La Sardegna è un’isola nota per la bellezza della costa
e dei mari, un posto preso d’assalto da orde di vacanzieri che, nelle calde estati, affollano ogni spiaggia a disposizione. Ma l’Isola è anche quel luogo misterioso che affonda le sue radici nella preistoria, una terra magica che affascina e cattura visitatori curiosi, disposti a inoltrarsi negli altopiani desertici che l’attraversano.
Un viaggiatore dell’altro secolo, David Herbert
Lawrence, la dipinge poeticamente così: “La Sardegna è un’altra cosa: più ampia, molto più consueta, nient’affatto irregolare, ma che svanisce in lontananza. Creste di colline come brughiera, irrilevanti, che si vanno perdendo, forse, verso un gruppetto di cime… Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa”.
La Sardegna è di certo tutto questo, ma è anche molto
altro. Se si vuole realmente conoscere questa terra – cosa difficile anche per chi ci è nato – la si deve guardare dal di dentro, dagli occhi di quell’anima collettiva che la pervade e Tutto sembra pace e serenità negli assolati altopiani, nei muti silenzi delle sugherete, nel cuore taciturno delle pietre. Eppure nelle forme dei graniti scolpite dai venti, nei tronchi flessuosi del ginepro e del lentisco, si nasconde il segreto di un popolo che emerge silenzioso urlando la sua verità contro il vento. In quest’ambiente difficile e talvolta ostile, dove il belato negli ovili svela la forza della cultura pastorale, sembra di vedere aggirarsi l’anima appassionata di Raimondo De Muro, un uomo dell’altro secolo, nato nel 1916 a Siurgus Donigala, un paesino della Trexenta di poco più di duemila anime. Era un ingegnere, trapiantato a Cagliari nel 1986, un nobile appartenente alla famiglia dei Donus, che ha dedicato ogni sua energia alla conoscenza delle tradizioni del suo paesino e della Sardegna stessa. Ha viaggiato in lungo e in largo, quando quei territori erano ancora vergini al turismo di massa, ricercando, nei racconti orali degli ultimi vecchi babbais mannus e vecchie mammais mannas rimasti, l’essenza profonda della Nuraxìa. I segreti e i riti del popolo sardo sono stati raccolti nell’arco di trent’anni e sono stati rivelati in un’opera monumentale in 6 volumi I racconti della Nuraghelogia (Is contos de sa Nuraxìa). L’opera completa consta di cinque romanzi, più un sesto libro che è una sorta di compendio di quelle che De Muro definisce “le norme di vita della Nuraghelogia”. ne guida ogni sospiro. La si deve osservare negli sguardi magnetici delle donne che, come schegge d’ossidiana, trafiggono i passanti narrando di un potere mai estinto, oppure dalle rughe che solcano i volti degli anziani che, seduti sulle sedie e sugli scalini del paese, raccontano i saperi di un’antica civiltà, o ancora dai guizzi selvaggi dei ragazzini che saltano i muretti in pietra delle Tanche mentre in lontananza ragliano gli asinelli.