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LEZIONE DEL 6/05/2020 : INTRODUZIONE AL ‘700

Basso apre la sua introduzione al 700 dicendo che innanzitutto ci sono dei
monarchi a cui si può legare questo lungo periodo e sono Luigi XIV e Federico
II di Prussia (uno apre il periodo e l’altro lo chiude). Queste due figure hanno
dei tratti comuni come l’ambizione espansionistica, e quindi a livello politico e
di potere, e le grandi imprese e di guerra che caratterizzano grandi conquiste.
L’altro aspetto che li accomuna è la politica culturale molto accentratrice in cui
loro non sono semplicemente i patrocinatori che danno i soldi e poi qualcun
altro si occupa dell'aspetto musicale, ma entrambi vogliono entrare nella
sostanza della proposta culturale, quindi anche musicale, legata alle loro
monarchie. Quindi sia Luigi XIV, che sappiamo essere stato ballerino e che
prendeva parte alle rappresentazioni date per la corte di Versailles, sia Federico
II di Prussia, sovrano che metteva la cultura al primo posto poiché ne sapeva
molto di musica ed era anche allievo del del flautista Johann Joachim Quantz
(ricordiamo che il 700 è il secolo del flauto) erano entrambi molto esperti di
musica e sapranno condurre la politica culturale dei loro rispettivi regni nello
stesso modo con cui conducevano altri aspetti legati al loro governo. Continua
ad essere anche il 700 un secolo di crisi e di guerre : così come il seicento
aveva avuto guerre sanguinose, allo stesso modo il 700 vedrà delle contese
che porteranno grave crisi anche alle nazioni vittoriose (es. la guerra dei sette
anni condotta da Federico II di Prussia). L'Italia continua questa sua condizione
di territorio diviso e sotto l’egemonia di diversi altri regni e nazioni. Tra l'altro il
700 vede anche l'estinzione di famiglie nobili italiane quali i Farnese, i Medici; il
regno di Napoli viene assegnato a Don Carlos di Borbone, Filippo di Borbone
diventa duca di Parma, Piacenza e Guastalla nel 1748 e a Milano arrivano gli
austriaci.
Il 700 è anche il secolo dell’Illuminismo, dei sovrani illuminati, più a parole che
non a fatti, sebbene si cominciano a diffondere idee di diritti sociali e si forma
una nuova cultura ed una maggiore espansione della borghesia nella gestione
del potere. Alberto Basso vede una periodizzazione di quest'epoca che lui,
infatti, non chiama “il 700” ma “l’età di Bach e di Handel”, e quindi tratta poco
meno di cent’anni, dal 1680 al 1770, prima dell'avvento dei tre classici
viennesi. Basso vede, quindi, questa periodizzazione interna tra gli anni
1720-1725 e gli anni che vanno dal 1680 al 1720. C’è un prolungamento delle
idee che arrivavano dal barocco seicentesco che nel 1720 in poi non
scompaiono ma si riempiono di contenuti molto più innovativi e si va ad
approfondire tutti gli aspetti della produzione umana secondo un diverso metro
di giudizio molto più scientifico e molto più razionale. La musica stessa viene
guardata con uno sguardo più razionale. Basso elenca un un po' di eventi tra il
1720-1725 che comportano un discrimine; per esempio nel 1720 Händel inizia
la sua carriera di master of orchestra ad Haymarket, a Londra, quindi la sua
carriera di imprenditore del teatro d’opera; nel 1720-1723 Bach cambia
completamente il suo il suo lavoro perché da maestro di cappella diventa
Thomas Cantor a Lipsia, con delle incombenze e più gravitanti nell'orbita della
musica sacra corale; Telemann si trasferisce ad Amburgo e diventa il massimo
animatore della vita musicale amburghese, con la sovrintendenza di cinque
chiese, il collegium musicum e la gestione del teatro d'opera (Amburgo
ovviamente risente molto positivamente di questa di questa figura). Nel 1722
Rameau pubblica il suo trattato di armonia, che diventerà un caposaldo per la
teoria musicale dei compositori di varie generazioni di musicisti. Poi abbiamo il
clavicembalo ben temperato di Bach (il primo volume nel 1729) con tutto il
lavoro che comporta perché è un'opera che si fonda sul temperamento
equabile, ossia sulla sulla divisione della scala in 12 semitoni tra loro uguali.
