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Abitare in un luogo, città, è riconoscersi in esso, di essere parte di una cultura e di tradizioni,
ricevendone in cambio possibilità e ricchezza simbolica. Il bisogno innato dell’uomo di sentirsi a
casa, di tornare alla propria casa, sia essa ubicata in un centro storico o in una periferia, indica
quanto l’abitare rappresentati per ognuno di noi una grande condizione di benessere con noi stessi e
con l’esterno. La periferia è uno dei principali luoghi dell’uomo del nostro tempo (è un termine
“potente” come lo definisce Stefano Boeri, politicamente potente culturalmente potente,
urbanisticamente potente). Per questo la nostra migliore urbanistica oggi guarda alle periferie non
come luogo di degrado, di disagio e sofferenza e di assenza di servizi, ma luogo dell’abitare
secondo il vero significato della parola.
Questo volume dà voce all’impegno che l’istituto “Alcide Cervi”, con ANCSA (Associazione
Nazionale Centri Storici Artistici), ANCI Emilia-Romagna e Ordine degli architetti, pianificatori,
paesaggisti e conservatori della provincia di Reggio Emilia, Parma e Modena, ha dato vita alla
realizzazione della Scuola di Governo del Territorio, sono qui raccolti a testimonianza di una
riflessione che continua nel tempo e che accomuna voci diverse per una elaborazione urbanistica
orientata alla qualità di vita delle persone e a una urbanistica che non pone al centro il tema del “
tecnicismo”, ma quello del cittadino. I saggi sono lo sforzo per confrontarsi e riflettere sul grane
tema dell’abitare e del vivere in periferia con dignità, umanità, progettualità e futuro. Idee e
interventi concreti, riflessioni e trasformazioni, azioni tecniche e politiche che devono
necessariamente modificare i contesti di vita di spazi “periferici” e promuovere condizioni di
umanità di scambi e relazioni.
Stefano Storchi
Coordinatore della Scuola di Governo del Territorio “Emilio Sereni”
Nel dibattito che attraversa oggi l'urbanistica, un elemento centrale è rivisto da ruolo delle periferie,
intese quali tessuti in cui si coagulano i conflitti e le contraddizioni che prevedono i cittadini e la
società. Un’esigenza irrinunciabile per la scuola di governo del territorio di Emilio sereni che ha
dedicato la Scuola di Governo del Territorio “Emilio Sereni” che ha dedicato la proprio attività del
2017 al tema “Qualificare le città, rigenerare le periferie”.
Periferie declinate al plurale a indicare la molteplicità di condizioni formali sociali che questo
termine contiene. Assume come proprio obiettivo centrale la costruzione di una città capace di
assicurare una migliore qualità di vita per i suoi abitanti.
Nel momento in cui l'istituto “Alcide Cervi”, l’ANCSA, ANCI, gli ordini professionali hanno
attivato la Scuola di Governo del Territorio “Emilio Sereni”, hanno avuto la consapevolezza di
come questi percorsi devono essere accompagnati da uno sforzo costante di confronto di
aggiornamento, aperto a tutti coloro che operano nel campo. Il far convergere materie della Scuola
all'interno di una pubblicazione per portare i risultati all'attenzione di un pubblico esteso a cui far
conoscere l'esperienza, con tanti esperti, stiamo costruendo. A conclusione di questo volume
abbiamo deciso di riprendere uno stralcio della relazione messa a punto dalla “commissione
parlamentare” che si tratta di un documento che analizza alcune situazioni italiane ed europee che
propone politiche di intervento per la rigenerazione. C’è parso che quel testo venisse ad integrare a
completare le nostre riflessioni, permettendo di valutare meglio i percorsi che tecnici, politici,
amministratori oggi stanno proponendo per conseguire a pieno l'obiettivo che è sintetizzato nel
titolo di questo volume.
APPUNTI E RIFLESSIONI
Tra piani e progetti nel tempo della crisi
Tra piani e progetti nel tempo della crisi di Simone Ombuen
Perdura l'effetto di perdita di senso nella lettura e nella comprensione della forma della città. La
stessa città storica, che ancora rimane depositaria della quasi totalità dell’identità, deve la sua
vitalità per lo più a flussi esterni e alla permanenza di alcune funzioni direzionali e che non a
corrispondenze fra luogo e identità collettiva.
