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LA COMPOSIZIONE DEL VINO

Il vino è composto principalmente da acqua e da circa 2500 composti presenti in basse concentrazioni.

I composti presenti conferiscono al vino diversi sapori:


 Sostanze che conferiscono un sapore dolce
o Alcoli monovalenti: etilico, metilico, superiori
o Alcoli polivalenti: hanno più di un gruppo alcolico  glicerolo, butandiolo, sorbitolo, mannitolo
o Zuccheri esosi: residui di glucosio e fruttosio che non sono stati completamente fermentati dai lieviti
o Zuccheri pentosi: ribosio, xilosio, arabinosio, ramnosio  sono assenti dopo la fermentazione
malolattica

 Sostanze che conferiscono un sapore acido


o Acidi dell'uva  tartarico, citrico e malico
o Acidi di neoformazione  lattico, succinico e acetico

 Sostanze che conferiscono un sapore salato


Sali vari: tartrati, malati, cloruri, solfati

 Sostanze azotate, pectine, gomme, vitamine, enzimi, sostanze volatili

Conoscendo la composizione del vino lo step successivo è quello di capire se il vino è pronto per
l'imbottigliamento o se ha bisogno di correzioni.

Le correzioni di un vino hanno lo scopo di migliorare la composizione del vino.


Le correzioni sono severamente regolamentate e si distinguono in:
 Correzioni globali:
o Taglio: frequente nei vini da tavola, raro nei DOP
o Rifermentazione: completare la fermentazione o aumentare l'alcol. Pratico del ringiovanimento
o Concentrazione: solo a freddo (max 2% alcol)
 Correzioni specifiche
o Alcol: aggiunta diretta nei vini speciali
o Acidità: aumento o riduzione
o Colore e tannino
o Carbonicazione
o Dolcificazione

STABILIZZAZIONE DEI VINI


Il vino va in contro a processi di stabilizzazione che possono essere spontanei o provocati.
La stabilizzazione spontanea viene operata dal tempo e nel susseguirsi delle stagioni, si sfrutta nei vini da
invecchiamento.
La stabilizzazione può essere provocata con mezzi fisici (refrigerazione, pastorizzazione, filtrazione) oppure
con mezzi chimici (coadiuvanti e additivi).

Trattamenti fisici:
 Filtrazione: sgrossante, brillantante, sterilizzante
 Centrifugazione
 Azione del calore: refrigerazione e pastorizzazione

Trattamenti chimici:
 Anidride solforosa
 Acido ascorbico, sorbati
 Acido metatartarico
 Acido citrico
 Pvpp
 Gomma arabica

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L'AFFINAMENTO DEI VINO
Il vino viene raffinato mediante trattamenti che possono essere:
 Chiarifica
 Stabilizzazione tartarica
 Stabilizzazione proteica (vini bianchi) perché potrebbero dare la cassa proteica
 Filtrazione
 Correzioni
 Affinamento in botte

LA CHIARIFICAZIONE DEI VINI


La chiarificazione consiste nell'aggiungere al vino una sostanza in genere insolubile, organica o minerale,
capace di dar luogo ad un precipitato che è costituito dalle sostanze in sospensione del vino tra cui ci sono
gli agenti delle alterazioni. Dopo la chiarificazione solitamente c'è la filtrazione.

I chiarificanti possono essere:


 Organici: gelatina, caseinato di potassio, ittiocolla, alluminio, sangue, tannino, PVPP
 Inorganici: diossido di silicio, silice, bentonite, caolino, ferrocianuro di potassio

Il collaggio dei vini


il collaggio consiste nell'introduzione all'interno del vino di una proteina (colla), La cui flocculazione trascina
le particelle che provocano intorbidimenti, in questo caso vengono eliminati i tannini e non le proteine.

Meccanismo di flocculazione
Le proteine in acqua sono colloide idrofilo negativo, però nel vino sono positivo. Le proteine del vino
(colloide idrofilo positivo) con i tannini danno origine al colloide idrofobo negativo che in presenza di cationi
(K+, Ca+) la carica si annulla.
Nel momento in cui la carica si annulla non c'è più repulsione e quindi flocculano ovvero precipitano.
questa è la reazione che avviene tra la colla (proteina che aggiungiamo al vino) e i tannini.

Le colle si potrebbero imbibire nel vino e quindi sia la flocculazione reciproca ovvero precipitano le colle, i
complessi ferrici e le particelle di torbido.

Prodotti impiegati per il collaggio


I prodotti usati per il collaggio sono di natura proteica e di origine animale: albumina d'uovo, albumina di
sangue, caseina del latte, ittiocolla (pesce) e gelatine (collagene).

Ogni prodotto possiede un'azione specifica a seconda della sua origine e può essere in forma liquida o
solida: fogli (gelatina), scaglie (colla di pesce), squamette (albumina d’uovo), granuli (gelatina), polveri
(caseina, gelatina, albumina di sangue).
In genere queste sostanze devono essere disperse in acqua prima dell’impiego.

Le gelatine si ottengono per riscaldamento in autoclave di collagene, ossa, cartilagini e deve subire un
processo di degradazione (forte riscaldamento, idrolisi acida, alcalina ed enzimatica) avente lo scopo di
rompere le grosse molecole.

Le gelatine hanno una forte reattività con i tannini presenti nel vino rosso, lo ammorbidiscono e lo affinano.
Nei vini bianchi attaccati da marciume nobile provocano torbidità perché se ne usano troppo.
Dosi: rossi 3-10 g/hL bianchi 3-5 g/hL

Si scioglie in acqua tiepida e si aggiunge al vino mescolando bene.

La colla di pesce (ittiocolla): si ottiene dalla vescica natatoria dello storione ed è molto costosa, è costituita
da fibre di collagene e si presenta in fogli, polvere o strisce.
Dosi vini bianchi: 1-2,5 g/hL aumenta la limpidezza ed intensifica il colore giallo
Dosi vini rossi: 5 g/hL aumenta la limpidezza e la brillantezza

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I prodotti derivati dal sangue sono prodotti che si ottengono dal sangue bovino con l’aggiunta di citrato di
sodio, seccato e ridotto in polvere.
Vengono aggiunti ai vini rossi giovani che tendono ad essere più astringenti, in questo modo si riduce il
carattere vegetale, l’amaro e l’astringenza.
Dosi vini rossi: 10-20 g/hL
Dosi vini bianchi: 5-10 g/hL conferisce finezza e aromaticità.

L’albumina d’uovo è la colla proteica più antica, floccula poco e precipita formando un deposito compatto.
Viene consigliata per i vini ricchi di tannini e caratterizzati da eccessiva astringenza.
Dosi albume d’uovo fresco da 3 a 8 albumi per barrique da 225 litri.
Dosi albume d’uovo esiccato (squamette o polvere) 5 – 15 g/hL.

La caseina si ottiene dal latte magro, si prepara in miscela con carbonato di sodio perché la caseina si
scioglie in ambiente alcalino. Viene flocculata sia dagli acidi che dal tannino e per questo va aggiunta con
forte rimescolamento.
La caseina viene disciolta in acqua in dosi 3-10 g/hL prima di essere aggiunta al vino.
È particolarmente indicata per i vini poveri in tannini ovvero i vini bianchi in quanto interviene sul colore e
sul sapore rendendo più fresco il prodotto. svolge un’azione curativa e preventiva contro l’eccessivo
imbrunimento del colore giallo e la fotossidazione.

Il polivinilpolipirrolidone (PVPP) è solubile in acqua e deriva dalla polimerizzazione vinilpirrolidone, se la


polimerizzazione avviene in presenza di alcoli, l’anello di pirrolidone si rompe e si ottiene PVPP insolubile.
I polimeri di PVPP assorbono selettivamente i tannini, e sono insolubili in miscele idro-alcoliche e sono privi
di tossicità.
Dosi 25-100 g/hL

LA STABILIZZAZIONE TARTARICA DEI VINI


La precipitazione dei tartrati è un processo lungo che comincia con la fermentazione alcolica, il bitartrato di
potassio (KHT) essendo più solubile in acqua e non in alcol tende a precipitare. La precipitazione continua
durante la conservazione del vino, per azione del freddo diminuisce la solubilità del KHT, se il vino non è
stato ben stabilizzato può avvenire in bottiglia.

I depositi di bitartrato di potassio non alterano le caratteristiche del prodotto ma non è un fattore accettato
dai consumatori perché non viene ritenuto un fattore normale.

Per ottenere la stabilizzazione del vino nei confronti di questi Sali si ricorre alla refrigerazione che viene
preceduta dalla chiarifica e filtrazione per eliminare i colloidi protettori, bisogna evitare filtrazioni troppo
serrate che potrebbero impoverire il vino di microcristalli di KHT.

Data la maggiore solubilità che hanno i gas nei liquidi alle basse temperature, è necessario proteggere il
vino durante la refrigerazione per evitare che si arricchisca in ossigeno, si evita che il vino sia in contatto
con l’aria, perciò, i serbatoi pieni vengono chiusi e/o posti sotto azoto.

Stabilizzazione tradizionale di lunga durata


Il vino viene raffreddato alla temperatura prossima al congelamento, può variare in funzione del grado
alcolico poi viene mantenuto a quella temperatura per 8-10 giorni in vasche isotermiche.

Il lento e spontaneo fenomeno della nucleazione primaria conduce alla formazione di grossi cristalli di KHT
che al termine del trattamento termico vengono separati mediante filtrazione.
grado alcolico−1
Temperatura di congelamento del vino C °=
2
−grado alcolico
Temperatura di refrigerazione C °= −1
2

Il vino esce dal filtro a bassissime temperature e viene sottoposto a scambio termico con il prodotto da
refrigerare all’interno di scambiatori a piastre in controcorrente.

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Stabilizzazione per contatto di corta durata
La cristallizzazione del bitartrato di potassio è ottenuta mediante nucleazione secondaria omogenea che
viene indotta mediante l’aggiunta di microcristalli in KHT esogeno che determina uno stato di
sovrasaturazione del sale.

Dopo l’aggiunta del KHT, viene abbassata rapidamente la temperatura del vino in questo modo si favorisce
la formazione di piccoli cristalli di KHT endogeno, inoltre, c’è lo sviluppo di una maggiore superficie di
interfaccia liquido/solido che determina l’aumento della velocità di accrescimento dei cristalli.
Per favorire questo processo i microcristalli di KHT sono mantenuti in sospensione mediante l’agitazione
con mezzi meccanici o idraulici.

Dopo una breve permanenza del vino nel cristallizzatore che serve a far ingrandire i cristalli, il vino passa
attraverso un idrociclone in modo da separare i cristalli formatisi in maniera grossolana, poi il vino ancora
freddo viene sottoposto a filtrazione.

Stabilizzazione mediante resine a scambio ionico


Lo scambio ionico è un’operazione che prevede il trasferimento di ioni tra due elettroni oppure tra un
elettrolita e un complesso.

Spesso questo termine viene utilizzato per definire un processo di purificazione e decontaminazione di
soluzioni contenenti ioni, questo avviene grazie all’uso di solidi polimerici o scambiatori di ioni di origine
minerale o sintetico.

L’uso di resine permette la rimozione parziale degli ioni di potassio e calcio con lo ione H+.
I principali effetti di questo trattamento sono:
 abbassamento del pH e aumento dell’acidità titolabile;
 miglioramento della stabilità tartarica;
 vivacizzazione della tonalità colorante nei vini rossi;
 miglioramento delle caratteristiche organolettiche dovuto ad un apporto di freschezza percepibile sia al
naso che in bocca.

Stabilizzazione mediante elettrodialisi


L’elettrolisi è un metodo di separazione degli ioni con l’impiego di membrane selettive, permeabili agli ioni
in funzione della loro carica: il traporto degli ioni in un senso o nell’altro viene assicurato da una corrente
elettrica.
La membrana è sottoposta ad un campo elettrico, il vino da trattare si trova all’anodo mentre la salamoia
viaggia in controcorrente, gli ioni K+ e Ca++ passano al catodo.

L’acido tartarico è un anione e si perde attraverso la membrana anionica.


Le coppie di membrane vengono scelte in modo appropriato per favorire l’eliminazione del potassio
(stabilizzazione tartarica), senza provocare l’eccessiva modificazione del contenuto di acido acetico.
Le coppie di membrane favoriscono la riduzione del pH e il contenuto di acido tartarico scende.

Stabilizzazione con acido metatartarico


Mediante l’aggiunta di prodotti inibitori nel vino durante la cristallizzazione si possono prevenire le
precipitazioni tartariche.

L’acido metatartarico è un poliestere che deriva dall’esterificazione dell’acido tartarico; la dose massima
che può essere utilizzata è 10 g/hl per evitare le precipitazioni dei Sali dell’acido tartarico.

Le grosse molecole di acido metatartarico non sono cristallizzabili e nel corso della costruzione del cristallo
si sostituiscono a quelle del bitartrato di potassio, non vengono apportate molecole di KHT e quindi
l'accrescimento del cristallo viene bloccato.

Bisogna prestare particolare attenzione all'acido metatartarico in quanto è instabile in soluzione, sia in
funzione del tempo sia della temperatura, questo può determinare la perdita della protezione nel vino.

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Stabilizzazione con carbossimetilcellulosa
La carbossimetilcellulosa è un etere di cellulosa che aumenta la solubilità. La CMC viene disciolta in acqua
calda (2-5%, 55-60°C), Dopo averla solubilizzata e raffreddata si aggiunge un ugual volume di vino per
ridurre la viscosità e facilitarne il dosaggio, poi si introduce nella massa di vino da trattare.
Dosi: minore di 100 mg/L

Stabilizzazione con mannoproteine del lievito


Le cellule di lievito sono in grado di rilasciare nel vino le mannoproteine in seguito all’autolisi, la quantità
prodotta dipende dal ceppo e dalle condizioni di fermentazione.
Le mannoproteine attualmente disponibili in commercio sono tenute per digestione delle pareti del lievito
per mezzo di un preparato industriale; i prodotti ottenuti inibiscono le precipitazioni tartariche nei vini
bianchi, rosati e rossi.
Le mannoproteine si presentano sotto forma di polvere bianca, perfettamente solubile, inodore e insapore,
inoltre si può sciogliere direttamente nel vino.
Inibiscono la cristallizzazione del bitartrato di potassio quando vengono utilizzate dosi: 15-25 g/hl.
Le mannoproteine sono stabili e il loro effetto protettore nei confronti delle cristallizzazioni tartariche è
durevole nel tempo.

