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V.T.E.

- Veicolazione Transdermica Elettromedicale

Il principio fisico del trasporto dei prodotti della dissociazione ionica di componenti chimici
attraverso la cute ed i tessuti biologici sottostanti, ossia della Ionoforesi, venne scoperto da
A.Volta & L.Galvani nel 1790 per poi essere ripreso nel 1900 dal biologo e chimico francese
Stephan Armand Leduc, professore alla Scuola di Medicina di Nantes; Leduc è stato quindi uno
dei precursori dello studio sistematico sugli effetti fisiologici della corrente elettrica. Leduc, nei
suoi studi e sperimentazioni, arrivò a disegnare una teoria sui meccanismi chimici alla base dei
fenomeni vitali basata su quella che definì “cristallizzazione osmotica” 1. Recentissimi studi di
idrofluidodinamica effettuati presso l’Università di Granada e di Oxford sui fenomeni vitali si
riferiscono chiaramente alla teoria di Leduc e confermano le sue geniali intuizioni2
La ionoforesi può essere definita come il processo di trasporto di ioni attraverso un mezzo
conduttivo, quale è il corpo umano, indotto dall’applicazione di un campo elettrico esterno.
Il campo esterno è generato da elettrodi di polarità inversa sistemati sulle facce contrapposte del
mezzo conduttivo, normalmente costituito dall’interfaccia biologica.
Gli ioni con la stessa polarità dell’elettrodo su cui sono adagiati vengono da questo,
elettrostaticamente respinti e forzati a penetrare la barriera epidermica o strato corneo, che
solitamente si oppone, mediante la matrice extracellulare lipidica, al passaggio di molecole
idrosolubili, ne risulta quindi un trasporto di ioni attraverso l’interfaccia biologica.
Lo studio analitico della ionoforesi a corrente continua è stato fatto da M. Plank a cui si deve
l’elaborazione del primo modello matematico.3
La ionoforesi è utilizzata come un mezzo per facilitare il trasporto di ioni attraverso membrane
biologiche e sintetiche; in particolare la ionoforesi transdermica è stata usata come un mezzo
formidabile atto a superare la barriera costituita dallo strato corneo della pelle (SC), nella
veicolazione di prodotti medicinali elettricamente carichi.
La corrente continua, regolata da opportuna strumentazione, risulta essere un vettore efficace nel far
assorbire localmente al paziente determinati farmaci terapeutici anche a lento rilascio.

1
1) Leduc S (1911). The Mechanism of Life, Rebman, London.

2) Fluid dynamics in developmental biology: moving fluids that shape ontogeny

Published online 2008 December 30. doi: 10.2976/1.3043738


Julyan H.E. Cartwright, Oreste Piro, Idan Tuval

3
M. Planck, ¨Uber die erregung von elektrizit¨at und warme in elektrolyten,
Ann. Phys. Chem. 39 (1890) 161–186.

1
La ionoforesi a corrente continua produce purtroppo effetti collaterali quali eritemi e bruciature
superficiali per effetto della polarizzazione degli elettrodi o “saponificazione” della pelle, e
necessita di alte concentrazioni di principio attivo per contrastare la bassa penetrazione (5mm in
CC), relativa ad una bassa densità elettrica 0.1-0.5mA/cm^2 (per evitare ustioni) e di conseguenza
ad un basso rendimento nel trasporto ionico.
La polarizzazione è il risultato di un accumulo di cariche sulla pelle in quanto lo Strato Corneo (SC)
si comporta come un condensatore; ciò porta alla diminuzione della corrente efficace allungando i
tempi di trattamento e quindi di guarigione.
L’effetto della polarizzazione è stato superato in qualche misura con l’utilizzo successivo della
ionoforesi ad impulsi e la iontoforesi, a corrente continua, tuttavia le ustioni elettrochimiche nella
zona degli elettrodi possono ancora essere presenti.
Le ustioni nella zona del tessuto dove si appoggiano gli elettrodi sono il risultato delle notevoli
variazioni del pH dovute all'accumulo di ioni idrogeno all'anodo (-) e ioni idrossido al catodo (+).
L’ingresso degli ioni nell'organismo è rappresentato dagli sbocchi delle ghiandole sudoripare e
sebacee nonché dagli orifizi esterni dell'apparato pilifero. La permeabilità è influenzata dal peso
molecolare dei medicamenti, ossia più gli ioni sono piccoli più attraversano velocemente e
facilmente i pori della pelle, proporzionalmente alla quantità totale di corrente applicata (intensità e
tempo); gli ioni con grande peso molecolare invece non superano la barriera cutanea.
Gli ioni medicamentosi incominciano ad attraversare la pelle soltanto dopo i primi 15 minuti di
ionoforesi perciò le applicazioni devono durare almeno 25 - 30 minuti. Arrivati negli strati profondi
della cute, una parte degli ioni entra direttamente nel circolo capillare mentre il resto si lega alle
proteine e si accumula nei tessuti interstiziali, formando in tal modo depositi farmacologicamente
attivi a cessione lenta; man mano che il medicamento penetra in profondità viene rapidamente
rimosso e trasferito nel circolo generale.
La durata della ionoforesi non deve mai essere inferiore ai 25-30 minuti, in quanto inizialmente
attraversano la barriera cutanea soltanto gli ioni parassiti e dopo 15 minuti quelli medicamentosi, di
solito si effettuano cicli di 10 o 15 sedute, con cadenza quotidiana. Oltre alle criticità dovute ai
fenomeni di polarizzazione ed ustioni, la ionoforesi a CC è limitata ai componenti ionici (molecole
polarizzate) ma praticamente inefficace su molecole prive di carica (neutre ).

Per superare le predette criticità sono stati avviati nel tempo diversi studi e successive applicazioni
di vario tipo utilizzando la corrente alternata ( AC ) quale motore di trasporto.
Uno studio avanzato sulla ionoforesi a corrente alternata è stato fatto dai dipartimenti di
Matematica e Medicina dell’Università di Qeensland in collaborazione con l’Ospedale Princess
Alexandra da T.R. Mollee, Y.G. Anissimov e M.S. Roberts4.
Si stanno riscontrando grandi risultati nell’utilizzare le correnti impulsive per promuovere il
trasporto ionico, in quanto nel momento in cui si raggiunge un potenziale di trans membrana di 0.5-
1.5V si aprono gli “elettropori” e si riesce a by-passare l’effetto isolante del derma, questo dopo un
tempo variabile da qualche minuto al fatidico quanto d’ora, come spiegheremo ampiamente di
seguito.

La ionoforesi a corrente alternata (AC) a bassa frequenza fu proposta per la prima volta da R.
Tapper nel 1993 quale metodo per evitare ustioni elettrochimiche agli elettrodi5 ed è stata
successivamente studiata da altri ricercatori che hanno visto come la Ionoforesi AC riduce le
ustioni cutanee.

4 Periodic Electric Field Enhanced Transport Through Membranes


T.R. Mollee, Y.G. Anissimov , , M.S. Roberts b

5
R. Tapper, Iontophoretic treatment system, U.S. Patent, patent Number
5,224,927 (1993).

2
La ionoforesi con Corrente Alternata (AC) ad alta frequenza è stata studiata da Reinauer ed altri
per le applicazioni in casi di iperidrosi palmare e testata fin dagli anni “30 sul cancro dal grande
biologo russo George Lakhovsky.
T. Shibaji6 ha studiato l’efficienza della ionoforesi AC in vitro mediante film in cellophane
utilizzando alte frequenze, ed ha riferito che il campo elettrico ad alta frequenza AC trasporta ioni
in maniera molto più efficiente rispetto alla diffusione passiva.

