente;
• l’ordinamento comunitario fosse caratterizzato da un complesso di garanzie
statutarie e da un proprio sistema di tutela giuridica;
• i regolamenti comunitari, pur avendo efficacia normativa diretta interna in Ita-
lia, in forza della norma che ha reso esecutivo il Trattato di Roma, non potes-
sero essere sottoposti al controllo di legittimità della Corte costituzionale, pre-
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visto dall’art. 134 Cost. solo per le leggi e gli atti0-1aventi forza di legge dello
Stato e delle Regioni. -3
42
91
-8
Tali principi venivano ribaditi nella importantissima 88 sentenza n. 232 del 30 ottobre
(56) 7 8-
1975 , nella quale il giudice costituzionale n 9 affrontava specificamente il proble-
b
ma del conflitto tra un regolamento tcomunitario /is ed una legge interna ad esso
i .i
successiva. La Corte costituzionale t in affermava che il contrasto andava risolto a
favore del regolamento, mediante un la dichiarazione di illegittimità costituzionale
.s
della legge interna. Essa infatti w osservava che “la successiva emanazione di
w
w
norme legislative interne, anche se aventi lo stesso contenuto sostanziale dei
regolamenti comunitari, comporta non soltanto la possibilità di differirne, in
tutto o in parte, l’applicazione, in aperto contrasto con l’articolo 189, secondo
comma, del Trattato di Roma, ma anche una ben più grave conseguenza, in
quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno ne sottrae
l’interpretazione in via definitiva alla Corte di giustizia delle Comunità, con
palese violazione del regime stabilito dall’art. 177 dello stesso Trattato quale
necessaria e fondamentale garanzia di uniformità di applicazione in tutti gli
Stati membri”. In sostanza, secondo la Corte, la violazione del diritto comunitario
ad opera di leggi nazionali successive comportava una violazione indiretta dell’art.
11 della Costituzione e rendeva pertanto costituzionalmente illegittime simili leggi.
Nella stessa pronuncia, la Corte sosteneva che il giudice nazionale, di
fronte ad un conflitto tra norma comunitaria e norma nazionale poste-
riore, non avrebbe potuto disapplicare automaticamente quest’ulti-
ma, ma avrebbe dovuto sottoporla al giudizio di legittimità della Corte
costituzionale. Dunque, la norma interna successiva, affinché potesse esse-
(56)
Corte costituzionale, sentenza Industrie Chimiche Italia Centrale c. Ministero del commer-
cio con l’estero, sopra citata.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 103
re disapplicata, doveva essere abrogata o dichiarata costituzionalmente illegitti-
ma dall’organo costituzionale competente, ossia dalla Corte costituzionale.
Quest’ultima tesi non accolse molti consensi, né dalla giurisprudenza nazionale,
né dalla dottrina, soprattutto perchè dal punto di vista pratico produceva un note-
vole appesantimento di tempi e procedure. Infatti, di fronte ad una legge interna
incompatibile con un precedente regolamento comunitario, il giudice nazionale
non avrebbe potuto applicare la normativa comunitaria prima che la legge nazio-
nale fosse stata annullata dalla Corte costituzionale.
Il contrasto con la Corte di giustizia delle Comunità europee (già manife-
statosi nel 1964) riemerse proprio su questo punto, nel famoso caso Sim-
menthal(57) . In tale occasione, un giudice italiano chiedeva alla Corte comunita-
ria, attraverso la procedura di rinvio pregiudiziale ex art. 234 TCE, se l’obbligo di
avviare il controllo di costituzionalità allo scopo di disapplicare la legge interna
contrastante non fosse incompatibile col diritto comunitario, in particolare con
l’esigenza di dare applicazione immediata ed uniforme in tutti gli Stati membri alle
norme comunitarie(58).
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La Corte di giustizia colse l’occasione per precisare -1 una serie di punti di impor-
30
tanza fondamentale: 4 2-
• le norme di diritto comunitario sono fonte immediata 91 di diritti e obblighi per tutti
-8
coloro cui esse fanno riferimento: Stati,8-singoli 88 cittadini, giudici;
• in forza del principio della preminenzan9le 7 disposizioni del Trattato e gli atti delle
istituzioni comunitarie hanno l’effetto, / i sb nei loro rapporti col diritto interno degli
it
i.ipso
Stati membri, non solo di rendere tin
jure inapplicabile qualsiasi disposizione
contrastante della legislazione u n nazionale preesistente, ma anche di impedire
.s
successivamente la formazione w di atti legislativi nazionali nella misura in cui
w
fossero incompatibili conwnorme comunitarie;
• qualsiasi giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il
diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai sin-
goli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti del-
(57)
Sentenza Amministrazione delle Finanze c. Simmenthal del 9 marzo 1978, sopra citata. Cfr.
Parte Quarta, Capitolo Primo, Paragrafo 1.3. La Simmenthal S.p.a. importò dalla Francia
una partita di carni bovine. L’importazione venne sottoposta al pagamento di diritti di con-
trollo sanitario, pagamento che costituiva un ostacolo alla libera circolazione delle merci
(più specificamente si tratta di una misura di effetto equivalente alle restrizione quantitative
previste dall’art. 30 del Trattato). La Simmenthal S.p.a. lamentava la violazione del Trattato
ad opera dell’Amministrazione delle finanze e richiedeva la ripetizione di quanto versato
indebitamente. A questo punto il giudice adito avrebbe dovuto, secondo la sentenza ICIC,
rivolgersi alla Corte Costituzionale chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale
della legge italiana che prescriveva il pagamento del controllo sanitario delle carni. Così
però non accadde, in quanto il giudice nazionale si rivolse alla Corte di Giustizia chiedendo
di definire quale fosse il modo più adatto per tutelare i diritti riconosciuti dal diritto comu-
nitario.
(58)
Il giudice nazionale, infatti, non poteva applicare direttamente la norma comunitaria, poi-
ché, come abbiamo appena visto, doveva prima esaurirsi il procedimento di verifica di com-
patibilità costituzionale della norma interna.
104 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
la legge interna, sia anteriore sia successiva alla norma comunita-
ria;
• l’efficacia del diritto comunitario sarebbe ridotta qualora, in caso di conflitto
tra una disposizione di diritto comunitario ed una legge nazionale posteriore,
la soluzione venisse riservata ad un organo diverso (nel nostro caso alla
Corte Costituzionale) dal giudice cui è affidato il compito di garantire l’applica-
zione del diritto comunitario.
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tuzioni comunitarie le competenze relative a determinate -1 materie.
30
Secondo la Consulta da ciò discende che: 4 2-
• la norma comunitaria provvista di immediata 91 applicabilità impedi-
-8
sce alla norma nazionale contrastante - 88 (sia essa anteriore o succes-
7 8
siva) di venire in rilievo per la definizione n9 della controversia dinanzi
al giudice nazionale; / i sb
i t
• la norma nazionale confliggente i. non risulta né nulla né invalida, ma
in
solo inapplicabile al rapporto u nt controverso.
.s
w
w
w
Dunque, il giudice nazionale deve applicare immediatamente la norma comunita-
ria provvista di effetto diretto, senza ricorrere al giudizio di costituzionalità, ed è
tenuto a disapplicare la norma interna incompatibile(60).
Nella stessa sentenza, inoltre, la Corte Costituzionale ha stabilito che la legge di
esecuzione del Trattato resta assoggettata al controllo di costituzionalità “in ri-
ferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti
inalienabili della persona umana”.
Occorre precisare che nella sentenza Granital la Corte costituzionale si occupa
esclusivamente dei regolamenti comunitari, ma un anno dopo, nella pronuncia
BECA S.p.A. c. Amministrazione finanziaria dello Stato(61), essa estende gli
argomenti svolti e le conclusioni raggiunte a tutto il diritto comunitario direttamen-
te applicabile. La normativa comunitaria, infatti, entra e permane in vigore, nel
nostro territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello
(59)
Corte costituzionale, sentenza Granital c. Ministero delle finanze, n. 170 dell’8 giugno
1984.
(60)
La Corte costituzionale propone così la tesi dell’inoccupabilità, da parte del diritto
interno, dello spazio concesso al diritto comunitario.
(61)
Corte costituzionale, sentenza n. 113 del 1985.
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Stato; e ciò tutte le volte che essa soddisfa il requisito dell’immediata applica-
bilità. La nostra Corte costituzionale specifica, inoltre, che questo principio vale
non soltanto per la disciplina prodotta dagli organi della C.E.E. mediante regola-
mento, ma anche per le statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della
Corte di Giustizia(62).
In seguito la Corte costituzionale ha riconosciuto l’efficacia e l’applicabilità imme-
diata e, di conseguenza, la preminenza in caso di conflitto, anche delle direttive
comunitarie quando sussistano i requisiti (individuati dalla Corte di giustizia
comunitaria) che attribuiscono loro un effetto diretto(63).
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1
0-
2 -3
9 14
-8
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(62)
Nella sentenza Provincia Bolzano n. 389 dell’11 luglio 1989, la Corte costituzionale precisa
che le sentenze interpretative sono quelle emesse dalla Corte in tema di diritto comunitario
direttamente applicabile, quelle emesse, cioè, nell’esercizio di una qualsiasi delle sue
competenze e non soltanto quelle emesse in base all’art. 234 TCE che regola la competen-
za (interpretativa) in materia di questioni pregiudiziali.
(63)
Corte costituzionale, sentenza Referendum pesticidi n. 64 del 2 febbraio 1990.
106 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
5. LE REGIONI E IL DIRITTO COMUNITARIO
5.1 INTRODUZIONE
Il rapporto intercorrente tra Regioni e ordinamento comunitario presenta numero-
si aspetti problematici poiché racchiude in sé il tema delle relazioni fra Regioni e
Stato, da un lato, e fra Regioni e Unione europea dall’altro.
Prima di iniziare la nostra riflessione, è opportuno spendere due parole sul ruolo
che le Regioni rivestono nell’ordinamento comunitario, poiché questo inevita-
bilmente provoca ripercussioni all’interno dell’ordinamento statale.
Dopo un’iniziale “indifferenza” della Comunità europea nei confronti dell’assetto
territoriale degli Stati membri, a partire dagli anni Ottanta(64) il sistema comunitario
si è progressivamente aperto alle Regioni. Significative, a tal proposito, sono le
previsioni contenute nel Trattato di Maastricht: l’introduzione del principio di
sussidiarietà, che non si applica soltanto ai rapporti tra Stati e Unione europea,
ma anche a quelli tra Stati ed enti autonomi territoriali; la modifica della composi-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
zione del Consiglio dell’Unione europea, per cui non è più obbligatoria la rappre-
-1
sentanza ufficiale del governo nazionale, ma è consentita 30 anche la presenza di
rappresentanti regionali; l’istituzione del Comitato 4 2- delle Regioni.
1
L’esame del rapporto tra Regioni e diritto comunitario 89 deve naturalmente dividersi
8-
in una prima parte, concernente la cd. fase 8 -8 discendente, cioè dell’attuazione
9 7
nell’ordinamento regionale di atti e decisioni bn assunti a livello comunitario, e in una
seconda parte, relativa alla cd. fase i t /isascendente, ossia della partecipazione
i.
regionale ai procedimenti decisionali in
u nt comunitari.
Riguardo alla fase discendente, .s accanto al problema specifico del ruolo delle
w
Regioni nell’adempimento degli w obblighi comunitari(65), occorre ragionare anche
w
sul tema dell’influenza del diritto comunitario sull’ordinamento regionale. Difatti, il
principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno fa sì che neppure le
competenze regionali possano ritenersi al riparo, così come non lo sono quelle
degli organi dello Stato, dagli effetti del diritto europeo, anche quando tali compe-
tenze (regionali e statali) siano fissate in norme costituzionali. Ci riferiamo, ovvia-
mente, alle limitazioni di sovranità previste dall’art. 11 della nostra Costituzione,
che si impongono non solo allo Stato, ma anche alle Regioni nelle materie di loro
competenza.
Nel corso degli anni, come abbiamo visto, si è verificata una dilatazione delle
competenze comunitarie che ha accresciuto, sia dal punto di vista quantitativo
che da quello qualitativo, il problema delle influenze comunitarie sull’ordinamento
(64)
Risale a tale periodo, infatti, la prima elaborazione dei Programmi Integrati Mediterranei
(PMI), per i quali le norme comunitarie prevedevano un diretto coinvolgimento delle Regioni
interessate nelle azioni comunitarie (la cd. partnership) e attribuivano loro competenze ine-
dite.
