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Manuel Vaquero Piñeiro

Francesca Giommi

Due imprese
una storia
in Umbria

Mignini
&
Petrini
Manuel Vaquero Piñeiro
Francesca Giommi
Sommario

7 Introduzione

19 L’industria mangimistica, spia dei tempi moderni


© 2019 Mignini&Petrini

© 2019 Fabrizio Fabbri Editore


Fabrizio Fabbri srl
37 Macchine e nuove architetture industriali
ISBN 978-88-6778-140-9

63 Bastia Umbra: città industriale


Referenze fotografiche
Archivio centrale dello Stato
Archivio di Stato di Perugia, Assisi
Archivio di Stato di Perugia
Archivio comunale, Bastia Umbra
75 La Petrini: una fabbrica “identitaria”
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini
Archivio Passarelli, Roma
Isuc, Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea, Perugia
Università degli Studi di Perugia 103 Petrignano: borgo rurale sul Chiascio
Francesca Giommi
Enrico Lorea
Franco Pastorelli
Egeo Siena 113 La Mignini: l’industrializzazione della campagna di Assisi

Progetto grafico, impaginazione


Maria Maddalena Merlini
Studio Fabbri, Perugia 137 Pubblicità e marchi, l’anima del commercio

Stampa
Graphic Masters, Perugia
dicembre 2019 159 Apparati
I
Introduzione

uesto libro nasce dalla mo-


stra organizzata a Bastia Umbra tra i mesi di apri-
le e maggio del 2015, Due imprese. Una storia.
Mignini&Petrini. Duecento anni di alimentazione nel
cuore verde d’Italia. Adesso come allora abbiamo
scelto di affidarci agli edifici industriali quali guida dei
processi socio-economici presenti nelle dinamiche
evolutive di un ampio comprensorio territoriale nel
cuore dell’Umbria1. I territori configurati dai profili e
dai volumi dalle emergenze architettoniche, da te-
nere ben distinti dagli ambienti naturali, nel corso del
tempo sono diventati fondamentali nel riempiere di
contenuti soggettivi l’esistenza delle persone e del-
le comunità. Difficile immaginare l’esistenza di ter-
ritori organizzati dall’uomo senza la presenza degli
edifici i quali di fatto fungono da permanente punto
focale. Ce lo ricorda Daniel Defoe il quale, nelle sue
intramontabili avventure di Robison Crusoe, affida al
naufrago, appena arrivano sull’isola deserta, la rea-
lizzazione di un paesaggio umano2 attraverso la co-
struzione di una casa fornita da una serie di strutture

7
di servizio come quelle per la conduzione dell’acqua nalizzazione della divisione del lavoro, al consumo ce passato, si corre il rischio di incorrere in un vuoto costruzione9. Per secoli l’uso di materiale deperibile
potabile. Perciò poco importa se l’ubicazione degli smisurato delle fonti di energia, alla perdita di un im- esercizio rievocativo, ma quando la cura delle traiet- come il legno, la pietra o i mattoni ha favorito che una
edifici corrisponda a un contesto urbano o rurale menso patrimonio di saperi e competenze. E l’elen- torie compiute viene arricchita da significati che van- grande parte degli edifici abbandonati fosse prede-
poiché e al di là di una distinzione nominale ormai co potrebbe essere ancora più dettagliato e lungo a no ben oltre la semplice nostalgia, allora essa può stinata alla scomparsa. Tutto ciò, dopo la seconda
piena di sfumature, ciò che conta è richiamare il ruo- conferma che agli inizi del terzo millennio, nel voler trasformarsi in un efficace strumento di rilancio e di metà dell’Ottocento, andò incontro a una radicale
lo che gli edifici hanno giocato nel plasmare la forma descrivere in maniera a volte troppo frettolosa una riempimento dei vuoti. In questa direzione, “il fatto mutazione con l’introduzione del cemento e dell’ac-
e le soggettività socio-culturali dei “luoghi” (persone società post-industriale lontana dalle liturgie e sacra- stesso che ci troviamo a vivere in un presente sen- ciaio, materiali i quali se da un lato permisero final-
incluse)3. Molto di più se, al concludersi il primo ven- lità tipiche della cultura operaia del secolo scorso, za vie d’uscita, obbliga a ripensare alle esperienze mente di conferire agli edifici la desiderata resistenza
tennio del XXI secolo, l’attenzione la rivolgiamo alle spesso si tende a dimenticare il peso di un retroter- che ci hanno preceduto, se non altro perché in esse e durabilità nel tempo, dall’altra però decretarono la
fabbriche che hanno contribuito a forgiare un senso ra immateriale di esperienze depositate da quando continuano a fondarsi i caratteri della nostra identità costruzione di “cattedrali” a rischio di diventare delle
di appartenenza, di comunità. Tutto ciò da collocare le campagne e le città cominciarono a riempirsi di e a sperare di trovare soluzioni ai problemi da cui vere e proprie carcasse. Croce e delizia del calce-
in un periodo in cui lo stesso concetto di “fabbrica” grandi e rumorosi edifici pieni di macchine e di lavo- stentiamo a uscire”7. struzzo armato. In concreto sugli strumenti a dispo-
appare offuscato dalle pulsazioni di una società mol- ratori e lavoratrici occupati giorno e notte. La contemporaneità ci sta abituando a vivere sizione per intervenire nel caso degli “abbandoni” si
to meno incline a conferire agli ambienti di lavoro una Nel frattempo molte cose sono cambiate4 e a tra un numero incredibilmente diffuso di “abbando- è accumulato un enorme ritardo non soltanto per-
valenza identitaria. fatica si tracciano i fili che collegano le prime ma- ni”8, ora sono vecchie aree industriali e commerciali, ché gli edifici dismessi sollevano complesse pro-
Alla luce di quanto accaduto nel corso di una nifestazioni dell’industrializzazione e le attuali forme ora piccole officine artigianali, ora opere pubbliche blematiche dal punto di vista giuridico-patrimoniale,
lunga storia costellata da conflitti, scontri e dure di- di occupazione5, per lo meno nei paesi europei ove inconcluse, ora interi quartieri disabitati per non par- ma perché le amministrazioni coinvolte, soprattutto
spute, in molte circostanze le dinamiche collegate le catene produttive più inquinanti e costose sono lare poi dei paesi colpiti dagli eventi naturali cata- quelle locali, sovente si trovano in evidente difficoltà
alla nascita di esperienze industriali hanno penetrato state delocalizzate in altri angoli del mondo senza strofici. Perdite disseminate un po’ ovunque nelle nell’affrontare in termini di costi e di capacità proget-
in profondità nell’anima delle persone fino a concor- però rinunciare ai settori ad alto tasso di tecnologia montagne, nelle pianure, nelle periferie delle città, tuale i numerosi “vuoti funzionali” che continuano,
rere all’attribuzione di nomi alle cose, all’invenzione e di valore aggiunto. Fatta questa debita premessa, nel cuore dei centri storici, nei piccoli borghi. Una in qualunque caso, a rappresentare altrettanti “pieni
delle cose, alla loro disposizione nello spazio e il loro se da un lato è vero che la globalizzazione uscita strage! Goccia a goccia la società contemporanea spaziali”. Gli edifici abbandonati finiscono per essere
uso. La società formatasi nel corso di due secoli di dal crollo del muro di Berlino e collasso dell’Unione ha visto la creazione di uno specifico paesaggio percepiti come dei semplici ingombri che occupano
piena industrializzazione è molto più pervasiva di Sovietica ha innescato una radicale ridefinizione de- costellato da edifici rimasti vuoti, testimoni muti di senza produrre.
quello che inizialmente si potrebbe immaginare. Ha gli assetti socio-economici interni e esterni, dall’altro funzioni scomparse. “Abbandoni” che in Italia appa- Ma queste introduttive riflessioni, vanno collo-
favorito la nascita e la diffusione di oggetti in serie, di ha contribuito, per converso, a che le comunità più iono di difficile, per non dire d’impossibile recupero cate in un preciso contesto ove le tendenze inne-
linguaggi, di strumenti comunicativi, di pratiche quo- duramente colpite dalla chiusura di consolidate realtà in presenza di tendenze negative come quelle della scate dalla “globalizzazione” spingono, come effetto
tidiane, di vere e persino di proprie ritualità. Ce ne industriali sentano oggi la necessità di avviare pro- popolazione, delle attività produttive, della disponi- di segno contrario, verso la configurazione di ten-
rendiamo conto adesso riflettendo sui tanti alti cami- cessi rivolti al recupero e alla salvaguardia della me- bilità delle risorse finanziarie. Si assiste, dunque, alla sioni sociali intorno alla riscoperta dei “luoghi” di ri-
ni ormai spenti per sempre quando no direttamente moria6. Dopo la chiusura degli stabilimenti, si apre formazione di un paesaggio pieno di “silenzi” de- ferimento. I “territori” diventano in questo modo lo
demoliti!. Si pensi, va da sé anche in chiave nega- il tempo del ricordo. Di certo non si può tornare in stinati, in molti casi, a durare nel tempo per effetto strumento mediante il quale contrapporsi alla deper-
tiva, al peso assegnato alla pubblicità, all’imperso- dietro, a ciò che si è perso. Anzi invocando il sempli- dell’impiego del cemento armato come materiale da sonalizzazione imposta dai grandi e uniformi scena-

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ri del villaggio globale. Invece le piccole patrie, da tà geografica, il nostro oggetto di analisi costituisce
costruire e da delimitare, fungono da specchio delle una chiara e concreta evidenza delle implicazioni di
persone: mentalmente, soggettivamente, è genera- quanto appena detto in merito alle plurime valenze
lizzato il desiderio di muoversi in ambiti sociali certi, soggiacenti al rapporto che intercorre tra città ed
riconoscibili, misurabili che offrono e trasmettono edifici industriali, tra territori e spazi produttivi, tra
l’idea della sicurezza e dell’appartenenza. In que- impianti abbandonati e spinte sociali per la tutela
sto scenario che ammette una pluralità di letture, e/o recupero. Affidandoci a un variegato percorso
gli edifici industriali (abbandonati o in piena attività) di riflessione onde cogliere le implicazioni di una vi-
creano dei legami affettivi, silenziosi, impercettibili. cenda collettiva, la nostra è una storia duplice che
Finiscono per trasmettere il senso e la dignità del finisce per intrecciarsi in un’unica esperienza d’im-
lavoro delle persone. Non a caso le fabbriche ab- presa, la Mignini&Petrini. Due nomi, due esperien-
bandonate, seppur vuote, racchiudono la loro forza ze, che offrono l’opportunità di osservare la scia la-
espressiva di essere emergenze materiali concrete sciata dalla progressiva trasformazione di un ampio
capaci di tenere in vita i ricordi e le quotidiane ri- comprensorio territoriale. Qui non si vuole presenta-
flessione. Una fabbrica non è mai oggettiva! I loro re tanto l’evoluzione di due traiettorie familiari quan-
ambienti ieri pieni di voci e di persone adesso si to di spostare l’attenzione sui messaggi da cogliere
riempiono di altri significati fino a diventare dei veri e nella materialità degli edifici (attivi o dismessi) che
propri punti di osservazione dai quali cogliere il sen- ci indicano la direzione dei cambiamenti accaduti.
so e la direzione del tempo che scorre10. Tutto ciò Va detto, inoltre, che con la nascita agli inizi del XXI
ci permette di capire la profondità delle tante impal- secolo del gruppo Mignini&Petrini si compie di fatto
cature storico-emotive che conferiscono valore alle la fusione di due esperienze di sviluppo industriale.
fabbriche in una duplice direzione, ciò che è stato Se la traiettoria della Petrini invita a interrogarsi sui
e ciò che è attualmente. Perciò e in controtenden- processi che consentirono a molte realtà manifattu-
za rispetto alla tanto evocata società “liquida”11, si riere familiari nate e cresciute lungo l’Ottocento di
assiste alla proliferazione di iniziative, associazioni, diventare delle consolidate realtà industriali durante
progetti, movimenti cittadini tesi al recupero e alla il XX secolo, la Mignini di Petrignano è il risultato,
valorizzazione dei monumenti-traccia per sostenere invece, di un intervento pianificato dall’alto avente
una memoria collettiva elevata al rango di bene co- oggetto lo sviluppo socio-economico di un’ampia
mune, di patrimonio. area dell’Umbria. In altri termini attraverso la storia
In questo caso, seguendo le variabili che inte- della Petrini e della Mignini si definiscono due per-
grano le storie delle comunità, si arriva al tema che corsi industriali diversi ma, a posteriori, convergenti
più direttamente ci interessa. Pur nella sua specifici- nel dar vita a un unico soggetto imprenditoriale.

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Provenienti entrambe le famiglie dagli am- un semplice contenitore geografico per divenire una
bienti della piccola borghesia commerciale cresciu- categoria storico-relazionale dove società, tradizioni,
ta sull’onda espansiva dell’Italia liberale, nel corso appartenenze e coscienza collettiva giocano un ruo-
dell’Ottocento i Petrini e i Mignini hanno disegnato lo fondamentale per lo sviluppo economico di tutte
dei percorsi similari passando dal commercio alla le componenti12. Esemplificativa da questo punto di
molitura per poi approdare alla fabbricazione di pa- vista la esperienza vissuta dalla Petrini di Bastia, for-
ste e per ultimo in pieno XX secolo specializzarsi nei matasi negli ultimi anni dell’Ottocento e cresciuta in
mangimi composti per l’alimentazione zootecnica. altezza e in superficie lungo tutto il XX secolo. Con la
Anche i quadri geografici di riferimento presentano Petrini e la piena identificazione tra fabbrica e nucleo
numerosi punti di contatto soprattutto in ragione cittadino ci troviamo di fronte a un caso da manuale
della lunga dipendenza della forza energetica fornita ove le attività manifatturiere hanno portato con sé
dall’acqua dei fiumi. I Mignini insediatisi a Ponte San la formazione di una vera e propria città industriale.
Giovanni (Perugia) sulla sponda destra del Tevere e Di fatto per un lungo tratto della seconda metà del
i Petrini a Bastia Umbra su un canale di derivazio- Novecento, Bastia Umbra ha occupato la seconda
ne del Chiascio. Ne emerge, così, uno dei tratti ca- posizione, dietro Terni, per tasso di industrializza-
ratteristici dell’Umbria, quello di essere una regione zione e oggi, nonostante il quadro di riferimento sia
solcata da numerosi corsi d’acqua che nel tempo mutato, continua ancora a essere un posto di indub-
hanno favorito la moltiplicazione di impianti molitori. bia rilevanza nella geografia industriale dell’Umbria.
Mulini idraulici inizialmente azionati dal movi- Bastia, seguendo le vicende della sua fabbrica più
mento delle ruote mosse dallo scorrere permanen- simbolica, rappresenta una realtà attraverso la qua-
te delle acque, divengono con la meccanizzazione le leggere in controluce le trasformazioni conosciute
ottocentesca nuclei di importanti realtà industriali. È dall’Umbria a partire dalla seconda metà del XX se-
una storia molto italiana. Da questo punto vista, a ul- colo, soprattutto nella fase storica in cui la liquidazio-
teriore dimostrazione che si tratta di fissare le tappe ne della mezzadria schiudeva le porte a una veloce e
salienti di un’articolata realtà, appare evidente che a tratti squilibrata crescita dell’occupazione nel com-
parlare di localizzazione di attività industriali implica parto industriale. Quasi in contemporanea e senza
porsi il problema di perché un’impresa si localizza in soluzione di continuità, una consolidata struttura
un’area e non in un’altra e perché alcune imprese si economica agricola fu rimpiazzata dal lavoro in fab-
radicano in un luogo mentre altre migrano nel cor- brica, sicuro e meglio retribuito. Seguendo i ritmi di
so del tempo. Oggi si riserva grande attenzione alla una domanda alimentare in crescita, negli anni Cin-
dimensione spaziale della localizzazione industriale quanta-Sessanta si venne a creare quella simbiosi
dal momento in cui lo spazio ha lasciato di essere tra fabbrica e città che per molti costituisce una me-

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moria da coltivare con attenzione, per non perdere completamente perfette dal punto di vista tecnico, soltanto si è dimostrato un efficace corridoio tra l’al-
il ricordo di quando la sirena segnava il cambio dei abbiamo scelto di privilegiare la dimensione di es- ta collina e la pianura, allo stesso tempo ha contri-
turni e allo stesso tempo dettava i tempi dell’intera sere testimonianza diretta di luoghi e mezzi di lavoro buito a imprimere al territorio un carattere dinamico
comunità. Decenni, calendario alla mano, non trop- ormai scomparsi. determinate nello sviluppo di attività economiche, di
po lontani seppur spazzati via dai radicali stravolgi- In ogni caso e sebbene da un punto di vista insediamenti, di importanti opere di architettura. In
menti economici accaduti sul finire del XX secolo. iconico gli imponenti silos di Bastia continuano a tempi più recenti, ugualmente va richiamato l’inter-
Pur offrendo un’impostazione molto parziale, il libro ricordare la modernità raggiunta dall’Italia, come si vento unificante dell’architetto Dino Lilli (1898-1971).
si propone di essere un contributo alla costruzione di diceva poc’anzi, la nostra è una storia da percorrere Progettistica particolarmente attivo nel settore della
una memoria condivisa che colloca al centro un pa- seguendo due linee parallele. Una invita a riflettere costruzione di edifici industriali13, si deve a lui la ricer-
trimonio di manufatti architettonici ma anche di tra- sui cambiamenti accaduti in un centro urbano che ca di soluzioni architettoniche da rendere compatibili
sformazioni dello spazio urbano e di edifici destinati oggi si trova a doversi confrontare con la testimo- con le esigenze imposte da processi produttivi legati
ad accogliere le macchine e le linee di produzione nianza imposta da una serie di imponenti edifici, l’al- alla manipolazione e stoccaggio di grandi quantitativi
di beni di largo consumo, come la pasta, finalmente
alla portata dei redditi degli italiani. Aspetti richiamati
tra strada da invocare è quella, altrettanto piena di
valori e significati, dei processi economici che hanno MIGNINI PETRINI di materie prime e di prodotti elaborati. Le soluzioni
proposte da Dino Lillo tanto a Bastia Umbra come a
in questo libro adoperando una serie di capitoli che condotto all’industrializzazione della campagna um- Petrignano costituiscono, nel complesso dell’opera,
mettono in evidenza, con il contributo di un ricco bra. In questo secondo caso lo scenario è la piana di un punto di indubbio valore in quanto attraverso i
apparato di testimonianze documentarie e fotogra- Petrignano organizzata fino agli anni Cinquanta del suoi numerosi disegni sarà possibile verificare non
fiche, l’armonia delle macchine, della pubblicità, dei Novecento in funzione di un uso prettamente agri- soltanto l’interrelazione esistente tra forma e strut-
marchi di fabbrica, del dialogo tra spazi urbani e ru- colo. Poi nel 1957 arrivò il piano straordinario di svi- tura ma anche il ruolo assegnato alle macchine in
rali. Perciò va richiamato il valore storico-culturale del luppo di Assisi e i campi ricoperti da seminativi-per- quanto generatrici di spazi sociali. Non a caso uno
materiale conservato presso l’archivio storico Migni- golati furono rimpiazzati dai complessi industriali, a dei tratti comuni è la costruzione di possenti e per-
ni&Petrini, gentilmente messo a disposizione. Non si cominciare dallo stabilimento mangimistico della so- sino colorati silos in calcestruzzo e cemento armato
tratta soltanto di un ampio repertorio di fascicoli e di cietà Mignini. L’industria occupò lo spazio della civil- i quali, come le alte torri delle cattedrali gotiche (per
incartamenti contenenti, tra l’altro, la pregevole serie tà contadina e nella pianura tra il Subasio e il Tevere rimanere sul terreno della metafora), hanno finito per
di planimetrie degli stabilimenti inseriti nel volume ma si costituì quasi di fatto un distretto industriale che delineare il profilo della pianura ai piedi del Subasio.
anche uno svariato campionario di pubblicazioni a aveva, come dimostra l’addensarsi di esperienze Molto di più se si considera che agli impianti indu-
carattere pubblicitario e commerciale. In molti casi industriali, proprio nel settore mangimistico uno dei striali di Bastia e di Petrignano vanno aggiunti quelli
si tratta di semplici dépliant e opuscoli promozionali suoi punti di forza. Non a caso tra le due esperienze altrettanto imponenti e significativi dal punto di vi-
che hanno offerto però la possibilità di reperire un (Bastia Umbra e Petrignano) si possono individuare sta dell’architettura industriale dello stabilimento dei
abbondante numero di fotografie sulla realtà mate- diverse significative e simboliche connessioni. An- concimi chimici di Santa Maria degli Angeli14. In que-
riale degli stabilimenti nel corso del tempo. In alcuni zitutto non sfugge il ruolo unificante da assegnare sto modo, lungo il XX secolo e seguendo le differenti
casi e pur in presenza di risoluzioni fotografiche non al fiume Chiascio il quale nel corso del tempo non onde di industrializzazione si è venuto a configurare

14 15
un interessante triangolo tra Bastia, Petrignano e sigli. Il personale della Mignini&Petrini, in particolare
Santa Maria degli Angeli particolarmente significativo Enzo Barite e Luca Alessandretti per la disponibilità
non soltanto per le forme e i linguaggi architettonici nel rendere possibile l’accesso agli archivi e agli im-
trasferiti agli impianti industriali ma per le industrie pianti. Franco Pastorelli del Comune di Bastia per
che più direttamente hanno simboleggiato la moder- averci consesso la possibilità di utilizzare la sua bella
nizzazione dell’agricoltura italiana. Infatti risulta alta- fotografia area di Bastia. Paolo Belardi per i preziosi
mente eloquente che a pochi chilometri di distanza suggerimenti intorno alla figura di Dino Lilli. Monica
si siano concentrati due stabilimenti, uno di concimi Falcinelli e la Proloco di Bastia. Antonello Baldoni per
chimici e l’altro di mangimi industriali. Aspetti rilevanti i suoi buoni consigli nel reperimento del materiale di
che contribuiscono a leggere la centralità economica archivio. A Romolo Cesareti e Enrico Lorea per l’ab-
del nostro ambito territoriale di riferimento. bondante e originale materiale fotografico messo a
Nel ribadire che esulava da questo lavoro l’in- disposizione. Il personale dell’archivio di Assisi per
tento di fare una storia di impresa mettendo in evi- la disponibilità dimostrata. Per ultimo ma non meno
denza le fasi e le figure principali, dall’impostazione importante a Fabrizio Fabbri e Maria Maddalena
di partenza la volontà era quella di invitare a spostare Merlini per la loro professionalità e la cura dimostra
lo sguardo verso le parti edificate che compongono durante la delicata fase di pubblicazione.
o hanno composto la storia materiale dei luoghi. Far
parlare direttamente gli edifici. Ovviamente dietro gli
edifici costruiti, le macchine e i prodotti ci sono gli
uomini e le donne, forse da riprendere in ulteriori la-
vori. Per il momento lo sforzo voleva avere come tra-
guardo principale quello di tramandare un affresco 1
Crivelli 2019.
collettivo, composto da tante singole storie. 2
Gambi 1973.
3
Magnaghi 2000.
4
Heilborner 1992.
Arrivati a questo punto non rimane che ricor- 5
De Masi 2015.
dare le persone grazie alle quali è stato possibile af- 6
Teti 2018.
frontare la realizzazione di questo libro. Anzitutto un
7
Lupo 2019.
8
Augé 2004.
ringraziamento a Mario Mignini per la fiducia e per 9
Turri 1998.
averci concesso l’opportunità di raccontare una sto- 10
Lynch 1977.
ria così ricca di sfumature. Andrea Bonucci e Paride
11
Bauman 2011.
12
Cersosimo 2018.
Fontanella per il continuo confronto e la generosa 13
Blasi 2011.
collaborazione. Ennio Passero per i suoi iniziali con- 14
Modica, Santarella 2014.

