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Premessa
Nella Seconda lettera ai Corinzi Paolo parla di un “viaggio celeste”
che egli stesso ha sperimentato:
1
Cf 1 Cor 1,7; 14,6.26; 2 Cor 12,1.7; Gal 1,12.16; 2,2; Fil 3,15. Cf. anche Ef 1,17.
2
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Vedi la nota discussione sul tipo di conoscenza presuppsto in 2 Cor 5,16: «cosic-
chè da questo momento non conosciamo (oidamen) nessuno secondo la carne e se anche
abbiamo conosciuto (egnôkamen) Cristo secondo la carne, ma ora non più lo conosciamo
(ginôskomen)».
3
Il tema dei quattordici anni ritorna stranamente anche un’altra volta nelle note
autobiografiche di Paolo in realzione a una rivelazione: «Dopo quattordici anni, andai di
nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito: vi andai
però in seguito ad una rivelazione» (Gal 2,1-2).
4
L’uso del verbo “essere rapito” implica che ad un certo momento Paolo sia stato
investito da un forza esterna a lui: Paolo è investito da una scelta divina. Costruzione di
un’autorità particolare mediante questa scelta
254 Testatina sinistra
5
Su 2 Cor 12, 1-4 e il viaggio celeste in Paolo: M.D. Goulder, “Visions and
Revelations of the Lord (2 Corinthians 12:1-10)”, in T.J.Burke - J.K. Elliott (eds.),
Corinthians. Studies on a Community in Conflict. Essays in Honour of Margaret Thrall,
Leiden, Brill, 2003, 303-312; Ph. H. Menoud, “L’écharde et l’ange satanique (2 Cor
12,7)”, in Studia Paulina. In honorem Johannis De Zwaan Septuagenarii, Harlem, De
Erven F.Bohn, 1953, 163-171; C.R.A. Morray-Jones, “Paradise Revisited (2 Cor 12:1-
12): The Jewish Mystical Background of Paul’s Apostolate. Part 1: The Jewish Sources;
Part 2: Paul’s Heavenly Ascent and its Significance”, HTR 86, 1993, 177-217; 265-292;
B. Heininger, Paulus als Visionär. Eine religionsgeschichtliche Studie, HBS 9, Freiburg
u.a.; V. Jegher-Bucher, “’The Thorn in the Flesh’/’Der Pfhal im Fleisch’: Conside-
rations About 2 Corinthians 12,7-10 in Connection with 12,1-3”, in: S.E.Porter -
Th.H.Olbricht (eds.), The Rhetorical Analysis of Scripture. Essays from the 1995 London
Conference, JSNT SS 146), Sheffield, Sheffield Academic Press, 1996, 388-397; G. Qui-
spel, “L’extase de Saint Paul”, in: A.A. Shismanian - D.Shismanian (eds.), Ascension
et Hypostases initiatiques de l’âme. Mystique et eschatologie à travers les traditions religieuses.
Tome I. Acts du Colloque internationale d’histsoire des religions “Psychanodia”, Paris, Les
Amis de I.P.Couliano, 2006, 381-392; V.K. Robbins, “The Legacy of “ Corinthians
12:2-4 in the Apocalyse of Paul”, in T.J.Burke - J.K. Elliott (eds.), Corinthians. Studies
on a Community in Conflict. Essays in Honour of Margaret Thrall, Leiden, Brill, 2003,
327-339 ; J. D. Tabor, Things Unutterable: Paul’s Ascent to Paradise in its Greco-Roman,
Judaic, and Early Christian Contexts, Lanham, MD, University Press of America, 1986;
O. Wischmeyer, “2 Korinther 12,1-10. Ein autobiographiscsh-theologischer Text des
Paulus”, in Von Ben Sira zu Paulus. Gesammelte Aufsätze, Hrsg. Von E.-M. Becker, Tü-
bungen, Mohr Siebeck, 277-288, 2004; J-P. Ruiz, “Hearing and Seeing but not Saying:
A Look at Revelation 10:4 and 2 Corinthians 12:4”, Society of Bibical Literature 1994
Seminar Papers, Atlanta Georgia, Scholars Press, 1994, 182-202; J.M. Scott, “The Trium-
ph of God in “ Cor 2.14: Additional Evidence of Merkabah Mysticism in Paul”, NTS
42, 1996, 260-281; A.F. Segal, “Paul and Ecstasy”, Society of Bibical Literature 1996
Seminar Papers, Atlanta Georgia, Scholars Press, 1996, 555-580; M. Smith, “Ascent to
the Heavens and the Beginning of Christianity”, in Id., Studies in the Cult of Yahweh.
Volume Two. New Testament, Early Christianity, and Magic, edited by S.J.D. Cohen,
Leiden, Brill, 1996, 47-67.
Testatina sinistra 255
6
A.Segal, “Heavenly Ascent in Hellenistic Judaism, Early Christianity and their
Environment”, ANRW II.23.2, Berlin, de Gruyter, 1980, 1388
7
J.J. Collins (ed.), “Apocalypse: The Morphology of A Genre”, Semeia 14
(1979).
8
Il viaggio celeste al terzo cielo per ottenere rivelazioni e doni soprannaturali si
trova del resto già nell’epopea babilonese del re Etana: S. Langdon, The Legend of Etana
and the Eagle: or the Epical Poem “ The City They Hated”, Paris, P. Geuthner, 1932; M.
Haul, Das Etana-Epos: ein Mythos von der Himmelfahrt des Königs von Kis, Göttingen,
Seminar für Keilschriftforschung der Universität Göttingen, 2000; B.Hrouda, “Zur
Darstellung des Etana-Epos in der Glyptik”, Winer Zeitschrift für die Kunde des Mor-
genlandes 86 (1996) 157-163.
9
J. Schwartz, Biographie de Lucien de Samosate (Collection Latomus, Vol. 83),
Bruxelles 1965.
256 Testatina sinistra
Il viaggio di Menippo
1. Verso il 160-165, in un periodo non lontano dal Dialogo con Tri-
fone di Giustino, Luciano di Samosata10 scriveva il dialogo Icaro-Menippo
o sulle nuvole.11 Luciano parla in questo scritto del viaggio celeste come di
una concezione mitologica universalmente conosciuta, tanto che proprio
tramite essa egli può presentare le sue critiche alla filosofia del tempo.