(65)
In seguito distingueremo ulteriormente il caso in cui l’adempimento dell’obbligo comunitario
debba avvenire attraverso un’attività amministrativa della Regione oppure tramite un’atti-
vità legislativa della stessa.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 107
(66)
regionale .
La peculiarità dell’ordinamento comunitario consiste nell’aver conferito agli orga-
nismi comunitari il potere di emanare, nelle materie ad essi trasferite, atti giuridici
che sono immediatamente vincolanti per gli Stati membri, cioè i regolamenti e le
direttive. Tale potere è attribuito anche in materie che sul piano interno sono di
competenza regionale (si pensi, ad esempio, al settore agricolo), per cui viene
subito in rilievo il problema di individuare quale sia l’organo competente a dare
attuazione alle disposizioni comunitarie. Teoricamente, tale funzione dovrebbe
spettare alle Regioni, dal momento che si tratta di materie di competenza regiona-
le, ma tale tesi si scontra col principio ripetutamente affermato dalla Corte di
giustizia che attribuisce soltanto allo Stato la responsabilità dell’adem-
pimento (e dell’inadempimento) degli obblighi comunitari, essendo
del tutto indifferente la ripartizione interna dei poteri e delle compe-
tenze. Emblematica in questo senso, è la pronuncia Commissione c. Italia(67),
concernente un caso di inerzia di una Regione quanto alla corretta trasposizione
di una direttiva, inerzia considerata come inadempimento dello Stato. In tale occa-
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sione, infatti, la Corte ha affermato che “uno Stato 0membro -1 non può richiamarsi
3
a situazioni del proprio ordinamento interno 4per 2- giustificare l’inosservanza
degli obblighi e dei termini stabiliti dalle direttive 91 comunitarie. Esso resta il
-8
solo responsabile, nei confronti della Comunità, - 88 del rispetto degli obblighi
7 8
derivanti dal diritto comunitario, qualen9che sia l’uso che esso ha fatto della
libertà di ripartire le competenze normative / i sb sul piano interno”.
i t
i.
Ancora più esplicita è stata la Corte in nelle sentenze Regione vallona c. Commis-
u nt
sione(68) e Regione Toscana c. Commissione (69)
nelle quali sosteneva che “emer-
.s
ge con chiarezza dal sistema w generale dei Trattati che la nozione di Stato
w
membro, ai sensi delle norme w istituzionali e, in particolare, di quelle relative ai
ricorsi giurisdizionali, comprende le sole autorità di governo degli Stati mem-
bri delle Comunità europee e non può estendersi agli esecutivi di regioni o di
comunità autonome, indipendentemente dalla portata delle competenze attri-
buite a questi ultimi. Ammettere il contrario equivarrebbe a mettere in pericolo
l’equilibrio istituzionale voluto dai Trattati, i quali determinano in particolare le
condizioni alle quali gli Stati membri, vale a dire gli Stati firmatari dei Trattati
istitutivi e di quelli di adesione, partecipano al funzionamento delle istituzioni
comunitarie.”
Dunque, relativamente alla questione dell’esecuzione della normativa comunita-
ria, possiamo affermare che se il potere di dare attuazione alle disposizioni
(66)
Allo stesso tempo, in Italia, a partire dagli anni Settanta, si è verificato un progressivo am-
pliamento delle competenze regionali che, a sua volta, ha comportato una maggiore inter-
ferenza fra norme comunitarie ed attività regionali, dal momento che i due livelli di azione
(quello comunitario e quello regionale) si sono spesso sovrapposti.
(67)
Sentenza 13 dicembre 1991, causa C-33/90.
(68)
Sentenza 21 marzo 1997, causa C-95/97.
(69)
Sentenza 1° ottobre 1997, causa C-180/97.
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comunitarie in materie di competenza regionale:
• non fosse attribuito alle Regioni, si assisterebbe ad un’ulteriore limitazione
delle loro competenze (la sovranità delle Regioni sarebbe erosa sia dalla nor-
mativa comunitaria, sia da quella statale di attuazione);
• fosse attribuito alle Regioni, una eventuale violazione delle disposizioni comu-
nitarie sarebbe comunque imputabile allo Stato (quest’ultimo, però, non avreb-
be gli strumenti per imporre il rispetto degli obblighi comunitari).
I rapporti tra lo Stato e le Regioni sono stati segnati da tutte queste considerazioni
e proprio la consapevolezza dei sacrifici indubbiamente sofferti dall’ordinamento
regionale nella partecipazione alle dinamiche comunitarie ha indotto il legislatore
statale a prevedere forme e momenti di maggiore coinvolgimento delle Regioni
nella fase di formazione degli atti comunitari (fase ascendente).
Partendo da una posizione di totale chiusura da parte degli organi statali, il
rapporto Stato-Regioni si è lentamente evoluto verso una più attiva partecipazio-
ne regionale alla realtà comunitaria, dalla legge La Pergola del 1989, fino ad ar-
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rivare alla legittimazione costituzionale operata con0-1la L. cost. 3/2001.
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5.2 LE REGIONI E L’ATTUAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO
Come abbiamo visto, nei rapporti Stato-Regioni l’appartenenza dell’Italia all’Unio-
ne europea ha inciso profondamente sugli assetti interni: non solo importanti
materie attribuite alla Comunità sono al contempo materie di competenza legisla-
tiva e amministrativa delle Regioni (l’agricoltura, l’ambiente, l’istruzione professio-
nale, la cultura, i lavori pubblici), ma l’espansione della sfera di attribuzioni regio-
nali, posta in essere in Italia a partire dalla legge n. 59 del 1997, specie sul piano
amministrativo, ha reso le interferenze sempre più estese e probabili(70) .
Nella veste di autorità amministrative, le Regioni come tutte le autorità pubbliche
sono chiamate ad assicurare l’applicazione del diritto comunitario direttamente
applicabile (norme self-executing). Tale potere delle Regioni ha trovato ricono-
scimento da parte dello Stato fin dal D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977. L’art. 6 di
tale provvedimento attribuiva alle Regioni l’attuazione amministrativa dei re-
golamenti comunitari, nozione poi estesa anche alle direttive dotate di effetto
diretto. Con questa prima disposizione normativa veniva in parte corretta la
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Più complesso risulta, invece, il tema dell’attuazione in via legislativa del diritto
comunitario da parte delle Regioni, poiché in un primo momento il legislatore
statale ha di fatto precluso ogni possibile azione in questo campo.
Una prima parziale apertura è avvenuta nel senso di consentire alle Regioni di
legiferare direttamente in attuazione delle norme comunitarie, senza l’interme-
diazione dello Stato, con l’art. 13 della legge n. 183 del 1987, successivamente
abrogato e riportato con contenuto identico nell’art. 9 della legge n. 86 del
1989 (cd. legge La Pergola).
Questa disposizione, infatti, attribuiva alle sole Regioni a statuto speciale il
potere di dare attuazione alle raccomandazioni ed alle direttive comunitarie
nelle materie di loro competenza esclusiva. Nelle materie di competenza concor-
(70)
Per non parlare delle interferenze tra competenze comunitarie e regionali che possono ve-
nirsi a creare a seguito della legge costituzionale n. 3 del 2001, che, invertendo il criterio
di riparto di competenza, e affidando alle Regioni la potestà legislativa al di fuori delle ma-
terie enumerate (riservate allo Stato) ha accresciuto ulteriormente il problema.
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rente, invece, sia le Regioni a statuto speciale che quelle ordinarie potevano
dare esecuzione alle norme comunitarie soltanto dopo l’entrata in vigore della
prima legge comunitaria, strumento col quale lo Stato provvedeva al recepimento
e dettava principi non derogabili alle Regioni.
L’art. 9 della legge La Loggia è stato poi integralmente modificato dall’art. 13
della legge n. 128 del 1998, ossia dalla legge comunitaria 1995-1997(71). Tale
disposizione attribuiva sia alle Regioni a statuto speciale sia a quelle a statuto
ordinario il potere di dare attuazione alle disposizioni comunitarie e ciò sia per
le materie di competenza esclusiva che per quelle concorrenti.
Si trattava, dunque, di un’ampia apertura alle istanze regionali che tuttavia non
era priva di limitazioni: lo Stato, infatti, con la legge comunitaria (o con qualunque
altra legge), poteva comunque indicare disposizioni di principio non derogabili,
cui le successive leggi regionali di attuazione dovevano conformarsi(72).
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slativa dei poteri delle Regioni che stiamo esaminando. -1 In particolare, nella sen-
30
tenza n. 126 del 24 aprile 1996, la Corte ha proceduto 4 2- ad una razionalizzazione
delle sue precedenti posizioni, cercando di raggiungere 91 un punto di equilibrio tra
-8
le esigenze di autonomia delle Regioni e l’unitarietà - 88 della responsabilità statale
8
riconosciuta dalla Corte comunitaria. n97
b
Riportiamo di seguito alcuni passi fondamentali /is della suddetta pronuncia.
i .it
“È principio indubitabile che la partecipazione
t in dell’Italia al processo di inte-
grazione europea e agli obblighi u n che ne derivano deve coordinarsi con la
.s
propria struttura costituzionale w
w fondamentale, della quale fa parte integrante la
w
struttura regionale dello Stato (compresa la particolarità della posizione delle
Province autonome di Trento e Bolzano, entro l’organizzazione della Regione
Trentino-Alto Adige). Tale necessario coordinamento ha dato luogo a un lungo
e, in alcuni passaggi, tormentato processo di affinamento di principi e istituti.
L’equilibrio che ne deriva può sintetizzarsi come segue:
¾ L’attuazione negli Stati membri delle norme comunitarie deve tener conto
della struttura (accentrata, decentrata, federale) di ciascuno di essi, cosic-
ché l’Italia è abilitata, oltre che tenuta dal suo stesso diritto costituzionale,
a rispettare il suo fondamentale impianto regionale. Pertanto, ove l’attuazio-
ne o l’esecuzione di una norma comunitaria metta in questione una compe-
tenza legislativa o amministrativa spettante a un soggetto titolare di auto-
nomia costituzionale, non si può dubitare che (come affermato dalla giuri-
(71)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.1.
(72)
Nel caso di leggi regionali emanate prima della legge nazionale di recepimento si distingue
va tra:
• Leggi emanate in materie di competenza concorrente. In tal caso le disposizioni nazio-
nali successive prevalevano su quelle regionali.
• Leggi emanate in materie di competenza esclusiva. In tal caso le Regioni a statuto
speciale dovevano adeguarsi alle successive disposizioni di principio adottate.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 111
sprudenza di questa Corte, fin dalla sentenza n. 304 del 1987), normalmen-
te, ad esso spetti agire in attuazione o in esecuzione, naturalmente entro
l’ambito dei consueti rapporti con lo Stato e dei limiti costituzionalmente
previsti nelle diverse materie di competenza regionale (e provinciale): rap-
porti e limiti nei quali lo Stato è abilitato all’uso di tutti gli strumenti consen-
titigli, a seconda della natura della competenza regionale (e provinciale),
per far valere gli interessi unitari di cui esso è portatore;
¾ Tuttavia, poiché dell’attuazione del diritto comunitario nell’ordinamento in-
terno, di fronte alla comunità europea (oggi, Unione europea), è responsa-
bile integralmente e unitariamente lo Stato (ex plurimis, sentenze nn. 382
del 1993 e 632 del 1988), a questo - ferma restando, secondo quanto appe-
na detto, la competenza “in prima istanza” delle Regioni e delle Province
autonome - spetta una competenza, dal punto di vista logico, “di seconda
istanza”, vòlta a consentire a esso di non trovarsi impotente di fronte a vio-
lazioni del diritto comunitario determinate da attività positive o omissive dei
soggetti dotati di autonomia costituzionale. Gli strumenti consistono non in
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(73)
Corte costituzionale, sentenza Province Trento e Bolzano n. 126 del 24 aprile 1996.
(74)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Secondo, Paragrafo 2.3.
112 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunita-
ri e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e
degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite
dallo Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso
di inadempienza”.
La norma pone l’accento su alcuni punti fondamentali per il sistema delle relazioni
tra l’Italia e l’Unione europea, costituzionalizzando i tre principi che regolano la
partecipazione delle Regioni nella formazione e nell’attuazione della normativa
comunitaria. Essa, infatti, prevede:
• la partecipazione delle Regioni nella fase ascendente del diritto comunitario;
• la partecipazione delle Regioni nella fase discendente del diritto comunitario;
• la predisposizione di apposite norme di procedura da parte dello Stato con le
quali viene disciplinato il potere di intervento sostitutivo.