Prove di stabilizzazione tartarica a freddo


Per capire se un vino è predisposto alle precipitazioni dei sali dell'acido tartarico e anche per capire se fare
o meno la stabilizzazione bisogna effettuare un test.
Le cause dell'instabilità tartarica sono l'acido tartarico cationi soprattutto ioni potassio e di calcio; questi
provocano la formazione e la precipitazione del cremor tartaro responsabile della torbidità nel vino.

Per capire se un vino è predisposto a questo difetto si fa un saggio preliminare:


 25 ml divino vengono portati a -4°c in uno strumento chiamato tartarcheck
 A 4°c avviene la misurazione della conducibilità elettrica che tiene conto dei cationi k+ più cationi più
conducibile.
Il test dura 60 minuti con queste condizioni termiche si ha la precipitazione dell'acido tartarico e anche di
k+ che sono liberi; la concentrazione degli ioni di potassio tende a diminuire e quindi diminuisce la
conducibilità elettrica.

Stabilizzazione proteica
Le proteine del mosto causano instabilità della limpidezza nei vini bianchi e rosati, nei vini rossi questo non
avviene perché le proteine sono legate ai tannini e quindi si ha una precipitazione e un allontanamento
naturale.
È importante eliminare queste proteine perché provocano instabilità, torbidità e precipitazione in
bottiglia andando a costituire la cassa proteica.
Per eliminare queste proteine del vino utilizziamo un coadiuvante ovvero la bentonite.
In sospensione nell'acqua o nel vino, la bentonite forma una dispersione colloidale, le particelle cariche
negativamente hanno la proprietà di fissare le proteine cariche positivamente al ph del vino.
La bentonite rigonfia sensibilmente in acqua e possiedono una capacità di assorbimento delle proteine
nettamente superiore.
Dosi superiori a 80 mg/l possono influenzare negativamente i caratteri sensoriali dei vini bianchi.

Saggio di stabilità per la “cassa proteica”


Per capire se un vino è predisposto alla cassa proteica si effettuano dei saggi:
 Il vino viene posto in una beuta e viene riscaldata a 80 °C per 30 minuti; successivamente viene lasciato
a temperatura ambiente per 24 ore e poi viene osservata la limpidezza. Il vino è torbido è suscettibile
alla cassa proteica le proteine sono termo-denaturate a 80 °C.
 Alvino vengono aggiunti 0,5 g/l di tannino in grado di rilevare ugualmente la presenza di sostanze
proteiche perché provoca intorbidimento in breve termine.
La torbidità si misura con un torbidimetro la cui unità di misura è NTU (Nephelometric Torbidity Unit).
Al vino vengono aggiunte concentrazioni maggiori di bentonite, con il torbidimetro viene misurata la
torbidità sul vino freddo E dopo il riscaldamento a 80 °C; la differenza tra i due valori ci permetterà di capire
se il trattamento è stato positivo o negativo.
Nel caso in cui utilizzassimo troppa bentonite andremmo ad impoverire inutilmente il vino.
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LA FILTRAZIONE DEI VINI
La filtrazione è una tecnica che permette la separazione delle particelle solide presenti in sospensione e in
dispersione colloidale mediante la loro ritenzione da parte di un mezzo filtrante poroso.

La filtrazione di superficie prevede che il mezzo filtrante non permette il passaggio delle particelle che
hanno una dimensione maggiore rispetto al poro, le particelle vengono trattenute in superficie mediante il
meccanismo di setacciamento.

La filtrazione di profondità prevede che le particelle vengano ritenute all'interno dei capillari del mezzo
filtrante mediante il meccanismo di sedimentazione e di adsorbimento.

La filtrazione frontale prevede che il liquido attraversi il mezzo filtrante perpendicolarmente.


Durante la filtrazione nel flusso tenderà a diminuire nel tempo in quanto le particelle ritenute tenderanno
ad aumentare e a compattarsi non permettendo il passaggio.

La filtrazione tangenziale prevede che il liquido giunga parallelamente alla membrana rimuovendo i
depositi che si creano in superficie.
Le particelle che hanno una dimensione maggiore dei pori vengono trattenute ma non aderiscono alla
membrana e seguono il flusso del mosto o del vino.
Il flusso inizialmente tende a diminuire poi tende ad essere costante in quanto le particelle non aderiscono
alla parete.

Ci sono diverse tipologie di filtri, ognuno ha una sua specifica azione:


 Filtro pressa effettua una filtrazione sgrossante;
 Filtro sottovuoto viene usato per filtrare fecce e mosti;
 Filtro a cartone usato per la filtrazione brillantante;
 Filtro farina usato come filtrazione brillantante;
 Filtrazione tangenziale ha una maggiore flessibilità, è usata per filtrare fecce e mosti ma anche come
filtrazione brillantante.
 Microfiltro è una filtrazione sterilizzante. Viene utilizzata prima dell’imbottigliamento.

Filtro pressa: è costituito da una serie di camere filtranti chiuse in cui i sedimenti formano un panello
filtrante con o senza l'uso di coadiuvanti.
Vantaggi è semplice e le perdite sono limitate
Svantaggi complicato da pulire, portate ridotte, poco produttivo.

Filtro rotativo sottovuoto: il vino da trattare viene posto in una vasca, il filtro ha una forma cilindrica e
durante la rotazione si imbeve di vino, siccome è un filtro sottovuoto il vino tenderà ad essere assorbito
dall’esterno dalla parte più interna del cilindro e il deposito sul filtro aumenterà sempre più il suo spessore.
Quando lo spessore diventa considerevole, il deposito viene eliminato mediante un coltello raschiatore.
È una filtrazione sgrassante che viene usata per i mosti, le fecce e i vini giovani.
Vantaggi perdite ridotte
Svantaggi rischio di rottura del panello perché ci possono essere delle crepe.

Filtro ad alluvionaggio: il materiale filtrante (farine fossili, cellulosa o perlite) viene miscelato almeno da
filtrare e a forma lo strato filtrante depositandosi e rinnovandosi in continuo sui panelli. Si applica a tutti i
vini.
Vantaggi filtro chiuso quindi nessuna possibilità di ossidazione
Svantaggi richiede un condizionamento, possibili perdite, sensibile alle variazioni di pressione portata.

Filtro a cartoni: il filtro è composto da un numero variabile di piastre verticali, tra le quali vengono montati i
cartoni filtranti in fibra di cellulosa e perlite. Può essere usato per tutti i vini.
Vantaggi e polivalente ovvero può essere applicato a tutti vini, facile da usare e da pulire in quanto i filtri
si smontano
Svantaggi richiede un condizionamento, possibili perdite, sensibile alle variazioni di pressione e portata.

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Filtro a cartucce: filtrazione sterilizzante su cartucce microporose, quando i pori sono di 0,45-0,22 ⴏ i
batteri non possono passare. I vini devono subire una filtrazione precedente prima di subire questo tipo di
filtrazione.
Vantaggi sterilizza, integrità verificabile, filtro chiuso, rigenerabile e robusto.
Svantaggi  costo delle cartucce, necessità di preparare i vini.

Filtro tangenziale: la filtrazione avviene su membrana porosa in fibra organica o minerale sulla quale il
flusso di liquido segue una traiettoria tangenziale. Applicabile a tutti i vini.
Vantaggi sterilizza, polivalente, automatico, lunga durata
Svantaggi  bassa capacità, investimento elevato, portata variabile con la temperatura.

L’IMBOTTIGLIAMENTO DEI VINI


Il materiale che viene utilizzato per l'imbottigliamento dei vini è il vetro, meglio se scuro in modo da
proteggere il vino dai raggi ultravioletti e dalle ossidoriduzioni.

Vantaggi chimicamente inerte, impermeabile ai gas, trasparente, riciclabile


Svantaggi fragile, pesante, costoso

Possiamo usare altre tipologie di imballaggio:


 Poliaccoppiato: scadenza 9-12 mesi
 PET (polietilentereftalato): scadenza 6-12 mesi
 Bag in box
 Lattina per frizzanti: scadenza 9-12 mesi

Solitamente il vino non viene commercializzato subito dopo l'imbottigliamento ma se aspettano 2-3 mesi
stabilizzare in bottiglia.

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L’OSSIGENO
L’ossigeno in vinificazione può essere un attributo negativo in quanto porta all’ossidazione dei componenti
del vino oppure può essere un fattore positivo.
Un vino ossidato ha un colore bruno perché si perde il colore tipico degli antociani, inoltre, l’ossigeno può
portare all’attacco di microrganismi aerobi.

Rapporto dei lieviti con l’ossigeno


I lieviti hanno bisogno di ossigeno per moltiplicarsi e per la sintesi dei lipidi.
Con la fermentazione alcolica si ha la moltiplicazione dei lieviti e si va verso le condizioni di anaerobiosi per
la formazione di CO2.
In questo modo l’ossigeno diminuisce e c’è una maggiore difficoltà a sintetizzare gli acidi grassi che sono
utili per costruire le membrane citoplasmatiche.

Senza un’integrazione di ossigeno le cellule dei lieviti diventano fragili perché si perde l'elasticità delle
membrane cellulari. Di conseguenza basta c'è una riduzione della carica microbica, si ha un rallentamento
della fermentazione fino ad arrivare al blocco, anche se rimane un residuo di zuccheri.
Gli zuccheri potrebbero essere utilizzati dai batteri.
Se si andassero ad inoculare più lieviti, questi hanno meno bisogno di ossigeno per moltiplicarsi e per la
sintesi dei lipidi rispetto all'ossigeno presente.
La quantità di ossigeno è in relazione alla carica di lieviti attivi inoculati.
Per una regolare fermentazione, per un mostro con il 20% di zuccheri occorrono 10mg/L di ossigeno.

La velocità di fermentazione dipende più dall'azoto assimilabile che da all'ossigeno.


All'inizio della fermentazione, nelle prime 50 ore serve più azoto, dopo la prima fase di crescita dei lieviti, si
aggiunge l'ossigeno per favorire la produzione degli acidi grassi e un nuovo incremento della carica
microbica.
Aggiungere l'ossigeno all'inizio della vinificazione significa favorire le ossidazioni perché ci sono molti enzimi
ossidasici e pochi lieviti. Gli enzimi ossidasici ovvero la polifenolossidasi entra in competizione con i lieviti,
scaricando l'ossigeno sugli acidi idrossicinnamici che fanno precipitare i primi antociani estratti dalle cellule
delle bucce.

Quando la carica microbica raggiunge il suo apice poi comincia il declino, aggiungendo l'ossigeno
stimoliamo la moltiplicazione dei lieviti per l'esaurimento degli zuccheri.
occorre apportare 5-10 mg/L di ossigeno a fine fase di crescita dei lieviti (50 ore) e sali ammoniacali dopo
75 ore.
Se si aggiungono sali ammoniacali e ossigeno all'inizio si avrà una veloce partenza della fermentazione ma
probabili rallentamenti verso la fine del processo specialmente per le elevate concentrazioni zuccherine.

Solubilità dell'ossigeno
La solubilità dell'ossigeno nel vino è abbastanza bassa, simile a quella in acqua, mentre aumenta nei
distillati.
La solubilità dell'ossigeno nel vino ha 20°C e a pressione atmosferica è di 6 mL/L oppure 8,4 mg/L.

Ossigeno e velocità di consumo


Durante un travaso l'ossigeno nel vino raggiunge la saturazione ovvero 8,4 mg/L sia all'aria che al chiuso il
suo consumo dipende dal tipo di vino.
Vino rosso: contiene tannini che sono fortemente ossidabili dall’ossigeno, perciò, dopo 10 giorni l'ossigeno
entrato durante il travaso sarà consumato. L'ossigeno si consuma perché si ossidano le sostanze fenoliche
presenti.
Chardonnay + tannini: dopo 30 giorni tutto l'ossigeno viene consumato
Chardonnay senza tannini: ho bisogno di più tempo per consumare l'ossigeno

I tannini proteggono il vino dall'ossidazione perché si ossidano loro e tardano l'imbrunimento del vino.
Una certa quantità di ossigeno rimane in soluzione perché non viene tutto combinato. I primi milligrammi di
ossigeno vengono consumati più lentamente, quando tutto l'ossigeno viene combinato si effettua il travaso,
ritornando alla saturazione dell'ossigeno, il consumo dell'ossigeno nel vino diventa progressivamente più
rapido. Questo comportamento non dura all'infinito ma per le prime 6-10 volte.
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Consumo dell'ossigeno in funzione del ph
Quando il pH è 7,07 quasi neutro, le reazioni di consumo di ossigeno sono velocissime.
Quando il pH è 3,78, acido, il consumo di ossigeno richiede più giorni ed è proprio quello che accade nel
vino.

Modalità di consumo di ossigeno nel vino


1. Il consumo di ossigeno può avvenire in presenza di metalli, ferro e rame, l'ossigeno molecolare in
presenza dello ione ferroso acquista un elettrone diventando un radicale superossido, lo ione ferroso si
ossida diventando ione ferrico. È una reazione di ossidazione. 3+¿ ¿
−¿+Fe ¿
2+¿ →O2 ¿
O2 + Fe

2. Le reazioni più frequenti tra l'ossigeno e i polifenoli sono quelle di ossidazione, vengono catalizzate
dall’intervento di enzimi ossidasici come tirosinasi e polifenolossidasi
L’acido caffeil tartarico, in presenza di ossigeno e con l'intervento della polifenolossidasi si ossida a
chinone. Il chinone può reagire con gli antociani o con le catechine e dare nuovamente l'acido caffeil
tartarico. I polimeri bruni derivano dai chinoni delle catechine/antociani/flavonoidi.