Descrivendo l’ascensione al cielo di Menippo, Luciano parla solamente
della Luna, del Sole e del cielo più alto. Si tratta dunque soltanto di tre
cieli, non dei nove cieli che possiamo trovare nel Sogno di Scipione di Ci-
cerone (i sette pianeti, la terra e il cielo dove abita la divinità). Non siamo
in presenza neppure della visione astronomica di Tolomeo che scriveva
all’incirca in quegli anni. Sappiamo infatti che Tolomeo nell’Almagesto
«dalla terra alla luna, dunque, c’erano tremila stadi13 [560 chilometri
circa], ed è stata la mia prima tappa; di lì, poi, su fino al sole cinque-
cento parasanghe circa14 [2775 chilometri circa], mentre, dopo ancora,
l’ascesa al cielo vero e proprio e alla rocca di Zeus potrebbe compiersi,
per un’aquila libera nel suo volo, in una giornata».
Luciano tocca poi tutta una serie di temi che ritroviamo in diversi testi
che parlano di viaggi celesti: si chiede come sia possibile vedere dall’alto
la terra e la vita che vi si svolge. Come sia possibile conoscere in alto ciò
che avviene in basso, come sia possibile agli Dèi conoscere e accogliere
le preghiere degli uomini, quale sia il destino ultimo dell’uomo e quale
la struttura dell’universo. Luciano denuncia e deride la contraddizione
tra l’affermazione che dalla Luna il veggente veda la Terra piccolissima, e
l’altra secondo cui il veggente è in grado di scorgere ogni particolare di ciò
che si svolge sulla Terra (13). Tuttavia, è interessante che, nel descrivere il
momento in cui il veggente è in grado di vedere dalla Luna quello che si
12
Lo stadio equivaleva a un pò più di 185 metri.
13
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La parasanga, misura persiana, equivaleva a 30 stadi, Cioè 5550 metri circa. Quin-
di dalla luna al sole la distanza era di circa 2750 chilometri. Cf. Aristarco di Samo
(-310 -230), Sulle dimensioni e le distanzes del Sole e della Luna.
14
Dicevamo prima che Giustino scrive all’incirca nello stesso periodo di Luciano.
Anche Giustino presenta una critica radicale alla filosofia basata sul fatto che i filosofi
non pervengono se non a conclusioni eternamente contraddittorie fra loro e senza solu-
zione per i problemi fondamentali del destino dell’uomo (Dialogo capp. 1-7). La critica
alla filosofia è un topos che è ripreso dai cristiani, - si pensi all’inizio del romanzo pseudo-
clementino (in cui Clemente cerca invano la soluzione tra le diverse scuole filosofiche:
Riconoscimenti, 3,1- 4,7) - ma non per arrivare ad un esito scettico: serve per fondare la
solidità della risposta offerta dalla fede in Gesù Cristo. In ogni caso, in ambito cristiano
e giudaico il viaggio celeste non è affatto in crisi nel II secolo.
258 Testatina sinistra
svolge sulla Terra, egli descriva un elemento che troviamo in diversi testi
che parlano del viaggio celeste: il veggente vede all’improvviso una grande
luce. «Appena sbattei le ali, subito attorno a me splendette una grandis-
sima luce e mi si mostrarono tutte le cose che erano prima celate» (15).
Luciano prende in giro questa affermazione, proprio perché si tratta di un
topos dei testi di ascensione.
2. In sostanza, Luciano dimostra di conoscere diversi aspetti dei testi
di ascensione: il fatto, ad esempio, che l’accesso ai cieli superiori sia sor-
vegliato da guardiani, che vi sia una porta di ingresso:
Sul viaggio celeste nella letteratur giudaica antica: L.Arcari, “Sui rapporti tra
15
Apocalissi ‘con viaggio ulraterreno’ e ‘senza viaggio ultraterreno’. Indagine per una ‘sto-
ria’ del ‘genere apocalittico’”, Henoch 26, 2004, 64-84; I. Gruenwald, Apocalyptic and
Merkavah Mysticism. AGSU 14. Leiden, Brill, 1980; D. J.Halperin, The Merkabah in
Rabbinic Literature, AOS 62, New Haven, American Oriental Society, 1980; M. Him-
melfarb, Ascent to Heaven in Jewish and Christian Apocalypses, New York-Oxford, Ox-
ford University Press, 1993; N.Janowitz, The Poetics of Ascent, Theories of Language in
Testatina sinistra 259
a Rabbinic Ascent Text, SUNY Press, Albany, 1989; R. Macy Lesses, Ritual to Gain
Power. Angels, Incantations, and Revelation in Early Jewish Mysticism (Harvard Theo-
logical Studies), Trinity Press International, Harrisburg, Pennsylvania, 1998; G. W. E.
Nickelsburg, Resurrection, Immortality and Eternal Life in Intertestamental Judaism.
HTS 26. Cambridge, MA, Harvard University Press, 2006; A.J. Saldarini, “Apocalyp-
ses and ‘Apocalyptic’ in Rabbinic Literature and Nysticism”, in Collins, “Apocalypse:
The Morphology of A Genre”, 187-205; G. Scholem, Jewish Gnosticism, Merkabah My-
sticism and the Talmudic Tradition. 2d ed. New York, 1960; J. D. Tabor, “Returning to
the Divinity: Josephus’s Portrayal of the Disappearance of Enoch, Elijah, and Moses”, JBL
108, 1989, 225–38; J. E. Wrigth, The Early History of Heaven, New York, Oxford Uni-
versity Press, 2000; J. E. Wrigth, “Bibical Versus Israelite Images of the Heavenly Re-
alm”, JSOT 93, 2001, 55-71; Id., “Whiter Elijah? The Ascension of Elijah in Biblical and
Extrabiblical Traditions”, in: E.G. Chazon, D. Satran and R. A. Clemente (eds.),
Things Revealed. Studies in Early Jewish and Christian Literature in Honor of Michael E.
Stone, Brill, Leiden, 2004,123-147.
16
H.W.Attridge, ,“Greek and Latin Apocalypses”, in J.J. Collins (ed.), “Apo-
calypse: The Morphology of A Genre”, Semeia 14 (1979), 159-186.
260 Testatina sinistra
traduzione francese], 2 voll. Trattati I-XIII, 1945 (ristampa 1960). Voll. III-IV, 1954;
Corpus Hermeticum, Edizione e commento di A. D. Nock e A.-J.Festugière, édition des
textes coptes et commentaire de Ilaria Ramelli, Milan, Bompiani, 2005.