Quanto alla partecipazione delle Regioni all’iter procedurale che porta all’adozio-
ne degli atti normativi comunitari, la nuova disposizione costituzionale crea un
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
vero e proprio obbligo per lo Stato di prevedere forme 1 di partecipazione delle
0-
Regioni alla formazione del diritto comunitario,42tanto -3 diretta che indiretta. Tale
1
partecipazione, come vedremo nel paragrafo -5.3, 89 si realizza soprattutto attraver-
so un costante flusso informativo tra Stato - 88e Regioni sulle varie fasi di predi-
sposizione degli atti comunitari e attraverso 78
b n9 la presenza dei rappresentanti degli
Enti territoriali in vari organismi (Conferenza s Stato Regioni, Comitato delle Regio-
t/i
ni). i.i
tin
un
.s
Riguardo all’attuazione del dirittow comunitario nel nostro Stato, per un verso il
w
w
nuovo Titolo V riconosce a livello costituzionale la facoltà per le Regioni di rece-
pire in via del tutto autonoma le disposizioni comunitarie, ma per altro verso
comprime l’autonomia dell’Ente territoriale relativamente alla scelta degli strumenti
attraverso i quali si esprime la partecipazione delle Regioni alla fase discenden-
te. Difatti, la previsione di apposite “norme di procedura” da stabilirsi con legge
dello Stato si riferisce sia alle modalità di esercizio della potestà legislativa per
l’attuazione della normativa comunitaria, sia al relativo potere sostitutivo statale.
Prima di passare ad esaminare il potere sostitutivo dello Stato è utile ricordare
che l’intera materia dei rapporti Regioni-Diritto comunitario è stata disciplinata a
livello legislativo dalla legge 11/2005, provvedimento che, sebbene analizzato in
precedenza(75), necessita di alcune considerazioni aggiuntive in questa sede.
L’art. 16 della legge Buttiglione, infatti, è dedicato proprio all’attuazione delle
direttive comunitarie da parte delle Regioni e delle Province autonome. Esso
innanzitutto precisa che le Regioni e le Province autonome:
¾ nelle materie di propria competenza (piena o residuale) possono dare imme-
diata attuazione alle direttive comunitarie;
¾ nelle materie di competenza concorrente possono dare immediata attuazio-
(75)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 113
ne alle direttive comunitarie, ma in questo caso devono rispettare i princìpi
fondamentali non derogabili individuati dalla legge comunitaria(76). Le Regioni,
però, non devono attendere l’approvazione di tale legge prima di poter rece
pire le direttive, dal momento che l’attuazione può anche precedere tale prov-
vedimento. Inoltre, nel caso in cui la legge regionale già emanata sia in con-
trasto con i principi fondamentali contenuti nella legge comunitaria vi è una
prevalenza di questi ultimi sulle disposizioni regionali.
Quanto all’attuazione delle direttive nelle materie di competenza esclusiva dello
Stato, il quarto comma dell’art. 16 stabilisce che il recepimento spetta sempre allo
Stato, ma il Governo può indicare i criteri e formulare le indicazioni ai quali si
devono attenere le Regioni e le Province autonome ai fini del soddisfacimento di
esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programma-
zione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.
Il secondo comma dello stesso articolo dispone che “i provvedimenti adottati
dalle Regioni e dalle Province autonome per dare attuazione alle direttive
comunitarie, nelle materie di propria competenza legislativa, devono recare
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata -1 e devono essere tra-
30
smessi in copia conforme alla Presidenza del 4Consiglio 2- dei ministri - Diparti-
mento per le politiche comunitarie”. 8 91
Ai sensi dell’art. 8, comma 5, lettera e, le8Regioni 8- possono anche adottare una
-8
propria legge comunitaria annuale che 7
9 deve essere segnalata nella relazio-
b n
ne al disegno di legge di accompagnamento /is della legge comunitaria nazionale. In
i .it
questo documento il Governo riporta t in anche l’elenco degli atti normativi con i quali
un
nelle singole Regioni e Provincesautonome si è provveduto a dare attuazione alle
.
w
direttive nelle materie di loro competenza (77)
.
w
w
(76)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2, nota n. 45.
(77)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2, nota n. 42.
114 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
5.2.1 Il potere sostitutivo dello Stato e il principio di cedevolezza
Il potere sostitutivo dello Stato è la facoltà per gli organi statali di adempiere diret-
tamente ad obblighi che normalmente sono di competenza degli organi regionali
e che da questi non vengono rispettati.
Tale potere è previsto dall’art. 120, comma 2 della Costituzione, secondo il qua-
le “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane,
delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto…della normativa co-
munitaria.(…) La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri so-
stitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio
di leale collaborazione”.
Il potere di intervento suppletivo dello Stato si giustifica in base al fatto che lo
Stato resta comunque l’unico soggetto responsabile in sede comunitaria dell’i-
nadempimento regionale(78).
Inoltre, l’esercizio del potere sostitutivo è anticipato e cedevole, secondo quan-
to affermato dal Consiglio di Stato nella decisione del 25 febbraio 2002, in
cui si precisa che:
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
• all’attuazione delle direttive comunitarie nelle materie -1 attribuite alle Regioni o
30
alle Province autonome in via esclusiva o concorrente, 4 2- sono competenti le
Regioni e le Province autonome; 8 91
• ove le Regioni non abbiano provveduto,8-8sussiste 8- il potere-dovere dello Stato,
al fine di rispettare i vincoli comunitari, 7
9 di attuare, attraverso proprie fonti nor-
b n
mative, tali direttive; /is
i .it
• le norme poste dallo Stato in viatisostitutiva
n sono applicabili solo nell’ambito dei
un
territori delle Regioni e delle sProvince autonome che non abbiano provveduto
.
e sono cedevoli, divengono w
w cioè inapplicabili, qualora le Regioni o le Provin-
w
ce esercitino il potere loro proprio di attuazione della direttiva, nel territorio di
tali Regioni o Province;
• ove lo Stato intervenga in via sostitutiva per l’attuazione delle direttive comuni-
tarie, deve essere sentita la Conferenza Stato Regioni(79), nel rispetto del prin-
cipio di leale collaborazione.
(78)
È lo Stato, infatti, che rimane il destinatario delle procedure di infrazione della Commissio-
ne europea ex art. 226 TCE, nonché il soggetto obbligato a conformarsi ad una succes-
siva ed eventuale sentenza della Corte di giustizia.
(79)
Per la Conferenza Stato Regioni cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2, nota n.
40.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 115
per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna al-
l’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o
necessari al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria;
¾ decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo inte-
ressato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio
dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, oppure nomi-
na un apposito Commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa
il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimen-
to.
(80)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2, nota n. 47.
116 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
5.3 LE REGIONI E LA FORMAZIONE DEGLI ATTI COMUNITARI
Nel paragrafo 5.2 abbiamo visto come la legge costituzionale 3/2001 abbia intro-
dotto nella nostra Carta fondamentale un vero e proprio obbligo per lo Stato di
prevedere forme di partecipazione delle Regioni alla fase ascendente del diritto
comunitario.
Difatti, l’art. 117, comma 5, della Costituzione prevede che: “Le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunita-
ri (…), nel rispetto delle norme di procedura stabilite dallo Stato (…)”.
L’attuazione di questa disposizione si può rinvenire nella legge 131/2003 che ha
dato seguito alla partecipazione regionale alla fase ascendente diretta: si tratta
della previsione della partecipazione dei rappresentanti regionali in quella fase
della formazione del diritto comunitario che si svolge nell’ambito delle istituzioni
comunitarie, in Consiglio principalmente(81).
L’art. 5 della legge La Loggia, infatti, dispone che ”le Regioni e le Province
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
autonome di Trento e di Bolzano concorrono direttamente, nelle materie di loro
1
competenza legislativa, alla formazione degli atti 0- comunitari, partecipando,
-3
nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle 1attività 42 del Consiglio e dei grup-
pi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della 9
8 -8 Commissione europea, secondo
8
modalità da concordare in sede di Conferenza 8- Stato Regioni che tengano
conto della particolarità delle autonomie n 97 speciali e, comunque, garantendo
s b
l’unitarietà della rappresentazione della t/i posizione italiana da parte del Capo
i.i
delegazione designato dal Governo. t in Nelle delegazioni del Governo deve esse-
n
re prevista la partecipazione .sdiu almeno un rappresentante delle Regioni a
w
statuto speciale e delle Provincew
w autonome di Trento e di Bolzano”.
Ancora, in deroga alla regola che attribuisce ad un rappresentante del Governo
il ruolo di Capo della delegazione italiana presso le istituzioni europee, lo stesso
articolo 5 prevede la possibilità di conferire tale carica anche ad un Presidente di
Giunta regionale o di Provincia autonoma, nelle materie di competenza legislativa
esclusiva delle Regioni.
Significativa appare anche la disposizione del 2 comma dell’art. 5, laddove si
consente alle Regioni ed alle Province autonome, nelle materie di loro competen-
za legislativa, di chiedere al Governo di impugnare dinnanzi alla Corte di giustizia
atti normativi comunitari ritenuti illegittimi. Si ricorda che lo Stato è un cd. ricorren-
te privilegiato che, unitamente alle istituzioni comunitarie, secondo l’art. 230 TCE,
può presentare ricorso alla Corte di giustizia impugnando un atto comunitario di
cui sostiene l’illegittimità, senza dover dimostrare un particolare interesse a ri-
correre. Le Regioni non rientrano nel numero di questi soggetti, ed il tramite del
Governo per l’impugnazione dell’atto normativo ai sensi dell’art. 230, comma 2
TCE diventa quindi indispensabile. Diversamente, esse possono agire dinnanzi
alla Corte alla stregua di una qualsiasi altra persona giuridica - cd. ricorrenti non
privilegiati - soltanto se l’atto impugnato le riguardi direttamente e individualmente
(81)
Sul Consiglio cfr. Parte Seconda, Capitolo Terzo, Paragrafi 3.1 e 3.2.
gli stati membri www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 117
(82)
(art. 230, comma 4 TCE) .
Inoltre, viene lasciata alla discrezionalità del Governo la decisione se dare segui-
to o meno alla richiesta di impugnazione; l’obbligo di proporre il ricorso sussiste,
invece, soltanto nell’ipotesi di richiesta pervenuta dalla Conferenza Stato Regioni
a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.
Per completare il nostro discorso sul rapporto Regioni-Diritto comunitario è op-
portuno tornare ad esaminare la legge 11/2005, provvedimento che all’art. 5
disciplina il ruolo delle Regioni nella fase ascendente del diritto comunitario(83).
Tale articolo, infatti, è dedicato proprio alla “partecipazione delle Regioni e delle
Province autonome alle decisioni relative alla formazione di atti normativi co-
munitari”.
Anzitutto, esso prevede che il Governo:
¾trasmetta i progetti e gli atti comunitari, contestualmente alla loro ricezione, al-
la Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Tren-
to e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli
regionali e delle Province autonome, (che a loro volta provvedono ad inoltrarli
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(82)
Cfr. Parte Seconda, Capitolo Quinto, Paragrafo 5.5.
(83)
Cfr. Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2.
118 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 gli stati membri
gioni inserite all’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dei Ministri del
l’Unione europea;
¾ riferire, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, alla Con-
ferenza Stato Regioni, in sessione comunitaria, sulle proposte e sulle materie
di competenza delle Regioni e delle Province autonome che risultano inserite
all’ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assume-
re(84);
¾ informare le Regioni e le Province autonome (sempre attraverso la Conferen-
za dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano)
delle risultanze delle riunioni del Consiglio dei ministri dell’Unione europea e del
Consiglio europeo con riferimento alle materie di loro competenza, entro quindici
giorni dallo svolgimento delle stesse.
Infine, è utile ricordare quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 5 che introdu-
cono una procedura innovativa per quei progetti di atti normativi comunitari che
riguardano una materia attribuita alla competenza legislativa delle Regioni o delle
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Province autonome(85). 1
0-
In tal caso, infatti, una o più Regioni o Province42autonome -3 possono chiedere al
Governo di convocare una sessione della Conferenza 8 91 Stato Regioni allo scopo
di raggiungere un’intesa entro venti giorni;8decorso 8- tale termine (oppure se sus-
-8
siste un’urgenza motivata sopravvenuta) 7
n9 il Governo può procedere anche in
mancanza dell’intesa. / i sb
t
Analogamente a quanto previsto tper i.i
in il Parlamento, anche le Regioni possono
u n
chiedere al Governo, tramite la sConferenza Stato Regioni, di apporre una riser-
.
va di esame in sede di Consiglio w dei Ministri dell’Unione europea, sempreché gli
w
atti in discussione rientrino wnella loro competenza legislativa. Se ciò avviene, il
Governo comunica l’avvenuta apposizione della riserva e concede alla Confe-
renza venti giorni per pronunciarsi sull’argomento; se, decorso tale termine, non
vi è alcuna comunicazione il Governo può procedere comunque alle attività di-
rette alla formazione dei relativi atti comunitari.