Segue Domenico Scarlatti che lascia Roma per la per trasferirsi a Lisbona e poi
a Madrid, quindi un grande della musica strumentale italiana e se ne va fuori
dall'Italia e chiudendo così una sorta di silenzio, che non è un silenzio creativo
ma finisce per allentare i rapporti con l’Italia. Tra il 1724-1725 Vivaldi pubblica
il cimento dell'armonia e dell’invenzione. Nel 1720 Benedetto Marcello pubblica
un libro importante “Il teatro alla moda” e pubblica anche la sua raccolta
“L'estro poetico armonico”. Tra il 1722 e il 1724 Francois Couperin pubblica i
suoi concerti e nel 1725 muore Alessandro Scarlatti, lo “Scarlatti padre” che
tanto aveva dato sia al teatro d’opera, sia alla forma della dell’oratorio. Un
altro aspetto importante che nasce nel 700 è il concetto di critica musicale
(Marco Scacchi, guarda lezioni precedenti). Nasce l’idea dell'ascoltatore non
come persona passiva, ma dell'ascoltatore che può esprimere il giudizio e che
vuole esprimere giudizi sulla musica, che soprattutto si informa. All'inizio del
‘700 cominciamo ad avere i primi periodici musicali, riviste che escono una
volta al mese in cui si citava il resoconto della vita musicale locale al locale ma
anche delle piazze più prestigiose d’Europa; a volte e potevano esserci anche
dei brani di musica da camera allegati alla rivista per amatori. A questa idea
dell'esercizio della critica e dell'espressione del buon gusto si lega proprio il
concetto, nato alla fine del Seicento, di gusto e di galanteria. La galanteria si
può definire come un codice di comportamento che riguarda il modo di fare
delle persone, di vestirsi e di parlare, le loro frequentazioni e i loro gusti
musicali. Quest'idea del “buon gusto”, che condiziona così tanto il periodo, è un
qualcosa di abbastanza indefinibile perché, molte delle persone che ne
scrivono, dicono che con il buon gusto si nasce e non è una di quelle cose che
si possono imparare. Basso cita uno scritto di Johann Mattheson che dice:

“ci sia concesso di notare che mentre sino ad ora si esigevano in una
composizione già ultimata solo due elementi, ossia melodia e armonia, ai nostri
giorni essa sarebbe malissimo fatta se non ci si aggiungesse il terzo
elemento ,ossia la galanteria….tuttavia questa galanteria non potrà essere
insegnata e rinchiusa in regole determinate, ma potrà essere raggiunta solo
per mezzo di un buon gusto e di un sano giudizio. Se si volesse ricorrere a un
confronto, nel caso che il lettore non fosse abbastanza “galante” per
comprendere cosa significhi in musica galanteria, non sarebbe sbagliato il
paragone con un vestito nel quale il panno potrebbe rappresentare la tanto
necessaria armonia, la “fuson” gli elementi convenienti a questa armonia, e in
certo qual modo la “broderie” sarebbe la galanteria”

La galanteria si concretizza soprattutto nella semplicità, nella facilità, nel fatto


che la melodia strizza l'occhio all'ascoltatore e questo nuovo stile che comincia
a farsi avanti è uno stile che prende l’abilità, la facilità e l'eleganza come suo
scopo principale (qualcosa che da eleganza alla composizione). Un altro punto
che si sviluppa nel settecento, ma con strumenti di giudizio più affinati, è
quello legato al discorso degli stili che si delinea in modo migliore. Abbiamo
infatti il discorso dei tre stili e dei due stili. I tre stili sono lo stile italiano,
francese e poi anche tedesco. Dico “e poi anche tedesco" perché nel Seicento
l'area che adesso noi definiamo come Germania brillava un pochino di luce
riflessa perché guardava un po’ dall'Italia e un po' dalla Francia (sudditanza
culturale da parte della Germania in questo periodo nei confronti della Francia;
le più grandi corti tedesche dell'epoca guardano sempre a Versalles). Ci sono
quindi questi tre stili; lo stile italiano e lo stile francese sono molto ben definiti,
specialmente lo stile francese, mentre invece lo stile tedesco raccoglie
suggestioni per poi elaborare più avanti un linguaggio proprio. I due stili sono
quello vocale e quello strumentale. La prima suddivisione quindi fa capo alle
diverse scuole che si svilupperanno in questi anni, mentre la seconda riguarda
il problema che abbiamo visto della richiesta di maggiore autonomia da parte
della musica strumentale che, in questo periodo, si fa sempre più pressante e
richiede una sistematizzazione. Il dibattito principale verteva sull’interrogativo
se la musica strumentale potesse essere in grado di esprimere degli affetti,
cioè degli stati d’animo, e se potesse descrivere il mondo esterno con i suoi soli
mezzi, cioè facendo a meno della parola. Per alcuni questo sarà possibile, per
altri no e la musica strumentale continua un po' a sentire questi
condizionamenti da parte della musica vocale perché, per esempio, nei trattati
musicali e nelle prefazioni si chiede spesso allo strumentista di dare
un'emissione allo strumento che ricordi gli abbellimenti o le tecniche di
emissione dello stile vocale. Questo è vero soprattutto in Italia dove la musica
strumentale non riuscirà a decollare dopo il 1700 perché il pubblico italiano
ama soprattutto il canto e il teatro. L’allontanamento di molti virtuosi
strumentisti dall’Italia durante questo periodo che poi costruiranno la loro
carriera all’estero farà si che la scuola italiana abbia un’espansione a livello
strumentale europeo, quindi determinante per la diffusione dello stile italiano.
Il concetto di stile espressivo della musica comincia ad investire tanti parametri
dello stile musicale. Vanno a delinearsi quindi alcune regole secondo le quali
sarebbe possibile esprimere i vari tipi di affetti cioè i vari stati d'animo
dell’ascoltatore. Questo in Germania funziona automaticamente in maniera
molto sistematica nel senso che i teorici associano dei determinati
procedimenti melodico-armonici agli affetti quali dolore, gioia, intenso
pentimento, rabbia feroce. In Italia questo non è mai avvenuto.