Shibaji 6 ha teorizzato che l'aumento di efficienza osservato nel trasporto di ioni con campi ad
alta frequenza è dovuto ad una sufficiente energia vibrazionale degli ioni che può distruggere
l'interazione ione-acqua, che a sua volta riduce il raggio effettivo di Stokes quindi aumenta la
diffusione degli ioni e l’efficienza del sistema.
Lo studio di Shibaji ed altri dimostra la dipendenza diretta della quantità di ioni trasferiti
dall’ampiezza del segnale sinusoidale alternato applicato; la velocità di trasporto aumenta
linearmente da zero a ca. 15 Volt per appiattirsi al superamento di questa soglia.

Chiaramente il trasporto di ioni è anche direttamente proporzionale alla concentrazione degli stessi
nella zona compresa tra elettrodi e cute.

Un altro interessantissimo risultato dello studio è quello relativo alla relazione tra la conduttanza
( reciproco dell’impedenza o semplicemente reciproco della resistenza di un conduttore al passaggio
di una corrente alternata) di una soluzione contenente ioni e la frequenza della corrente alternata
utilizzata.

Nel range compreso tra 100Hz e 2 kHz si evidenzia una dipendenza quasi lineare della
conduttanza che aumenta all’aumentare della frequenza; superati i 2 kHz non si registrano ulteriori
aumenti a parte una estrema instabilità a frequenze maggiori di 1 MHz.

6
T. Shibaji, Y. Yasuhara, N. Oda, M. Umino, A mechanism of the high frequency AC iontophoresis, Journal of controlled release 73
(2001) 37–47.

3
4
S. Li 7ed altri ricercatori riportano gli effetti sperimentali di un’onda quadra nella ionoforesi AC
sul trasporto di soluti neutri attraverso la pelle umana.
Gli autori hanno supposto che durante la ionoforesi AC il miglioramento del flusso ionico
attraverso l'epidermide sia dovuto unicamente alla formazione di nuovi pori.
L’analisi di T.R. Mollee dimostra che, mentre la ipotesi di S. Li è valida per una ionoforesi
ad alta frequenza, per le frequenze più basse non vi è ulteriore miglioramento associato al
moto convettivo dovuto alla tensione alternata.

Lo studio di Mollee si basa sulla variazione della concentrazione di un tracciante e della relativa
variazione di flusso ionico secondo il principio della conservazione di massa e dell’elettro-
diffusione secondo le equazioni di Nernst-Plank in un campo elettrico dipendente dal tempo che
rappresenta naturalmente un flusso di corrente alternata.

Un risultato di particolare interesse dello studio è aver individuato una relativa insensibilità
al variare della forma d’onda utilizzata.

Seguendo lo sviluppo teorico ed i calcoli relativi, per i quali si rimanda al testo originale, si arriva
ad identificare il tempo medio impiegato da uno ione tracciato ad attraversare l’intera membrana per
effetto del solo trasporto elettrico.

1
Questo valore di tempo è espresso come dove f* è la frequenza caratteristica del
* 2⋅ f
segnale che, considerando i parametri tipici della cute quali grandezza dei pori e diffusività,

si ricava essere pari a 8.5 Hz. ( è interessante la coincidenza con la frequenza di risonanza della
cavità Terra-Ionosfera ambiente in cui siamo immersi e dove la cute rappresenta l’interfaccia tra il
nostro corpo e l’ambiente vitale)

Dai risultati di uno studio approfondito, commissionato dal National Institutes of Health negli anni
‘60, al Dr. R. O. Becker per definire se l’agopuntura cinese fosse o no un fenomeno concreto e
scientificamente sostenibile, si evince che questa tecnica medica orientale analizzata con basi
scientifiche occidentali è riconducibile a fenomeni elettro-biologici legati a particolari segnali e
frequenza di lavoro. L'elettroagopuntura è stata sviluppata in Cina a partire circa dal 1934; la
combinazione dell’elettromagnetismo con le teorie della Medicina Tradizionale Cinese, trova
menzione in alcuni testi antichi: l’Erbario di Shen Nong (III sec. a.C.) e il Compendio di Materia
Medica (BEN CAO GANG MU XVI sec.d.C.). In relazione a questo il dr. Becher affermava:

”I meridiani e gli agopunti sono rispettivamente i conduttori e gli amplificatori di un circuito, la


pelle sopra di loro evidenzia specifiche differenze elettriche rispetto alla cute circostante: la
resistenza degli agopunti è inferiore e di conseguenza la sua conducibilità è maggiore; una sorgente
a CC diventa rilevabile a destra del punto in oggetto.”

Alcuni medici, soprattutto in Cina, avevano già rilevato una resistenza inferiore della pelle in
corrispondenza degli “agopunti” ed avevano iniziato ad utilizzare tecniche di cura mediante l'uso di
impulsi di corrente a bassa frequenza, circa due al secondo ( 2 Hz ) al posto di utilizzare aghi,
oppure collegati ad essi per esaltarne l’efficacia, dati clinici dimostrano come una frequenza di 2 Hz
in onda cinese accelera il rilascio di encefalina, β-endorfine ed endomorfina nel plasma.

7
S. Li, A. Ghanem, K. Peck, W. Higuchi, Pore induction in human epidermal membrane during low to moderate voltage iontophoresis:
a study using AC iontophoresis, Jornal of Pharmaceutical Sciences 88 (4) (1999) 419–427.

5
Nella valutazione dell’effettiva capacità di trasporto elettrico degli ioni, gli autori tengono conto del
percorso tortuoso attraverso i vari strati di cellule che ne riduce, almeno di quattro ordini di
grandezza, il valore della frequenza efficace, che quindi nel V.T.E. viene fissata a 2 Hz.

Valori di frequenza dello stesso ordine di grandezza sono stati utilizzati dal Dr. Robert C. Beck che,
nel suo protocollo di uso di micro - correnti a scopi terapeutici, identifica in un’onda quadra
bipolare con frequenza di 4 Hz la configurazione ottimale per il trasporto di ioni d’argento (Ag+)
attraverso la cute ed i tessuti sottostanti sino alle vene ed arterie.

Il lavoro di Beck è ispirato alle straordinarie scoperte del Dr. R.O. Becker che nei suoi due trattati
fondamentali sulla natura elettrica dei fenomeni vitali8, costruisce le robuste fondamenta che
sostengono ancora oggi tutta la ricerca sulla bio-elettricità e sulle influenze, positive e negative,
delle correnti e dei campi elettro-magnetici.
( http://www.fieldsforlife.org/il_corpo_elettrico_Becker_it.pdf )

A questo punto risultano evidenti i diversi vantaggi nell’uso della corrente alternata atta a veicolare
ioni o molecole neutre attraverso la cute ed i tessuti sottostanti.

1) Per evitare il fenomeno della polarizzazione e mantenere contemporaneamente e per un


certo tempo attivo il trasporto monopolare, si può utilizza una corrente modulata a bassa
frequenza a 2 Hz in maniera da assicurare l’apertura di nuovi pori secondo Mollee e Becker.

Con questa frequenza modulante di lavoro, ogni ¼ di secondo si inverte la polarità degli
elettrodi che quindi si depolarizzano in continuazione mantenendo in questo modo un flusso di
corrente praticamente stabile.

2) La corrente portante può essere un’onda quadra regolabile in un range che va da 100Hz a
2kHz, secondo le esperienze di Shibaji.

Questo campo di frequenze può essere correlato con lo spessore di penetrazione nei tessuti
viventi in caso di applicazioni ionoforetiche in regime di CA.