3. Il consumo di ossigeno può essere dato dall’autossidazione che avviene in presenza di ossigeno.
L'ossigeno molecolare presente nell'aria penetra nel contenitore attraverso le doghe in legno e reagisce
con l’o-difenolo, rappresentato dai tannini ellagici del legno, dando origine all'ossigeno molecolare allo
stato di singoletto più reattivo del tripletto.
L'ossigeno singoletto reagisce con l'acqua formando h2o2 ovvero l'acqua ossigenata che stimola le
reazioni di ossidazione, in particolare l'alcol etilico forma l'aldeide acetica.
L'aldeide acetica reagisce con un tannino, perde una molecola d'acqua e forma un “composto di
somma” dando origine ad un carbocatione che può reagire con un tannino o un antociano.

Carbocatione + tannino: il composto presenta tannicità minore rispetto al composto di partenza.


Carbocatione + antociano: pigmento con colore tendente al blu che non è più sensibile alle variazioni di pH
e anidride solforosa.

Nelle migliori condizioni ovvero quando le reazioni avvengono in modo lento si formano in pigmenti ideali,
non più sensibili all'anidride solforosa alle variazioni di pH.
Questo significa stabilità del colore.

Fenomeni che avvengono durante l'affinamento dei vini rossi


L'ossigeno allo stato di singoletto reagisce con l'acqua e favorisce la formazione degli idroperossidi che
trasformano l'etanolo in acetaldeide.
L’acetaldeide funge da ponte permette la polimerizzazione ovvero i tannini e gli antociani si legano tra di
loro formando polimeri che si presentano più morbidi al gusto, inoltre, il colore è più cupo e stabile nel
tempo.
Non tutti i polimeri che si formano rimangono in soluzione, alcuni precipitano, altri perdono le Doti di
astringenza.

Durante la conservazione dei vini è utile valutare alcuni indici che ci dicano come sta procedendo
l'affinamento sia che avvenga in barrique o in altri contenitori.

Uno degli indici più importanti è quello della polimerizzazione che viene espressa con tre indici eseguendo
tre analisi che si effettuano in laboratorio: il dAT (Complesso antociano/ tannino); il dTAT (complesso
tannino/ antociano/tannino), il dAL (antociani liberi), la loro somma è 100.

Vengono valutati tra gli indici anche i flavonoidi e gli antociani totali ma anche l'intensità e la tonalità.
Per ottenere un vino di qualità durante la finalmente si deve convivere con l'ossigeno, inoltre, si deve avere
più del 50% di dTAT (antociani non sensibili all'SO2) conservando una inferiore ad 1. In questo caso il vino
rosso è stabile.
La tonalità del vino è un aspetto facile da valutare perché durante l'esame visivo si possono apprezzare le
diverse note di colore, ma per avere una misura oggettiva si utilizza lo spettrofotometro.
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Uno degli obiettivi dell'affinamento del vino e stabilizzare il colore facendo polimerizzare tannini e
antociani, il colore più cupo ma è molto stabile.
La polimerizzazione porta ad un gusto più astringente e il colore tende a perdere intensità.

Gli antociani liberi attraverso legami intermedi con i tannini formano composti tannini-antociani
raggiungeranno lo stato di polimeri (dTAT) ci sono più stabili delle molecole singole. Perciò è bene avere più
del 50% di dTAT prima dell'imbottigliamento per farsi che il vino tenga gusto e colore nel tempo.

Ossigeno in vasche o/e barrique colme


Nelle vasche da 250 hL sotto il chiusino o sotto il cocchiume di una barrique, anche se colmi di vino c’è
ossigeno.

La velocità di dissoluzione dell'ossigeno nei due recipienti è differente perché cambia il volume ma anche il
materiale del recipiente, lancia meglio si può considerare impermeabile all'ossigeno mentre il legno
permette un certo scambio in barrique.

Il vino presente in barrique entra nella zona di impregnazione ovvero un tratto della struttura microporosa
delle doghe in legno in cui è contenuta l'aria. Per questo motivo ci si aspetterebbe di trovare più ossigeno
nel vino contenuto in barrique rispetto a quello presente in vasche ma in realtà la quantità di ossigeno è
identica.

In barrique la cinetica di consumo di ossigeno è molto più veloce rispetto a quella che avviene in vasca nelle
botti di grandi dimensioni. Il piccolo contenitore in legno è definito reattore biochimico in cui avviene la
microssigenazione controllata in quanto entra ossigeno dalle doghe della barrique.

Le fecce che provocano la torbidità del vino consumano 3-4 volte la quantità di ossigeno rispetto al vino
limpido, quindi, il vino torbido e meno ossidabile rispetto a quello limpido.
Le frecce fini rilasciano steroli, acidi grassi, mannoproteine che contribuiscono a dare un maggior volume al
gusto del vino, oltre a rappresentare una protezione all'ossidazione.

Ossigeno e vino in vasche smezzate e colme con gas inerti


Quando le vasche di stoccaggio non sono piene di vino vengono colmate con gas inerti come l'azoto o
l'anidride carbonica. Questi gas modificano la velocità con cui l'ossigeno entra in equilibrio con il vino, ma
non viene eliminato il suo effetto.
Nel caso in cui avessimo una vasca scolma e non insufflassimo l'anidride carbonica ci sarebbe un equilibrio
tra ossigeno e vino e si arriva alla saturazione a 8,4 mg/L.

Nel caso in cui insufflassimo gas inerte in una vasca scolma di vino si arriverà all'ossidazione e quindi alla
saturazione ma l'effetto viene solo posticipato.
Il gas inerte tenderà ad occupare tutto lo spazio vuoto della vasca scolma ed entrerà una parte di gas nei
centimetri più superficiali del vino fino a raggiungere l'equilibrio.
Quando immettiamo un gas in un liquido, il gas entra in soluzione fino a raggiungere l'equilibrio regolato
dalla legge della pressione parziale di un gas opero e la pressione necessaria a mantenere una certa
quantità di gas in un liquido.
Un gas può essere più o meno solubile in funzione della costante di Henry. L'anidride carbonica è più
solubile dell'ossigeno perché ha una costante minore rispetto a quella dell'ossigeno.

Rapporto tra gas inerte utilizzato per le colmature e l'aria


Non esistono chiusure ermetiche tali da non permettere il processo di dissoluzione dell'ossigeno sia
all'interno del gas iniettato sia nel vino. Inizialmente l'ossigeno si dissolve nel gas inerte e poi all'interno del
vino, è un processo che avviene nel tempo.
In condizioni standard di pressione temperatura, l'ossigeno la seconda del liquido con cui viene a contatto si
scioglierà in esso. L'ossigeno nei distillati si dissolve in maniera molto maggiore

10
LA MICROSSIGENAZIONE
La microssigenazione è una tecnica che prevede che vengano somministrate al vino, sia rosso che bianco,
piccole quantità di ossigeno in modo lento e continuo, attraverso le pareti delle barrique o tramite un
apposito macchinario, al fine di innescare reazioni che portano al miglioramento organolettico del vino.

Il vino può essere affinato in contenitori in acciaio inox o in cemento, la somministrazione di ossigeno è
episodica e coincide con i travasi.

Se andassimo a somministrare ossigeno poco per volta possiamo assistere ad un ammorbidimento del
gusto del vino perché si evolvono i tannini e diventano meno aggressivi, inoltre, si stabilizza il colore.

L'apporto di ossigeno deve avvenire sui vini giovani, ricchi di antociani liberi, in grado di legarsi ai tannini,
questa condensazione permette la formazione di pigmenti stabili e intensi.
La somministrazione controllata di ossigeno permette la riproduzione dei fenomeni che avvengono in
barrique anche nei contenitori non permeabili ai gas.

La stabilizzazione del colore avviene grazie alla reazione di condensazione tra tannini e antociani,
l’ossidazione dell’esanolo formaldeide acetica responsabile della polimerizzazione.

L'ossigeno in vinificazione e sempre visto con diffidenza per due motivi:


 L'attacco di microrganismi aerobi che può portare a difetti nel vino
 Fenomeni di ossidazione si formano molecole che provocano un cambiamento del colore, odore e
sapore

Se l'apporto di ossigeno e ben controllato in vinificazione si potrebbero avere alcuni vantaggi come la
riduzione dell’astringenza nei vini rossi e la formazione dei complessi tannini-antociani fino alla formazione
dei polimeri.

Per effettuare la microssigenazione è bene apportare alcuni accorgimenti:


 Somministrazione di ossigeno: mediante la diffusione di bolle molto piccole dal fondo del recipiente
per evitare che l’ossigeno salga in maniera veloce e si accumuli sulla sommità del recipiente favorendo
lo sviluppo della microflora aerobia.
 Sviluppo verticale del recipiente
 Temperatura: l’ossigeno si dissolve maggiormente a basse temperature, mentre, la polimerizzazione è
inibita alle basse temperature. Temperature comprese fra i 15-16°C

La somministrazione di ossigeno e controllata mediante riduttori di pressione e temperature inoltra le dosi


di ossigeno da somministrare sono prestabilite.

La microssigenazione non viene effettuata in tutti i vini, ad esempio se si dovesse sentire il sentore di
ridotto in un vino viene effettuata.

Affinché una microssigenazione dia i suoi effetti il vino deve presentarsi ricco di antociani liberi (almeno 300
mg/L) e io rapporto antociani/tannini deve essere 1/5.

Interazioni radicaliche
La polimerizzazione ovvero la formazione di polimeri può verificarsi a seguito dei legami che avvengono tra
i radicali dell'ossigeno.
Quando due radicali interagiscono sia la produzione di una molecola neutra. Quando una molecola neutra
interagisce con un radicale sia il passaggio di reattività ovvero la molecola neutra diventa un radicale e il
radicale diventa una molecola neutra.
Queste reazioni possono portare alla polimerizzazione con la formazione di composti ad alto peso
molecolare oppure di depolimerizzazione ovvero l'idrolisi.

L'ossigeno è un biradicale libero che in condizioni normale non è molto reattivo; quindi, prima di reagire
deve essere ridotto.

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− ¿ +OH ¿
−¿ →OH ¿
+¿ → H O + e ¿
−¿ +H 2 2 ¿
−¿ → HO ¿
2
+¿ → HO +e ¿
−¿+ H 2
¿
−¿→ O ¿
O 2 +e 2

L'elettrone fornito dall'ossidazione di un metallo di transizione porta la formazione di un monoradicale


−¿ ¿
libero O2 (superossido).
+¿¿
Il superossido in ambiente acido si lega agli ioni H Evolvendo in HO2 (idroperossido).
−¿¿
L’idroperossido in presenza di un metallo acquista un elettrone diventando HO2 , che a sua volta lega con
+¿¿
H Dando origine a H 2 O 2(acqua ossigenata o perossido di idrogeno).
H 2 O 2 È una molecola neutra che acquista elettroni formando OH −¿¿ E un OH (radicale idrossile).

Il radicale idrossile è l’ossigeno attivo che è in grado di staccare gli idrogeni dall’etanolo dando origine
all’aldeide acetica. L’aldeide acetica funge poi da ponte fra i tannini e gli antociani.

La presenza di ossigeno, l'ambiente acido del vino e la presenza di metalli di transizione favoriscono la
formazione del radicale idrossile.

Un altro caso prevede la reazione di polimerizzazione degli antociani e tannini senza l'intervento
dell’acetaldeide.
Quando si somministra ossigeno al vino, in presenza di metalli di transizione si formano i radicali liberi che
portano alla polimerizzazione dei polifenoli.

La catechina o proantocianidina, in presenza di ossigeno o di metalli di transizione si trasforma in chinone.


Il chinone può prendere un elettrone da un metallo di transizione formando un semichinone.
+¿¿
Il semichinone in ambiente acido acquista un protone H , spegnendo il radicale, e diventando OH, quindi,
diventa un semichinone forma fenolica e resta un elettrone spaiato.
La forma fenolica reagendo con la catechina o la proantocianidina forma un dimero.
Il dimero reagisce con l’ossigeno, l’ossigeno perde un elettrone e prende un atomo di idrogeno formando
HO2 E dimero chinone.
Si ha la trasformazione intermolecolare con lo spostamento degli idrogeni che si legano all’ossigeno
formano i polifenoli. Il composto finale ha un forte potere riducente ovvero cede elettroni assumendo così
un'attività antiossidante primaria.

Il primo processo di microssigenazione genera odori di ridotto e può essere riassunto in due fasi ovvero
formazione dell'acetaldeide e reazione di polimerizzazione con l'ausilio del l'aldeide acetica.

Nella seconda fase di microssigenazione si formano polimeri di minore astringenza e si formano pigmenti
con una tonalità di colori verso il porpora.

Il tannino si lega all'antociano che presenta lo zucchero, quindi il complesso T-A e TAT avendo un residuo
zuccherino si presenta solubile e meno stringente.