18
Cf anche H.Diels - W.Kranz, I presocratici. Testimonianze e frammenti. Vol. I,
Bari-Roma, Laterza, 268-271 (la traduzione ivi pubblicata è di Pilo Albertelli).
Testatina sinistra 261
inconcusso della ben rotonda verità, sia le opinioni dei mortali nelle quali
non risiede legittima credibilità» (vv.28-30).19
Non è descritto un attraversamento dei cieli, ma una ascensione e un
passaggio dal giorno alla notte, un cambiamento dal buio allo splendore. C’è
la descrizione della porta sbarrata del cielo, sede delle divinità e della verità
e luogo di rivelazione. Straordinariamente importante per stabile i rapporti
fra culture diverse è la descrizione del carro su cui viaggia Parmenide: le sue
ruote sono di fuoco. Non sfuggirà che di fuoco è il carro su cui Elia sale al
cielo (2 Re 2,11) come di fuoco sono le quattro ruote dei cherubini in Eze-
chiele (10,1-18). Non può essere coincidenza casuale che il viaggio celeste
in queste due culture così diverse avvenga mediante un carro caratterizzato
dal fuoco. Bisogna ipotizzare un contatto e una relazione.
b. Fondamentale è anche un testo di Platone, Repubblica 614b-621d20
(siamo nel 370 a.E.V. circa) sul quale però non possiamo soffermarci a lungo.
Il viaggio celeste di Er, figlio di Armenio, viene da lui compiuto nei
dieci giorni in cui ucciso in battaglia resta morto prima di ritornare in
vita. Ciò sembrerebbe implicare che solo i morti possono fare un simile
viaggio. I cieli vengono descritti in 616e-617b e si parla anche della mu-
sica armoniosa che emanano (617b). La rivelazione riguarda il destino
dell’uomo. Le punizioni e i premi che l’attendono e la reincarnazione a
cui sono sottoposte le anime. Er compie il viaggio e riceve la rivelazione
“senza corpo”. Tutto quello che viene sperimentato nel cielo viene dimen-
ticato (perché gli uomini che sono sottoposti alla reincarnazione sono
costretti a bere l’acqua del Lete prima di tornare in terra, salvo Er che non
beve e perciò può ricordare, 621b).
19
Platone, La repubblica, a cura di Giuseppe Lozza, Milano, Mondadori, 1990,
822-845; Cicéron, La république. Tome II. Livres II-VI, Texte établi et traduit par Es-
ther Bréguet, Paris Les Belles Lettres, 2002, 103-118.
20
Cicéron, La République, IIe éd., E.Bréguet, Paris, 2002; A.Traglia (a cura di),
Cicerone, Il sogno di Scipione, Roma, Bonacci, 1962.
21
Non sfuggirà la somiglianza con la tematica di 2 Cor 12,4: « parole indicibili che
non è lecito ad alcuno pronunziare».
262 Testatina sinistra
del suo antenato e di suo padre: vede il cielo e ascolta la musica delle
sfere celesti.
È interessante che Macrobio, che trasmette il De Repubblica di Ci-
cerone, prima del sogno di Scipione abbia inserito un’interpretazione che
mette in relazione tale sogno con il racconto platonico di Er (Cicerone,
Repubblica VI, 8). Del resto non è certo un caso che ambedue i viaggi
celesti siano situati alla fine di due opere che trattano della vita politica
(quella di Platone con il racconto di Er e quella di Cicerone con il sogno
di Scipione).
Il momento iniziale del viaggio mostra un certo interesse di Cicerone
per il sogno come mezzo di rivelazione (si vedano i capitoli relativi nel
De Divinatione, XX, 39 e ss.) Scipione soprattutto ottiene la rivelazione
del senso della vita. Il corpo è una prigione da cui bisogna essere liberati,
dopo la morte, per poter ritornare nel luogo da dove le anime provengono.
Il cielo più alto. Bisogna allora conoscere quale sia «la via che porta in
cielo». È l’esercizio della giustizia e la pietà soprattutto verso la patria:
«Disse che, sceso nel recesso dell’oracolo, dapprima si era trovato immerso
in una profonda oscurità; poi, levata una preghiera, era rimasto a giacere a
lungo, senza comprendere chiaramente se era sveglio o se stesse sognando.
Tuttavia, aveva provato la sensazione che, nello stesso momento in cui si
produceva un improvviso rumore, la sua testa fosse colpita e le suture del
cranio cedessero, lasciando l’anima libera di uscire. E come quella si allonta-
nava, mescolandosi felice all’aria tersa e pura, gli pareva che respirasse allora
per la prima volta» (22).25
22
Si potrebbe accennare anche a Seneca, Consolatio ad Marciam cap. 26. In realtà
il viaggio celeste è solo quello dell’anima del giusto che sale alla sede del cielo: «Puro e
senza lasciare nullo di suo sulla terra è fuggito, e se ne è, nella sua totalità allontanato;
fermatosi per un po’ sopra di noi, mentre si spurga e scuote via i difetti, che gli si erano
attaccati, e tutta la muffa della vita mortale, poi alzatosi verso il cielo, corre fra le anime
felici. Lo ha accolto un sacro assembramento: gli Scipioni ed i Catoni e, fra coloro che
hanno tenuto in non conto la vita e liberi per grazia della morte, il padre tuo, o Marcia»
(25,1-2) Lucio Anneo Seneca, I Dialoghi. Volume secondo. A cura di Giovanni Vian-
sino, Milano, Mondadori, 1993, 89. Cfr. Sénèque, Dialogues. Consolations, Texte établi
et traduit par René Waltz, Paris, Les Belles Lettres, 2003, 50-51.
23
Plutarque, Oeuvres Morales. Tome VIII, Texte établi et traduit par Jean Hani,
Paris, Les Belles Lettres, 2003; Seguiamo la traduzione italiana di: Plutarco, Il Demo-
ne di Socrate. I ritardi della punizione divina, con un saggio di Dario del Corno, Milano,
Adelphi, 1982 (ristampa 2005).
24
Plutarco, Il Demone di Socrate, 102; cfr. Jean Hani, Plutarque. Le Démon de
socrate (Moralia vol. VIII), Paris, Le Belles Lettres, 2003, 108.