Il linguaggio musicale in Europa in questo periodo si trasforma in tanti modi
per esempio con l'introduzione del sistema temperato che avrà un’importanza
incredibile non tanto per i compositori di metà settecento, che saranno i primi
a collaudarlo (pensiamo al clavicembalo ben temperato di Bach), ma
soprattutto per i compositori del periodo classico come Mozart e Beethoven che
riusciranno a comprendere tutte le potenzialità di un'armonia che grazie
alla’enarmonia permetteva di modulare e di spaziare in qualsiasi direzione,
cosa che nel ‘600 non potevano fare a causa soprattutto degli strumenti ad
accordatura fissa. Quindi il sistema temperato spalanca un nuovo mondo. Lo
stile della galanteria, del buon gusto, fa perdere al linguaggio contrappuntistico
molto del suo appeal anche perché il linguaggio contrappuntistico è molto
complesso. Bach sarà il grandissimo, forse l'ultimo in quest’epoca, sostenitore
del linguaggio contrappuntistico, ma si rendeva conto che nel suo tempo si
chiedeva già qualcosa di diverso, di più semplice; la tendenza è quella di
andare verso una musica che abbandona pian piano il linguaggio
contrappuntistico. In seguito abbiamo l’eliminazione del basso continuo nella
seconda metà del secolo. Il basso continuo, che oramai aveva fatto un lungo
corso nella storia della musica, viene abbandonato e la parte di
accompagnamento pian piano verrà ad essere scritta in tutti i suoi parametri.
Abbiamo poi un nuovo dinamismo delle forme; per non parlare in astratto
pensiamo ai concerti di Vivaldi, a tutta questa dinamicità che lui imprime nel
ritmo, nel fraseggi degli archi, questa eccitazione costante che c’è in questi
brani. Risalta anche l’uso delle dinamiche, che prima non esisteva. Vi è poi un
uso di un gruppo strumentale più grande; l’accompagnamento strumentale nel
settecento comincia ad ampliarsi. C’è poi una prevalenza, come conseguenza
del contrappunto che comincia a perdere colpi, sempre maggiore del
predominio della melodia della musica vocale ma anche nella musica
strumentale; è il momento degli strumenti melodici per eccellenza come il
violino, il flauto e l’oboe, specialmente in Francia, e quindi un maggior
apprezzamento pre la melodia. Poi c’è il nascere di nuovi modi di chiamare le
forme musicali o i generi musicali che, sebbene in questo periodo sia ancora
abbastanza confuso, con il classicismo si definirà in modo molto più chiaro (per
esempio parole come sonata o come sinfonia). Siamo davanti ad un primo
manifestarsi di questa esigenza di dare un nome alle forme. Il barocco è il
periodo in cui cominciano a nascere delle istituzioni musicali importanti: la
musica non si impara solo in chiesa dal maestro di cappella o dal musicista del
di palazzo che ha i suoi allievi a cui segnare la musica in funzione di una carica
pubblica, ma nascono le prime istituzioni vere proprie in cui è la musica il
primo principio di aggregazione (Lezione precedente, Conservatori in Italia di
Napoli e Venezia che istruivano ragazzi orfani o meno, ma anche allievi
paganti). Un luogo interessante in cui si faceva musica e dove si esploravano le
novità musicali erano le scuole di latino tedesche. Queste erano le scuole
frequentate da coloro che sarebbero diventati la classe dominante e che
dovevano, quindi, sapere il latino con tutto quello che comportava la
conoscenza della lingua, quindi l’istruzione nelle leggi e nelle scienze, nella
letteratura e nella retorica; la musica era una tra quelle arti che praticavano.
In Francia, a Parigi per la precisione, c’è una scuola chiamata
“magazine” (magazzino perché era stata collocata in un ex magazzino) che
preparava al canto e alla musica strumentale della danza, importantissima per
la Francia. La danza era una parte essenziale del teatro francese musicale (la
tragedie lyrique e la comedie avranno entrambe parti danzate, così come
anche le commedie di Molière; era impensabile che non ci fosse uno spettacolo
di teatro musicale cantato senza di inserimenti di danze). Il magazine era il
primo passo per poi essere selezionati dell'Accademia Reale, ossia l’Operà.
In Germania c'è un proliferare dei “collegium musica” cioè di organizzazioni di
dilettanti che si riunivano per fare musica strumentale. Prima queste istituzioni
erano dilettantesca, dove si andava per divertirsi; alcune però divennero dei
luoghi di sperimentazione musicale (es. Telemann fondò quello di Lipsia nel
1702, di cui nel 1729 Bach prenderà la direzione sperimentando anche le sue
composizioni di musica da camera con i musicisti del collegium, aprendo la
fruizione della musica ai luoghi che prima non erano pensati in questo senso,
quindi concerti all’aria aperta, in piazza, nei cafè). Si creano quindi tante
situazioni differenziate dell'ascolto musicale che non vertono solo sulla musica
da camera a cui pochi potevano assistere (la camera era sempre un luogo di un
palazzo aristocratico) e la musica da chiesa che tutti potevano ascoltare.