Ciò che appariva allora come "separazione" fra gli statuti della città storica e moderna e quelli della
città contemporanea si è rivelata essere una "divergenza" storica. Si è sostanzialmente interrotto il
processo incrementale di costruzione dello spazio urbano, in Italia plasticamente rappresentato dalla
persistenza dei centri storici e dalla loro dialettica con le periferie storiche, sorte fino alla metà degli
anni Settanta. Il processo metropolizzazione si sviluppa oggi lungo i reticoli infrastrutturali fino a
dar luogo a nuovi e variabili fenomeni insediativi.
Entro tale trasformazione la città contemporanea tende sempre più ad abbandonare il paradigma
della prossimità, che tiene insieme le persone e lo spazio fisico nella costituzione dei luoghi per
sostituirlo con il paradigma dell'accessibilità. Il luogo si trasforma così in "spazio attraversato”, non
più luogo dell'incontro, ma dell'intersezione delle traiettorie. Con la nascita della società in rete e la
pervasività del "digitale in movimento, si compie un ulteriore salto nella trasformazione:
l'accessibilità viene distinta dall'ordine spaziale. Basta avere l'indirizzo e accendere un navigatore
per giungere dappertutto. In precedenza lo spazio fisico era il veicolo di accesso alle informazioni,
lo sviluppo di sistemi di rappresentazione del mondo fisico iniziò a produrre navigazioni basate
sulle informazioni anziché sull’osservazione diretta, ma tali sistemi erano per pochi. Ora, con la
diffusione di massa del web in mobilità, l'accesso alle informazioni è divenuto lo strumento di
indirizzamento all'interno dello spazio fisico. E il significato stesso della spazialità che muta. La
definizione del luogo viene sempre più connessa al concetto di esperienza. "Alla base di questa idea
pervasiva di esperienza c'è una concezione secondo la quale ciò che rende 'grande' un luogo è la sua
capacità di renderci diversi nell'attraversarlo, e di produrre un'esperienza dopo la quale non siamo
più gli stessi".
Alcune conseguenze sulla progettazione urbanistica e sul governo del territorio
Ormai con gran rapidità nelle zone economicamente più attive del Paese, assistiamo a un
progressivo spostamento delle maggiori dinamiche di trasformazione dall'interno delle città verso i
territori della dispersione insediativa, dove sono più alti il consumo di suolo, il tasso di
motorizzazione, l'incremento degli spostamenti intercomunali. Per far fronte a tali fenomeni occorre
anzitutto che i sistemi di pianificazione si dotino di una progettualità alla scala intercomunale e
dell'area vasta, a carattere essenzialmente strutturale, conformativa del territorio ma non della
proprietà, in grado di costruire gli scenari di lungo periodo relativi anzitutto ai sistemi a rete,
occorre costruire le condizioni di sostenibilità dello sviluppo.
Il passaggio dalla dimensione della dotazione quantitativa di standard ad una visione qualitativa e
performativa della trasformazione dei contesti insediativi chiede attività di ascolto e partecipazione
delle comunità urbane molto più impegnative che in passato. Di conseguenza, all'interno di esse,
occorrerà una definizione degli obiettivi d'interesse pubblico non scontata o rituale, in grado di
promuovere e valorizzare i beni comuni attorno ai quali avviene il processo di identificazione di
comunità e di sviluppo del senso di appartenenza.
DOSSIER
Report della commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato
di degrado delle città e delle loro periferie (2017)
Intervenire sulle periferie come strategia nazionale
Le periferie urbane non sono più definibili semplicemente come ambiti lontani dal nucleo storico
della città o come polarità opposta alle aree centrali, ma come una condizione trasversale che
riguarda l'espansione fisica delle città, ma che comprende tutte quelle zone più densamente
popolate, dove sono riscontrabili fenomeni di degrado di marginalità, di disagio sociale, di
insicurezza e di povertà. Pertanto ogni iniziativa volta a migliorarne le condizioni dovrà collocarsi
all'incrocio fra diverse azioni, da quelle per la riqualificazione territoriale alle politiche per l'abitare,
alle politiche sociali e per la sicurezza. La strategia di fondo è quella della rigenerazione urbana,
ovvero di programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di
rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di
accrescere l’occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di assicurare la maggior
parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche. Nelle aree periferiche sono
riscontrabili diversi fenomeni di illegalità, a partire dall'insediamento di clan della criminalità
organizzata. Le periferie rischiano inoltre di alimentare il conflitto sociale tra ceti deboli, fra italiani
impoveriti migranti senza collocazione certa. Le politiche per la sicurezza tendono a coinvolgere le
istituzioni locali offrendo il massimo della collaborazione. In definitiva, per accrescere la vivibilità
dei quartieri periferici e la sicurezza dei cittadini è opportuno integrare misure che esaltino il valore
della legalità come bene comune. Nelle periferie esistono problemi di degrado ed insicurezza, ma
alla stesso tempo le periferie sono i luoghi dove sono localizzati gran parte degli spazi produttivi e
di lavoro, dai grandi complessi per uffici ai centri logistici e industriali, alle aree di ricerca e
innovazione, ai poli commerciali, inoltre ci sono iniziative culturali che costituiscono punti di
riferimento di grande interesse per creare circuiti virtuosi di riqualificazione urbana. In questo
ambito, un progetto di politiche a favore delle aree periferiche dovrà superare un approccio
sperimentale, individuare con chiarezza le aree critiche su cui si intende operare in modo che i
soggetti destinatari dell'intervento possano costruire progetti innovativi, non sempre efficace per
raggiungere gli obiettivi voluti.