25
Plutarco, Il Demone di Socrate, 108.
264 Testatina sinistra
Alla fine del viaggio, Plutarco descrive ancora una volta l’esperienza
psico-somatica di Timarco:
«Taciutasi la voce, Timarco disse che avrebbe voluto voltarsi per vedere
chi fosse a parlare; ma avendo provato nuovamente un forte dolore al
capo, come se fosse stato compresso con la forza, non poteva più né
intendere, néé sentire alcunché intorno a lui; poco dopo ritornò in sé,
e si rivide giacere presso l’ingresso di Trofonio, dove egli si era coricato
all’inizio» (22 = 592 E).26
Magician?: Celsus and Origen on Jesus. SBLDS 64. Missoula, Montana, 1982.
29
Porfirio, L’antro delle ninfe, a cura di Laura Simonini, Milano, Adelphi,
1986.
30
Cf P.Ressa in Origene, Contro Celso, 447 nota 125.
31
Cf. G.Sfameni Gasparro, “I misteri di Mitra”, in A.Bottini (a cura di), Il Rito
segreto. Misteri in Grecia e a Roma, Milano, Electa, 2005, 99-101
266 Testatina sinistra
A favore di due viaggi sta la ripetizione della frase introduttoria e il fatto che
32
Paolo parla di visioni (optasiai) e rivelazioni (apocalypseis) al plurale sia quando introduce
le sue esperienze («verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore», 12,1), sia quando
le commenta: («perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni»,
12,7). Ma il plurale potrebbe essere usato da Paolo per sottolineare che egli parla di una
sola esperienza, ma ne ha avute però molte altre (cf M.E.Thrall, The Second Epistle to
the Corinthians. Vol. II, T&T Clark, Edinburgh 2000, 783). Sulla “ Corinti, cf anche:
P. Barnett, The Second Epistle to the Corinthians, Eerdmans, Grand Rapids Michigan,
1984; Ph.E. Hughes, Paul’s Second Epistle to the Corinthians, London - Edinburgh,
Marshall, Morgan & Scott, 1962.
33
Vedi J.D. Tabor, “Heaven, Ascent to”, in Anchor Bible Dictionary III, 91-94; Cf.
I. De Vuippens, Le Paradis Terrestre au troisième ciel. Exposé historique d’une conception
chrétienne des premiers siècles, Paris, Librairie Saint-François d’Assise - Freiburg Suisse,
Librairie de l’Oeuvre de S.-Paul, 1925.
34
Cf. J.H. Charlesworth, “Paradise”, Anchor Bible Dictionary V,154-155.
Testatina sinistra 267
35
Cosi diversi autori fra cui Thrall, The Second Epistle to the Corinthians. Vol. II,
775-776 («actual personal experience»); A. Pitta, La seconda lettera ai Corinzi, Roma,
Borla, 2006, 483.
36
Thrall, The Second Epistle to the Corinthians. Vol. II, 782.
37
Cfr. anche Pitta, La seconda lettera ai Corinzi, 486.
38
M.E.Thrall, The Second Epistle to the Corinthians. vol. I, T&T Clark, Edinbur-
gh, 1994, 3-77; cf anche B. Heininger, “Paulus und Philo als Mystiker? Himmelreisen
in Vergleich (2Kor 12,2-4; SpecLeg III 1-6)”, in R.Deines - K.-W. Niebuhr (hrsg.),
Philo und das Neue Testament. Wechselseitige Wahrnehmungen, Mohr Siebeck, Tübingen,
2004, 191). Siamo d’accordo con quanti negano che Paolo voglia criticare l’esperienza
del viaggio celeste mostrando, che di esso non bisogna vantarsi particolarmente o che
addirittura ne voglia presentare una critica. Il fatto che egli dica che ha udito parole indi-
cibili non vuol dire che tali esperienze sono da sminuire (contro ad esempio Heininger,
“Paulus und Philo”, 192). Ci sembra da escludere l’ipotesi sostenuta da M.Smith, “Ascent
to the Heavens”, 63-67 che l’uomo che ha fatto il viaggio celeste secondo Paolo sia non
lui stesso, ma Gesù.
39
Non ci convincono le osservaziunoni di chi sostiene che si tratti di un genitivo
“generale” in cui Gesù è nello stesso tempo soggetto e oggetto, ambito e contenuto (Pit-
ta, La seconda lettera ai Corinzi, 487).
268 Testatina sinistra
sia il paradiso? In questo caso il paradiso non può non essere il cielo più
alto e questo significa che Paolo condivide una astronomia dei tre cieli.
Oppure la localizzazione nel terzo cielo è provvisoria per il Signore, che
sta in quel cielo mentre lotta per la vittoria finale? Nulla ci permette di
avvalorare questa ipotesi.
40
«Allora lo Spirito santo che stava parlando con lui lo rapì in lato al terzo cielo e
egli passo oltre al quarto cielo» (NHC V, 19, 20-25).
41
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Il terzo cielo è quello «più splendente e più puro. Quando sarai salito lassù, sarai vici-
no al Signore» (2, 9-10); nel terzo cielo che è la «sede più alta di tutte», «c’è la grande gloria
che è al di sopra di ogni santità» (3, 4). In realtà, in 3,5-8 si parla di tre cieli che stanno sotto
il più alto cielo sede di Dio e quindi l’astronomia sacra del Testamento di Levi non è chiaris-
sima. Sembrerebbe che «i santi» abitino nel terzo cielo. Il che vorrebbe dire forse che il pa-
radiso è situato al terzo cielo. P.Sacchi, Apocrifi dell’Antico Testamento, vol. I, Torino, UTET,
790-793. «Le texte primitif du Testament de Lévi ne comportati, en effet, que trois cieux,
puisque, selon I,8, le troisième ciel, dont la hateur est infinie, ne peut, de toute évidence, être
que le dernier» (M.Philonenko, Testament des douze patriarches, in A.Dupont-Sommer
- M.Philonenko, La Bible. Écrits Intertestamentaires I, Paris, Gallimard, 1987, 836).
42
«Mi fecero salire al terzo cielo e mi posero al centro del paradiso» (8,1).
43
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«È nel terzo cielo che il sole circola e che dispensa la luce all’universo. Ma aspet-
ta e vedrai la gloria di Dio» (7,2) secondo la traduzione di Jean Riau, in A.Dupont-
Sommer - M.Philonenko, La Bible. Écrits Intertestamentaires I, 1157.
