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Claude-Henri De Saint-Simon (1760-1825)

Claude-Henri De Saint-Simon è un filosofo ed è l’insegnante di A.Comte. Saint-Simon


è il padre della FILOSOFIA POSITIVISTA (tema centrale in sociologia), di cui i
presupposti sono:
- Il rifiuto dell’ozio
- La difesa generica del proletariato
- Il rifiuto del concetto di rivoluzione
- Accenna e prepara al concetto di equilibrio (ripreso poi da Durkheim).
Saint-Simon concepisce la società come un “tutto organico”, composta da parti come
un organismo “sui generis” (cioè la società ha caratteristiche diverse dai singoli
individui che la compongono). Inoltre, la società è composta da parti, ossia individui
visti come ruoli. Questo tutto organico è dotato di un’armonia interna che secondo
Saint-Simon si sviluppa progressivamente in tutti i suoi aspetti.
Con Saint-Simon abbiamo un grande elemento di novità, “la fisiologia sociale”, ossia
la scienza che studia la società; il tutto organico deve essere osservato attraverso un
metodo il più possibile obiettivo ed oggettivo.
IL POTERE POLITICO per Saint-Simon è una condizione non necessaria, che va superata
cosicché si possa affermare un nuovo modello di potere borghese.
IL POTERE ECONOMICO (valore della produttività e dell’essere produttivo) è centrale
per Saint-Simon, che sostiene che la società deve essere organizzata come un
industria e quindi avere un organizzazione produttiva ed efficiente, perché regolata
scientificamente.
Infine, parla di POLITICA SCIENTIFICA intendendo che questa organizzazione
produttiva elimina la disparità e lo sfruttamento, abolisce le “attività” non produttive
portando ad una “fratellanza universale” ossia al miglioramento delle classi più
povere e numerose (società utopistica).

Auguste Comte (1798-1857)

Comte è allievo del filosofo Saint-Simon ed è inoltre il padre della sociologia. Comte,
partendo dal concetto di società da modelli di tipo biologico, considera la sociologia
come la biologia, ovvero come una scienza che non può analizzare aspetti isolati ma
deve riferire a questi un’unità organica che presenta dimensioni STATICHE e
DINAMICHE. La biologia studia l’ambiente e l’uomo in quanto parte della natura, la
sociologia invece studia la cultura e la storia, poiché il metodo storico permette di
studiare l’uomo che è il prodotto dell’evoluzione e dell’eredità culturale.
Per quanto riguarda l’aspetto dinamico della società, questo viene studiato da Comte
in base a due leggi fondamentali.
La prima legge è LA LEGGE DEI 3 STADI, che spiega l’evoluzione della società, degli
individui e delle conoscenze basandosi sulla storia; quindi riduce le varie epoche
intellettuali percorse dalla civiltà in 3 stadi:
1. Stadio teologico ( della credenza): prevale la figura dei sacerdoti
2. Stadio metafisico ( delle dimostrazioni empiriche): prevale la figura dei filosofi
3. Stadio positivo (quello delle certezze e della formulazione intermini di leggi,
valide sempre): prevale la figura degli scienziati e degli industriali.

La seconda LEGGE DELLA DINAMICA SOCIALE considera le variazioni della pratica


dell’umanità, ovvero il rapporto tra bisogni materiali e l’azione volta a soddisfare tali
bisogni.
- 1 stadio: bisogno era la conquista
- 2 stadio: bisogno era la difesa
- 3 stadio: bisogno è il lavoro

LA STATICA SOCIALE è analoga all’anatomia; studia l’ordine dell’uomo come fosse


immobile analizzandone le componenti fondamentali. È lo studio degli elementi
presenti in ogni società destinati a rimanere immutati nonostante i processi storici.
Questi elementi immutati sono le leggi di coesistenza, tra cui: le istituzioni religiose e
politiche, la proprietà, l’organizzazione della produzione, la famiglia e il linguaggio.
Una delle più importanti per Comte è il potere politico, che ha una funzione di
controllo e coordinamento. La famiglia è alla base della società, retta dai principi
dell’amore e della simpatia. L’attività produttiva permette il mantenimento dell’unità
sociale grazie alla divisione dei compiti; Comte sostiene che quest’ultima permette il
principio di cooperazione per l’unità sociale e crede molto nella divisione dei compiti.
In Comte, l’unità sociale si ha con l’accettazione dell’èlite (una minoranza con poteri
“superiori” rispetto all’individuo che è indispensabile per frenare impulsi di ribellione
e affermare la prevalenza della razionalità sull’emotività, intesa come assenza di
razionalità).
Infine, Comte parla di RELIGIONE POSITIVA, intesa come pieno consenso e libera
scelta dell’individuo che permette all’uomo il ricongiungimento della natura e la
garanzia di unità e disciplina, grazie alla quale ogni individuo (o società) ottiene valori
morali e principi di condotta. Non è un credo, ma fonte di valori morali e
comportamenti. L’obiettivo è tenere uniti tutti gli individui senza nessuna forma di
idolatria.
Emile Durkheim (1858-1917)

La teoria di Durkheim entra in quelle teorie definite olistiche (considerare il tutto),


ovvero teorie che privilegiano il punto di vista della scoietà come organismo o come
un sistema dotato di vita propria con caratteristiche proprie, non riconducibile alla
somma degli individui che lo compongono.
La sociologia spiega sia fatti scientifici, sia fatti sociali (pratici).
Nell’opera “regole del metodo sociologico” Durkheim voleva formulare un criterio
obiettivo di interpretazione dei fenomeni sociali e dice che per spiegare un fenomeno
sociale bisogna cercare separatamente la causa del fenomeno e la funzione alla quale
assolve. Il termine funzione viene direttamente preso dalla biologia, e sta a significare
“atto volto a soddisfare un bisogno di un organismo vivente”.

Durkheim riteneva che la società fosse un’entità “sui-generis”. Inoltre, diceva che la
società è l’unica entità che forma, sin dalla nascita degli individui, dal punto di vista
valoriale e secondo modelli di comportamento tipici del suo tempo e della sua cultura.
Secondo Durkheim le istituzioni sociali hanno una continuità ed un arco di vita
superiore a quello dei singoli attori sociali; quindi la società non è il risultato di azioni
individuali ma si costituisce come sistema, in quanto realtà con caratteri propri.

Durkheim riteneva che “la causa determinante” di un fatto sociale deve essere
cercata nei fatti sociali precedenti e non nella coscienza degli individui, poiché
un’azione produce un effetto prima sulla società e poi per riflesso all’individuo. La
funzione sociale deve essere cercata nel rapporto che esso ha con qualche finalità
sociale.

La dimensione propria del sistema sociale, si manifesta per Durkheim, nel CARATTERE
COERCITIVO; la società impone all’individuo le proprie leggi, imposizione non violenta
ma come bisogno espresso dalla società che gli individui devono accettare se vogliono
continuare a vivere in quella determinata società.
La teoria durkaniana influenzerà quella FUNZIONALISTA, che tende sempre a
presentare il problema sociale in termini del mantenimento dell’ordine e
dell’integrazione dell’individuo (attraverso assimilazione di valori e norme morali e
giuridiche) nel sistema sociale stesso.
Durkheim considera gli individui, se lasciati a sé stessi, tendenzialmente egoisti e
quindi è la società che imponendo norme e valori, porta l’uomo ad una convivenza
pacifica.
ANOMIA

L’accento che Durkheim pone sulle norme e i valori lo spinge a rendersi conto della
presenza del disordine e dell’anomia che caratterizzano la società del suo tempo. Con
il termine ANOMIA (a-nomos in greco) si intendono quelle situazioni, nelle quali, a
causa di rapidi cambiamenti (sociali, politici, economici) i valori e i modelli di
comportamento (validi nella situazione d’origine) non sono più adeguati nella nuova
situazione, determinando nell’individuo sociale disorientamento.

SOLIDARIETA’

Durkheim, nell’opera “la divisione del lavoro sociale” definisce 2 tipi di solidarietà:
- Solidarietà meccanica: si forma su un unione basata sulla somiglianza delle
persone che si otteneva prima dell’industrializzazione. Si otteneva in maniera
automatica perché gli individui sono simili tra loro e condividono norme e valori
comuni.
- Solidarietà organica: nasce con la società industriale, quindi con la divisione del
lavoro dove diventano più importanti i vincoli funzionali tra gli individui che
lavorando per un’impresa comune hanno bisogno l’uno dell’attività dell’altro.

IL SUICIDIO 1897

Prima ricerca empirica condotta in sociologia, pubblicata da Durkheim nel 1897. In


questa ricerca il sociologo si impegna a ricercare le cause di suicidio in un determinato
periodo e in un determinato territorio della Francia per provare che la scienza medica
soffriva di un pregiudizio, cioè si credeva che i suicidi fossero da imputare a cause
genetiche o condizioni climatiche. Scoprirà, invece, che il tasso del suicidio è più alto
nei paesi prevalentemente di religione protestante. Da questa ricerca, utile per
provare la necessità del modello funzionalista, Durkheim arriva a teorizzare
l’esistenza di 3 tipi di suicidio:
- SUICIDIO EGOISTICO: determinato da una condizione di scarsa integrazione
sociale dell’individuo che si toglie la vita; esso priva la società di un RUOLO di
cui la società ha bisogno.
- SUICIDIO ALTRUISTICO: avviene in un individuo talmente integrato nella società
che, quando sente di rappresentare un peso per la società stessa e di non farne
più parte in modo attivo perché incapace di assolvere quel ruolo che la società
gli ha affidato, decide di suicidarsi.
- SUICIDIO ANOMICO: conseguenza di una condizione di assenza di regole per cui
viene meno la forza coercitiva delle norme che fa sì che gli individui esercitino
i loro RUOLI SOCIALI. Esso si lega all’immagine di una società in transizione, che
passando da un modello a un altro necessita di nuove regole.
Karl Marx (1818-1883)

Karl Marx, filosofo, economista e sociologo è un positivista (pensiero


scientifico, oggettivo e neutrale) e un determinista (carattere necessario delle
leggi e delle conoscenze scientifiche). Marx vuole sviluppare una teoria
scientifica delle leggi che presiedono la storia e la dinamica sociale; l’idea di
progresso di Marx adotta il modello dialettico di Hegel, secondo il quale la
storia evolve attraverso contraddizioni e conflitti. Marx pensa quindi che
l’evoluzione storica e sociale sia determinata dalle contraddizioni oggettive
legate alla disponibilità delle risorse materiali e ai rapporti di produzione che si
stabiliscono nelle diverse epoche storiche. Il superamento delle contraddizioni
ne produce altre, e così via. La soluzione finale è la fine del mondo capitalista e
la nascita della società comunista. Marx concepisce la società; esso concepisce
la totalità come processo in continua trasformazione il cui movimento è
determinato dalle contraddizioni che emergono nella realtà sociale tra
determinati rapporti sociali e strutture materiali.

