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Introduzione -1

Introduzione

Definizioni

Per comprendere il campo di studio al quale ci avvicineremo


durante questo corso, bisogna prima definire, e cioè mettere i limiti, i
confini, ai termini che troviamo nel titolo del nostro corso.
Siamo chiamati a presentare e studiare la Direzione spirituale, il
discernimento e la mistagogia. Subito possiamo porci alcune domande,
prima di tutto quella sopra enunciata, e cioè, il significato di queste parole,
di queste espressioni: questo sarà il nostro primo obiettivo.
Dopo di che potremmo porci e cercare di rispondere alcune altre
domande: sono cose diverse? C’è un rapporto tra di loro? Non conviene
dare niente per scontato, soprattutto all’inizio dei nostri lavori, comunque
vediamo di dare una risposta alle nostre questioni.

1. LA DIREZIONE SPIRITUALE
Facciamo qui un elenco delle definizioni più importanti:

 “Scienza e arte di condurre le anime alla sua perfezione


secondo la sua vocazione personale”1.
 “L’aiuto dato da un uomo ad un altro perché possa vivere la
propria fede”2.
 “La direzione spirituale fa parte delle funzioni del pastore
nella chiesa […]. Si occupa dello sviluppo spirituale di quei
doni che non pochi ricevono ed è al servizio di coloro che
richiedono il suo aiuto per raggiungere una vita spirituale
più elevata”3.
 “Nell’insieme, l’accompagnamento è un aiuto pastorale
personale teso al processo di crescita cristiana”4.
 “La direzione spirituale è l’aiuto che un uomo dà ad altro,
tramite una comunicazione di fede, perché arrivi alla verità
piena, imparando a discernere la volontà di Dio nel

1
Dictionnaire di Spiritualitè, “Direction Spirituelle”, Beauchesne, Paris, col. 1174.
2
J. LAPLACE, La dirección de conciencia, Hechos y Dichos, Zaragoza 1967, 18.
3
L. M. MENDIZÁBAL, La direzione spirituale. Teoria e pratica, EDB, Bologna 1990, 7-9 (cf. PO 9).
4
J. SASTRE, El acompañamiento espiritual, San Pablo, Madrid 1993, 60.
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concreto quotidiano attraverso l’esercizio stesso del


discernimento”5.
 “Parliamo di direzione spirituale quando il credente, alla
ricerca delle plenitudine della vita cristiana, riceve un aiuto
spirituale che lo illumina, lo sostiene e lo guida nel
discernimento della volontà di Dio per raggiungere la
santità”6.
 “La direzione spirituale è un aiuto temporale e strumentale
che una persona offre a un’altra perché questa possa capire
l’agire di Dio in lei e rispondere a questo agire per riuscire
progressivamente verso l’unione con Dio nell’imitazione di
Cristo”7.

In vista di queste definizioni possiamo estrarre le nostre prime


conclusioni circa la direzione spirituale:

1. È definita da diversi angoli, cosicché alcune formulazioni


accentuano piuttosto il suo lato teologico-dogmatico (più
concettuale, dottrinale) mentre che altre la definiscono dal punto di
vista dell’esperienza spirituale del diretto oppure della funzione
pedagogica riguardante al direttore.

2. Dall’inizio ci accorgiamo dello stretto rapporto esistente tra


direzione spirituale e discernimento. Non sono la stessa cosa ma
il discernimento è (o sembra essere secondo queste definizioni)
una parte essenziale della direzione spirituale.

3. Il termine “strumentale” nell’ultima definizione fa sì pensare


alle risorse che la pedagogia, la psicologia ed altre scienze così
dette sociali possono offrire alla direzione spirituale. Tuttavia,
dall’inizio ricordiamo quest’affermazione di P. Benito Goya: “È
pertanto indubbio che la psicologia possa e debba occuparsi anche
della personalità del credente e dei suoi atteggiamenti, ma lo deve
fare nella coscienza più viva dei suoi limiti e della, almeno parziale
«impredittibilità» (impredecible) della globalità del mistero
umano”8. La SCRIS (ora CIVCSVA) pubblicava nel 1980 un
documento intitolato: La dimensione contemplativa della vita
religiosa. Nel n. 11 possiamo leggere: “Anche la direzione
spirituale, in senso stretto, merita di ritrovare il suo giusto ruolo nel
5
M. COSTA, Direzione spirituale e discernimento, AdP, Roma 42009, 54.
6
CH. A. BERNARD, L’aiuto spirituale personale, Rogate, Roma 1985, 23.
7
A. MANNENTI, Avvicinare la persona a Cristo: Vita Consacrata 31 (1995) 50.
8
B. GOYA, Psicologia e vita spirituale. Sinfonia a due mani, EDB, Bologna 2005, 24.
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processo di sviluppo spirituale e contemplativo delle persone. Essa


non potrà, infatti, essere sostituita da ritrovati psicopedagogici”.