Il risultato della correlazione Penetrazione-Frequenza dipende dalla combinazione di effetti


fisici in contrapposizione tra loro cioè:

a) - facilità di penetrazione a frequenza elevata ( 2kHz ) dovuta alla maggiore conduttività

come riportato da Shibaji

b) – difficoltà di penetrazione all’aumentare della frequenza secondo le leggi della

dispersione nei tessuti biologici di Cole-Cole 9

8
R.O.Becker – G. Selden “ The Body Electric” - Harper 1985 R.=. Becker “ Cross Currents” - Penguin Group 1990

9
CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – Firenze
Dielectric properties of human tissues: definitions,

6
Data la complessità delle equazioni ed il numero di variabili interessate, tipico della complessità
di un sistema biologico, una correlazione matematica può essere solo ricavata empiricamente.

Il trasporto di ioni e/o molecole attraverso la cute ed i tessuti biologici rientra naturalmente
nell’ambito dei fenomeni elettrocinetici ed elettrofluidodinamici tra i quali si evidenzia per
importanza, nel caso specifico, quello della “ Elettrosmosi “ essendo il tessuto biologico una
fitta rete di capillari, membrane, liquidi interstiziali e via dicendo.

Il fenomeno elettrocinetico dell’elettrosmosi fu osservato per la prima volta da


F.F. Reuss(1809) e consiste praticamente in un flusso di liquido attraverso i capillari di un
diaframma poroso non conduttore e ha luogo quando si applica una differenza di potenziale a
due elettrodi metallici immersi nelle due parti di liquido separate dal diaframma stesso.

Il flusso, che innalza il livello del liquido da una parte del diaframma e lo deprime dall’altra, si
arresta quando la differenza di livello così creata raggiunge un valore tale da contrastare il
flusso elettrosmotico ( equilibrio pressorio ).

L’elettrosmosi avviene a causa della formazione di un doppio strato elettrico al contatto fra
liquido e parete solida cui è associato una differenza di potenziale.

La soluzione costituente il doppio strato non è elettricamente neutra in quanto, a causa


dell’attrazione elettrostatica, contiene preferenzialmente ioni di segno opposto alla carica
superficiale del solido: pertanto l’applicazione di un campo elettrico mette in movimento quella
porzione del doppio strato che non è rigidamente vincolata al solido, determinando così il flusso
di liquido che è caratteristico appunto dell’elettrosmosi e questo flusso trasporta naturalmente
sia ioni che molecole neutre prive di carica.

Il senso del flusso elettrosmotico dipende dal segno della carica superficiale della parete solida:
se questa, per esempio, è caricata negativamente, i contro ioni del doppio strato sono positivi e il
liquido si sposta verso l’elettrodo negativo.

L’entità del flusso elettrosmotico aumenta con l’aumentare della differenza di potenziale tra gli
elettrodi ma è inversamente proporzionale alla conduttanza del mezzo quindi anche l’effetto
puramente elettrosmotico è ridotto dall’aumento della frequenza del segnale applicato.

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Tenendo conto della complessità del problema si è proceduto quindi ad una serie di
sperimentazioni atte a definire la migliore configurazione hardware idonea ad assicurare una
adeguata penetrazione di molecole tracciate in un tessuto biologico.

parametric model, computing codes.


IROE TECHNICAL REPORT N.TR/ICEMM/13.00
http://niremf.ifac.cnr.it/tissprop/htmlclie/htmlclie.htm#stsftag

7
Sono stati utilizzati come riferimento indicativo ai test i seguenti parametri :

- Frequenza del segnale = 2 Hz ( secondo Mollee & Becker )

- Tensione agli elettrodi < 15 Volt ( secondo Shibaji )

- Campo di frequenze modulate ≅ 100 – 2000 Hz “ “

- Tempo di applicazione = 20 min “ “

- Pressione agli elettrodi = fissa

- Concentrazione tracciante = fissa

- Spessore gel = fisso

Si stanno aprendo le porte ad una nuova epoca in cui l’elettrobiologia e la nano-medicina, in


simbiosi, modificheranno l’approccio sia alla diagnosi che alla cura delle più svariate patologie.

La scienza medica non poteva essere esclusa dalle innovazioni portate dalla nano tecnologia, grazie a cui è possibile produrre sistemi
nanometrici compatibili con il corpo umano e di dimensioni comparabili, se non addirittura più piccole delle stesse cellule; tali strutture hanno
aperto la strada a nuove e più efficaci terapie per la cura di diverse malattie. La dimensione delle particelle discrimina su quale sarà il
principale meccanismo d’eliminazione che dovranno subire le stesse nanoparticelle. Cosi per particelle di dimensioni inferiori ai 20 nm, la
maggior parte dei carriers viene eliminata attraverso la filtrazione operata dai reni, mentre particelle più grandi, fino a 150 nm, possono
concentrarsi in modo significativo in diversi organi come cuore, midollo osseo. Particelle ancora più grandi fino ai 300 nm stazionano a lungo
in fegato e milza, venendo eliminate esclusivamente attraverso le feci. Nelle strategie di drug delivery, per rendere efficace ed efficiente il
rilascio del farmaco, è necessario che le particelle abbiano dimensioni tali da superare ogni barriere che incontrano lungo il proprio percorso.
In genere, 150 nm è la dimensione che permette di oltrepassare facilmente diversi tipi di barriere presenti nel corpo umano, ma esistono altri
tipi di ostacoli che richiedono dimensioni decisamente inferiori, come nel caso della BBB (Blood–brain barrier ) che permette il passaggio solo
di particelle ancora più piccole (15-20 nm). La forma delle particelle è un altro fattore che influisce sui meccanismi di drug delivery. Le
funzionalizzazioni superficiali possono essere di diverso tipo e svolgere diversi compiti: dal già citato targeting, alla possibilità d’aumentare la
facilità di dispersione di alcuni sistemi in solventi non propriamente idonei, alla funzionalizzazione delle superfici interne dei carrier, allo
scopo di aumentare la stabilità chimica e la quantità di farmaco o agente di contrasto da incapsulare, oppure, a funzioni di protezione, volte
all’inibire i processi di aggregazione e flocculazione delle sospensioni di nanoparticelle. In quest’ultimo caso, in particolare, si è imposto con
successo il processo di grafting del polimero PEG (polietilene glicole, detto anche PEO poli etilene ossido) sulla superficie delle
nanoparticelle; tale tecnica prende il nome di PEGylation. In genere, i sistemi usati per il drug delivery possono essere schematizzati
dall’esempio riportato in fig. 1.1, dove un farmaco viene caricato all’interno di un vettore farmacologico; tale vettore è funzionalizzato
superficialmente con vari tipi di biomolecole allo scopo di implementare proprietà stealth o di targeting all’intero sistema. I carrier sono
costituiti da vari tipi di sistemi. I più diffusi sono:

LIPOSOMI Sono nanostrutture vescicolari di natura organica, costituiti da fosfolipidi e molecole di colesterolo. La loro particolarità è di
mantenere all’interno un ambiente idrofilico in cui possono essere disciolti/dispersi vari drug. Data l’alta affinità che questo tipo di strutture
possiedono con le membrane cellulari, rappresentano un efficiente veicolo per l’inserimento di composti chimici direttamente nell’ambiente
cellulare, inferiore solo alle nanoparticelle di tipo virale; inoltre, sono dei vettori capaci d’evitare l’interazione con organi particolarmente
sensibili (come fegato, cervello, cuore,: : : ). Le limitazioni di questi sistemi sono dovute sia all’estrema fragilità delle strutture liposomi che
alla bassa capacità di trasporto nel caso di farmaci poco solubili in ambienti acquosi, che stazionano se pur in minima quantità nel doppio
strato del liposoma. Nonostante ciò, sono i primi sistemi ad aver superato i test clinici e sono già presenti in commercio dato sono stati i primi
ad essere studiati fin dagli anni 70’.

DENDRIMERI I dendrimeri sono strutture polimeriche iper-ramificate, di dimensione perfettamente controllabile grazie al particolare
processo di sintesi con cui vengono generate. Variando il monomero o usandone di diversi tipi, è possibile modificare i gruppi terminali del

8
dendrimero e influenzare in tal modo il suo comportamento idrofilo idrofobo e le sue possibili funzionalizzazioni. Inoltre è possibile
intrappolare nella loro struttura varie molecole.