16
1
L’industria
mangimistica,
spia
dei tempi
Capitolo moderni
el suo trattato sui foraggi e
alimenti per animali1, Telesforo Bonadonna offre sul
finire degli anni Quaranta del Novecento un detta-
gliato panorama delle alternative possedute dagli
agricoltori e dagli allevatori. Già dall’indice appare
chiara la sistematica classificazione delle soluzioni a
disposizione. Parlando delle sostanze da destinare
all’allevamento degli animali, Bonadonna presenta
in primo luogo le proprietà dei tradizionali pascoli
naturali, sia di pianura sia di montagna. In partico-
lare, l’attenzione dell’autore si sofferma sulla bontà
dell’alpeggio scelta ampiamente praticata nella pe-
nisola la quale non doveva, però, far dimenticare i
pascoli delle aziende agricole di pianura. Due mon-
di, quello delle aziende zootecniche di fondovalle
e quello dell’allevamento di montagna, chiamati a
dialogare e a fondersi come da secoli attestava la
transumanza bovina e ovina lungo le vallate alpine o
i tratturi meridionali. I prati, naturali e artificiali, ven-
gono attentamente analizzati nel volume Foraggi e
mangimi a dimostrazione che la zootecnia italiana

19
nella prima metà del Novecento continuava ad esse- Ma andando per ordine e prima di arrivare a
re strettamente legata all’economia del pascolo2. Da presentare i panelli oleosi, Bonadonna descrive i
qui, rimanendo fedeli all’impostazione del volume, si mangimi per animali derivanti dall’industria, in parti-
imponeva la necessità di conoscere le caratteristiche colare quelli tratti dai residui della lavorazione mec-
e le proprietà nutritive delle erbe e delle piante, com- canica dei cereali, delle leguminose o delle barba-
prese le radici, i tuberi e i frutti del bosco. bietole da zucchero9. In questo modo la nascente
A questo punto e volendo definire meglio il industria mangimistica italiana si incrocia con quella
contesto in cui vanno inserite le seguenti riflessio- molto più consolidata della macinazione. Se l’impie-
ni3, si deve ricordare come negli anni Ottanta del go delle patate, dei cascami del granoturco, delle
XIX secolo, all’epoca dell’inchiesta agraria Jacini4, la sanse, delle vinacce, dei farinacci e di altri sottopro-
questione dei foraggi si trovava all’inizio di un cam- dotti rappresentava una consolidata realtà nel dibat-
biamento ancora d’avvenire5. Se lasciamo da parte tito specialistico10, nel passaggio dal XIX al XX secolo
la pianura irrigua padana ove da secoli le pratiche il panorama dell’alimentazione animale divenne più
colturali avevano consentito di avere a disposizione ricco di alternative con l’arrivo dei panelli oleosi.
un’abbondante offerta foraggera con cui sostenere
lo sviluppo di un solido comparto lattiero-caseario,
in molti altri luoghi della penisola l’allevamento del I panelli oleosi
bestiame dipendeva esclusivamente dai prati e pa-
scoli naturali6, senza, neppure, precludere il ricorso I panelli oleosi ottenuti per pressione, si pre-
sistematico alle foglie degli alberi. In considerazione sentavano sotto forma di piastre circolari, quadra-
di un quadro di partenza piuttosto critico e dominato te o rettangolari, e contenevano in media il 10% del
da modifiche estremamente lente, va evidenziato, in grasso totale. Dal punto di vista alimentare erano
ogni caso, che sul finire del XIX secolo aumentò il mangimi ricchi di proteine e lipidi. Nonostante agli
numero di trattati e opere (anche a carattere divul- inizi del XX secolo si trattasse di una realtà appe-
gativo) sull’alimentazione “razionale” degli animali7. na incipiente, già risultava consolidata l’idea che in
Complessivamente i titoli disponibili costituiscono un agricoltura il commercio di mangimi industriali per
passo in avanti, un tentativo di raccogliere le cono- bestiame poteva raggiungere l’importanza di quello
scenze disponibili, combinando la tradizione anco- dei concimi chimici11. Nulla di anomalo dunque affer-
ra predominante con le novità che, pur in maniera mare che in Italia, pur in presenza di autorevoli linee
Trattati sulla mangimistica, abbastanza puntuale, cominciavano a manifestarsi di credito, le certezze sull’impiego dei panelli erano
Biblioteca del dipartimento di Scienze agrarie,
anche in Italia, come attesta l’interesse per i panelli ancora poche, limitate agli ambienti agronomici più
alimentari ed ambientali “Mario Marte”,
Università degli Studi di Perugia. di semi oleosi8. aperti alle novità provenienti dall’estero. Si parlava in

20 21
Deposito di panelli, magazzini centrali
del Consorzio agrario di Cremona,
Federazione italiana, 1954, p. 62.

termini piuttosto generici dei benefici originati dalla ad affermare che la moderna industria mangimisti- maniera decisiva a un notevole aumento dei loro ri-
nuova serie di mangimi dal momento in cui, attraver- ca sia il risultato dell’evoluzione in chiave industriale spettivi patrimoni zootecnici. Invece, rispetto a quan-
so una migliore alimentazione del bestiame, appari- del ricorso e utilizzo dei sottoprodotti della molitura. to si verificava nei paesi atlantici, la diffusione dei pa-
va realistico aspettarsi un significativo aumento della Infatti per lungo tempo l’industria mangimistica ha nelli oleosi nei paesi mediterranei non fu così veloce.
quantità e qualità dei fertilizzanti organici. Va da sé permesso il recupero degli scarti dei mulini di grano Nel congresso dei scienziati italiani tenutosi a Napoli
che in una prima fase, il consumo dei mangimi artifi- e di olio12 senza dimenticare l’impiego sistematico nel 1845 i panelli oleosi furono motivo di discussione
ciali, come i panelli, veniva associato alla necessità di dei residui generati dalla fabbricazione di formaggio. come concime dei terreni13. Soltanto in subordine e
aumentare il volume di concime a disposizione degli Detto ciò e a prescindere dal fatto indiscutibile che la in maniera residuale venne considerata la possibilità
agricoltori. mangimistica abbia nei mulini e nei caseifici un suo di utilizzarli nell’alimentazione del bestiame. Persino
Entrando adesso nel merito dei cosiddetti punto di partenza, con l’arrivo dei panelli oleosi nel- nella Lombardia, l’alimento del bestiame, pur in un
mangimi artificiali, nei primi decenni del Novecento la seconda metà dell’Ottocento in realtà si venne a contesto di crescente modernizzazione agronomi-
l’offerta appariva saldamente dominata dai panelli creare però un doppio percorso perché se da un lato ca, rimase per quasi tutto l’Ottocento subordinato
o “panelle” di semi oleosi, in particolare i cosiddetti proseguì la tradizione di utilizzare i residui degli im- unicamente alle consuete disponibilità di foraggi.
“linsemi” in quanto derivanti dall’olio di lino. Ma il lino pianti molitori, dall’altro con la diffusione dei panelli si Solo nel caso dell’allevamento delle vacche da latte
non era l’unica materia prima adoperata giacché si aprì nel primo trentennio del XX secolo un’altra stra- e da carne, a cavallo dei due secoli, cominciò, an-
utilizzava anche il cotone particolarmente apprezza- da, quella fondata sui processi industriali di fabbri- noto che contribuivano in maniera decisiva a miglio- che in Italia, a manifestarsi l’interesse per i panelli14.
to per la loro ricchezza in costituenti proteici, e l’e- cazione e sui progressi della tecnica. Due realtà che rare lo sviluppo e l’ingrassamento degli animali. Fu la Ma l’impiego dei panelli oleosi non era prerogativa
lenco potrebbe includere il sesamo, il cocco, la pal- soltanto superati gli anni Quaranta del Novecento Gran Bretagna la prima a usarli in modo sistematico, solo del bestiame bovino, anche nel settore dell’al-
ma, la canapa, il pomodoro, le noci e così un lungo trovarono modo di fondersi. incrementando le importazioni di sostanze oleose levamento ovino la Gran Bretagna aveva dimostrato
elenco di piante. Stante l’importanza raggiunta dai Persino in Europa ancora a metà del XIX seco- dalle colonie tropicali. L’esempio inglese fu seguito che ricorrendo a un’accurata selezione delle razze
panelli oleosi impiegati nell’alimentazione animale lo i panelli oleosi da destinare all’alimentazione del dalla Germania, dal Belgio, dall’Olanda, dalla Da- e a un miglioramento dell’alimentazione, era fattibile
va fatta una dovuta precisazione. Di solito si tende bestiame erano scarsamente adoperati sebbene era nimarca e persino dagli Stati Uniti, contribuendo in compiere un notevole progresso nel settore dell’in-

22 23
dustria delle pecore. Invece in Italia, dove vigeva un rogarsi sui fattori, anche provenienti dalla tecnica e Nel 1903 le importazioni italiane di panelli fu- ste parole, il maggior peso che avevano gli interessi
netto predominio della pastorizia ovina transumante, dalla ricerca scientifica, alla base della nascita della rono di 43.750 quintali per un valore di 525.000 lire industriali-commerciali collegati alle esportazioni ri-
le pecore e soprattutto le capre apparivano animali globalizzazione delle pratiche zootecniche. a fronte di esportazioni pari a 89.030 quintali per un spetto a quelli della domanda interna risultante della
praticamente senza futuro, accusati persino di rovi- Non stupisce che nel passaggio dall’Ottocen- valore superiore al milione di lire. Vale a dire nella scarsa domanda generata dall’agricoltura nazionale.
nare i boschi e i campi coltivati. to al Novecento la situazione italiana apparisse ben geografia mondiale dei panelli oleosi destinati all’ali- Ma le criticità erano ancora più profonde fino al
Come già detto in precedenza, la maggior lontana da quella inglese. Nel 1902 le importazio- mentazione zootecnica, l’Italia già dai primissimi anni punto che per l’Italia degli inizi del XX secolo risultava
parte dei semi oleosi che servivano per l’estrazione ni italiane di semi di olio superarono i 10 milioni di del XX secolo si colloca tra i paesi importatori di ma- praticamente impossibile, in queste condizioni, di ave-
dell’olio proveniva da paesi tropicali e subtropica- quintali di cui, quasi la metà corrispondeva a semi terie prime e esportatori di beni trasformati. Vocazio- re un solido e moderno patrimonio zootecnico: “l’u-
li. L’Europa era in grado soltanto di produrre ridot- di cotone; in termini di panelli, le importazioni sfiora- ne alla vendita all’estero di panelli verso la Francia, la scire dall’Italia delle forme più concentrate del man-
ti quantitativi di olio di lino, di colza e di ravizzone, rono i 4 milioni di quintali con una divisione quasi a Germania, l’Austria-Ungheria e la Svizzera16 trascu- gime per il bestiame è tanto più dannoso, in quanto
mentre la parte più consistente arrivava dall’Asia metà tra panelli di lino e panelli di colza, ravizzone, rando, di converso, in gran parte di promuovere un ché il nostro paese non produce granaglie in quantità
(specialmente dall’India), dall’Egitto, dall’Africa cen- sesamo, arachide e ricino15. Invece le importazioni consumo interno degli stessi panelli. Così si compo- sufficienti per bene alimentare il bestiame agrario ed i
trale e dall’America del sud. Spiccavano le espor- di olio di cotone, così importanti nel caso britanni- ne un panorama generale dominato da due tenden- cavalli. Perciò tende generalmente a crescere in Italia
tazioni di lino dell’Argentina e dell’India mentre gli co, in Italia risultavano di scarsa rilevanza. Per zone ze: se da un lato l’alimentazione del bestiame in Italia l’importazione di biada”. Infatti, tra il 1894 e il 1903 le
Stati Uniti avevano il primato per quanto concerneva di provenienza, in testa appariva l’India per quanto a base di mangimi artificiali avanzava lentamente ri- importazioni annuali di avena passarono da quintali
i semi e i panelli di cotone. riguardava il ricino, il sesamo e l’arachide, seguita spetto alle forme tradizionali di sostentamento de- 129.960 a 403.425 quintali, per un valore totale che
In termini quantitativi, se prendiamo ad esem- dall’Argentina sul versante del seme di lino, e poi la gli animali, dall’altro presto si configurò un’industria si situava sopra i cinque milioni di lire.
pio la Gran Bretagna, emerge il rapporto che in- Russia, la Turchia, l’Egitto e poi un lungo elenco di nazionale specializzata nelle importazioni di materie In mancanza di dati attendibili non risulta pos-
tercorreva tra consumo di panelli oleosi e sviluppo paesi fornitori. Se, invece, passiamo a vedere il com- prime oleose per manipolarle e venderle all’estero. sibile fare delle stime sul consumo in Italia dei panelli
dell’agricoltura. A scala mondiale si trattava di un portamento del commercio di panelli oleosi, allora la Un altro prodotto che mette ben in evidenza il pa- oleosi. Ciò che risultava noto era che una parte si-
settore commerciale che stava conoscendo una ra- situazione presenta interessanti novità dal momento radosso appena evidenziato è la crusca. Cereale di gnificativa dei semi oleosi importati non veniva im-
pida crescita, sancendo un netto predominio dell’a- in cui se l’Italia tra la fine del XIX secolo e gli inizi rilevante importanza, anche in questo caso le espor- piegata per fare dei panelli. Infatti, una quantità ri-
gricoltura e delle industrie zootecniche dei paesi più del XX secolo appariva un paese con un saldo com- tazioni superavano di molto le importazioni: 141.105 guardevole dei semi serviva per l’estrazione di olio
sensibili a cogliere le novità sul fronte dell’alimenta- merciale negativo per quanto concerneva le impor- quintali rispetto a 15.392 quintali. Perciò per gli os- che poi, in molti casi, veniva mischiato con quello di
zione del bestiame. Soltanto in Gran Bretagna il mo- tazioni di oli di semi (non poteva essere diversamen- servatori contemporanei si configurava una contrad- oliva alimentando un commercio, anche verso l’e-
vimento commerciale di importazione di panelli e di te), sul versante dei panelli il quadro cambia poiché dizione: “non è certo un buon segno, per la prospe- stero, di olio di oliva adulterato17. Soltanto con i resti
semi oleosi superò nel 1902 il valore di 219 milioni sorprendentemente l’Italia si dimostrava un paese rità della zootecnia italiana, che le importazioni dei dei semi, una volta estratto l’olio, si procedeva alla
di franchi. Nell’osservare quanto accadeva nei paesi nettamente esportatore di panelli oleosi. Situazione panelli alimentari pel bestiame non siano in sicuro fabbricazione dei panelli attestandosi il loro consu-
dell’Europa occidentale la vicenda dei panelli oleo- singolare per certi versi che fa dell’Italia un paese, aumento; ed è cattivo segno che la esportazione di mo intorno ai 500.000 quintali, quantità ben lontana
si da un lato costituisce un istruttivo capitolo dello già agli inizi del XX secolo, che si orientava verso la questa materia prima, tanto preziosa per costruire dai circa due milioni di quintali di panelli consumati
sfruttamento coloniale e della nascita di una specifi- fabbricazione e la vendita all’estero di mangime di sostanza animale, abbia ancora un valore doppio nel Belgio, paese dove si faceva ricorso a tutta una
ca commodity transnazionale, dall’altra invita a inter- provenienza industriale. circa di quello della importazione”. Emerge, da que- serie di mangimi concentrati quali la farina di gran-

24 25
turco, i residui delle distillerie di birra e per non par- tava di quello più consumato. Una delle pratiche più zione industriale di mangimi per animali è prendere in lanciato costituito da sansa di oliva opportunamente
lare pure delle polpe della barbabietola da zucchero. ricorrenti di contraffazione era l’impiego di semi di esame le richieste inoltrate all’ufficio brevetti e mar- trattata e mescolata con panelli di semi oleosi e altre
Emerge di nuovo lo stretto rapporto che intercorre lino proveniente dall’Egitto in sostituzione di quello chi, attivo presso il Ministero di agricoltura, industria sostanze di alto valore nutritivo e destinato all’ali-
tra produzione industriale di mangimi e livelli generali di Bombay, molto più costoso ma di migliore qualità. e commercio del Regno d’Italia. In base alla distribu- mentazione del bestiame”.
di sviluppo economico nel settore primario. Inoltre la commercializzazione di panelli dava adito zione temporale dei fascicoli, i primi marchi riguar- Si deve dire che il settore, pur avendo cono-
Da un punto di vista tecnico e dovendo pure all’uso di nomi speciali e di fantasia per attirare la danti società specializzate nella produzione e com- sciuto un discreto rafforzamento, ancora allo scade-
superare i pregiudizi che i panelli conferivano dei curiosità del consumatore. Agli inizi del XX secolo in mercializzazione di mangimi moderni per animali si re degli anni Trenta risultava poco noto, sfuggendo
cattivi sapori alle carne e al latte18, opinione simile Italia mancava una legge che disciplinasse il settore collocano negli anni immediatamente anteriori alla con facilità alle rilevazioni statistiche ufficiali. Così,
a quella che circolava sull’impiego dello zolfo nel dei mangimi composti rendendo facile frodi e vendite Prima Guerra Mondiale. Tra le ditte pioniere in asso- ad esempio, all’epoca del censimento industriale
trattamento delle malattie che coltivano la vite, per adulterate. luto possiamo segnalare la “Società ligure lombar- del 1937 fu osservato che il settore dei frantoi per
ottenere dei buoni panelli oleosi atti all’alimentazione Seguendo l’andamento della produzione di pa- da” di Genova (1910) e la “Società industriale agrico- semi oleosi si dimostrava molto più progredito di
del bestiame era imprescindibile rispettare una serie nelli oleosi nel corso del primo quarantennio del XX la emiliana” di Bologna (1912)20. In questi primi anni quanto inizialmente si pensasse21. In particolare la
di condizioni: i panelli dovevano essere confezionati secolo si possono individuare una serie di fasi. Se i del Novecento si riscontra anche la penetrazione nel relazione finale mette in evidenza che nonostante
con semi oleosi ben puliti e trattati per ottenere una dati a disposizione per i primi due decenni risultano mercato italiano di società tedesche come la “C.H. esistesse un ampio numero di stabilimenti a carat-
purezza pari al 95%; bisognava evitare l’impiego di molto approssimativi, sappiamo però che nel 1932 Knorr” o la “Aktiengesellschaft für Chemische Pro- tere artigianale dediti al trattamento dei vinaccioli, in
sostanze tossiche e le contraffazioni; i panelli anda- la produzione nazionale di panelli oleosi e di farine dukte”. Di fatto si trattava di ditte che oltre ai mangimi molte altre circostanze gli esercizi per la spremitu-
vano tenuti in ottime condizioni di conservazione, estratte da semi oleosi era salito a 2,5 milioni di quin- e foraggi per animali, si dedicavano alla distribuzione ra dell’olio di semi avevano una marcata impronta
in locali ben asciutti e areati per evitare di contrarre tali per toccare i 3 milioni di quintali nel 1934, anno in per produzione di un’ampia gamma di prodotti, che industriale. Di fatto la mano d’opera impiegata era
delle muffe. Una volta in commercio, era possibile cui si raggiunse il livello produttivo più alto. Nel 1940 andavano dagli articoli di carne e pesce alle conser- formata da quasi 920 operai e in molte circostanze
reperire panelli semplici fatti con un solo tipo di olio o il volume si riduce a 2 milioni, per scendere ulterior- ve, passando per la frutta in conserva o i coloniali. gli stabilimenti possedevano del macchinario adatto
panelli composti risultato dalla mescolanza di diver- mente sino a 1,5 milioni di quintali tra il 1942 e il 1948. Il panorama si fa decisamente molto più ric- alla trasformazione di migliaia di quintali di materia
se materie prime. Questi ultimi erano i più esposti a Se adesso prendiamo in esame le esportazioni, ve- co di protagonisti tra gli anni ’20 e ’30 a causa di prima. Complessivamente e nonostante fosse una
subire delle manipolazioni, perciò tra i produttori ve- diamo che i risultati migliori si raggiunsero prima dello un crescente numero di esperienze industriali dedi- realtà industriale giovane, sfuggente, gli esercizi attivi
niva invocata una legge che, seguendo il modello di scoppio della crisi del ’29, in particolare tra gli anni te alla fabbricazione di mangimi a base di panelli di in Italia erano 256 di cui 142 in Lombardia (Milano,
quella belga del 1896, imponesse ai venditori l’obbli- 1927-1929 momento in cui le esportazioni italiane di lino e di altri semi. Per fare qualche esempio e senza Cuneo, Alessandria e Piacenza), 40 in Piemonte e
go di indicare la qualità e l’origine delle materie prime panelli oleosi si collocarono intorno ai 1,2 – 1,4 milio- alcuna pretesa di esaustività, alcune di queste dit- 35 in Emilia (Modena e Reggio Emilia). Tuttavia, alla
impiegate nella confezione dei panelli in commercio. ni di quintali19. Il quadro, per effetto della rarefazione te erano la “Luigi Tornaghi” di Monza, la “Aladina” vigilia della Seconda Guerra Mondiale ad imprimere
Una misura di trasparenza e di informazione che degli scambi internazionali, appare radicalmente mu- di Milano, la “Bruno Cerabolini” di Linarolo (Pavia) o una decisiva discontinuità nel comparto fu il veloce
andava accompagnata dalla presenza nei negozi di tato con gli anni Trenta momento in cui le esportazioni la “C.R.I.M.E.A.” di Cambino (Torino). Particolarmen- consolidamento dei mangimi composti bilanciati ma
una documentazione attestante la realizzazione di scendono fino a 63.992 quintali nel 1935. te ricca di dettagli l’incartamento corrispondente al con l’inizio delle ostilità tutti i processi di progressiva
analisi chimiche. Tra tutti i panelli quello più a rischio Un’altra via da seguire per fissare la cronologia marchio “Sansoliva” depositata nel 1936 dalla “Ga- modernizzazione subirono una paralisi, compreso il
di adulterazione era il panello di lino in quanto si trat- del consolidamento in Italia del settore della produ- slini società anonima” di Genova: “un mangime bi- progressivo ridimensionamento dei panelli oleosi.

26 27
I mangimi composti bilanciati duttori trascinati dagli altissimi livelli di consumo di lioni di quintali), l’Olanda (8 milioni di quintali) e l’Italia
carne degli americani (più di 11 milioni di tonnellate (2,7 milioni di quintali).
Mentre nell’Italia degli inizi del Novecento gli nel 1952). Nel 1952 gli stabilimenti attivi nella penisola
ambienti agronomici apparivano impegnati nella pre- I dati statistici a disposizione per l’Italia indica- italiana nel settore della produzione di alimenti per il
sentazione delle proprietà nutritive dei panelli oleosi, no che nel nostro paese la produzione di mangimi bestiame erano 2.06923, con un netto predominio di
negli Stati Uniti furono lanciate le prime confezioni di composti iniziò ad avere un certo peso verso il 1930. negozi di commercianti (813) e molini (716), ma il pa-
mangime composto. Si pensa che il primo sacchetto Dalle prime rilevazioni si evince per il triennio 1930- norama appariva caratterizzato dalla presenza di una
di mangime composto sia stato fabbricato a S. Louis 1933 una produzione annuale media da 37.000 a svariata pluralità di soggetti: stabilimenti ed agenzie
(Missouri) nel 1910 da un certo Donald Danforth del- 95.000 quintali. Nel 1936 la capacità produttiva del- di consorzi agrari (132), industrie produttrici di man-
la “Raiston Purina company”22. Inizialmente denomi- la nuova generazione di mangimi zootecnici era già gimi composti (129) e una serie di riserie, oleifici, alle-
nati “alimenti commerciali”, in ragione del successo di 500.000 quintali ma nel 1938-1940 si raggiunse vatori, ecc. Il settore appariva ancora nettamente do-
che tali nuovi prodotti ebbero iniziò il rapido svilup- il milione di quintali. Anche in questa circostanza minato dalla produzione e l’esportazione dei panelli
po dell’industria degli “alimenti da formula”, definiti gli anni di guerra e del dopoguerra imposero una oleosi. Pur partendo da posizioni molto arretrate, la
così in un secondo momento al fine di trasmettere drastica contrazione. Pur in un contesto di diffici- capacità produttiva italiana nel settore della nuova
il messaggio che gli alimenti commercializzati erano le ricostruzione, il settore dei mangimi composti si generazione di mangimi composti si rivelò molto re-
il risultato di determinate formule e miscele scien- dimostrò capace di cogliere le sfide che stava per attiva fino a collocare il paese tra i principali produt-
tificamente testate. Prima del 1939 le informazioni affrontare un paese in procinto di diventare una tori europei. Seguendo una traiettoria ascendente
statistiche relative all’industria dei mangimi composti delle principali potenze economiche del mondo. In simile a quella già vista per i panelli oleosi, l’Italia nel
sono poco precise, mancando riscontri sul numero questa direzione un passo importante fu la nasci- 1960 produceva meno di un milione di tonnellate di
dei fabbricanti attivi persino negli Stati Uniti. Le stime ta nel 1945 dell’Assalzoo (Associazione nazionale mangimi composti, collocandosi a riguardevole di-
cominciano ad essere più attendibili soltanto dopo il tra i produttori di alimenti zootecnici). All’interno di stanza dalla Gran Bretagna (10 milioni di tonnellate)
1940. Nel 1942 le fabbriche censite negli Stati Uniti una efficace cornice associativa di categoria, co- e l’Olanda (4 milioni di tonnellate). Neppure dieci anni
erano 578 per una produzione totale di 13,3 milio- minciò a prendere forma il ritorno alla normalità già dopo, nel 1970, la capacità produttiva italiana era
ni di tonnellate, numeri però destinati a subire delle dai primissimi anni Cinquanta: nel 1952 si recuperò salita fino a 3,6 milioni di tonnellate per raggiungere e
modifiche negli anni successivi. Nel 1947 gli stabili- una produzione superiore ai 2,5 milioni di quinta- persino superare i 10 milioni di tonnellate allo scade-
menti censiti si collocavano tra un minimo di 2.500 e li. A metà del secolo scorso il panorama mondiale re degli anni Settanta. Sulla scia delle trasformazioni
un massimo di 6.000 con una produzione oscillante dell’industria dei mangimi composti appariva sal- nazionali, sono gli anni ‘dorati’ del boom economico
tra 23 e 26 milioni di tonnellate. A dimostrazione che damente dominato dagli Stati Uniti (330 milioni di e della modernizzazione delle pratiche alimentari de-
si trattava di un ramo industriale in rapida ascesa, nel quintali), seguiti dall’Inghilterra (55 milioni di quintali), gli italiani i quali, a fronte di un robusto rafforzamento
1952 la produzione totale era di quasi 40 milioni di la Francia (27.000.000 milioni di quintali) e la Dani- del proprio potere d’acquisto, introdussero delle so-
tonnellate. Il settore, negli Stati Uniti, appariva molto marca (13 milioni di quintali), in fondo tra i principali stanziali modifiche nel paniere alimentare. Una del-
frammentato, diviso tra una miriade di piccoli pro- produttori del mondo si collocavano il Belgio (8 mi- le novità più vistose riguardò il ridimensionamento

28 29
del consumo di quei alimenti, come il pane, reputati e dell’Emilia-Romagna ma allo stesso tempo si con-
troppo legati a un mondo contadino, ricordo di tan- cretizzò l’avanzamento di altre realtà regionali come
te privazioni e monotone diete. Di fatto il consumo il Piemonte e l’Umbria.
individuale medio annuale di pane passò da 219 a Complessivamente a metà degli anni Ottan-
70 kilogrammi, mentre parallelamente la carne bovi- ta in Italia si contabilizzavano 1.200-1.500 imprese
na conobbe una crescita salendo da appena 3 kilo- per un numero totale di 12.000 addetti equivalenti
grammi annuali pro capite nel 1945 a quasi sfiorare i a investimenti fissi per 100 miliardi di lire25. Divisi per
25 kilogrammi nel 198024. Sullo sfondo di simili mo- regioni il numero più alto di mangimifici si collocava
difiche sul versante della domanda lattiero-casearia, nell’Emilia-Romagna con 430 impianti, la Lombardia
si comprende meglio
l’impetuosa performan-
ce vissuta dal settore
mangimistico chiamato
a soddisfare le richie-
ste provenienti da una
generalizzata moltiplica-
zione degli allevamenti
e dei ritmi produttivi.
Sul piano legislativo e
stante la rilevanza ac-
quisita dal settore, me-
diante la legge organica n. 281 del 15 febbraio 1963 con 211 e il Piemonte con 188, a seguire l’Umbria
si andò incontro alla esigenza di disciplinare la pre- (126), la Toscana (111) e il Veneto (111). In pratica un
parazione e il commercio dei mangimi; la normativa 64% degli stabilimenti si distribuiva tra le regioni del
si applicava ai prodotti di origine vegetale, anima- Nord d’Italia; l’area centrale della penisola rappre-
le e minerale, nonché ai prodotti chimico-industriali sentava il 22% mentre l’Italia meridionale e insulare
isolati o mescolati, destinati all’alimentazione degli aveva il 13% restante. Il valore della produzione era
animali allevati. La legislazione italiana fu successi- di 4.394 milioni di lire dell’epoca. La mangimistica,
vamente modificata nel 1986 in base al recepimento in pieno momento di massima espansione, appariva
delle direttive CEE relative alla produzione e commer- condizionata dall’essere un settore contraddistinto
cializzazione dei mangimi semplici e composti. Per da un’estrema polverizzazione, da un basso tasso di
regioni si consolidarono le posizioni della Lombardia impiego di mano d’opera, da modesti investimenti in