Le strutture materiali sono rappresentate dall’insieme di forze e mezzi di


produzione nonché dai rapporti di produzione (contratto) e dal modo di
produzione (proprietà dei mezzi di produzione), ossia dall’insieme delle forze,
mezzi e rapporti di produzione che caratterizzano il sistema di produzione di
una data società.
Per Marx i veri protagonisti dei processi storici di trasformazione sociale sono
LE CLASSI, ossia l’insieme degli individui che si trovano oggettivamente nella
stessa posizione. L’appartenenza ad una classe è determinata:
- Dalla nascita o processo di socializzazione (educazione e istruzione)
- Dalle scelte effettuate, più o meno obbligate, nel corso dell’attività lavorativa

Marx definisce i concetti di classe in:

- Classe in sé: esiste indipendentemente dalla coscienza di classe, cioè dalla


consapevolezza di essere un membro di quella classe.
- La classe per sé: lo diventa quando i membri di una classe diventano
consapevoli di farne parte e prendono coscienza degli interessi comuni che
derivano dalla posizione occupata nell’infrastruttura.

Questa distinzione è importante perché da questo passaggio scaturisce la COSCIENZA


DI CLASSE, promotrice di grandi cambiamenti e fenomeni rivoluzionari. Dunque, è
all’interno delle classi che nasce la conflittualità, data dallo sviluppo di una classe
operaia più numerosa e consapevole della condizione di sfruttamento determinata
dai capitalisti. Questo porta alla lotta di classe e dopo il conflitto verrà a determinarsi
una situazione utopistica, una società senza classi e libera da ogni legge di dominio o
forma che crei illusione e determini forme di soggezione e mancanza di realizzazione
dell’essenza specifica dell’uomo. Il comunismo è il naturale sviluppo e progresso
spontaneo e necessario.

Ideologia

Nella teoria di Marx l’ideologia assume una connotazione negativa perché ritiene che
dietro a ogni forma ideologica si celi l’interesse delle classi dominanti che, attraverso
l’ideologia, legittimano il proprio potere. Per Marx il sapere scientifico a cui lui vuole
legare la sua teoria deve essere oggettuvi e neutrale per portare alla formulazione di
teorie generali secondo un approccio positivista.

Alienazione

Per Marx il lavoro è inteso come “essenza specifica dell’uomo”. L’alienazione è un


concetto da lui rielaborato e legato alla teoria dell’attività produttiva. La realizzazione
dell’uomo è immediatamente nel suo lavoro ed è proprio tale immediatezza che va
rispettata senza interferenze. Durante la società capitalista, a causa della propietà
privata dei mezzi di produzione, viene meno il carattere “immediato” tra il lavoratore
e i mezzi di produzione; tutto ciò provoca la sua estraniazione e la sua riduzione a
mezzo di scambio.
Secondo Marx, occore abolire la proprietà privata e porre fine all’economia
capitalista, in modo di ristabilire un rapporto immediato tra il lavoratore e i mezzi di
produzione, e quindi tra attività produttiva e i reali bisogni umani.

Valore d’uso e di scambio e plusvalore

Marx dice che la società capitalista ha sostituito il valore d’uso con il valore di scambio.

VALORE D’USO: capacità di un bene di soddisfare dei bisogni, la sua utilità.

VALORE DI SCAMBIO: valore che la merce assume in base al suo valore d’uso nel
momento in cui deve essere scambiata con un’altra merce.

PLUSVALORE: rapporto tra il valore di scambio della merce e il suo valore di


produzione. È quel valore in più che il datore prende dal lavoratore non retribuendo
il giusto salario.
Max Weber (1864-1920)

Weber avrà posizioni teoriche diverse dal suo contemporaneo Durkheim (positivista).
Weber si colloca nelle teorie dell’INDIVIDUALISMO METODOLOGICO, cioè che alla
base di ogni fenomeno sociale c’è l’azione individuale, l’azione sociale e la relazione
sociale. Quindi la società è il risultato dell’agire congiunto degli individui.

Nell’opera “economia e società”, Weber sintetizza le sue riflessioni e definisce la


differenza tra spiegazione e comprensione.
LA SPIEGAZIONE CAUSALE, alla base del modello funzionalista, cerca di capire la causa
di un determinato fenomeno e la funzione che assolve.
L’individualismo metodologico, alla base della sociologia comprendente di Weber,
non si limita a cogliere questi nessi di causalità, poiché ritiene necessario cogliere il
SENSO INTENZIONATO dell’agire individuale, cioè i motivi alla base delle azioni
concrete degli individui. Esso è possibile con il METODO DELL’AGGREGAZIONE, lettura
e interpretazione di frasi attraverso le quali si arriva alla comprensione di un
fenomeno (che ha la costruzione di teorie generali).

Con Weber parliamo di AVALUTATIVITA’, ossia affronta il tema del RIGORE


METODOLOGICO in modo cosi rigoroso che prima di fondare il suo metodo e definirne
i caratteri, sviluppa uno STRUMENTO in grado di impedire all’osservatore di
condizionare, attraverso il suo sistema di valore o di giudizio, l’oggetto della sua
ricerca, per garantire una posizione di assoluta neutralità di chi osserva, permettendo
allo stesso tempo alla sociologia di “essere scienza” pur non ricorrendo a leggi
universali e teorie generali.

Questo strumento è L’IDEAL-TIPO; non esistono allo stato puro nella realtà ma
permettono di cogliere certe costanti del comportamento e interpretarlo in base a
categorie più generalii.
Rispetto all’agire sociale Weber distingue 4 ideal-tipi fondamentali dell’agire:
- Razionale rispetto allo scopo: uso di energie per raggiungere un determinato
scopo/valore
- Razionale rispetto al valore: comportamenti e azioni e abitudini indirizzate da
un dovere
- Affettivo: l’agire è determinato da affetti, emozioni, stati attuali del sentire
- Tradizionale: l’agire è determinato prevalentemente da abitudini acquisite

Weber di questi ideal-tipi ha determinato diversi tipi di prevedibilità e comprensione;


- quello razionale rispetto allo scopo si può comprendere se si conosce la finalità
perseguita e i mezzi per raggiungerla.
- Quello razionale rispetto al valore si può comprendere se si conosce il punto di
vista del soggetto osservato
- Quello tradizionale se si conoscono i modelli codificati di comportamento
- Quello affettivo è quello più difficile da comprendere per chi non partecipa allo
stesso vissuto.
Per quanto riguarda la prevedibilità quelli più facilmente prevedibili sono quello
tradizionale o quello razionale rispetto allo scopo; quelli meno prevedibili sono quello
affettivo e quello razionale rispetto al valore.

Weber distinguerà 3 tipi di potere, sulla base delle diverse forme di legittimazione
(potere diverso da potenza; il potere è legittimo non necessita violenza e la potenza
è qualsiasi possibilità di far valere la propria volontà).

1. POTERE TRADIZIONALE: il governo lo esercita pe tradizione (monarchia


costituzionale)
2. POTERE CARISMATICO: la legittimazione è fondata sul carisma
3. POTERE RAZIONALE O LEGALE: il ruolo dell’autorità viene affidata in maniera
razionale da determinate persone

Religione

Weber ha dato un importante contributo alla religione dicendo che essa ha risposto
a tutti i maggiori interrogativi fondamentali della vita umana.
Nell’opera “l’etica protestante”, Weber vuole capire perché in determinate parti del
mondo ci sono più ricchezze e banchieri. (determinato dalla parte protestante).

Georg Simmel (1858-1918)

Filosofo e sociologo. Importante per le teoria sviluppate nell’ambito fenomenologico,


dell’interazionismo simbolico e dell’etnometodologia.

Secondo Simmel la società è il risultato delle azioni reciproche degli individui. La


sociologia le deve studiare e analizzare.
Con Simmel parliamo di SOCIOLOGIA FORMALE; oggetto di studio e analisi sono le
relazioni reciproche che si stabliscono tra gli individui che interagiscono e le forme
sociali che assumono.

Simmel fa una distinzione tra forma e contenuto:


- CONTENUTO: tutto ciò che negli individui agisce come interesse, scopo,
inclinazione, tutto ciò che è alla base della relazione sociale.
- FORMA: rappresenta i diversi modi attraverso cui gli individui stabiliscono le
loro interazioni.

Il contenuto è la materia prima dell’associazione e la forma permette di strutturare


tale materia in un’unità. Simmel dice che le forme tendono a rendersi autonome e si
oggettivizzano diventando GIOCHI SOCIALI, forme di relazione allo stato puro. La
modernità di Simmel la ritroviamo sullo studio dei fenomeni mondani, la moda e
l’innamoramento.

La differenzazione sociale (1890)

In questo saggio Simmel analizza come il numero degli individui possa incidere sulla
forma di associazione, ovvero sulle “strutture sociali”: gruppi, comunità,
organizzazioni. Le relazioni sociali che Simmel analizza sono quelle di: dominazione,
cooperazione e conflitto.