MSN, Mesoporous silica nanoparticles L’uso di questi sistemi è relativamente nuovo rispetto ai precedenti. Le nanoparticelle, di natura
inorganica sono semplici sfere di silice prodotte mediante una sintesi templata; una volta eliminato il composto-stampo per calcinazione o
estrazione chimica, si ottiene una struttura altamente porosa capace di trattenere vari tipi di composti chimici e con svariate tipologie di
funzionalizzazione. Questo tipo di strutture sono diventate oggetto di notevole interesse dato che è possibile controllare molto bene la
morfologia della particella finale e non presentano tossicità cellulare.

Nanoparticelle virali Si tratta di virus ingegnerizzati in modo tale che attacchino solo le cellule malate del corpo, replicandosi in queste e
provocando la morte della cellula, in genere si parla di virus oncolitico. Questi sistemi possono trasportare al loro interno varie molecole,
esplicando funzioni di puro drug delivery ma anche di terapia genica (nel caso vi sia trasporto di materiale genetico). Ognuno di questi sistemi
presenta pregi e difetti che vanno presi in debita considerazione una volta applicati negli ambienti fisiologici.10

L'applicazione delle nanotecnologie al campo della somministrazione dei farmaci ha attirato molta attenzione negli ultimi decenni., tuttavia gran
parte della ricerca deve essere ancora fatta e molte domande rimangono irrisolte, ad esempio il nostro studio precedente, così come i risultati di
altri gruppi, ha suggerito che alle concentrazioni al di sotto dei 100 mg ml-l, l’MSN non provoca alcuna citotossicità, alcune inibizioni della
crescita cellulare sono state osservate quando la concentrazione supera 200 mg ml-l. L'altra preoccupazione relativa al MSN è la mancanza di
informazioni sulla biodistribuzione in vivo. Un emozionante ragione per utilizzare le nanoparticelle come veicoli di consegna dei farmaci per la
terapia del cancro è la maggiore permeabilità e ritenzione, effetto (EPR), di macromolecole. Questa teoria postula che alcuni formati di
particelle tendono ad accumularsi nel tessuto tumorale molto più che nel normale tessuto perché i vasi sanguigni di nuova formazione di un
tumore di solito sono anormali nella forma e architettura, scarsamente allineati con ampie finestrature, e mancano di uno strato di muscolatura
liscia, i tumori di solito mancano anche di un efficace drenaggio linfatico. Gli MSN con dimensioni di 100-130nm sarebbero in grado di
accumularsi in un tumore solido e pertanto fornire una maggiore quantità di farmaci rispetto ai tessuti normali. Per monitorare le FMSNs nei
corpi dei topi, abbiamo approfittato del colorante fluorescente, FTIC, che è stato incorporato alle nano particelle; una fortissima fluorescenza
verde è stata rilevata nei tumori dei topi trattati con FMSNs dalle 4 alle 24 ore dopo l'iniezione, indicando l'accumulo di nanoparticelle nei
tumori. Dopo 48 h, il segnale nei tumori è diminuito allo stesso livello del corpo intero. Dopo eutanasia del topo, il tumore, fegato, rene,
polmone, cuore, intestino, stomaco, mesentere e milza sono stati raccolti e tutti i tessuti sono stati analizzati mediante fluorescenza. Per entrambi
FMSNs e F-FMSNs, il segnale di fluorescenza dai tumori era molto più forte di quella dagli altri tessuti, dalle 4 alle 24 ore, dopo non sono state
osservate differenze significative. L'intensità di fluorescenza delle nanoparticelle nei tumori era più debole a 24 ore rispetto alle 4 ore, ma
significativamente più forte rispetto a quella in altri tessuti. Simili forti intensità di fluorescenza sono state trovate nei reni e nel fegato. Un
attento esame ha mostrato che le particelle sono condensate nel glomerulo e nei dotti collettori del rene a 4 h, diminuite in seguito. Nella milza,
la fluorescenza è stata osservata principalmente nella polpa rossa, dove eritrociti, macrofagi e fagociti sono abbondanti. Nel fegato si sono
concentrate nella vena porta. Al contrario, le particelle sono state distribuite uniformemente all'interno delle cellule così come nello spazio
interstiziale dei tumori. Interessante è notare che una forte fluorescenza del segnale è stato osservata nei vasi sanguigni dei topi 4 h dopo
l'iniezione e si osserva ancora a 72 h dopo l'iniezione, come nei campioni di urina, suggerendo l'escrezione renale. A 4 h dall'iniezione con
FMSNs, la concentrazione di Si nel tumore ha raggiunto ≈ 45 ng mg-1 di tessuto, mentre in altri organi variava da 3 a 20 ng mg-1 di tessuto. A
24 ore dall'iniezione, la concentrazione nel tumore e aumentata a ≈ 110 ng mg-1, mentre nel rene e nel polmone è aumentata a ≈ 40 ng mg-1
dovuto all’abbondante fornitura di sangue. L'accumulo di nanoparticelle in altri organi si è ridotto significativamente a ≈ 3-10 ng mg-1. Mentre
a 48 h dall'iniezione in altri organi la concentrazione delle nanoparticelle è diminuita, nei tumori è rimasta alta a 65 ng mg-1. Rispetto al
nontargeting nanoparticelle, le particelle di acido folico-F modificate FMSNs hanno mostrato un significativo accumulo nei tumori in confronto
ad altri organi. I nostri dati suggeriscono che questo dosaggio (50 mg kg-1), che è dimostrata da precedenti studi in vitro e nel presente studio in
vivo, è sufficiente per l’applicazione farmacologica nella terapia del cancro. Le strategie di rivestimento dei nanomateriali possono ridurre la
tossicità sistemica. Nel nostro studio, abbiamo osservato che ≈ 95% di Si è escreto dal corpo attraverso urina e feci, gli MSN con formato di ≈
45 nm si accumulano principalmente nel fegato, rene, vescica urinaria e poche ore dopo la somministrazione endovenosa le nanoparticelle di
iniezione sono escrete in modo sicuro attraverso la via renale, le nanoparticelle a base di silice di dimensioni più piccole (3,3 e 6,0 nm) si
trovano nel sangue circolante anche dopo 48 ore, con ritenzione minima nei principali organi, e il rene è la principale via di escrezione. I nostri
risultati hanno dimostrato che FMSNs sono biocompatibili ai dosaggi efficaci, e sono in grado di ridurre la tossicità dei farmaci antitumorali, si
accumulano in xenotrapianti tumorali con o senza mira, e sono escrete rapidamente.11

10
Tesi di laurea 2011/2012 “STUDIO DI SISTEMI A BASE DI SILICE PER APPLICAZIONI BIOMEDICHE” Matteo Testi
11
“Biocompatibility, Biodistribution, and Drug-Delivery Efficiency of Mesoporous Silica Nanoparticles for Cancer Therapy in Animals” NIH

9
Prototipazione

Per iniziare la sperimentazione c’era la necessità di un circuito semplice col quale testare le diverse
forme d’onda, senza troppi vincoli “hardware” e una volta avuti i primi riscontri strumentali poter
abbozzare un circuito definitivo autonomo.
Il campo di frequenze individuato cade appieno nel campo delle frequenze audio, per cui si è
pensato di realizzare il seguente schema elettrico, nell’ottica di adoperare un normale amplificatore
audio di uso domestico come “driver” e collegare al posto della cassa, un’interfaccia elettronica
fornita di elettrodi, da posizionare su di un idoneo substrato biologico ( come da schema seguente)

L’amplificatore può essere comodamente pilotato da un segnale elettrico proveniente dalla scheda
audio del PC e/o da altra fonte di registrazione (CD-MP3).
Nel momento in cui si applica un campo elettrico su di un tessuto biologico tramite elettrodi, a
partire dalla tensione continua, automaticamente si crea anche uno spostamento ionico che segue il
campo stesso, come insegnato dalla teoria della ionoforesi, quel che si voleva evitare era la
monopolarità assoluta del segnale, per non precludere la penetrazione tissutale solo alle molecole di
segno concorde alla polarità dell’elettrodo stesso ed annullare tutte le spiacevoli controindicazioni
nell’uso della corrente continua.