Testatina sinistra 269
44
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Secondo Panaino, siccome l’astronomia greca era ai suoi tempi ancora «primiti-
va», «è più probabile che la cosmologia di Anassimandro fosse ancora speculativa, come
suggeriscono Kird-Raven-Schofield […] e probabilmente più interessata a scoprire un’ar-
monia geometrica dell’universo, che divenne la base per lo sviluppo dell’astrononia greca
[…] Come abbiamo visto, Diels per la cosmologia di Anassimandro, ma anche Bousset
[…] e West […] per l’ordine iranico suppongono un background di tipo shamanico, cosa
che per Anassimandro in particolare è molto difficile, nonostante egli immaginasse i cor-
pi astrali come buchi. Infatti, nella sua dottrina non abbiamo alcun riferimento all’ascen-
zione dell’anima, ma solo un’affermazione di Teodoreto (II-V E.V.) secondo la quale la
psychê è “di natura aerea” […]».
45
W. Bousset, “Die Himmelsreise der Seele”, ARW 4 (1901) 136–69. Cf anche:
L. Bieler, THEIOS ANER: Das Bild des “Göttlichen Menschen” in Spätantike und
Frühchristentum. 2 Vols. Vienna, 1935–36; C. Colpe, “Die ‘Himmelreise der Seele’ als
philosophische und religionsgeschichtliche Problem”, in E. Fries (hsgb.), Festschrift für
Joseph Klein zum 70. Geburtstag, Göttingen, 1967, 85-104; R. Reitzenstein, Helleni-
stic Mystery-Religions: Their Basic Ideas and Significance. Trans. J. E. Steely. PTMS 15,
Pittsburgh, Pickwick, 1978; E. Rohde, Psyche: The Cult of Souls and Belief in Immorta-
lity Among the Greeks, trans. W. B. Hillis. 8th ed., New York, 1925.
46
A.Panaino, “Uranographica Uranica 1. The Three Heavens in the Zoroastrian
Tradition and the Mesopotamian Background”, in Au carrefour des religions. Mélanges
offerts à Philippe Gignoux, Res Orientales VII (1995), 219.
270 Testatina sinistra
il verbo arpazô47 che è lo stesso verbo con il quale descrive come i viventi
al momento della risurrezione finale in 1 Thess 4,17 siano rapiti in cielo.48
Il tema del rapimento al cielo si trova anche nella liturgia di Mitra, di cui
abbiamo già parlato, molto probabilmente più tarda. Ma la rappresen-
tazione dell’ascesa al cielo nel mitreo di Ostia presuppone sette cieli.
47
Il verbo esprime un’azione a cui non si può opporre resistenza (arpazô in F.D.
Danker, A Greek-English Lexicon of the New Testament and Other Early Christian Lite-
rature, Third Edition, Chicago and London, University of Chocago Press, 2000, 2b)
48
Il verbo è usato anche in Apocalisse 12,5 per indicare il trasferimento verso Dio
del figlio della donna.
49
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L’uso della terza persona «deriva originariamente dalla natura dell’esperienza stes-
sa, cioè dal fenomeno estatico del dislocamento dell’ego» (Thrall, The Second Epistle
to the Corinthians. Vol. II, 782).
50
Thrall, The Second Epistle to the Corinthians. Vol. II, 782.
Testatina sinistra 271
51
Ivi, 795-796.
52
G. Lo Russo, La Seconda Lettera ai Corinzi. Introduzione, versione e commento,
Bologna EDB.
2007, 292.
272 Testatina sinistra
personale di Gesù. Tutto ciò mostra che paolo fa giocare la sua esperienza
del viaggio celeste in un contesto relazionale comunitario.
Non si può del resto escludere che il ricorso al “viaggio celeste” - in
funzione apologetica e legittimante - fosse dovuto al fatto che i membri
della ekklêsia di Corinto praticassero, per la loro appartenenza alla reli-
giosità greco-romana, questo tipo di esperienza religiosa, o che fossero
proprio i predicatori ebrei avversari a vantarsi di queste esperienze. Lo
scenario sarebbe comunque quello di una forma religiosa abbastanza dif-
fusa a Corinto tra gruppi religiosi diversi.
53
Ci permettiano di ricordare che noi interpretiamo il giovannismo come religione
della rinascita affine alle religioni dei misteri e al pitagorismo (Destro - Pesce, Come
nasce una religione. Antropologia e esegesi del Vangelo di Giovanni, Bari-Roma, Laterza,
2000, 98-109).
Testatina sinistra 273
54
Secondo Heininger, “Paulus und Philo”,203 sarebbero tipici della letteratura
apocalittica giudaica due elementi: che lo scopo del viaggio sia andare nel paradiso e
che Paolo non sappia se l’esperienza è avvenuta col corpo o senza il corpo, l’interesse per
il moltiplicarsi dei cieli (ivi, 192), ma questi elementi si trovano nella letteratura greco-
romana dei viaggi celesti. Non condividiamo neppure l’impostazione di P.R.Gooder,
Only the Third Heaven? 2 Corinthians 12.1-10 and Heavenly Ascent, T&T Clark, Lon-
don-New York,2006,31 la quale non intende paragonare l’ascesa celeste di Paolo se non
con testi dell’apocalittica giudaica o meglio della «Judaeo-christian tradition». Esclude
dal confronto il Testamento di Abramo e l’Apocalisse di Abramo perché non contengono
una vera e propria descrizione dell’attraversamento dei cieli. Ma in realtà neppure 2 Cor
12,1-3 la contiene.
55
Cf. P. Borgen, “Heavenly Ascent in Philo. An Examination of Selected Passa-
ges”, in J.H.Charlesworth - C.A.Evans (eds.) The Pseudepigrapha and Early Biblical
Interpretation, Sheffield, 1993, 246-268; M. Dean-Otting, Heavenly Journeys. A Stu-
dy of the Motif in Hellenistic Jewish Literature, Frankfurt, Peter Lang, 1984.