Inoltre, in questo saggio, individua 4 “tipi sociali”, facendo dei focus sullo straniero,
sul povero e su fenomeni sociali come la moda e l’innamoramento.
Per Simmel lo straniero (migrante) incarna il confine, l’ambiguità della società,
membro del gruppo caratterizzato dalla non appartenenza che pone al gruppo sociale
il problema della sua collocazione, in bilico tra esclusione e inclusione.
Il povero è considerato appartenente al gruppo, ma al pari dell’estraneo, è al di fuori
del gruppo, in quanto non inserito organicamente nella vita del gruppo.
In merito alla moda, afferma che la moda esprime tensione tra uniformità e
differenziazione, cioè il desiderio contraddittorio tra il bisogno di distinguersi dal resto
della società e il bisogno di farne parte.

La filosofia del denare (1990)

In questo saggio c’è una critica rivolta al postulato marxista, secondo il quale a
determinare il prezzo di mercato di una merce è il tempo di lavoro impiegato per
produrre tale merce. Secondo Simmel, invece, il fattore determinante è LO SCAMBIO
ECONOMICO fondato sul denaro, che Simmel considera una forma di INTERAZIONE
SOCIALE. Questo saggio è un grido d’allarme che vuole lanciare per scongiurare una
società mercificata, dove il denaro diventa da mezzo per raggiungere un fine, il fine
stesso, perdendo cosi la sua funzione sociale.
Simmel è propenso ad accogliere il passaggio da una società tradizionale ad una
società moderna, con l’idea che in questo processo di trasformazione, il denaro non
perda la sua funzione sociale.
Rapporto individuo/società

Simmel vive agli inizi del 900, quando le città diventano metropoli e aumentano i
commerci. Le società moderne, secondo lui, sono caratterizzate da una fitta rete di
relazioni. La nascita delle metropoli hanno accentuato la tensione del rapporto tra
individuo e società, cioè il conflitto tra il bisogno di autorealizzazione dell’individuo e
il suo essere sociale. Da ciò ne scaturisce una posizione ambivalente ben espressa
nella definizione di “individuo blasè”.
L’individuo blasè è il soggetto che vive un dissidio interiore emotivo provocato dal
passaggio dal tradizionale al moderno e assume un atteggiamento scettico e
distaccato rispetto alle nuove pratiche sociale, ma allo stesso tempo ne è attratto.

Vilfredo Pareto (1848-1923)

Economista e sociologo italiano. Pareto si colloca nel positivismo scettico e accusa


Comte e Spencer poiché ritiene che siano andati oltre i limiti della scienza empirica.

Nel suo trattato di sociologia generale, Pareto formula i presupporti metodologici


della sua teoria che possono essere cosi sintetizzati:

1. La sociologia non ricerca verità assolute, né deve essere mossa da


preoccupazioni religiose, politiche o morali. Bisogna evitare confusione tra
giudizio di fatto (obiettivo, scientifico) e giudizio di valore (soggettivo, non
obiettivo)
2. La sociologia, come le altre scienze fisiche e biologiche, è fondata
sull’esperienza e osservazione diretta dei fatti
3. La sociologia deve essere studiata in maniera quantitativa e statistica
4. La certezza delle fonti serve per dare maggiore obiettività

La sociologia di Pareto è induttiva, cioè che una legge è vera fino a prova contraria;
questo è innovativo.

Pareto, sempre in questo trattato, definisce “l’azione dell’individuo”. Consiste in una


perfetta sintesi tra elementi SOGGETTIVI (connessi alle percezioni individuali dei
fenomeni) ed elementi OGGETTIVI (caratteristiche proprie del fenomeno).

Sulla base di questo, Pareto definisce L’AZIONE LOGICA: perfetta corrispondenza tra
caratteri soggettivi ed oggettivi.
Pareto parla anche di AZIONI NON LOGICHE: dove non c’è una corrispondenza tra fine
soggettivo e fine oggettivo.
Queste possono essere divise in 4 generi diversi:
- Azioni meccaniche: quelle al quale non si da né un fine oggettivo, né soggetivo.
Sono le azioni che si compiono per abitudine;
- Azioni compiute: quelle che hanno un fine soggettivo ma non oggettivo. Azioni
per le quali vengono adotti motivi logici in realtà inesistenti (es.magia)
- Azioni istintive: hanno un fine soggettivo ed oggettivo ma non corrispondono.
(ES. faccio una rivoluzione per ottenere un regime democratico e ne ottengo
uno totalitario)

Talvolta un’azione non logica può essere usata per un fine logico, concreto.
L’elemento che trasforma un’azione non logica in un’azione logica è il LINGUAGGIO,
definito da Pareto “LA VERNICE LOGICA” delle azioni non logiche.

Pareto distingue i RESIDUI e le DERIVAZIONI:

- RESIDUI: azioni non logiche che sono diventati modi di fare consolidati nella
cultura e quindi naturalmente accettati. I residui, insieme agli istinti, interessi e
sentimenti costituiscono la base su cui poggiano le derivazioni.
- DERIVAZIONI: manifestazioni culturali che conferiscono una “vernice logica”
alle azioni non logiche, cioè delle razionalizzazioni illusorie.
Pareto considera la cultura una derivazione; critica le ideologie e le considera uno
strumento che produce derivazioni.
Questa differenza tra residui e derivazioni sono importanti per Pareto perché nel
sistema sociale sono i residui a giocare un ruolo cruciale e non le derivazioni, che
seppure manifestazioni più esplicite vanno considerate come indizi di altri fattori che
agiscono direttamente sull’equilibrio sociale.

Teoria dell’elitismo

Pareto è il fondatore dell’elitismo. Per lui la società si divide in 2 strati:


- Quello più numeroso che costituisce la maggioranza disorganizzata
- Quello meno numeroso che rappresenta la minoranza organizzata, ovvero
l’èlite minoritaria formata dalla classe dirigente che controlla la collettività.
Secondo Pareto, la capacità dell’èlite dirigenti di controllare la società è determinata
prevalentemente dalla loro abilità nel manipolare la parte EMOTIVA e IRRAZZIONALE
della collettività, ovvero i residui.
Per Pareto l’agire politico è un agire che usa RESIDUI E DERIVAZIONI per far si che una
minoranza organizzata controlli una maggioranza organizzata.
Talcott Parsons (1884-1942)

Le origini della teoria STRUTTURAL-FUNZIONALISTA formulata dal sociologo


americano Parsons, prende lo stesso concetto Durkheniano di funzione (azione
necessaria per la soddisfazione di un bisogno di un determinato organismo). Il
contributo dello sviluppo della teoria è stato dato anche dai due antropologhi
Malinowski e Brown.
Parsons ha dedicato la sua intera vita da studioso con l’ambizione di sviluppare una
TEORIA GENERALE DELL’AZIONE SOCIALE che può essere valida per tutte le scienze
(sociali, economiche, psicologiche) facendo confluire le maggiori teorie sociologiche
di Pareto, Durkheim e Weber. Egli intendeva dare un’impostazione sistematica alla
sociologia, in modo da confermare quest’ultima come scienza.

Nell’opera “la struttura dell’azione sociale” Parsons trae dalla teoria di Max Weber il
concetto di AGIRE SOCIALE, intendendolo come dotato di senso che tiene conto
dell’agire altrui. L’agire è considerato in base all’intenzionalità del soggetto, al suo
scopo.
La società è un sistema sociale che determina le singole azioni degli individui. Lo fa
attraverso la codifica delle norme e l’assimilazione dei valori da parte degli individui.
Quindi supera il concetto di TUTTO ORGANICO di Durkheim e parla di TUTTO
INTEGRATO, dove le istituzioni collaborano per raggiungere un’unica finalità, ossia
finalità sociali, senza conflitti.

Parsons definisce l’azione sociale distinguendo i seguenti elementi:


- Il soggetto (attore sociale): chi compie l’azione; individuo corpo o collettività;
- La finalità dell’azione: il risultato futuro verso cui l’azione si orienta;
- La situazione: le condizioni oggettive e i mezzi entro i quali si svolge l’azione ;
- L’ordine simbolico: l’insieme di rappresentazioni, dei modelli e delle regole
culturali che orientano l’azione;

la sociologia affronta il problema dell’integrazione sociale; questa integrazione


implica che gli elementi che formano il sistema deve essere un tutto integrato retto
da leggi specifiche. Il concetto chiave è quello di sistema, non più di organismo. Un
sistema si costituisce quando si stabiliscono relazioni privilegiate di interdipendenza
tra più elementi.
L’opera “il sistema sociale” ruota attorno a due concetti fondamentali: ruolo e
integrazione.

- Il ruolo: insieme di norme e aspettative su un soggetto, in quanto egli ocupa


una certa posizione nella rete di relazioni sociali. Ad ogni ruolo corrispondono
“aspettative di ruolo”, cioè comportamenti conformi al ruolo ricoperto. Spesso
il concetto di ruolo è associato a quello di STATUS (definisce la posizione sociale
di un soggetto rispetto ad altri soggetti nella rete di relazioni sociali;
docente/studente- medico/paziente)
- Integrazione: rientra in quelli che sono gli IMPERATIVI FUNZIONALI “MODELLO
AGIL”, ossia le esigenze che ogni sistema esprime.
- L’adattamento: capacità del sistema di trarre dall’ambiente esterno risorse
sufficienti per la propria sopravvivenza, risorse che vengono trasformate e
distribuite al proprio interno.
- Il conseguimento degli scopi: ogni sistema stabilisce e persegue degli scopi
tramite la motivazione e l’attivazione di energie.

L’INTEGRAZIONE prevede la predisposizione di strumenti che assicurino coesione


interna e controllo del sistema al fine di garantire l’equilibrio.

Il mantenimento delle strutture latenti consente di mantenere stabili le motivazioni e


i valori per orientare in modo adeguato l’azione per il soddisfacimento dei bisogni del
sistema. “latenti” perché funzionano in modo indipendente dalla coscienza
dell’attore, poiché sono modelli culturali interiorizzati.