Si creano delle situazioni intermedie e queste istituzioni si diffondono
soprattutto in Svizzera, Paesi Bassi e Germania. A Parigi ci fu un’altra
occasione di scambio nei cosiddetti “concerti spirituali”, fondati dall’oboista
Michel Philidor, il compositore di corte. Questi concerti spirituali inizialmente
furono creati per ospitare musica sacra ma pian piano, nel corso del tempo (dal
1725 al 1785) si apriranno ad altri generi; l'unico genere vietato era il teatro
d’opera. Questa istituzione sarà importantissima per far conoscere al pubblico
francese la musica strumentale degli altri paesi (a Parigi c'era una sorta di
dittatura del teatro musicale e poca musica strumentale; Lully, il più grande
compositore del tempo del Re Sole, non compone niente di specificamente
strumentale. La sua musica strumentale era inserita dentro alla
rappresentazione teatrale).
Nel 700 abbiamo un allargamento della compagine strumentale dell'orchestra e
Alberto Basso, nel suo volume, da qualche esempio concreto :la cappella di
San Marco nel 1683 aveva 36 strumentisti; la corte di Dresda a fine seicento
ne aveva 26 mentre nel 1734 ne aveva 46; la corte viennese nel 1729 aveva
64 strumentisti; all’Opera di Parigi all'inizio del ‘700 c’erano 36 elementi;
all’opera di Amburgo 58 elementi. Insomma, cominciano ad esserci delle
orchestre notevoli. Questa informazioni sono da vagliare sotto diversi aspetti
però: a volte uno strumentista poteva suonare strumenti diversi oppure
talvolta non è detto che i brani eseguiti avessero altrettante parti o un numero
di parti congruo al numero di esecutori (la musica era magari a 4/5 parti reali,
suonata da un numero esorbitante di strumentisti = concetto del fasto
Barocco, dell’esorbitanza, della celebrazione). Questa idea viene dalla
cosiddetta scuola bolognese legata alla basilica di San Petronio con concerti e
sinfonie con masse di 30/35 archi e con delle compagini esecutive tra coristi e
musicisti che arrivano addirittura a 180 esecutori (es.Torelli).
piccola parentesi alcune volte l'architettura dei luoghi è congeniale alla
musica che si faceva; nel barocco c'è quest'idea del musicista che compone per
un determinato luogo. La cappella della chiesa di San Petronio a Bologna è una
Chiesa con due organi posti sulle due balconate che si contrappongono.
Nell’abside c'è un grande spazio per l'orchestra e questa disposizione lascia poi
tutta quella produzione strumentale e vocale a cori battenti dove le due
compagini, vocale e strumentale, dialogano in un botta e risposta. San Petronio
fu proprio uno di quei laboratori in cui maturarono le idee della forma del
concerto grosso proprio perché nasce da questa contrapposizione di due gruppi
diversi di voci e strumenti. chiusa parentesi
L'affermazione del sistema temperato porta delle grandissime novità ed è uno
dei prodotti più evidenti di quell'approccio scientifico a tutti rami del sapere e
anche alle arti che comincia a verificarsi nel Settecento con l’Illuminismo.
A partire dalla controriforma il dialogo tra la Chiesa e i liberi pensatori, i filosofi
e gli scienziati è stato particolarmente difficile. Il 700 è il secolo in cui si
comincia a mettere in discussione i dogmi della chiesa relativamente alla
cosmologia, del ruolo che la Chiesa doveva avere, tutte le problematiche legate
all'inquisizione e ai roghi delle streghe. La Chiesa aveva cercato in tanti modi di
di opporsi alla novità scientifiche e alla ricerca scientifica, però pian piano ho
dovette rivedere le sue posizioni. In questo momento anche la musica viene
osservata con occhio scientifico; in particolare c'era il problema delle
accordature che era un falso problema : gli esecutori l'avevano già risolto con il
temperamento equabile per cui i diesis sono uguali ai bemolli e i 12 gradi della
scala sono quantitativamente divisi in modo uguale. Questo permette al
compositore di poter usare i suoni in senso enarmonico, cosa che prima non
esisteva assolutamente, e dà la possibilità di sperimentare tutto il circolo delle
quinte e dà maggiore libertà anche in ambito compositivo. Non bisogna dire,
però, che sia stato Bach a inventare questa cosa: Bach è solo quello che ha
dato il risultato più alto e più evidente. Prima c’erano già stati esempi simili
come nelle composizioni di Rameau e Pachelbel che, nel 1699, pubblica una
raccolta dal titolo “Exachordum Apollinis” in cui ci sono brani musicali in 17
tonalità diverse. Alla fine di questo percorso di ricerca abbiamo poi il
“Clavicembalo ben temperato” in due libri ( 1722 e 1744) con 24 preludi e
fughe in 24 diverse tonalità maggiori e minori nell'ordine progressivo della
scala cromatica.