(84)
Analogo obbligo informativo nei confronti della Conferenza è previsto per l’ordine del gior-
no delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea.
(85)
Tale procedura è stata già accennata nella Parte Quarta, Capitolo Terzo, Paragrafo 3.2.
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 119
PARTE QUINTA
ADESIONE DI NUOVI STATI E RELAZIONI ESTERNE
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
L’esperienza dei successivi ampliamenti della Comunità -1 e le disposizioni dei Trat-
tati relative ad essi, permettono di ricavare altre2-condizioni 30 che devono essere
4
rispettate per poter aderire all’Unione europea. 8 91
-
Anzitutto, i nuovi Stati membri devono garantire 88 il rispetto dei principi democratici,
7 8-
dei diritti fondamentali dell’uomo, delle libertà fondamentali e dei principi dello
n9
Stato di diritto. Tale condizione, non /iprevista sb nella formulazione originaria del
t
Trattato di Maastricht, è stata introdotta, i.i come abbiamo visto, dal Trattato di
Amsterdam, attraverso un richiamo n tin all’art. 6, par. 1.
u
Una condizione specifica essenziale .s che i Paesi candidati devono rispettare
w
w
consiste nell’accettazione integrale
w del cd. acquis communautaire, ovvero
l’accettazione di tutti i diritti e gli obblighi, attuali e potenziali, del sistema comuni-
tario e della sua struttura istituzionale. Infatti, divenire membro dell’UE presuppo-
ne il pieno recepimento da parte del nuovo Stato:
• dei contenuti, dei principi e degli obiettivi politici ed economici sanciti dai Trat-
tati della Comunità e dai suoi allegati;
• della normativa da questi derivante e della giurisprudenza della Corte di Giu-
stizia;
• delle dichiarazioni e delle risoluzioni adottate nell’ambito dell’Unione;
• degli atti che rientrano nella Politica Estera e di Sicurezza Comune;
• degli atti che rientrano nel contesto della Giustizia e degli Affari Interni;
• degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità e di quelli conclusi dagli
Stati membri tra essi nei settori di competenza dell’Unione(2).
(1)
Lo Stato candidato potrà accordarsi con l’UE relativamente alle modalità ed ai tempi d’at-
tuazione del sistema europeo sul piano nazionale seguendo i propri meccanismi legislativi
interni.
(2)
L’ acquis comunitario corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vinco-
lano l’insieme degli Stati membri nel contesto dell’Unione europea. Esso è in costante e-
voluzione e non può essere messo in discussione in nessun caso.
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 121
Inoltre, bisogna sottolineare che per divenire membro dell’UE non basta la volontà
di accettare l’acquis communautaire, ma occorre la dimostrazione della capacità
del candidato di farlo proprio, di poterlo applicare, cioè, senza alcun tipo di vin-
colo o distorsione.
Dunque, perché i negoziati di adesione possano andare in porto, è necessario
che ciascuno Stato candidato adotti integralmente l’acquis comunitario, cioè le
norme europee in vigore in materia di:
• Libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi, dei capitali;
• Diritto societario;
• Concorrenza;
• Agricoltura e pesca;
• Trasporti:
• Fiscalità;
• Unione economica e monetaria;
• Politica sociale ed occupazionale;
• Statistica;
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
• Energia; -1
30
• Politica industriale; 4 2-
• Piccole e medie imprese; 91
-8
• Scienza e ricerca; - 88
• Istruzione e formazione; 78
b n9
is
• Telecomunicazioni e tecnologie dell’informazione;
it/
• Cultura e politica audiovisiva; tini.
• Politica regionale; un
.s
• Ambiente; w
w
• Consumatori e salute; w
• Giustizia ed affari interni;
• Unione doganale;
• Commercio estero;
• Politica estera e di sicurezza comune;
• Controllo finanziario;
• Finanze e bilanci;
• Istituzioni.
A tali criteri vanno aggiunti, infine, quelli fissati nel corso del Consiglio europeo di
Copenaghen del giugno 1993, quando furono esaminate le richieste di adesione
dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale (cosiddetti PECO). In tale occasione,
per la prima volta, venne affermato che l’adesione alle Comunità dei PECO sareb-
be stata realizzata al più presto dopo che questi paesi fossero stati in grado e
avessero dato dimostrazione di rispettare le condizioni economiche e politiche
richieste. I requisiti essenziali per la procedura di adesione, noti come criteri di
Copenaghen, furono individuati nel raggiungimento e nel rispetto dei seguenti
principi:
• stabilità politica e rispetto dei principi della Democrazia;
• tutela delle regole di uno Stato di diritto, dei diritti dell’uomo e delle minoranze;
122 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 i nuovi stati
• instaurazione e consolidamento di una economia di mercato in grado di sop-
portare le regole e le pressioni derivanti dalla libera concorrenza;
• capacità di assumere gli impegni connessi all’adesione, compresa l’accetta-
zione degli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
no le principali sfide che gli Stati aspiranti all’adesione -1 devono raccogliere. A tal
30
fine devono rafforzare le amministrazioni nazionali 4 2- e i sistemi giudiziari e proce-
1
dere al drastico adeguamento delle loro infrastrutture 89 nel duplice fine di confor-
marsi alle norme comunitarie soprattutto in8-8materia 8- di ambiente, e di sviluppare
reti efficienti nel settore dei trasporti, dell’energia 7 e delle telecomunicazioni. Per
n9
facilitare questi profondi adeguamenti / i sb i Paesi candidati ricevono aiuti alla
i t
preadesione. i.
tin
un
.s
Nel corso dell’ultimo processo w
w di allargamento sono stati stanziati finanziamenti
w
ad hoc, mediante tre programmi:
• PHARE, attivato nel 1989, è stato il primo programma di aiuti, utilizzato per raf-
forzare la capacità amministrativa dei PECO e permettere l’applicazione della
legislazione dell’Unione europea, nonché per finanziare azioni regionali e la
partecipazione a vari programmi comunitari;
• ISPA, lo “Strumento strutturale di preadesione”, istituito nel 1999, è un program-
ma destinato ad incentivare gli investimenti nel settore dell’ambiente e dei tra-
sporti;
• SAPARD, il “Programma di adeguamento strutturale a favore dell’agricoltura
e dello sviluppo rurale”, istituito nel 1999, serve a finanziare programmi di svi-
luppo agricolo e rurale selezionati dal paese beneficiario.
Per integrare nell’Unione i nuovi Stati nel modo meno traumatico possibile sono
state previste diverse misure transitorie e di accompagnamento anche dopo
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
(3)
Il programma TAIEX, che fornisce attualmente assistenza a Bulgaria, Romania, Turchia e
Croazia per l’adeguamento all’acquis comunitario, è stato di recente esteso ai Paesi dei
Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica Yugoslava di Macedonia,
Serbia e Montenegro) nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione, con un
sensibile incremento dei progetti da esso finanziati.
(4)
In questa prima tappa, la legislazione di ciascun Paese candidato viene valutata sotto il
profilo della compatibilità con le regole comunitarie. Battezzato screening, questo proces-
so, che si svolge congiuntamente con la Commissione e ciascun Paese candidato, con-
sente di stabilire, per ciascuno di essi, settore per settore, una “carta stradale” indicante
quali atti legislativi devono essere adottati, oppure modificati affinché il futuro membro sia
in grado di rispettare l’acquis comunitario il più rapidamente possibile.
L’esercizio di screening è essenziale in quanto servirà da base nei negoziati bilaterali tra
l’Unione europea e ciascuno Stato candidato.
124 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 i nuovi stati
Il Consiglio europeo del dicembre 2004 ha chiesto al Consiglio dei ministri dell’UE
di stabilire un quadro di negoziazione in vista dell’avvio dei negoziati di adesione
con la Croazia il 17 marzo 2005, subordinatamente alla piena e totale collabora-
zione del paese con il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Iugoslavia. Suc-
cessivamente il Consiglio dei ministri dell’UE, riunitosi il 16 marzo 2005 nella sua
formazione “Relazioni esterne”, ha rifiutato di avviare i negoziati di adesione con
la Croazia, ritenendo insufficiente la collaborazione del paese con il Tribunale
Penale Internazionale per l’ex Iugoslavia (con particolare riguardo alla consegna
del generale Ante Gotivina, accusato dal 2001 di crimini di guerra e di crimini
contro l’umanità).
I Ministri degli Esteri non hanno fissato una nuova data per l’apertura dei negozia-
ti di adesione, subordinando implicitamente tale decisione alla consegna del
generale Gotivina al Tribunale suddetto.
Il 22 marzo 2004, anche la ex Repubblica Iugoslava di Macedonia ha ufficialmen-
te presentato la propria candidatura per l’adesione all’UE, che è attualmente
oggetto di valutazione da parte delle istituzioni europee.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
Ancora incerta sembra essere la posizione della Turchia -1 che ha presentato la
30
sua domanda di adesione alla Comunità per la prima 4 2- volta il 14 aprile 1987. Nel
1
corso del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 89e 17 dicembre 2004 si è giunti alla
conclusione che la Turchia può soddisfare 8i-8criteri 8- politici di Copenaghen (demo-
crazia, legalità, rispetto e protezione dei diritti n 97 umani e delle minoranze) ed è stato
b
raggiunto l’accordo per iniziare i negoziati /is di adesione il 3 ottobre 2005. Di tale
i .it
accordo è importante ricordare alcuni t in punti chiave:
• il negoziato non implica l’adesioneu n automatica all’UE; in caso di intesa mancata
.s
si cercherà una soluzionewwdi collegamento alternativa, seppur forte, con le
strutture europee; w
• nel caso in cui si manifestino gravi e persistenti violazioni dei principi di libertà,
democrazia e del rispetto dei diritti umani gli Stati dell’Unione potranno decide-
re a maggioranza qualificata la sospensione delle trattative;
• il Trattato di adesione potrà contenere delle deroghe, periodi di transizione e
clausole di salvaguardia in particolare per quanto riguarda la circolazione del-
le persone, gli aiuti agricoli e quelli alle regioni meno sviluppate.
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
sione di accordi di buon vicinato tra gli stati dell’Europa -1 sud-orientale.
30
Il Consiglio europeo di Feira del giugno 2000 ha 4 2- riconosciuto che tutti i paesi
dei Balcani occidentali sono potenziali candidati 91 per l’adesione all’UE. In tale
-8
prospettiva è necessario il rispetto dei criteri - 88 politici, economici ed istituzionali
stabiliti in occasione del Consiglio europeo 78
b n9 di Copenaghen del 1993 (articoli 6 e
49 TUE). Ciò è stato peraltro riconosciuto s
t/i con la dichiarazione adottata a Zagabria
nel novembre 2000 dai capi di governo i.i dell’Unione europea e dei paesi parteci-
t in
panti al processo di stabilizzazione u n e di associazione e ribadito in occasione del
.s
Consiglio europeo di Salonicco w
w del giugno 2003.
w
Nell’ambito del Consiglio europeo di Salonicco e del vertice UE-Paesi dei Balcani
occidentali del giugno 2003 è stata presentata la proposta di introdurre nel
processo di stabilizzazione e di associazione strumenti che si sono rivelati
efficaci nel corso del processo di preadesione. Nell’Agenda di Salonicco del
giugno 2003 sono stati definiti i mezzi che permettono di potenziare il processo
di stabilizzazione e associazione, in particolare tramite l’istituzione di partenariati
europei aventi lo scopo di definire le priorità a breve e a medio termine su cui
devono concentrarsi i Paesi interessati. Nel marzo 2004, l’UE ha approvato i primi
partenariati europei con i Paesi dei Balcani occidentali.
Il 22 novembre 2004 sono stati firmati accordi-quadro tra la Comunità europea e,
rispettivamente, l’Albania, la Bosnia-Herzegovina, la Croazia, l’ex Repubblica
iugoslava di Macedonia e la Serbia-Montenegro, al fine di stabilire le modalità e le
condizioni generali applicabili alla partecipazione di ciascuno di questi paesi ai
programmi comunitari. I cinque accordi-quadro contengono un elenco dei 24 pro-
grammi esistenti ai quali questi Paesi possono partecipare e sanciscono il princi-
pio dell’accesso a tutti i nuovi programmi comunitari.
