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Immanuel Kant nasce a Konigsberg nel 1724 da una modesta famiglia di artigiani. Seppure di
origine scozzese la famiglia risiede in Prussia da circa tre generazioni. Nel 1740 si iscrive
all’università concentrandosi su materie come la matematica, la fisica e la filosofia.
La sua formazione è stata segnata da molti sacrifici: infatti, dopo la morte dei genitori, Kant è
costretto a fare il precettore presso varie famiglie nobili e a tenere lezioni a pagamento come
libero docente presso l’università . Solo all’età di 46 anni viene nominato professore ordinario
nella stessa università .
Kant si dedica per tutta la vita alla filosofia e all’insegnamento, non essendo frenato da vincoli
familiari dato che non si è mai sposato. All’attività di docente ha sempre affiancato quella di
riflessione filosofica e di scrittura: egli elabora infatti le tre Critiche (della Ragion Pura, della
Ragion Pratica e della Facoltà di Giudizio), che racchiudono le tesi fondamentali sostenute dal
filosofo.
Qualche anno più tardi Kant si scontra con le autorità prussiane, alle quali è costretto a piegarsi e
si impegna così a non occuparsi più di temi religiosi. Kant trascorre gli ultimi anni della sua vita in
condizione di infermità e perdita di memoria. Muore a Konigsberg nel 1804.
Le opere
Possiamo dividere l’esperienza letteraria di Kant in due fasi:
Il periodo precritico
La prima domanda che Kant si pone è se la matematica, la fisica e la metafisica siano delle scienze;
per farlo è necessario indagare le possibilità e i limiti della conoscenza umana, istituendo un
tribunale della ragione, nel quale la ragione giudichi sé stessa. Infine arriva alla conclusione che
matematica e fisica sono delle scienze mentre la metafisica no, poiché supera e va oltre
l’esperienza.
RIVOLUZIONE COPERNICANA
Kant applica una nuova rivoluzione copernicana effettuando un ribaltamento del rapporto tra
soggetto e oggetto, ponendo al centro della conoscenza il soggetto: non è più l’uomo, quindi il
soggetto, che si deve adattare all’oggetto, bensì il contrario, l’oggetto che si uniforma all’intelletto.
Si giunge così alla filosofia trascendentale: con trascendentale Kant intende il modo in cui avviene
la conoscenza.
Nella Critica della ragion pura Kant distingue tre diverse facoltà in cui si articolano i vari livelli
conoscitivi:
-Analitica trascendentale
L’Analitica trascendentale studia l’intelletto che opera pensando gli oggetti attraverso l’uso di
dodici categorie (o concetti puri).
Sensibilità e intelletto sono indispensabili alla conoscenza, non può esserci l’una senza l’altro, che
è dunque una sintesi di intuizione e concetti. Le dodici categorie possono essere:
della quantità ;
della qualità ;
della relazione;
della modalità .
Kant riprende il concetto di categoria da Aristotele, ma mentre quelle di Aristotele erano 10 quelle
di Kant ne sono 12; inoltre, per il primo sono le proprietà essenziali dell’oggetto, per Kant sono
proprietà del soggetto.
(N.B. Le categorie di Aristotele erano confuse poiché egli aveva inserito spazio e tempo, che sono
concetti a priori, e la sostanza, che è propria della metafisica)
Kant si pone il problema della loro validità o, come dice il filosofo, della loro deduzione
trascendentale facendo intervenire l’Io penso, o autoconoscenza trascendentale, che è la fonte
della sintesi conoscitiva poiché sintetizza e organizza in una sola coscienza le rappresentazioni dei
dati sensibili secondo una struttura definitiva.
Ciò che permette di collegare sensibilità e intelletto è immaginazione trascendentale, che
attraverso degli schemi predispone i dati dell’intuizione sensibile in modo da potervi applicare le
categorie dell’intelletto.