In corrispondenza degli imperativi funzionali Parsons distingue dei SOTTOSISTEMI:


l’organismo biologico può essere valutato secondo la funzione di adattamento.
Il sistema della personalità in corrispondenza del conseguimento degli scopi.
Il sistema sociale in corrispondenza della funzione di interazione.
Il sistema della cultura in corrispondenza della funzione di latenza.
Ognuno dei sottosistemi deve rispondere positivamente ai 4 imperativi funzionali,
formando cosi altri 4 sottosistemi caratterizzati da uno strumento qualificante:
- ECONOMICO, funzione di adattamento; DENARO (banche, industrie);
- POLITICO, conseguimento degli scopi; POTERE (partiti/burocrazia)
- SOCIALE, funzione di integrazione; NORMA (mass-media/ scuola/ chiesa);
- CULTURALE, funzione di latenza; VALORI (matrimonio, famiglia);

le variabili dei modelli sono delle alternative fondamentali dell’azione che


DEFINISCONO IL TIPO DI RUOLO, che si articola tra 8 diversi atteggiamenti:
1. Affettività/Neutralità affettiva: presenza di una gratificazione affettiva/ assenza
di una gratificazione affettiva (amici/medico-paziente);
2. Universalismo/Particolarismo: regole e atteggiamenti uguali per tutti/
differenziazione delle regole e atteggiamenti (il giudice che applica la legge/ il
padre verso il figlio);
3. Realizzazione/Attribuzione: compro un quadro per investimento/ per le
sensazioni che mi suscita)
4. Specificità/Diffusione: prende in pertinenza al suo fine/considerazione di una
pluralità di aspetti (con un tecnico riparatore/con il coniuge)

Merton e le teorie a medio raggio (1919-2003)

Merton è un funzionalista. Il saggio pubblicato nel 1951 “teoria e struttura sociale”


rivolge una critica a Parsons, attraverso l’elaborazione di 3 postulati per contestare il
modello AGIL:
1. L’unità funzionale
2. Il funzionalismo universale
3. Equivalenza funzionale (o indispensabilità)

Nel primo postulato, la società viene vista da Parsons come un “TUTTO” dove le
attività e ogni forma culturale standardizzata devono avere un significato funzionale
sia per la società che per l’individuo stesso. Questo è contraddetto per 2 motivi:
1. Non tutte le società hanno lo stesso livello di integrazione
2. Non sempre le funzioni hanno una valenza positiva, possono essere anche
negative o contraddittorie (es. religione)

Nel secondo postulato, quello del funzionalismo universale, ogni forma culturale
standardizzata ha una valenza positiva. Questo è contraddetto perché ci sono alcune
forme culturali obsolete, che non hanno più ragione di essere nella situazione attuale
e quindi non svolgono più alcuna funzione.

Nel postulato dell’indispensabilità si dice che ogni funzione è indispensabile per il


sistema sociale. Merton invece dice che ci possono essere più strutture che possono
sostituire una funzione.

Sempre nello stesso saggio, Merton propone un modello che sia fondamentalmente
incentrato su 2 tipi di funzioni;
- Funzioni latenti: indicano le motivazioni soggettive coscienti di un determinato
comportamento (perché ci si è comportati in un determinato modo)
- Funzioni manifeste: indicano le conseguenze oggettive di un determinato
comportamento.

Quando osserviamo la conseguenza di un’azione (funzione manifesta) dobbiamo


considerare che alla base di essa ci sia una motivazione soggettiva (funzione latente).
Merton respinge l’approccio neopositivista di Parsons, suo maestro, che ambiva ad
elaborare un modello generalizzabile a tutti i sistemi. Secondo Merton, la prospettiva
universalistica delle teorie “onnicomprensive” pecca di scarsa aderenza alla realtà e
quindi risponde a questa “debolezza metodologica” del modello parsoniano con
l’elaborazione di “TEORIE A MEDIO RAGGIO”.
Si tratta di teorie dalla portata più circoscritta che possono essere facilmente
verificate e che risultano più rigorose perché usano paradigmi diversi che prestano
più attenzione al metodo. Si parla di “relativismo dell’analisi sociologica” poiché la
teoria è legata all’utilizzo di paradigmi specifici rispetto all’osservazione dei singolli
fenomeni sociali.

L’oggetto della sociologia

Per Merton oggetto dell’analisi sociologica è il poblema sociale, cioè gli aspetti critici
che riguardano l’organizzazione della società che individua nei meccanismi del:
- Ordine
- Stabilizzazione
- Consenso
Questi meccanismi possono determinare alcuni fenomeni di squilibrio. Merton ne
prende in considerazione 4:
- Il conflitto
- La disorganizzazione
- L’anomia
- La devianza

Anomia e devianza sono due concetti strettamente legati. Merton è definito il


SOCIOLOGO DELLA DEVIANZA dato che si è interessato al concetto di anomia.
L’assenza di regole è determinata da fasi di cambiamento durante le quali si creano
dei vuoti valoriali e normativi. Quindi, la devianza e l’anomia non sono scelte
volontarie degli individui, ma azioni che compiono perché devono adattarsi alla nuova
situazione. Per Merton la devianza è un comportamento non conforme alle regole,
che non ha necessariamente una valenza negativa, in quanto legata ad una fase di
adattamento a nuove regole sociali.
Secondo Merton la devianza non è l’esito di impulsi biologici perché sennò non si
spiegherebbe una diversa frequenza di comportamenti devianti nelle strutture sociali
e diverse forme e modelli con si manifestano le deviazioni nelle diverse strutture
sociali.

Queste difficoltà di adattamento sono state espresse da Merton nella sua “teoria della
tensione”. C’è una tensione tra struttura sociale e struttura culturale che è la
conseguenza dell’ambivalenza della società, che incoraggia i suoi membri al
raggiungimento di uno scopo, ma di fatto non li mette in condizione di disporre dei
mezzi utili a raggiungere lo scopo. Questa tensione può provocare atteggiamenti di
CONFORMITA’, INNOVAZIONE, RITUALISMO, RINUNCIA E RIBELLIONE.
La devianza (prospettiva funzionalista)

La devianza presuppone la presenza di un gruppo o di un individuo, di norme violate.


La devianza è la non conformità a una o un complesso di norme accetatte da un
numero significativo di individui all’interno di una società. Deviante è il trasgressore.
La devianza è un concetto più ampio rispetto alla criminalità, che invece riguarda
comportamenti che violano la legge e sono reati.
Le teorie funzionaliste considerano la devianza e la criminalità come risultato di
tensioni strutturali dovute alla scarsa regolazione morale all’interno della società.
Durkheim dice la devianza è un fatto sociale inevitabile e necessario. Inevitabile
perché nessuna società è capace di raggiungere un consenso totale delle norme.
Necessario perché esercita una funzione adattiva ed è sostenuta da una volontà di
innovazione. In Durkheim parliamo di DISEQUILIBRIO, in Merton di
DISORGANIZZAZIONE.

Serendipity

Il concetto di Serendipity elaborato da Merton può essere considerato come una


declinazione del concetto “indeterminatezza dell’azione”, cioè interdipendenza tra
azione ed effetti. Per serendipity intende quella condizione per la quale, durante
un’attività di ricerca si trova qualcosa mentre si cercava qualcos’altro. Si tratta
ovviamente di un caso di conseguenza inattesa positiva. È dunque un concetto slegato
alle qualità del ricercatore. Merton, apporta un’innovazione sociale alla sociologia; è
il padre della macrosociologia, cioè della sociologia quantitativa.

La teoria critica

La teoria critica è stata elaborata da due autori della scuola di Francoforte: Adorno e
Horkheimer. La modernità della scuola sta nel fatto che nasce attorno ad un istituto
di ricerca e divinterà una rivista. La teoria critica si sviluppa a partire dagli anni 20,
grazie agli studiosi della scuola di Francoforte e sarà chiusa nel 1933 dal regime
nazista. Le origini comuni della teoria critica possono essere ritrovate in Marx e la
critica storicistica all’idealismo, in Nietzsche e l’esperienza nichilista, in Freud e il
concetto di libido.
Il contesto storico nel quale sorge la teoria critica è molto disastrato (rivoluzione
sovietica di Stalin e regime totalitario).
Gli autori dell’istituto di Francoforte pensano che la sociologia debba assumere la sua
responsabilità critica nei confronti delle forme del dominio politico ed economico,
costituendosi come elemento attivo della trasformazione sociale.
Dialettica dell’illuminismo

Opera chiave di Adorno e Horkheimer del 1947, considerata il manifesto della scuola
di Francoforte. La critica che muovono in quest’opera non è rivolta all’illuminismo,
ma alle sue forme involutive legate al principio della ragione per la ragione, alla logica
strumentale che produce false verità e pone l’individuo in una condizione di
soggezione alle leggi del mercato e della produzione della società di massa.
L’illuminismo che ha liberato l’uomo dalle credenze e dalle superstizioni e che
prometteva una società libera, egualitaria e senza pregiudizi si è tradito adottando
una razionalità strumentale per celare la propria intrinseca irrazionalità.
L’illuminismo, in sostanza, ha liberato l’uomo dalle credenze e superstizioni per poi
imporre nuove forme di soggezione di dominio basate sul modello capitalista, di
massimizzazione dei profitti e lo sfruttamento del lavoro, nonché la mercificazione
dell’uomo.
La ragione stessa è diventata LEGGE DI DOMINIO. Gli esponenti della scuola di
Francoforte credono fortemente nello studio della storia, inteso non solo come
memoria e testimonianza ma come ANTIDOTO alla logica strumentale e come
STRUMENTO per riportare a una condizione di equilibrio tra uomo e natura.

La dialettica negativa

Saggio di teoria critica scritto da Adorno nel 1966. Secondo Adorno, è necessario
ricorrere alla dialettica negativa per spezzare l’infernale “circolo vizioso” della
violenza e della forza distruttrice della ragione per la ragione, che si traduce in una
logica di dominio e sopraffazione. La dialettica negativa è dunque, quel meccanismo
che permette di reagire, di opporsi al processo di reificazione (disumanizzazione dei
rapporti sociali) e alla società di massa. Scopo della “dialettica negativa” è in sintesi
quello di opporre RESISTENZA al modello di società di massa e promuovere una
rivoluzione che possa portare ad un nuovo “umanesimo”, che pone fine al processo
di reificazione e alle logiche strumentali e distorsive del capitalismo, consentendo cosi
all’uomo di recuperare la sua dimensione spirituale e rispristinare una condizione di
equilibrio tra uomo e natura.
Modello fordista= modello di produzione basato sullo sfruttamento.
Società di massa= società industriale caratterizzata da un modello prduttivo che
conforma i comportamenti.