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 127
Nello schema che segue riportiamo le tappe fondamentali
dell’allargamento dell’Unione europea:
2.1 INTRODUZIONE
Come tutte le organizzazioni internazionali, la Comunità ha la capacità di stipulare
accordi internazionali, con Stati terzi e con altri organismi internazionali.
Nel Trattato istitutivo della Comunità europea esiste una precisa disposizione,
l'art. 281 TCE, significativa anche per la sua formulazione essenziale: "La Co-
munità ha personalità giuridica". Il conferimento della personalità giuridica alla
Comunità non può non comportare la possibilità di condurre un'attività di rilevanza
esterna e, di conseguenza, anche di concludere degli accordi internazionali.
Al di là dell'articolo in questione, che parte della dottrina considera insufficiente
a garantire il riconoscimento della personalità giuridica(5), le manifestazioni della
personalità internazionale della Comunità sono molteplici, essa infatti:
• intrattiene rapporti diplomatici con gli Stati membri ed anche con Stati terzi, in-
viando ed accreditando missioni diplomatiche temporanee o permanenti;
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
• instaura rapporti e collegamenti con altre organizzazioni -1
internazionali, ad
esempio partecipa come osservatore ai lavori -dell'Assemblea 30 Generale delle
4 2
Nazioni Unite; 1
89
• partecipa a varie conferenze internazionali, 8- ad esempio i negoziati tariffari
8 -8
dell'Organizzazione Mondiale del Commercio; 7
• stipula accordi internazionali con Stati n9
/ i sb terzi.
È proprio quest'ultima competenza,i.itcd. treaty making power, a costituire la
manifestazione più significativa della tin personalità giuridica internazionale comu-
un
nitaria, dunque della capacitàwdella.s Comunità di svolgere un ruolo attivo nelle
relazioni internazionali. w
w
Prima di passare ad esaminare le disposizioni del Trattato che regolano nel
concreto la competenza delle istituzioni comunitarie a stipulare accordi, è neces-
sario sottolineare che non esiste alcun riferimento alla personalità giuridica
dell'Unione europea, mancando nel Trattato di Maastricht una disposizione
analoga a quella dell'articolo 281 TCE(6).
Il Trattato attribuisce espressamente alla Comunità il potere di stipulare:
• accordi tariffari e commerciali, nel contesto delle competenze relative alla po-
litica commerciale comune (art. 133 TCE);
• accordi di associazione con uno o più Stati terzi o con organizzazioni interna-
zionali (art. 310 TCE).
Nei primi anni di vita della Comunità si riteneva che, in settori diversi da quelli
espressamente previsti dal Trattato, la Comunità dovesse lasciare il campo agli
Stati membri oppure dividere con essi la competenza a stipulare accordi interna-
(5)
In effetti, un Trattato non può imporre a Terzi delle situazioni, come l’attribuzione della per-
sonalità giuridica internazionale, che, invece, devono scaturire solo dal concreto atteggiar-
si dell’ordinamento internazionale.
(6)
Tale assenza, tuttavia, non può portare ad una pura e semplice negazione della personalità
all’Unione, così come l’esplicita previsione contenuta nel Trattato CE non è condizione suf-
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 129
zionali: ciò in forza di una rigorosa applicazione del principio delle competenze di
attribuzione.
Col tempo la situazione è mutata grazie alla prassi delle istituzioni e soprattutto
alla costante giurisprudenza della Corte di giustizia che ha avuto inizio nel 1971,
con una sentenza ormai famosa in tema di politica dei trasporti seguita poi da
altre pronunce e pareri(7). Nella pronuncia AETS(8), infatti, la Corte ha affermato
che "la Comunità può stabilire dei rapporti contrattuali con gli Stati terzi per
l'intera gamma degli scopi enunciati nel Trattato. Questa competenza non è
espressamente prevista dal Trattato, ma può desumersi anche da altre dispo-
sizioni del Trattato e da atti adottati, in forza di queste disposizioni, dalle
istituzioni della Comunità. In particolare, tutte le volte che, per la realizzazione
di una politica comune prevista dal Trattato, la Comunità ha adottato delle
disposizioni contenenti, sotto qualsiasi forma, norme comuni, gli Stati membri
non hanno più il potere - né individualmente né collettivamente - di contrarre
con gli Stati terzi obbligazioni che incidono su dette norme o ne alterino la por-
tata".
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La competenza della Comunità è esclusiva in tema 0di-1 politica commerciale comu-
ne, anche quando non fosse stata precedentemente -3 esercitata ed anche per i
1 42
profili complementari ed accessori alla politica-89commerciale contenuti nell'accor-
do(12). Inoltre, la competenza esterna va 8misurata 8 su quella interna anche se
-8
quest'ultima non è stata ancora esercitata, 7
9 poiché in tal caso si deve comunque
b n
ammettere una competenza solo transitoria /is degli Stati membri insieme a quella
i .it
comunitaria, che va esercitata sempre t in in funzione della realizzazione degli obiet-
tivi della Comunità(13). un
.s
In sostanza, è sempre in funzione w del principio del parallelismo che va definita
w
l'ampiezza della competenza w esclusiva della Comunità rispetto a quella divisa
con gli Stati membri (concorrente) ed a quella esclusiva degli Stati membri.
Ad esempio, in tema di trasporti e di proprietà intellettuale, materie non comprese
nella politica commerciale comune, la competenza a stipulare non è esclusiva
della Comunità, ma è rimasta anche agli Stati membri(14).
Lo stesso dicasi, infine, per la politica sociale di cui all'art. 138 del Trattato(15).
aprile 1977.
(12)
Parere 1/78 sull’accordo relativo alla gomma naturale, del 4 ottobre 1979.
(13)
Sentenza Kramer del 14 luglio 1976, cause riunite 3, 4 e 6/76; parere 1/76 sopra citato.
(14)
Parere 1/94 sulla competenza a stipulare della Comunità in materia di servizi e proprietà
intellettuale, del 15 novembre 1994. Fa eccezione la materia della difesa contro le contraf-
fazioni, fatta rientrare in quella degli scambi di merci, dunque nella politica commerciale.
(15)
Parere 2/91 sulla Convenzione OIL n. 170 relativa all’impiego di prodotti chimici nel lavoro,
del 19 marzo 1993.
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 131
• la Commissione, organo cui è affidata la fase del negoziato, sottopone racco-
mandazioni(16) al Consiglio, allo scopo di ottenere l'autorizzazione all'avvio del-
le trattative;
• il Consiglio autorizza la Commissione a condurre i negoziati, attraverso una
votazione a maggioranza qualificata. Tale votazione avviene all'unanimità:
quando l'accordo riguarda materie per le quali è necessaria l'unanimità sul
piano interno e quando si tratta di un accordo di associazione.
Sia per la conclusione di nuovi accordi che per l'adesione della Comunità ad
accordi già esistenti, spetta alla Commissione il compito esclusivo di dirigere
i negoziati, definendo gli aspetti legali e politici dell'accordo. La Commissione,
però, viene assistita dal Consiglio attraverso le direttive che esso può impartire
in merito alle negoziazioni e attraverso i Comitati speciali da esso designati.
Il secondo paragrafo dell'art. 300 stabilisce che la firma, eventualmente accom-
pagnata da una decisione riguardante l'applicazione provvisoria prima dell'entra-
ta in vigore, e la conclusione degli accordi sono decise dal Consiglio, che de-
libera con gli stessi quorum previsti per l'autorizzazione a negoziare alla Com-
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
missione. -1
30
La tipologia di atto con cui la Comunità conclude 4 2- gli accordi non è indicata dal
1
Trattato, ma nella prassi il Consiglio ha quasi -sempre 89 fatto uso dei regolamenti e
delle decisioni. Tali decisioni, però, non posseggono - 88 le caratteristiche degli atti
8
individuati dall'art. 249 TCE(17), ma vengono n 97 definite sui generis poiché non indica-
b
no i destinatari cui sono indirizzate, essendo /is questi ultimi tutti i soggetti dell'ordi-
i .it
namento comunitario. t in
La procedura prevista per la conclusione un degli accordi si applica anche:
.s
w
• per le decisioni volte a sospendere l'applicazione di un accordo;
w
• per stabilire le posizioni daw adottare a nome della Comunità in un organismo
istituito da un accordo, se tale organismo deve adottare decisioni che hanno
effetti giuridici, fatta eccezione per le decisioni che integrano o modificano il
quadro istituzionale dell'accordo.
L'art. 300 disciplina anche il ruolo del Parlamento europeo nell'ambito del
procedimento di conclusione degli accordi internazionali che stiamo esaminan-
do, ruolo che varia in base alla tipologia di accordo che deve essere sottoscritto.
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In sostanza, il Parlamento europeo non è formalmente -1 coinvolto prima dell'inizio
30
dei negoziati (non partecipando quindi alla iniziale 4 2-messa a punto di una definizio-
91
ne della politica da seguire), e nel corso dei-8negoziati esso si limita essenzial-
mente ad informazioni di natura non ufficiale, - 88 secondo la cd procedura Luns-
7 8
Westerterp(18). n9 b
is
. it/
Secondo il paragrafo 6 dell'art. 300 tiliniParlamento europeo, il Consiglio, la Commis-
sione o uno Stato membro possono u n domandare il parere della Corte di giustizia
.s
w
circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del Trattato CE.
w
w
Qualora la Corte di giustizia esprima parere negativo, l'accordo può entrare in
vigore soltanto alle condizioni stabilite dall'articolo 48 TUE, ossia dopo aver pro-
ceduto alle necessarie modifiche dei Trattati(19).
La stessa procedura ex art. 48 TUE deve essere seguita nel caso in cui il Con-
siglio voglia concludere accordi che implicano emendamenti del Trattato CE.
Ricordiamo, infine, l'ultimo paragrafo dell'art. 300 secondo cui "gli accordi con-
clusi alle condizioni indicate nel presente articolo sono vincolanti per le istitu-
zioni della Comunità e per gli Stati membri". La norma in questione è importante
poiché sancisce un'eccezione al principio generale valevole per le organizza-
zioni internazionali, secondo cui gli accordi stipulati da un'organizzazione non
producono effetti sulla sfera giuridica degli Stati membri. Gli accordi conclusi
dalla Comunità, invece, vincolano anche gli Stati membri ad essa aderenti,
producendo diritti ed obblighi all'interno dei loro singoli ordinamenti; tali accor-
(18)
Tale procedura, seguita nella prassi a partire dal 1973, prevede una stretta collaborazione
tra il Consiglio e le competenti Commissioni parlamentari durante l’intero processo di con-
clusione dell’accordo. Al momento dell’approvazione dell’accordo, ma prima della firma, il
Consiglio informa ufficiosamente le Commissioni sul contenuto dell’accordo; in seguito alla
firma, poi, informa il Parlamento di tutti gli aspetti relativi all’accordo commerciale stipulato.
(19)
Cfr. Parte Terza, Capitolo Primo, Paragrafo 1.2.1.
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 133
di, perciò, costituiscono in un certo senso un'altra categoria di atti comunitari con
efficacia vincolante.
-1 0
Nell'ambito del primo gruppo di accordi si possono -3 distinguere due tipi principali:
1 42
• gli accordi internazionali con Paesi terzi (o con 9 organizzazioni internazionali);
-8
• gli accordi e le convenzioni tra gli Stati membri. - 88
In questa sede ci occuperemo soltanto del978primo tipo, poiché per quanto riguarda
gli accordi e le convenzioni concluse tra bn gli Stati membri è necessario ricordare
i t /is
solo che si tratta di atti giuridici vincolantii. conclusi o per risolvere problemi
in
strettamente connessi con le attività u nt della Comunità ma che non rientrano nelle
.s
competenze delle istituzioni comunitarie, o per allargare i limiti territoriali di dispo-
w
w
w
sizioni nazionali al fine di creare un diritto uniforme al livello della Comunità (ad
esempio, l'accordo in materia di brevetto comunitario).
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
prevedono una deliberazione all'unanimità qualora0-essi: 1
3
¾ contengano disposizioni per le quali è richiesta 4 2- l'unanimità per l'adozione di
norme interne; 91
-8
¾ riguardino un settore nel quale la Comunità - 88 non ha ancora esercitato, con l'a-
dozione di norme interne, le sue competenze; 78
b n9
¾ siano accordi di natura orizzontale. t/i
s
L'art. 133 dispone che in questi settori i.i
t in agli Stati membri resta comunque la facoltà
di mantenere o concludere accordi un con Paesi terzi o con organizzazioni interna-
.s
zionali, purché tali accordi siano w conformi al diritto comunitario e agli altri accordi
w
internazionali pertinenti. w
Nell'ambito degli accordi commerciali rientrano inoltre gli accordi nei settori degli
scambi di servizi culturali e audiovisivi, di servizi didattici nonché di servizi
sociali e relativi alla salute umana. In tali ambiti, però, la competenza risulta ri-
(20)
L’art. 133 TCE così recita: “La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi,
specialmente per quanto concerne (…) la conclusione di accordi tariffari e commerciali
(…)”.