4. Troviamo una definizione en la quale non si parla più di


“direzione” ma di “accompagnamento”. Altri perfino preferiscono
parlare di “dialogo pastorale”, “colloquio spirituale”,
“orientamento personale”.

2. IL DISCERNIMENTO SPIRITUALE
Discernere deriva dal greco “diakrísis” e dal latino
“discernere”. “Diakrísis – discernere” assume diversi
significati: separare, distinguere, selezionare, giudicare,
criticare, scegliere dopo aver fatto un‘accurata indagine,
passare al setaccio, percepire le cose con chiarezza,
riconoscere, penetrare, decidere, precisare con esattezza,
determinare, capire in profondità prima di prendere una
decisione. In latino, da distinguere deriva il sostantivo
“discretio” col significato di capacità di discernere e facoltà di
distinguere.
In italiano discernere significa: definire le cose nei loro limiti,
esaminare a fondo, interpretare adeguatamente… insomma
un’analisi critica della realtà per una sua oggettiva valutazione
e il conseguente impegno in scelte operative (cfr. G.
JEANGUENIN, Discernere: pensare e agire secondo Dio, San
Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, 15-16).
Simile ala parola greca “aletheia”, DESVELAR.

 “Il discernimento è un dono dello Spirito Santo che ci aiuta a


camminare verso Dio e a ricercare appassionatamente la sua
volontà”9.
 Edith Stein: “L’autentica discretio è soprannaturale; s’incontra
solo dove regna lo Spirito Santo, dove un’anima, consegnatasi
totalmente e libera di muoversi, sta attenta alla soave voce del
dolce Ospite e attende il suo soffio”10.
 “Il discernimento è uno strumento prezioso al servizio del
accompagnamento spirituale”11.
 Il discernimento consente capire l’azione di Dio nei soggetti
diventando così compito essenziale del direttore spirituale12.

9
G. JEANGUENIN, Discernere: pensare e agire secondo Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, 19 (è
la definizione di Ubaldo Terrinoni, ofm cap; cfr. nota).
10
E. STEIN, cita in ib., 18.
11
A. CRESPO, Discernimiento y acompañamiento espiritual, en: AA.VV., La formación espiritual de los
sacerdotes según Pastores Dabo Vobis, EDICE, Madrid 1995, 139.
12
Cfr. CIVCSVA, Direttive sulla formazione negli istituti religiosi, 63.
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 “Discernimento spirituale è il modo di poter scegliere tra le


diverse possibilità concrete e scoprire la volontà di Dio”13.
 Il discernimento è la capacità di scrutare i segni di Dio espressi nei
diversi livelli di realtà per cercare e trovare in tutto la sua volontà14.

Allora possiamo dunque affermare:

1. Il discernimento, dunque è anzitutto, opera dello Spirito Santo


nell’anima umana e consente di comprendere la volontà di Dio
sulla propria vita.

2. Essendo un dono soprannaturale non occorre, in linea di


massima, l’aiuto di un’altra persona per discernere sulle scelte
adeguate alla volontà di Dio.

3. Strumento prezioso, cioè, essenziale, della direzione spirituale,


il direttore deve possedere la capacità di discernere gli spiriti.

4. Il discernimento sveglia la persona perché possa comprendere


la realtà (occhi: comprendere TUTTA LA REALTÀ, bella
missione del discernimento) in un modo nuovo, poiché
manifestazione anch’essa del volere di Dio.

Possiamo vedere che il discernimento è un elemento essenziale in tutto


processo di accompagnamento spirituale, ma non si limita solo al discernere, a
volte la direzione o accompagnamento spirituale sarà semplicemente ascoltare o
parlare con la semplicità e la gratuità de la amicizia.

Il direttore è MEDIATORE, perché il principale direttore è sempre lo Spirito


Santo.

La definizione della direzione in Santa Teresa sarà disingannarsi (lasciare


l’inganno). Uscire di tutto inganno, che tante volte facciamo a noi stessi. Questo
è vicino alla visione di Sant’Ignazio, di eliminare gli affetti disordinati per
togliere tutti gli ostacoli per arrivare alla conoscenza della volontà di Dio.