La dialettica negativa e il concetto di reificazione di Luckas

Il concetto di “reificazione” è un concetto elaborato e approfondito da Luckas, che in


“storia e coscienza di classe (1923)” arriva alla conclusione che il soggetto acquista
una rilevanza umana esclusivamente quando viene messo in una condizione di
confronto con un bene economico. rifacendosi al marxismo, definisce la società
“reificata”, cioè dove c’è una mercificazione, dove la produzione di massa ha
disumanizzato tutte le questioni a livello economico, al “cosa può essere utile”.
La reificazione per Luckas è quel concetto per il quale la rivoluzione acquista una
prospettiva auspicabile e necessaria, non come risultato naturale come dice Marx, ma
come prodotto della reificazione e la contraddizione del sistema capitalistico stesso.
La rivoluzione è possibile solo con la coscienza di classe che concepisce la reificazione
e la combatte liberando la coscienza di tutte quelle logiche strumentali.
Luckas attacca direttamente gli intellettuali che diventano servi del potere e che
usano le loro competenze per alimentare questo processo di reificazione.

Eros e civiltà (1955) Marcuse

Opera di Marcuse, filosofo e sociologo anticonformista e rivoluzionario, esponente


della scuola di Francoforte. In quest’opera affronta il problema del conflitto tra natura
umana e cultura. Con riferimento alle teorie Freudiane, sostiene che civiltà e felicità
sono incompatibili, perché il progresso si fonda sulla repressione degli istinti e ciò
rappresenta la rinuncia alla felicità rappresentata dal soddisfacimento dei bisogni
umani. Marcuse, sostituisce il concetto di prestazione con quello di piacere, secondo
una concezione “estetica” della vita, basata sulla liberazione della libido e la libera
espressione dei bisogni umani, proponendo un’ideale edonistico al posto dell’ideale
rivoluzionario dell’utopia marxista.
Secondo Marcuse, solo i “gruppi marginali”, fuori dal sistema (disoccupati, immigrati,
disabili) possono incarnare il “grande rifiuto” e portare alla svolta verso l’utopia;
perché ormai la classe operaia risulta troppo integrata nel sistema per poter
rappresentare la forza promotrice di una rivoluzione.

L’uomo a una dimensione 1964

Opera importante che spinge verso posizioni estreme i motivi di critica della società
tecnologica avanzata. L’uomo ad una dimensione è alienato, ragione e relatà
appaiono coincidenti e il sistema fa apparire razionale ciò che è irrazionale. Un’altra
idea interessante è quella della “paralisi del pensiero” e della possibilità di
combatterla attraverso lo studio della storia, come antidoto al “potere per il potere”.
Tramite il concetto di pluralismo politico, culturale ecc., il sistema illude il soggetto di
essere libero, in realtà le decisioni sono nelle mani di pochi; il concetto di tolleranza
viene usato dal sistema affinché il cittadino non metta in discussione le basi del
sistema. Quindi, ti sembra di avere la libertà, ma in realtà sei un “uomo ad una
dimensione”.
Karl Mannheim e la sociologia della conoscenza (1893-1947)

Al centro del pensiero del sociologo ungherese c’è il pensiero conservatore che dà il
titolo ad un suo saggio. Mannheim affronta il problema della storicità e della socialità
dei fenomeni intellettuali. Non è un marxista, anzi criticherà alcune sue scelte, ma
comunque riprenderà alcuni come quello di “coscienza di classe”.
Nel saggio “il pensiero conservatore” scrive che “la caratteristica del pensiero
moderno è il tentativo di realizzare la completa razionalizzazione del mondo”. La
razionalizzazione si trova nelle scienze esatte e si esprime in termini quantitativi e
qualitativi. Questa realizzazione ed astrattezza sono atteggiamenti tipici della società
capitalista basata sulla produzione di massa. Mannheim dice che con l’espansione del
modello capitalista, gli individui sono trattati sempre più come grandezza astratta e
calcolabile.

Nell’opera “sociologia della conoscenza”, Mannheim sostiene che il pensiero degli


individui è sempre in rapporto con la propria esistenza (coscienza). Secondo lui,
infatti, il pensiero umano è sempre condizionato socialmente e storicamente,
cosicché le condizioni sociali in cui i gruppi umani vivono, modificano il loro modo di
pensare. Gli umani quindi pensano in maniera condizionata a causa della presenza di
fattori extra-terreni, extra-razionali ed esistenziali.

Mannheim dice che se il problema della sociologia della conoscenza è capire se a


determinate attività e determinate posizioni sociali corrispondono specifici modi di
pensare, interessi e posizioni teoriche. Allora agli intellettuali spetta il compito di
definire quali siano le condizioni per cui certi interessi esplicano i propri effetti o si
riflettano in modi di pensare e in teorie che sono dirette espressioni.

Mannheim critica marx perché dice che ha utilizzato il concetto di “coscienza di


classe” per scopi politici invece di renderlo un principio di carattere generale. Secondo
Mannheim, quinid, ha sbagliato a delegarlo ad una sola classe, il proletariato.

Passaggio dall’ideologia alla conoscenza

Mannheim elabora una teoria per permettere all’ideologia di diventare conoscenza.


Per far sì che avvenga questo passaggio occorre avere il coraggio di sottoporre
all’analisi ideologica il proprio pensiero, ma anche quello dell’avversario. In questo
modo, l’ideologia diventa conoscenza e quindi è in grado di abilitare forme di pensiero
libero e critico.
Mannheim parla di relazionismo per sostenere la relazione che intercorre tra idea e
contesto di riferimento; questo non implica che l’idea non sia valida, ma non lo è in
assoluto. Il relazionismo è una capacità che deve essere svolta dagli intellettuali, che
devono riuscire a distogliere la politica dall’irrazionalità poiché essi sono una
categoria teoricamente privilegiata. Propone quindi, una POLITICA SCIENTIFICA, ossia
assegnare agli intellettuali questo ruolo.

L’interazionismo simbolico (Mead e Blumer)

Herbert Mead (1863-1931)

Il termine interazionsimo simbolico è stato coniato da Blumer in un suo saggio, poi


sarà rielaborato da Mead, che partirà da 3 premesse:
1. Gli individui agiscono nei confronti delle cose in base ai significati che
attribuiscono agli oggetti della realtà
2. Il significato di tali cose è il prodotto di un’interazione sociale
3. I significati vengono elaborati e poi trasformati dopo che ci si è imbattuti in
quella realtà, dopo averla affrontata.

Queste premesse sono contenute nel saggio “mind, self and society”. Questo saggio
è considerato l’opera fondamentale per l’interaizonismo simbolico, poiché Mead
sostiene che la mente e il sé sono il risultato di un processo sociale.
In questo saggio Mead attribuisce alla mente lo spirito, al sé attribuisce l’auto-
coscienza ed infine alla società attribuisce l’altro generalizzato.
Secondo Mead, il meccanismo che permette lo sviluppo della mente e del sé risiede
nel linguaggio e nella comunicazione, anche gestuale.

Secondo Mead “il mondo dei significati” emerge oggettivamente nel contesto sociale
in cui si vive, ma prima di diventare comportamento deve avvenire un colloquio
interiore del soggetto con sé stesso, quindi si può capire un significato ed utilizzarlo
solo se mi metto nella prospettiva dell’altro, ho avuto un colloquio interiore, ho
compreso questo significato ed infine l’ho espresso attraverso il linguaggio o i gesti.

Mead dice che mente e sé non sono innati, ma vengono sviluppati nel tentativo di
adattarsi a ciò che ci sta intorno fin dalla nascita. L’espressione più elementare della
comunicazione è il gesto, presente anche tra gli animali. Il gesto si sviluppa già nei
primi anni di vita sia per prova ed errori, sia per trading familiare (educazione). Il gesto
può essere il risultato sia di un atteggiamento esterno (osservazione), sia di un
atteggiamento interno (reazione ad un istinto).
Il gesto interiorizzato è un simbolo significativo in quanto ha lo stesso significato per
tutti gli individui di una data società o gruppo sociale, diventando così un segno
convenzionale. È all’interno di questo senso comune partecipato che si sviluppano
anche il pensiero cosciente e il rapporto dell’individuo con il suo sé.
Senza rapporto sociale, senza linguaggio, non vi sarebbe alcun pensiero.

Mead in quest’opera parla quindi anche di IO, ME oltre che di sé:

L’IO è un processo dinamico che permette all’individuo di oggettivare sé stesso, cioè


considerare sé stesso dal punto di vista degli altri.

IL ME rappresenta l’interiorizzazione delle aspettative altrui nei suoi confronti

IL SE’ è il risultato dell’oggettivazione che l’individuo opera nei suoi stessi confronti.
Lo sviluppo del sé individuale avviene in particolare evidenziando la funzione del gioco
per la formazione del sé. Mead, infatti, parla nei primi anni di vita di GIOCO
SPONTANEO (play), ossia il bambino assume ruoli diversi imitando quelli degli adulti.
Verso i 7 anni di vita parla di GIOCO ORGANIZZATO (game), ossia il bambino impara a
giocare anche in gruppo secondo regole convenzionali diventando così capace di
assumere ruoli diversi all’interno di un unico insieme organizzato di azioni e reazioni.

Blumer (1900-1987)

Blumer, riguardo l’interazionismo simbolico, si concentra molto sul valore del sé


affermando che quest’ultimo è un principio attivo che interpreta la realtà in cui ci si
imbatte e si agisce. Nell’interazione simbolica si interpreta ogni gesto e ogni azione
definendo l’azione altrui, a differenza di Parsons che codificava il significato.
Blumer quindi propone l’approccio MICROSOCIOLOGICO ovvero un processo di
attribuzione di significati alle cose della realtà, una realtà che deriva dall’esperienza
dell’individuo. Per blumer, la sociologia non deve studiare i fatti sociali, ma
interpretare i diversi LINGUAGGI SIMBOLICI.