Fattori da prendere in considerazione durante la microssigenazione


1. Materia prima e tecniche di estrazione in macerazione
I vini ricchi in antociani liberi e con un buon rapporto antociani/tannini sopportano meglio il contatto
con l'ossigeno. Anche la tecnica di estrazione delle sostanze fenoliche dalla buccia è importante.
2. Temperatura: minore è la temperatura maggiore e la solubilità dell'ossigeno nel vino e decresce la
velocità di consumo di ossigeno e si accumula nel vino. L’accumulo di ossigeno è un evento negativo
per l'evoluzione degli antociani e si blocca la microssigenazione. La temperatura ottimale è 16°C.
3. Modalità di distribuzione dell'ossigeno: deve essere il più possibile uniforme, dunque, bisogna:
 Controllare le dimensioni delle bolle di ossigeno in uscita dal diffusore
 Scegliere i recipienti di conservazione aventi forma e dimensioni adeguate.
4. Tenore in SO2 dei vini durante la microssigenazione
Se si effettua una microssigenazione controllata non c'è un'influenza dell’so 2 del vino, ci potrebbe
essere un lieve abbassamento dell’so 2 totale.
Se c'è un aumento dell'ossigeno disciolto il tenore di SO 2 libera diminuisce ed è un fattore negativo
perché la SO2 libera protegge i vini dagli attacchi dei batteri.
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Il controllo del tenore di SO2 libera può essere uno strumento semplice per verificare che non si abbia
l’accumulo di ossigeno disciolto.
Controlli da effettuare durante la microssigenazione
 Temperatura della cantina
 SO2
 Odore e sapore
 Acidità volatile: tanto ossigeno ossida l'alcool etilico e si forma l'acetaldeide e poi l'acido acetico
 Quantità di ossigeno: l'ossigeno disciolto non deve aumentare durante la microssigenazione

La determinazione dell'ossigeno il difficile da effettuare ed è costosa, perciò si effettua in modo indiretto:


 Valutazione del tenore in acetaldeide
 Valutazione in SO2 libera
 Valutazione dell'acidità totale (g di acidità/L di vino)

Si valutano anche i parametri relativi al colore:


 Intensità e tonalità del colore
 Antociani totali, monomeri e proantocianidine (oligomeri e polimeri)
 Contributo dei pigmenti non decolorabili dall’so 2 all’assorbanza a 520 nm del vino tal quale

Le specie batteriche presenti nervino possono avere dei comportamenti differenti nei confronti
dell'ossigeno, si possono adattare meglio in sua assenza, possono essere indifferenti alla sua presenza,
tollerare la sua presenza ma non impiegarlo oppure possono essere favoriti.

L’aereazione controllata, successiva alla svinatura, può essere favorevole all'avvio della fermentazione
malolattica.
Nel caso in cui la microssigenazione avviene all'inizio della fermentazione malolattica conviene sospendere
il trattamento perché la anidride carbonica sviluppata non permette di valutare l'ossigeno disciolto e la
torbidità generata dalla presenza dei batteri.

Apporto di ossigeno durante la vinificazione


Nella fase di fermentazione l’ossigeno ha un ruolo di tipo biologico. Il suo apporto avviene durante le
operazioni di rimontaggio, microssigenazione e delestage.

Delestage: consiste nello spostamento del mosto da un serbatoio ad un altro, nel primo serbatoio
resteranno le vinacce che sgoccioleranno, successivamente il mosto passerà dal secondo serbatoio al primo
per aspersione.
Lo scopo del delestage è quello esaltare l’estrazione delle sostanze polifenoliche dalle bucce ed operare
un’ossigenazione per favorire l’attività dei lieviti mediante il passaggio da un serbatoio all’altro.
Questo processo porta alla formazione dell’acetaldeide che funge da ponte tra gli antociani e i tannini.

Travaso: viene effettuato mediante delle tubazioni in cui i raccordi non sono a tenuta e si ha una
dissoluzione di ossigeno pari a 6 mg/L.

Battonage: quando la barrique non è colma l’ossigeno si solubilizza, la quantità di ossigeno che si solubilizza
è variabile e dipende dalle colmature, travasi, aggiunte di prodotti enologici come tannini e assemblaggi.

Vini affinati in barrique: quando si ha lo scolmo la grana del legno ha minor influenza della tappatura della
botte, quindi, si ha un effetto di depressione quando viene consumato l’ossigeno.
Il consumo di ossigeno è un fenomeno fortemente influenzato dalla fermentazione malolattica in quanto
nello spazio di testa si sviluppa l’anidride carbonica che crea una turbolenza che facilita la dissoluzione
dell’ossigeno presente nello scolmo.

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UTILIZZO DELLE BARRIQUE
Le barriques sono delle botti che hanno una capacità di 225 litri, mentre quelle da 500 litri vengono dette
tonneau, poi ci sono quelle da 5.000 e 10.000 litri di capacità.
Man mano che aumenta la capacità la dimensione delle doghe aumenta, mentre, diminuisce la superficie di
contatto tra legno e vino.

Il legno che viene utilizzato per costruire le botti è di quercia, rovere o di ciliegio. Si utilizza maggiormente la
quercia, tra le piante europee abbiamo il Quercus Robur e il Quercus Petracea, mentre abbiamo il Quercus
alba americano.
Le doghe prodotte da legno europeo si ottengono per spacco mentre quelle ottenute da legno americano
sono ottenute mediante la sega in quanto le fibre del legno sono più compatte.
Si utilizza maggiormente la quercia, pur essendo tutte specie appartenenti alla quercia presentano
caratteristiche differenti che conferiranno composti differenti al vino.

Cessione di sostanze dal legno al vino


Si conoscono oltre 100 sostanze che possono essere cedute dal legno al vino e si possono ricondurre a:
 composti fenolici
 ellagitannini: sono i tannini idrolizzabili presenti nel legno che sono diversi dai tannini presenti nella
buccia che non sono idrolizzabili. Questi tannini a contatto con il vino favoriscono fenomeni di idrolisi,
legami con i polisaccaridi e con l’ossigeno.
Gli ellagitannini essendo soggetti all’idrolisi non sono presenti come tali ma sottoforma di acetale e di
emiacetale. L’acetale è una molecola formata da alcol e un’aldeide ovvero l’alcol etilico. Possono avere
un effetto positivo all’interno del vino conferendo un buon impatto odoroso, ma potrebbero avere
anche un impatto negativo.
 cumarine
 alcoli
 lattoni
 acidi grassi
 idrocarburi

Stagionatura delle doghe


Le doghe in legno non possono essere utilizzate immediatamente ma devono essere sottoposte ad un
processo di stagionatura perché il legno è molto ricco di acqua che deve essere eliminata. L’acqua
all’interno del legno deve essere circa del 20% che è la quantità utile affinché possa avvenire la piegatura in
tostatura.

L’acqua all’interno del legno è presente sottoforma di:


 Acqua libera negli interstizi
 Vapore acqueo nella struttura del legno
 Acqua igroscopica legata alle pareti cellulari (molto difficile da eliminare, rappresenta il 30% dell’acqua
totale)

La stagionatura può avvenire all’aria libera oppure può essere accelerata artificialmente mettendo le doghe
in essiccatoio.
In essiccatoio andiamo solo ad eliminare l’acqua presente mentre in stagionatura all’aria libera oltre
all’eliminazione dell’acqua favoriamo una serie di processi di trasformazione dei costituenti chimici del
legno.

Nella stagionatura all’aria libera avviene la degradazione enzimatica degli ellagitannini per opera del
corredo enzimatico dei funghi, avviene anche la degradazione chimica degli ellagitannini ovvero si forma
l’acido ellagico e vengono ridotti gli ellagitannini per dilavamento. Inoltre, l’acqua piovana entra nel legno
ed evaporando trasporta all’esterno i tannini che in questo modo vengono eliminati.
Vantaggi: semplice, bassi costi, non occorrono strutture particolari
La luce solare influisce sulla depolimerizzazione della lignina in vanillina, quindi, il legno sarà più vanigliato.
La degradazione enzimatica produce sentori speziati che vengono trasmessi al vino.
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Svantaggi: occorre un periodo lungo di 24-36 mesi, richiede spazi importanti, c’è il pericolo del marciume
per attacchi di muffe e funghi, possibile deformazione del legno.
La stagionatura può avvenire in essiccatoio ma non avviene né la degradazione chimica né quella
enzimatica, i tannini migrano verso l’esterno dove si concentrano ma non vengono eliminati
Vantaggi: rapido, umidità finale costante
Svantaggi: mancano gli aspetti positivi della degradazione enzimatica

Tostatura
Le doghe vengono piallate ovvero vengono portate ad un identico spessore circa di 2cm e posizionate nei
cerchi che daranno la forma alla barrique.
La fase di tostatura consiste nel riscaldamento delle doghe che può essere debole fino a 150°C fino ad
arrivare ad una forte tostatura oltre i 200°C, il grado di tostatura influenza le note odorose che il legno
acquista.
In America la tostatura avviene con fiamma viva all’interno della botte, mentre in Europa è condotta
tradizionalmente tramite un braciere posto al centro del cerchio delimitato dalle doghe.

Le fiamme e il calore a contatto con il legno provocano:


 riduzione della quantità totale di composti fenolici e lattoni
 trasformazione della lignina
 aumento dell’acido gallico, composti furanici, aldeidi benzoiche e fenoli volatili
 comparsa dei fenoli chetoni
La massima entità di tali fenomeni è ottenuta con un riscaldamento medio.

Composti ceduti dal legno al vino


Nel momento in cui il vino viene posto all’interno della barrique viene sottoposto all’azione dell’ossigeno
che penetra attraverso le doghe, inoltre, si arricchisce in sostanze aromatiche:
 Aldeidi fenoliche: fino ad una tostatura media aumenta la vanillina che deriva dalla lignina oltre queste
temperature il suo contenuto decresce.
 Fenoli volatili: Guaiacolo, Eugenolo, 4-metil-guaiacolo, 4-vinil-fenolo. Derivano dalla demolizione
pirolitica della lignina.
 Lattoni: il profumo caratteristico è quello della noce di cocco e deriva da Whiskylattone o b-metil-γ-
octa-lactone presenta due forme isomeriche cis e trans.
È assente nel Quercus robur, ma nella Q. alba (americana) e nella Q. petrea (europea) sono presenti in
quantità uguali ma in rapporti differenti nelle due forme isomeriche.
I lattoni a basse concentrazioni, non superiori a 0,23 mg/L, conferiscono note positive di legno, ma
superato questo limite prevalgono note sgradevoli di resina e vernice.
 Aldeidi furaniche: derivano da polisaccaridi del legno (cellulosa ed emicellulosa) che in seguito al
trattamento termico hanno formato:
o furfurale e 5-metil-furfurale  odore di mandorla
o 5 idrossimetil-furfurale inodore
 Fenil chetoni: concorrono alla nota di vanigliato e all’aroma di legno
 Acidi fenolici: l’acido gallico aumenta nel vino durante l’affinamento in legno e può conferire note
astringenti. Inoltre, l’acido gallico trasporta l’ossigeno in barrique favorendo la formazione dell’acqua
ossigenata che si ossida in acetaldeide responsabile della polimerizzazione dei tannini e antociani.
Sono presenti anche l’acido caffeico, l’acido paracumarico, l’acido siringico (più presente nella Q. robur)

AFFINAMENTO IN BARRIQUE
Durante la maturazione in barrique il vino va incontro a:
 evoluzione di carattere fisico-chimico ed enzimatico
 processi di idrolisi, di ossido riduzione e di esterificazione.

La velocità e l’intensità di queste trasformazioni dipendono da diversi fattori


 tipo di legno e capacità del recipiente
 presenza di maggior o minor quantità di O2 che dipende molto dalla frequenza delle colmature e dal
tipo di chiusura

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 caratteristiche intrinseche del vino
 durata e temperatura di conservazione
Rapporto tra legno e ossigeno
Tra gli effetti più significativi del legno sui vini c’è lo scambio gassoso con l’ambiente esterno.
In una barrique da 225 litri in un anno penetrano circa 1-5 mg/L di ossigeno mentre nelle botti più grandi
che hanno doghe spesse 40 mm il passaggio di ossigeno è di circa 1 mg/L in un anno. Dunque, la
microssigenazione avviene più velocemente in una barrique rispetto ad una botte più grande.

Con l’ossigenazione controllata nel vino si verificano importanti variazioni del colore, gusto e aroma.
L’ossigeno molecolare presente nell’aria viene spinto dalla pressione atmosferica a penetrare all’interno
delle doghe della barrique e diventa ossigeno atomico che si lega ai tannini ellagici.
L’acido gallico e l’acido ellagico sono trasportatori di ossigeno, quindi, si legano con l’acqua formando
l’acqua ossigenata, essa reagisce con l’alcol etilico formando l’aldeide acetica che funge da ponte per la
formazione dei complessi tannino-antociano che conferiscono un colore cupo al vino e morbidezza, inoltre
sono stabili nel tempo.
Nel caso in cui ci siano polisaccaridi all’interno della botte, i polimeri (TA) si avvolgono nei polisaccaridi
conferendo al vino volume e morbidezza.

Il risultato finale del vino dipenderà dall’influenza del legno che è funzione di:
 natura del legno;
 origine geografica;
 condizioni di stagionatura;
 modalità di abbonimento: ovvero la barrique nuova prima di essere contenere il vino viene riempita
con l’acqua in modo da eliminare le sostanze che potrebbero danneggiare il vino;
 dimensioni del recipiente;
 durata della conservazione;
 temperatura e umidità della cantina;
 struttura del vino

L’effetto del legno sul vino comincia a manifestarsi dopo i primi due mesi, il carattere boisé è differente da
legno a legno; infatti, ogni lotto evolve in maniera differente a seconda della qualità del vino e del legno.
Il legno influisce in maniera “soffice” sul vino molto strutturato.

L’affinamento in barrique comporta elevati costi come:


 acquisto di legname e fusti che devono essere rinnovati con frequenza;
 investimento per i locali, spesso molto grandi e che devono presentare una temperatura di 16-18°C e
umidità 85-90%, parametri che devono essere mantenuti costanti;
 manodopera per la gestione (colmature, travasi, lavaggi ecc.)
 cali di volumi dei vini che si verificano durante il periodo di affinamento.

Inconvenienti in barrique
In barrique oltre a formarsi odori e sapori gradevoli si possono formare anche composti dai sapori e odori
anomali capaci di compromettere l’evoluzione del vino in affinamento.