3. MISTAGOGIA
13
P. P. ARRUPE, cita en: D. AGACINO, Discernimiento espiritual, CIS, Roma 1990, 24.
14
G. CUSSON, Obediencia y autoridad en el contexto del discernimiento espiritual, Secretariado de ejercicios,
Madrid 1978, 7.
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La definizione del termine “mistagogia”, nel contesto del nostro


campo di studio, è assai più complessa. Occorre quindi un discorso
alquanto più ampio che quello fatto per i termini precedenti.
Ora semplicemente ci limitiamo a presentare alcune premesse.

Il termine mistagogia affonda le radici nella parola greca


mystérion che a sua volta deriva dal verbo myéô che significa: insegnare
una dottrina, iniziare, guidare ai misteri; infatti erano chiamati
mystai coloro che venivano introdotti (= ago) nella comprensione piena
dei santi misteri della fede al termine del catecumenato e dopo aver
ricevuto i tre sacramenti di iniziazione: battesimo, confermazione,
eucaristia.
Dall'esperienza dei Padri e dalla tradizione liturgica emerge dunque
che «mistagogia» è:

 Una conoscenza-esperienza (saporire) sempre più profonda, piena,


fruttuosa del mistero pasquale e la sua traduzione nella pratica
della vita;
 Un attingere un nuovo senso della fede, della Chiesa, del mondo;
 Ciò è possibile per la confluenza di almeno due vie: la novità di una
catechesi che permette di chiarire l'intelligenza delle Scritture
mediante la meditazione della buona Parola di Dio e mediante una
più profonda comprensione dei riti e delle preghiere; la comunione
con lo Spirito Santo prodotta dai sacramenti ricevuti accresce
l'esperienza della vita sacramentale e comunitaria e permette di
scoprire quanto è buono il Signore.

Attraverso la spiegazione dei riti liturgici si cercava avvicinare ai misteri e


approfondire nei misteri già ricevuti.

Nel medioevo avevano due maniere di studiare il mistero di Dio rivelato in


Cristo: teologia scolastica e teologia mistica, con questo si parlava di una
conoscenza più academica, intellettuale, e una più esperienziale, e anche con
manifestazioni speciali. Mistica, significa un saporire, trovare il sapore, il
godere, di questi misteri.

Rahner, parla che i cristiani di questo tempo o è mistico o non sarà: in un


contesto non cristiano, addirittura, opposto al cristianesimo, è facile perdere la
fede se non è profonda, se non è mistica.
Il mistico è un mistagogo, perché sa che ha trovato un tesoro, è ha un grade
desiderio di condividere con gli altri questa grande perla che ha trovato… subito
vuole comunicarlo e fare festa.
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Il mistico soffre perché non trova come comunicare, non trova il linguaggio
adeguato, adatto, proporzionato, al mistero che è vissuto; per questo la
mistagogia diventa difficile, complicata, perché trovare la maniera di aiutare a
arrivare al mistero, sarà sempre una sfida.

Il buon mistagogo, non darà una ricetta tropo concreta, un camino rigido, perché
sa che ognuna persona è tanto diversa, ognuno è unico, e così il cammino di
ognuno è diverso; quando si fanno modelli non sono per limitare, ma per servire
come modelli (segnare un nord), è aiutare a capire il mondo interiore, ma questo
non si deve interpretare ne di forma lineale o come un camino obbligatorio per
tutti.
La mistagogia chiede per tanto un accompagnamento molto vicina.
È conoscenza non solo di concetti, ma di esperienza e di saporire (come dice
San Giovanni della croce).

Quando il termine mistica prende un significato più ampio per


nominare non soltanto i misteri della liturgia e ma l’esperienza di Dio e il
suo mistero in un modo più complessivo oltre alla vita sacramentale, il
termine mistagogia si arricchisce e potrebbe essere definito allora come:

 Lo studio del processo tramite il quale la persona è condotta dallo


Spirito a una partecipazione piena nel mistero di Dio, tale e
com’è possibile nella vita mortale.
 I modi di accompagnamento e discernimento per un corretto
svolgimento di questo processo, e cioè, l’aiuto umano all’opera
dello Spirito.

Direzione o accompagnamento spirituale?