Edmund Husserl, il mondo della vita (1859-1938)

Nell’approccio fenomenologico, l’attenzione sociologica si sposta dal fatto


all’individuo, nel senso che essa non si focalizza più sugli oggetti della realtà in
relazione agli effetti che l’oggetto produce, ma sui SIGNIFICATI che Husserl, padre
della fenomenologia, definisce “orizzonti di significato”.
Secondo Husserl “il mondo della vita è il terreno della vita umana nel mondo”. Il
mondo della vita è il mondo in cui viviamo in modo naturale, in cui siamo immersi
dalla nascita, costituito da oggetti, fatti, eventi che vanno presi così come sono e dati
per scontato. Essendo un mondo costituito da OVVIETA’, questi eventi non
necessitano di essere motivati ma vengono assunti con “atteggiamento naturale”,
cioè accettati con naturalezza.

Nell’approccio fenomenologico L’ELEMENTO CENTRALE E’ L’INDIVIDUO. La


fenomenologia appartiene alla microsociologia, studia le relazioni tra gli indivdui in
piccoli gruppi o piccole comunità, quindi in contesti limitati.

Alfred Shutz (1899-1959)

Il MONDO DELLA VITA per Shutz è il mondo in cui viviamo dalla nascita, fatto di
esperienze che si ripetono QUOTIDIANAMENTE in maniera TACITA e PERVASIVA
sull’individuo. Essendo delle esperienze quotidiane l’individuo non si pone delle
domande, poiché vanno accettate, date per scontato, sono delle ovvietà.

Shutz parla quindi di atteggiamento naturale dell’uomo, condizione per cui non ci si
pone dubbi su come appare la realtà. L’atteggiamento naturale parte dall’individuo
che presuppone che il significato che darebbe ad un’esperienza sia lo stesso che
darebbe un altro individuo. È come se ci fosse un ambito interpretativo comune,
dovuto al fatto che si tratta di pratiche quotidiane.
Il mondo della vita per Shutz, è un mondo di CULTURA perché dall’inizio è una
struttura di significato dove ogni individuo per agire deve interpretare i significati e
quindi scendere a patti con il mondo della vita.
La cultura conferisce un ORDINE INTERPRETATIVO, cioè il mondo della vita non viene
percepito allo stesso modo da tutti, ma ci sono degli ambiti, caratterizzati da:
1. Un particolare stile cognitivo
2. Forme particolari di relazione sociale
3. Forma specifica di percezione del proprio sé
4. Specifiche prospettive temporali
L’insieme di questi sta a significare che il mondo della vita è un insieme di esperienze
all’interno di uno specifico accento di realtà, definito da Shutz “provincia finita di
significato”. Finita perché un significato viene interpretato allo stesso modo siki se
rientra all’interno di quella provincia finita di significato.
Erving Goffman, drammaturgia (1922-1982)

Il pensiero di Goffman rientra nell’interazionismo simbolico. Analizza le


rappresentazioni della vita quotidiana e quindi i significati attribuiti al mondo della
vita. Goffman utilizza il modello teatrale drammaturgico per spiegare la vita
quotidiana.

Nell’opera “la vita quotidiana come rappresentazione” propone una metafora tra la
vita quotidiana e la rappresentazione teatrale. Goffman sostiene che quando un
individuo è in presenza di altri, ha le sue buone ragioni per comportarsi in un
determinato modo e quindi controlla le impressioni che vuole dare in quella data
situazione. Quindi non esiste solo un’azione STRUTTURALE ma anche un’azione
CONDIZIONATA rispetto a come si vuole apparire in quella determinata situazione.

Goffman sostiene che la vita è rappresentazione, ovvero ogni individuo indossa una
MASCHERA per potersi proporre agli altri come più preferisce. Sostiene, quindi, che
l’essere “veri” non esiste, e ognuno condiziona il proprio comportamento come vuole.
Il concetto di condizione di controllo è molto importante nel pensiero di Goffman; egli
dice che il nostro AGIRE è condizionato da come si vuole apparire agli altri. L’azione
diventa una vera e propria rappresentazione, chi agisce usa intenzionalmente o
involontariamente un EQUIPAGGIAMENTO ESPRESSIVO STANDARDIZZATO che
Goffman definisce FACCIATA.

La sociologia deve studiare la facciata che ci permette di avere determinati


comportamenti rispetto ad alcune situazioni.
Goffman, sempre nell’opera “la vita quotidiana come rappresentazione” spiega come
la metafora del teatro sia utile per spiegare la dinamica nei gruppi. L’attore agisce
come se fosse un vero e proprio palcoscenico dove occorre distinguere:
- Ribalta (stage): dove l’attore mette la maschera e mette in atto la propria
rappresentazione
- Retroscena (backstage): dove l’attore mette giù la maschera (casa o luogo
privato)
Quindi la verità non esiste, poiché stage e backstage non sempre coincidono.
La società totalizzante impone all’individuo di comportarsi in un determinato modo,
impone di indossare una maschera e di essere sempre gradevoli, piacevoli.

Le istituzioni totali

Nella “vita quotidiana” si fanno degli incontri; uno di questi riguarda le “istituzioni
totali”. Queste sono luoghi di lavoro e di residenza dove gruppi di individui, tagliati
fuori dalla società per un tempo considerevole, si ritrovano a condividere spazi e
parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato.
i tratti distintivi delle istituzioni totali sono:
1. L’allontanamento o l’esclusione degli individui che fanno parte della società
2. Organizzazione formale e formalmente amministrata
3. Controllo dall’alto verso i membri/soggetti

Le istituzioni totali possono essere considerate sotto 4 punti di vista:


1. Tecnico: si considerano efficienti o inefficienti a seconda della loro capacità di
raggiungere gli scopi perseguiti
2. Politico: si considerano in base a quanto si pretende dagli altri e con le sanzioni
previste in caso di comportamenti devianti
3. Strutturale: insieme di ruoli e di status
4. Culturale: come condizionamento che i valori morali operano sull’attività
dell’istituzione

Goffman, inoltre, le classifica in base ai soggetti:


- A tutela di incapaci non pericolosi (istituti per sordomuti, ciechi, disabili,
anziani)
- Per la reclusione di soggetti non intenzionalmente pericolosi (ospedali
psichiatrici)
- Per la reclusione di soggetti intenzionalmente pericolosi (carceri, campi di
prigionia di guerra)
- Per lo svolgimento di un’attività funzionale continua (navi, collegi, grandi
fattorie)
- Per un distacco volontario dal mondo (monasteri e conventi)
- La società contemporanea come istituzione in cui l’apparire è più importante
dell’essere

Le istituzioni carcerarie, secondo la classificazione di Goffman, servono per recludere


coloro che rappresentano un pericolo per la società. Il loro fine sarebbe quello di
reintegrare i soggetti nella società. Tuttavia, l’uso di barriere che separano
l’istituzione dalla società, il continuo controllo, la standardizzazione degli individui,
finiscono per fallire l’obiettivo di reintegrazione.

Asylum

Goffman scrisse il trattato “Asylum” nel 1961. È uno studio condotto sulla istiuzione
totale del manicomio, una ricerca di tipo qualitativo condotta su un unico paziente di
un ospedale psichiatrico. In questo trattato egli denuncia il trattamento dei ricoverati
nei manicomi. La chiusura dei manicomi, che avvenne con la legge di Bersaglia del
1978, fu una decisione basata anche sugli studi condotti da Goffman.

Le teorie dell’etichettamento ( prospettiva della devianza interazionista )

Secondo la prospettiva interazionista, esistono 2 tipi di devianza:


- PRIMARIA: i reati che si compiono hanno un rilievo marginale, verranno presto
dimenticati (es. buttare una carta per terra). Reati che in sostanza non
vengono riconosciuti come tali.
- SECONDARIA: Il reato suscita una reazione di condanna. Chi compie il reato
viene considerato come tale. In questo caso inizia un processo di
stigmatizzazione per modificare i comportamenti di chi ha compiuto il reato.

Secondo la prospettiva delle teorie interazioniste, la devianza è il processo mediante


il quale gli individui si distaccano dai comportamenti convenzionali. Quindi la devianza
inizia solo quando vengono prodotte le norme e non quando vengono violate. La
devianza è la conseguenza dell’applicazione delle regole e delle sanzioni.
Il processo di etichettamento viene prodotto dalla società. I gruppi sociali sono
coloro che creano devianza stabilendo le regole da applicare nei confronti di quelli
definiti come “outsider” (trasgressori).

Il soggetto si adegua ai meccanismi imposti dalla reazione sociale e costruisce la sua


identità deviante, dando a volte inizio ad una carriera deviante.

Etnometodologia

È una teoria, una METODOLOGIA DI RICERCA e allo stesso tempo UN APPROCCIO


basato su un’analisi di tipo qualitativo che nasce negli Stati Uniti come RICERCA SUL
CAMPO (non si lavora sui dati ma sulle informazioni).
Essa ha come obiettivo studiare gli elementi di vita quotidiana. Questa metodologia
trae origine dall’interazionismo simbolico e dalla fenomenologia e appartiene
all’ambito della MICROSOCIOLOGIA, si applica ad ambiti circoscritti.

L’etnometodologia comporta che i sociologi sono coloro che devono misurare ogni
azione e ogni comportamento sociale, fornendo la cosiddetta “INTERPRETAZIONE
PRATICA DEL MONDO”. Viene definita SOCIOLOGIA DEL SENSO COMUNE perché
studia le consuetudini e le abitudini degli individui con cui scoprono i significati che
servono a quei gruppi per rappresentare la realtà, per percepirla e creare fenomeni
più o meno diffusi che riguardano la socializzazione, gli atteggiamenti.
Si tratta quindi di un’INTERPRETAZIONE PRATICA DELLA REALTA’ con l’obiettivo di
pervenire ad una spiegazione o comprensione die comportamenti dei soggetti
osservati. Partendo dalle informazioni raccolte sul campo.