30
impianti e nel contempo da forti necessità di capitali significativa fu quella di una drastica riduzione degli
per il finanziamento dell’esercizio. Le materie prime impianti. Da circa 1.500 stabilimenti attivi sul finire del
costituivano la voce di costo di gran lunga prevalen- XX secolo, nel 2013 rimanevano aperti quasi un terzo.
te essendo pari a circa l’80% del fatturato. Un al- Fenomeno che ha coinvolto in maniera abbastanza
tro capitolo di spesa importante era il trasporto. Nel paritetica tutte le regioni. Pur nel mantenimento spe-
1985 i principali gruppi industriali operanti in Italia nel cifico del peso delle differenti aree, l’Emilia-Romagna
settore erano la Federconsorzi con 33 stabilimenti26, da 430 stabilimenti è passata a 146 e la Lombardia
l’AICA con 15 stabilimenti, la Petrini con 7, la Purina da 211 a 88, l’Umbria da 126 a 44. In fase di ridefi-
con 5, il gruppo Arena con 5 e poi altri operatori con nizione quantitativa del comparto, a pagare più du-
1 o 2 stabilimenti tra i quali la Mignini. Se vediamo i ramente sono stati gli stabilimenti più piccoli, quelli
volumi di mangimi composti integrati, in testa com- con una dimensione distributiva predominantemente
pariva la Federconsorzi con 11.700 milioni di quintali locale. Scomparsa di tanti piccoli operatori che ha in-
(11% della produzione nazionale) e la Veronesi con centivato il rafforzamento delle grandi imprese indu-
10.400 milioni di quintali (9,8%); a metà degli anni striali operanti in ampie aree geografiche utilizzando
Ottanta del secolo scorso, la produzione della Petrini più stabilimenti produttivi. Dietro tali modifiche vanno
era di 4.000 milioni di quintali mentre la Mignini si at- collocate le conseguenze che ebbe la crisi BSE (“muc-
testava sui quasi due milioni di quintali. Per volume di ca pazza”) esplosa nel 1986, momento di rottura che
fatturato in testa comparivano AICA e Federconsorzi implicò dedicare maggiore attenzione alla sicurezza
ma in generale predominava un mercato nazionale della filiera degli alimenti di origine animale, dalla fase
fortemente diviso per aree geografiche. Era eviden- di allevamento a quella di distribuzione e consumo.
te che l’industria mangimistica nazionale, sul finire di Il mercato dei mangimi così come è venuto
una fase di impetuosa crescita, si caratterizzava per configurandosi negli ultimi decenni appare dominato
un’estrema frammentazione delle imprese, situazio- da una pluralità di linee di produzione che compren-
ne derivante dall’esistenza di un grande numero di dono i mangimi composti ma anche i tradizionali pa-
piccole realtà aziendali che operavano a livello locale nelli di semi oleosi che sono ritornati a rappresentare
con un unico centro produttivo. un’importante voce nelle strategie aziendali. Il lino e
Dopo gli anni Ottanta per l’industria mangimi- il cotone, predominanti agli inizi del XX secolo, sono
stica nazionale cominciò un processo di complesso stati sostituiti dalla soia e il girasole27. Con una pro-
ridimensionamento quantitativo. In termini di capacità duzione stabilizzata intorni ai 14 milioni di tonnellate,
produttiva il comparto si era stabilizzato intorno ai 15 l’Italia rimane nei primi posti a livello di Unione Euro-
milioni di tonnellate di mangimi composti ma dal pun- pea per capacità produttiva, dopo la Germania, la
to di vista degli stabilimenti la tendenza di fondo più Francia e la Spagna. Non a caso “l’industria mangi-

32
mistica rappresenta, in termini di fatturato, il quinto politiche di filiera. In concreto a livello europeo si ri- 1
Bonadonna 1948.
2
Ferrari 1914.
settore del sistema industriale alimentare che, a sua scontra un forte cambiamento negli ultimi decenni la 3
Pott 1911.
volta, è il secondo comparto dell’industria manifattu- cui origine va collocata nel 2000 con la pubblicazione 4
Vaquero Piñeiro, Giommi 2017.
riera italiana dopo il metalmeccanico”28. del libro bianco sulla sicurezza alimentare. In quella
5
Menozzi, Niccoli 1898.
6
Tassinari 1941.
Se guardiamo fuori dal perimetro nazionale, le sede fu deciso di creare un sistema applicabile in 7
Ghinetti 1902; Forti 1907; Romizi 1924.
maggiori novità provengono dallo scenario mondia- modo omogeneo in tutta Europa basato su solide 8
Dei panelli 1894; Paparozzi 1905.
le. Il primato europeo e degli Stati Uniti, saldamente basi scientifiche e su un moderno contesto legisla-
9
Formenti 1915.
10
Briganti 1912; Meoni, 1932.
conservato durante il XX secolo, negli ultimi anni è tivo. Erano ancora recenti le nefaste conseguenze 11
Giglioli 1905
stato messo in discussione dalla Cina la quale si è della BSE (encefalopatia spongiforme bovina) scoper- 12
Aghina, Maletto 1979
consolidata come prima potenza mondiale nel com- ta nel Regno Unito nel 1986. Da questo momento in
13
Dorotea 1845, pp. 28-29.
14
Dei panelli 1894; Paparozzi 1905.
parto mangimistico, rottura dei tradizionali equilibri poi divenne prioritario garantire un livello elevato di 15
Atti del comitato 1874.
rafforzata dai buoni risultati raggiunti da altre econo- protezione della sicurezza e della salute animale ed 16
Pasqualucci 1903, p. 418.
17
Vaquero Piñeiro 20191.
mie emergenti come il Messico o il Brasile29. In termini umana. Nel 2002 furono emanati i regolamenti co- 18
Ghinetti 1902, I, p. 109.
molto generali e considerando il diverso sviluppo del munitari in materia di sicurezza alimentare animale, 19
Censimento industriale 19401, p. 149.
sistema mangimistico industriale nelle diverse aree corpus normativo oggetto di continui aggiornamenti e 20
Archivio centrale dello stato
[http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/].
del mondo, coesistono paesi dove la produzione in- integrazione. In Italia, a partire dal 2012 venne predi- 21
Censimento industriale 1940, pp. 96-99.
dustriale ha raggiunto il suo tetto massimo e quindi sposto il piano nazionale alimentazione animale. 22
Notiziario Assalzoo, anno I, n. 12,
ha margini di sviluppo alquanto limitati, con soggetti Non si vuole, per evidenti ragioni, aprire un 31 dicembre 1952.
23
Notiziario Assalzoo, anno I, n. 1,
in cui la produzione industriale è ai suoi albori30. nuovo capitolo sugli scenari futuri (ma non troppo
16 gennaio 1952.
Al di là degli aspetti prettamente quantitativi e lontani) dell’industria mangimistica la quale, in fin dei 24
Quirino 1991; Helstosky 2018.
dal consolidamento di nuovi soggetti produttivi a li- conti, da quando cominciò verso la fine del XIX se- 25
Dati tratti dal testo dattiloscritto
a cura di MauriziPetrini, Osservazioni
vello mondiale, il settore mangimistico alle soglie del colo a fornire delle alternative ai tradizionali pascoli e
e prospettive dell’industria mangimistica,
nuovo millennio affronta un’ampia serie di tematiche alle piante foraggere non ha fatto altro che stabilire Archivio storico Petrini&Mignini (Bastia).
di natura qualitativa. Vedasi, ad esempio, il dibattito una relazione dialettica con il contesto sociale circo-
26
Pur mancando conferme statistiche,
la Federconsorzi provvedeva al collocamento
internazionale intorno alla qualità della vita degli ani- stante. Prima i panelli oleosi cresciuti sulla falsa riga del 70-75% dei mangimi concertanti,
mali, questione che include pure la necessità di for- dell’utilizzo delle risorse provenienti dalle colonie, poi Barbadoro 1961, p. 108.
nire degli alimenti rispondenti alle imposizioni di una il grande boom di metà XX secolo quando il consu-
27
Annuario Assalzoo, 2018, p. 32.
28
Belluzzi et al. 2014, p. 276.
regolamentazione sempre più rigorosa sulla salute mo di carne divenne alla portata di una gran parte 29
Feed&Food. Statistical Yearbook, 2011,
degli animali e sul rispetto dell’ambiente. Problema- della popolazione, fino ad arrivare al presente quan- FEFAC.
tiche declinabili in una pluralità di direzioni, dal con- do delle nuove inquietudini socio-culturali premono
30
Belluzzi et al. 2014, pp. 271-272.

sumo energetico degli stabilimenti alle materie prime per imporre delle forme diverse di praticare l’alleva-
risultanti dalla ricerca genetica, dall’etichettatura alle mento e di intendere gli alimenti di origini animale.

34 35
2
Macchine
e nuove
architetture
industriali
Capitolo Lo sviluppo tecnologico

arallelamente all’evoluzione
in chiave industriale della fabbricazione di alimen-
ti zootecnici, prima con la nascita dei panelli oleosi
e immediatamente dopo dei mangimi composti, un
altro settore andò incontro a una radicale trasforma-
zione. Ci riferiamo alla tradizionale filiera della molitu-
ra e della pasta. Anche in questo caso siamo in pre-
senza di innovazioni che coinvolgevano direttamente
la manipolazione dei cereali e, come già ricordato
all’inizio, intorno all’impiego dei cereali si crearono
le condizioni per una compiuta integrazione, anche
spaziale, dei mulini, i pastifici e i mangimifici. Come
concretamente dimostra l’evoluzione dell’area Petri-
ni di Bastia a partire da un primo mulino idraulico
“a ritrecine” si venne a costituire nel corso del XIX
secolo e i primi decenni del XX secolo un comples-
so integrato da un pastificio, un mulino industriale e
per ultimo un voluminoso mangimificio. Integrazione
verticale e orizzontale delle catene produttive, dal ri-
fornimento della materia prima alla distribuzione dei
prodotti finiti, che in maniera meno visibile coinvolse

37
Tevere e mulino idraulico,
Pretola, Perugia,
fototeca Isuc, Perugia.

pure la traiettoria del gruppo Mignini, diviso tra Ponte


San Giovanni e Petrignano.
Lasciando da parte la lunga storia degli im-
pianti idraulici adibiti ora alla macinazione di cereali,
di olive e di altre sostanze naturali (guado) ora alla
battitura (gualchiere, ferriere, cartiere), a partire dai
decenni centrali del XIX secolo, accogliendo gli sti-
moli al cambiamento tecnologico imposto dalla na-
scente Rivoluzione industriale, nei paesi europei (e
non solo) cominciarono a nascere delle officine mec-
caniche specializzate nella costruzione di impianti
molitori e di macchine per molini da portare poi alle

Mulino di Ponte San Giovanni, Perugia, Mulino-pastificio, Ponte San Giovanni, Perugia,
prima metà XX secolo, seconda metà XX secolo,
fototeca Isuc, Perugia. fototeca Isuc, Perugia.

38
esposizioni internazionali per fare bella figura delle liale a Monza. Il numero di società impegnate nella
innovazioni e scoperte tecnologiche1. Cominciava il costruzione di macchine utensili per mulini continuò
tramonto del vecchio mondo dei mugnai e dei mu- a crescere nel corso del primo trentennio del No-
lini costruiti rispettando un sapere tramandato oral- vecento. I vecchi mulini lungo i fiumi furono abban-
mente da generazione in generazione. Senza poter donati per assistere oggi, lì dove è possibile, al loro
sintetizzare l’intero panorama internazionale, alcuni recupero pure in chiave di valorizzazione e tutela am-
nomi e alcune date scandiscono il progressivo pas- bientale.
saggio all’industrializzazione del comparto molitorio, In Italia una delle prime fabbriche dedite alla
processo che conferma il successo dello sviluppo costruzione di macchine per molini fu la monzese
tecnologico franco-tedesco. Nel 1835 la Teisset-Ca- Società Anonima Meccanica Lombarda fondata del
pron&f.lli Brault fondarono a Chartes una società per 1902. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e
la costruzione di molini a palmenti, a dimostrazio- la conseguente rarefazione delle importazioni tede-
ne dell’importanza assunta dal laminato. Nel 1837 sche, aumentarono in Italia le iniziative imprendito-
cominciarono le attività della inglese E.R.&Turner. riali nel settore della meccanica per mulini industriali.
Nel 1846 fu il turno di Hugo Luther il quale fondò Nel 1920 cominciò la produzione presso le Officine
in Braunschweig una fabbrica per la costruzione di Meccaniche Reggiane, mentre nel 1928 fu il turno
macchine varie. Nel 1852 la società A. Millot&C. co- della padovana Golfetto, trascinata dall’invenzione
minciò la produzione di laminatoi. Già nella seconda del laminato a cilindri e dalla sostituzione dei palmeti
metà del XIX secolo compaiono la svizzera Bühler di di pietra. La ditta dei fratelli Golfetto cominciò pure
cui si parlerà successivamente, la tedesco-france- a dedicarsi alla costruzione di molini con i laminatoi.
se Philippot-Scheider&Jaquet leader nel settore dei Nell’immediato secondo dopoguerra, nel 1945,
laminatoi per mulini a cilindri e proprietaria a Man- Guido Grassi fondò la Ocrim particolarmente attiva
nheim del più grande mulino della Renania. Nel 1874 nella fase di ricostruzione di molti degli stabilimenti
si aggiudicarono l’esclusiva del brevetto Ganz&C. di molitori danneggiati negli anni di conflitto. Inoltre la
Budapest per la costruzione in Francia di mulini a Ocrim si aprì ai paesi del Sud d’America. Tuttavia la
cilindri. Nel corso degli ultimi anni del XIX secolo au- grande novità fu la nascita a Treviso nel 1952 della
mentò il numero di ditte europee specializzate nella Berga Impianti Cereali S.p.A. Partiti nel segmento
progettazione e costruzione di macchine per moli- della progettazione e costruzione di silos per lo stoc-
ni moderni. Da ricordare, in un panorama europeo caggio di cereali, poi iniziò la realizzazione di molini
sempre più ricco di iniziative, l’ungherese Ganz, la e, dal 1973, di mangimifici.
Grosse-Lohmen, la f.lli Seck, la Kapler e la tedesca
pagina seguente Stabilimenti industriali di macchine per mulini,
Amme, Gieseck&Konegan che nel 1925 aprì una fi- da Madureri 1990, pp. 279 e 281.

40 41
Progetto di silos per il Consorzio agrario di Roma,
anni Trenta, Archivio Passarelli, Roma.

Silos Consorzio agrario di Roma,


Archivio Passarelli, Roma.

Progetti di silos per il Consorzio agrario di Roma, anni Trenta,


Archivio Passarelli, Roma.

I silos: architetture industriali in verticale va riguardante gli ammassi conobbe un profondo


mutamento. Nel 1936 gli ammassi da facoltativi si
La politica cerealicola del regime fascista ita- trasformarono in obbligatori. A decorrere da questo
liano conobbe una decisiva accelerazione a partire momento “il grano di produzione nazionale, nonché
dai primi anni Trenta2. Se negli anni Venti l’agricoltura quello delle colonie ed introdotto nel Regno, nonché
nazionale fu condizionata dalla battaglia del grano, quello eventualmente introdotto dall’estero anche in
la crisi del ’29 favorì un’azione governativa finalizzata temporanea importazione” doveva essere conferito
al rafforzamento dei controlli e alla nascita di un’or- agli ammassi per la vendita collettiva.
ganizzazione sociale della produzione rispondente ai La proliferazione di centri di ammasso si tra-
principi del corporativismo3. Il paradigma ideologico dusse nella necessità di disporre di edifici capaci di
di ottenere il superamento degli interessi individuali, in raccogliere e conservare in buone condizioni il grano
agricoltura trovò un punto fondamentale di realizza- consegnato dai produttori. In una prima fase, quando
zione nella creazione degli ammassi granari collettivi. i quantitativi di frumento da gestire non erano ecces-
Nati con l’obiettivo di favorire la vendita collet- sivi, si affrontarono le esigenze di spazio attraverso
tiva, in una prima fase i centri di ammasso avevano l’affitto o la costruzione di piccoli magazzini. I bisogni
un carattere volontario, vale a dire rimaneva a discre- aumentarono, però, in maniera radicale a partire dal
zione dei produttori la consegna (totale o parziale) 1936, nel momento in cui gli enti ammassatori, per
dei raccolti. L’esperienza degli ammassi cerealico- adeguarsi al dispositivo di legge, dovettero dotarsi
li sperimentò un rapido consolidamento: nel 1932 di strutture che rispondevano a determinate carat-
erano in funzione 80 silos e magazzini in tutta Italia, teristiche tecnico-architettoniche. Era il punto di par-
e nel 1935 si arrivò a quasi otto milioni di quintali tenza della storia dei silos in Italia. Dal punto di vista
di grano depositato. Dinanzi alla riduzione dei rap- tecnico, tutto ciò favorì tanto la proliferazione di una
porti commerciali internazionali la cornice normati- specifica letteratura rivolta a presentare le più avan-

42 43
zate soluzioni da impiegare nella costruzione degli fici edifici verticali” da considerare delle vere meravi-
impianti d’immagazzinamento4 quanto il radicamento glie per la “loro grazia, semplicità e geometrie”.
sul mercato nazionale di ditte specializzate nella pro- Se adesso verifichiamo la situazione italiana,
gettazione e nella costruzione di impianti per il grano. verso il 1900 risulta attivo un silos in cemento arma-
Le prime strutture meccanizzate rivolte allo to presso il mulino della Certosa di Pavia7, coevo a
stoccaggio del grano erano state realizzate nel 1842 quello molto più imponente del porto di Genova, il
da Joseph Dart nel porto americano di Buffalo5. Si più grande edificio in calcestruzzo dell’epoca8. L’e-
trattava di edifici in legno dotati di un grain elevator sempio pavese fu destinato, per alcuni anni, a rima-
che consentiva di spostare in verticale grandi quan- nere un’eccezione, stante il più generale contesto
titativi di merce.Nei de- agro-industriale che non
cenni successivi questa percepiva la necessità
tipologia edilizia conob- di investire nella realiz-
be un notevole sviluppo zazione di strutture atte
negli Stati Uniti, soprat- ad immagazzinare cen-
tutto allorché il legno tinaia di quintali di gra-
venne sostituito da più no. Lo scenario cambiò
sicure e resistenti strut- radicalmente dopo la
ture in ferro e cemento proclamazione della bat-
armato. Agli inizi del XX taglia del grano (1925),
secolo, le comunità agri- allorché crebbero le pro-
cole del Midwest crea- duzioni frumentarie da
rono una nuova archi- conservare in luoghi si-
tettura di pura funzione per immagazzinare il grano curi. Dopo quella pionieristica del 1927, la legge n.
raccolto. Negli anni intorni alla Prima Guerra Mon- 720 del 30 maggio 1932 contribuì in modo decisivo
diale, l’Europa si rese conto che negli Stati Uniti era a incentivare la costruzione di silos e depositi attrez-
nata un’architettura completamente originale, senza zati. La normativa, infatti, stabilì che a carico dello
precedenti. Per l’architetto franco-svizzero Le Cor- Stato rimaneva il 25% delle spese dell’opera più una
busier6 i silos erano l’emblema più autentico del- percentuale degli interessi derivanti dai prestiti sot-
la moderna architettura del XX secolo, valutazione
raccolta dall’architetto tedesco Erich Mendelsohn
Silos Consorzio agrario di Roma, Archivio Passarelli, Roma.
(1887-1953) il quale, dopo aver visitato gli “elevatori
pagina seguente Silos pastificio Ponte, Ponte San Giovanni,
di grano” di Buffalo, scrisse che si trattava di “magni- Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

44
toscritti dai promotori dell’iniziativa, promotori che costruzione di altre 321 strutture per una capienza
potevano essere sia privati sia persone giuridiche ulteriore di 5 milioni. Soprattutto se attrezzati mecca-
(consorzi, consigli provinciali dell’economia, magaz- nicamente, i magazzini furono reputati di fondamen-
zini generali). Si precisò che, nel progettare gli edifici, tale importanza per l’azione organizzativa, autentico
occorreva raggiungere gli scopi prefissati, vale a dire fulcro della difesa della produzione, giacché l’inter-
la disciplina quantitativa e la valorizzazione dei tipi di vento dello Stato non poteva esaurirsi unicamente
grano. Al fine di ammortare i costi, la legge invitava nel produrre sempre di più, occorreva anche modifi-
a realizzare impianti utilizzabili anche per conservare care il modo di conservare e di maneggiare la merce.
altri prodotti agricoli diversi dal grano. Come sugge- In media, la capacità dei silos costruiti in Italia
rivano le indicazioni fornite dalla Federazione italiana si aggirava intorno ai 20-50 mila quintali ma in molti Silos stabilimenti Gruppo Mignini&Petrini,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.
dei consorzi agrari, i silos più adeguati erano quelli “a centri urbani, come a Piacenza, Roma e Venezia, fu-
piani”, ritenuti meno costosi e più razionali rispetto a rono realizzati magazzini capaci di contenere fino a
quelli “a cella”. 100.000 quintali; a Foggia, poi, era situato il silos più
La diffusione di silos moderni – nella penisola grande d’Europa, che poteva ospitare fino a 400.000
ma anche nelle colonie italiane d’oltremare – costi- quintali (questo edificio fu gravemente danneggiato
tuisce un aspetto di indubbia importanza dal punto durante la seconda guerra mondiale). Data la loro dif-
di vista dell’accumulazione di capitale in agricoltura. fusione territoriale, i magazzini, soprattutto se attrez-
Grazie all’intervento dello Stato i consorzi agrari si zati meccanicamente per il movimento della merce,
trovarono nelle condizioni di accedere alle risorse fi- rivestivano un’importanza fondamentale per le autori-
nanziarie con cui portare a termine la costruzione di tà del regime, che li considerarono degli autentici fulcri
un vasto patrimonio immobiliare. I dati parziali a di- della difesa e la disciplina della produzione nazionale.
sposizione consentono di definire la dimensione del Per soddisfare la domanda di edifici in tempi cele-
fenomeno e le sue ricadute economiche. Dal 1932 ri, nacquero imprese specializzate nella progettazione
al 1939 furono impiegati oltre 200 milioni di lire nella e costruzione di voluminosi impianti d’immagazzina-
costruzione di 760 strutture; nel solo anno 1940, il mento. Le società del settore (Magnaghi&Bassani-
bilancio del Ministero dell’agricoltura e delle foreste ni, Società Italiana Costruzioni Agricole Industriali,
prevedeva un fondo di 400 milioni di lire destinato S.I.M.A.) fecero stampare apposite réclames pub-
alla costruzione e all’attrezzatura di magazzini e di blicitarie che illustravano le loro capacità tecniche10.
impianti per l’ammasso frumentario9. Nel medesimo Alcuni elementi di questi impianti rientrano a pieno
1940 in Italia erano in funzione 793 impianti, tutti di- titolo nel dibattito, in corso negli anni Trenta, sui
pendenti dai consorzi agrari, dotati di una capaci- principi inspiratori dei complessi industriali11, da re-
tà di quasi 13 milioni di quintali, ed era prevista la alizzare seguendo soluzioni stilistiche e formali pie-