La periferia nei nuovi processi di urbanizzazione
La realtà dei territori metropolitani va esaminata con grande attenzione, in quanto si sovrappongono
situazioni di degrado. In più di un terzo dei territori metropolitani è elevata l'incidenza di giovani fra
15 e 29 anni fuori dal mercato del lavoro e fuori dalla formazione con quote più rilevanti nel
Centro-Nord che si attestano fra il 10-12 %. A delineare una condizione di marginalità territoriale
vanno, infatti, considerate le distanze relative fra le varie zone urbane in una stessa grande città. La
periferia non è più definibile come ambito urbano geograficamente lontano dal nucleo storico o
contrapposto geometricamente a un "centro", anche se non si può negare una specificità territoriale
legata all'espansione e integrazione degli spazi urbani. Le periferie di una città metropolitana
possono corrispondere a piccoli comuni trasformati in quartieri residenziali, ma anche a centri con
un'identità propria, località turistiche, importanti realtà portuali, distretti industriali ad alta
produttività, centri medi e piccoli comuni in spopolamento. Delle prime dieci aree metropolitane
più popolose d'Europa ben tre sono italiane- Milano, Roma e Napoli. A differenza di altri paesi,
tuttavia, in Italia la maggiore attrattività metropolitana non ha prodotto i fenomeni di declino della
rete delle città intermedie che, al contrario, restano un importante presidio territoriale del nostro
sistema insediativo. Anche per questo la più recente riforma istituzionale riguardante le autonomie
locali ha varato dopo decenni le Città metropolitane, come specifico livello di governo del territorio.
Bisogna considerare che una grande metropoli genera un Pil paragonabile a quello di uno Stato, e
ciò vale anche per quelle italiane. Se confrontiamo il valore assoluto del prodotto metropolitano con
i valori pro capite o con misure di produttività, emerge una diversa gerarchia basata
fondamentalmente sulla qualità del tessuto produttivo.
La realtà periferica
Secondo le valutazioni Eurostat riguardanti i livelli di urbanizzazione delle aree vaste, l' 83 % dei
cittadini metropolitani italiani vive in periferia dove è comunque presente una parte importante
dell'apparato produttivo e persino circa il 15 % delle attrazioni culturali. La crisi ha messo a dura
prova le condizioni di vita nelle periferie metropolitane. Nelle città metropolitane vanno
riconosciute le diversità, le stratificazioni e le specifiche vocazioni, per riattivare la percezione dei
luoghi riconoscendo anche "la bellezza che si nasconde nelle periferie"(Renzo Piano). Bisogna
interrogarsi su quali siano i fattori fisici, sociali e culturali d'innesco e procedere a sollevare un
interesse verso i luoghi dove si vive la quotidianità. Molto schematicamente possiamo ripartire la
"maxopoli" in almeno quattro grandi aggregati: il centro storico delle città principali, le aree
centrali, le periferie urbane (intermedie e più esterne) naturale espansione del nucleo originario e le
nuove periferie di tipo metropolitano, fuori dai confini amministrativi della città principale, che
costituiscono la più recente espansione.