L’etnometodologia si occupa dei comportamenti dei soggetti osservati, indagando le


pratiche quotidiane (definite da Garfinkel ROUTINE), azioni abitudinarie che si
ripetono e vengono ripetute senza riflettere, poiché sono delle pratiche sociali DATE
PER SCONTATO, DELLE OVVIETA’.
Per questo viene anche deifnita SOCIOLOGIA DEL SENSO PRATICO, SOCIOLOGIA
DELL’OVVIO, ma anche SOCIOLOGIA PROFANA perché a differenza della sociolgia
tradizionale non parte da un impianto teorico, ma da procedure pratiche legate ad
attività quotidiane (non per questo meno rigorosa dal punto di vista metodologico).

Gli etnometodi si basano essenzialmente sull’osservazione e l’ascolto. Pone


particolare attenzione all’analisi del linguaggio e della comunicazione che va
analizzata rispetto ad una “FRAME” specifico di appartenenza dell’attore sociale.
In contesti diversi, una stessa affermazione può assumere significati diversi, perché
cambiano i codici comunicativi e culturali di riferimento della comunità, ovvero
cambia il FRAME.

I 3 punti caratteristici dell’etnometodologia sono:

1. L’attore sociale non è un “idiota culturale” (critica l’idea struttural-


funzionalista di Parsons, secondo cui l’attore agisce in accordo con le norme
che vengono imposte). Ogni azione ha un suo significato in riferimento ad un
criterio di senso che l’attore attribuisce. Questi criteri sono tratti dalla cultura
di ogni individuo.
2. Occorre considerare i fatti sociale come delle realizzazioni pratiche
3. Le procedure interpretative dell’attore sociale sono dei ragionamenti
sociologici pratici

I 2 principi fondamentali dell’etnometodologia sono:

- PRINCIPIO DI RIFLESSIVITA’: la realtà non è altro che i modi attraverso il quale i


membri di una comunità cercano di spiegarla. Realtà e spiegazione coincidono.
- PRINCIPIO DELL’INDICALITA’: ogni significato, ogni spiegazione deve essere
sempre riferita al contesto culturale in cui è stato prodotto, ovvero al “frame”
di appartenenza, dove il senso diventa “senso comune”
Harold Garfinkel (1917-2011)

Sociologo americano e fondatore dell’etnometodologia. In comune con l’approccio


fenomenologico di Shutz vi è l’assunzione di un ATTEGGIAMENTO NATURALE; non ci
si pone domande circa la realtà per come essa appare, perché costituita da pratiche
sociale DATE PER SCONTATO, che costituiscono delle OVVIETA’, delle ASPETTATIVE
CERTE che si ripongono quotidianamente in modo tacito e pervasivo nelle nostre
esistenze tanto da rientrare in un ordine interpretativo comune, consentendo agli
individui di attribuire gli stessi significati alle pratiche sociali.

Alla base di questo atteggiamento naturale c’è un APPROCCIO INTERSOGGETTIVO,


cioè un accordo tra più individui sui significati da attribuire ad una data situazione.
L’ATTEGGIAMENTO INTERSOGGETTIVO rappresenta il fulcro del rapporto tra:
- Soggetto ( significato che un individuo attribuisce ad un determinato oggetto)
+ oggetto (fenomeno/situazione che si presenta)
- Individuo (non si pone domande) + realtà sociale (altri individui che leggono
allo stesso modo i significati).

Il mondo sociale per Garfinkel

Secondo Garfinkel il MONDO SOCIALE è un EDIFICIO non fatto di mattoni ma fatto di


COSTRUTTI CONCETTUALI (significati che noi attribuiamo alle esperienze quotidiane),
costruito sull’orlo di un abisso che è rappresentato dal DUBBIO CARTESIANO (aspetto
filosofico per cui la realtà non è come appare). Chiaramente, questo edificio rischia di
crollare perché l’etnometodologia è una scienza profana, non ha un impianto teorico
che ci spiega la realtà ma dalla costruzione della realtà andiamo ad attribuire i
significati.
Il mondo sociale è costituito da un ordine interpretativo comune valido per tutti, che
egli definisce LA GRAMMATICA IMPLICITA DEL MONDO SOCIALE; implicita perché
quando noi attribuiamo dei significati non ci chiediamo se la realtà è quella che è,
perché noi la prendiamo per vera e perciò accettata con ATTEGGIAMENTO
NATURALE.

Elton Mayo e le relazioni umane (1880-1949)

Parallelamente alla nascita del taylorismo (catena di montaggio con regola


fondamentale “best one wat”, ossia esiste un solo modo di fare le cose), sempre in
America negli anni 20-30 si sviluppa la scuola delle relazioni umane, che si oppone al
modello taylorista. Quest’ultima si concentra sull’aumento della produttività, non
trascurando l’aspetto del benessere e della condizione di soddisfazione nel lavoro, ma
anche di gratificazione non solo basata sul salario ma anche sull’ambiente lavorativo.

Elton Mayo, professore australiano, cominciò a fare delle prime ricerche in uno
stabilimento di elletricità della Western Electric. Il sociologo si interessò a quello che
era il “turnover”, cioè capire come facendo ruotare gli operai si potessero ottenere
dei risultati produttivi migliori.
Notò quindi che in questa fabbrica c’era un altissima percentuale di turnover, quindi
provò a capire il disagio e cominciò inizialmente concedendo:
1. 10 minuti di pausa la mattina e 2 pause da 10 minuti il pomeriggio (le pause
potevano essere scelte individualmente)
2. Successivamente i dipendenti chiesero di mettere la pausa per merito, dopo 5
giorni la situazione tornò come quella precedente, la meritocrazia, quindi, non
produceva effetti positivi.
3. Furono reintrodotte le pause, concesse anche ai capo-reparti, che potevano
essere scelte autonomamente oltre alla prduzione, aumentò anche un forte
senso di gruppo e responsabilità.

Il secondo esperimento fu fatto in un’altra fabbrica della Western Electric. Furono


selezionate 6 operaie che vennero osservate nella cosiddetta “test room” (sala di
prova), mentre svolgevano il loro lavoro. I cambiamenti applicati furono:
1. Prima producevano a testa 2400 pezzi a settimana
2. Lavoro per 8h settimanali (aumentò la produzione)
3. Le pause furono prolungate a 10 minuti (produzione in aumento)
4. Furono introdotte 6 pause da 5 minuti (la produzione diminuisce a causa del
lavoro troppo spezzettato, perdita di concentramento)
5. Orario di lavoro ridotto a 30 minuti (produzione in aumento)
6. L’orario ridotto di 1 ora (produzione invariata, il tempo non è la variabile
influente nella produzione)
7. Ritorno alla condizione iniziale con la richiesta di collaborare. La media di
ciascuna operaia era 3000 pezzi a settimana, il valore più alto registrato.

Mayo disse che le 6 operaie divennero un gruppo che scelse spontaneamente di


collaborare e lavorare senza alcuna riserva all’esperimento.

Questo effetto è chiamato “HAWTHORNE” (come il nome della fabbrica), fenomeno


per cui i lavoratori chiamati a impegnarsi in una nuova esperienza lavorano di più, non
perché motivati da incentivi economici o controlli direzionali, quanto piuttosto spinti
dai bisogni di natura sociale che soddisfano attraverso il rapporto con gli altri,
sviluppando un senso di identità personale e allo stesso tempo un senso di
appartenenza al gruppo di lavoro e al progetto inteso come partecipazione alle scelte
aziendali.
Tutto ciò si traduce in un BENESSERE ORGANIZZATIVO, Ovvero la capacità di creare
nell’ambiente di lavoro una condizione in cui l’organizzazione produttiva non
prescinda dalla creazione di un clima di empatia tra colleghi e dalla soddisfazione del
bisogno sociale di sentirsi accettato e parte di un gruppo.

Jurghen Habermas: teoria critica ed ermeneutica (1929-in vita)

Habermas, sociologo e filosofo allievo di Adorno e Horkheimer, nel 1962 pubblica il


saggio “storie e critica dell’opinione pubblica”. In questo saggio affronta la distinzione
tra sfera pubblica e privata sostenendo che questa distinzione sia di carattere storico.
Habermas, ricostruisce dall’alto medioevo in poi le tappe dell’evoluzione del pensiero
libero mettendo in evidenza la formazione della società civile:

1. Concetto di uso strumentale della ragione.


2. Ruolo della famiglia borghese all’interno della società
3. L’economia e l’intervento dello stato nella sfera economica
4. L’industria culturale

Questi, secondo Habermas, sono tutti fattori che hanno ostacolato lo sviluppo di un
pensiero critico e di un dibattito libero.
Quindi in questo saggio sostiene che, nelle società moderne, questo confine tra sfera
pubblica e privata si è assottigliato con il tempo perché la sfera politica si è sottomessa
ai diktat di natura economica. per cui la sfera politica ha perso la sua natura
democratica perché si è legata alla sfera economica.
L’auspicio di Habermas è che la sfera pubblica torni nelle mani di individui capaci di
esercitare questa funzione critica, dove ci sia una forma di comunicazione libera, non
autoritaria, basata sull’intesa e non strumentale della comunicazione come avviene
invece nella società moderna, dove i mass-media hanno creato delle distorsioni
comunicative e sono andate a manipolare l’opinione pubblica, ossia il pensiero
diffuso dei cittadini. Ci deve essere una continua ricerca di “logos” (comunicazione),
non come agire strumentale, ma che permette l’intesa delle parti.

Habermas nel suo saggio “conoscenza e interessa” (1968), attraverso la critica


dell’ermeneutica, affida a quest’ultima un compito importante: il tentativo di fondare
una teoria della società intesa come PROGRAMMA DI RICERCA.
Innanzitutto, definisce la sociologia il “cuore delle scienze sociali”, attribuendo ad essa
il compito di sviluppare un quadro teorico che metta in connessione: cultura e
società/politica ed economia.
Inoltre, introduce il concetto di SCIENZE RICOSTRUTTIVE come scienze utili per
superare la contrapposizione tra scienze empirico-analitiche e scienze empirico-
ermeneutiche, soprattutto dal punto di vista metodologico.