Il circuito elettrico concepito prevede il rilievo del “zero crossing” così da poter invertire la polarità
del segnale tramite i circuiti logici successivi.
Per spiegare semplicemente il concetto: un segnale bipolare a 1000 Hz generato da fonte audio (PC-
CD-MP3) viene amplificato e risulta disponibile (previa attenuazione del ponte a diodi) ai due
elettrodi A-B come TRENO MONOPOLARE di impulsi.
Nel momento in cui l’ampiezza del segnale stesso si avvicina allo zero, automaticamente la logica
memorizza l’evento ed inverte la polarità del successivo treno di impulsi, rilevabili agli elettrodi
stessi.

10
Come modulazione di ampiezza abbiamo preferito l’onda sinusoidale in quanto la più elettro-
compatibile, in altre parole la “meno fastidiosa” da sentire, a parità di efficienza nel trasporto
ionico.
Per valutare empiricamente il grado di penetrazione tissutale di ciascun segnale elettrico
equipotenziale generato, abbiamo utilizzato dei normali tranci di carne bianca (tacchino, pollo)
completa di cute e appena macellata, interposti tra due elettrodi piani e pressione standard, sui quali
è stato spalmato un idoneo gel elettroconduttivo, privo di sali minerali, nel quale si è disciolto un
appropriato tracciante UV, idrosolubile.
Dopo un adeguato tempo di sollecitazione, di almeno 20 minuti, abbiamo sezionato con taglio netto
il campione biologico e valutato con luce ultravioletta il grado di luminescenza e la distribuzione
superficiale del tracciante.

L’analisi risulta semplice se si raggiunge una buona ed omogenea concentrazione del tracciante UV
nel gel, che possibilmente dovrebbe essere realizzato in soluzione unica e consumato di volta in
volta per quel che serve.
Senza entrare nell’infinita serie di misure empiriche effettuate si può affermare che un buon
risultato conferma l’idoneità dell’utilizzo di un treno d’impulsi pari a 2 Hz di frequenza bipolare
finale e a modulazione d’ampiezza sinusoidale. La frequenza del segnale audio conferma una
proporzionalità inversa rispetto alla penetrazione tissutale, secondo una logica che vede pochi
mm di luminescenza UV a 2 kHz e notevole penetrazione biologica a circa 100 Hz.
Tali dati sono da considerarsi puramente empirici e subordinati alle condizioni di test in corso, ma
comunque indicativi di un processo biofisico complesso ed in qualche maniera identificabile, che
noi abbiamo considerato per gran parte dovuto al fenomeno dell’elettrosmosi.

Segnale audio proveniente dal PC-MP3, amplificato ed applicato al VTE zero crossing

Zoom sul segnale audio (nulla vieta di usare altre forme d’onda: triangolare, quadra etc.)

Segnale ri-elaborato dal VTE zero c. per comporre una modulazione in ampiezza con frequenza pari a 2 Hz

11
(a)

(b)

Segnale rilevato con oscilloscopio sugli elettrodi, modulato a 2Hz con frequenza portante alta (a) ed inferiore (b)

Elettrodi commerciali a rullo ed in gomma conduttiva, comunemente reperibili in rete

12
Il file “ VTE_ZERO.mp3” contiene a “step” l’intero campo di frequenze da 100 a 1000 Hz, registrato in una
successione di durata totale prossima ai 20’; frequenza del segnale e penetrazione sono fattori correlati,
sperimentalmente abbiamo verificato una distribuzione indotta di ioni/molecole che parte dal livello cutaneo ed
interessa una profondità che può arrivare anche ai 12 cm.
Il segnale 100-1000 Hz, nella fase di raddrizzamento attraverso il ponte a diodi veloci, naturalmente raddoppia la sua
frequenza “portante” così da ottenere agli elettrodi rispettivamente 200-2000 Hz, rientrando nel campo di lavoro
previsto da Shibaji.

Successivamente si riportano i riscontri fotografici ottenuti usando il VTE per 20’ e ponendo agli elettrodi 50 ml di Gel
conduttivo privo di sali minerali (tipo per elettrostimolatori e/o ultrasuoni) in cui sono stati preventivamente ben
disciolti circa 2 gr. di tracciante UV idrosolubile (polvere finissima).

Un sistema alternativo di controllo e verifica della penetrazione è quello di sciogliere in 50 ml di gel 50 gr. di
Bicarbonato di Sodio ( BCS ) in polvere fine che, dopo una energica agitazione, produce un gel altamente pastoso e
facilmente applicabile, atto a formare sulla superficie degli elettrodi in gomma uno strato di ca. 2-3 mm di spessore.

Dopo ca. 20’ di uso del VTE, si seziona il campione di tessuto animale e, con un contagocce si deposita, in una zona di
pochi cmq, una soluzione acida ( acido ascorbico o cloridrico diluito).
Esaminando con una buona lente di ingrandimento il settore interessato si noterà la formazione di minute bollicine di
gas là dove ha luogo la reazione acido-base.

Esaminando con questo metodo piccoli settori in sequenza, si potrà tracciare una mappa di penetrazione del BCS nel
campione e correlare i risultati alla frequenza della portante utilizzata.
L’analisi risulta minuziosa e certo non immediata, ciò nonostante con “pochi” mezzi si avranno indicazioni altrimenti
difficilmente reperibili se non con strumentazione e costi di indagine ben superiori.
La prima cosa evidente è la concentrazione del tracciante (UV o BCS) non omogenea bensì interstiziale, con
predilezione ai tessuti grassi e cartilaginei i quali non essendo irrorati direttamente dal sangue, possono a nostro avviso
essere considerati dei depositi a lento rilascio delle molecole veicolate dal VTE, ma questo sarà oggetto di uno studio
più approfondito del quale è meglio non trarre conclusioni affrettate.

Per chi volesse sperimentare il VTE su animali in vita è bene ricordare che, una volta collegata allo stimolatore, la cavia
diventa PARTE DEL CIRCUITO ed è ASSOLUTAMENTE CONTROINDICATO FAR PASSARE LA
CORRENTE DA UN EMISOMA ALL'ALTRO DEL CORPO. Il rischio maggiore consiste nel fatto che la corrente
potrebbe, ATTRAVERSANDO IL CUORE, creare degli scompensi del ritmo e altri pericolosissimi danni, fino
all'ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO, in nessun caso gli autori hanno usato o consigliato tale prassi.

Foto PCB Zero-crossing

13
Zona evidente (A) Selezionata
per individuare la distribuzione
su tutta la sezione in base allo
specifico COLORE evidente
agli UV
Foto con luce UV

Zona (A)

Pelle

Immagine elaborata dove sono evidenti tutte le zone di penetrazione del tracciante UV ( oltre alle due zone di
cute che, naturalmente, sono molto cariche di tracciante.
Si evidenzia una penetrazione notevole ed un particolare interessamento dei tessuti grassi e cartilaginei nonché
una miriade di puntini variamente distribuiti.
( immagine ottenuta con software GIMP free edition)

14
PCB relativo al circuito Zero-Crossing

Posizionamento componenti sul PCB Zero-Crossing

15
V.T.E. pure : Configurazione finale

16
Per riprodurre in maniera autonoma il segnale testato nella fase precedente della sperimentazione,
si è pensato di generare un’onda sinusoidale indipendente alla frequenza di 2Hz (pin 1 OP-F) e
parzializzarla (ISD5) tramite opportuna onda quadra portante (pin 7 OP-E), eventualmente
modulabile in frequenza, questo per favorire diversi spessori di penetrazione.

