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La scelta – Gli ignavi – III canto inferno

dantesco

La caduta che lo spirito fa in questo mondo per farsi carne, è necessaria per


acquisire consapevolezza e coscienza di sé attraverso l’uomo.
La parte spirituale in quanto eterna, ovvero al di fuori della triade del tempo, ha
bisogno di sperimentare la vita, la nascita e la morte, il bene e il male, la felicità
e la tristezza e così via.
La creazione di un mondo duale è funzionale alla sua esperienza, infatti l’uomo
attraverso le sue esperienze diviene sempre più consapevole grazie ad un buon
utilizzo dell’intelletto, e di conseguenza anche la sua parte spirituale.
Nella Divina Commedia, gli ignavi sono nell’antinferno, un luogo di mezzo
creato appositamente da Dante poiché non li vuole nessuno.
Né in Paradiso né all’inferno!
Hanno sprecato la loro occasione per capire chi sono, non effettuando mai nella
loro vita una scelta, vivendo nella comodità del non rischiare e del mai prendere
una decisione, vittime così della “comoda” inconsapevolezza.

La scelta è un atto di coraggio


E’ stato costruito questo mondo, questo “luna park”, per far si che
l’uomo (portatore di intelletto e spirito) divenga consapevole, portando in sé
stesso la dualità che concilia attraverso al consapevolezza e la coscienza.
L’integrità sta nel mezzo. E’ il neutro dopo aver sperimentato il bene (+) e il male
(-) conciliandolo con il suo essere.
L’integrità di anima, spirito, mente e corpo viene raggiunta dall’uomo attraverso
la scelta. Per scoprire questo deve vivere e rischiare prendendosi
la responsabilità con sé stesso delle sue scelte prese in vita.

Scegliere è un atto di coraggio che l’uomo prende dentro sé stesso, poiché


significa abbandonare qualcosa nel suo intimo a favore di qualcos’altro.
L’uomo che si astiene dal scegliere spreca la sua esistenza nella miope sfera della
sicurezza, distruggendo il senso più profondo della vita.

Dante nel III canto dell’inferno esorta l’uomo ad avere fede nelle sue scelte per


sperimentare con pienezza la vita, poiché vivere la vita è
l’unico mestiere dell’uomo.

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E IO CH’AVEA D’ERROR LA TESTA CINTA,
DISSI: «MAESTRO, CHE È QUEL
CH’I’ODO?
E CHE GENT’È CHE PAR NEL DUOL SÌ
VINTA?»
ED ELLI A ME: «QUESTO MISERO MODO
TEGNON L’ANIME TRISTE DI COLORO
CHE VISSER SANZA ’NFAMIA E SANZA
LODO». (INF.III, VV. 31-36)
 

Link correlati: https://www.italica.it/dante/inferno/inferno3.htm

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