274 Testatina sinistra
Filone sperimenta dall’alto del cielo una visione delle cose del mondo:
Il fatto che egli ipotizzi che il suo viaggio possa essere avvenuto «fuori
del corpo» o «senza il corpo» significa che egli non esclude di rappre-
sentare la sua esperienza ai Corinzi come se la sola anima possa avere fatto
il viaggio celeste, mentre il corpo rimaneva sulla terra, esattamente come
Filone - in base ad una concezione ellenistica - immagina. E se Filone
immagina che siano gli occhi dell’anima ad avere la contemplazione delle
cose del mondo, perché non dovremmo pensare che anche Paolo ritenga
che siano le orecchie dell’anima ad ascoltare parole inesprimibili? Come
giustamente nota A.A. Orlov, Paolo dimostra una «conoscenza dei due
tipi di ascesa, nel corpo come anche al di fuori di esso».56
Ascensione di Isaia
Non possiamo qui occuparci estesamente di un testo protocristiano
di estrema rilevanza per lo studio del viaggio celeste: l’Ascensione di Isaia
databile probabilmente tra la fine del I e l’inizio del II secolo e forse lo-
calizzata ad Antiochia in Siria.57
56
A. A. Orlov, The Enoch-Metatron Tradition, Tübingen, Mohr, 2005, 183. Del-
la medesima opinione è anche P.Schäfer, “New Testament and Hekhalot Literature:
The Journey into Heaven in Paul and in Merkavah Mysticism”, in Id., Hekhalot Studies,
Tübingen, Mohr, 1988, 237: Paolo lascia aperte ambedue le possibilità. Non ci sembra
quindi giustificato il parere di A.Pitta, La seconda lettera ai Corinzi, 489 per il quale
Paolo lascerebbe «irrisolta la questione del dilemma sul proprio stato somatico», perché
«ignora il livello di scissione interiore che lo conduce, con tutto il proprio essere sino
al terzo cielo e preferisce attribuire tale conoscenza soltanto a Dio». Il problema non è
quello filosofico della separazione o meno tra psychê e sôma, ma quello della esperienza
del viaggio celeste, dell’esperienza di un distacco di una parte di sé da sé stesso che avvie-
ne in questo tipo di contatto con il modo soprannaturale. In 2 Enoch, secondo Orlov
l’ascensione del veggente è col corpo, ma ciò rappresenta una evoluzione della cosiddetta
tradizione enochica (The Enoch-Metatron Tradition, 182-184).
57
P. Bettiolo, A.Kossova, C.Leonardi, E.Norelli, L.Perrone (eds.), Ascen-
sio Isaiae. 2 voll. (CCSA, 7-8), Brepols, Turnhout, 1995. La seconda parte dell’opera, i
capitoli 6-11, era con tutta probabilità conosciuta dall’ultimo redattore del Vangelo di
Giovanni e ha giocato un ruolo non secondario nei dibattiti che caratterizzano le diverse
tendenze del giovannismo. Esso fa parte di una costellazione di testi fra cui il Vangelo di
Giovanni le tre lettere di Giovanni, l’Apocalisse, il Vangelo di Tommaso (cf A. Destro -
M. Pesce, “Constellations of Texts in Early Christianity.The Gospel of the Savior and
Johannist Writings”, Annali di storia dell’Esegesi 22 /2 (2005) 337-353.
Testatina sinistra 277
L’importanza storica di questo testo sta nel fatto che esso descrive con
molta attenzione alcuni aspetti del modo in cui un veggente sperimentava
il viaggio celeste. Abbiamo quasi una descrizione di un fenomeno di tipo
latamente estatico. Il viaggio avviene all’interno di una specie di liturgia
profetica nella quale il profeta (Isaia) che subisce il viaggio è attorniato da
un gruppo consapevole di quanto sta avvenendo:
«E mentre Isaia parlava con Ezecchia parole di verità e di fede, tutti loro
udirono una porta che (qualcuno) apriva e la voce dello Spirito. Il re
convocò tutti i profeti e tutto il popolo che si triovava là ed essi vennero,
e Michea, il vecchio Anania, Gioele e Yasub erano seduti alla destra di
Isaia. 8 E accadde che quando udirono la voce dello Spirito santo, tutti
si prostrarono sulle proprie ginocchia e glorificarono il Dio di verità,
l’Altissimo, colui che abita nel mondo altissimo. Egli abita in alto. Santo
che riposa tra i santi. 9. Ed essi resero gloria a colui che aveva dato una
tale porta in un mondo straniero e che l’aveva data ad un uomo. Ora,
mentre egli parlava nello Spirito santo e tutto il mondo ascoltava, egli
tacque e il suo spirito fu portato in alto. Quanto a lui egli non vedeva gli
uomini che erano di fronte a lui. I suoi occhi erano aperti, ma la bocca
taceva. Lo spirito della sua carne era stato portato in alto. Ma il suo re-
spiro era in lui perché vedeva una visione. E l’angelo che era stato inviato
perché potesse vedere non era di questo firmamento, né degli angeli
della gloria di questo mondo, ma era venuto dal settimo cielo. Tutto il
popolo lì presente, salvo il cerchio dei profeti, credette che Isaia fosse
stato tolto via. Ora la visione che egli vide non era di questo mondo,
ma del mondo che è nascosto a ogni carne. Isaia, dopo che ebbe visto
questa visione, la riportò ad Ezechia e a Yasub, suo figlio, e anche agli
altri profeti che erano venuti. Ma i principi, gli eunuchi, e il popolo non
ascoltarono salvo Schebna, lo scriba, Joachim e Asaf, il memorialista,
poiché essi erano operatori di giustizia, e il buon odore dello Spirito
era in loro. Ma il popolo non udì poiché Michea e Yasub, figli di Isaia,
l’avevano fatto uscire quando la saggezza di questo mondo gli era stata
tolta, come se fosse morto».
lenistici in Siria verso la fine del I secolo. Questo schema culturale sembra
funzionale e adatto a inserirsi bene in un preciso contesto e ad assumere
ruoli precisi in esso.
Nonostante le forti differenze rispetto al testo di Paolo di 2 Cor 12,1-
4 (ad esempio sette cieli e non tre, descrizione dei cieli ecc.) il fatto che
per l’Ascensione di Isaia il viaggio celeste avvenga senza il corpo ci dà qual-
che informazione in più per comprendere l’affermazione di Paolo.