(21)
Ricordiamo, per maggiore chiarezza, i quattro possibili livelli di associazione economica tra
i Paesi, in ordine crescente di integrazione:
• area di libero scambio, che consiste nell’abbattimento delle barriere doganali;
• unione doganale, che consiste nell’abbattimento delle barriere doganali e nell’istitu-
zione di una Tariffa Doganale Comune verso i Paesi terzi;
• mercato comune;
• unione economica.
(22)
L’imposizione di tale clausola ha rappresentato il principio fondamentale degli accordi
GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), Accordo generale sulle tariffe e sul com-
mercio, diventato dal 1995 WTO, (World Trade Organization), Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC). In sostanza, le parti contraenti dovevano estendere incondizionata-
mente a tutti gli altri contraenti ogni vantaggio in materia di tariffe doganali, pesi e regole
applicate alle merci provenienti e/o destinate a qualunque altro Paese terzo.
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partita tra la Comunità e gli Stati membri: la negoziazione di questi accordi richiede
pertanto, oltre a una decisione comunitaria adottata conformemente alle perti-
nenti disposizioni dell'articolo 300, il comune accordo degli Stati membri. Gli ac-
cordi così negoziati sono conclusi congiuntamente dalla Comunità e dagli Stati
membri, dunque sotto forma di accordo misto (art. 133, paragrafo 6).
Infine, anche gli accordi nel settore dei trasporti restano nell'ambito della politica
commerciale comune.
Gli accordi di associazione non si limitano alla disciplina degli scambi commer-
ciali con il partner estero, ma prevedono l'instaurazione di diritti ed obblighi reci-
proci. Essi sono previsti dall''articolo 310 TCE, secondo cui: "La Comunità può
concludere con uno o più Stati o organizzazioni internazionali accordi che
istituiscono un'associazione caratterizzata da diritti ed obblighi reciproci, da
azioni in comune e da procedure particolari".
Mentre gli accordi commerciali sono espressione di uno specifico settore di
competenza, ossia la politica commerciale comune, gli accordi di associazione
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
non specificano l'ambito materiale del Trattato su0-1cui essi vanno ad incidere:
dunque essi hanno un contenuto ed una portata -3
1 42 più ampi rispetto agli accordi
commerciali. 9
-8
Generalmente gli accordi di associazione8-vengono 88 conclusi sotto forma di ac-
cordi misti, cioè sono ratificati sia dal Consiglio n 97 che dagli Stati membri, proprio
b
perché molto spesso comportano obblighi /is che esulano dalle specifiche compe-
i .it
tenze comunitarie. t in
Inoltre, gli accordi di associazione un sono caratterizzati da azioni in comune e da
.s
procedure particolari, ciò vuol w dire che avviene una istituzionalizzazione dei
w
rapporti tra la Comunità e lowStato (o gli Stati) associati, cosa che non si rinviene
negli accordi commerciali.
La struttura istituzionale creata dagli accordi di associazione comprende:
• un Consiglio di associazione, composto, da un lato, da rappresentanti del
Consiglio e della Commissione, dall'altro, da rappresentanti del governo dello
Stato associato; esso emette decisioni necessarie per l'attuazione dell'accor-
do e vincolanti per le parti contraenti;
• un Comitato di associazione, composto da membri del Consiglio di associazio-
ne, che provvede alla sorveglianza dei lavori e prepara le delibere del Consi-
glio di associazione;
• una Conferenza parlamentare dell'associazione, composta da membri del
Parlamento europeo e del Parlamento nazionale dello Stato associato, il cui
compito è di formulare raccomandazioni (non vincolanti) al Consiglio di asso-
ciazione e controllare la sua attività.
L'associazione, dunque, è molto più che una semplice regolamentazione com-
merciale: è una cooperazione economica stretta, accompagnata da un cospicuo
sostegno finanziario della Comunità a favore della controparte.
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-1
con esportazioni di prodotti industriali verso la Comunità esenti da dazi e con-
30
tingentamenti e abbattimenti tariffari accordati 4 2-ai prodotti comunitari ma, nel
1990 hanno fatto domanda di adesione. -891
88
7 8-
Infine, ricordiamo gli accordi di cooperazione 9 che, di natura meno ampia ri-
bn
spetto a quelli di associazione, si propongono
i t /is di realizzare un'intensa collabora-
zione economica fra i Paesi contraenti. i.
in
u nt
.s
Gli esempi più significativi sonow (25)
w le varie Convenzioni di Lomé e gli accordi che
w
legano la Comunità, in particolare, agli Stati del Maghreb (Algeria, Marocco e
Tunisia), agli Stati del Mashrak (Egitto, Giordania, Libano e Siria) e ad Israele.
(23)
Questi Paesi, per via dei loro passati regimi coloniali, intrattenevano relazioni economiche
particolarmente strette con taluni Paesi fondatori della CE. Dopo l’instaurazione di un re-
gime doganale esterno comune nella Comunità, che aveva notevolmente perturbato gli
scambi commerciali con tali territori, si era resa necessaria l’introduzione di norme speci-
fiche, intese ad estendere ad essi il sistema comunitario di libero scambio.
(24)
Ricordiamo, a tal proposito, l’accordo europeo che consiste in una forma particolare di
accordo d’associazione, concluso tra l’Unione europea ed alcuni Stati dell’Europa cen-
trale ed orientale (cfr. questa stessa Parte, Capitolo Primo, Paragrafi 1.1 e 1.2). Esso è
concluso con lo scopo di preparare la futura adesione all’Unione europea dello Stato as-
sociato e ha come fondamento il rispetto dei principi dei diritti umani, della democrazia, del-
lo Stato di diritto e dell’economia di mercato. In particolare, sono stati conclusi accordi
europei con dieci paesi: Bulgaria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Repub-
blica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia.
L’accordo europeo rientra nella categoria dei c.d. accordi misti e configura il tipo di accor-
do di associazione più completo posto in essere dalla Comunità.
(25)
La Convenzione di Lomè, venne firmata il 28 febbraio 1975 nella capitale del Togo, dalla
Comunità europea (che allora contava 9 membri) e da 46 Paesi in via di sviluppo (PVS), tra
cui numerosi paesi del Commonwealth, riuniti nella categoria Paesi dell’Africa, dei Caraibi
i nuovi stati www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 137
Quanto agli accordi internazionali conclusi nell'ambito del secondo e
del terzo pilastro (Politica Estera e di Sicurezza Comune e Cooperazione di
polizia e giudiziaria in materia penale) sono uno strumento giuridico dei titoli V
e VI (artt. 11- 42) del Trattato sull'Unione europea che non era previsto dal Trat-
tato di Maastricht. Dunque, per quanto riguarda il secondo ed il terzo pilastro non
esisteva una base giuridica per concludere accordi internazionali.
Il trattato di Amsterdam, per evitare che ogni accordo firmato dal Consiglio do-
vesse essere formalmente concluso dagli Stati membri, ha previsto la possibilità
che il Consiglio autorizzi la Presidenza ad avviare negoziati ove ciò sia necessa-
rio.
Gli accordi vincolano le istituzioni dell'Unione, ma non gli Stati membri le cui norme
costituzionali prevedono regole particolari per la conclusione degli accordi. In
questi casi, gli altri Stati membri in seno al Consiglio possono decidere che
l'accordo è comunque applicabile in via provvisoria.
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0-
2 -3
9 14
-8
- 88
9 78
bn
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w
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e del Pacifico (ACP). Gli accordi di Lomé riguardanti il commercio, la cooperazione allo
sviluppo, i prezzi e gli scambi tra i paesi europei e quelli ACP, inizialmente erano validi per
5 anni e sono stati rinnovati tre volte: nel 1979, nel 1984 e nel 1989 (accordi validi per 10
anni). Alla IV Convenzione di Lomé, scaduta nel febbraio 2000, è subentrata la Conven-
zione di Cotonou, firmata con 77 Stati ACP il 23 giugno 2001 per un periodo ventennale.
L’accordo di Cotonou, come le precedenti convenzioni, ha l’obiettivo di contribuire a ri-
durre la povertà negli stati beneficiari, permettendo la loro integrazione nell’economia mon-
diale; a differenza del passato tuttavia, l’approccio della cooperazione è stato cambiato,
in quanto si è dimostrato scarsamente efficace nel raggiungimento dell’obiettivo di ridurre
la povertà. Mentre le precedenti convenzioni erano basate su un sistema di preferenze
commerciali, il nuovo accordo intende potenziare la dimensione politica e conferire maggio-
ri responsabilità agli stati ACP e per fare questo si basa su tre dimensioni, ovvero: poli-
tica, commercio e sviluppo.
138 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 appendice
Sentenze e ordinanze della Corte di giustizia della Comunità europea
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServLexUriServ.do?uri=CELEX:61973J0008:IT:HTML -1
30
4 2-
Sentenza Commissione c. Italia del 7 febbraio911973, causa 39/72:
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http://eur-lex.europa.eu/LexUriServLexUriServ.do?uri=CELEX:61972J0039:IT:HTML
8 -8
7
Sentenza Reyners c. Stato belga del 21 n9
/ i sb giugno 1974, causa 2/74:
t
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http://eur-lex.europa.eu/LexUriServLexUriServ.do?uri=CELEX:61974J0002:IT:HTML
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Sentenza Van Duyn del 4 dicembre .s 1974, causa 41/74:
w
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http://eur-lex.europa.eu/LexUriServLexUriServ.do?uri=CELEX:61974J0041:IT:HTML
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Sentenze della Corte costituzionale
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Sentenza Costa c. Enel n. 14 del 7 marzo 7 1964:
n9
http://www.giurcost.org/decisioni/1964/0014s-64.html
/ i sb
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Sentenza Frontini ed altri c. Amministrazione delle finanze n. 183 del 27 dicembre
u
1973: .s
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http://www.giurcost.org/decisioni/1973/0183s-73.html
w
Sentenza BECA S.p.A. c. Amministrazione finanziaria dello Stato n. 113 del 1985:
http://www.giurcost.org/decisioni/1985/0113s-85.html
www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1
poteri del Parlamento europeo e la pos- -1
1958 per0contribuire alla coesione eco-
3
sibilità di intensificare la cooperazione nomica, 4 2- sociale e territoriale attraver-
1
tra gli Stati membri; la comunitariz- so -lo 89 sviluppo equilibrato del territorio
zazione di determinati temi del settore 88
comunitario.
- Non ha fini di lucro e può
8
Giustizia e Affari Interni (GAI) e la ri- n97concedere prestiti sia a privati che a
forma della Politica Europea di Sicu-t/isb governi.
rezza Comune (PESC). i.i
n tin
u Benelux:
.s
Atto Unico Europeo: w Accordo stipulato nel 1944 tra Belgio,
w
Trattato firmato a Lussemburgo w nel Olanda e Lussemburgo per promuo-
1986 ed entrato in vigore il 1° luglio vere un’economia senza barriere tra
1987 che modifica ed integra il Tratta- questi tre Paesi.
to di Roma: principalmente esso dispo-
ne gli adattamenti richiesti per comple- Bilancio comunitario:
tare il mercato interno. Ai sensi dell’art. 268 TCE “tutte le en-
trate e le spese dell’Unione europea
Autonomia dell’ordinamento giu- sono oggetto di previsioni annuali e
ridico comunitario (principio del- sono iscritte nel bilancio comunitario”.
l’): In origine, il bilancio della Comunità eu-
Principio stabilito dalla Corte di giusti- ropea (CE) dipendeva dai contributi fi-
zia nel 1963, secondo cui “la Comunità nanziari dei vari Stati membri, ma, a
economica europea costituisce un or- partire dal 1970, esso è finanziato in-
dinamento giuridico di nuovo genere tegralmente tramite risorse proprie. Il
nel campo del diritto internazionale, a sistema di finanziamento comunitario,
favore del quale gli Stati membri hanno dunque, si fonda sul principio di auto-
rinunciato, seppure in settori limitati, ai nomia finanziaria.
loro poteri sovrani ed al quale sono
soggetti non soltanto gli Stati membri, Camere giurisdizionali specializ-
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zate: testo accettabile per le due parti.