46 47
namente aderenti alle parole d’ordine di “chiarezza, senza troppe pretese”. In particolare, furono appli- progetti dagli architetti Cesare Scoccimarro e Tullio e Se in molti luoghi i silos troppo imponenti e con delle
semplicità, senso di armonia e solidità”. Si trattava, cate le teorie che propugnavano la realizzazione di Vincenzo Passarelli, gli ultimi due responsabili del si- rigide soluzioni architettoniche sono andati incontro
in sostanza, di adeguarsi all’architettura contempo- ambienti di lavoro sani, luminosi e accoglienti, capaci los del Consorzio agrario di Roma. Questa imposta- a un forzato abbandono e/o demolizione in quanto
ranea attraverso il ricorso a “linee ordinate, chiare, di trasmettere un “senso evidente di logica e di ordi- zione teorica conferisce piena dignità architettonica reputate strutture pericolose e prive ormai di un loro
violentemente spogliate da tutto ciò che è inutile or- ne”, poiché le costruzioni architettoniche curate e gli ai silos i quali però, a dispetto del valore formale che valore di uso, in molti altri scenari nazionali e interna-
pello o vana pomposità”12, parametri necessari so- impianti ordinati e perfettamente mantenuti “davano fu loro riconosciuto al tempo della costruzione, an- zionali i silos del grano sono diventati motivo di inno-
prattutto nei casi in cui si trattava di realizzare spazi all’osservatore una favorevole impressione, difficil- cora non sono stati valorizzati compiutamente come vativi progetti di recupero e riqualificazioni. Le grandi
produttivi destinati a comunicare un messaggio di mente cancellabile, dell’ordine, della correttezza ed un capitolo significativo della storia dell’architettura superfici, in passato occupate dai cereali accattasti,
ordine e di massima efficacia organizzativa13. Essi esattezza con cui l’azienda assolveva i suoi compiti italiana del Novecento15. si sono dimostrate congrue a una radicale modifi-
presentavano, nella loro linearità e simmetria com- e della solidità di essa”. Inoltre, il diffuso ricorso agli Una volta finito il travagliato secondo dopo- ca in funzione della costruzione di musei, alberghi
positiva, un prospetto unitario e robusto risultante archi, alle torri littorie, alle linearità perfette e ad altri guerra e con l’inizio del boom economico, in Italia e persino appartamenti. Siamo così in presenza di
anche dal ricorso al cemento armato, materiale con elementi simbolici tipici del linguaggio architettonico riprese di nuovo slancio la costruzione dei silos, an- un interessante capitolo della storia dell’architettura
cui il razionalismo costruttivo applicato all’industria fascista rende percepibile il fatto che ai silos – edi- che nei porti, da collocare ora nei pastifici che un po’ del XX secolo che in alcuni casi fornisce l’ispirazio-
raggiunse la sua piena maturità. Tuttavia l’immagi- fici industriali dalle pulite linearità – fosse assegnato ovunque si spandevano nel paese ora a supporto ne a suggestivi programmi culturali come nel caso
ne esterna degli stabilimenti, corredata da simboli il compito di rendere manifesto alla popolazione le dei nuovi mangimifici che cominciavano a puntellare del recentemente inaugurato museo “Armani/Silos”
ed elementi decorativi finalizzati a rimarcare il valore conquiste del regime. Per raggiungere tali risulta- le aree rurali e suburbane della penisola. In molti casi di Milano. In questo modo la creatività artistica del
politico dell’operazione, appare spesso subordinata ti l’ingegneria da sola non bastava: come nel caso si trattò della costruzione di silos nelle aree del paese disegnatore finisce per confondersi con le forme di
alla presenza della torre littoria, un elemento com- di altri edifici simbolo dell’epoca (le case del Balilla, più direttamente coinvolte nelle operazioni di bonifi- uno degli edifici che in maniera più plastica e diret-
positivo sempre presente nei silos degli anni Tren- gli stadi, i dopolavoro, le sedi sindacali, le case del ca e riforma agraria. ta incarna la grande disponibilità di derrate agricole
ta, che, seppure costruito secondo una versione Fascio, le case dello studente)14, si rendeva impre- Finita intorno agli anni ’80 la fase di costru- raggiunta dalla società contemporanea.
di avanguardia, mediante l’inserimento di vetrate e scindibile il contributo dell’architetto, a cui spettava zione di grande impianti di immagazzinamento e in
profili arrotondati, contribuiva in maniera inequivoca- il compito di coordinare “armonicamente i vari ele- generale a causa della diffusa dismissione industria-
bile a conferire all’intero complesso architettonico un menti” ed elaborare un piano d’insieme delle costru- le, le voluminose costruzioni fatte in cemento arma-
preciso segno di riconoscibilità. zioni. L’intera operazione appariva legata a svariate to, destinate a raccogliere centinaia di tonnellate di
Infatti nella costruzione degli edifici per l’am- problematiche, dettate dalle caratteristiche strutturali cereali e visibili da lontano come sventanti cattedrali
masso del grano furono messe in pratica alcune delle diverse parti del fabbricato, che andavano dalla contemporanee, per molti silos cominciò una fase
delle principali acquisizioni maturate nel corso del dotazione di attrezzature meccaniche, alla creazio- di abbandono e progressivo degrado. Va da sé che
dibattito, che si svolse lungo gli anni Trenta, intorno ne di impianti in grado di garantire un ciclo continuo simile fenomeno è riscontrabile in molti altri paesi.
ai principi ispiratori dei fabbricati industriali, rifiutan- secondo i principi della organizzazione economica e In questo modo i silos per decenni considerati em-
do anzitutto l’idea che le costruzioni rivolte allo svol- razionale del lavoro, fino all’attenzione riservata all’u- blema dello sviluppo economico divennero nel cor-
gimento di attività industriali fossero “considerate so di locali preposti alla corretta custodia della merce so di alcuni decenni testimonianza silenziosa di un
Silos portuario Gruppo Mignini&Petrini, Brindisi,
come una sottospecie edilizia, da tirar su alla svelta depositata. Aspetti, questi e altri, ben presenti nei sistema economico rispondente ad altre esigenze. Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

48 49
Macchine di ieri e di oggi di paesaggio. Con l’impiego di fonti energetiche che
favorirono il passaggio da motori centralizzati alla
Sulle macchine, lo scozzese Adam Smith, re- motorizzazione delle singole macchine, la stessa ar-
putato il fondatore della moderna scienza economi- chitettura degli edifici andò incontro a una sensibile
ca, scrisse “gran parte delle macchine di cui si fa uso modificazione. I fabbricati bassi, di uno al massimo
Silos riconvertiti:
Copenhagen, Danimarca; nelle manifatture in cui il lavoro è suddiviso furono in due piani, congeniali alle manifatture del Settecento,
Baltic Flour Mill, Gateshead, UK; origine invenzioni di comuni operai i quali, venendo vengono rimpiazzati da grandi complessi sviluppatisi
Amsterdam;
Rosario, Argentina. tutti impiegati ciascuno in qualche operazione mol-
to semplice, finirono per indirizzare i loro pensieri a
escogitare metodi più facili e rapidi per compierla”16,
per aggiungere a continuazione “nelle prime macchi-
ne a vapore un ragazzo era espressamente occupa-
to ad aprire e chiudere alternativamente la comuni-
cazione fra la caldaia e il cilindro, a seconda che il
pistone salisse o scendesse. Uno di questi ragazzi, a
cui piaceva giocare con i compagni, osservò che, le-
gando con un laccio a un’altra parte della macchina
la maniglia della valvola che apriva questa comuni-
cazione, la valvola si sarebbe aperta e chiusa senza
bisogno della sua assistenza, lasciandolo libero di
Macchinari mulino, prima metà XX secolo, da Mencarelli 1990.
divertirsi con i suoi compagni di gioco. Ecco così
che uno dei più notevoli perfezionamenti che siano in verticale. L’industrializzazione dei luoghi passa ad
stati apportati a questa macchina fin da quando fu essere misurata in termini di numero e altezza dei
inventata fu la scoperta di un ragazzo che voleva ri- cammini fumanti, e lo spazio, anzitutto nelle aree pe-
sparmiarsi il lavoro”. Le macchine, dunque croce e riferiche degli agglomerati urbani, divenne il fondale
delizia, dei tempi moderni. sul quale proiettare la nascita di un nuovo modo di
Nel suo piccolo, con la crescita di attività nell’a- intendere la produzione di beni strumentali o di con-
rea occupata dallo stabilimento Petrini, Bastia cono- sumo diretto.
sce le trasformazioni imposte dalla meccanizzazione Bastia, facendo salve le differenze con le ca-
dei processi produttivi nati dall’industrializzazione. pitali dell’industrializzazione nazionale, traccia il pas-
Come accade nelle grandi città industriali, la rivolu- saggio da un piccolo mulino idraulico, uno dei tanti
zione industriale portò con sé un vero cambiamento disseminati lungo i numerosi fiumi e torrenti della

51
Impianto di melassatura e formellatura per mangimi composti,
stabilimento della Federconsorzi-Roma, anni Trenta,
Bonadonna 1948, p. 138.

pagina seguente Macchinari stabilimenti Spigadoro e Mignini,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

52
regione17, a un vero e proprio nucleo industriale in-
tegrato da una serie di fabbriche o impianti di trasfor-
mazione (pastificio, mangimificio, mulino). Cambia-
menti che imposero la progressiva meccanizzazione
del lavoro e della vita delle persone occupate nelle
officine, anche attraverso la graduale sostituzione
della forza motrice dell’acqua con il vapore per arri-
vare poi all’energia elettrica e, osservando con stu-
pore le prime generazioni di calcolatori elettronici,
la rivoluzione informatica e digitale. Nella Bastia dei
primissimi decenni del XX secolo, nella sua grande
fabbrica di paste e di mangimi, si colgono gli effetti
della meccanizzazione in termini di razionalizzazione,
economicità e standardizzazione. Si osserva come il
potenziale tecnologico delle innovazioni si dispiega

Macchinari stabilimenti Spigadoro e Mignini,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

55
Macchinari stabilimenti
Spigadoro e Mignini,
Archivio storico
Gruppo Mignini&Petrini.

56
nel lungo periodo; le implicazioni in termini di aumen- Già negli anni Settanta dell’Ottocento Francesco Del
to della produzione e di incremento della produttività Giudice parlava dell’importanza d’assegnare al “di-
si realizzano pienamente non prima degli inizi del XX segno delle macchine”19, parere ripreso successiva-
secolo, in ritardo rispetto a quanto accadeva in altri mente da un’ampia trattatistica sulla costruzione e
paesi già dalla metà del secolo precedente. Tempi il disegno delle parti componenti le macchine20. Ba-
diversi che non impediscono di collocare Bastia nel stano queste poche considerazioni per capire che
novero di piccoli nuclei agricoli modificati dall’indu- l’idea di disegno industriale oscilla con estrema flui-
strializzazione. dità tra le forme impresse ai prodotti finiti e le singole
Si tratta di richiamare il valore di una storia,
non meno rilevante, della dimensione estetica insita
alla meccanica industriale. Nel linguaggio corrente,
con l’espressione disegno industriale (industrial de-
sign) “si intende la progettazione di oggetti fabbricati
industrialmente cioè tramite macchine e in serie”18.
Siamo in presenza però di una definizione piena di
ambiguità perché in molti altri contesti lo stesso con-
cetto serve per indicare l’aspetto esteriore e la fun-
zione di un determinato prodotto. Nel linguaggio del-
le imprese disegnare un prodotto significa sviluppare
le caratteristiche estetiche e funzionali alla luce di
elementi come, per ricordarne soltanto alcuni, la sua
commerciabilità, i suoi costi di produzione o la sua
facilità di trasporto e di riciclaggio. In questo senso
e adottando l’impostazione risultante da quanto ap- Macchinari stabilimenti
Spigadoro e Mignini,
pena detto, appare evidente che il termine di dise- Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.
gno industriale viene associato alla forma impresa al
prodotto finito. macchine o serie di macchine impiegate nella produ-
Va detto che insieme al valore in termini di bel- zione di beni di consumo diretto. Molto di più se poi
lezza posseduta dai beni risultanti da un processo si vogliono mettere in evidenza l’intreccio esistente
di fabbricazione, ci sarebbe anche la possibilità di tra le soluzioni architettoniche degli edifici predispo-
trasferire il concetto di design alle macchine utensili sti ad accogliere i processi produttivi industriali, le
e alle atmosfere degli ambienti industriali di lavoro. macchine impiegate e per ultimo i beni risultanti.

58 59
Inventario macchinari e attrezzature,
stabilimento Spigadoro, anno 1937,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

Macchine di ieri ● un ventilatore tipo scirocco con alberino


● un ventilatore tipo silenzioso
● un alternatore charetti con quadro di comando
Anno 1927
● nove motori elettrici Maretti e Browne
Inventario delle macchine e attrezzatura in servizio ● una cella Eckemberger per essicazione pasta lunga
presso il molino-pastificio Petrini di Bastia21 ● tre celle Eckemberger per essicazione pasta corta
● due apparecchi essiccatoi Fugazza
Molino da olio ● dieci apparecchi essiccatoi SCA completi con relativi
● un frantumatoio Bracci motori elettrici
● tre piccole prese idrauliche ● apparecchio essicazione Fugazza smontato
● un frantoio da olive a due macine, due prese idrauliche ● due tramogge automatiche per scarico semolino
a 4 colonne ed un castello di pompi a 7 corpi ● un montacarichi elettrico Stigler completo
● un argano di frizione completo ● diciotto forme di rame per pasta e due supporti
● un motore Browne Boveri ● due stenditori da pasta lunga
1
Marchis 1994.
● due filtri da olio ● trecentoventotto telai
2
Fabiani 2015.
● una caldaia con serbatoio
3
Cassese 2010.
4
Chapperon 1936.
● ventidue ziri da olio grandi Magazzino molino da grano 5
Azcárate Gómez 2009, pp. 35-37.
● sedici ziri da olio piccoli ● grano 6
Charles-Édouard Jeanneret-Gris (1887-1965)
● ventiquattro fusti da olio ● granone 7
Azcárate Gómez 2009, pp. 40-41. In Italia il
● mistumi primo regolamento sull’impiego del cemento
Molino da grano ● crusca armato nella costruzione di edifici è del 1907.
● tre palmenti completi
8
Sull’imponente silos in calcestruzzo armato
● veccia
realizzato nel porto di Genova, Mor 1999.
● due buratti con elevatori a veli 9
Giornale dell’agricoltura della Domenica,
● trasmissione per comando con cinghie e cuscinetto Magazzino pastificio 11 agosto 1940.
● un pulitore da grano completo di ciclone ● pasta raffinata 10
Vaquero Piñeiro 2011.
● un motore elettrico Browne Boveri HP27 ● pasta extra
11
Masi 1937.
● una gru per sollevamento macine ● pasta di 2a
12
Pagano 2008, p. 5.
13
Per un approccio di carattere generale
● pasta bruciata
all’architettura industriale, Raja 1983;
Pastificio ● pasta pura semola Darley 2007.
● una impastatrice ● pasta Spigadoro lusso 14
Neri 2003.
● una impastatrice, una gramola e una pressa idraulica ● pasta comune 15
Portoghesi, Mangione, Soffitta 2006.
completa da kg 60,00 ● pasta all’uovo
16
Smith 1995, p. 70.
● una gramola ● pasta rottami
17
Melelli, Fatichenti 2013.
● un buratto mescolatore completo con cassone e cinghie
18
Maldonado 2008.
● pizze per bestiame 19
Del Giudice, 1872.
● una caldaia per impasto ● semolino extra 20
Garuffa, 1889.
● un torchio idraulico ● semolino 21
Archivio storico Petrini-Mignini, Bastia,
● un torchio a vite ● semolato Soc. An. Fratelli Petrini, Libro inventari.

60
3
Bastia
Umbra:
città
industriale
Capitolo
orta nell’area ove la tradi-
zione situa il lacus Umber1, la dimensione storica
di “Bastia” o “Insula romana” dalle più antiche te-
stimonianze appare subordinata alla sua condizione
di punto di saldatura tra la pianura e le propaggini
appenniniche, tra i comuni di Assisi e di Perugia, tra i
corsi fluviali e i campi destinati all’agricoltura. Secon-
do quanto tramandato da non meglio precisate “me-
morie antiche”, le terre di Bastia sarebbero state do-
nate dal re goto Teodorico “a due cavalieri perugini”2.
Pur non avendo delle conferme, possiamo collegare
tale notizia o semplice congettura, alla fondazione di
un monastero femminile benedettino nei pressi della
confluenza dei fiumi Tescio e Chiascio3. Il comples-
so religioso, oggi inglobato nel recinto cimiteriale, in
origine prese il nome di San Paolo delle Abbadesse
o Fontis Tiberis e fu eretto su un terreno ceduto nel
1055 alla cattedrale di San Rufino di Assisi da una
famiglia longobarda. In particolare il cenobio viene ri-
cordato perché il 28 marzo 1211, su richiesta di san
Francesco, ci trovò protezione santa Chiara in fuga

63
da Assisi. Come conseguenza della crisi tardo tre-
centesca che vide lo spopolamento delle campagne,
il monastero fu abbandonato e nel 1389 le monache
trovarono rifugio all’interno delle mura di Assisi per
fuggire dagli scontri militari che flagellavano un punto
di strategica importanza per le truppe e i condottieri
in permanente movimento lungo le vallate umbre.
Con un nome che nel Medioevo veniva di soli-
to attribuito ai borghi fondati ex-novo con l’obiettivo
di incoraggiare la colonizzazione e la messa a col-
tura di terre paludose, la possente rocca costruita
nel corso del XV secolo attesta il valore assegnato
a Bastia, nucleo fortificato sulla sinistra del Chiascio
conteso tra perugini e assisani prima di essere inse-
rito in età rinascimentale nella signoria dei Baglioni4.
Sotto la committenza della famiglia dei Baglioni, nel
momento della sua massima potenza politica, Bastia
vive una fase di intensa attività urbanistica e artistica
come dimostra la realizzazione nel 1499 del politti-
co di Sant’Angelo di Niccolò Alunno per la chiesa
di Sant’Angelo. Chiave di accesso ai centri urbani
della valle Umbra (Foligno, Spello, Assisi), Bastia da
sempre ha saputo trarre vantaggio dal trovarsi al
centro di una fitta trama di percorsi stradali e di corsi
d’acqua la cui capillare intersecazione ha contribuito
Rocca baglionesca di Bastia Umbra
oggi monastero benedettino di Sant’Anna, a conferire regolarità alla divisione spaziale del ter-
© Francesca Giommi.
ritorio rurale intorno al nucleo urbano. Infatti punto
pagina seguente Bastia e territorio, sec. XVII,
nevralgico della rete viaria tra Perugia e Assisi è il
Archivio di Stato di Assisi,
Archivio storico del Comune di Assisi, monumentale ponte sul Chiascio costruito nel 1546-
Fondo antico, strumenti, 13.
1547 su progetto dell’architetto Galeazzo Alessi,
Ponte sul Chiascio, sec. XVII,
manufatto oggetto di continui interventi di restauro
Archivio di Stato di Assisi,
Miscellanea disegni, 2/1. a causa dei danni provocati dalle frequenti e impe-

64 65
tuose piene dei fiumi. Sede dal 1581 di una fiera di
bestiame, nel 1622 Bastia ottiene per concessione
di papa Gregorio XV il suo statuto diventando di fatto
una vera città autonoma5. Nel dare alla città un or-
ganico corpus di norme anche per quanto riguarda
il governo delle risorse del territorio e in considera-
zione di un’economia agricola che faceva largo uso
dell’acqua come fonte d’energia, nel testo statutario
si richiamano le responsabilità dei titolari degli im-
pianti molitori dislocati lungo il canale che dal Chia-
scio portava acqua sotto le mura esterne del borgo.
Le opere di canalizzazione dell’acqua e la disloca-
zione di opifici destinati alla macinazione di grano,
di olive e di altre materie prime attestano la precoce
vocazione proto-industriale di Bastia.
Dopo la nascita del Regno d’Italia e a supe-
ramento di un lungo periodo di apparente letargo,
Bastia si presentava come una cittadina che posse-
deva un istituto di credito (la Cassa cooperativa di
risparmio e prestiti), due osterie (Luigi Caldari e Ubal-
do Lolli), tre caffè (Enrico Lancetti, Giovanni Norgini
e Pietro Norgini), una farmacia (Cesare Angelini), una
fabbrica di paste di minestra (Eugenio Rossi) e un
ristretto gruppo di mercanti di bestiame, granaglie

pagina precedente Piazza del mercato di Bastia Umbra


con stabilimento Petrini sullo sfondo, © Egeo Siena.

Canale di Bastia Umbra o dei “F.lli Petrini”, prima metà XX secolo,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 149.

Cabreo monastero di Sant’Anna, Bastia Umbra


compilato dal geometra Domenico Antonelli, 1820,
Archivio di Stato di Perugia, Corporazioni religiose soppresse,
Conventi e monasteri vari di Assisi, 12.

66 67
e pollami6. La Bastia degli ultimi anni dell’Ottocento
aveva le caratteristiche tipiche di un piccolo nucleo
urbano di provincia rinchiuso entro le sue mura, con
un minimo apparato commerciale. Il quadro però è
destinato a conoscere un veloce mutamento nel ulti-
mo scorcio di secolo.
Ai primi del Novecento il territorio comunale
appariva ampiamente dominato dall’agricoltura7. In
un contesto rurale, con l’arrivo del nuovo secolo si
videro gli effetti positivi generati dalla costruzione
della stazione sulla linea ferroviaria Foligno-Firen-
ze, fino a fare diventare Bastia uno dei punti focali
dell’industrializzazione umbra8. In fretta si consoli-
darono le officine meccaniche Franchi, il tabacchi-
ficio Giontella9, il pastificio Spigadoro, la fabbrica di
conserve di pomodoro Lolli, la Società anonima fri-
goriferi Italia centrale e molte altre attività artigianali.
Superato il secondo conflitto mondiale, negli anni
Sessanta il comparto industriale esercitò un ruolo
trainante nell’economia della città, il numero delle
imprese manifatturiere raddoppiò e anche le attività
terziarie registrarono un salto in avanti. La tenden-
za demografica, prima subordinata all’agricoltura
e al commercio, poi, in pieno boom economico,
all’industria, sempre è stata positiva. Se all’epoca
dell’Unità d’Italia, Bastia contava all’incirca 3.389
abitanti, poi iniziò a crescere lentamente sino ad ar-

Arco in via dell’Insula Romana, Bastia Umbra,


fototeca Isuc, Perugia.

Porta di Sant’Angelo e arco, Bastia Umbra, © Francesca Giommi.

pagina seguente Tabacchificio Giontella, anni Quaranta, Bastia Umbra,


fototeca Isuc, Perugia.

68
rivare a 5.684 abitanti nel 1935. Tuttavia la grande a 2.249 (+54%), 683 con acqua potabile interna
svolta si colloca nel ventennio 1952-1972 quando (30%), 636 con bagno (il 28%) e 85 con impianto di
l’industrializzazione richiamò, dalle campagne cir- riscaldamento (4%). Nel 1971 la traiettoria verso il
costanti, un consistente contingente di popolazio- benessere e la comodità domestica assicurata dai
ne superando i 9.308 abitanti nel 1961. Si trattò di tempi moderni e dall’incremento dei redditi appare
un’espansione demografica definita “esplosiva”. pienamente compiuta. Le abitazioni censite14 già
sono 2.946 (+31%), l’acqua potabile è presente in
1.043 abitazioni (35%) e il bagno in 2.332 residenze
(il 79%). La grande novità nei primi anni Settanta è
la presenza di impianti di riscaldamento in 1.005
abitazioni (il 34%). È il momento in cui la popola-
zione delle campagne intorno a Bastia sperimentò
una radicale e veloce contrazione. Il paesaggio del-
le costruzioni rurali con tanto di fienili e corti, in ap-
pena un ventennio, venne sostituito da lunghe file
di palazzine e ville a schiera15 fino a collocare Ba-
stia nel novero delle città industrializzate16. Stante
le percentuali di questa tendenza, ancora allo sca-
dere degli anni Sessanta, in sede di elaborazione
I cambiamenti derivanti dalla crescita demo- del piano regolatore affidato a Giovanni Astengo,
grafica si possono seguire osservando le trasfor- s’ipotizzava per Bastia un ininterrotto incremento
mazioni accadute nel numero e nella qualità delle della popolazione fino a 30.000 abitanti. In questa
abitazioni10, a dimostrazione che l’edilizia ha rap- fase, collocabile tra gli anni ’60 e ’70 del XX seco-
presentato uno degli sbocchi occupazionali più lo, è quando Bastia, rispecchiando le tendenze che
aderenti alla realtà socio-economica dell’Umbria. permise all’Umbria di partecipare alle positive per-
Agli inizi del boom della seconda metà Novecen- formance della cosiddetta Terza Italia17, raggiunse
to, nel 1951, a Bastia si contavano 1.457 abitazioni una solida seconda posizione tra i comuni umbri
di cui soltanto 242 (il 17%) con acqua potabile in- per “grado di industrializzazione”18.
terna mentre il bagno si riduceva a 94 casi (6%)11.
Panoramica aerea, Bastia Umbra, anni Quaranta,
Dieci anni più tardi, nel 196112 quando la guida
fototeca Isuc, Perugia.
del Touring Club Italiano definisce Bastia “centro
pagina seguente Vista aerea di Bastia Umbria, in primo piano la rocca,
dall’aspetto moderno”13, le abitazioni erano salite stabilimento Spigadoro sulla destra, © Franco Pastorelli.