I fenoli che creano maggiori problemi sono il 4-etil-fenolo responsabile dell’odore di cavallo e di stalla e il 4-
vinil-fenolo responsabile dell’odore di farmaceutico. Inopltre, sipossono presentare anche il 4-etil guaiacolo
responsabile degli odori speziati e di affumicato e il 4-vinil-guaiacolo responsabile dell’odore di pepe.
Questi odori indesiderati vengono prodotti da un lievito ovvero il Brettanomyces (2 cellule per ml), i
vinilfenoli si possono trasformare in etossietilfenoli che sono meno odoranti dopo un anno mentre gli
etilfenoli non si modificano nel tempo e il cattivo odore rimane.

L’aumento di questi fenoli avviene durante l’affinamento in barrique, specialmente se sono già usate, ma
anche quelle nuove possono essere soggette al Brettanomyces perché viene attaccato il legno; inoltre,
l’odore sgradevole si può manifestare anche dopo l’imbottigliamento.

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Le soluzioni che sono state applicate sono:
 Accurata igiene di cantina, soprattutto nella bottaia e barricaia
 Le barriques devono essere lavate, sgocciolate, trattate con dischetti di zolfo che bruciando, in
condizioni di chiusura ermetica, sterilizzano le doghe
 Le barriques vanno nuovamente lavate prima dell’uso
 Alcune aziende utilizzano ozono per sanitizzare i contenitori di legno

Impiego di chips in vinificazione


La maturazione all’interno di botti o barrique in legno serve per favorire l’evoluzione del gusto, odore e
colore del vino grazie alla microssigenazione e alla tipologia di legno utilizzata.
Siccome la gestione dei costi delle botti è elevata e questo si ripercuote sul costo dei vini, si stanno
diffondendo delle alternative in modo da conferire odori e sapori al vino ma ad un costo inferiore.
Oggi si sta diffondendo l’uso di frammenti legnosi di rovere con forme e dimensioni differenti che vengono
tostati più o meno intensamente.

I chips in vinificazione sono delle schegge legnose di grandezza variabile da 1 cm fino alle dimensioni della
polvere.
Gli staves sono delle doghe con larghezza variabile da 25-75 mm e lunghezza di circa 1m. Possono avere
una superficie lisca o ondulata, quella ondulata conferisce una maggiore superficie di contatto.
Gli Xoakers sono delle sfere in legno del diametro di circa 1 pollice.
I cubes sono dei cubi di legno delle dimensioni di circa 1 cm.

Il processo kdi produzione delle cips ha l’obiettivo di garantire omogeneità, ripetibilità e assenza di
contaminanti. Si suddivide in sei fasi: cippatura del legno (frammentazione), selezione dimensionale,
tostatura, raffreddamento, controllo qualità e confezionamento.

La tostatura e il raffreddamento devono essere controllati, il loro obiettivo è quello di non produrre la
combustione e deve essere riproducibile. La tostatura in forno deve avvenire fino al cuore del pezzo.

A seconda della tipologia di legno vengono controllati i seguenti parametri:


 Temperatura;
 Tempi di tostatura;
 Velocità di raffreddamento;
 Gamme aromatiche costanti;
 Assenza di contaminanti.

Esempi di chips Laffort


Gradi di tostatura ed impatto organolettico- legno europeo
Pezzi:
 Nobile fresh: supporto alla struttura del vino. Esaltazione delle caratteristiche di fruttato. Protezione da
parte dei composti fenolici
 Nobile spice: esaltazione dei caratteri fruttati e speziati, aumento della struttura avvertibile al palato.
 Nobile sweet: aumento della sensazione di dolcezza, comparsa di accenni di tostato e “boisé”.
 Nobile intense: esaltazione delle sensazioni di “torrefatto” aumento del volume avvertibile al palato.

Granulare:
Nobile Fresh Granular
Colore: beige chiaro, crema
Profilo organolettico: fruttato, noce di cocco
Proprietà enologiche: sensazione di freschezza, rinforzo della struttura del vino

Nobile SweetGranular
Colore: marrone chiaro
Profilo organolettico: vaniglia, pane tostato
Proprietà enologiche: aumento sensazione di dolcezza, comparsa di sfumature tostate e boisé
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Impatto organolettico- legno americano
Nobile american blend: (pezzi)
Colore: cioccolato
Composti aromatici dominanti: vanillina, cis e trans-ottalattone.
Profilo organolettico: vaniglia, noce di cocco, caffè, boisé, sciroppo d’acero.
Proprietà enologiche: aumenta la sensazione dolce, apporto di sfumature vanigliate ed affumicate.

Nobile American Blend Granular (granulare)


Colore: cioccolato
Profilo aromatico: noce di cocco, caffé
Proprietà enologiche: aumento sensazione di dolcezza, apporto sfumature vanigliate e affumicate

Uso: si utilizzano per una rapida estrazione dei composti del legno (massima superficie di contatto).
In fermentazione alcolica soprattutto sui vini rossi.
Alla messa in botte: aggiunta in quantità da 0,5 a 3 g/L in funzione del livello di riempimento della botte.

Applicazioni dei chips


Vini bianchi: in fermentazione 1-3 g/L di trucioli dopo la sfecciatura; sul vino finito da 0,5 a 3 g/L per
immersione diretta dei sacchi da infusione nella vasca.

Vini rossi: all’ammostamento incorporare da 1 a 5 g/L di trucioli man mano che la vasca si riempie. Neu vini
dopo il travaso addizionare 1-4 g/L per immersione diretta dei sacchi da infusione nella vasca.

A seconda del tipo di chips utilizzati avremo un diverso rilascio dei composti volatili questo dipende dai
composti volatili presenti all’interno del legno. Il vino può essere personalizzato andando ad aggiungere il
chips più idoneo in base al gusto e all’aroma che vogliamo ottenere nel prodotto finito.

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DIFETTI ED ALTERAZIONI DEI VINI
I difetti all’interno dei vini possono essere:
 anomalie di carattere fisico-chimico
 anomalie di tipo enzimatico
 anomalie di carattere microbico.

ANOMALIE DI CARATTERE FISICO-CHIMICO


Maderizzazione: avviene nei vini bianchi in cui si ossidano i polifenoli e il vino assume colori e sapori simili
a quelli del vino madera. Il vino madera è fortificato in alcol in quanto è voluta una forte ossidazione.
Si ha l’ossidazione dei polifenoli e dell’alcol etilico con la formazione dell’acqua ossigenata e poi
dell’acetaldeide che conferisce odore di mela tagliata molto matura, quasi marcia.
In questo caso non ci sono tannini e antociani e non avviene la stabilizzazione del colore.
Il colore dorata diventa ambrato e il profumo e il sapore del vino viene modificato con l’invecchiamento.
I vini bianchi devono essere consumati entro 1-2 anni dalla loro produzione, nei vini bianchi fermi è un
difetto mentre nei vini speciali è una caratteristica intrinseca.

Nei vini bianchi fermi si può prevenire la maderizzazione utilizzando uve sane e una dose adeguata di SO2,
inoltre, mediante la chiarifica e i travasi si tiene il vino sempre pulito, si evita il contatto con l’ossigeno
mediante colmature e uso di gas inerti.

Casse ferrica o cromoclasi ferrica: i tannini si legano al ferro formando il tannato ferrico che provoca la
rottura del colore e i precipitati; può avvenire sia nei vini bianchi che nei vini rossi.

Il ferro ferroso (Fe2+) in presenza di aria si ossida dando origine al ferro ferrico (Fe3+) che dà un precipitato
biancastro di fosfato ferrico colloidale responsabile della casse bianche che avviene nei vini bianchi.
Il fosfato ferrico può interagire con i tannini o le sostanze coloranti dando origine al complesso colloidale
blu definito anche casse blue che avviene nei vini rossi.
Questi intorbidimenti possono avvenire quando la concentrazione di ferro è di 12-15 mg/L, esso deriva
dall’uva, ma anche dal terreno e dalle attrezzature utilizzate.

Per capire se un vino è soggetto alla cromoclasi si effettua il saggio di stabilità che prevede che 150 ml di
vino vengano saturati con l’ossigeno all’interno di una beuta e che venga sigillata e agitata per 30 minuti.
La beuta poi viene lasciata al buio e alla temperatura della cantina, dopo 48 ore i vini soggetti alla casse
ferrica saranno torbidi mentre quelli non suscettibili resteranno limpidi per più di una settimana e quindi
potranno essere imbottigliati.

Utilizzare macchinari in acciaio inox e additivi (acido citrico, acido ascorbico, gomma arabica) vengono
utilizzati per la prevenzione della casse ferrica.

Cura: possiamo far arieggiare il vino provocando così l’ossidazione e l’intorbidimento, successivamente si
effettua la chiarifica e la filtrazione; oppure posiamo demetallizzare mediante l’uso di ferrocianuro di
potassio reagendo con il ferro ferroso produce composti insolubili che precipitano e possono essere
eliminati mediante la filtrazione, mentre reagendo con il ferro ferrico provoca la formazione del
ferrocianuro ferrico difficile da precipitare.

Casse rameica o cromoclasi rameica: l’intorbidimento avviene in assenza di ossigeno ed è favorito da


agenti riducenti affinché si possa verificare un intorbidimento deve essere presente almeno 0,5 mg di rame.
Il precipitato bruno rossastro è ricco di rame e si verifica nei vini bianchi solfitati contenente SO2 libera che
viene ridotta ad acido solfidrico.

Il vino viene sottoposto al saggio di stabilità che prevede che il vino venga posto all’interno di una provetta
tappata ed esposta alla luce solare per 7 giorni oppure alla luce artificiale per qualche ora. Se il vino non
presenta intorbidimenti potrà essere imbottigliato.
Il rame rameico in presenza di una sostanza riducente diventa rame rameoso che in presenza di acido
solfidrico dà solfuro di rame che precipita con le proteine presenti all’interno del vino e quindi abbiamo la
casse rameica.

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Per prevenire la casse rameica bisogna prestare attenzione ai trattamenti antiparassitari che si effettuano in
campo, inoltre, bisogna prestare attenzione alla tipologia di attrezzature e macchinari che si utilizzano.

Per curare la casse rameica si possono:


 eliminare le sostanze proteiche mediante l’aggiunta di bentonite o tannini;
 pastorizzare il vino per far coagulare le proteine, chiarificare e filtrare;
 demetallizzazione con ferrocianuro di potassio.

Casse proteica o cromoclasi proteica: è provocata dalla presenza di glicoproteine e proteine a basso peso
molecolare e a basso punto isoelettrico, si verifica nei vini bianchi.

Per verificare se il vino è soggetto alla casse proteica si effettua il saggio di stabilità che prevede che il vino
venga posto all’interno di una beuta e riscaldato a 80°C per 30 minuti, poi viene lasciato a temperatura
ambiente per 24 ore, successivamente si valuta la sua limpidezza. L’aggiunta di 9,5 g/L di tannino rileva la
presenza di sostanze proteiche in breve tempo perché provoca l’intorbidimento.
Per prevenire questo difetto si utilizzano i lieviti saccaromiceti con attività proteolitica e la bentonite.

Precipitazioni tartariche: sono precipitazioni tardive di bitartrato di potassio e tartrato di calcio che
rendono il vino torbido e non appetibile al consumatore.

Prevenzione:
 stabilizzazione del vino a -5°C per 7/20 giorni
 nuclei di cristallizzazione di acido tartarico e polvere di bitartrato di potassio a 0°C
 uso di acido metatartarico arresto della cristallizzazione per impedimento di crescita molecolare per
fenomeni di superficie
 carbossimetilcellulosa come stabilizzante in misura inferiore a 20 g/ hL
 mannoproteine come colloide protettore
 passaggio su resine a scambio ionico
 elettrodialisi con membrane anioniche

Difetto da tappo: si verifica dopo l’imbottigliamento e il vino assume un odore e un sapore sgradevole.
È causato da fungicidi e dalla degradazione del sughero per effetto dei lieviti oltre misura penicillium
multicolor e frequentans e dall’ asymetrica velutina.
Si formano metaboliti che conferiscono odori particolari come il guaiacolo, geosmina e il 2-metilsoborneolo
i composti hanno delle soglie di percezioni molto basse e se si supera una certa concentrazione l’odore
corrispondente viene avvertito.
Ci cerca di evitare l’uso di insetticidi clorati nei trattamenti fitosanitari e si sterilizzano i tappi in autoclave
per prevenire il difetto da tappo.

ANOMALIE DI TIPO ENZIMATICO


Le anomalie di tipo enzimatico sono dovute alla polifenolossidasi presente all’interno dell’uva e alla laccasi
che si presenta quando le uve sono attaccate da botrytis cinerea. Questi enzimi ossidano rapidamente
tannini trasformandoli in chinoni che polimerizzano formando l’intorbidimento e formeranno il precipitato.

ANOMALIE DI CARATTERE MICROBICO


I microrganismi aerobi vengono scoraggiati quando il pH è basso quindi quando siamo in ambiente acido.

Fioretta: l’agente è la candida detta anche candida mycoderma; è un lievito privo di attività fermentativa
che inizialmente si presenta tenue e liscio poi assume un maggior spessore e diventa fragile dopo qualche
giorno. La composizione acidica del vino viene modificata.
La fioretta consuma la maggior parte degli acidi, in particolare lattico, succinico, malico, citrico e acetico. Il
glicerolo viene demolito fino al 20% e l’etanolo fino al 15%, si forma acqua, anidride carbonica e
acetaldeide.
Il vino si presenta insipido, molle come se fosse stato annacquato; sono colpiti i vini che hanno massimo il
12% vol. di alcol.
Per prevenire la fioretta si limita la superficie di contatto del vino con l’aria e si utilizzano delle pastiglie anti-
fioretta.
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Acescenza: detto anche spunto ovvero il vino sta diventando aceto, i microrganismi responsabili sono gli
schizomiceti del genere acetobacter che si sviluppano sulla superficie formando un velo continuo tenue,
liscio e ascendente alle pareti mentre altre volte il celo si presenta increspato e scivoloso.
Gli schizomiceti ossidano l’etanolo trasformandolo in acido acetico e acqua, l’acido acetico reagisce con
l’alcol etilico formando l’acetato di etile ovvero l’estere responsabile dell’odore di aceto.
Per prevenire l’acescenza è bene selezionare l’uva, apportare una dose appropriata di SO2 e avere una
buona igiene in cantina. Se l’acescenza è allo stato iniziale può essere curata e corretta mediante la
rifermentazione.