Tribunali specializzati autonomi previ-
sti dal Trattato di Nizza per alleggerire Comitato dei rappresentanti per-
il carico di lavoro della Corte di giusti- manenti degli Stati membri
zia e del Tribunale di primo grado ed (COREPER):
incaricati di conoscere in primo grado Comitato composto dai rappresentanti
talune categorie di ricorsi su materie permanenti degli Stati membri presso
specifiche. Vedi Tribunale della fun- l’Unione europea, il cui compito princi-
zione pubblica europea. pale è quello di assistere il Consiglio
dell’Unione europea, preparandone i
Carta dei Diritti Fondamentali: lavori ed eseguendo i compiti che que-
Proclamata durante il Consiglio euro- sto gli affida.
peo di Nizza del 7 dicembre 2000, tale
documento raccoglie tutti i diritti civili, Comitato delle Regioni:
politici, economici e sociali validi all’in- Istituito nel 1992, in base al trattato di
terno dell’Unione europea. Essa si basa Maastricht, e instaurato nel 1994, il
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esegue il bilancio e gestisce i program-
1
mi comunitari. 0-
Competenze -3 di attribuzione (prin-
1 42
cipio 8 9 delle):
Comunità economica europea -
88
Principio secondo il quale la Comunità,
(CEE): 7 8-
n 9 non essendo un soggetto originario di
Organizzazione istituita con il Trattato b
/is diritto internazionale ma un soggetto
di Roma del 25 marzo 1957 allo scopo .it
i ni derivato, dispone solo di quei poteri
di realizzare un’unione doganale ne unt
u che gli Stati membri hanno deciso di
mercato comune tra i sei Paesi .s fon-
w conferirle sulla base dei Trattati.
datori. w
w
Conferenza intergovernativa
Comunità europea (CE):
(CIG):
Denominazione assunta dalla CEE a
Con tale termine si indica la conferen-
seguito del Trattato di Maastricht. za in cui si riuniscono i governi degli
Stati membri dell’UE per modificare i
Comunità europea del carbone e Trattati dell’Unione europea. Le confe-
dell’acciaio (CECA): renze sono aperte, su iniziativa di uno
Organizzazione creata nel 1951 per Stato membro o della Commissione, dal
realizzare una politica comune tra i sei Consiglio dei ministri, che delibera a
Paesi fondatori nel settore carbo-si- maggioranza semplice in seguito a
derurgico. Il trattato CECA è giunto a consultazione del Parlamento europeo
scadenza nel dicembre 2002 e le sue e, se del caso, della Commissione.
attività sono confluite nella CE.
Consiglio d’Europa:
Comunità europea di difesa (CED): Fondato nel 1949 per promuovere la
Trattato siglato nel 1952 che fallì per la cooperazione tra gli Stati europei, il
mancata ratifica del Parlamento fran- Consiglio d’Europa è completamente
cese nel 1954. diverso dalle Comunità e dall’UE. Esso
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è, infatti, un’organizzazione intergo- zione dell’atto da parte del Consiglio.
vernativa con sede a Strasburgo che Quest’ultimo è tenuto a prendere in
si propone di tutelare i diritti umani, di debita considerazione la posizione del
promuovere la diversità culturale in Parlamento che, però, non risulta vin-
Europa e di lottare contro problemi del- colante né nei confronti della Commis-
la società come la xenofobia e l’intolle- sione, né nei confronti del Consiglio.
ranza. Una delle sue prime realizza-
zioni è stata l’adozione della Conven- Convenzione europea per la sal-
zione europea per la salvaguardia dei vaguardia dei diritti dell’uomo e
diritti dell’uomo e delle libertà fonda- delle libertà fondamentali (CEDU):
mentali (CEDU). Accordo europeo firmato a Roma il 4
novembre 1950 sotto l’egida del Con-
Consiglio dell’UE: siglio d’Europa, che ha predisposto un
(Consiglio dei Ministri o Consiglio) Or- originale sistema di tutela internazio-
gano decisionale dell’Unione compo- nale dei diritti dell’uomo, offrendo ai sin-
sto dai ministri dei governi di ciascuno goli soggetti la facoltà di invocare il
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cace delle autorità giudiziarie e di poli- da parte 0delle -1 istituzioni comunitarie e
3
zia. Inoltre, tale Cooperazione intende degli Stati 4 2- membri. Essa consta attual-
prevenire ma anche lottare contro il mente 91
-8 di ventisette giudici che vengo-
razzismo e la xenofobia da un lato e, no- 88 rinnovati parzialmente ogni tre anni
8
dall’altro, la criminalità organizzata, in n97e può riunirsi in sezioni (da tre a cin-
b
particolare il terrorismo, la tratta deglit/is que giudici), in grande sezione (tredici
esseri umani, i crimini contro i bambini i.i giudici) o in seduta plenaria.
n tin
e il traffico di droga e di armi, la scorru-
u La CGCE assolve due funzioni princi-
.
zione o la frode. w pali:
w
w • verificare la compatibilità degli atti
Cooperazione rafforzata: delle istituzioni europee e dei gover-
Formalizzata dal Trattato di Amsterdam ni con i Trattati (ricorso per inadem-
e successivamente modificata da quel- pimento, ricorso per carenza e ri-
lo di Nizza, la cooperazione rafforzata corso per annullamento);
si riferisce alla volontà di alcuni Stati • pronunciarsi, su richiesta di un giu-
membri di avanzare sulla via dell’ap- dice nazionale, sull’interpretazione
profondimento della costruzione euro- o la validità delle disposizioni del di-
pea secondo ritmi e/o obiettivi diversi, ritto comunitario (rinvio pregiudizia-
lasciando aperta la possibilità per gli le).
altri Stati membri di aderire in un se-
condo momento. Costituzione europea:
vedi Trattato che adotta una Costitu-
Corte dei conti: zione per l’Europa.
Organo indipendente, composto da un
cittadino di ciascuno Stato membro, Criteri di adesione (di Copena-
incaricato di controllare la legalità e la ghen):
regolarità delle entrate e delle spese Sono quei criteri individuati durante il
dell’UE (e di ogni organismo creato dalla Consiglio europeo di Copenaghen (giu-
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gno 2003), che i paesi dell’Europa cen- stitutivi (diritto originario o primario),
trale ed orientale erano tenuti a rispet- nonché le disposizioni previste dagli
tare al fine di entrare nell’Unione euro- atti adottati dalle istituzioni comunitarie
pea. Sono 3: politico, economico e giu- in applicazione dei trattati stessi (dirit-
ridico. to derivato). In senso lato, il diritto co-
munitario comprende anche l’insieme
Criteri di convergenza: delle norme giuridiche applicabili nel-
Parametri stabiliti dal Trattato di l’ordinamento giuridico comunitario. Si
Maastricht, che gli Stati membri sono tratta quindi anche dei diritti fondamen-
tenuti a rispettare per la partecipazio- tali, dei principi generali del diritto, della
ne alla terza fase dell’Unione econo- giurisprudenza della Corte di giustizia,
mica e monetaria, ovvero l’introduzio- del diritto scaturito dalle relazioni ester-
ne dell’euro. Essi riguardano: il tasso ne della Comunità o del diritto comple-
d’inflazione, il tasso di cambio, il tasso mentare scaturito dagli atti convenzio-
d’interesse nominale, il disavanzo pub- nali conclusi tra gli Stati membri ai fini
blico e il debito pubblico.
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le Europeo), -1 il FESR (Fondo Europeo di
30
Europa a più velocità: Sviluppo 4 2- Regionale), il FEOGA (Fondo
Con tale espressione si indica un modo Europeo 91 di Orientamento e Garanzia
-8
d’integrazione differenziata, la possi- per
- 88 l’Agricoltura) e lo SFOP (Strumen-
8
bilità, cioè, che un “nucleo” particolare n97to Finanziario di Orientamento della
di Stati membri decida di procedere piùt/isb Pesca). Con le stesse finalità, ad essi
rapidamente sulla via dell’integrazione i.i si affianca il Fondo di Coesione.
n tin
europea, con l’idea sottesa che gli u altri
.s
seguiranno successivamente. w
w È già Fondo di coesione:
w
possibile che un gruppo di paesi Fondo istituito in seguito al Trattato di
dell’UE cooperino tra loro più degli altri Maastricht allo scopo di finanziare pro-
grazie ad un accordo detto di “coope- getti in materia di ambiente e di reti
razione rafforzata”. transeuropee nel settore delle infra-
strutture dei trasporti.
Eurosistema:
Entità composta dalla BCE e dalle Ban- Fondo europeo di sviluppo (FES):
che centrali dei (13) Paesi che hanno Creato nel 1957, il FES è il principale
adottato l’euro come moneta unica. strumento comunitario atto a fornire
Esso non era previsto dai Trattati in aiuti tecnici e finanziari agli Stati ACP e
quanto, diversamente da quello che poi ai PTOM, all’interno della politica euro-
si è verificato, si dava per scontata la pea di cooperazione allo sviluppo.
partecipazione di tutti i Paesi dell’UE
alla moneta unica. Fondo sociale europeo (FSE):
Previsto nel Trattato di Roma e attivo
Fase ascendente del diritto comu- dal 1960, è il primo dei Fondi strutturali.
nitario: Il suo compito è quello di risolvere i
Processo di formazione di atti e deci- problemi occupazionali causati dall’in-
sioni comunitari e dell’Unione europea tegrazione europea, in particolare at-
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traverso la promozione di azioni di for- • il Consiglio dell’Unione europea ;
mazione e riqualificazione professio- • la Commissione europea;
nale e di aiuti ai disoccupati, attuali e • la Corte di giustizia;
potenziali. • la Corte dei conti.
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nuove forme di cooperazione tra i go- membri; -1
30
verni degli Stati membri, ad esempio • ricorso
4 2- generalizzato all’unanimità
1
nel settore della Politica Estera e di Si- 89 sede di Consiglio;
-in
curezza Comune (PESC) e in quello - 8•8 ruolo consultivo del Parlamento eu-
8
della Giustizia e Affari Interni. Aggiun- n97 ropeo;
b
gendo questa cooperazione intergo-t/is • ruolo limitato della Corte di giustizia.
vernativa al sistema già esistente il TUE i.i
t in
ha creato una nuova struttura basata un Nizza (Trattato di):
.s
w
su tre pilastri, che ha natura politica ed Trattato firmato il 26 febbraio 2001 ed
w
economica: l’Unione europea w (UE). entrato in vigore il 1º febbraio 2003,
che contiene le riforme istituzionali
Mercato unico europeo: necessarie per garantire il buon fun-
Istituito col Trattato di Roma, poi tra- zionamento delle istituzioni comunita-
sformatosi in CEE. rie una volta effettuato l’allargamento
dell’UE a 25/27 Stati. Infatti, i principali
Metodo comunitario: cambiamenti da esso instaurati riguar-
Con tale termine si designa il modo di dano: la limitazione delle dimensioni e
funzionamento istituzionale del Primo della composizione della Commissio-
pilastro dell’UE. Nel rispetto del princi- ne, l’estensione del voto a maggioran-
pio di sussidiarietà, il metodo poggia za qualificata ed una nuova pondera-
su una logica d’integrazione ed è ca- zione dei voti in seno al Consiglio.
ratterizzato da:
• monopolio del diritto d’iniziativa del- Obiettivi 1, 2 e 3:
la Commissione; Obiettivi definiti dalla Comunità per gli
• ricorso generalizzato al voto a mag- interventi dei Fondi strutturali, ciascu-
gioranza qualificata in sede di Con- no dei quali prevede una programma-
siglio; zione ad hoc. Nella programmazione
• ruolo attivo del Parlamento europeo 2000-2006 gli obiettivi erano appunto
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3: Paese terzo:
Obiettivo 1: sviluppo e adeguamento Termine con cui si indica semplicemen-
strutturale delle zone in ritardo di svi- te un paese che non fa parte dell’UE.
luppo;
Obiettivo 2: riconversione economica Parallelismo (principio del):
delle zone con difficoltà strutturali; Il principio del parallelismo tra compe-
Obiettivo 3: favorire l’adeguamento e tenze interne e competenze esterne è
l’ammodernamento delle politiche e dei stato affermato dalla Corte di giustizia
sistemi di istruzione, formazione e oc- nel 1971. In base ad esso la Comunità
cupazione. può concludere accordi internazionali
non solo ove espressamente previsto
Organizzazione delle Nazioni Uni- dal Trattato, ma altresì in riferimento a
te (ONU): ma-terie per le quali ha adottato norme
Organizzazione internazionale fonda- co-muni. In tal caso, il potere di con-
ta nel 1945 e che, oggi, ricomprende la cludere accordi con Stati terzi che in-
cidano sugli stessi settori si accentra
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terza fase dell’Unione economica e mo- strategia0-1di preadesione per i paesi
netaria (UEM) che è iniziata il 1° gen- PECO. -3
1 42 Ad esso si sono aggiunti suc-
naio 1999, col quale si vuole garantire 89
cessivamente altri due strumenti: ISPA
che la disciplina di bilancio degli Stati 8-
e8-8SAPARD.