70 71
In realtà già all’epoca del suindi- industriale e commerciale testimonia- parti contribuendo complessivamente a conferire al percorso di ininterrotta tendenza a intercettare e in-
cato piano generale cittadino si alzarono ta dall’annuale celebrazione, a partire territorio di Bastia una precisa identità economica la terpretare la modernizzazione del lavoro in fabbrica.
delle voci critiche esprimendo parecchie dal 1969, della mostra mercato dell’a- quale ancora rimane seppur con qualche significativa Tuttavia la vanga ben presente nello stemma della
perplessità in merito all’effettiva possibi- gricoltura, oggi più conosciuta con il mutazione. città ricorda però la lunga dialettica con le acque e
lità di prolungare dinamiche di crescita nome di «Agriumbria». I settori trainanti Le voluminose fabbriche erette a emblema lo sforzo per la creazione di terreni adatti alla pratica
così imponenti. Effettivamente, con gli nel passaggio di secolo sono cambiati dello sviluppo economico di metà del secolo scorso dell’agricoltura e allo sviluppo dell’economia.
anni Ottanta la parabola della popola- (meccanica di precisione e tecnologia in sono state sostituite, quasi inconsapevolmente, da
zione di Bastia andò incontro a un pro- testa) e la dimensione degli stabilimenti un modello di industria diffusa che richiede impianti 1
Cristofani 1872.
gressivo assestamento su cifre decisa- si è radicalmente ridimensionata. Tra- meno invadenti, da ricercare con attenzione in una 2
Chiaverini, Cordella 2013, p. 7.
mente più contenute. Pur in presenza montata l’epoca dei grandi stabilimenti campagna fittamente edificata. Nonostante i cam- 3
Farnedi, Togni 2014, pp. 12-14.
4
Le altre località della signoria dei Baglioni
di un trend di lungo periodo positivo, in verticale riconoscibili da lontano, oggi biamenti accaduti Bastia Umbra agli inizi del XXI se-
erano Spello, Cannara, Torgiano, Bettona,
nel 1981 gli abitanti della città umbra si tendono a predominare i profili orizzon- colo attestano la presenza di spinte che convergono Collazzone e Collemancio.
collocarono intorno ai 14.923 abitanti. tali dei luoghi di lavoro a seguito anche nel conferire a un territorio quella “coscienza”, quel 5
Guarino 2004.
6
Comez 1888, pp. 19-20.
Negli ultimi decenni del secolo scorso, della moltiplicazione di grandi esercizi patrimonio comune che affonda le sue radici nella 7
http://archivio.comunebastiaumbra.gov.it/urp/
i fenomeni migratori, prima prevalente- commerciali. Sulla storia e le trasforma- storia, non sempre visibile di primo acchito, ma che informazioni/urbanlab_relazione.pdf
mente dal sud della penisola e succes- zioni dell’apparato industriale di Bastia si può dimostrare fondamentale soprattutto per ri-
8
Vetturini 1997, pp. 293-304.
9
Grilli 2016.
sivamente anche da paesi extraeuropei, ancora mancano degli studi specifici in partire nei momenti di crisi economica22. Il consolida- 10
Baldini 2010.
hanno contribuito in maniera significativa quanto esso costituisce una realtà ibrida to profilo industriale guadagnato dal comprensorio di 11
9° Censimento generale della popolazione.
al costante aumento della popolazione che sfugge a dei facili schematismi poi- Bastia nel corso della seconda metà del XX secolo, Fasc. 50. Provincia di Perugia, Roma, Istat,
1954, p. 42.
che raggiunge nel 2006 i 20.294 abitan- ché se da un lato presenta un assetto lo si evince dall’esistenza nel 2001 di 1.792 imprese 12
10° Censimento generale della popolazione,
Bastia Umbra, via Roma.
ti. Al censimento del 2011 gli abitanti di produttivo ove si riconoscono dei tratti di cui 339 manifatturiere per un totale di 3.204 ad- Roma, Istat, 1965.
Bastia risultano 21.653. Un andamento riconducibili al modello del grande im- detti. In base ai dati contenuti nel 14° censimento
13
Umbria 1966, p. 164.
14
11° Censimento generale della popolazione.
demografico sempre in salita al quale corrisponde pianto ternano, dall’altro si evincono degli elementi generale della popolazione23, agli inizi del XXI secolo, Fasc. 51. Provincia di Perugia, Roma, Istat,
inoltre un profilo ascendete anche per quanto con- tipici dei sistemi industriali di matrice distrettuale20. divisi per settori economici, gli occupati continuano 1973, pp. 48-49.
15
Grilli 2019.
cerne l’evoluzione del reddito individuale il quale è Con ciò risulta evidente che la traiettoria industria- a concentrarsi prevalentemente tra il settore indu- 16
Ciuffetti 2004, pp. 34-37.
passato da 14.424 euro lordi nel 2001 a 19.537 euro le di Bastia costituisce un eccellente caso di studio striale (3.204) e terziario (2.792), mentre l’agricoltura, 17
Bagnasco 1977.
lordi nel 2016. sulle valenze territoriali della metamorfosi economica nettamente predominante fino a quasi mezzo secolo 18
Imprenditorialità 1983, p. 229.
19
Torre 2011.
Nel segno della continuità, dei fili profondi che dell’Umbria contemporanea21. A partire da una se- prima, appare rappresentata da appena 195 unità. 20
Ferrucci 2019.
segnano le variabili che concorrono alla costruzione rie di esperienze manifatturiere tradizionali (tabacco, Si potrebbe dire che da quando tra Medioevo ed 21
Grasselli 2002.
impercettibile dell’essere dei luoghi , la realtà so-
19
pomodori, pasta), nel corso del XX secolo il panora- Età Moderna il territorio di Bastia cominciò a esse- 22
Becattini 2015.
23
14° Censimento generale della popolazione
cio-economica di Bastia Umbra continua a rimanere ma andò incontro a un progressivo arricchimento di re puntellato da mulini e frantoi ai moderni centri di
e delle abitazioni, 21 ottobre 2001, Roma,
saldamente legata alla sua condizione di crocevia imprese e attori privati in una svariata serie di com- progettazione e montaggio, si disegna un secolare Istat, 2005, p. 96.

72 73
4
La Petrini:
una fabbrica
identitaria

Capitolo
riginari di Santa Maria Rossa,
piccola frazione alle porte di Perugia, la famiglia Pe-
trini risulta insediata a Bastia alla fine del XVIII secolo.
Attivi nell’acquisto di beni fondiari, nella concessione
di prestiti e in operazioni commerciali, agli inizi del
XIX secolo Antonio Petrini del fu Giuseppe gestiva
in regime di locazione il mulino proprietà della fami-
glia Baldeschi, imparentata con i Baglioni1. Infatti nel
1822 il Gonfaloniere di Bastia attesta che nella par-
ticella denominata “le basse” si localizzava un “mo-
lino a grani a tre macini e valchiera” appartenente
a Petrini Antonio quondam Giuseppe2. L’impianto e
la chiusa in corrispondenza del ponte sul Chiascio
risultano ben visibili nelle piante di Bastia dei secoli
XVII-XVIII: un edificio con due archi sotto i quali scor-
reva l’acqua e che di fatto creava un collegamento
tra l’abitato e la grande isola formatasi in mezzo al
fiume. Andando avanti nel tempo, negli anni Tren-
ta dell’Ottocento e a dimostrazione di un precoce
spirito d’intraprendenza, Antonio ottiene dalla Sacra
Congregazione delle Acque l’autorizzazione per la

75
costruzione di un nuovo mulino a valle di quello già attraverso la costruzione di opifici idraulici sempre più
esistente. La creazione di un nuovo impianto moli- perfetti e multifunzionali4. Per il 1843 le testimonianze
torio, tuttavia, alimentò un intricato contenzioso in d’archivio indicano l’esistenza di diversi impianti mo-
quanto la licenza camerale includeva pure l’accesso litori e ad Antonio Petrini viene concessa l’autorizza-
alle acque del canale, disputa sull’utilizzo delle risor- zione ad aprire nelle mura cittadine una nuova porta
se idriche che quasi di sicuro rinvia agli antichi diritti e al fine di consentire il movimento, giorno e notte, di
prerogative godute dai Baglioni in qualità di signori di uomini e granaglie tra i mulini e i depositi di immagaz-
Bastia e del suo territorio. L’impianto dei Petrini rima- zinamento localizzati all’interno del nucleo abitato.
se attivo anche dopo il grave terremoto che colpì il 13 Come già detto in precedenza, la storia di Ba-
gennaio 1832 un’ampia area del centro di Italia3. Da stia all’epoca del dominio temporale dei papi appare
queste prime attestazioni documentarie, poche ma subordinata all’uso della forza motrice dell’acqua.
comunque rivelatrici di una propensione alla cresci- La stessa storia di Bastia è una lunga esperienza di
ta delle attività manifatturiere, inizia a configurarsi la opere di bonifica per guadagnare delle terre utili da
progressiva trasformazione della zona di Moncioveta destinare all’agricoltura. Interventi di canalizzazione,
di risanamento, di contenimento scandiscono la traiet-
toria temporale di Bastia sino alla fine del XIX seco-
lo. La particella ove dall’inizio dell’Ottocento viene
documentata l’esistenza di un complesso molitorio
riconducibile alla famiglia Petrini ne è una puntuale
testimonianza. Perciò nella loro dimensione locale
Bastia Umbra e il suo territorio sono l’espressio-
ne del lungo e travagliato rapporto intessuto tra le
comunità di pianura e le acque che troppo spesso
scendevano in maniera torrenziale dalle colline cir-
convicine (quando i fiumi erano pieni d’acqua!!). Una
storia, da rintracciare nella memoria collettiva dei
luoghi, che vincola uomini e acque come fedelmente
cattura una delle prime fotografie di Bastia in cui si

Catasto Gregoriano, prima metà XIX secolo,


Archivio comunale di Bastia.

pagina seguente Ponte sul canale del Chiascio e porta di Sant’Angelo,


inizi XX secolo, fototeca Isuc, Perugia.

76 77
vede, in corrispondenza della porta Sant’Angelo, un
folto gruppo di persone in bella posa sopra uno dei
ponticelli costruiti al fine di consentire il superamento
del canale la “Forma” che lambiva le mura del bor-
go. Canale, rimasto aperto fino agli anni Trenta del
Novecento, che portava acqua fino al mulino Petrini.
Dopo i riscontri posseduti per la prima metà
dell’Ottocento, nei censimenti della proprietà portati
a termine subito dopo la nascita del Regno d’Ita-
lia, i Petrini compaiono in qualità di proprietari di un
mulino a grano presso il quale lavoravano tre uomini
con una produzione annuale di 150 rubbi di farina.
Appaiono con la qualità sociale di “possidenti”. Allo
stesso tempo erano proprietari di una gualchiera e,
aspetto molto più significativo in termini di moder-
nizzazione delle pratiche agricole, di una mola per
la produzione di olio di sansa di lino, sostanza che
allo scadere del XIX secolo segnò una svolta nella
storia dei mangimi zootecnici. La manualistica agro-
nomica di metà Ottocento sottolineava le proprietà
che aveva il somministro di sansa di colza o di lino
al bestiame in quanto costituiva un integratore che
arricchiva di sostanze organiche il normale letame di
stalla5. Sono gli anni, inoltre, in cui lo zuccherificio di
Foligno reclamizzava il “foraggio melassato” definito
“un mangime genuino, ricco di principi nutritivi” per
l’ingrassamento dei bovini e dei suini nonché per ot-
tenere un aumento della produzione di latte6. Siamo
Canale del Chiasicio o dei “ Fratelli Petrini”, agli inizi della rivoluzione mangimistica e Bastia, con i
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 149.
Petrini, cominciava a ritagliarsi un ruolo ben specifico.
pagina seguente Acquisti di terreni e operazioni fondiarie
Attraverso l’acquisto di appezzamenti di terra,
da parte della famiglia Petrini, anni 1925-1934,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 149. nei primi anni del XX secolo, i Petrini rafforzarono la

78 79
loro posizione patrimoniale lungo il canale del Chia- dal municipio in cui potevano restare accese fino alle to di vista dell’igiene pubblica. Nel 1923 si verificò
scio, consolidamento fondiario che non lasciò di sol- due di mattina. Tuttavia nei mesi compresi tra il 15 di l’ennesima rottura della diga e nel 1926 i fratelli Pe-
levare dei contrasti con gli altri proprietari della zona luglio e il 15 di ottobre, in caso di mancanza di acqua trini comunicarono al Comune la loro volontà di ri-
i quali si lamentavano presso le autorità competenti sufficiente a garantire il regolare funzionamento del nunciare gratuitamente a qualsiasi diritto sul canale
perché i lavori condotti dai Petrini nel canale, di fatto mulino, le lampade ad arco dovevano essere spen- del mulino9. Negli anni successivi l’amministrazione
gestito in regime di monopolio, erano la causa di fre- te tranne i giorni festivi e in occasione di pubbliche comunale di Bastia procedette al prosciugamento
quenti e rovinosi allagamenti. Va detto che nel 1901 ricorrenze. Come attesta il caso puntuale di Bastia, del canale trasformandolo in una strada esterna alle
Ettore Petrini si rese promotore dell’allestimento di l’industria dell’energia elettrica svolge un ruolo cen- mura cittadine. A partire dagli anni Trenta il canale
una piccola centrale idroelettrica. Novità che ebbe trale nel contesto economico non solo per la novità di origine medievale, asse conduttore della città per
delle positive e immediate conseguenze. tecnologica o l’influsso psicologico che ebbe sulle secoli, divenne un semplice ricordo.
Espressione dei percorsi di ascesa socia- persone ma anche perché nelle notti piene di luce Nel contesto di una ininterrotta diversificazio- Belloni, Giulio (pastaio), Bastia
le ed economica dell’imprenditorialità commerciale artificiale le città acquistarono una nuova dimensio- ne produttiva, un passo decisivo fu l’installazione di Bistocchi, Francesco (operaio), Bastia
dell’Italia giolittiana, il 30 dicembre 1902, la giunta ne. Con l’illuminazione nasceva un nuovo paesaggio un piccolo pastificio, capace di produrre ogni gior- Broccatelli, Luigi (mugnaio), Bastia
comunale di Bastia deliberò di concedere a Ettore notturno8. I Petrini gestirono il servizio di illumina- no da 15 a 20 quintali di pasta. Si davano i primi
Broccatelli, Pasquale (pastaio), Bastia
Petrini l’accensione dei “lampioni per l’illuminazione zione pubblica di Bastia fino al 1911 anno in cui la passi verso un’integrazione verticale della produzio-
pubblica”. La grande novità arrivò alcuni mesi dopo concessione fu ceduta a Ubaldi Giovanni Battista di ne nell’unire fisicamente fabbricazione della farina e Cavallini, Antonio (pastaio), Bastia
e Bastia divenne uno dei primi comuni umbri a uti- Assisi proprietario di abbondanti riserve d’acqua da della pasta. La dotazione meccanica era composta Coletti, Aspidio (pastaio), Bastia
lizzare l’energia elettrica per l’illuminazione pubblica. utilizzare a fini industriali. da due impastatrici con due gramole, una pressa Cossali, Olivo (pastaio), Bastia
L’amministrazione comunale sottoscrive con Ettore Ritornando alle vicende del complesso mo- idraulica, un torchio a vita meccanica e quattro celle
Del Mauro, Giuseppe (pastaio), Bastia
Petrini, proprietario della necessaria forza motrice litorio e in considerazione della disponibilità di una di essicazione in muratura10. Negli anni successivi il
idraulica nonché “amante del progresso e del de- più moderna e sicura fonte di energia, la ruota del piccolo pastificio fu ampliato sino ad occupare tutta Falcinelli, Antonio (pastaio), Bastia
coro del proprio paese”7, un accordo in ragione del mulino venne sostituita da una turbina metallica. Nel la superficie a confine con il canale. Nel 1927 si creò Lazzari, Virgilio (pastaio), Bastia
quale l’imprenditore avrebbe garantito l’allestimento 1908 il mulino disponeva di due motori a vapore la società per azioni “Molino & pastificio F.lli Petrini” Mammini, Salvatore (pastaio), Bastia
di quattro lampade ad arco da novanta ampere e 53 da 25 HP e di uno idraulico da 80 HP; occupava 10 dotata di un capitale sociale di lire 300.00011. La so-
Plini, Luigi (pastaio), Bastia
lampade a incandescenza di cui 19 con un’intensità operai. Sono gli anni in cui il vecchio mulino a zolfo cietà dei fratelli Petrini, tipica espressione del capita-
Plini, Umberto (pastaio), Bastia
luminosa pari a 25 candele mentre le 34 restanti di venne sostituito da un altro per la macinazione delle lismo familiare italiano, aveva sede sociale a Bastia
16 candele. L’energia fornita doveva anzitutto servire olive. In questo modo, lo spazio dell’isola formatasi Umbra e il suo scopo era la macinazione di cereali, Signi, Antonio (pastaio), Bastia
a illuminare gli uffici del Comune, la scuola serale, nel canale si era riempito di una pluralità di piccole la fabbricazione di paste alimentari, la spremitura di Teofini, Domenico (pastaio), Bastia
i pubblici lavatoi, il mattatoio e l’orologio pubblico. attività manifatturiere. Per effetto dei cambiamen- olive e il commercio di olio e altri generi alimentari.
Nel contratto si decide che le quattro lampade ad ti nel reperimento delle fonti di energia, il vecchio Per il 1934 possediamo il primo elenco degli operai
arco rimanessero accese di norma tutti i giorni fino corso d’acqua perse la sua funzione diventando un occupati presso il mulino-pastificio dei fratelli Petrini
alla mezzanotte, ad eccezione di venti notti decise retaggio del passato nonché un problema dal pun- di Bastia12:

80 81
Nonostante dall’inventario di magazzino risul- mento dei costi, non coperti da maggiori ricavi a se-
ti la produzione dal 1927 di una “pasta Spigadoro guito del blocco dei prezzi sui generi da noi prodotti.
lusso”, bisogna aspettare il 6 ottobre 1937 per do- A ciò si aggiungono i vincoli opposti dalle autorità
cumentare la registrazione a Roma del marchio “Pa- sulle varie qualità della produzione, vincoli che non
sta di lusso La Spigadoro S.A. Molino e Pastificio F.lli ci hanno consentito di ritrarre dalla produzione spe-
Petrini di Bastia”13. A pianterreno dell’impianto tro- cializzata tutti quei vantaggi che avremmo potuto e
varono posto le macchine per la lavorazione mentre che sarebbero stati necessari per coprire appunto i
al piano superiore vennero installati gli apparecchi maggiori costi e i maggiori oneri16.
per l’essiccamento della pasta. Il pastificio posse- - 16 aprile 1944: difficoltà sempre crescente
deva un motore elettrico della potenza di 27HP e di che l’industria incontra specie nel servizio dei tra-
tre macine in pietra del sporti e per i continui allarmi
diametro di 1,30 metri aerei, difficoltà che rendono
ciascuna. Tali macine ga- precaria la vita aziendale nel
rantivano una produzione suo ritmo di costante ed uni-
oraria di circa 160 kg di forme produzione17.
macinato ognuna14. Nel - 30 aprile 1946: fino a
1939 gli immobili furono che non saranno tolti del tut-
oggetto di un significativo to i vincoli relativi alla distri-
rinnovamento con un au- buzione dei generi alimentari
mento del capitale socie- fondamentali pane e pasta
tario fino a 400.000 lire. anche il nostro lavoro non
Alla fine degli anni può assumere tutto quello
Trenta nel territorio del comune di Bastia si contava- sviluppo che è nel nostro programma e nei nostri
no tre impianti molitori a palmenti con una capacità voti. Speriamo che quanto prima venga ripristinata
produttiva giornaliera complessiva di 190 quintali di anche in questo campo la libertà di movimento che
grano15. Negli anni immediatamente successivi, le ci dovrà consentire di poter lottare in regime di con-
Statuto società Spigadoro difficoltà degli anni Quaranta conseguenti allo stato correnza con le altre aziende similari.
dei fratelli Petrini, anno 1927,
Archivio storico
di guerra emergono dai verbali delle assemblee so-
Gruppo Mignini&Petrini, 137. cietarie: Appena finiti gli anni più duri del secondo do-
Documento commerciale - 30 marzo 1941: stato di guerra; si sono ag- poguerra, in Umbria si contabilizzavano 26 mulini e
per il rifornimento di apparecchi,
gravate le spese per le continue nuove provvidenze
anno 1928, Archivio storico Stabilimento f.lli Petrini a Bastia Umbra,
Gruppo Mignini&Petrini, 137. a favore degli operai, nonché per la tendenza all’au- Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 459.

82 83
Stabilimento Spigadoro di Bastia Umbra,
da Covino, Pacini 2010, pp. 51, 53, 67.

pagina seguente Libri e documenti societari,


anni 1927-1942,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 1-2.

84 85
‘pastificatori’ per un totale di 596 operai. A Bastia
si ritornò alla normalità dopo la rimessa in funziona-
mento del molino e del pastificio gravemente dan-
neggiati dai bombardamenti. Nel 1946 in seguito alle
cresciute esigenze, il vecchio molino venne smantel-
lato per edificarne uno nuovo a cilindri con annesso
un silos della capacità di 40.000 quintali di grano.
L’impianto Petrini passò da categoria artigianale (I)
a industriale (II). Sull’area del vecchio molino sorse-
ro i magazzini del pastificio. Nel 1947 fu rinnovato il
marchio “La Spigadoro” e venne realizzato un nuovo
mulino della capacità di 40.000 quintali di grano im-
magazzinato. Nel contesto di un progetto industriale
orientato alla diversificazione produttiva, nel 1954 i
fratelli Petrini si aprirono alla produzione di mangimi
bilanciati per l’alimentazione animale, un ramo indu-
striale che all’epoca stava iniziando a impiantarsi in
Italia. Si trattava infatti di un settore nuovo con una
forte presenza di ditte straniere ma i Petrini già ne-
gli anni Venti avevano iniziato a compiere le prime
sperimentazioni circa l’alimentazione del bestiame
con mangimi di origine industriale. Come già det-
to, nell’inventario del 1927 si parla dell’esistenza in
magazzino di “pizze per bestiame”18. Erano i tenta-
tivi inziali della “Società per azioni molino pastificio
mangimificio fratelli Petrini” di aprirsi al promettente
settore dei mangimi zootecnici.

pagina precedente Progetti per costruzione


mangimificio f.lli Petrini, anno 1963, Bastia Umbra,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 459.

Operaie dello stabilimento Spigadoro, Bastia Umbra,


© Egeo Siena.

87
Trattandosi ancora a metà del XX secolo di un
settore quasi completamente sconosciuto, i primi
tentativi ebbero un carattere puramente esperimen-
tale; tuttavia, dinanzi ad un mercato in rapida espan-
sione, il piccolo molino con miscelatore fu sostituito
da macchinari sempre più perfetti, dispositivi a co-
mando elettronico e da bilance automatiche ad alta Progetti per ampliamento
precisione. Insieme all’uso di moderne apparecchia- dello stabilimento f.lli Petrini,
Bastia Umbra, anni 1963-1970,
ture, i rigorosi controlli delle materie prime impiega- Archivio storico
te e la continua ricerca scientifica onde individuare i Gruppo Mignini&Petrini, 459.

88
Progetti per la costruzione
del mangimificio f.lli Petrini,
anno 1962, architetto Dino Lilli,
Archivio storico
Gruppo Mignini&Petrini, 459.

90 91
Progetti, planimetrie e fotografie di edifici
del gruppo f.lli Petrini, Bastia Umbra, anni 1964-1987,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 459.

92
Silos e impianto mangimistico del gruppo f.lli Petrini, Bastia Umbra, 1970,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, 459.
metodi migliori per una produzione qualitativamente Furono gli anni in cui l’intera area coinvolta
superiore, fornirono le più convincenti prove sulla dallo stabilimento Petrini raggiunse i 75mila metri
Ciminiere stabilimento f.lli Petrini, bontà degli investimenti compiuti. Contemporane- quadri. L’ingrandimento degli edifici di immagazzina-
Bastia Umbra, anno 2015,
amente furono incrementati e potenziati gli impianti mento delle materie prime e di trasformazione ebbe
© Francesca Giommi.
del pastificio e del molino. Sulla scia di una crescita anche come risultato la distinzione fra due linee pro-
costante, agli inizi degli anni Sessanta, concreta- duttive: una rivolta alla trasformazione giornaliera di
mente il 29 novembre 1963, l’architetto nonché pro- 1.200 quintali di grano duro e un’altra di 600 quintali
fessore dell’accademia di Belle Arti, Dino Lilli proget- al giorno di grano tenero. Nel 1984 fu intrapresa la
tò un nuovo impianto di stoccaggio della capacità di realizzazione di una struttura destinata allo stoccag-
100.000 quintali19. Intervento che va ggiunto a quelli gio grani. In questo modo e seguendo la scansione
di Riccardo Morandi e Pier Luigi Nervi per il non mol- degli investimenti avvenuti nel corso del Novecen-
to distante stabilimento Montedison di Santa Maria to l’area appena fuori dal nucleo abitato di Bastia, lì
degli Angeli. In questo modo e attraverso la realiz- dove si trovava l’isola originaria, finì per acquisire la
zazione di colossali strutture in cemento armato, il fisionomia derivante dall’ininterrotta giustapposizio-
territorio del comprensorio Bastia-Assisi si caratte- ne di diversi stili e linguaggi architettonici20.
rizza per la presenza di una ricca serie di emergenze
industriali di grande rilevanza che vanno a comporre Stabilimento f.lli Petrini, Bastia Umbia,
un ricco patrimonio di architettura industriale. Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

97
Il mangimificio, ulteriormente meccanizzato ed
ampliato, si dimostrò comunque non sufficiente a
fronteggiare la richiesta di prodotto. Inoltre l’evoluzio-
ne tecnica, i risultati forniti dalla ricerca di laboratorio,
e il bisogno di allinearsi a un ritmo di produzione più
intenso, imposero la necessità di programmare la
costruzione di un più capiente mangimificio che en-
trò in funzionamento negli anni Settanta. L’impianto
aveva la capacità di immagazzinare sino a 200.000
quintali di materie prime, con una potenzialità di
10.000 quintali al giorno. Il nuovo impianto un vero
colosso di cemento e acciaio divenne uno dei sim-
boli percettibili della massiccia industrializzazione del
comprensorio di Bastia. Da molti chilometri di distan-
za svettava il nuovo complesso con la monumentale
scritta “Petrini” a voler rimarcare una precisa presen-
za, consolidatasi nel corso del tempo in superficie e
in altura, offriva un netto e armonico contrasto con
il dolce profilo della pianura. Tra gli anni Sessanta

Stabilimento f.lli Petrini,


Bastia Umbra, 2019,
© Francesca Giommi.