Il sistema temperato dà una spinta alle grandi innovazioni in ambito storico
musicale. Innanzitutto la nuova teoria dell'armonia non è più quella dei modi
ma è un’armonia rigorosamente tonale, che insegna la concatenazione degli
accordi (la cosa importante non è tanto pensare alla polifonia come ad una
sovrapposizione di voci che si muovono, ma come a una sequenza che posso
leggere ed organizzare in senso verticale). Da qui viene poi il concetto di
triade, cioè la base dei suoni che formano la triade e che appartengono alla
stessa funzione tonale. Segue ovviamente il ruolo di tonica e dominante, la
particolarità di accordi aumentati e diminuiti. Questo è il nuovo lessico
dell'armonia derivato dal sistema temperato. I compositori sfruttano questo
nuovo modo per distribuire il loro discorso musicale scientemente in aree
precise. Si instaura una dialettica della composizione con questi nuovi punti
fermi che guidano il compositore nel comporre. Cambia anche il percorso di
ascolto del pubblico che comincia ad aspettarsi determinate soluzioni
armoniche che entrano a far parte di questa nuova grammatica della
composizione e dell’ascolto.
Impostiamo ora un discorso più generale sulla musica strumentale. Nel 700 si
comincia a formalizzare la costruzione delle composizioni cioè diamo a loro un
nome ben preciso che corrisponde a una forma ben precisa. Il concetto di
forma è quindi un concetto che riguarda la composizione (immaginiamo la
forma come un contenitore che ha già una sua struttura dentro il quale
mettiamo la musica). La forma è fissata, è prestabilita sebbene ci siano delle
possibili varianti; ciò nonostante deve avere delle caratteristiche ben precise e
svolgersi secondo determinate strutture e sezioni. Poi ogni compositore questa
“forma” la riempie di suoni diversi. Di una composizione possiamo quindi
vedere i parametri tecnici, per esempio come si comporta la melodia, l'armonia
e le dinamiche, la condotta delle parti, oppure possiamo vedere il genere in cui
si inquadra, musica strumentale, sacra, profana, teatrale, oppure possiamo
guardare anche il suo principio architettonico che ci porta a parlare di strutture
bipartite, tripartite, a sezioni tra loro concatenate attraverso dei rimandi,
oppure una struttura a variazione su un basso ostinato. Con tutte queste cose
si esprimono dei concetti formali in senso molto ampio e soprattutto, in questo
periodo, i concetti di forma, di stile e di genere possono essere confusi. Per
esempio la forma sonata-stile sonata-genere sonata; per noi la sonata è solo
una forma, ma nel ‘700 il genere sonata aveva che fare con la destinazione di
questo brano (un brano per strumento melodico accompagnato da uno
strumento da accompagnamento così chiamato perché si eseguiva “in camera”
=genere di musica cameristica) così come lo stile sonata era uno stile che
metteva in evidenza più di altri stili le capacità e la bravura dell’esecutore.
La forma sonata è quella che vedremo concretizzarsi alle soglie del classicismo,
cioè quella forma musicale che vuole un principio bitematico e tripartito. Quindi
in questo particolare periodo serve una maggiore creatività, perché lo
strumentista deve potere dare sfoggio della sua bravura e della sua capacità di
diminuire i brani, cioè di riempire le note lunghe con abbellimenti in
abbondanza, da esercitarsi però all'interno di forme ben precise.
ASCOLTO : Sonata a due di Corelli, op.5 - Enrico Gatti (1:03:12)
Questo che Quantz riguardo i violinisti italiani della sua epoca :
“si constata anche che gli odierni violinisti italiani eseguono quasi tutti secondo
un unico gusto. Essi eseguono l’Adagio in maniera troppo ardimentosa,
ritengono nell'allegro di fare qualcosa di singolare eseguendo con un unico
colpo d'arco una certa quantità di note. Eseguono i trilli o in modo troppo
rapido e vibrante, o persino sulla terza, cosa che considerano un errore se sono
i cantanti a farlo. In una parola, la loro interpretazione e lo stile esecutivo da
essi fatto sembrerebbe che voler imitare un abile violinista del tempo passato
per farsi beffe di lui.”
Ancora prima dice, però : “essi cercano la maggiore bellezza all'atto che non si
trova nel registro più grave, al limite della tastiera, e si arrampicano verso
l'alto come sonnambuli sui tetti, trascurando il bello vero dal momento che
privano lo strumento in gran parte della sua gravità ed eleganza, quale le
corde grosse sono capaci a produrre.”
Nel libro di Basso è lunghissima questa citazione di Quantz che da un giudizio
musicale sui francesi, sugli italiani e sui tedeschi; diciamo che con gli italiani, a
parte questo dei violinisti, è molto benevolo. Quelli che tratta peggio sono i
francesi, troppo legati alle loro tradizioni che non riusciranno mai a fare un
qualcosa di veramente nuovo.
Un aspetto su cui passo velocemente è l'aspetto della musica imitativa.