Microrganismi anaerobi
Agrodolce: i batteri lattici consumano l’acido malico e gli zuccheri residui presenti nel vino.
All’esame visivo si può notare una certa torbidità e si notano anche dei riflessi azzurrognoli nel vino,
all’esame olfattivo si percepisce un odore di frutta stramatura o cotta, mentre, all’esame gustativo si
avverte un gusto agrodolce, il gusto agro è dovuto all’acido lattico e acetico mentre il gusto dolce è dato
dagli zuccheri e dalla mannite.
La manutenzione e la pulizia dei recipienti, la solfitazione appropriata, il controllo della temperatura e la
correzione dell’acidità del mosto sono tutti fattori che prevengono questo difetto.

Girato: è detta anche fermentazione tartarica, l’agente responsabile è il bacterium tartarophtorium.


Questa alterazione provoca la precipitazione degli antociani con la conseguente perdita del colore e si
verifica una perdita dell’anidride carbonica.
All’olfatto si percepisce un forte odore di aceto mentre al gusto sentiamo un vino piatto, spunto, con un
gusto marcescente e di putrefazione.
Per prevenire questa alterazione si utilizza l’anidride solforosa, l’igiene in cantina e la si mantiene un logo
fresco. Nella fase iniziale può essere bloccata mediante filtrazione sterilizzante o pastorizzazione del vino.

Filante: l’agente responsabile è lo steptococcus mucilaginus, questa alterazione si manifesta quando non è
stata impiegata l’anidride solforosa in maniera adeguata e quindi il pH del vino è troppo alto.
Il nome deriva dalla caratteristica che il vino assume ovvero fila liscio come l’olio quando viene versato
invece di “cantare”. I batteri si legano agli zuccheri determinando l’aumento della densità del vino.
Il gusto del vino è dovuto all’acido acetico e al diacetile che conferiscono al vino un sapore di rancido.
Il travaso serve a spezzare la maglia dei glucani ristabilendo il vino.

Amaro o amarone: l’agente responsabile è il bacillus amaracrylicus. All’esame visivo si notano i riflessi
giallognoli e l’intorbidimento, all’assaggio il vino si presenta acetato e amaro.
L’impiego dell’anidride solforosa ad ogni travaso è l’unica prevenzione possibile, mentre per la cura se
l’alterazione è poco accentuata si opera mediante il taglio e la rifermentazione.

Fenoli volatili: vinil ed etilfenoli sono responsabili di alcune deviazioni olfattive nei vini: 4-etil fenolo (odore
di cavallo), 4-vinilfenolo (odore farmaceutico), 4-etil-guaiacolo (affumicato e spezie) e 4-vinil fenolo
(pepato).
Nei vini bianchi: I vinil fenoli provengono dalla decarbossilazione enzimatica dei lieviti a carico dell'acido p-
cumarico e dell'acido ferulico con formazione rispettivamente di 4-vinilfenolo e di 4-vinilguaiacolo.
Per prevenire questo difetto:
 limitare i trattamenti meccanici traumatici esercitati sulle uve
 effettuare delle sfecciature
 no macerazione pellicolare
 iperossigenazione dei mosti
 impiego di ceppi di lieviti con bassa produzione di fenoli volatili

Vini rossi: I lieviti appartenenti al genere Brettanomyces sono i microrganismi responsabili del difetto
olfattivo fenolico dei vini rossi. Questi lieviti sono capaci di produrre del 4-etilfenolo e del 4-etilguaiacolo a
partire dagli acidi idrossicinnamici dell'uva p cumarico e ferulico.
Per prevenire questo difetto:
 dosi appropriate di SO2 durante l’affinamento (SO2 libera > 30mg/L);
 ai travasi, disinfettare i fusti con SO2 gassosa o bruciare zolfo (5-7g di zolfo in pastiglie per barrique di
225 litri).
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SPUMANTI
Gli spumanti possono essere ottenuti mediante due metodi:
 il metodo classico detto anche metodo champenoise che consiste nella rifermentazione di un vino
base in bottiglia;
 il metodo Martinotti Charmat che consiste nella rifermentazione di un vino base in autoclave ovvero in
un serbatoio a tenuta stagna.

Il vino base può essere ottenuto da vitigni di diversa colorazione, ad esempio, c'è il pinot noir, pinot
Meunier e lo Chardonnay.
I vitigni neutri non hanno una ricchezza in aromi primari quindi i sensori olfattivi che si andranno a
percepire saranno soprattutto quelli originati dai lieviti nella fase di rifermentazione.

Origine dello champagne


Lo champagne è nato in Francia da un monaco francese Don Perignon nel 1670.
A lui si deve:
 l’importanza della potatura delle viti e della selezione dei grappoli perché non tutte le uve sono idonee
alla produzione di spumante o champagne. Il vino base non deve essere molto alcolico, circa 10-11 di
gradazione alcolica, perché viene rifermentato e vengono aggiunti gli zuccheri e i lieviti.
 L’abbandono dei “vini grigi” e vinificazione in bianco da uve rosé. È l’unico caso in cui vengono miscelati
vini bianchi, rosse e rosé per produrre vino base.
 Il concetto di Cuvée ovvero si ha l’assemblaggio di vini di diverse annate, in etichetta non viene
riportata l’annata, oppure possiamo avere i millesimati ovvero vini appartenenti alla stessa annata che
è stata particolarmente favorevole per la produzione di vino base destinato alla spumantizzazione.

Nel 1735 il re di Francia introduce le «Champagnotte» da 28 once, che sarebbe a bottiglia indicata per
produrre lo spumante.
Nel 1818 Antoin Muller inventa le «Pupitre», sono dei cavalletti con tanti fori e in questi si posizionano le
bottiglie con il collo rivolto verso il basso.
Nel 1850 Holden e Colent brevettarono un vetro più resistente alle pressioni della rifermentazione in
bottiglia, questa bottiglia deve resistere almeno a 4,5 atmosfere.
Nel 1859 Pasteur scoprì che la fermentazione era data dai lieviti, nasce il «Metodo Champenoise» odierno.

PROCESSO DI PRODUZIONE DEGLI SPUMANTI CON IL METODO CLASSICO O CHAMPENOISE


Il vino base viene ottenuto da uve particolari che non sono molto mature, inoltre appena prodotto non è
idoneo alla spumantizzazione, perciò, sosta in cantina per 2-4 anni affinché possa avvenire la sua
stabilizzazione.

1. Produzione del vino base:


 Le uve vengono raccolte un po’ in anticipo perché non devono essere ricche in zucchero e devono
avere una certa acidità. L'uva viene sottoposta ad una superficie pressatura mediante pressa a
membrana per ottenere il mosto fiore.
 fase di decantazione del mosto: a 4°C con enzimi pectolitici per 16-24h per favorire l'eventuale
cessione degli aromi primari
 Travaso in un serbatoio in cui si fa partire la fermentazione classica mediante l'innesto del pied de
cuve.
 dopo due settimane, la fermentazione termina e otterremo il vino base con 10-11 gradi alcolici che
bisogna stabilizzare.

Assemblaggio del vino base:


Si possono utilizzare anche diverse annate dello stesso vino, ogni annata è diversa in quanto l'uva non
matura sempre allo stesso modo e non si sviluppano sempre gli stessi aromi; perciò, si cerca di
standardizzare il vino base mediante dei blend ovvero delle miscele in modo da garantire un prodotto con
caratteristiche costanti nel tempo.
L’assemblaggio detto anche “cuvée” è il bland di vini di annata diversa e diverse particelle dette Crù.
Il “millesimato” consiste nell’ottenere vino base partendo da uve della stessa annata che riposano in
cantina per 4-5 anni, in una particolare annata le condizioni climatiche sono state favorevoli e quindi si
ottengono delle uve particolarmente idonee alla spumantizzazione.
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Le “sans annèe” sono le cuvée ottenute da annate diverse ovvero si utilizzano vini di diversa annata che
riposano 2-3 anni in cantina.
Gli assemblaggi si effettuano in primavera in modo che la rifermentazione ad una temperatura più alta può
avviarsi più facilmente.

2. Aggiunta del “liqueur de tirage”: vengono aggiunti i liquori da tiraggio ovvero è uno sciroppo che
contiene lieviti (saccaromices cerevisiae e bayanus), zucchero di canna, sali minerali, caseina e argilla.
Lo zucchero aggiunto in concentrazione di 24 g/L, in questa fase darà una sovrapressione di 6 atm, nei
Satèn (Franciacorta) l’aggiunta di 18 g/L sviluppa una pressione di 4,6 atm.
3. Imbottigliamento: la bottiglia è chiamata champagnotte ed è la bottiglia finale; viene tappata con un
tappo a corona che contiene un cilindretto di plastica detto bidule. Nel cilindretto di plastica si
accumulerà la feccia.
4. Pressa di spuma (Prise de mousse): in questa fase il vino comincia a trasformarsi in spumante perché
avviene la rifermentazione ovvero si forma anidride carbonica che non può uscire e si dissolve nel vino.
In questa fase bottiglie vengono in orizzontale per circa 4 mesi In cantina. la cantina deve avere
temperatura e umidita costanti, inoltre non ci devono essere vibrazioni e la luce deve essere fioca
perché potrebbe innescare processi di ossidazione ecco perché le bottiglie Sono sempre scure in modo
tale che la luce non possa entrare
5. Stasi sui lieviti (maturazione): nei 100 giorni trascorsi lieviti hanno terminato la loro attività e in questa
fase entrano in gioco gli enzimi idrolitici che vanno a digerire i lieviti questi processi vanno ad arricchire
il profilo sensoriale dello spumante. L’affinamento richiede più di 18 mesi fino a diversi anni (33 mesi
per i millesimati).
In questa fase si attua il “coupe de poignée”, allo scopo di smuovere le fecce fini attaccate sul vetro
della bottiglia o lo “sbancamento”.
6. Scuotimento (remuage): Le bottiglie vengono poste su appositi cavalletti, le “pupitres”, sui quali sono
ruotate ed inclinate periodicamente per veicolare le fecce verso il collo entro 1-2 mesi; alla fine di
questo periodo le bottiglie si troveranno in posizione quasi verticale.
7. Sboccatura (degorgement): le fecce fini in che si sono accumulate nel collo della bottiglia devono
essere eliminate, ci sono due metodi:
 A la volée: un tempo il cantiniere toglieva il tappo, liberava la bottiglia dalle fecce e rapidamente la
raddrizzava per cercare di non perdere troppo vino a causa della spinta dovuta alla pressione
interna.
 A la glace: oggi si immerge la bottiglia in una soluzione refrigerante a - 25°C, in modo che la parte di
vino contenente le fecce si congeli. Si stappa la bottiglia e si asporta il cilindretto ghiacciato con le
fecce. (oggi si utilizza solo questo)
8. La colmatura (Liqueur d’expedition o liqueur de dosage): Dopo la sboccatura si esegue la colmatura
del liquido perso (5-20 mL) utilizzando uno sciroppo, il “liqueur d'expedition”, costituito da
vino/mosto/zucchero di canna che riporta a volume la bottiglia, ma soprattutto caratterizza il prodotto
della singola casa.
Infatti, con questo passaggio l'azienda produttrice dà una propria caratteristica allo spumante, il quale
possederà un gusto ed un bouquet diverso da tutti gli altri e che potrà migliorare negli anni.
In funzione del grado zuccherino dello sciroppo possiamo avere diverse denominazioni:
DENOMINAZIONE RESIDUO ZUCCHERINO
PAS DOSÉ <3
EXTRA BRUT ≤6
BRUT < 12
EXTRA DRY 12-17
DRY O SEC 17-32
DEMI SEC 32-50
DOLCE O DOUX > 50

9. La tappatura (Bouchage définitif): la bottiglia viene tappata con un tappo di sughero di ottima qualità
che garantisca elasticità oltre alla robustezza. Il tappo all'origine è cilindrico ed assume la caratteristica
forma a fungo dopo la compressione che subisce nel collo della bottiglia. Sul tappo viene applicata la
gabbietta metallica per evitare che il tappo, per l'elevata pressione, fuoriesca.

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10. Vestizione (Habillage): Le bottiglie vengono fatte ruotare su sé stesse per far sì che il liquore di
dosaggio si amalgami bene col resto dello spumante, dopodiché vengono lavate e vestite di etichetta,
controetichetta, collarino e capsulone.
L'etichetta riporta principalmente la dicitura:
 “blanc de blanc” se fatto con uve bianche;
 “blanc de noir” se fatto con uve nere.

Le bottiglie rimangono per un periodo a riposo in cantina a temperatura controllata.

PROCESSO DI PRODUZIONE DEGLI SPUMANTI CON IL METODO IN AUTOCLAVE O METODO CHARMAT


La produzione di spumante con il metodo in autoclave detto anche metodo Martinotti-Charmat prevede la
rifermentazione all'interno di autoclavi di un vino base ottenuto da vitigni aromatici. In questo caso
vengono preferiti i vitigni aromatici in quanto contengono più aromi primari per il vino base che saranno
poi presenti nel prodotto finito, inoltre, i tempi di spumantizzazione vengono accorciati.
In metodo in autoclave è stato inventato e brevettato nel 1895 Da Federico Martinotti, poi nel 1910 il
francese Eugène Charmat adottò il metodo e costruì e brevetto l'attrezzatura, per questo motivo questo
metodo presenta il doppio nome ovvero metodo Martinotti-Charmat.