La domanda scatta proprio della pressa in considerazione delle definizioni


sopra riportate.
Inoltre, la lettura di testi, manuali e articoli sulla nostra materia ci
permette lecitamente di porre la questione.
Dobbiamo premettere che il fatto della denominazione non tocca di solito
i contenuti dello studio sull’argomento. Detto questo, la questione si presenta
legata piuttosto a controverse di tipo “sociologico”.
Il cambio di denominazione è chiaramente legato alla crisi della figura
paterna compressa come direttiva. Parlando di questa crisi, ci dice Luis María
Mendizábal: “La crisi della direzione spirituale fa parte del fenomeno che
oggi si conosce come «crisi della paternità», cioè il rifiuto dell’idea di «padre»,
idea che dopo una rivoluzione radicale sta assumendo una nuova forma.
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Nel campo della direzione spirituale vi corrisponde l’idea che la chiesa


cerca di “imporsi” trattando i suoi fedeli come bambini. Essa non deve fare
come una maestra di scuola; gli uomini sono autosufficienti nell’interpretazione
del Vangelo”15.
Allora, non bisogna parlare più di “direzione”, “direttore” e nemmeno di
“padre spirituale”; al di più potremmo parlare di “accompagnamento” ma un
linguaggio ancora più adatto ai tempi parla semplicemente del fatto dell’incontro
tra i protagonisti come “dialogo” o “colloquio”.
Il direttore, senza dubbio, deve essere capace di accompagnare, occorre
quindi una sua conoscenza delle strade della vita spirituale. Diventare però un
semplice accompagnatore sembra un po’ poco. Il direttore di orchestra
accompagna i maestri nell’esecuzione delle opere ma non soltanto: e proprio lì
per dirigergli, per coordinargli.
Allo stesso modo, l’accompagnante spirituale deve assumere il ruolo di
direttore ma, allo stile della chiesa: “L’atteggiamento della chiesa non è un
paternalismo abusivo, che si arroga il privilegio di avere la miglior
preparazione per imporre uniformemente la propria interpretazione in un circolo
di lettori. Essa invece cerca soltanto di custodire con fedeltà il messaggio che le
è stato affidato, e di adempiere l’incarico di trasmetterlo con lealtà e umiltà”16.

L’uomo alla ricerca di significato

Elemento fondamentale della cultura umana è la domanda per il


significato della vita, espressa a sua volta in diverse questioni: c’è un piano da
compiere per ciascun uomo sulla terra? Dove e come trovare i segnali, la
bussola, la mappa che ci aiuti a percorrere la strada della vita in modo corretto?
Con la nascita della filosofia in Grecia, le grandi domande saranno
sistematizzate e ridotte a tre fondamentali, le quali esprimono alla perfezione
la questione del senso della vita: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove
andiamo?
Lungo la storia, uomini e donne hanno cercato in modo più approfondito
degli altri le risposte a queste domande forse perché il loro anelito d’infinito era
più forte, perché hanno fatto delle esperienze religiose intime o semplicemente
perché hanno riflettuto con più accuratezza del resto circa il senso della vita e le
vie per portarlo a compimento. In questo sono stati anche capaci di disegnare
percorsi filosofici o religiosi. Sono qui chiamati i maestri di sapienza.
Ancor oggi, l’uomo si domanda per la dimensione misteriosa della realtà
per cui continua a cercare queste persone, questi “cuori che ascoltano” per
riempire il desiderio dello spirito umano alla ricerca di un significato
nell’ambito della vita personale, ora e nell’aldilà.
15
L. M. MENDIZÁBAL, La direzione spirituale…, 11.
16
Ib.
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Riferendoci esclusivamente al fatto religioso e lasciando da parte le scuole


filosofiche, è facile individuare nel percorso della storia figure che rispondono al
bisogno umano di una guida per la scoperta del senso della vita –e quindi la via
per raggiungerlo-, non soltanto quello generico ma anche e anzitutto quello
personale: Che cosa fare? Quale strada prendere per riuscire a una vita
piena? In che modo condurre la propria vita? Come posso essere salvato?17.
Dallo sciamano o il mago nell’alba della cultura –ancora con un ruolo
importante in diverse società-, al sacerdote egiziano o il profeta ebraico queste
figure esistono in tutte le manifestazioni religiose umane e sono punto de
riferimento per cui desidera trovare risposte alle domande così dette sul fine
ultimo.
Ogni maestro, legato a una tradizione religiosa, proporrà un sentiero da
percorrere per raggiungere la propria meta e così vivere una vita piena di
significato. Facciamone un elenco sintetico:

L’Induismo propone un sentiero dell’identificazione con il Brahmano,


l’assoluto. La figura di riferimento è il Guru.

Il Buddismo propone un sentiero di liberazione. La figura di riferimento


è il Maestro (Lama, Bodishattva...).

Il Taoismo propone un sentiero dell’armonia che punta alla generosità a


imitazione del Tao. La figura di riferimento è lo Tzhû (Maestro)18.