58
Ch. W. Hedrick - P. Mirecki, The Gospel of the Savior. A New Ancient Gospel
(California Classical Library), Polebridge Press, Sonora, 1999. Sul Vangelo del Salvatore
cf S. Emmel, “The “Gospel of the Savior”: A New Witness to the Strasbourg Coptic
Gospel”, Bulletin de l’AELAC 12 (2000) 10-19; Id., “Unbekanntes Berliner Evangelium
= The Strasbourg Coptic Gospel: Prolegomena to a New Edition of the Strasbourg Frag-
ments”, in: H.-G. Bethge, S.-Emmel, K.L.King, and I. Schletterer (eds.), For the Chil-
dren, Perfect Instruction. Studies in Honor of Hans-Martin Schenke on the Occasion of the
Berliner Arbeitskreis für koptisch-gnostiche Schriften’s Thirtieh Year, Leiden-Boston, Brill,
2000, 353-374; Id., “The Recently Published Gospel of the Savior (“Unbekanntes Berli-
ner Evangelium”): Righting the Order of Pages and Events”, Harvard Theological Review
95, 2000, 45-72; Id., “Preliminary Reedition and Translation of the Gospel of the Savior:
New Light on the Strasbourg Coptic Gospel and the Stauros-Text from Nubia”, Apoc-
rypha 14 (2003) 9-53; Id., “Ein altes Evangelium der Apostel taucht in Fragmenten aus
Ägypten und Nubien auf ”, Zeitschrift für Antikes Christentum 9 (2005) 85-99. J.Frey,
“Leidenskampf und Himmelresise. Das Berliner Evangelienfragment (Papyrus Berolensis
22220) und die Gethsemane-Tradition”, BZ 46 (2002) 71-96; Ch. W. Hedrick, “Ca-
veat to a ‘Righted Order’ of the Gospel of the Savior”, HThR 96 (2003) 229-238; P.
Nagel, “Gespräche Jesu mit seinem Jüngern vor der Auferstehung” – Zur Herkunft
und Datierung des ‘Unbekannten Berliner Evangelium’, ZNW 94 (2003) 215-257; U.-K.
Plisch, Verborgene Worte Jesu – verworfene Evangelien. Apokryphe Schriften des frühen
Christentums, Berlin, 20022, 27-34; Id., “Zu einigen Einleitungsfragen Berliner Evange-
liums (UBE)”, Zeitschrift für Antikes Christentum 9 (2005) 64-84; H.-M. Schenke,
“Das sogenannte ‘Unbekannte Berliner Evangelium’ (UBE), Zeitschrift für Antikes Chri-
stentum 2 (1998), 27-34.
280 Testatina sinistra
Il brano descrive una esperienza che attraversa varie fasi: a) una tras-
formazione degli apostoli in corpi spirituali (33-35); b) una visione: «I
nostri occhi si aprirono in ogni direzione e il luogo fu svelato davanti a
noi» (36-39); c) una salita attraverso i cieli e attraverso le porte dei cieli
sorvegliate da angeli. «Vedemmo i cieli aprirsi l’uno dopo l’altro. I custodi
delle porte si misero in agitazione. Gli angeli si spaventarono e [si misero
in fuga …] pensando che sarebbero periti tutti quanti» (40-48); d) gli
apostoli vedono il salvatore che ha attraversato i cieli (49-51).
Sia che si tratti di una reinterpretazione della trasfigurazione (cfr.
Hedrick-Mirecki, 1999, 96) intesa come viaggio celeste, sia che si tratti
di una esperienza di viaggio celeste ottenuta dagli apostoli durante la vita
di Gesù, sia che si tratti di un insegnamento che il risorto trasmette at-
Testatina sinistra 281
traverso un viaggio celeste, sembra chiaro che per il Vangelo del Salvatore il
viaggio celeste è uno strumento conoscitivo ed (esperienziale) essenziale.
Quale sia la funzione e quale sia la necessità del viaggio celeste è problema
ulteriore.
Il Vangelo del Salvatore sembra aver sviluppato una soluzione al prob-
lema sistemico giovannista del come si ottenga la conoscenza soprannatu-
rale. In 113, 1-59 ritorna il viaggio celeste e anche in 122,61-64. Questo
ultimo brano offre probabilmente la spiegazione della funzione sistemica
del viaggio celeste nel Vangelo del Salvatore: «Io vi porterò al cielo con me
e vi insegnerò» (61-63). Si tratta di un viaggio del Soter insieme con i suoi
apostoli. E’ tramite questo viaggio che si ottiene la conoscenza della dot-
trina. Sembra che ci troviamo di fronte ad un gruppo che elabora le prop-
rie concezioni religiose non solo mediante tecniche esegetiche delle parole
del salvatore e della Sacra Scrittura ebraica in modo ispirato come avviene
in Giovanni59 ma anche attraverso l’esperienza e la ricerca dell’estasi.
59
Cf. l’analisi di Gv 2,22 in A. Destro - M. Pesce, “Il profetismo e la nascita di
una religione: il caso del Giovannismo”, in: G.Filoramo (a cura di), Carisma profetico,
fattore di innovazione religiosa, Brescia, Morcelliana, 2003, 87-106.
60
Cf V. Turner, Antropologia della performance, Bologna, Il Mulino, 1993.
282 Testatina sinistra
«Dapprima si era trovato immerso una profonda oscurità; poi levata una
preghiera, era rimasto a giacere a lungo, senza compendere chiaramente
se era sveglio o se stesse sognando. Tuttavia aveva provato la sensazione
che, nello stesso momento in cui si produceva un improvviso rumore, la
sua testa fosse colpita e le suture del cranio cedessero, lasciando l’anima
libera di uscire» (Plutarco, Il demone di Socrate, 22, 590c).
61
(cf A. I. Hallowell, “Ojibwa Ontology, Behavior, and World View”, in Den-
nis and Barbara Tedlock (eds), Teachings from the American Earth, New York, Li-
veright, 1975, 141-179.
1960 e G. Harvey, Shamanism: A Reader, London - New York, Routledge, 2003,
9-11.
Testatina sinistra 283
2. Il viaggio celeste è una pratica che sta alla base del costituirsi di un
gruppo, di una comunità o di una communitas nel senso di V.Turner?
I testi greco-latini esaminati sono opere letterarie, filosofiche o teo-
logico-religiose (Platone, Cicerone o Plutarco) in cui si esprimono visioni
e meditazioni complesse. Ciò sembra deporre a favore del fatto che i testi
riguardano esperienze di carattere eminentemente individuali ed intellet-
62
Qui il rinvio a B. Lincoln, Authority: Construction and Corrosion, Chicago,
University of Chicago Press, 1994 è obbligato ed essenziale (ma non possiamo qui di-
scuterne).