Nel 700 gli strumenti usati per fare suoni/versi strani è una sorta di artificio
ripreso dal Barocco che nella musica ha un certo seguito (non tanto nella
musica italiana, ci sono pochi esempi se escludiamo i concerti di Vivaldi
naturalmente) soprattutto in Francia. In Francia c'è una produzione
clavicembalistica che strizza l'occhio a questi “versi” dove dei piccoli brani per
clavicembalo vorrebbero riprodurre il mondo naturale e gli stati d’animo. Ci
sono altre composizioni in questo senso nella produzione per tastiera tedesca,
ma qui arriviamo quasi a uno stile rappresentativo, nel senso che non è tanto
una riproduzione di particolari fenomeni sonori del mondo esterno, ma l’idea,
sempre attraverso quella istruzione del musicista tedesco basato sulla retorica,
che la musica potesse descrivere qualsiasi cosa attraverso il linguaggio degli
strumenti. Ci sono appunto numerosi brani, per esempio la cosmogonia di
Buxtehude, delle suite strumentali “nelle quali sono convenientemente
riprodotte la natura e le proprietà dei pianeti”. Ancora di Froberger “l’
allemanda che descrive la traversata del fiume Reno del conte di Turn su una
barca in grave pericolo” e appunto in questa allemanda ci si rende conto di
tutti i 24 momenti di cui era composta questa traversata del del fiume Reno.
Anche Bach scrive un paio di brani di carattere un po' affettuoso, per esempio il
“Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo” titolo in italiano tra
l’altro. A parte Antonio Vivaldi, i musicisti italiani non hanno mostrato
particolare interesse per la musica descrittiva. Il caso di Vivaldi è eccezionale
perché, dei suoi 30 concerti, tutti hanno un titolo evocativo. Questo, però,
veniva anche fatto per incuriosire il pubblico e l’acquirente. Oltre ai concerti
delle stagioni abbiamo i concerti “Il riposo”, “Il piacere”, “La tempesta di mare”,
“Il sospetto”….. Poi naturalmente, soprattutto nei concerti delle stagioni, la
condotta degli strumenti si adegua al contenuto esterno. Tra l’altro a ogni
stagione nella partitura era stato premesso un sonetto che illustrava la
stagione, quindi tutto quello di cui parla il sonetto viene poi ripreso
musicalmente attraverso questo descrittivismo. Il concerto delle stagioni ebbe
un grandissimo successo anche all’estero; fu pubblicato ad Amsterdam nel
1727 e una della trascrizioni più curiose è la trascrizione di Nicolas Deville “Le
stagioni divertenti”, una riduzione per musetta o ghironda o violino o flauto e
basso continuo del 1739.
ASCOLTO: Le stagioni divertenti
Verso la fine del seicento c'è una tendenza verso le forme concertanti; abbiamo
parlato tantissimo della parola concerto, dell'idea di concerto come mettere
insieme cose che non andavano d'accordo tra loro, abbiamo detto che il
concerto è la forma ideale del barocco. Il barocco finisce quando determinate
forme verranno fissate definitivamente, cioè con un senso ben preciso, quindi
l'idea di concerto solistico, l'idea di stonata, di quartetto, di sinfonia che ancora
in questo periodo non possono essere declinate in modi diversi, alla fine
troveranno una loro formalizzazione. Tutta l'idea barocca della musica si muove
all'interno ddi questo concetto di concerto, e un altro elemento che apre la
strada al concerto è la strutturazione della musica strumentale in
raggruppamenti e in funzioni ben definite. Passiamo quindi da una generica
forma, cioè da una generica etichetta di musica da suonare, a definizioni più
precise per esempio sonata non come brano di musica strumentale, ma sonata
nella sua declinazione (da Chiesa e da camera, a tre o a quattro strumenti ).
Avviene dunque una precisazione (che cos'è questa sonata ? per quante
persone ? da eseguirsi dove ?) che prima c’era e ancora una volta protagonista
di questi sviluppi in ambito strumentale è la scuola di San Petronio
dall'insediamento del suo maestro di cappella Maurizio Cacciati nel 1657 e che
vide una enorme fioritura del genere strumentale del concerto, soprattutto
nella sua declinazione da Chiesa. Poco dopo Arcangelo Corelli, romagnolo, che
aveva diciamo stazionato in gioventù a San Petronio, arriva Roma e, seguendo
le orme di Stradella, il primo a dare indicazioni precise sul concerto grosso /
concertino anche se nella musica vocale, propone questa organizzazione
dell'orchestra in quel modo particolare che appunto si chiama il “concerto
grosso”, un particolare stile di musica strumentale che non è durato tantissimo
però è stato importante per chiarire molti aspetti della musica strumentale e
soprattutto per organizzarla anche a livello compositivo in un modo diverso
rispetto a quello che era stato fatto nel seicento. Sicuramente è un tipo di
musica strumentale diverso da tutto quello che era stato fatto
precedentemente, anche se alcune cose venivano da quelle contrapposizioni
ampiamente sperimentata sia a San Marco, sia a Bologna. Gli elementi
caratterizzanti del concerto in questo periodo sono la tecnica alternativa, cioè
l'alternanza che viene dalla pratica dei cori spezzati o battenti; il concerto
oppone due gruppi strumentali che può essere un tutti e un concertino (un
gruppo di tre) oppure un tutti e un solo, detto anche principale, e questo grazie
ancora una volta alla scuola di San Petronio (Torelli è stato il primo a fare
concerti per tromba solista e orchestra). Anche la scrittura del grosso
dell'orchestra è diversa dalla scrittura del concertino, che è una scrittura più
virtuosistica che mette in luce anche a livello stilistico la differenza fra le due
compagini. Il concerto grosso è strutturato in base a ingredienti molto semplici
che sono sostanzialmente la progressione e l'imitazione e la ripartizione del
brano musicale in tante sezioni con cadenze; quindi è una musica che non si
sviluppa in senso tematico, che non è una rielaborazione, non è una variazione,
ma è proprio proporre su registri diversi, magari seguendo la dialettica tonica-
dominante, tonica-relativa minore, oppure timbriche diverse, alternando i soli e
il tutti (concerto per violino di Corelli). Un’altra tecnica è la ripetizione, dove il
tema passa dall'uno all'altro gruppo creando anche un'idea di spazialità e
dinamicità (contrapposizione dei pieni e dei vuoti, progressione, costruzione a
terrazze). Un'altra tecnica è quella del ritornello della frase cadenzata, che si
ripete sempre e che troviamo in tanti concerti di Corelli.