È un sistema di spumantizzazione molto rapido ed economico in quanto la rifermentazione prevede sempre


l’aggiunta di uno sciroppo di lieviti e zuccheri al vino base, ma a differenza del metodo classico in cui
l’aggiunta avveniva in bottiglia, in questo caso avviene all’interno di grandi recipienti in acciaio inox capaci
di sopportare pressioni fino a 10 atmosfere.
Questo metodo è ideale soprattutto per i vini che non hanno bisogno di un lungo periodo di
invecchiamento.

Questi vini sono caratterizzati da avere aromi fruttati e sono molto freschi questo è legato ai vitigni di
partenza. Per ottenere vini aromatici la rifermentazione si interrompe quando il tenore zuccherino ha
raggiunto il grado desiderato. L'interruzione si effettua andando a ridurre di colpo la temperatura a -4/-5°C.

1. Produzione vino base: si parte da uva aromatica che viene pressata, separata dalla parte solida e il
mosto ottenuto si lascia decantare, successivamente si centrifuga, si filtra e si conserva a 0°C.
In questo modo abbiamo ottenuto il vino base che viene posto in autoclave.
2. Preparazione dei lieviti: si prepara la base dei lieviti selezionati con l'aggiunta di zuccheri e sali minerali
questo avviene nella vasca di preparazione del lievito.
3. Travaso in autoclave verticale: l'autoclave viene riempita con il vino base e vengono aggiunti lieviti e
zuccheri. Questa autoclave è dotata di un miscelatore per favorire la miscelazione tra il vino base, i
lieviti e gli zuccheri, inoltre, l'autoclave è in acciaio inox con una doppia parete per far circolare le
sostanze di refrigeranti e per consentire il controllo della temperatura.
4. Rifermentazione in autoclave: la rifermentazione avviene tra i 12 e i 18 °C, i tempi possono variare a
seconda del bouquet di aromi che si vogliono ottenere, il periodo può variare dai 30 agli 80 giorni ma si
può arrivare fino a 12 mesi in uno charmat lungo.

Dopo la rifermentazione si può ricorrere a procedimenti di centrifugazione, filtrazione, refrigerazione e


chiarifica per ottenere una buona stabilità e il grado di limpidezza desiderato, questi processi avvengono in
maniera isobarica.

5. Travaso in autoclave orizzontale: dopo la spumantizzazione il vino può essere travasato in un'autoclave
orizzontale in condizioni isobarica ovvero a pressione costante in questo modo il vino viene separato
dalle frecce e si eviterà perdita di anidride carbonica.
6. Imbottigliamento: avviene anch'esso in maniera isobarica e viene preceduta da una filtrazione
sterilizzante.
7. Tappatura: si può effettuare con tappi in sughero per gli spumanti secchi ma anche in materiale plastico
per gli spumanti dolci.

Si può affermare che il metodo charmat è più semplice nell'esecuzione in quanto la rifermentazione
avviene in autoclave e il vino diventato spumante viene travasato nelle bottiglie evitando la fuoriuscita di
gas mentre, gli spumanti prodotti con il metodo champenois sono generalmente più pregiati e costosi.
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VINI SPECIALI
L’Office International de la Vigne et du Vin (OIV) definisce per vini liquorosi: “Vini speciali aventi un titolo
alcolimetrico totale non inferiore a 17,5% vol. e un titolo alcolimetrico svolto non inferiore a 15% vol. e non
superiore a 22 % vol.”.

Il titolo alcolimetrico svolto è l’alcol effettivamente presente nel vino, mentre, il titolo alcolimetrico totale è
dato dalla somma dell’alcol svolto e quello potenziale ovvero l’alcol che si svilupperebbe grazie agli zuccheri
presenti.

I vini liquorosi sono di due tipi:


 vini alcolici che in vinificazione ricevono solo acquavite o alcol rettificato alimentare
 vini liquorosi che in vinificazione ricevono acquavite o alcol ma anche mosto concentrato o mistelle.

L’acquavite è un distillato di vino che generalmente viene utilizzata per produrre il brandy in quanto è
molto ricca di alcol etilico.
L'alcol rettificato alimentare sostanzialmente è l’acquavite del vino che viene sottoposto ad una serie di
distillazioni per ottenere l’alcol alimentare che viene utilizzato per produrre i liquori. Presenta 95-96 gradi
alcolici.
La mistella o sifone, non è altro che il mosto che contiene alcol e zucchero ed è un prodotto
infermentescibile proprio per la presenza dell’alcol.

Il mosto d’uva deve avere una ricchezza alcolica potenziale di almeno 12% vol. ovvero il contenuto in
zuccheri deve essere tale da sviluppare 12 gradi alcolici.
Il grado alcolico svolto nel prodotto finito non deve essere inferiore a 4% vol. e deve provenire dalla
fermentazione.

I vini liquorosi vengono prodotti da un vino base, al quale si aggiunge una combinazione di alcol, mosto
concentrato, acquavite, mistella per aumentarne la gradazione alcolica.
La gradazione alcolica di partenza è di almeno 12°, mentre quella svolta finale va dai 16 ai 22°. La
concentrazione zuccherina è superiore ai 50 g/L.

Le condizioni di affinamento di un vino liquoroso, dalla fine della fermentazione fino all'imbottigliamento,
sono piuttosto variabili a seconda delle tipologie, il periodo di affinamento è più o meno lungo e può
avvenire nelle botti o in bottiglia.
I vini liquorosi essendo molto alcolici sono protetti dall'attacco dei microrganismi e per questo motivo
resistono bene ai processi ossidativi.

I vini liquorosi non hanno un contenuto minimo di zuccheri quindi possiamo ottenere vini liquorosi dolci o
secchi; inoltre vengono prodotti in tutte le regioni d'Italia e il loro nome deriva dal vitigno da cui si ottiene il
mosto base. I vini liquorosi vengono generalmente consumati come vini da dessert o dopo pasto.

I prodotti più famosi sono:


 Marsala,
 Porto (portogallo),
 Jerez (spagna)
 Madera.

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MARSALA
La diffusione del più famoso vino liquoroso italiano è da attribuirsi al commerciante inglese John
Woodhouse che nel 1773 si riparò a Marsala a causa di una tempesta. Avendo apprezzato il vino locale,
decise di spedirne una partita in Inghilterra rinforzandola con acquavite per farla resistere al viaggio.

Le uve utilizzate sono le varietà:


 Bianche (oro e ambra): Grillo, Cataratto, Ansonica (Inzolia) e Damaschino;
 Rosse (rubino): Perricone (Pignatello), Calabrese (Nero d’Avola) e Nerello mascalese;

Processo di produzione
1. Vendemmia: si effettua quando il contenuto di zuccheri raggiunge 19-22g/100mL per dare almeno 12
gradi alcolici e acidità circa 6g/L.

2. Vinificazione:
In bianco: il mosto viene posto in contenitori da 300-400 litri scolmi, nei quali inizia la fermentazione con
temperature di 25-30 °C. Il travaso non avviene a contatto con l’aria per rimanere in ambiente riducente.
Una frazione scelta del vino base passerà alla preparazione del Marsala, mentre, la restante parte darà
luogo a vino da pasto.

In rosso: si effettua una normale macerazione (le vinacce sono a contatto con il mosto) e si aggiungere fino
al 30% di uve a bacca bianca. Alla svinatura (separazione del vino fiore dalla vinaccia), il vino base presenta
un’alcolicità svolta non inferiore ai 12% vol. e un’acidità totale di 4,5-5 g/L. successivamente vengono
effettuati i travasi in assenza di ossigeno e vengono effettuati trattamenti chiarificanti a base di bentonite e
gelatina, seguiti da filtrazioni.

3. Concia e alcolizzazione: il vino base viene alcolizzato, aggiunto di mosto concentrato (o di sifone) e di
mosto cotto. Dopo una settimana, si chiarifica con bentonite (120-150 g/hl) e poi con gelatina (20-30
g/hl).
La frazione liquida limpida si decanta (chiarifica) mentre il deposito ovvero la feccia viene filtrata per
recuperare altro vino

4. Invecchiamento: si invecchia per tempi vari, a seconda del tipo, in botti di rovere da circa 20 hl e a fine
invecchiamento si esegue un’ulteriore chiarificazione nelle stesse modalità prima menzionate.

5. Affinamento ed imbottigliamento: il vino viene sottoposto a pastorizzazione in flusso continuo a 75-


80°C per circa 3 minuti, per favorire successivi fenomeni di maderizzazione, a cui segue talvolta
un’ulteriore chiarificazione con albumine.
Si refrigera fino in prossimità del punto di congelamento (~ -10 °C) con sosta del vino a tali temperature
per almeno 7 giorni, per favorire le precipitazioni che in questo vino sono abbondanti a seguito delle
aggiunte di mosto cotto e di concentrato. Quindi si filtra e si imbottiglia.

In base alle caratteristiche del loro colore, vengono distinti in:


 oro;
 ambra;
 rubino.

In base al loro contenuto zuccherino sono poi distinti in:


 secco: zuccheri riduttori < 40 g/L;
 semisecco: zuccheri riduttori tra 40 e 100 g/L;
 dolce: zuccheri riduttori > 100 g/L.

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Composizione e caratteristiche organolettiche del marsala
Marsala fine: alcol minimo 17°, estratto secco minimo 22 g/L, acidità fissa minima 3,50 g/L, acidità volatile
massima 0,90 g/L. È costituito da un 70- 90% di vino base Marsala a 12° alcolici minimi, a cui si aggiunge
un 7-8% di alcol a 95° e una dose variabile di sifone e mosto concentrato per i tipi oro e rubino; per i tipi
ambra si aggiunge anche del mosto cotto. Invecchiamento minimo: 1 anno.
Il colore ambra è molto carico. Il profumo ricorda le carrube e la liquirizia. Sapore amabile, caldo,
amarognolo, di corpo, pur non rappresentando un’armonia completa. Adatto specialmente per preparazioni
culinarie e di prodotti di pasticceria.
Marsala fine dolce: colore ambra molto carico. Intenso profumo di liquirizia. Sapore dolce, con un ricordo
di carrube, con un’armonia non del tutto completa. Stessi impieghi del precedente.

Marsala superiore: alcol minimo 18°, estratto secco minimo 22 g/L, acidità fissa minima 3,50 g/L, acidità
volatile massima 1,00 g/L. Invecchiamento minimo: 2 anni.
Il colore ambra carico. Profumo di uva appassita. Sapore amabile, amarognolo, corposo, con un ricordo di
carrube, caldo, di acidità equilibrata. Adatto su vari dessert.
Marsala superiore riserva: stesse caratteristiche compositive del tipo precedente, però con un
invecchiamento minimo di 4 anni.
Il colore ambrato piuttosto carico. Profumo piuttosto pesante di maderizzato, di rovere e di mandorla
amara. Sapore amabile o secco, caldo, amarognolo, di corpo. Adatto su vari dessert.

Marsala vergine e/o Soleras: alcol minimo 18°, zuccheri naturali massimi 40 g/L, estratto secco minimo
22g/L, acidità fissa minima 3,50 g/L, acidità volatile massima 1,30 g/L.
Questo tipo di Marsala è prodotto senza aggiunte di mosto concentrato, di mosto cotto o di sifone. È molto
secco ed è ottenuto da vini base a 14-15° alcolici naturali, aggiunti di alcol a 95° sino a 18-19° alcolici
complessivi. L’invecchiamento avviene in fusti di rovere, per un minimo di 5 anni. Per l’imbottigliamento si
adottano le bottiglie originali.
Il colore dorato-ambrato chiaro. Profumo gentile di maderizzato, di rovere e di mandorlato, etereo. Sapore
asciutto, caldo, con tannicità sensibile ma equilibrata e gradevole, persistente, morbido, amarognolo,
armonico, pieno, di acidità moderata. Adatto come aperitivo e come conclusione del pranzo, però ben
lontano dai dessert. Va servito sui 12°C.

Marsala vergine stravecchio (o Marsala vergine riserva) e/o Soleras stravecchio (o Soleras riserva): stesse
caratteristiche compositive del tipo precedente, però con un invecchiamento minimo in fusti di rovere di 10
anni.

Vini aromatizzati a base di Marsala (Cremovo): alcol minimo 16°, zuccheri complessivi minimi 200 g/l.
Devono essere costituiti da almeno un 80% in volume di vino Marsala e contenere percentuali di tuorlo
d’uovo secondo la normativa, da cui una delle due rispettive denominazioni obbligatorie aggiuntive alla già
citata Cremovo:
 Zabaione vino aromatizzato;
 Vino aromatizzato.

Il colore ambrato molto carico. Profumi e sapori di zabaione, dolce, aromatico. Adatto come corroborante.

Tipologie

PORTO
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Con la denominazione “Porto” non si intende una tipologia di vino ma una designazione geografica di
provenienza in quanto sono dei vini portoghesi in cui le operazioni di maturazione ed imbottigliamento
sono effettuate presso la città di Porto.
Il Porto è prodotto con:
 I rossi sono nettamente più importanti dei bianchi (80%) e sono preparati più o meno dolci.
 I bianchi (20%) sono prodotti per 1/3 nel tipo secco e per 2/3 nel tipo dolce.

Il Porto classificato in Portogallo come “vinho generoso” è un vino molto longevo, molto ricco in sostanze
estrattive e coloranti. Viene vinificato nelle cantine dell’Alto Douro e, dopo 1 o 2 anni, il vino giovane,
previa alcolizzazione, viene trasferito a Vila Nova de Gaia sia per un ritocco all’alcolizzazione sia per le
pratiche di invecchiamento e imbottigliamento. L’origine della pratica dell’alcolizzazione deriva da antiche
necessità cautelative contro le alterazioni, in quanto i trasporti in Inghilterra erano molto lunghi nei secoli
passati.

Processo di produzione
1. Vendemmia: si effettua tra settembre e ottobre, in passato veniva pigiata in delle vasche rettangolari
dette lagar con i piedi per tre giorni consecutivi con degli intervalli, in questo modo cominciava la
fermentazione in maniera naturale. Oggi si utilizzano pigiatrici meccaniche da cui si ottiene una fine
poltiglia dall’uva che può essere diraspata o non.