98 99
cancello metallico, quella frontiera che per decenni 6
Annuario folignate, Foligno, Unione
tipografica, 1911.
aveva simboleggiato l’ingresso nel sognato mondo 7
Archivio storico comune di Bastia, Delibere
del lavoro e del reddito sicuro. Poi arrivarono le con- del consiglio (dal 17/7/1898 al 10/11/1907),
ferme e Bastia toccò con mano che neppure essa c. 198.
8
Fontana 1981, pp. 114
rimaneva immune ai programmi di riconversione in- 9
Archivio storico comune di Bastia, Registro
dustriale. La comunità si rese conto con un senso di del consiglio comunale (1921-1931), n. 33,
impotenza e sgomento che stava per perdere la sua c. 102
10
Per la storia dei pastifici in Italia, Gonizzi 1995;
grande fabbrica. Nessun processo di questa natura Pasta de Cecco 2006.
si presenta né di facile gestione né tanto meno di im- 11
Archivio storico Mignini-Petrini (Bastia), Sc.
mediata accettazione. La chiusura degli stabilimenti An. Fratelli Petrini, Registri soci.
12
Archivio storico comunale di Bastia Umbra,
industriali spezza numerosi fili e traiettorie personali. Atti amministrativi 1926-1945, 1934, cat. X,
Per fortuna non tutti i posti di lavoro andarono persi Lavori pubblici e comunicazioni.
13
Archivio Centrale dello Stato, http://dati.acs.
nella costruzione di un nuovo soggetto industriale, la
beniculturali.it/mm/local/
Mignini&Petrini, che di fatto oltre a incorporare edifici 14
Covino, Pacini 2010, p. 36.
e marchi si faceva pure carico, forse con un pizzico di 15
Archivio storico comune di Bastia, Atti
amministrativi 1926-1945, 1934, cat. X, Lavori
inconsapevolezza, di tenere in vita luoghi così carichi
pubblici e comunicazioni.
di memoria. Avviatosi ormai il nuovo Millennio che ha 16
Archivio storico Mignini-Petrini (Bastia), Soc.
portato con sé una drammatica perdita di tante cer- An. Fratelli Petrini, Verbali adunanze generali,
fasc. 2, p. 75.
tezze considerate pienamente acquisite e conclusa- 17
Archivio storico Mignini-Petrini (Bastia), Soc.
si la grande stagione che aveva contributo in modo An. Fratelli Petrini, Verbali adunanze generali,
e Settanta del XX secolo, Senza soluzione di incisivo a modellare la forma e l’identità della città e fasc. 3, pp. 19 e 33.
18
Archivio storico Mignini-Petrini (Bastia), Soc.
nel momento di massima continuità, sul finire del ’900 collocando le vicende di Bastia in un contesto molto
An. Fratelli Petrini, Libro inventari.
capacità produttiva, pres- l’intera area della Petrini più ampio, i rumori provenienti dalla fabbrica hanno 19
Nel 1960 Dino Lillo firmò un primo progetto
lasciato il posto a un silenzio che avvolge la quotidia- di ingrandimento del silos. Altri progetti furono
so lo stabilimento Petrini cominciò a diventare sem-
incaricati nel 1970 all’ingegnere Gianluigi Galli
di Bastia lavoravano più pre più silenziosa. Arrivati nità delle persone le quali continuano ad avere però di Assisi e alla Società cooperativa muratori
di 600 unità di personale alle soglie del XXI secolo nel rapporto con gli edifici una tangibile risorsa con e cementisti di Ravenna.
cui riempire un vuoto diventato sentimento.
20
Secondo quanto previsto dalla legge regionale
tra dirigenti, operai, tecnici e impiegati vari. La sire- e come conseguenza di dolorosi processi di ristrut-
dell’Umbria n. 5 del 20 marzo 2013 in materia
na della fabbrica scandiva i ritmi della vita dell’intera turazione industriale, si dirama il costante viavai dei di “Valorizzazione del patrimonio di archeologia
comunità cittadina che finì con l’identificarsi con il camion e dei operai in entrata e uscita sotto il grande 1
Guarino 1999. industriale” al complesso industriale Petrini
2
Mencarelli 1990. di Bastia Umbra è stato riconosciuto un valore
grande complesso industriale. Sono i simboli della 3
Barlocchi 1832. per la cultura e lo sviluppo economico
fase storica che segna la punta più alta della simbio- Stabilimenti gruppo Mignini&Petrini, 4
Covino, Pacini 2010, pp. 32-119. del territorio, Pinna 2017.
si tra città, fabbrica e corpo sociale21. Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. 5
Ragazzoni 1847, p. 334.
21
Croci 2015.

100 101
5
Petrignano:
borgo rurale
sul Chiascio

Capitolo
tracciare uno dei tanti pun-
ti di contatto che concorrono a definire una storia
comune, il Chiascio o Chiagio prima di attraversare
il territorio di Bastia spingendosi fino a lambire le
mura del borgo dei Baglioni, fa altrettanto a Petri-
gnano, pochi chilometri più a nord. Non a caso an-
che la storia di questa piccola frazione del comune
di Assisi1 appare strettamente legata alla costruzio-
ne e controllo di un ponte sul fiume2. L’origine del
borgo, localizzato sulla sponda destra del Chiascio,
si colloca nell’ambito dell’azione di bonifica e co-
lonizzazione fondiaria promossa nel medioevo dai
monaci benedettini di San Pietro di Perugia (da cui
il suo nome!) lungo le vallate che componevano
il sistema fluviale del Tevere. Stringendo i punti di
contatto delle aree al centro della nostra riflessione,
se il ponte di Bastia era di strategica importanza
per il movimento degli uomini e delle merci attra-
verso la direttrice Perugia-Assisi, l’enclave di Petri-
gnano svolgeva altrettanta identica funzione nella
maglia stradale che si snodava verso gli Appennini

103
e le Marche. Nel 1254 si attesta la realizzazione del di grano, 2.589 quintali di granoturco e 8,20 quintali
pontis Petrognani 3. di orzo, questi due ultimi (granoturco e orzo) per uso
Corsi d’acqua, ponti, insediamenti religiosi. esclusivamente zootecnico4. Le attività industriali
Perciò entrambe le località, Bastia e Petrignano, erano minime, con una percentuale di addetti molto
tramandano il ruolo di cerniera svolto per secoli dai bassa. A Petrignano, rispecchiando una situazione
territori umbri e oggi sappiamo quanto siano impor- che si dimostrava ben lontana dai cambiamenti fa-
tanti i luoghi di incrocio e di scambio nel favorire la voriti dal boom economico post-bellico, dopo il falli-
sedimentazione di esperienze professionali e indu- mento nel 1956 dell’officina meccanica Cicogna che
striali. Petrignano, però, a differenza di Bastia non si dava lavoro a 60 operari, si contavano una piccola
trovò mai nelle condizioni di ottenere l’indipendenza, fornace di mattoni e una fabbrica di conserva di po-
rimanendo nel corso dei secoli uno dei castelli o bai- modoro, entrambe attive alcuni mesi all’anno.
lie sotto la giurisdizione del comune assisano. Sul Già in piena seconda metà del XX secolo, il
finire del Cinquecento il ponte di Petrignano venne piccolo borgo rurale di Petrignano si impone all’at-
gravemente lesionato da una piena e non fu più ri- tenzione dell’opinione pubblica sulla scia dei piani di
costruito fino al 1875. Tuttavia, nel corso della ritirata rilancio economico promossi dalla legge n° 976 del
delle truppe tedesche, il ponte venne demolito il 14 9 ottobre 1957 contenente misure tese alla “salva-
giugno 1944 per essere ulteriormente ricostruito ap- guardia del carattere storico, monumentale e artisti-
pena conclusosi il conflitto mondiale. co della città e del territorio di Assisi, nonché per
Il panorama economico di Petrignano e delle conseguenti opere di interesse igienico e turistico”.
sue aree limitrofe, negli anni immediatamente suc- In particolare, l’art. 14 di predetta normativa stabiliva
cessivi al 1945, appare nettamente dominato da che per consentire il libero sviluppo delle attività arti-
un’agricoltura poco innovativa e dallo svolgimento giane, di quelle industriali senza deturpare il caratte-
di attività derivanti dalla trasformazione di derrate re storico-monumentale e paesaggistico della città e
agricole. Prima della fine degli anni Cinquanta, cir- del territorio di Assisi, entro due anni dalla presente
ca il 48% della popolazione attiva di Assisi appariva legge, designerà, d’intesa con la Sovrintendenza ai
occupata nel settore primario. Complessivamente monumenti dell’Umbria e in armonia con i piani par-
nelle frazioni intorno ad Assisi si contabilizzavano 16 ticolareggiati e con il piano territoriale, le zone dove
mulini per una capacità molitoria di 21.597 quintali consentire lo sviluppo delle predette attività. Allo sco-
po di agevolare il trasferimento o il nuovo impianto di
Fiume Chiascio e Petrignano di Assisi, prima metà XX secolo,
imprese artigiane o industriali nelle zone prescelte,
per gentile concessione di Romolo Cesaretti.

Torre della rocca di Petrignano di Assisi, 2019, Ponte sul Chiascio a Petrignano di Assisi,
© Francesca Giommi. per gentile concessione di Romolo Cesaretti.

104 105
l’art. 15 prevedeva la concessione alle imprese che Va detto che la misura per il rilancio di Assisi
avessero istituito i loro impianti nel periodo di cinque si colloca in un contesto estremamente difficile per
anni “l’esenzione da ogni imposta erariale provincia- l’Umbria. La regione negli anni ’50-’60 era lo scena-
le e comunale, relative sovrimposte per la durata di rio, come del resto accadeva in molte altre parti del
anni 10 dalla istituzione dell’impianto”. Alla luce di paese, di un lento e a tratti lacerante processo di
una legislazione così favorevole, risulta facile capire modernizzazione ove il vecchio sistema socio-eco-
che la legge speciale per il comune di Assisi fu pen- nomico imperniato sull’agricoltura, stava tramontan-
sata quale strumento attraverso il quale stimolare il do trascinato dall’avanzata tumultuosa di una nuova
rilancio economico del comprensorio della cittadina realtà sociale e residenziale alla quale, però, veni-
umbra. Non a caso siamo negli anni in cui in Umbria vano a mancare dei precisi punti di riferimento. Per
si portò avanti un’intensa azione di programmazione quanto ci interessa è la chiusa e depressa Umbria
e di elaborazione di piani di sviluppo, molti dei quali descritta da Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia6,
ebbero come risultato finale la nascita della Regione autore il quale, con un ampio ricorso alla retorica,
dell’Umbria nel 19705. presenta la vocazione naturale dell’Umbria di essere
terra di santi e di spiritualità. Al di là delle licenze sti-
pagina precedente Chiesa di San Carlo, Petrignano di Assisi,
inizi XX secolo, per gentile concessione di Romolo Cesaretti.
listiche utilizzate dallo scrittore, le gravi condizioni di
Petrignano di Assisi,
quasi sottosviluppo in cui versava la regione furono
per gentile concessione di Romolo Cesaretti. oggetto nella seconda metà degli anni Sessanta di

107
Territorio tra Petrignano, Assisi e Bastia Umbra,
per gentile concessione di Romolo Cesaretti.

prolungati dibattiti parlamentari. Come è stato sot-


tolineato: “la questione umbra era entrata, con forza
e autonomia, in un dibattito nell’aula del Parlamento
italiano, finalizzato a riconoscerne le peculiarità e la
gravità delle condizioni economico-sociali e ad indi-
viduarvi un paradigma significativo” per rilanciare le
aree dell’Italia centrale7. Era opinione condivisa che
l’uscita dell’Umbria dall’arretratezza in cui si trovava
richiedesse l’elaborazione di una incisiva strategia di
programmazione economica8. La perdita di posti di
lavoro in centri industriali come Terni o Foligno, lo
spopolamento delle campagne come effetto di un
massivo esodo rurale verso le città, i bassi rendi-
menti dell’agricoltura tuttora legata al patto di mez-
zadria9 furono alcuni dei motivi che spinsero a fare
dell’Umbria un emblema delle contraddizioni e squi-
libri che stava generando in Italia un boom econo-
mico condotto in assenza praticamente di regole e
interventi compensativi. Agli inizi degli anni Sessanta
ancora il reddito del 40,7% della popolazione umbra
dipendeva dall’agricoltura e da più parti si premeva
per un rapido superamento dell’impianto mezzadrile
in quanto il tradizionale patto agricolo (di origine me-
dievale) imponeva alla popolazione rurale delle con-
dizioni di lavoro e di vita non più accettabili; inoltre la
natura del contratto frenava qualsiasi trasformazione
degli ordinamenti colturali e tecnologici su cui incar-
dinare la necessaria modernizzazione delle imprese
agricole10. Su altri versanti, dati statistici alla mano,
quando nacque la Regione nel 1970, l’Umbria pre-
sentava una struttura manifatturiera contrassegnata
dalla presenza di alcune grandi imprese che convi-

109
vevano con un pulviscolo di piccole imprese artigia- Assisi, miravano alla creazione in pianura di una rete gia (ICAP) con 18 milioni di lire. In questo contesto,
ne specializzate nella realizzazione di prodotti per stradale per la circolazione veloce, capace di vitaliz- il 20 giugno 1962 si svolse la cerimonia ufficiale di
mercati essenzialmente locali11. Da ciò che negli anni zare e agevolare gli scambi con la collina e la monta- posa della prima pietra dello stabilimento Colussi a
in cui finalmente la società nazionale si trovò nelle gna; la regolamentazione delle acque del Tescio me- Petrignano16. Oltre alla concessione di crediti desti-
condizioni di accedere al benessere materiale, di- diante la formazione di bacini per l’irrigazione; una nati a incoraggiare l’insediamento di nuovi impianti
ventava “sempre più evidente il contrasto fra i tumul- serie di interventi edilizi, quali l’ampliamento degli industriali o il potenziamento dell’offerta alberghiera
tuosi mutamenti nel vivere civile, nelle culture, nella abitati esistenti e l’insediamento di nuovi impianti a di Assisi, il piano divenne lo strumento attraverso il
sensibilità degli italiani e il più vischioso permanere carattere industriale e residenziale, localizzati e con- quale portare a termine una incisiva modernizzazio-
degli apparati istituzionali delle gerarchie ufficiali”12. centrati in appropriate aree per ridurre gli oneri pub- modifiche e integrazioni fino al 1966. Affiorano, così, ne dell’abitato e delle strutture pubbliche delle frazio-
Assisi in generale e Petrignano in particolare si blici e preservare al meglio l’integrità del paesaggio. le circostanze che accompagnarono le misure, piut- ni. Operazione che implicò sia il miglioramento della
trasformarono in una sorta di laboratorio delle politi- Rigide prescrizioni erano previste per la città entro le tosto travagliate, tese a promuovere l’insediamento rete viaria, delle scuole e delle zone residenziali, sia
che territoriali di sviluppo ma anche della costruzione mura: traffico automobilistico limitato, aree attrezzate di attività industriali nel territorio di Petrignano. l’obbligo di restaurare i fabbricati colonici e le even-
di un metodo decisionale e di intervento capace di per servizi pubblici, zone adibite a parco naturale e Nel dare attuazione a un progetto che preve- tuali dimore storiche di pregio.
mettere in discussione (con dei risultati in chiaroscu- giardino pubblico, limiti di edificabilità, vincoli per gli deva un intreccio tra programma urbanistico e pro- Seguendo l’andamento della popolazione si
ro) la resistenza di un consolidato status-quo. Non a edifici esistenti. Come lo stesso Astengo sosteneva gramma di rilancio industriale, il Comune di Assisi il colgono gli effetti positivi dell’azione legislativa in-
caso il piano regolatore generale per Assisi affidato si trattava di coniugare le esigenze di conservazione 21 giugno 1959 portò a termine l’esame tanto del trapresa sul finire degli anni Cinquanta. I residenti di
nel 1955 all’urbanista Giovanni Astengo13 divenne e di rinnovamento, due obbiettivi fondamentali tenuti piano regolatore generale quanto delle zone indu- Petrignano passarono da 1.413 nel 1956 a 2.278 nel
oggetto di aspre critiche e travagliate vicende stante in piedi da un drammatico contrasto e allo stesso striali. Sul finire dello stesso anno, il 17 ottobre 1959 1991 per raggiungere i 2.536 nel 2001.
le discordanti posizioni esistenti all’ora di affrontare tempo da una indissolubile correlazione. la giunta del Comune di Assisi aderì al risanamento 1
Fortini 1981.
le numerose incognite che pesavano sul futuro delle Come nel caso di altri centri storici dell’Umbria delle attività industriali del territorio comunale e della 2
Nico Ottaviani 2010.
singole comunità. Ricorrendo a un corpus di norme, (Gubbio), Astengo dimostra un interesse precipuo per Provincia di Perugia. Agli inizi del 1960 furono appro- 3
Santucci 1997, p. 141.
4
Archivio di Stato di Assisi, Fondo Archivio
prescrizioni e divieti tesi a salvaguardare il carattere la conservazione della qualità paesaggistica del cen- vati differenti provvedimenti allo scopo di agevolare
Storico, Comune di Assisi, carteggio, n. 815.
storico, monumentale e artistico della città e del terri- tro antico ma, a conferma dello scontro che di fatto l’istallazione di nuove attività nelle aree industriali di 5
Pellegrini, 2019.
torio di Assisi, Astengo prevedeva un sistema organi- si venne a creare intorno all’elaborazione del piano, Assisi. Il 1° luglio 1962 il Comune deliberò la con- 6
Piovene, 2001, p. 232.
7
Pellegrini, 2009.
co di interventi imperniati sul restauro, il risanamento l’esperienza assisana di Astengo si concluse con una cessione di aiuti finanziaria a un totale di 15 imprese 8
Mantovani, 1989, pp. 793-822.
edilizio e sulla dotazione di nuovi impianti e infrastrut- lettera di denuncia stante l’impossibilità di praticare per una somma totale superiore ai 200 milioni di lire. 9
Guerrieri, 1967, p. 7.
ture14. La pianificazione includeva pure un program- una buona urbanistica sensibile alla tutela del patri- Le previsioni erano di raggiungere un’occupazione
10
Vaquero Piñeiro 2019.
11
Ferrucci, 2019, p. 5.
ma di rilancio economico tramite la costituzione di monio storico in un ambiente condizionato da troppi di 820 operai e tra i beneficiari spiccano la fonderia 12
Crainz, 2005, p. 31.
alcune aree idonee allo sviluppo industriale-artigia- interessi locali15. In questo clima, alimentato dalle ten- Cipolla con 50 milioni di lire, la Colussi con 40 milioni 13
Astengo, 1966; Canali, 2017, pp. 70-113.
nale supportate da investimenti produttivi finalizzati sioni per il rinnovamento e la conservazione, si com- di lire e la Industria Confezioni Abbigliamento Peru-
14
http://circe.iuav.it/astengo/dati/B58c_1.pdf
15
Angrilli 2018, p. 166.
a innalzare il reddito pro-capite e conseguentemente prende che il piano di Assisi pur ricevendo nel 1959 16
Archivio di Stato di Assisi, Delibere giunte,
Chiesa della Madonnuccia, particolare, 1627,
il tenore di vita degli abitanti. I punti focali del PRG di un’approvazione di massima, rimanesse oggetto di Petrignano di Assisi, © Francesca Giommi. 1962, 1, p. 379.

110 111
6
La Mignini:
l’industrializzazione
della campagna
di Assisi
Capitolo
rovenienti dal piccolo com-
mercio di granaglie e generi alimentari, i Mignini si
affermano sulla scena economica perugina allo
scadere dell’Ottocento. Nei primi anni del XX seco-
lo entrarono a formar parte della “Società Anonima
pastificio Ponte di Ponte San Giovanni” la quale di-
venne prima della Grande Guerra l’impianto molito-
rio più importante della regione umbra. Nel 1920 ci
lavoravano più di un centinaio di persone. Dopo il
1945 i lavori di ricostruzione dell’impianto produttivo
gravemente danneggiato dai bombardamenti allea-
ti si conclusero nel 1952. La produzione di pasta e
farina conobbe una crescita ininterrotta e nel 1962
fu concluso il silos a cui fu dato il nome “la torre” in
ragione della sua enorme altezza. Compiendo una
traiettoria per certi versi simile a quella dei Petrini di
Bastia Umbra, anche presso il pastificio-mulino dei
Mignini a Ponte San Giovanni, a partire dai primi anni
Cinquanta, cominciò la produzione e la commercia-
lizzazione di mangimi zootecnici con il marchio “Pro-
vimi Olanda” 1.

113
Il trasferimento del reparto mangimistico alla
zona di Petrignano di Assisi si realizza nei primissi-
mi anni Sessanta ove Mario Mignini e Jenny Baduel
possedevano una casa colonica in vocabolo Ma-
donnuccia2. Il 27 di luglio di 1962 fu chiesto di po-
ter trasformare tale manufatto rurale in una stalla a
carattere industriale. La sovraintendenza formulò un

parere positivo al cambiamento d’uso in quanto tale


progetto era conforme al piano territoriale paesaggi-
stico relativo all’utilizzo dei fabbricati costruiti in zone
industriali. Tuttavia la vera svolta in chiave industria-
le accade nel 1963 anno in cui si chiede un primo
ampliamento dell’edificio. In questo lasso di tempo
furono oggetto di presentazione e analisi i progetti ri-
guardanti la costruzione del mangimificio di Petrigna-
no. Infatti il primo giugno 1962 l’architetto perugino
Dino Lilli, lo stesso che intervenne nell’ingrandimento

Casa colonica presso lo stabilimento Mignini&Petrini


a Petrignano di Assisi, © Francesca Giommi.

114 115
dell’impianto Petrini di Bastia, firmò il progetto per bassati a voler immaginare delle vele spiegate spinte
conto della Zoovit dei fratelli Mignini teso alla realiz- dal vento della modernità. Appare evidente nel lin-
zazione di un mangimificio e di un silos a Petrignano guaggio architettonico adoperato da Dino Lilli il ten-
d’Assisi. L’impianto prevedeva la edificazione di una tativo di compiere un innovativo gioco di forme e di
struttura simmetrica divisa in due corpi di fabbrica: il volumi guidando lo sguardo verso l’alto mediante un
silos nella parte posteriore e un antistante ambiente calibrato impiego di lunghe file di finestre in vertica-
di lavoro a due navate ricoperte da volte ad archi ri- le. Quante novità per le campagne di Assisi di metà
XX secolo immortalate, particolare di particolare ri-
pagina precedente Progetti di Dino Lilli per lo stabilimento Mignini
a Petrignano di Assisi, 1962, levanza, dagli scatti del fotografo milanese Vicenzo
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.
Aragozzini (1891-1975) il quale, nel corso della sua
Primo stabilimento industriale del Gruppo Mignini a Petrignano di Assisi,
lunga vita professionale, lavorò per i principali gruppi
progetto Dino Lilli, 1962, fotografia Vincenzo Aragozzini,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. industriali italiani, dalla Fiat alla Pirelli, dimostrando

116 117
Stabilimento Mignini a Petrignano di Assisi, 1962,
per gentile concessione di Romolo Cesaretti.

118
un’attenzione speciale verso gli edifici industriali e le architettoniche abbastanza semplici rispondendo a
trasformazioni urbanistiche delle città. un modello comune con silos e ambienti a volta con
La struttura era dotata di tecnologia fornita tiranti. L’incremento della produzione impose la ri-
dalla svizzera Bühler e costituiva un esempio di sta- chiesta, negli anni Sessanta, di successive licenze
bilimento “chiave in mano”. Prima però di proseguire di ingrandimento dell’impianto originario. Le auto-
nella descrizione del nucleo iniziale del complesso rizzazioni vengono concesse fatta salva la clausola,
Mignini a Petrignano vale la pena di ricordare, pur piuttosto significativa in merito alla conservazione
per sommi capi, le tappe principali della ditta respon- dell’estetica paesaggistica, che i nuovi lavori dove-
sabile della struttura meccanica. Il 10 febbraio 1860 vano essere in linea con quelli già preesistenti per
Adolfo Bühler, nato a Feldbach sul lago di Zurigo l’11 quanto concerneva i materiali e i colori esterni.
agosto 1822 aprì una piccola fonderia a Gupfen, nel I pioneristici impianti degli anni ’50-’60, forniti
cantone di San Gallo. Studioso della natura e gran- di una struttura interna poco sofisticata, testimo-
de viaggiatore, Adolfo Bühler nel 1859 diede vita a nianza diretta di un settore che cominciava a muo-
un’altra fonderia sulle rive dell’Uza presso la quale vere i suoi primi passi, conoscono una fase di deci-
lavoravano tre operai. Nel 1871 aggiunse alla fonde- so cambiamento tra gli anni ’70 e ’80 in ragione del
ria un’officina meccanica per la lavorazione dei pezzi massiccio incremento della domanda. Nella neces-
fusi e assemblaggio di piccole macchine complete. sità di andare incontro a delle richieste in continua
Nel 1873 l’industria molitoria cominciò a sostituire le crescita, per i mangimifici di prima generazione ini-
macine a palmenti con i laminatoi aventi cilindri di ziò un periodo di ingrandimento e di rinnovamento
porcellana e in ghisa. Conoscitore delle tecniche di tecnologico. In questo caso si dimostrò della mas-
fonderia, Adolfo Bühler cominciò a produrre rulli in sima importanza avere a disposizione delle ampie
ghisa dura di eccellente qualità. Morì nell’ottobre del superficie da occupare con nuovi e più voluminosi
1896 all’età di 74 anni, lasciando in eredità al figlio edifici. Trattandosi di un settore a basso margine
Adolfo Bühler-Jun il consolidamento dell’attività in- di profitto per unità di produzione, la crescita della
dustriale nel settore della progettazione e costruzio- domanda obbligò a migliorare le strutture produtti-
ne di macchine per mulini3. ve onde ridurre i costi e velocizzare i tempi di fab-
In una prima fase la capacità produttiva del- bricazione. Conseguenza diretta dell’incremento
lo stabilimento Mignini a Petrignano si attestava sui della produzione e della manipolazione di ingenti
3.500 quintali al giorno. Appariva fornito di strutture quantitativi di materie prime, da immagazzinare e
poi da trasformare, fu la realizzazione di capienti
pagina precedente Stabilimento Mignini a Petrignano di Assisi,
edifici in verticale. Ricorrendo al cemento armato,
anni Sessanta, fotografie Vincenzo Aragozzini,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. la progettazione di edifici in altura aveva l’obiettivo

120 121
Progetti d’ingrandimento dello stabilimento
Mignini a Petrignano di Assisi, 1973-1980,
Archivio storico di Perugia,
Soprintendenza B.A.A.A.S., Pratiche edilizie, 76.