Rigenerare e integrare: una strategia di intervento per le aree urbane periferiche
La rigenerazione urbana fa seguito ad un'esperienza consolidata di politiche per la riqualificazione
del patrimonio esistente. Non solo spazi funzionali ma luoghi dove recuperare la complessità dei
valori dell'oggi: da quelli estetici, alla sostenibilità energetica e ambientale, alla rispondenza ai
bisogni primari come sicurezza o sobrietà. Quello di privilegiare l'intervento nei comprensori già
costruiti è il principio che si è affermato in tutta Europa nei decenni più recenti, come meccanismo
principe per soddisfare la domanda residenziale e di servizi, per accrescere l'occupazione e il
prodotto interno metropolitano, per rendere più vivibile e sostenibile lo spazio urbano. Il processo
economico e di investimento sotteso alla rigenerazione del territorio funziona, innanzitutto, se
comporta la rimessa in circolo di complessi edilizi degradati, non utilizzati, abbandonati, attraverso
progetti di riqualificazione e ricostruzione che rispondano a un completo ridisegno dell'area
d'intervento. Quindi non si tratta di un processo statico, ma di una reinterpretazione e uno di
completo rifacimento di luoghi non più idonei all'abitare o al lavorare.
Governance, partecipazione e politiche pubbliche
Una vera e propria stagione di rinascita per le città investite da ampi programmi di riqualificazione
delle aree periferiche. Soprattutto le realizzazioni internazionali rendono implicito un modello
attraverso cui, nel rinnovo delle periferie metropolitane, si possono ritrovare i sistemi più efficaci
per valorizzare effettivamente il patrimonio culturale. Principi possono essere così sintetizzati:
- la scala sia territoriale che dell'investimento deve essere sufficientemente ampia per poter
contemperare più funzioni e un modello operativo economicamente sostenibile;
- i sistemi di mobilità interna devono essere ispirati alla sostenibilità ovvero a una significativa
riduzione delle emissioni;
- un'edificazione che contempli alte densità e che sia in grado di concentrare domanda sufficiente ad
alimentare un sistema di trasporto pubblico a basso impatto di emissioni;
- la progettazione va improntata a una reinterpretazione dei luoghi e della loro memoria storica;
- una varietà di funzioni e l'attuazione degli interventi più appropriati per trasformare il degrado in
decoro e sicurezza attraverso l'abbattimento e la ricostruzione, il recupero e la progettazione di un
verde urbano "attivo"
- vanno infine individuati i luoghi di socializzazione dove concentrare l'istruzione pubblica e
l'offerta di servizi per il lavoro.
La metropoli ormai senza limiti e confini può trovare una nuova metrica solo se unisce storia e
modernità, se innova profondamente nella morfologia dei nuovi progetti e nel montaggio delle
fattibilità economiche, il tutto sotto la guida e regia delle istituzioni.
Un processo in linea con le politiche internazionali
Le politiche pubbliche rivolte alla partecipazione diretta delle periferie urbane e metropolitane allo
sviluppo sostenibile e inclusivo. L’esperienza italiana suggerisce flessibili e innovativi orientamenti
di governo con nuovi strumenti di programmazione, pianificazione e governance per rendere
strategicamente e coerentemente integrati decisori e utilizzatori dello spazio pubblico. Abitare in
sicurezza è, inoltre, per il Paese, l'opportunità e il mezzo per la diretta partecipazione alle sfide
globali imposte dal cambiamento climatico e dalle migrazioni. In questo quadro, non poteva
mancare un riferimento ai vecchi e nuovi strumenti strategici che trasformano le periferie in parti di
città connesse, aperte, capaci di sfidare, senza confini, l'integrazione di cui sono fatte oggetto.
Oggetto di attenzione da parte dell'Unione dal 2011, le periferie sono oggi destinatarie di politiche
pubbliche ed investimenti privati, programmi e progetti tematici e intersettoriali, i cui obiettivi
possono essere riassunti in pochi punti:
1. riprogettare e modernizzare funzionalità e servizi;
2. praticare l'inclusione sociale per segmenti di popolazione fragile e per aree e quartieri disagiati;
3. creare un mercato del lavoro locale (soprattutto giovanile) attraverso il rafforzamento della
capacità delle città di attrarre filiere prouttive pregiate, globali e competitive;
4. rigenerare l'habitat insediativo adeguandolo, tecnologicamente, ai moderni standard di qualità
della vita, garantendo nel contempo un aumento delle relazioni sociali e l'inclusione;
5. rendere "sicura" la vivibilità degli spazi pubblici attraverso azioni di contrasto alla criminalità
con il supporto di cittadini e cittadinanze, ricostruendo fiducia nel ruolo dello stato e di una
pubblica amministrazione che dimostri efficacia ed efficienza (capacity building).