Dopo aver analizzato la sensibilità e l’intelletto possiamo dire che il primo prodotto di questi due
momenti è il fenomeno, ossia gli oggetti così come ci appaiono, il secondo è il noumeno, ossia
oggetti pensabili solo dall’intelletto che non derivano dall’esperienza.
-Dialettica trascendentale
Per Kant la ragione è una facoltà che crede di poter andare oltre l’esperienza, servendosi di idee
trascendentali che prescindono dagli oggetti sensibili e che per questo sono illusorie. Tali idee
sono l’idea dell’anima, l’idea del mondo e l’idea di Dio.
Secondo Kant l’idea dell’anima è frutto di paralogismi, ossia ragionamenti sbagliati che
confondono l’Io penso, con una sostanza metafisica, chiamata anima.
La pretesa di conoscere il mondo come totalità compiuta di fenomeni porta alle antinomie, ossia
coppie di proposizioni contrapposte; sono apparentemente veritiere, fondate su ragionamenti e
non sull’esperienza e riguardano problemi cosmologici di primaria importanza (es. l’infinità del
mondo).
Per quanto riguarda l’idea di Dio, essa esprime un ente perfetto e incondizionato, ma per quanto
riguarda la sua esistenza sono state elaborate tre tipologie di prove, da sottoporre a critica:
la prova ontologia
la prova cosmologica
la prova fisico-teleologica
Con ciò Kant non nega l’esistenza di Dio, ma mantiene una posizione agnostica.
ipotetici, comandano un’azione in vista di un fine e non hanno valore universale (se vuoi
avere un titolo di studio devi andare a scuola e impegnarti). Inoltre gli imperativi ipotetici
possono essere di due tipi a seconda che il fine perseguito sia possibile o reale: nel primo
caso si parla di imperativi dell’abilità in cui è importante sapere scegliere solo ciò che è
necessario fare per raggiungere quel fine; nel secondo caso si parla invece di imperativi
della prudenza e in questo caso il fine coincide con la felicità e il benessere:
categorici, prescindono da qualsiasi condizione o scopo, devono essere osservati in ogni
caso indipendentemente da situazioni particolari. L’imperativo categorico considera
un’azione come oggettivamente necessaria per sé stessa, cioè azioni che non mirano a
raggiungere altri scopi ma che in ogni caso bisogna compiere. Solo l’imperativo categorico
ha valenza morale perché esprime un dovere incondizionato, ordina quell’azione, è un
comando: tu devi e basta.
Kant esclude che la felicità possa costituire il fine morale dell’uomo. L’agire bene e la felicità sono
due valori diversi e l’uomo deve perseguire la virtù senza preoccuparsi della felicità (al contrario
di quello che diceva Aristotele). Virtù e felicità coesistono solo in un mondo ultraterreno,
presupponendo l’esistenza di questo mondo ultraterreno e per poterlo fare Kant elabora i tre
postulati (proposizioni indimostrabili che devono però essere ammesse in virtù della legge
morale): il primo riguarda l’immortalità dell’anima possibile solo nell’aldilà , il secondo postulato
riguarda l’esistenza di Dio, il terzo postulato è la libertà possibile solo nell’aldilà .
Questi postulati forniscono all’uomo delle certezze che è impossibile raggiungere con la ragione
teoretica (nella critica della ragion pura per questo motivo afferma: ho dovuto eliminare il sapere
per dare posto alla fede per spiegare l’esistenza di Dio, io posso credere in Dio solo attraverso un
atto di fede). Kant ciò che non può spiegare a livello della ragione pura (l’esistenza di Dio, la
libertà , l’immortalità dell’anima) lo spiega come presupposti della morale, trova un escamotage
per poter spiegare le idee della metafisica.
La morale eteronoma a differenza di quella autonoma fa dipendere il dovere da un principio
esterno alla coscienza dell’individuo. Il movente della condotta degli uomini è la volontà ad agire.