122
Progetti d’ingrandimento dello stabilimento di consentire lo spostamento per caduta delle ma- originario del 1962, contribuisce a trasmettere un
Mignini a Petrignano di Assisi,
Archivio storico di Perugia, terie prime, procedimento destinato a ottenere non senso di perfetta integrazione tra la fabbrica e la cor-
Soprintendenza B.A.A.A.S., Pratiche edilizie, 76. da ultimo un notevole risparmio di energia elettrica. nice rurale circostante. Non compaiono delle rotture,
Nel nostro caso, un primo grande programma anzi prevale un messaggio di continuità tra un mon-
di incremento del complesso industriale si verificò do agricolo in procinto di tramontare e un’industria
nel 1969 allorquando la Zoovit-Mignini presentò un nel momento della sua nascita, quasi a immortalare
progetto di ampliamento del silos delle farine e dei il passaggio naturale di tante persone dalla condi-
cereali. La costruzione prevista ricadeva in zona in- zione di contadini a quella di operai industriali. Cam-
dustriale secondo le indicazioni del Piano Regolatore biamento sociale ed economico verificatosi nelle
Generale del Comune di Assisi in fase allora di pub- campagne umbre degli anni Sessanta-Settanta che
blicazione. La politica di sviluppo proseguì nel 1971 lo stabilimento Mignini di Petrignano contribuisce a
con un investimento di 700 milioni di lire nominali. tramandare plasticamente.
L’ampliamento progettato, data la grande produzio- Come conseguenza del notevole incremento
ne oraria programmata, risultava indispensabile per della produzione e al fine di ridurre i costi di traspor-
un organico sviluppo dell’industria poiché nel com- to si cercò di fare ricorso al treno. In questa logica
plesso edilizio iniziale non era possibile impiantare un s’iscrive la richiesta avanzata nel 1969 al Comune
nuovo gruppo di insacco e confezionamento man- di Assisi e alla Soprintendenza per i beni ambientali,
gimi. Nei fabbricati esistenti le macchine necessa- architettonici, artistici e storici dell’Umbria per la co-
rie non trovavano spazio sufficiente e pertanto era struzione di un breve tronco ferroviario che fungesse
ritenuto indispensabile anche, con sacrificio econo- da collegamento tra lo stabilimento della società a
mico, la costruzione di un nuovo corpo di fabbrica Petrignano e la tratta ferroviaria Foligno-Terontola4.
all’esterno. In questi anni i lavori si dovevano realiz- Simile progetto pur ricevendo un parere positivo dal-
zare rispettando una serie di prerequisiti a “fini pano- le differenti amministrazioni non fu mai eseguito.
ramici”, in particolare bisognava adoperare nei tetti Insieme a favorire l’insediamento di grandi uni-
degli edifici, come nel blocco degli uffici, le tegole tà produttive, il Comune di Assisi si dimostrava inte-
portoghesi, le pianelle e i coppi. In questo modo si ressato anche a stimolare la costruzione intorno agli
pensava di garantire la continuità o rapporto filolo- stabilimenti principali di una serie di edifici ad uso
gico tra i manufatti rurali e quelli del complesso in- di abitazione civile, in questo modo si pensava che
dustriale da inserire in un preciso contesto agrario sarebbe stato possibile attirare nell’area di Petrigna-
da preservare. Non per niente l’abbondante mate- no delle piccole attività artigianali allo stesso tempo
riale fotografico a disposizione, già dai primi scatti che si offriva delle soluzioni abitative ai lavoratori de-
in bianco e nero che presentano il corpo di fabbrica gli stabilimenti industriali. Tutto avrebbe contribuito

124 125
Stabilimento del gruppo Mignini&Petrini, Petrignano di Assisi,
sullo sfondo il Monte Subasio, Assisi e Santa Maria degli Angeli, 2019
© Enrico Lorea.

Area industriale dello stabilimento del gruppo Mignini&Petrini,


Petrignano di Assisi, Archivio storico gruppo Mignini&Petrini.
decisamente all’urbanizzazione del territorio di Pe-
trignano, dotandolo di tutta una serie di infrastruttu-
re come collegamenti viari, fognature, illuminazione
pubblica, acqua potabile, ecc.
Nella sua progressiva trasformazione, dalla
struttura iniziale progettata da Dino Lillo alle suc-
cessive operazioni di ingrandimento, il complesso
industriale della ditta Mignini a Petrignano offre la
possibilità di verificare in che modo le fasi di ma-
nipolazione della materia prima e di trasformazione
sono determinanti all’ora d’imporre la forma delle
strutture. In un incastro tra volumi in verticale e in
orizzontale si osserva la formazione di un blocco
produttivo compatto integrato da una serie di aree
che tendono a fondersi. Così si succedono senza

Stabilimento del gruppo Mignini&Petrini, Petrignano di Assisi,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

Stabilimento del gruppo Mignini&Petrini, Petrignano di Assisi,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, © Enrico Lorea.

128
soluzione di continuità i silos per l’immagazzina-
mento delle materie prime, il mulino, i silos delle
sostanze macinate, la bilancia, il miscelatore e per
ultimo i silos dei prodotti finiti. Alla base dello stretto
collegamento spaziale di questa serie di ambienti si
colloca un processo produttivo seriale e continua-
tivo, da quando arrivano le materie prime alla fase

finale di insaccamento e distribuzione. Lo avevamo


visto quando si parlò della Petrini, ma il tema della
specificità architettonica della mangimistica ritorna
con maggiore chiarezza nel caso dello stabilimento
di Petrignano. Perfetto incastro tra linee verticali e
orizzontali ancora più visibile in quanto si tratta di
un blocco industriale collocato in aperta campagna,
Stabilimento del gruppo Mignini&Petrini,
circondato da terreni coltivati rispetto ai quali le parti
Petrignano di Assisi, Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini, edificate si delineano in modo più nitido. Insomma,
© Francesca Giommi.
siamo in presenza di strutture confacenti a un ciclo
pagina seguente Stabilimento del Gruppo Mignini&Petrini,
Petrignano di Assisi, Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini,
produttivo standardizzato che se, in teoria, possono
© Enrico Lorea. apparire rispondenti a dei criteri piuttosto basilari in

130 131
realtà richiedono però un’organizzazione abbastan- un articolato indotto che va dalle ditte specializzate
za complessa. nella costruzione di macchine utensili ai sacchi e alla
Va aggiunto un altro particolare che aiuta a grafica.
comprendere il senso dell’insediamento mangimisti- E oggi, alle soglie del XXI secolo quali sono
co a Petrignano. Si tratta di un processo produttivo le sfide da affrontare per adeguare impianti nati
che richiede scarso consumo d’acqua, anzi l’acqua e cresciuti nel corso del XX secolo sulla scorta del
potrebbe diventare un grosso pericolo da qui la con- produrre sempre di più? Di certo il nascente mon-
venienza di collocare gli edifici in aree relativamente do dell’economia 4.0 sta imponendo altre priorità.
asciutte, lontane da corsi d’acque e zone umide. Allo Nella logica di un continuo ammodernamento degli
stesso modo e a ulteriore dimostrazione che lo svi- impianti e delle soluzioni tecnologiche adoperate, va
luppo dell’industria mangimistica in Italia offre nume- collocata la costruzione di un moderno impianto di co-
rosi e interessanti spunti di riflessioni, non va neppu- generazione per il recupero e il risparmio energetico.
re dimenticato il dettaglio, altrettanto significativo per
quanto riguarda i cambiamenti conosciuti dal mondo
del lavoro, che il comparto cresciuto in fretta nella
seconda metà del XX secolo ha bruciato le tappe
per quanto riguarda l’automatizzazione dei processi 1
Nata a Rotterdam nel 1927.
produttivi. Infatti se in un primo momento si trattava 2
Archivio di Stato di Perugia, BAAAS-Assisi, 79,
fasc. 19.
di un comparto dove era forte la presenza di un sa- 2
Madureri 1990, p. 282.
per fare empirico, con l’introduzione dell’informatica, 4
Archivio di Stato di Perugia, BAAAS-Assisi, 79,
già da quando si cominciò a fare ricorso alle schede fasc. 19.
perforate, si andò incontro a un’inesorabile sostitu-
zione e poi scomparsa di un consolidato patrimonio
di conoscenze. Le vecchie formule e combinazioni
gelosamente custodite da veterinari ed esperti in nu-
trizione animale furono rimpiazzate dai computer. Ma
se da un lato, come non poteva accadere in modo
Impianto di cogenerazione a gas metano,
diverso, il lavoro presso gli stabilimenti mangimistici
Stabilimento del Gruppo Mignini&Petrini, Petrignano di Assisi,
conobbe una profonda e radicale rivisitazione con Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini,
© Francesca Giommi.
l’arrivo dell’automatizzazione dei processi produttivi,
pagine seguenti Stabilimento del Gruppo Mignini&Petrini,
va detto che il comparto si è dimostrato altrettanto
sullo sfondo Assisi e il monte Subasio, Petrignano di Assisi,
fondamentale nel corso del tempo per la nascita di Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

132
7
Pubblicità
e marchi:
l’anima
del
Capitolo commercio
er niente facile proporre una
precisa definizione di packaging. Pur trattandosi di
un terreno pieno di insidie concettuali, alcuni elemen-
ti appaiono abbastanza sicuri, elementi da richiama-
re anche all’inizio di questo capitolo dal momento
in cui l’industria del mangime dovette creare la sua
propria identità di prodotto soprattutto nel tentativo
di attirare l’attenzione e di convincere (nella migliore
delle ipotesi) un segmento di domanda, quella del
mondo rurale, piuttosto restio ad accettare le novità,
per di più quelle che invitavano a rompere con una
consolidata tradizione. Come appena affermato, ri-
sulta problematico arrivare ad avere una definizione
concreta e univoca di packaging, dimostrandosi una
realtà sfuggente. Per un verso si tratta, senza dub-
bio, di un insieme di elementi e strategie messe al
servizio della comunicazione e della trasmissione di
informazioni a carattere commerciale, ma allo stesso
tempo il packaging ha come obiettivo quello di fun-
gere da veicolo di comunicazione tra il produttore e il
consumatore, tra il prodotto fabbricato e il prodotto

137
venduto. Non a caso tutto l’insieme di variabili che confronti di una tipologia di prodotti completamente lori contribuirono a veicolare una determinata idea Petrini”. La documentazione ufficiale riporta non
concorrono a definire il packaging è stato definito nuova che di fatto metteva in discussione delle vec- dell’Italia produttrice di generi alimentari di qualità e solo la descrizione consistente in “Marchio deposi-
una “soglia semiotica”1. chie pratiche di allevamento e alimentazione zootec- altamente evocativi. tato in colore. Marchio con foglie blu, spighe in oro,
Nonostante sia disponibile un’ampia letteratu- nica. Perciò all’inizio si aprì un’interessante fase di Seguendo precocemente le influenze prove- caratteri in rosso ombreggianti in viole”, ma anche
ra specializzata, sono pochi gli studi che si sofferma- sperimentazione comunicativa. Si dovettero creare nienti dagli Stati Uniti in materia di marketing com- con ogni probabilità l’autore della composizione fi-
no sull’analisi della nascita delle problematiche con- nuovi messaggi pubblicitari e anche nuovi usi della merciale, anche in Italia le imprese manifatturiere più gurativa, la “G. Corazza Ponte S. Nicolò (Padova)”.
nesse alla formazione del contenitore quale oggetto grafica per attirare l’attenzione verso i panelli oleosi intraprendenti con un potenziale produttivo su gran- Oltre al testo e ai colori adoperati risulta molto si-
di comunicazione. Operazione che si rivelò fonda- e i mangimi integrati. Una fase pioneristica che nel di volumi, si trovarono nelle condizioni di procedere gnificativo osservare la raffigurazione di un fumante
mentale nel passaggio dalla vendita di merce sfusa caso italiano durò fino alla metà del XX secolo mo- alla identificazione dei prodotti, operazione che con- stabilimento industriale: si intravedono un paio di
a quella già impacchettata. Tutto ciò poi va trasferito mento in cui, con l’arrivo della televisione e dei roto- sentì loro di aumentare il fatturato, sfruttando a pieno cammini in piena attività e un moderno complesso
alle esigenze del settore mangimistico, da quando calchi a colori, si aprì una nuova epoca. Finalmente le economie di scala. Lo fecero ricorrendo alla marca edilizio composto da tre piani scanditi da grandi fi-
esso, nei primi decenni del XX secolo, iniziò ad ave- dal 1954 i prodotti si cominciarono a vedere come (brand), cioè sostituendo a prodotti venduti sfusi in nestre. Motivo iconografico che continua ad essere
re un profilo industriale. Per un comparto che stava erano, accorciando le distanze e dunque le diffiden- barili e contenitori generici, senza elementi di rico- presente nella domanda depositata nel 1947 per il
sul nascere supponeva individuare parole chiave, ze tra consumatori e produttori. Ma prima che tutto noscibilità, prodotti impacchettati e identificati da un rinnovo del marchio “Pasta di lusso. La Spigadoro.
informazioni pratiche, immagini, fotografie, forme, ciò accadesse le tecniche e le risorse comunicative nome depositato e protetto. Ne nacque una doman- S.A. molino e pastificio f.lli Petrini. Bastia Umbra”.
dimensioni e persino canali di comunicazione. Si erano molto più ridotte. da di qualificati servizi pubblicitari capaci di raggiun- Come si evince da un ampio repertorio di im-
definisce in questo modo un articolato repertorio Nella giovane Italia arrivata all’Unità nel 1861 gere, in tempi rapidi e su tutto il territorio nazionale, magini disponibili a partire dal primo trentennio del
di fattori da unire sapientemente al fine di ottenere le etichette apposte ai prodotti agro-alimentari de- il pubblico del ceto medio, con messaggi incisivi e XX, divenne motivo frequente utilizzare gli elementi
delle confezioni in grado di creare una domanda stinati all’esportazione costituirono un valido veico- immediati, risultato di un lavoro più sistematico e della storia o del paesaggio tipici del paese. Infatti,
sollecitando, anzitutto, la curiosità dei potenziali lo di promozione e di costruzione di un’immagine organico di quello svolto dalla composita ragnatela in questa fase iniziale della storia dell’etichettatura
clienti verso i prodotti messi in scena2. Si trattava, identitaria. Non a caso il linguista Tullio De Mauro di tipografi locali. Lo spazio creatosi tra imprendito- alimentare, in Italia appariva normale ricorrere all’uti-
per un’industria nata dalla tradizione, di costruirsi riteneva che la pubblicità, come veicolo comunica- ri e consumatori fu ricoperto da una molteplicità di lizzo di elementi confacenti alla creazione di eleganti
un’immagine, anche in un paese come l’Italia dei tivo, avesse contribuito a unificare il paese. Rivolti agenzie pubblicitarie4. “atmosfere” naturali, manifestazione della ricchezza
primi decenni del Novecento, che si trovava ancora non solo alle migliaia di emigranti che a partire dagli Per quanto riguarda la storia che si affronta agro-alimentare specifica di un paese mediterraneo
agli albori di certe dinamiche tipiche della società di ultimi scorci dell’Ottocento si riversarono in massa in questo volume appare significativa la precoce (pasta, vino, olio, pomodori). Diverso appare il caso
consumo di massa. fuori dal paese alla ricerca di lavoro e di una vita presentazione di un marchio registrato da parte invece della costruzione dell’immagine dei mangi-
Se nella società industrializzata gli stretti col- meno stentata, i pacchi di pasta3, le bottiglie di dei fratelli Petrini. Siamo nel 1937 e presso l’ufficio mi zootecnici. In questo caso gli elementi adoperati
legamenti tra pubblicità, marketing e packaging fi- vino, i barattoli di olio d’oliva e di pelati, divennero della proprietà intellettuale viene depositato il mar- furono altri, decisamente molto meno poetici e più
niscono per comporre un unico universo semiotico un concreto strumento di propaganda commercia- chio “Pasta di lusso. La Spigadoro. S.A. molino e concreti. Nell’impossibilità di utilizzare l’ampio ven-
in continua evoluzione, diversa la situazione che do- le. Utilizzando lo straordinario potere di suggestione pastificio f.lli Petrini. Bastia Umbra. Da spighe d’or taglio di aspetti artistici e rurali presenti in altri tipi di
vettero affrontare i primi produttori di mangimi zoo- del visuale, pure nelle contenute dimensione di un a puri semoli torno alla vita. Pasta Petrini. Per tutti prodotti, l’attenzione si sposta verso la efficienza del-
tecnici. Si trattava di creare un clima favorevole nei contenitore di vetro o di metallo, i temi, i nomi, i co- i gusti e nei tagli più fini si trova sempre la pasta la nuova serie di mangimi che l’industria metteva a

138 139
Richiesta marchio “La Spigadoro” f.lli Petrini, anno 1937,
Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
Ufficio italiano brevetti e marchi, 56.588.

Richiesta marchio “La Spigadoro” f.lli Petrini, anno 1947,


Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
Ufficio italiano brevetti e marchi, 88.451.

disposizione degli allevatori. Era questione di richia- sto e il valore dell’invenzione che in passato era stato
mare attraverso testi e parole chiave di semplice e prerogativa degli artisti e artigiani. Si parlò di italian
immediata comprensione l’attenzione sottolineando look ed infatti quasi tutta la produzione italiana ha
la rottura con il passato in termini di rese, di salute cercato effetti visivi immediati e piacevoli.
degli animali e non da ultimo, di risultati economici Per quanto ci riguarda, una data significativa
pur in presenza di spese più elevate. Il messaggio, è il 23 luglio 1958 giorno in cui furono presentati a
curato nella forma, da veicolare attraverso la carta Roma i marchi di fabbrica Chiccoro e Supermangimi
stampata (giornali, riviste e almanacchi agrari) era Petrini Composti Bilanciati. Questo ultimo presen-
quello di incentivare il consumo di mangimi concen- tava già una buona dose di complessità composi-
trati di nuova generazione così come facevano i mo- tiva, come si evince dalla lunga descrizione acclusa
derni agricoltori dei paesi più progrediti, a cominciare alla domanda di registrazione. I marchi Petrini tanto
dagli Stati Uniti. per la pasta come per il settore zootecnico prose-
Alle strategie comunicative che accompa- guirono negli anni Sessanta e Settanta, anni parti-
gnarono la nascita e il consolidamento dell’industria colarmente espansivi. La nostra storia si arricchisce
mangimistica, nel serrato rinvio tra parti scritte e di- pure di proposte iconiche decisamente in linea con
segni, va aggiunta un’altra caratteristica tutta italiana, quanto stava accadendo sul piano comunicativo in
la capacità del sistema produttivo nazionale di saper altri comparti industriali. Ci riferiamo in particolare al
utilizzare il disegno come strumento economico, marchio del 1960, un capolavoro di inventiva e di
tecnico, estetico5. Già nel periodo precedente la Se- astrazione artistica6. Non per niente sono gli anni in
conda Guerra Mondiale si era delineata nell’industria cui il pittore Eugenio Carmi, responsabile della co-
italiana una tendenza alla ricerca di valori di qualità. municazione del colosso siderurgico Italsider, ricor-
Grande promotore del disegno industriale fu Adriano se a delle figure geometriche per creare una serie di
Olivetti. Egli fu tra i primi a capire che in un paese sperimentali cartelloni informativi rivolti agli operai.
come l’Italia, costretto ad avere una industria di tra- Si trattava di un singolare uso di quadrati, cerchi e
sformazione a causa della povertà di materie prime, rettangoli per richiamare l’attenzione dei rischi del
si doveva puntare tutto sulla qualità del prodotto e lavoro. Nella sua specificità anche il marchio Petri-
Richiesta marchio, f.lli Petrini, anno 1950, ciò esigeva progettazione rigorosa, tecniche aggior- ni deposito nel 1960 adopera un originale gioco di
Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
nate, operatori qualificati. Richiedeva soprattutto, da simboli, di vuoti e pieni. Operazione carica di sim-
Ufficio italiano brevetti e marchi, 97.644. parte degli industriali, la capacità di proporsi finalità bolismo che venne poi utilizzata nella realizzazione
Richiesta marchio “La Spigadoro” f.lli Petrini, anno 1950, sociali e culturali al di là dell’immediato profitto. Finita degli stand per le fiere campionarie. Tra il 1965 e
Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
la guerra, l’Italia desiderosa di modernità e aperture il 1967 arrivò la fortunata “coccarda” e nel 1970 la
Ufficio italiano brevetti e marchi, 97.645. riuscì a conservare nella produzione industriale il gu- simbolica “S” raffigurante una spiga d’oro di grano

140 141
a voler ricordare il legame agrario con i primi passi
dell’esperienza pastaria. In ogni caso, a partire dalla
metà del Novecento la storia dei marchi finisce per
intrecciarsi con quella della pubblicità grafica e fo-
tografica. Seguendo la serie di manifesti pubblicitari
adoperati nel corso del tempo da entrambi i gruppi
risulta molto evidente l’intento di ancorare il lancio di
prodotti mangimistici a quello molto più consolidato
e trainante della pasta. La mangimistica ancora es-
sendo a metà del XX secolo un settore che compi-
va i suoi primi passi in Italia, richiedeva un punto di
lancio e in molti casi la piattaforma fu fornita proprio
dal mondo della pasta. Appare evidente che le tec-
niche comunicative adoperate dai due gruppi che
alle soglie del XXI secolo hanno dato vita al gruppo
Mignini&Petrini risultano coincidenti, a rimarcare le
loro traiettorie condotte quasi in parallelo. Tale sinte-

Stand espositivo f.lli Petrini, anni Settanta,


Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

Marchi f.lli Petrini, Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

Richiesta marchi pasta


e mangimi f.lli Petrini,
anni 1955-1960, Archivio centrale
dello Stato, Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
Ufficio italiano brevetti e marchi,
143.900 e Archivio storico
del Gruppo Mignini&Petrini.

142 143
si tra la pasta con un mercato molto più consolida-
to e la mangimistica alla ricerca di notorietà appare
plasticamente evidente nella locandina pubblicitaria
realizzata dalla PRO.VI.MI e f.lli Mignini negli anni Cin-
quanta.
Come si evince dall’immagine, traspare anzi-
tutto l’importanza di collegare il prodotto naziona-
le con una dimensione estera, all’epoca molto più
progredita, in questo caso l’Olanda ma senza dub-
bio il messaggio più forte e deciso era il richiamo
all’aumento dei redditi delle aziende. Dunque risulta-
va corretto guidare l’attenzione utilizzando una frase
ad effetto: “È la vostra marca”7. Successivamente e
al fine di ricondurre la prima parte della pubblicità a
una realtà locale decisamente più conosciuta, appa-
re inserito il richiamo ai mangimi bilanciati della mar-

ca Ponte provenienti dal molino di Ponte San Gio-


vanni appartenenti ai fratelli Mignini. In questo modo
e quasi adoperando le tecniche della sequenza di
un film i due ambiti produttivi (mulino e mangimificio)
vengono uniti sotto un unico produttore garanzia di
Marchi, Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.
qualità e sicurezza. Si potrebbe dire che in questo
pagina seguente Manifesti pubblicitari,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. modo e adoperando espedienti comunicativi con-

144 145
creti, entrambi i settori venivano uniti e i produtto- vecento soprattutto per quanto riguarda le abitudi-
ri pienamente accreditati mantenendo il loro ruolo ni alimentari. Finalmente era possibile suggerire di
di essere espressione della tradizione e allo stesso associare il consumo di pasta alla buona salute dei
tempo vettori di novità. Saper produrre una buona bambini o di mangiare pasta tutti i giorni della setti-
pasta era garanzia anche per quanto concerneva i mana. Un chiaro invito a dimenticare le restrizioni del
mangimi. Un gioco di specchi e di rinvii che nel no- passato ormai diventate un ricordo negli anni in cui
stro caso di studio raggiunge una perfetta sincronia. gli italiani cominciavano ad abituarsi a vedere delle
Se si lasciano da parte i marchi per guardare fotografie di cucine e di frigoriferi pieni di bevande
con attenzione i manifesti pubblicitari, essi si dimo- e di cibi preparati e perfino congelati. Segnali di un
strano altrettanto rivelatori dei profondi cambiamenti Manifesti pubblicitari “Spigadoro”,
conosciuti dalla società italiana nel corso del No- Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.

147
Manifesti pubblicitari,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini.
benessere crescente accompagnato da altre novità che invitavano a consumare pasta e mangimi. Forza
proprie delle famiglie moderne come, ad esempio, comunicativa delle fotografie in bianco e nero che
avere a disposizione in commercio dei pacchi più si ritrova anche nel caso di un contatto ancora più
piccoli (250 grammi) che riportano precise indicazio- immediato tra un mondo rurale alle prese con una
ni sui tempi di cottura (9 minuti) e le dosi consigliate lenta modernizzazione e l’arrivo dei nuovi mangimi
(3 piatti). Aspetti tutti da mettere insieme alla tradizio- in sacchi, come nel caso della contadina circondata
nale pasta al ragù o al pomodoro o al riso. Si definiva da un folto gruppo di suini che si presta a posare,
così una precisa distinzione, per le famiglie e i suoi con rigoroso fazzoletto in testa e tra edifici piuttosto
componenti, tra i tempi da dedicare alla preparazio- scadenti, per far capire la conve-
ne dei piatti di pasta nei giorni feriali e quelli festivi. nienza di adoperare la nuova linea
Tempi e ritmi della vita imposti dal lavoro che trovaro- di mangimi bilanciati. Due mondi
no modo di essere recepiti e interpretati dall’industria che di fatto si incontrano e si mi-
della pasta e dei cibi già pronti. schiano sotto la data che si legge
Senza dubbio i manifesti pubblicitari prodotti su una delle porte: “19.8.1959”. A
nel corso del XX secolo dalla Petrini e dalla Mignini rimarcare il valore storico di que-
collocano ambedue le società nel novero dei sog- sto materiale documentario, valga
getti industriali che hanno contribuito a creare la sto- il capannello di uomini con cap-
ria della pubblicità alimentare. Come nel caso di altre pello in testa radunati intorno alla
imprese di dimensione nazionale, anche qui possia- Fiat 600 nell’intento, possiamo
mo tracciare un percorso cronologico che illustra le supporre, di ottenere un sacchet-
principali fasi e le strade intraprese. Un rappresen- to campione di mangimi, del ma-
tativo campionario di manifesti e locandine ora della teriale illustrativo o delle notizie.
pasta ora del mangime che contribuisce a ricostruire Scena, anche questa, che unisce
l’immaginario commerciale del XX secolo italiano8. fino a fondere agricoltura e indu-
Non soltanto, però, materiale grafico anche quello stria che intorno agli anni ’50-’60 si trovarono a con-
fotografico appare ugualmente significativo. Le foto- vivere: da un lato una produzione agricola che con
grafie in bianco e nero trasmettono, indubbiamente curiosità si avvicinava alle novità e dall’altro quello
la dimensione di una società che osservava quasi della produzione industriale che offriva al mondo
con un pizzico di sorpresa e stupore il passo di una agricolo non soltanto nuovi prodotti ma anche nuo-
lunga carovana di macchine tappezzate di cartelloni ve pratiche e riti commerciali nonché sociali. Come
fedelmente attesta la macchina piena di slogan pub-
Manifesti pubblicitari “Spigadoro”, Fotografia pubblicitaria “La Spigadoro”,
Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. blicitari, tanto di pasta come di mangimi. fototeca Isuc, Perugia.