Il Giudaismo propone un sentiero dell’Alleanza e della legge. Figure di


riferimento sono il Rabbino e anche il Shadiqq.

L’Islam propone un sentiero di sottomissione il quale impone dei forti


impegni morali, soprattutto nei confronti dei membri della propria
comunità religiosa. La figura di riferimento è L’Imam.

Se vogliamo rispondere alla domanda su quale sia il sentiero proposto


dal cristianesimo e quale allora la sua figura di riferimento, occorre rifletterne
un po’. Lo faremo con l’aiuto di un testo del Concilio Vaticano II:

Gaudium et Spes, 10: Gli interrogativi più profondi del genere umano.

In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano


con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È
proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si combattono a
17
Come vedremo, questa è la formulazione classica usata dai discepoli nelle domande ai loro Abba nei Detti dei
Padri del Deserto. D’altronde è quella che rivolgerà l’uomo ricco a Gesù (cfr. Mc 10,17).
18
Il Taoismo, tale e come fondato da Lao-Tzé (o Lao-Tzhû, e cioè il vecchio maestro) era piuttosto una dottrina
filosofica, trasformata col passare dei secoli in una religione nella quale il maestro viene identificato con il
sacerdote.
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vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi


i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue
aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte
attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle
altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non
vorrebbe e non fa quello che vorrebbe.
Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche
tante e così gravi discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è
impregnata di materialismo pratico, sono lungi dall'avere una chiara
percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non
hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la
loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro
proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena
liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo
sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi,
disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti,
stimando l'esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano
di darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione.
Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano
sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova
acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?
Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a
sussistere malgrado ogni progresso?
Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo?
Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa?
Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre
all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua
altissima vocazione; ne è dato in terra un altro Nome agli uomini,
mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare
nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia
umana.
Inoltre, la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà
immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è
sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.
Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di
tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il
mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai
principali problemi del nostro tempo.

Due conclusioni importanti scattano della lettura del testo:

 Il cristianesimo non propone un sentiero ma una persona:


Cristo Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza.
 La figura di riferimento non è il Maestro, il Direttore spirituale ma
lo Spirito Santo, guida nel Cammino cristiano.

Dalla direzione spirituale alla mistagogia tramite il discernimento


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Finendo dunque questa lezione introduttiva, possiamo affermare:

 La direzione spirituale è un compito essenziale nella vita della chiesa e


dei fedeli.
 Si comprende come accompagnamento a una persona per aiutarla nella
scoperta della volontà di Dio sulla sua vita e nella ricerca di metodi e
strategie per compierla. Accompagnamento però che richiede di una
capacità di direzione per mostrare al diretto, con umiltà e chiarezza, i
cammini dello Spirito.
 Lo Spirito Santo è il principale attore della direzione spirituale.
 Il discernimento diventa elemento prezioso nel percorso della direzione
spirituale.
 La direzione spirituale ideale dovrebbe diventare mistagogia, e cioè
insegnamento con parole e opere delle vie che ci portano a un vissuto
pieno del mistero di Dio rivelato in Cristo.
Detti di luce e amore (S. Giovanni della Croce).

5. Colui che vuole rimanere solo e senza l’appoggio di un


maestro e di una guida, sarà come l’albero solo e senza
padrone in mezzo alla campagna: per quanto abbondanti siano
i suoi frutti, non li porterà a maturazione, perché verranno colti
dai passanti.

6. L’albero coltivato, custodito e curato dal suo padrone dà i


suoi frutti al tempo sperato.

7. L’anima virtuosa, ma sola e senza un maestro, è come un


carbone acceso ma isolato; si spegnerà, anziché bruciare a
poco a poco.

8. Colui che cade da solo, solo rimane a terra. Tiene in poco


conto la sua anima, perché si fida solo di sé.

9. Se dunque non temi di cadere da solo, come pensi di rialzarti


da solo? Ricordati che due persone valgono più di una.

10. Chi cade sotto un peso, difficilmente si rialzerà con quel


peso addosso.

11. E chi cade perché cieco, non potrà rialzarsi da solo nella
sua cecità; anche se si rialzasse, si avvierà nella direzione
sbagliata.

41. Fai un patto con la tua ragione di compiere quanto ella ti


dice nel cammino di Dio: ciò presso di Lui ti varrà più di tutte
le opere che fai senza tale riflessione e di tutti i gusti spirituali
che tu desideri.
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43. Chi agisce secondo la ragione è come colui che si nutre di


cibi sostanziosi; chi invece si muove dietro al gusto della
volontà è come chi si nutre di frutta fradicia.

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