284 Testatina sinistra
63
Questo è valido anche, seppure con concezioni diverse, per Cicerone nel Sogno
di Scipione. La rivelazione ottenuta in sogno serve per introdurre Scipione nell’ambito di
quegli uomini dediti alla cura non solo della famiglia e degli amici, ma di tutta la res pu-
blica. Questi individui costituiscono lo strato più elevato e nobile della società. E’ chiaro
che l’ideale ciceroniano unisce insieme l’aspetto religioso individuale con quello politico
pubblico. E’ vero che l’ideale dell’uomo è andare in cielo dove finalmente l’anima sarà
libera dalla prigione del corpo, ma questo distacco non può esere scelto liberamente. È la
divinità che decide quando la liberazione deve avvenire. L’uomo deve nel frattempo de-
dicarsi alla virtù politica. È plausibile quindi che il “viaggio celeste” contribuisca a creare
uno strumento di inclusione nei processi della promozione civica (un rito di iniziazione
?) ma non dà luogo ad una aggregazione sociale stabile o permanente, nel senso di com-
munitas basata sulla condivisione sui legami di fraternità e parità fra aderenti.
Testatina sinistra 285
Supponiamo invece che il modello esplicativo sia quello per così dire
dei traffici culturali a vasto raggio (vedi lista dei “fattori comuni” appena
data) all’interno di una epoca estesa, da Cicerone (54 a.C), a Paolo (50-
55 d.C.), all’ Ascensione di Isaia (80-100 d.C.) fino a Luciano (160-165
d.C.) e al Vangelo del Salvatore (intorno al 200 o forse dopo), e di varie
aree culturali egeografiche (Roma, Grecia, Asia minore con Tarso, e poi
Antiochia di Siria e ancora altrove). In sostanza, spostando lo sguardo,
si possono trovare situazioni culturali simili che, pur non eliminando le
specificità e differenze, escludono però ogni tipo di linearità o di trasmis-
sione solo interna ad un’unica presunta “tradizione”.
Ipotizziamo che il “viaggio celeste” corrisponda ad uno schema reli-
gioso, ad una prassi religiosa diffusa in ampie aree dove diversi gruppi re-
interpretano a proprio modo un medesimo strumento religioso-culturale,
che “conserva” alcuni caratteri riconoscibili nella mutevolezza delle situ-
azioni e delle epoche.64
Il nostro modello di analisi parte dunque:
(a) dall’individuazione di un’esperienza psico-somatica che sta
all’inizio e permette il viaggio celeste e
(b) dal rapporto che questa esperienza ha con le formulazioni teoriche
con le quali viene rappresentata. L’esperienza viene compresa e trasmessa
infatti mediante concetti culturalmente accettati in una determinata situ-
azione culturale. Paolo, ad esempio, formula la sua esperienza mediante
la concezione del rapimento, del rapporto fuori del corpo - con il corpo,
la cosmologia dei tre cieli, le antichissime concezioni tradizionali del par-
adiso, il pattern di parole indicibili. Tutti elementi comprensibili dai suoi
destinatari Corinzi in base alla loro cultura ellenistico-romana.
(c) Ma ciò che varia da situazione a situazione è anche la funzione
dell’esperienza all’interno delle strutture relazionali in cui si colloca colui
che compie il viaggio celeste. A volte il viaggio ha funzione legittimante
all’interno di un gruppo, altre volte serve al singolo per essere certo di un
suo compito religioso, altre volte per convalidare una concezione filosofica
o una teodicea, altre volte per avvalorare un modello di comportamento
64
A.F.Segal ha sostenuto che è esistita «a mythical structure of katabasis and ana-
basis, which was shared by most cultures of their time. However, the mythical structure
was developed in specific ways according to individual cultural traditions» (Segal, “He-
avenly Ascent”, 1387).
286 Testatina sinistra
daic, and Early Christian Contexts, Lanham, MD, University Press of America, 1986, ad
esempio, ha proposto tutt’altro modello (a. Ascent as an Invasion of Heaven; b. Ascent to
Receive Revelation; c. Ascent to Immortal Heavenly Life; d. Ascent as a Foretaste of the
Heavenly World). Noi abbiamo sopra proposto una classificazione del fenomeno come
esperienza organizzata ritualmente. Anche altri schemi interpretativi sono stimolanti. Un
parallelo lontano è costituito dallo shamanesimo - un fenomeno tutt’altro che circoscritto
o unitario - che ci spinge ad ipotizzare altre circostanze. Lo shamanismo (cf. Harvey,
Shamanism) si caratterizza per il distacco di parte delle facoltà percettive dell’uomo dal
resto del corpo (estasi). Il viaggio altrove dello shamano è importantissimo. In base a tec-
Testatina sinistra 287
niche corporali induttive, si determinano le condizioni per un viaggio lontano dal corpo,
al quale poi comunque si tornerà. Il distacco permette quindi la dislocazione in regioni,
spesso celesti, da cui dipendono le sorti degli uomini. La performance è vistosa, enfatiz-
zata e corporalmente invasiva (malori, tremori, convulsioni, ecc). L’esperienza è mediata
da strumenti e da altri apparati espressivi (danze, canti, salti, lesioni, ecc). Lo shamano
è uno specialista, segue un maestro, spesso ha una predestinazione (che si rivela nel suo
corpo), è sottoposto ad un training. Il suo profilo può arricchirsi di molti altri caratteri.
Durante il viaggio, lo shamano entra in contatto con le forze (other-than-human-persons)
che dominano il mondo e ne ottiene protezione o riesce a sottometterle ai propri scopi.
Ottiene una conoscenza con la quale entra poi in relazione con i suoi. Tutti questi ele-
menti sono in parte paralleli a quelli del viaggio celeste, che abbiamo esaminato in alcuni
testi romani, greci e protocristiani. Ma tutto ciò non fa dello shamano (che fronteggia
il cosmo) un omologo del veggente che acquista conoscenza e del politico che si occupa
della res publica, se non in modo incompleto e indiretto. Ogni conclusione è provvisoria
e valutabile solo attraverso la comparazione precisa fra i casi.