148 149
I marchi della Mignini&Petrini

1937 1947 1950


Ufficio della proprietà intellettuale Ufficio della proprietà intellettuale Brevetto per marchio d’impresa
N° 56.588 N° 88.451 N° 97.644
Marchio o segno distintivo Marchio o segno distintivo Ufficio di deposito:
di fabbrica di fabbrica Roma
Data e ora di deposito: Data e ora di deposito: Data e ora di deposito:
6 ottobre 1937, ore 11,45 28 agosto 1947, ore 11,50 7 febbraio 1950, ore 11,55
Società An. Molino e Pastificio fratelli Società An. Molino e Pastificio fratelli Titolare:
Petrini, Bastia Umbra9 (Perugia) Petrini, Bastia Umbra10 (Perugia) S.p.A Molini & pastificio
Per contraddistinguere paste Merci o prodotti fratelli Petrini.
di semolino da contraddistinguere: Prodotti, merci o servizi
Nome e descrizione marchio: paste di semolino (classe 38) da contraddistinguere:
Pasta di lusso. La Spigadoro. S.A. Nome e descrizione marchio: paste alimentari (cl. 38)
molino e pastificio f.lli Petrini. Pasta di lusso. La Spigadoro. S.A. Descrizione marchio:
Bastia Umbra. molino e pastificio f.lli Petrini. Un mulino a vento.
Da spighe d’or a puri semoli torno Bastia Umbra.
alla vita. Pasta Petrini Da spighe d’or a puri semolini torno
Per tutti i gusti e nei tagli più fini alla vita. Pasta Petrini.
si trova sempre la pasta Petrini Per tutti i gusti e nei tagli più fini
Kg. 0500 si trova sempre la pasta Petrini
G. Corazza Ponte S. Nicolò (Padova) Kg. 0500
Marchio depositato in colore. Colori rivendicati: rosso, oro, blu.
Marchio con foglie blu, spighe in oro, Annotazioni speciali: rinnovazione
Fotografie pubblicitarie caratteri in rosso ombreggianti del brevetto per marchio n. 56588
mangimi f.lli Petrini e “Spigadoro”, in viole. depositato il 6 ottobre 1937,
fototeca Isuc, Perugia. rilasciato il 28 gennaio 1938.

150 151
1950 1955 1958 1958 piastrina o banda collegata a mezzo ta la dicitura SUPERMANGIMI COMPO-
Brevetto per marchio d’impresa Brevetto per marchio d’impresa Ufficio centrale brevetti. Ufficio centrale brevetti. di listelli stesso, in modo da avere la STI BILANCIATI che sta ad indicare che
N° 97.645 N° 130.259 Brevetto per marchio d’impresa Brevetto per marchio d’impresa configurazione di una rastrelliera o parti il marchio protegge alimenti zootecnici.
Ufficio di deposito: Ufficio di deposito: N° 97.644 N° 145.516 avanti di una mangiatoia. Sulla banda trasversale a fondo scu-
Roma Roma Ufficio di deposito: Ufficio di deposito: Questa banda si prolunga leggermen- ro, sovrapposta al descritto piano, è
Data e ora di deposito: Data e ora di deposito: Roma Roma te da una parte e dall’altra del piano invece scritta la parola PETRINI che è
7 febbraio 1950, ore 12 14 dicembre 1955, ore 11,35 Data e ora di deposito: Data e ora di deposito: di fondo rettangolare, il quale risulta, il nominativo del richiedente il marchio.
Titolare: Titolare: 23 luglio 1958, ore 10,30 23 luglio 1958, ore 10,35 in conseguenza, suddiviso in due par- Questa parola è scritta in lettere roma-
S.p.A Molini & pastificio fratelli Petrini S.p.A Molini & pastificio fratelli Petrini Titolare: Titolare: ti, una superiore ed una inferiore alla ne, in colore bianco sul fondo scuro
Prodotti, merci o servizi Prodotti, merci o servizi S.p.A Molini e pastificio f.lli Petrini S.p.A Molini e pastificio f.lli Petrini banda. della banda.
da contraddistinguere: da contraddistinguere: Prodotti, merci o servizi Prodotti, merci o servizi Nella parte superiore è scritta, in co-
paste alimentari (cl. 38) paste alimentari da contraddistinguere: da contraddistinguere: lore scuro, in lettere romane, in parole
Nome del marchio: Nome del marchio: alimenti zootecnici (cl. 31) alimenti zootecnici (cl. 31) SUPERMANGIMI; nella parte inferiore è
La Spigadoro Pasta Colombina Nome e descrizione marchio: Nome del marchio: scritta la parola COMPOSTI e al di sotto
Chiccoro Supermangimi Petrini Composti di questa parola BILANCIATI.
Bilanciati Entrambe le parole sono scritte in colo-
Descrizione del marchio: re scuro, a lettere romane. Però, men-
Il marchio è costituito da un piano ret- tre le lettere della parola BILANCIATI
tangolare a spigoli leggermente arro- sono normali, quelle della parola COM-
tondati a fondo bianco, delimitato da POSTI sono leggermente schiacciate.
due filetti scuri, dei quali quello esterno Inoltre le lettere di questa parola COM-
è più marcato di quello interno. Su que- POSTI sono scritte a carattere più leg-
sto piano rettangolare, nel senso della gero di quelle della parola BILANCIATI
lunghezza maggiore, è poggiata una che risultano scritte a carattere più
banda o piastrina rettangolare a fondo marcato. In modo che sulle due parti
scuro sormontata da un filetto ad essa costituenti il piano a fondo bianco risul-

152 153
1960 posta da strisce orizzontali disposte nel esempio lettere in modo che ricavando 1962 la dicitura, in caratteri stampatello ‘che di color blu oltremare circondato all’e-
Ufficio centrale brevetti. senso verticale parallelamente l’una alle in tutti o in alcuni dei dischi ed in un Ufficio centrale brevetti. pasta!’. In fondo una etichetta conte- sterno da una serie uniforme di piccoli
Brevetto per marchio d’impresa altre, ogni striscia essendo di colore dif- certo ordine i dovuti simboli è possibile Brevetto per marchio d’impresa nente la parola SPIGADORO, la parte fi- triangoli di color giallo in forma di rag-
N° 166.456 ferente rispetto alle due adiacenti. ottenere una scritta qualsiasi. N° 177.942 nale della quale, all’altezza delle lettere gera. Entro il disco spicca superior-
Ufficio di deposito: Inoltre le strisce o bande di un colore Ufficio di deposito: R ed O interseca la parte terminale del mente la parola Supermngimi in carat-
Roma della serie centrale sono sfalsate rispet- Roma cucchiaio. In fondo a tutto tre puntini e teri bianchi; il centro è attraversato da
Data e ora di deposito: to a quelle dello sesso colore delle serie Data e ora di deposito: la dicitura ‘… e basta!’. un rettangolo di color nero con sopra
5 ottobre 1960, ore 9 laterali. 16 maggio 1962, ore 9,30 Il marchio serve a contraddistinguere un ornato in cui si legge il nome Petrini
Titolare: Nel campo formato da queste serie di Titolare: paste alimentari in genere. in caratteri bianchi; inferiormente è la
S.p.A Molini e pastificio f.lli Petrini strisce sono ricavati due spazi del co- S.p.A Molini e pastificio f.lli Petrini Il marchio stesso verrà applicato, in sigla SP in color giallo. Il disco posa su
Prodotti, merci o servizi lore delle strisce a fondo chiaro e pre- Prodotti, merci o servizi qualunque colore e dimensione, sui una fascia rettangolare di color rosso
da contraddistinguere: cisamente parte superiore uno spazio da contraddistinguere: prodotti, etichette, imballaggi, stampati che sporge e sotto del disco nel senso
paste alimentari in genere, farine, a contorno circolare e nella parte infe- cl. 30 e pubblicità mediante stampa, incisio- dell’altezza con una filettatura bianca
mangimi, alimenti zootecnici (cl. 30-31) riore uno spazio a contorno frastaglia- Nome del marchio: ne e con qualsiasi altro mezzo noto. lungo i margini destro e sinistro.
Nome del marchio: to. Detti contorni essendo ovviamente Che pasta. Spigadoro … e basta! Autore:
senza nome interrotti in corrispondenza delle strisce Descrizione del marchio: Mario Pallotti (Roma).
Descrizione marchio: a fondo chiaro. In detti spazi possono Il marchio consiste in una impronta raf-
Tre serie di strisce, affiancate vertical- essere ricavate scritte pubblicitarie ed figurante un cucchiaio ed una forchet-
mente; nel campo formato da queste altro. ta, la parte terminale della quale inter- 1965
striscie sono ricavati due spazi: nella Lateralmente da una parte e dall’altra seca al centro il manico del cucchiaio Ufficio centrale brevetti.
parte superiore uno spazio a contorno del campo formato dalle tre serie di stri- dove nella conca di quest’ultimo figura Brevetto per marchio d’impresa
circolare e nella parte inferiore uno spa- sce vi sono due bande di dischi a fondo una caricatura occhieggiante. Due dei N° 185102
zio a contorno frastagliato, ecc. scuro, tangenziali l’uno all’altro disposti quattro denti della forchetta, invece, Roma, 29 aprile 1965
Il marchio è costituito da tre serie di verticalmente in prosieguo l’uno dell’al- formano un O ad indicare il famoso Descrizione del marchio:
strisce o bande, affiancate verticalmen- tro. Anche in questi dischi possono es- O.K. Trasversalmente, tra la conca del Il marchio consiste in una etichetta
te l’una all’altra. Ciascuna serie è com- sere ricavati simboli a fondo chiaro, ad cucchiaio e i denti della forchetta figura rettangolare avente al centro un disco

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1967 1970 1973 1991 alla dicitura Pastai dal 1822. Quest’ulti- 2012
Ufficio centrale brevetti. Ufficio centrale brevetti. Data di deposito: Ufficio provinciale industria ma scritta è in colore oro e con caratteri Data di deposito:
Brevetto per marchio d’impresa Brevetto per marchio d’impresa 14/02/1973 e commercio artigianato di Perugia con grazie pieni. Il marchio stesso sarà 03/10/2012
N° 21.345C/70 N° 33119C/70 Descrizione del marchio: Perugia, 28 febbraio 1991 usato per contraddistinguere i seguen- Descrizione del marchio:
Roma, 27 gennaio 1967 Roma, 19 febbraio 1970 Con la M in grande e in maiuscolo sti- N° PG91C0005 ti prodotti: pasta alimentare di grano Scritta Mignini&Petrini in colore bianco
Descrizione del marchio: Descrizione del marchio: lizzato e sotto più in piccolo la scritta in Nome del marchio: duro, secca e/o fresca, all’uovo e/o altri su fondo verde con la & commerciale in
Il marchio, come risulta dalle allega- Dichiarazione di protezione della so- stampatello maiuscolo di fantasia. Maestri Umbri. Pasta dal 1822 ingredienti, di produzione. colore verde pantone 375 di dimensio-
te etichette, consiste in una impronta cietà p.a. Fratelli Petrini per un marchio Descrizione del marchio: ne maggiori delle parole Mignini e Petri-
che riproduce una coccarda a fondo di impresa di primo deposito. Il marchio consiste in un ovale all’inter- ni il fondo verde sul quale è riportata la
arancione avente al centro la scritta Tale marchio è costituito da una lette- no del quale vi sono disegnati a tratto scritta è in colore verde scuro pantone
su tre righe Supermangimi Petrini Ba- ra S maiuscola di color giallo, filettata due cuochi, con il caratteristico cap- 3308 CGE sfuma verso l’alto in colore
stia Umbra, il nome Petrini in caratteri di nero ed intrecciata con una spiga pello, nell’atto di impastare; vi è inoltre verde pantone 375.
manifesto. La coccarda è circondata di grano che la attraversa dal basso un tavolo, due sacchi aperti, ricolmi di
esternamente da una serie di rettangoli in alto, il tutto su fondo azzurrognolo. grano e delle spighe di grano che nel-
colorati all’interno in giallo ed all’ester- Il marchio è destinato a contraddistin- la parte inferiore sbordano dall’ovale.
no in azzurro. È fissata ad un nastro guere paste alimentari ed altri prodotti Il tutto in colore grigio su fondo bian-
di color arancione con due filettature del genere compresi nella classe 30. co. Al di sotto centrata vi è la dicitura 1
Ferraresi 1998, p. 16.
bianche che si snoda inferiormente in La società richiedente rivendica il diritto Maestri Umbri, scritta con caratteri con 2
Bucchetti 1999.
due estremità forcute. esclusivo sui colori del marchio, il diritto grazie pieni ed in colore bianco grigio (a 3
Gonizzi, Ganapini 1994.
di riprodurlo in qualsiasi grandezza, di seconda del fondo) mentre la sua om- 4
Fasce 2012, pp. 28-29.
applicarlo come etichetta sui prodotti, bra, leggermente spostata in basso a 5
Argan 2011.
di riprodurlo su carta lucida, da involge- destra, è in colore oro. In oro sono an- 6
Grazioli 2001.
re, su contenitori di ogni genere, scato- che dei sottilissimi fili che si intersecano 7
Ferraresi 2003.
le e sacchetti. formando un piccolo fregio che tocca le 8
Piazza, Bellenda 2014.
scritte Maestri Umbri; la parte centrale 9
Così nel documento originale.
del fregio si allarga per lasciare spazio
10
Così nel documento originale.

156 157
Elenco
delle opere citate

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Archivio storico Gruppo Mignini&Petrini. coAngeli. Relazione sui terremoti di Fuligno e dell’Um- Campiani 2019 = Marco Lucio Cam-
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160 161
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società, 27 Braunschweig, società, 40 Danimarca, 28
Milano, Silvana. chezza delle nazioni, Roma, Newton. stia Umbra: una realtà nuova, in Santucci, Aladina, società, 27 Broccatelli, Luigi, 81 Dart, Josepg, 44
Pinna 2017 = Antonella Pinna, Il pa- pp. 293-304. Alessandria, 27 Broccatelli, Pasquale, 81 De Mauro, Tullio, 138
trimonio archeologico industriale. Ricogni- Tassinari 1941 = Giuseppe Tassinari, America del sud, 24, 40 Bruno Cerabolini, società, 27 Defoe, Daniel, scrittore, 7
zione dei lavori di schedatura e del patrimo- Amme, società, 40 Budapest, 40 Del Giudice, Francesco, 58
Foraggi e bestiame. Nell’economia agraria
Angelini, Cesare, 67 Buffalo, 44 Del Mauro, Giuseppe, 81
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Piovene 2001 = Guido Piovene, Viag- Teti 2018 = Vito Teti, Il sentimento dei Arena, società, 32 Bühler-Jun, Adolfo, 121 Egitto, 26
Argentina, 24 Emilia-Romagna, 26, 30, 32
gio in Italia, Milano, Baldini Castaldi. luoghi, tra nostalgia e futuro, in De Rossi,
Armani, 49 C.H. Knorr, società, 27 Europa, 22, 24, 34, 44, 46
Portoghesi, Magione, Soffitta 2006 = pp. 191-205. Asia, 24 C.R.I.M.E.A, società, 27
Paolo Portoghesi, Flavio Mangione, Andrea Tosti 2019 = Mario Tosti (a cura di), Assalzoo, 28 Caldari, Luigi, 67 F.lli Seck, società, 40
Soffitta (a cura di), L’architettura delle case La Regione e l’Umbria. L’istituzione e la so- Assisi, 14, 16, 63, 64, 80, 97, 101, 103-105, Cambino, 27 Falcinelli, Antonio, 81
107, 109-111, 113, 115, 117-118, Cannara, 73 Federazione Italiana Consorzi Agrari, 46
del fascio, Firenze, Alinea, Firenze 2006. cietà dal 1970 a oggi. Economia e società,
121-122, 124-125, 127-128, 130, 132 Carmi, Eugenio, pittore, 141 Federconsorzi, 32, 35, 52
Pott 1911 = Emilio Pott, Manuale Venezia, Marsilio. Astengo, Giovanni, urbanista, 70, 110 Cassa cooperativa di risparmio e prestiti, Feldbach, 121
dell’alimentazioni del bestiame e dei forag- Torre 2011 = Angelo Torre, Luoghi: Austria, 25 67 Fiat, società, 117, 149
gi agricoli ad uso degli agricoltori e zoo- la produzione di località in età moderna e Cavallini, Antonio, 81 Firenze, 68
Baduel, Jenny, 115 Certosa di Pavia, 44 Foggia, 46
tecnici, Torino, Unione Tipografico-Editrice contemporanea, Roma, Marsilio.
Baglioni, famiglia, 73, 75, 76, 103 Chartes, 40 Fontis Tiberis vid San Paolo delle Abbadesse,
Torinese. Turri 1998 = Eugenio Turri, Il paesag- Baldeschi, famiglia, 75 Chiagio vid Chiascio, 63
gio come teatro, Venezia, Marsilio. Bastia Umbra, 7, 12, 14-16, 37, 51, 55,58, Chiascio, fiume, 12, 14, 63-64, 66, 75-76, Francia, 24, 28, 32, 40
Quirino 1991 = Paolo Quirino, I con- 63-64, 67-68, 70, 72-73, 75-76, 78, 80, 103-105
80-81, 83-84, 87, 88, 92, 97-98-101, Cicogna, officina meccanica, 105 Galeazzo Alessi, architetto, 64
sumi in Italia dall’Unità ad oggi, in Storia Umbria 1966 = Umbria, Milano, Tou-
103, 104, 109, 113, 117, 139, 151, 156 Cina, 34 Galli, Gianluigi, 101
dell’economia italiana. III. L’età contempora- ring Club Italiano. Belgio, 28 Cipolla, fonderia, 111 Ganz&C., società, 40
nea: un paese nuovo, Torino, Giulio Einaudi Belloni, Giulio, 81 Coletti, Aspidio, 81 Gaslini società anonima, società, 27
editore, 1991, pp. 201-249. Vaquero Piñeiro 2011 = Manuel Va- Berga Impianti Cereali, società, 40 Collazzone, 73 Genova, 44, 60
Berlino, 8 Collemancio, 73 Germania, 23, 25, 32
quero Piñeiro, I silos granari in Italia negli Bettona, 73 Colussi, società, 111 Gieseck&Konegan, società, 40
Ragazzoni 1847 = Rocco Ragaz- anni Trenta: fra autarchia economica e ra- Bistocchi, Francesco, 81 Corazza, G., 139 Giontella, tabacchificio, 68

162 163
Golfetto, società, 40 Napoli, 23 Sant’Angelo, porta, Bastia, 68, 76, 78
Gran Bretagna, 22, 24, 29 Nervi, Pier Luigi, architetto, 97 Santa Chiara, 63
Grassi, Guido, 40 Niccolò Alunno, pittore, 64 Santa Maria degli Angeli, Assisi, 15-16, 97
Gregorio XV, papa, 67 Norgini, Giovanni, 67 Santa Maria Rossa, Perugia, 75
Grosse-Lohmen, società, 40 Norgini, Pietro, 67 Scoccimarro, Cesare, architetto, 49
Gubbio, 110 Signi, Antonio, 81
Gupfen, 120 Ocrim, società, 40 Società anonima frigoriferi Italia centrale, 68
Officine meccaniche Franchi, 68 Società anonima meccanica Lombarda,
India, 24 Officine meccaniche Reggiane, società, 40 società, 40
Industria Confezioni Abbigliamento Perugia, Olanda, 23, 29, 113, 144 Società anonima pastificio Ponte San
società, 111 Olivetti, Adriano, 141 Giovanni, 38-39, 44, 113, 145 Manuel Vaquero Piñeiro, PhD in Storia
Insula romana, 63, 68 Società cooperativa muratori e cementisti moderna e contemporanea presso l’Univer-
Italia, 9, 21, 23-27, 30, 32, 34, 40, 42, 46, Pallotti, Mario, 155 di Ravenna, 101 sità di Cantabria (Spagna) è professore as-
49, 60, 68, 87, 101, 109, 132, 138-139, Passarelli, Tullio, architetto, 49 Società industriale agricola emiliana,
143 Passarelli, Vincenzo, architetto, 49 società, 27 sociatgo di storia economica all’Università
Italsider, società, 141 Pavia, 27, 44 Società Italiana Costruzioni Agricole di Perugia (Italia). Nel 2010 ha ricevuto il pre-
Petrignano, 10, 14-16, 38, 103-105, 107, Industriali, società, 46 mio internazionale “Daria Borghese” per gli
Jacini, Stefano, 21 109-111, 115, 117-118, 121-122, Società ligure lombarda, società, 27
124-125, 127-128, 130, 132 Spagna, 32 studi sulla storia del Rinascimento a Roma.
Kapler, società, 40 Petrini, famiglia, 10, 12, 32, 37, 51, 60, 67, Spello, 73 È vicepresidente dell’associazione RESPRO
75-76, 78, 80-83, 87, 89, 91-92, Spigadoro, pastificio, 52, 55-56, 59, 61, 68, (Rete di storici per i paesaggi della produ-
Lacus Umber, 63 96-100, 113, 117, 130, 139-143, 148, 70, 82, 84, 87
Lancetti, Enrico, 67 150-156 zione). I suoi ambiti di ricerca sono la storia
Stati Uniti, 23-24, 28, 34, 44, 139, 141
Lazzari, Virgilio, 81 Petrini di Giuseppe, Antonio, 75-76 Subasio, 14-15, 132 dell’agricoltura e dei processi produttivi ur-
Le Corbusier (Charles-Édouard Jeanneret Petrini, Ettore, 80 Svizzera, 25 bani e rurali. Alcune delle sue ultime pub-
-Gris), architetto, 44, 61 Philippot-Scheider&Jaquet, società, 40
blicazioni sono: Readings for farmers: Agra-
Lilli, Dino, architetto, 91, 97, 115, 117 Piemonte, 27, 30 Teisset-Capron&f.lli Brault, società, 40
Linarolo, 27 Piovene, Guido, 107 Teodorico, re goto, 63 rian almanacs in Italy (eighteenth-twentieth Francesca Giommi è cultrice della mate-
Lolli, fabbrica, 68 Pirelli, società, 117 Teofini, Domenico, 81 centuries), “The agricultural history review”, ria presso la cattedra di storia economica del
Lolli, Ubaldo, 67 Plini, Luigi, 81 Terni, 12, 109 63, 2, 2015, pp. 243-264; Manuel Vaquero dipartimento di Scienze Politiche dell’Uni-
Lombardia, 23, 27, 30, 32 Plini, Umberto, 81 Terontola, 125
Luigi Tornaghi, società, 27, 67 Ponte San Giovanni, Perugia, 12, 38, 44, Tescio, fiume, 63, 110 Piñeiro, Luciano Maffi,  The Diffusion of Ita- versità degli Studi di Perugia e assegnista
Luther, Hugo, 40 113, 145 Tevere, fiume, 12, 14, 39, 103 lian Wine in the United States (1861-1914). del progetto MULTINET (PSR Regione Um-
Ponte San Nicolò, Padova, 151 Torgiano, 73 La difusión del vino italiano en los Estados bria 2014-2020). Di recente ha pubblicato:
Madonnuccia, Petrignano, chiesa, 111, 115 Pro.Vi.Mi Olanda, società, 111, 144 Toscana, 30
Magnaghi&Bassanini, società, 46 Purina, società, 32 Treviso, 40 Unidos (1861-1914), “Rivar. Revista Iberoa- Manuel Vaquero Piñeiro, Francesca Giom-
Mammini, Salvatore, 81 Turchia, 24 mericana de viticultura, agroindustria e ru- mi, L’Umbria nelle “memorie” inedite dell’In-
Mannheim, 40 Raiston Purina company, società, 28 ralidad”, 5, 15, 2018, pp. 176-196; Agricol- chiesta agraria Jacini (1877-1884), Istituto
Marche, 104, Ravenna, 101 Ubaldi, Givanni Battista, 80
Mendelsohn, Erich, architetto, 44 Reggio Emilia, 27 tura e ambiente nello sviluppo economico per la Storia Contemporanea dell’Umbria
Umbria, 7, 10, 12, 30, 32, 70, 72, 83, 101,
Messico, 34 Renania, 40 105, 107, 109-110, 125 (1971-2017), in La Regione e l’Umbria. L’is- – Editoriale Umbra, Perugia 2017; Manuel
Mignini, famiglia, 10, 12, 32, 38, 55-56, 59, Robison Crusoe, 7 Ungheria, 25 tituzione e la società dal 1970 a oggi. Eco- Vaquero Piñeiro, Paola de Salvo, Francesca
113, 117-118, 121-122, 124-125, 128, Rossi, Eugenio, 67 Unione Europea, 32
nomia e società, a cura di Mario Tosti, Ve- Giommi, Rural Tourism and Territorial Deve-
144-145, 148 Rotterdam, 132 Unione Sovietica, 8
Mignini, Mario, 16, 115 Russia, 24 Uza, fiume, 121 nezia, Marsilio, 2019, pp. 69-96; A History lopment in Italy, in Sustainable Rural Deve-
Mignini&Petrini, società, 7, 10, 14, 16, of Wine in Europe (19th-20th Centuries).Vol. lopment, a cura di Florin-Costantin Mihai,
100-101, 127, 128, 130, 132, 143, S. Louis, Missouri, 28 Valle Umbra, 64 London, IntechOpen, 2019.
I. Winegrowing and Regional Features. Vol.
151, 157, 158 S.I.M.A., società, 46 Veneto, 30
Milano, 27, 49 San Francesco, 63 Venezia, 46 II. Markets, Trade and Regulation of Quality,
Missouri, 28 San Gallo, cantone svizzero, 121 Veronesi, società, 32 editors Silvia A. Conca Messina, Stephane
Modena, 27 San Paolo delle Abbadesse, abbazia, 63 Le Bras, Paolo Tedeschi, Manuel Vaquero pagine seguenti Stabilimento del gruppo
Moncioveta, Bastia, 76 San Pietro di Perugia, abbazia, 103 Zoovit, società, 117, 125
Monza, 27, 40 San Rufino di Assisi, cattedrale, 63 Zurigo, 121 Piñeiro, London, Palgrave MacMillan, 2019. Mignini&Petrini, Petrignano di Assisi, 2019,
Morandi, Riccardo, architetto, 97 Sant’Angelo, chiesa, Bastia, 64 © Enrico Lorea.

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