(pin 1 OP-F)
Il cuore di tutta la modulazione è il convertitore Tensione-Frequenza ad operazionali (OP-D, OP-
E2) tarato (trimmer 50k OPE pin 5) in maniera da fornire un’onda quadra di 200 Hz a 1V e 2000 Hz
a 10V di tensione applicata (pin 7 OP-F2). La frequenza base di lavoro sarà subordinata alla
tensione continua rilevabile sul pin 7 OP-F2, e impostabile da 1-10V tramite il potenziometro da
10k siglato PROFONDITA’ (massima penetrazione ottenibile).

Pin 7 OP-E

17
La modulazione in frequenza è regolabile dal potenziometro denominato SPESSORE che andrà ad
attenuare il segnale presente al pin 1 OP-C, ossia un’onda triangolare, monopolare negativa, di circa
9 Hz.

Pin1 OP-B
Il segnale disponibile agli elettrodi è regolabile in ampiezza tramite OP-A2 da 0 a circa 50Vpp,
mentre la resistenza da 470 ohm collegata ad uno degli elettrodi, serve a limitare la corrente di C.C.
dell’integrato L272, a circa 60mA massimi.
Il segnale finale prelevato ai Pin 6&8 dell’optoisolatore ISD5 si presenta modulato in frequenza

18
Il doppio deviatore siglato SW2 permette di utilizzare il segnale elettrico generato autonomamente
dall’elettronica interna, oppure quello di un’altra fonte esterna (es. PC o MP3), in questo caso si può
aumentare di 15 volte la sensibilità dello stadio amplificatore, cortocircuitando la resistenza da 47k
tramite il microinterruttore SW1.

L’unica taratura preventiva dell’elettronica VTE consiste nella regolazione dell’offset del driver,
effettuabile commutando SW1 al massimo della sensibilità (levetta alta) e SW2 su fonte audio
esterna (levetta alta) cortocircuitata, rilevando la tensione continua presente tra i due elettrodi, e
portandola a zero tramite il trimmer denominato “offset”.
A questo punto l’apparecchio è pronto all’uso.

Lo stadio alimentatore presenta un led verde acceso in stato di normale funzionamento, in caso di
avaria (assorbimento totale >= 100mA) degli stadi interni e/o cortocircuito degli elettrodi esterni si
accende un led rosso di protezione ed automaticamente si scollega l’alimentazione elettrica a tutto il
circuito, per il ripristino è sufficiente eliminare le cause di cortocircuito e spegnere per poi
riaccendere l’interruttore generale del VTE.

Il voltmetro come il milliamperometro danno una indicazione in unità “arbitrarie” relative alla
tensione e corrente agli elettrodi, in parole povere 10 è il massimo valore offerto dal VTE che
dovrebbe corrisponde a circa 50 Vpp di tensione e 30mA di corrente trasferita al carico.

Il PCB prototipo è stato realizzato tramite apparato CNC e si presenta come da immagine seguente,
può essere eventualmente richiesto scrivendo al seguente indirizzo mail:
ananda1@libero.it

19
PCB (Top V.)

20
Sistemazione componenti ( vista dall’alto)

21
Sistemazione componenti + PCB ( vista dall’alto)

22
23
VTE_PURE elenco componenti

N° ARTICOLO CATEGORIE COD. ARTICOLO RS


1 Connettore stereo maschio da pannello (x PC) Accessori comune
2 Connettore femmina da pannello (x elettrodi) Accessori comune
1 Deviatore doppio da scheda Accessori 7127834
1 Deviatore singolo da scheda Accessori 7127821
7 Distanziatori isolati per PCB Accessori comune
2 Fusibile 100mA-T Accessori 7777467
1 Interruttore doppio 220V luminoso da pannello Accessori comune
3 Manopola da pannello per potenziometro Accessori comune
1 Milliamperometro CC 10mA FS Accessori 220677
1 PCB 200x150mm Accessori ( realizzare )
2 Portafusibili da pannello Accessori comune
2 Portaled da pannello Accessori comune
1 Pressacavo da pannello per cavo rete Accessori comune
1 Relè 24V 2SC Accessori 6867060
1 Scatola metallica Accessori comune
1 Spina di rete con cavo Accessori comune
1 Voltmetro CC 10V FS Accessori 1638814
2 1000uF-50V Condensatore 7111769
13 100nF Condensatore 6994891
1 120pF Condensatore 7441534
4 1uF poliestere Condensatore 7123719
1 2,2 uF poliestere Condensatore 6689959
2 2200uF-50V Condensatore 7639472
1 22nF Condensatore 7123706
1 33pF Condensatore 5373870
3 470uF-50V Condensatore 7076631
1 47uF-25V Condensatore 7076515
1 660pF Condensatore 4842022
1 80pF Condensatore 495739
5 1N4007 Diodi 6289546
5 1N4148 Diodi 5443480
1 Led Rosso Diodi comune
1 Led Verde Diodi comune
1 Ponte lineare 2A Diodi 6296077
2 Zener 10.1Vz Diodi 7485045
2 Zener 5.1Vz Diodi 5443597
1 7815 Integrato 2393001
1 7915 Integrato 5343914
3 BC 547 Integrato 296087
1 ISD-5 Optoisolatore Integrato 4530713
1 L272 Integrato 635167
6 TL072 Integrato 1594679
7 100k Resistore 7087938
1 100k potenziometro lineare Resistore 2499266
10 10k Resistore 132731
2 10k potenziometro lineare Resistore 2499238
1 10k Trimmer verticale multigiro Resistore 7692221
1 12k Resistore 132753
2 150k Resistore 2141434
1 1k Resistore 148506
1 1M Resistore 149975
2 20k Resistore 132804
2 220k Resistore 149947
3 22k Resistore 132810
1 330R Resistore 149666
1 330R-1/2W Resistore 149666
1 3k3 Resistore 149751
1 3k3-1/2W Resistore 149751
2 470k Resistore 149953
1 470R-1/2W Resistore 149953
5 47k Resistore 149880
1 47R-1/2W Resistore 149638
2 4k7 Resistore 707726
1 50k Trimmer verticale multigiro Resistore 125893
2 78,7k ( toll. 0.1%) Resistore 7017055
1 8,5R Resistore 6834109
1 Resistenze Shunt mA (Ramp/2) Resistore dipende dallo strum.
1 Trasformatore 0-220_015_0-15 Trasformatore 17400080

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Nell’eventualità non si desiderasse utilizzare un segnale elettrico da fonte esterna, il circuito può
essere semplificato: eliminando sia SW-1 che SW-2 e ponticellando uno dei contatti di SW-2.