Nel 700 ci sono vari tipi di concerto concerto grosso. Di questa forma, già
sperimentata in alcune opere di Alessandro Stradella verso il 1670-80 che vede
la distinzione di questi due organici strumentali dove abbiamo l'insieme degli
archi accompagnati dal basso continuo e il concertino, che in genere è
rappresentato da due violini e la viola bassa o violoncello e il continuo
(organico della sonata a tre), ci sono due tipi : da chiesa e da camera.
Il concerto grosso da Chiesa inizia con un tempo lento, quindi alterna adagio,
allegro, adagio, allegro, mentre il concerto da camera ha il tempo d'attacco
allegro, finisce con un tempo allegro e spesso include movimenti di danza, per
esempio la giga. Ci sono molti compositori che hanno scritto concerti grossi
dopo Corelli come Torelli, Scarlatti, Dall’Abaco, Pietro Antonio Locatelli,
Francesco Geminiani, Handel, Giuseppe San Martini…
Nel concerto solistico, il concertino è un solo strumento; l'iniziatore del genere
è stato Giuseppe Torelli con il concerto per una tromba (San Petronio). Nella
stampa dei suoi concerti musicali del 1698 scrive nella prefazione:
“ti avverto che sei in qualche concerto troverai scritto “solo” dovrà essere
suonato da un solo strumento”
Quindi abbiamo degli esempi di trattamento solistico nonostante ci siano
concerti per vari strumenti solisti. Quello tipico è appunto il concerto per violino
perché il maestro di cappella era il primo violino, anche se, specialmente
all’inizio, c'è una varietà di strumenti ad arco e a fiato che poi viene perseguita
anche da Vivaldi (usa tantissimi strumenti per i suoi concerti). Il cembalo
inizialmente viene usato solo in funzione di basso continuo. Il primo che scrive
un concerto e con il cembalo solista è Bach nel quinto concerto
brandeburghese (cadenza di 67 battute prima). Un concerto da non
sottovalutare assolutamente è il concerto di gruppo, derivato dalla sinfonia
seicentesca, che quindi ha una struttura polifonica e dove non esiste questa
contrapposizione solista-orchestra o concerto grosso-concertino, ma è imposta
to con una scrittura contrappuntistica, dove non c'è prevalenza di un gruppo o
di un solista sugli altri (maggiore equità). Viene chiamato “concerto a più
strumenti” e cha una struttura sonora più omogenea, più compatta e lo
troviamo all’inizio del settecento con il nome di sinfonia perché naturalmente la
matrice era un po' quella della sinfonia avanti l’opera. Di questi ne scrittie
Vivaldi, Albinoni, Dall’Abaco, Telemann, Handel Bach e Benedetto Marcello. Non
era quindi difficile trovare questo tipo di concerto e tra l’altro, a differenza del
concerto grosso che ebbe vita breve, il concerto di gruppo sarà poi quello che
preparerà il terreno per la sinfonia del periodo classico. Tra il concerto grosso,
il concerto solistico e il concerto di un gruppo, i due che rimarranno nel periodo
classico sono ovviamente il concerto solistico e il concerto di gruppo, chiamato
anche sinfonia. Il processo evolutivo del concerto dalla fine del seicento alla
fine del settecento vede la sonata come forma madre, come forma archetipica
intesa come una composizione polistrumentale, cioè a più strumenti, e con un
determinato gruppo di strumenti. Da questa forma archetipica abbiamo due
possibili declinazioni: la tendenza a incrementare l'idea di insieme e quindi il
volume sonoro, andando nella direzione del concerto della sinfonia, oppure
viceversa la tendenza a ridurre l'insieme strumentale, arrivando a un solo
strumento o una coppia di strumenti, arrivando quindi alla sonata solistica o
accompagnata, che è un po' anche la conseguenza di una nuova utenza
musicale da parte di chi voleva fare musica da camera. Il termine sonata
finisce per indicare quel genere per pochi strumenti e quindi di uno strumento
a volte due strumenti solisti, accompagnati dal cembalo che poi diventerà un
forte-piano e, negli anni 80, diventerà un pianoforte. Un altro aspetto da
sottolineare è quello che il nome della sonata d’insieme è usato anche per
indicare un piccolo brano di un movimento solo, per esempio il termine
“sonatina” lo troviamo nelle cantate di Bach. Sonatina perché era in un unico
movimento. La sonata solistica si afferma già alla fine del seicento, quando la
suite di danze comincia a cambiare fisionomia con l'inclusione di danze che fino
ad allora non erano state inserite, come il minuetto. Non lavora più tanto un
carattere polifonico, ma un carattere solistico con l’affermazione del
tematismo, cioè si comincia a sviluppare piano piano un'idea di cosa debba
essere un tema, che non è solamente il modo in cui incomincia un brano, ma è
il momento importante in cui si espone l'idea musicale che farà poi da filo
conduttore e diventerà l'elemento propulsore del periodo classico.