membri continui dopo l’introduzione n97
b
della moneta unica. /is Pilastri dell’Unione europea:
i .it
t in L’architettura dell’Unione europea vie-
PECO (Paesi dell’Europa centrale u n ne spesso paragonata ad un tempio
.s
ed orientale): w basato su tre pilastri che sono:
w
Paesi con cui l’UE ha accordi w di asso- • il pilastro comunitario che corrispon-
ciazione e beneficiari del programma de alle tre comunità: la Comunità eu-
PHARE. Essi sono: Bulgaria, Unghe- ropea, la Comunità europea dell’e-
ria, Polonia, Repubblica Ceca, Roma- nergia atomica (EURATOM) e la
nia, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Let- vecchia Comunità europea del car-
tonia, Lituania, tutti entrati a far parte bone e dell’acciaio (CECA) (Primo
dell’UE nel 2004 e nel 2007. pilastro);
• il pilastro dedicato alla Politica este-
Personalità giuridica dell’UE: ra e di sicurezza comune (PESC),
L’art. 281 TCE conferisce personalità prevista dal Titolo V del TUE (Se-
giuridica alle due Comunità - Comunità condo pilastro);
europea ed Euratom - che costituisco- • il pilastro dedicato alla Cooperazio-
no l’Unione europea (mentre non esi- ne di polizia e giudiziaria in materia
ste alcuna disposizione relativa alla penale, contemplata dal Titolo VI del
personalità giuridica dell’UE). Dunque, TUE (Terzo pilastro).
la Comunità europea ha la capacità di
concludere e di negoziare accordi nel Potere sostitutivo dello Stato:
rispetto delle sue competenze ester- Potere previsto dall’art. 120, comma 2
ne, di divenire membro di un’organiz- della Costituzione italiana, secondo cui
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“Il Governo può sostituirsi a organi sponda Sud del Mediterraneo e del
delle Regioni, delle Città metropolitane, Caucaso meridionale che non hanno
delle Province e dei Comuni nel caso di prospettive di adesione.
mancato rispetto…della normativa co-
munitaria.” Tale potere di intervento Politica estera e di sicurezza co-
suppletivo si giustifica in base al fatto mune (PESC):
che lo Stato resta comunque l’unico Prevista dal Titolo V del Trattato di
soggetto responsabile in sede comu- Maastricht, essa costituisce il Secon-
nitaria dell’inadempimento regionale. do pilastro dell’UE e rappresenta uno
degli strumenti comunitari nell’ambito
Politica agricola comune (PAC): delle relazioni esterne.
Avviata negli anni Sessanta per tute-
lare gli interessi agricoli e stabilizzare i Poteri impliciti (teoria dei):
mercati, la PAC appartiene alle compe- Principio stabilito dall’art. 308 TCE che
tenze condivise tra l’UE e gli Stati mem- riconosce alla Comunità il potere di uti-
bri. Essa costituisce una delle più im- lizzare tutti i mezzi a sua disposizione
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portanti politiche dell’Unione europea, per raggiungere -1 gli scopi previsti dal
30
dal momento che le spese agricole rap- Trattato, 4 2- anche quando tali mezzi non
presentano circa il 45% del bilancio siano 91
-8 espressamente previsti da esso.
comunitario, ed il suo principale obiet- - 88
8
tivo è garantire l’autosufficienza ali- n97Primato del diritto comunitario
s b
mentare della Comunità europea. t/i (principio del):
i.i Principio affermato per la prima volta
t in
Politica commerciale comune: u n dalla Corte di giustizia nel 1964 che
.s
Tale politica rientra nella sferawwdi com- stabilisce la preminenza del diritto co-
petenza esclusiva della Comunitàw (ar- munitario sul diritto interno in caso di
ticolo 133 TCE) e costituisce uno dei conflitto, di contraddizione o di incom-
principali strumenti delle relazioni ester- patibilità tra norme comunitarie e nor-
ne dell’Unione europea. La politica me nazionali.
commerciale comune implica una ge-
stione uniforme delle relazioni commer- Processo di stabilizzazione e as-
ciali con i Paesi terzi, principalmente sociazione:
attraverso una Tariffa Doganale Co- Programma avviato dall’UE nel 1999 nei
mune (TDC) e tramite regimi comuni che confronti di alcuni Paesi dei Balcani
regolano le importazioni e le esporta- occidentali quali: Albania, Bosnia-
zioni. Erzegovina, Croazia, ex Repubblica
Iugoslava di Macedonia e Serbia-
Politica europea di vicinato (PEV): Montenegro, compreso il Kosovo.
Sviluppata a partire dal 2003 per con- L’obiettivo di tale processo è assicu-
dividere con i paesi vicini i benefici rare la pace e la stabilità della regione
dell’allargamento ed evitare il manife- promuovendo il rafforzamento della
starsi di nuove divisioni, la PEV inten- democrazia e dello stato di diritto come
de stabilire relazioni privilegiate con i anche lo sviluppo di un’economia di
paesi vicini dell’Europa dell’Est, della mercato; esso, inoltre, attribuisce un
154 www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 appendice
ruolo fondamentale allo sviluppo della Paesi e Territori non europei che man-
cooperazione regionale, in particolare tengono con Danimarca, Francia, Pa-
mediante la creazione di una zona di esi Bassi e Regno Unito delle relazioni
libero scambio e l’instaurazione di un particolari poiché sono loro ex colonie
dialogo politico. e non godono di totale indipendenza.
La loro associazione alla Comunità
Proporzionalità (principio di): europea ha il fine di promuoverne lo
Principio che regola l’esercizio delle sviluppo economico e sociale e l’insta-
competenze esercitate dall’Unione eu- urazione di relazioni con l’UE nel suo
ropea e che mira a limitare e inquadra- insieme.
re l’azione delle istituzioni comunitarie.
Esso affianca il principio di sussi- Raccomandazione:
diarietà e stabilisce che la Comunità Atto giuridico comunitario che può es-
deve utilizzare mezzi legislativi ade- sere emanato dalla Commissione, dal
guati e proporzionali agli scopi fissati Parlamento o dal Consiglio allo scopo
dai Trattati, al fine di meglio salvaguar- di sollecitare il destinatario a tenere un
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dare le competenze degli Stati membri. determinato -1 comportamento; esso non
30
2-
è mai 4vincolante per il destinatario.
Proposta della Commissione: 91
-8
Rappresenta il punto di partenza della 88
Regolamento:
-
8
procedura di adozione di un atto giuri- n97Atto giuridico comunitario destinato a
b
dico comunitario. Essa è un atto “ne-t/is tutti i soggetti dell’ordinamento comu-
cessario” dal momento che la Commis- i.i nitario (Stati membri, persone fisiche e
n tin
sione esercita un ampio poteresudi ini- giuridiche); esso è obbligatorio in tutti i
.
ziativa legislativa che le spetta w
w in via suoi elementi e direttamente applicabile
esclusiva e che rappresentaw la condi- in ciascuno Stato membro per effetto
zione affinché il Consiglio possa ema- della sua pubblicazione sulla GUCE.
nare atti vincolanti.
Revisione dei Trattati:
Prospettive finanziarie: Il procedimento che consente di ap-
Le prospettive finanziarie sono un portare modifiche ai Trattati è discipli-
meccanismo di programmazione delle nato dall’art. 48 TUE. Esso stabilisce
spese comunitarie che indica l’importo che qualsiasi Stato membro o la Com-
massimo che l’UE può spendere, sud- missione possono sottoporre al Con-
diviso per i vari settori, su un periodo siglio progetti finalizzati alla revisione
di 6 anni. Esse risultano da un accor- dei trattati. Se il Consiglio, previa con-
do interistituzionale tra il Parlamento eu- sultazione del Parlamento europeo e
ropeo, il Consiglio e la Commissione e della Commissione, esprime parere
precisano l’ampiezza massima e la favorevole, il presidente del Consiglio
composizione delle spese comunitarie convoca la Conferenza dei rappresen-
prevedibili. tanti dei Governi degli Stati membri
(CIG).
PTOM (Paesi e Territori d’Oltrema-
re): Risorse proprie:
appendice www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 155
vedi Bilancio comunitario. ta una competenza esclusiva sulle
questioni pregiudiziali in determina-
Schengen (accordi di): te materie;
Intesa conclusa nel 1985 da Germa- • le Camere giurisdizionali specializ-
nia, Francia, Belgio, Olanda e Lussem- zate che hanno il compito di cono-
burgo al fine di sopprimere i controlli scere in primo grado alcune cate
transfrontalieri di terra su merci e per- gorie di ricorsi proposti in materie
sone. L’Italia ha aderito nel 1990, se- specifiche.
guita da Spagna e Portogallo nel 1991,
dalla Grecia nel 1992 e da Danimarca, Sistema Europeo delle Banche
Finlandia e Svezia nel 1996. Regno Centrali (SEBC):
Unito e Irlanda sono ancora fuori dal- Sistema composto dalla Banca cen-
l’Accordo. trale europea (BCE) e dalle Banche
centrali nazionali dei 27 Stati membri
Sussidiarietà (principio di): dell’UE, a prescindere dall’adozione
Principio in base al quale le decisioni dell’euro. Il suo obiettivo principale è il
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dagli Stati membri. La sua struttura vie-
nell’interpretazione e nell’applicazione ne paragonata -1 ad un tempio basato su
30
dei Trattati costitutivi da parte delle isti- tre pilastri.4 2-
1
tuzioni comunitarie e degli Stati mem- 89
bri. Composto da un giudice per ciascu- 8-
8 -8
Unione economica e monetaria
no Stato membro, il Tribunale è com- n97
b (UEM):
petente per l’insieme dei ricorsi direttit/is
i.i Processo di integrazione europea vol-
proposti dai privati e dagli Stati membri tin
n to ad armonizzare le politiche econo-
(soprattutto annullamento, inadempien- u
.s miche e monetarie degli Stati membri
za e responsabilità), ad eccezione w dei
w dell’UE con l’obiettivo ultimo della crea-
w
ricorsi attribuiti ad una camera giuri-
zione di una moneta unica, l’euro. L’UEM
sdizionale e di quelli riservati alla Cor-
è stata realizzata in tre fasi:
te.
1. dal 1° luglio 1990 al 31 dicembre
Tribunale della funzione pubblica 1993: libera circolazione dei capi-
europea: tali tra gli Stati membri; rafforzamen-
Camera giurisdizionale specializzata, to del coordinamento delle politiche
istituita con decisione del Consiglio nel economiche ed intensificazione del-
2004 ed operativa dal 2006, incaricata la cooperazione tra banche cen-
di statuire in materia di contenzioso sul trali;
pubblico impiego. Composto da 7 giu- 2. dal 1° gennaio 1994 al 30 dicembre
dici, esso si pronuncia in primo grado 1998: convergenza delle politiche
sulle controversie tra la Comunità ed i economiche e monetarie degli Stati
suoi agenti, incluso le controversie tra membri (al fine di garantire la stabi-
gli organi ed il loro personale. lità dei prezzi e finanze pubbliche
sane); creazione dell’Istituto mone-
Unione doganale: tario europeo (IME) e successiva-
Accordo commerciale che si compie mente, nel 1998, della Banca cen-
con l’eliminazione tra gli Stati membri di trale europea (BCE);
appendice www.suntini.it/isbn978-88-89142-30-1 157
3. dal 1° gennaio 1999: fissazione ir- le merci. Nel mondo esistono diverse
revocabile dei tassi di cambio e in- zone di libero scambio, come ad esem-
troduzione della moneta unica sui pio: il MERCOSUR nell’America del Sud,
mercati dei cambi e per i pagamenti il NAFTA nell’America del Nord e l’EFTA
elettronici; introduzione dell’euro fi- in Europa. L’Unione europea è anche
duciario il 1° gennaio 2002. una zona di libero scambio, ma è molto
di più di questo, perché persegue un
Voto ponderato: obiettivo di integrazione economica,
Il voto a maggioranza qualificata nel- politica e monetaria.
l’ambito del Consiglio dell’Unione euro-
pea risponde al principio di pondera-
zione dei voti. Il voto ponderato rap-
presenta il frutto di un compromesso
tra gli Stati membri che, pur eguali in
diritto, presentano caratteristiche di-
verse ed il cui voto, perciò, non ha
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9 788889 142301