Applica il METODO DELLE SCIENZE RICOSTRUTTIVE nello studio di diverse società per
ricostruire le condizioni necessarie per la nascita delle forme culturali, tratti
caratteristici della società.

Differenza tra approccio analitico e approccio ermeneutico

La vera differenza tra approccio analitico e approccio ermeneutico sta nel modo di
intendere il linguaggio:

LE SCIENZE EMPIRICO-ANALITICHE sono legate ad un interesse teorico, all’agire


strumentale.

LE SCIENZE EMPIRICO-ERMENEUTICHE sono legate ad un interesse pratico, ad un


ideale discorsivo alla base dell’agire comunicativo.

Agire strumentale e agire comunicativo

Il saggio del 1981 “teoria dell’agire comunicativo” si configura come uno studio sul
consenso realizzato attraverso la partecipazione.

L’AGIRE STRUMENTALE: Agire strategico, pratico, orientato al raggiungimento di


determinati scopi, principalmente individuali. Il linguaggio viene concepito come
strumento per manipolare le coscienze, attraverso la retorica che crea una “falsa
coscienza”.

L’AGIRE COMUNICATIVO: Orientato all’intesa tra le parti, alla creazione di una


discorsività ideale, razionale, libera, non autoritaria, basta sulla razionalità
comunicativa, in cui lo scambio avviene secondo un accordo intersoggettivo circa la
validità dei significati, secondo un MODELLO DI DEMOCRAZIA DELIBERATIVA.

Per Habermas, l’agire comunicativo è la forma di comunicazione AUTENTICA, il modo


migliore per difendersi contro l’alienazione (intesa anche come sottomissione degli
interessi politici a quelli economici); contro le crisi identitarie collettive e le ideologie.
Habermas e l’ermeneutica

Per Habermas, LA CONOSCENZA NON E’ MAI ASSOLUTA, perché per quanto uno
scienziato possa dare spiegazioni obiettive ed oggettive, esse non possono essere
considerate LEGGI ma INTERPRETAZIONI. Secondo l’approccio ermeneutico I FATTI
sono sempre il risultato della relazione tra il fatto studiato e l’interpretazione
elaborata dall’osservatore, un’interpretazione che parte da un quadro di
riferimento orientato sulla base di significati preocostituiti e scopi perseguiti.

Habermas parla di RELATIVISMO CULTURALE, nel senso che lega la dimensione


culturale dei significati:
- Alla dimensione sociale, cioè alle forme di interazione
- Alla dimensione soggettiva, ovvero ai vissuti e alle percezioni interiori

Per Habermas, il LINGUAGGIO è la fonte di comunicazione per eccellenza, che


consente all’individuo di esprimere il proprio sapere ed esercitare una funzione
critica. Il linguaggio va inteso sia come insieme di regole grammaticali, sia come
strumento per esercitare una funzione critica.

Da allievo della scuola di Francoforte, fa DELLA CRITICA un elemento per pervenire


alla CONOSCENZA, ma anche uno strumento per offrire una nuova ermeneutica,
ovvero una nuova versione DELL’INTERPRETAZIONE DELLA FUNZIONE DELLE
SCIENZE.

Niklas Luhmann (1927-1998)


FUNZIONALISMO STRUTTURALE

La proposta teorica e metodologica di Luhmann prende il nome di “funzionalismo


strutturale”, sottolinea il primato della funzione rispetto alla struttura e la differenza
rispetto allo “struttural-funzionalismo” di Parsons. Può essere considerato
un’evoluzione del modello parsoniano, dal momento che per Luhmann la sociologia
ha il compito di studiare le funzioni svolte da determinate strutture per permettere
al sistema di mantenere una condizione di equilibrio.
Il sociologo vuole pervenire all’elaborazione di teorie generali che spieghino i
fenomeni sociali.
Teoria dei sistemi

La riflessione sociologica di Luhmann parte dall’idea che le società moderne sono


caratterizzate da una complessità per cui occorre elaborare teorie altrettanto
complesse e sofisticate per analizzare e spiegare i fatti sociali in relazione alla
“funzione” che essi svolgono, per garantire il mantenimento del sistema.

Luhmann analizza il rapporto tra sistema e ambiente, un rapporto di resistenza e


tensione. Questo succede perché l’ambiente, che è tutto ciò che è esterno al sistema
e caratterizzato da una maggiore complessità e variabilità, rappresenta per il sistema
una minaccia.

Nel saggio “sistemi sociali” del 1984 Luhmann afferma che, anche se sembra
paradossale, quanto più è complessa l’organizzazione interna di un sistema, tanto più
esso sarà in grado di fronteggiare i cambiamenti e le sollecitazioni provenienti
dall’ambiente; sia quelle destabilizzanti e distruttive, sia quelle positive e costruttive.

Dell’ambiente individua 3 dimensioni:


1. Dimensione temporale
2. Dimensione materiale
3. Dimensione simbolica

Tenendo conto di queste 3 dimensioni, ogni sistema deve mettere in atto STRATEGIE
per ridurre la complessità, attraverso un approccio MULTIDISCIPLINARE che consente
di superare il problema della “lettura” della complessità (comprensione).
Per operare una riduzione della complessità occorre distinguere 3 concetti
fondamentali:
- MONDO: si intende la complessità della realtà, che offre infinite possibilità
- AMBIENTE: si intende la delimitazione di queste infinite possibilità che
caratterizzano una situazione concreta
- SISTEMA: si intende l’effettiva selezione effettuata tra le infinite possibilità
offerte dall’ambiente, con esclusione di tutte le altre.

La riduzione della complessità non è solo un problema teorico, ma anche PRATICO.

Dal punto di vista metodologico, Luhmann propone un’indagine di tipo dinamico per
via dell’interazione costante tra sistema e ambiente, cioè tra le infinite possibilità
offerte dall’ambiente e la selezione di quelle che risultano concretamente praticabili.
Lo strumento pratico che individua per operare la riduzione della complessità è la
COMUNICAZIONE che funziona da “attrattore-vettore” dei sistemi diversi da quello
sociale.
La comunicazione, non intesa come mero scambio di informazioni, ma come
COMUNIONE DI CONOSCENZE PRELIMINARI che consentono la costruzione e
veicolazione dei messaggi. Senza comunicazione, dice Luhmann, NON ESISTE
NESSUNA FORMA DI SISTEMA SOCIALE.

Luhmann si avvale del concetto di riduzione di complessità come strumento per


capire meglio come si è evoluta la società contemporanea dal punto di vista storico-
sociale, che presenta un grado di complessità più alto rispetto alle società preedenti.
Tende quindi a DIFFERENZIARSI, fino a poterne distinguere dei SOTTOSISTEMI, ad
ognuno dei quali è attribuito un sistema di comunicazione:
- ECONOMICO à DENARO
- POLITICO à POTERE (non potenza, uso della forza)
- SCIENZE à RICERCA DELLA VERITA’
- FAMIGLIA à AMORE

L’osservazione partecipante

È una tecnica di ricerca etnografica basata su 2 principi metodologici fondamentali:


- Il coinvolgimento
- La distanza

Questa tecnica presuppone che l’osservatore non solo sia presente, ma faccia parte
del contesto di osservazione, integrandosi in esso per comprendere dall’interno i
PROCESSI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’.

Gli strumenti di cui solitamente il ricercatore si avvale sono: il colloquio, il


questionario, il diario di bordo e le griglie.

L’osservazione partecipante è costituita da 3 operazioni:


- Negoziazione dell’accesso (prima di studiare una comunità è necessario capire
in che termini deve essere studiata)
- Partecipazione alla relazione
- I diversi gradi di coinvolgimento

Negoziare l’accesso significa valutare le concrete possibilità di accesso agli oggetti


dell’osservazione, cercando di capire qual è l’oggetto specifico. Ciò richiede il “sapersi
mettere in ascolto” e “la sospensione dei giudizi”, affinché il ricercatore sia percepito
come qualcuno a cui si può esprimere il proprio parere senza essere giudicati.
NB. NON ESISTE UN’OSSERVAZIONE PARTECIPATA! Perché il coinvolgimento del
ricercatore presuppone una certa immedesimazione nel contesto preso in esame.

GROUNDED THEORY

È una metodologia che, come dice lo stesso termine in inglese “grounded”, parte da
terra, ovvero dalla raccolta e interpretazione dei dati empirici per pervenire
all’elaborazione di una teoria, piuttosto che verificare ipotesi sulla base di teorie già
formulate.
Questo metodo di indagine elaborato negli anni 60 da due sociologi americani prende
origine dall’INTERAZIONISMO SIMBOLICO.
La domanda che si pone il ricercatore che sceglie questo metodo di indagine è: “in
che modo gli individui percepiscono la realtà sociale?” E sulla base di tali percezioni
“spiegare” i loro comportamenti.
si distingue dall’approccio delle scienze esatte perché non assume la realtà sociale
come qualcosa di gi dato, ma costruisce “categorie” a partire dallo studio del
campione di riferimento, il cd “think native”.

I caratteri distintivi della grounded theory

- RACCOLTA E ANALISI DEI DATI secondo un processo sincronico e circolare


(dato/analisi/dato)
- LA CODIFICA IN CATEGORIE E SOTTOCATEGORIE che costituisce l’operazione
centrale della grounded theory tra cui i dati vengono scomposti e poi
ricomposti un una nuova forma
- L’ELABORAZIONE DI TEORIE A MEDIO RAGGIO per spiegare i comportamenti
- LA CREAZIONE DI MEMO cioè di note che spiegano e collegano le categorie
conferendo un maggiore grado di astrattezza alle idee dell’osservatore,
definendone spazio e luogo di osservazione
- LA COMPARAZIONE CONTINUA DEI DATI CON I DATI, DEI DATI CON I CONCETTI,
DEI CONCETTI CON I CONCETTI
- LA SELEZIONE DI CATEGORIE-CHIAVE maggiormente rappresentative, per
“raffinare” le categorie concettuali.

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