Ci sono stati molti dibattiti tra i musicologi su dove sia nata la forma sonata:
alcuni dicono che la forma sonata sia nata in Italia con San Martini, altri dicono
che invece sia stata inventata nella scuola tedesca di Mannheim. In realtà la
cosa su cui poi la maggior parte degli studiosi concorda è che tante volte in
diverse lontane parti d’Europa si arriva per strade diverse alla stesso risultato,
senza che qualcuno copi dall’altro, ma le cose avvengono perché sono nell’aria.
Probabilmente la sinfonia nella sua espressione, la forma base che
normalmente domina la forma sonata, trova le sue radici in più di un luogo.
Uno dei punti di riferimento da cui nasce il contenitore della forma sonata è la
sinfonia avanti l'opera e l'altro è, invece, dato da alcune sinfonie strumentali
che venivano stampate assieme ai concerti grossi e ai concerti solistici, quindi
vediamo come il concerto per vari strumenti in alcune raccolte a stampa
prende già il nome di sinfonia. Anche qui c’è la tradizionale distinzione del “da
camera" e “da Chiesa”.
Corelli e Lully sono ritenuti e i due maggiori artefici della musica strumentale ,
sebbene Lully non compose musica strumentale pura, ma all’interno delle sue
opere. Vennero celebrati poi da Couperin nei suoi Toumbeau come un omaggio
funebre. Corelli è il vero protagonista della sonata-concerto. Nasce a Fusignano
nel 1653 e muore a Roma nel 1713. Si forma alla scuola bolognese e poi arriva
a Roma. Viaggia un po' in giovanissima età, sta due anni in Baviera e forse
anche in Francia, ma poi si impone al mondo musicale con la prima delle sue
raccolte di musica strumentale (non ha MAI composto musica vocale) e la sua
diciamo opera omnia è molto facilmente catalogabile: 4 raccolte di sonate a
tre, che sono opera 1-2-3-4, divise in 2 da Chiesa e 2 da camera, una raccolta
di sonate per violino e violone o cembalo e poi la raccolta di concerti grossi
pubblicato un anno dopo la morte (1714). Ogni raccolta contiene 12
composizione, 72 opere in tutto. L’organico delle sonate a tre da chiesa hanno
in genere due violini e un violone o l’arciliuto, con Basso per l’organo, in genere
in 4 movimenti, col movimento lento all’inizio. L'organico della sonata da
camera, invece, è composta da due violini e violone o cembalo e la distinzione
evidente è questa, che delle sonate da chiesa l’organo è obbligato, mentre
nelle sonate da camera il cembalo è una parte alternativa, perciò può essere
sostituito. Le sonate da camera hanno tre o quattro movimenti e in genere
includono sempre anche una danza. Dal punto di vista stilistico i generi sono
molto vicini nel senso che certe volte anche le sonate da chiesa contengono dei
ritmi di danza, anche se ovviamente non li si può chiamare così
espressamente. Nelle sonate da camera troviamo moltissime danze, sempre in
posizione finale, come la giga, la gavotta, l’allemanda, la corrente, la
sarabanda, ma una sarabanda veloce. L’opera 6, questa dei concerti grossi , è
divisa in parti non uguali cioè la prima parte è composta da otto concerti da
Chiesa e l’ottavo è quello famoso composto per la notte di Natale che finisce
con la pastorale, e la seconda parte invece con quattro concerti intitolati
“Preludi, allemande, gighe, correnti, sarabande, gavotte e minuetti” (lo stesso
titolo che aveva dato alle sue sonate), con una articolazione interna da quattro
a sei movimenti, sempre però mantenendo questa alternanza. Per concludere
questa parte del concerto grosso vi farò ascoltare il n.4 op.6; è
interessante perché ci fa vedere appunto questa dinamica e questo scambio fra
i due violini, la differenza di scrittura tra la parte del tutti orchestrale e invece
la parte dei solisti, molto più virtuosistica e poi questa riproposizione di frasi
veloci che si passano da un violino all'altro che sembrano quindi creare una
linea continua (che non si può intendere come tale perché appunto c'è questa
estrema mobilità fra le due parti). Poi molto interessante perché lo troviamo
forse per la prima volta in Corelli nella seconda parte è che il largo è tutto
accordale, inizia con un basso discendente di lamento e dall'inizio alla fine è
accordarle. Questa, secondo me, è la maggiore dimostrazione di quanto
l'armonia funzionale avesse già cominciato a rivoluzionare il mondo musicale.

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