Eliminare i due microinterruttori di regolazione può sicuramente facilitare l’utilizzo del VTE
all’utente poco esperto, che voglia unicamente sperimentare le funzioni base.
Note di Realizzazione & Taratura
Teoricamente il VTE_pure dovrebbe funzionare bene già dalla prima alimentazione, risulta
comunque doverosa la verifica dei segnali elettrici riportati nelle precedenti immagini, in particolare
risulta critico l’oscillatore sinusoidale (pin 1 OP-F): se a causa della tolleranza dei componenti
passivi utilizzati non si ottenessero le condizioni di auto-oscillazione, è sufficiente ridurre a metà il
valore della resistenza da 220k collegata al pin 2 OP-F ed il tutto si metterà in moto.
La regolazione dell’Offset degli stadi d’uscita è già stata descritta precedentemente, per cui rimane
solo da analizzare la resistenza da 470 Ω posta al pin 3 dell’operazionale L272.
Questa resistenza ha il duplice compito di limitare la corrente di corto circuito ad un valore noto, ma
soprattutto di ridurre la potenza dissipata dell’operazionale L272 che se superiore a 1W può
danneggiare irrimediabilmente il componente stesso. Per evitare lunghe analisi matematiche
riassumo il tutto in una semplice tabella:
U.M. a b c d e f g h i
V_picco(+) V 25 25 25 25 25 25 25 25 25
R_protezione 470 390 330 270 220 180 150 120 100
R_elettrodi 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Icc (picco) mA 53 64 76 93 114 139 167 208 250
Icc (efficace) mA 19 23 27 33 40 49 59 74 88
P_protezione W 0,17 0,20 0,24 0,29 0,36 0,43 0,52 0,65 0,78
P_L272 W 0,23 0,28 0,33 0,40 0,50 0,61 0,73 0,91 1,09

V_picco(+) V 25 25 25 25 25 25 25 25 25
R_protezione 470 390 330 270 220 180 150 120 100
R_elettrodi 120 120 120 120 120 120 120 120 120
I (picco) mA 42 49 56 64 74 83 93 104 114
I (efficace) mA 15 17 20 23 26 29 33 37 40
P_protezione W 0,11 0,12 0,13 0,14 0,15 0,16 0,16 0,16 0,16
P_L272 W 0,18 0,21 0,24 0,28 0,32 0,36 0,40 0,45 0,50
V_picco Out V 5,1 5,9 6,7 7,7 8,8 10,0 11,1 12,5 13,6

V_picco(+) V 25 25 25 25 25 25 25 25 25
R_protezione 470 390 330 270 220 180 150 120 100
R_elettrodi 1000 1000 1000 1000 1000 1000 1000 1000 1000
I (picco) mA 17 18 19 20 20 21 22 22 23
I (efficace) mA 6 6 7 7 7 7 8 8 8
P_protezione W 0,02 0,02 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01
P_L272 W 0,07 0,08 0,08 0,09 0,09 0,09 0,09 0,10 0,10
V_picco Out V 17,0 18,0 18,8 19,7 20,5 21,2 21,7 22,3 22,7

25
Nei test col BCS ho utilizzato una resistenza di protezione da 470 Ω come riportato nello schema
elettrico, in quanto l’impasto col gel portava ad avere una resistenza agli elettrodi di circa 1k, ed
una caduta di tensione sul carico di limitazione non eccessiva, in caso di C.C. accidentale la
protezione in corrente dell’alimentatore non scollega il VTE; ciò nonostante risulta evidente che
utilizzando altri impasti a maggior conducibilità elettrica (es. 120 Ω), l’efficienza del sistema si
abbassa, per cui risulterebbe più idoneo un carico di protezione di 120-150 Ω.

Nello schema elettrico è presente anche un voltmetro (pin 1 OP-E) ed un milliamperometro (C1
relè); per caratteristiche funzionali necessarie gli unici idonei all’uso sono gli strumenti digitali,
rispettivamente con resistenza d’ingresso elevatissima nel rilievo delle tensioni e quasi nulla nel
rilievo delle correnti. Questi strumenti sono spesso molto costosi, richiedono un’alimentazione
esterna, ed a mio avviso sono anche di difficile interpretazione, nell’alternarsi continuo di cifre
digitali, è per questo che ho deciso di utilizzare strumentazione analogica, che sicuramente fa lo
stesso servizio dà un aspetto “vintage” al VTE, ma soprattutto aggiunge ergonomicità al tutto.

L’inconveniente è che risulta necessaria un’interfaccia esterna, atta a collegare la scheda madre del
VTE con la strumentazione a bobina mobile. Allego schema elettrico del circuito:

Il terminale siglato “+Voltmetro” deve essere collegato al pin 2 OP-E, mentre il trimmer da 50k
serve a far collimare, al massimo dell’amplificazione, l’indice del voltmetro sui 10V della scala.

26
Nell’interfaccia “mAmperometro_resistenza serie” ai capi della resistenza da 12 Ω dovremmo
rilevare col tester digitale in Vdc almeno 110mV (corrente di riposo L272) che dovremmo ritrovare
negativi al pin 1 OP-G. Regolando a 0V la tensione ai capi del condensatore da 4.7uF dovremmo
rilevare sull’emettitore del transistor una tensione continua variabile da circa 0.5 a 1V in base alla
regolazione del trimmer da 100k e visualizzare sul mAmperometro rispettivamente 1.1 e 2.5mA. La
taratura dell’offset di lettura si effettua regolando il trimmer da 10k in maniera tale da portare i
2.2mA della lancetta a 0mA. Supponendo che il carico minimo tra gli elettrodi possa essere di 120
Ω, dobbiamo simularlo collegando un resistore dello stesso valore e regolando il trimmer da 50k in
maniera da fare collimare l’indice del mAmperometro coi 10mA, solitamente valore di fondo scala.
A questo punto il sistema di lettura è tarato e pronto all’uso e si può procedere con la
sperimentazione.

Per i puritani dell’elettronica, che male vedono l’inserimento di una resistenza da 12 Ω in serie
all’alimentazione dello stadio di potenza per il rilievo della corrente, ho realizzato e testato
un’interfaccia alternativa, che prende il segnale direttamente in parallelo alla resistenza di
protezione del L272 e lo trasforma in una corrente continua direttamente leggibile sul quadrante a
lancetta del mAmperometro, senza nessun “offset” da regolare, ma con un unico trimmer da 500k
necessario a far collimare il fondo scala dello strumento con la massima corrente erogabile agli
elettrodi dal VTE, in base al mAmperometro ed alla resistenza di protezione del L272 utilizzata,
può risultare necessario ritoccare leggermente il valore della resistenza da 470Ω posta all’emettitore
del BC547 OP-G2; il prezzo da pagare è l’inserimento nello schema di altri 2 operazionali.
Il trimmer multigiro da 50k ha la stessa funzione del precedente da 500k ma lavora sul voltmetro.
Un eventuale ritorno lento allo zero della lancetta, sia del voltmetro che del mAmperometro è
congenito alla carica-scarica asintotica dei condensatori di filtro utilizzati, per cui normale, come è
normale l’oscillazione a 2Hz della lancetta del voltmetro, volutamente ricercata per confermare la
presenza della modulazione d’ampiezza ELF, chi desiderasse un rilievo più stabile sul valore della
tensione di picco può cortocircuitare la resistenza da 4k7 (pin 1 OPE) ed aumentare il relativo
condensatore di filtro da 1 uF (pin 2 OPE)..

27
28
29
30
31
Serigrafia Pannello Frontale 75x143mm

32
La scelta di misurare la corrente agli elettrodi direttamente sulla resistenza di uscita del L272, lascia
libero il cavetto di alimentazione positiva siglato nel PCB come “+15Vop” che a questo punto va
saldato su di un qualsiasi terminale alimentato ai 15Vcc della scheda, dopo il relè di protezione;
l’alternativa è eseguire un ponticello (es. terminale) sul lato rame, come da schema seguente.

La soglia di intervento del relè di protezione “Over Current” vincolata alla resistenza da 8.5 Ω è
stata determinata in un prototipo sperimentale, privo della scheda “Sinottico VTE” con limitati
condensatori di filtro alimentazione, utilizzato per i test di elettro-osmosi con BCS, ossia a bassa
corrente e relativa alta tensione agli elettrodi, nel circuito definitivo tale valore è stato portato a
2.5ΩΩ per compensare il consumo elettrico dovuto alla circuiteria aggiuntiva ed al carico minimo
rilevato in uscita con altri gel conduttivi; chi volesse aumentare la sensibilità della protezione in
corrente deve ritornare ai valori originali aumentando ovviamente il condensatore di filtro
attualmente da 47uF collegato alla base del transistor che pilota il relè. In relazione al maggior
consumo di corrente sopportato dagli stabilizzatori di tensione 78_7915 ho ritenuto opportuno
corredarli di relative alette di raffreddamento (per meglio far superare i test termici in camera
climatica), raddrizzando due dissipatori commerciali come da foto seguente.

E’ bene ricordare a chiunque desiderasse sperimentare altre sequenze o forme d’onda, dalla
CONTINUA a 10kHz di frequenza che può generare tali segnali col PC e/o memorizzarli in CD-
MP3, per poi testarli sul campo una volta amplificati, collegandoli all’ingresso audio del VTE. In
mancanza di segnale sterno la configurazione standard prevede i microinterruttori impostati su

*4X & *INT.


33
Sperimentazione: TEST di elettro-osmosi con V.T.E.

Viene utilizzato un prototipo sperimentale dell’apparecchio “ VTE ”, realizzato secondo quanto


esposto alle pagine precedenti, per verificarne le prestazioni con una applicazione semplice e tipica
della ionoforesi tradizionale.

Un trancio di tacchino, macellato da poco, viene interposto tra i due elettrodi collegati al generatore
VTE; gli elettrodi sono in gomma-siliconica conduttiva di forma rettangolare ( 12 x 8 cm.), gli
stessi vengono inseriti nei tipici sacchetti spugnosi ( corredo STD ) dopo essere stati imbevuti di
una soluzione conduttiva costituita da :

- acqua distillata ( 100 cc )


- Ag+ ionico in matrice silicea conc. 200 ppm (20 cc )
- Gel con enhanchers ( 20 cc )
- Tracciante U.V. in polvere idrosolubile ( 2 gr)

Questa miscela liquida deve essere agitata con un’asta in vetro o in plastica sino alla completa
dissoluzione della polvere tracciante; a questo punti i sacchetti porta elettrodo in spugna vengono
totalmente imbibiti.

Gli elettrodi devono ben aderire al campione e devono essere quindi mantenuti da una fascia a
strappo o con altri metodi (strutture isolanti).

Elettrodi conduttori 12x8 cm. Reg. intensità

Reg. profondità max.

VTE Reg. spessore

Spugnetta a sacco imbevuta

Il settaggio dell’apparecchio VTE viene fatto impostando, prima dell’accensione, la profondità


massima che si vuole raggiungere e lo spessore di tessuto in cui si vuole concentrare la maggior
parte degli ioni e del tracciante.

Considerando le dimensione del campione utilizzato ed il fatto di voler rilevare la penetrazione in


una fascia centrale significativa dello stesso, si è settata una profondità MAX Pmax = 5 cm. ed uno
spessore Sp = 1.5 cm. che induce un’area di concentrazione del tracciante collocata dai 3.5 ai 5 cm
rispetto alla pelle esterna. Lo schema seguente considera un flusso di ioni+tracciante proveniente
sia dall’elettrodo superiore (verso il basso) per un tempo di 0.25 sec. , che per i successivi 0.25 sec.
un flusso invertito ( verso l’alto), poiché proveniente dall’elettrodo inferiore; tutto questo in
accordo al profilo dell’onda utilizzata.
Il ciclo si ripete con continuità per tutto il tempo di durata della sperimentazione.

34
E’ evidente che, utilizzando modelli grafici di questo tipo, si può definire a priori e con precisione
la zona che si vuole arricchire con una qualsivoglia componente ionica e/o molecolare a seconda dei
casi e delle dimensioni dei campioni sottoposti all’azione di questo campo elettrico; la regolazione
della profondità massima e dello spessore saranno quindi fissate di conseguenza.

+ -

B
Pmax = 5cm. B
7 cm. Sp=- 1.5 cm. Sp=-1.5cm. Pmax = 5cm.
A A

- Direzione della corrente + Direzione della corrente


Per 0.25 sec. Per i successivi 0.25 sec.
Fascia attive risultante
A = massima profondità effettiva B = minima profondità effettiva ( prolungamenti di A e B )

Dopo aver impostato i parametri operativi sopra esposti, viene avviata la macchina e regolato il
passaggio della corrente di trasporto ionico/molecolare.
L’apparecchio VTE è corredato di un Voltmetro con scala 0-10V che fornisce un’indicazione in
unità “arbitrarie” relative alla tensione e corrente agli elettrodi, in parole povere 10 è il massimo
valore ottenibile dal VTE che corrisponde a circa 50 Vpp di tensione; questo valore massimo si
rileva se la resistenza del carico interposto tra gli elettrodi è maggiore di 1kΩ, per valori di
resistenza più bassi i valori di tensione rilevata saranno proporzionalmente inferiori.

L’amperometro indica invece la corrente efficace (RMS) di trasporto attraverso il carico interposto.

Nel caso specifico, agendo sul regolatore di intensità (volume) si è aumentata la corrente sino a
rilevare un valore di 20 mA a cui corrispondeva una tensione agli elettrodi di 1.6 Volt.
Nelle condizioni predette la resistenza del campione interposto è risultata essere di 80 Ω.
Il profilo della corrente, rilevata con oscilloscopio, è riportato nel seguente grafico

35
L’applicazione si è protratta per 1 ora e, in questo intervallo temporale, non si è registrata alcuna
variazione della corrente e della tensione.

Al termine dell’applicazione si è sezionato il campione in maniera da rendere visibili le due facce


corrispondenti alla linea centrale degli elettrodi ( naturalmente rimossi ) come da schema seguente:

linea di taglio

Aprendo a libro le due parti ottenute si rendono visibili le superfici che dovrebbero evidenziare la
distribuzione degli ioni+tracciante. Per rilevare il fenomeno si utilizza naturalmente una
illuminazione con lampada U.V. in campo scuro e quindi si procede a fotografare le due facce.

La colorazione tipica conseguente all’esposizione ultravioletta risulta sufficientemente visibile ad


occhio nudo ma molto meno in fotografia, realizzata senza le necessarie e specifiche attrezzature
professionali; si sono dovuti utilizzare software grafici che elaborando l’immagine evidenziano tutte
le zone corrispondenti ad una specifica lunghezza d’onda luminosa ( nel ns. caso U.V.).

Di seguito si riporta la foto tal quale ed a fianco l’elaborazione grafica della stessa.

pos. Elettrodo inferiore

pos. Elettrodo superiore

Il test evidenzia una chiara concentrazione del tracciante nella fascia centrale del campione
biologico anche se questa è leggermente più larga di quanto preventivato; si considera pertanto
molto soddisfacente il risultato della sperimentazione.

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La vista riceve la luce dall’aria che ci circonda, l’anima dalla scienza.

“Aristotele”

Questo documento è stato redatto a solo scopo informativo semplicemente per


descrivere alcune esperienze personali e se ne vieta l’uso a fine diagnostico di
consulenza o prescrizione, il lettore è avvisato che vi sono possibili rischi derivanti
dall'uso improprio di apparecchiature elettroniche.
La strumentazione proposta è stata realizzata a solo scopo di ricerca, non essendo
Certificata è vietato collegare le persone agli elettrodi, in particolare da operatori
non qualificati, la sperimentazione terapeutica anche sulle cavie animali deve sempre
essere eseguita sotto diretta responsabilità medica, per scelta etica abbiamo
utilizzato solamente tessuti biologici di bestie appena macellate, provenienti da
allevamenti destinati all’alimentazione umana. Qualsiasi affermazione presente nel
suddetto articolo ha solo valenza di opinione personale maturata da ricerca autonoma,
non essendo il documento stesso redatto da un ente certificato bensì da privati
cittadini, animati da disinteressata passione scientifica.

Autori dell’articolo:

Emanuele T.

Moreno

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