2. Fermentazione: viene effettuata in vasche aperte ricorrendo a rimontaggi con delle pompe per 8 giorni
oppure in autovinificatori per 4 giorni. I vini secchi raggiungono una gradazione alcolica di 12°, mentre
per i dolci la fermentazione viene arrestata, mediante svinatura quando il liquido presenta un
contenuto in zuccheri di 9-10 g/100 ml.

3. Svinatura il vino viene raccolto in vasche di cemento, oppure, per le partite migliori, anche in grosse
botti da 200-300 hl.
4. Travasi: vengono effettuati all’aria al fine di mantenere il più possibile un alto livello nei valori di
ossidoriduzione quale indispensabile presupposto per ottenere una più evidente maderizzazione.
Tali travasi all’aria disperdono sensibili dosi di SO2 il che, facilita anche l’avvio della fermentazione
malolattica, da favorire fin dall’inizio per ottenere un buon ammorbidimento dei vini. Nel momento del
riempimento dei vasi vinari il vino viene alcolizzato con acquavite a 77-78° (~ 1/5 del volume
complessivo del vino), con conseguente separazione della frazione più pesante delle fecce derivanti da
varie insolubilizzazioni. Successivamente si esegue all’aria 1 travaso all’anno del vino alcolizzato.

I porto seguono due diverse vie:


 Blends: ottenuti da vari tagli di varie partite ed annate che vengono poi invecchiati in “pipe” da 5-6 hl,
scolme, anche per molti anni e il taglio di regola si effettua poco prima dell’imbottigliamento.
 Speciali: costituiti da prodotto di una unica annata, invecchiati in fusti colmi e imbottigliati ben più
precocemente rispetto ai blends. Le modalità di invecchiamento dei vari Porto sono molto variabili da
tipo a tipo, e possono utilizzare lunghe o lunghissime soste in botte, con passaggio alla bottiglia solo a
invecchiamento completato oppure, inversamente, possono utilizzare soste relativamente brevi in
botte seguite da lunghe o lunghissime soste in bottiglia.

Denominazioni e caratteristiche
Porto normale bianco (White Port)
 Secco: oggi è molto richiesto dal mercato però si discosta molto dalle caratteristiche tradizionali del
porto
 Dolce: hanno lunghi invecchiamenti in botte, ma in bottiglia resistono meno in quanto dopo 1-2 anni
danno segno di decadimento.

Il profumo dei Porto bianchi risente della maderizzazione (si sente odore di frutta matura) e, specialmente il
tipo secco, assume caratteristiche che lo avvicinano allo Jerez corrispondente.
Il sapore è alcolico, con acidità molto moderata, sottofondo amarognolo, con una sensibile ricchezza di
sapori in cui si evidenzia comunque la maderizzazione. Il tipo secco è usato come aperitivo, servito a 6-8 °C
o con ghiaccio.
Porto normale rosso (sempre dolce)
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 Full: si presenta con un colore intenso; è il tipo più giovane con minore invecchiamento in fusto, ricco di
corpo con un ricordo ancora di fruttato. Usato in generale sul dessert.
 Ruby: ha una buona colorazione, appena meno intensa del full. Essendo invecchiato per un paio d’anni
in grandi botti, anch’esso è considerato del tipo giovane, fresco, un po’ aggressivo; in bottiglia non
migliora ulteriormente. È fra i tipi più noti di Porto ed un tempo era usato nei pubs inglesi per una
specie di cocktail, cioè il Porto al limone (Port and lemon).
 Rosso dorato: è abbastanza analogo al ruby, peraltro con un colore meno rubino e con riflessi topazio.
Anch’esso abbastanza corposo e fruttato.
 Tawny: caratteristico per il suo colore bronzato e con evidente granato. Prima dell’imbottigliamento è
invecchiato più di 10 anni in piccoli fusti di rovere da 6 ettolitri. Le dimensioni ridotte della botte e i
lunghi anni di conservazione creano un ambiente ossidante da cui l’assunzione di caratteristiche di
maderizzato. Ha un profumo composito di vaniglia, cannella, zafferano, liquirizia con un gradevolissimo
ed equilibrato maderizzato. La sua collocazione migliore è sul dessert.
 Crusted: deve il nome al fatto di presentare in bottiglia delle incrostazioni cioè dei depositi formatisi per
il precoce imbottigliamento, ossia prima del completarsi delle precipitazioni in botte. Esso sosta
preventivamente in botte per 3-4 anni e quindi passa alla bottiglia ove sosta per 6-8 anni ancora, prima
di passare al consumo. Organoletticamente si avvicina al Porto vintage, però è più profumato dei
normali Porto invecchiati in fusto, ed è più corposo.

Porto speciali:
 Bianco o Rosso “con data di raccolta”: corrispondono alla denominazione millesimé adottata in
Francia. Si tratta di vini da uve di un’unica vendemmia di buona qualità, invecchiati in fusto per non
meno di 7 anni. In etichetta riportano anche la data di imbottigliamento e la dichiarazione di
invecchiamento in fusto. I rossi sono sempre più o meno dolci, mentre i bianchi possono anche essere
secchi.
 Rosso “con indicazione di età”: sono vini di alta qualità, non millesimati, generalmente rossi e
provenienti dal gruppo tawny, peraltro presentanti in etichetta non solo l’anno di imbottigliamento e
l’indicazione di avvenuto invecchiamento in fusto, ma anche l’indicazione della loro età che comunque
obbligatoriamente è definita con i valori “10-20-30 anni” o addirittura anche “oltre 40 anni”.
 Rosso vintage: di altissima classe, da annate eccezionali, conservati in grosse botti di rovere per un
tempo compreso fra i 2 e 3 anni. La particolarità di questo vino è che la sua impostazione organolettica
si basa su tecnologie di riduzione e non di ossidazione. Il vintage resta, pertanto, lungamente più
colorato rispetto agli altri Porto, con riflessi color porpora. Si presenta fruttato, corposo, generoso, di
elevata finezza. É il vino da dessert per eccellenza, ma si accosta anche ai formaggi aromatici.
 Rosso late bottled vintage: è un prodotto di un’unica vendemmia, di un’annata di buona qualità, non
eccezionale, invecchiato in fusti per 4-6 anni e quindi imbottigliato più tardivamente rispetto al vintage.
Rispetto a quest’ultimo il suo colore rosso si alleggerisce con detto invecchiamento, il vino è più
leggero, meno corposo, meno fruttato. È pronto per il consumo subito dopo l’imbottigliamento.

JEREZ
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Il Jeréz (Xérès o Sherry) è un vino bianco spagnolo prodotto nella zona di Jeréz de la Frontera in provincia di
Cadice.
La vendemmia si effettua a settembre, in due tempi, prima si scelgono i grappoli maturi e poi si effettua una
seconda raccolta utilizzando dei panieri o cassette di plastica di una dozzina di chili.

Le uve vengono poste in stuoie o dischi di sparto (redores) al sole (si effettua così il soléo) spesso per 24-48
ore, con copertura notturna anticondensa, per ottenere un certo appassimento.
Durante il soléo le uve aumentano il loro grado zuccherino e il contenuto dell’acido tartarico per
disidratazione, mentre il calore del sole favorisce la combustione dell’acido malico.
L’acido tartarico aumenta per l’allontanamento dell’acqua per disidratazione mentre l’acido malico viene
combusto ovvero viene smaltito in seguito all’esposizione al sole.

Processo di produzione
Pigiatura: un tempo l’uva veniva posta nei lagar ovvero delle vasche in cemento in cui veniva pigiata con i
piedi coperti da particolari calzature chiodate, oggi l’uva viene pigiata intera, senza diraspatura, nelle
pigiatrici a rulli per cui si ha una pigiatura forzata delle uve.
La massa pigiata passa in presse orizzontali con lo scopo di separare il mosto dalla vinaccia, operando più
pressature. I mosti così ottenuti (caldos) vengono classificati in 4 categorie a seconda del numero della
pressatura (prima, seconda, terza e quarta), vengono addizionati di 15-20 g/hL di SO2 e sottoposti a
gessatura ovvero l’acidificazione con solfato di calcio per elevarne l’acidità totale.

Il solfato di calcio reagisce con il bitartrato di potassio e da 1 mole di tartrato di calcio 1 mole di solfato di
calcio e 1 mole di acido tartarico. Per questo motivo la gessatura porta ad acidità perché da due moli di
bitartrato di potassio si forma una di acido tartarico, quindi aumenta l’acidità.

Fermentazione: avviene in serbatoi di acciaio inox aperti e la temperatura viene mantenuta a 25 °C, la
massa di mosto viene aggiunta per frazioni successive su una specie di pied de cuve ovvero il mosto che è
già in fermentazione, quindi, il mosto aggiunto trova un ambiente già in fermentazione e questo favorisce la
velocità di fermentazione.

Svinatura: in questo caso non è come la vinificazione in rosso in cui si ottiene il vino fiore e la vinaccia ma è
più un travaso e il vino che si ottiene viene posto in botti da 6 hL (botas de asiento), con uno scolmo di circa
1/6 e si integra con SO2 (40-50 mg/L), che corrispondono a 4-5 g/hL.

Si lascia sviluppare il caratteristico lievito galleggiante e quindi si suddividono questi vini giovani (mostos) in
varie categorie di merito qualitativo.
Sul mostos si effettua l’alcolizzazione (encabezado) con alcoli raffinati, a circa 95°, ottenendo i sobretablas
(15-16°) cioè i vini che si trovano nella parte superiore delle botticelle.

La maturazione si può ottenere per 3 distinte vie:


1. Invecchiamento statico: in fusti con modalità comuni (añada);
2. Invecchiamento dinamico: con particolari modalità e con ripetuti e caratteristici movimenti del vino in
particolari fustini (solera);
3. Invecchiamento per taglio: per semplice aggiunta di frazioni di vino vecchio a vini più giovani
(cabecéo).

L’invecchiamento caratteristico del Jeréz è quello della solera in presenza di uno strato galleggiante di
lievito in botticella scolma (flor) che permette la maturazione del vino (crianza), da cui il termine “crianza de
flor”.
Con questo sistema si ha una maturazione del vino per via biologica (alcol 15- 16°) che darà i Jeréz fino e
manzanilla. Se l’utilizzo del flor è solo iniziale (encabezado 18-19°), la maturazione avviene per via non
biologica e si produrranno i Jeréz del gruppo oloroso e amontillado.
Col termine complessivo di solera si definisce il sistema di disposizione di cataste di botticelle da 3-4 hL
sovrapposte in più ordini (anche fino a 6-8) nelle quali è presente uno scolmo di 1/6:
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 Andana: è l’intera catasta costituita da vari ordini sovrapposti;
 Criadera (escala): ciascun ordine di botticelle della catasta;
 Solera: la criadera o escala a contatto col suolo (contenente il vino più invecchiato).

La fila inferiore ovvero la solera contiene il vino più vecchio che è pronto per la commercializzazione,
quando una frazione di vino viene prelevata dalla solera si integra la frazione mancante con il vino giovane
prelevato dalla prima criadera; questa tecnica di travasi si definisce rocio.
In questo modo ogni criadera sarà costituita da più frazioni di vino e di varia età e pertanto non è facile
definire l’esatta età conclusiva del vino della fila solera.
Più o meno si tratta di alcuni anni di crianza complessivamente prima del voluto grado di maturazione. Con
tale sistema si uniformano le masse che altrimenti sarebbero troppo disformi da fusto a fusto.

Jeréz: invecchiamento caratteristico


Questi sono tutti jerez secchi ottenuti a sinistra con invecchiamento biologico e a destra con
invecchiamento fisico-chimico.

Denominazioni e caratteristiche
 Fino: colore giallo paglierino talvolta dorato pallido, profumo intenso e delicato di fiori, di frutta e
nettamente di mandorla, sapore asciutto, con acidità moderata ma abbastanza vivace,
armoniosamente maderizzante senza eccessi. Molto adatto su antipasto di olive, frutti di mare,
crostacei, molluschi ed affettati dolci.
 Manzanilla fino: colore giallo paglierino scarico, profumo simile al fino ma più delicato, sapore asciutto,
di corpo leggero, molto vivace, di acidità moderata, leggermente amarognolo. Molto adatto sui
molluschi.
 Amontillado: colore ambrato, profumo pungente e nettamente di nocciola, sapore asciutto, morbido,
pieno ma delicato. Molto adatto su prosciutti e su formaggi aromatici o molto stagionati.
 Oloroso: colore dorato molto carico, molto ricco di profumi (da cui il nome) in cui spicca nettamente il
profumo di noce, sapore leggermente amabile, corposo, pieno, nettamente maderizzante. Molto
adatto sia sugli antipasti che sulla frutta secca. Se di maggiore amabilità, adatto sui gelati, sui dolci in
genere e sulla confetteria.

MADERA
Dal vino madera deriva la maderizzazione ovvero imbrunimento da giallo oro fino ad ambrato.
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Il vino Madera (Madeira in portoghese) è prodotto nell’omonima isola atlantica.
Le sue peculiari caratteristiche di maderizzazione spinta sono dovute a contingenze casuali, entrate poi a far
parte della produzione tradizionale.
Infatti, subito dopo la scoperta dell’America da quest’isola partivano per nave dei carichi di vino, in botti
dell’epoca, che nei lunghi mesi di viaggio attraversavano zone tropicali ed equatoriali e, talvolta, tornavano
indietro dopo più di 1 anno (vini di ritorno). Durante questo periodo i vini risentivano pesantemente delle
vicissitudini del lunghissimo viaggio.
Da ciò la spinta maderizzazione e la conseguente consuetudine di farne una regola tradizionale di questo
tipo di vino.

Le uve che ne concorrono alla produzione sono:


 Bianche: Malvasia (Malmsey), Verdhelo, Boal e Sercial;
 Rosse: Negra mole.
Il vino può essere ottenuto o da una sola di queste varietà o da una loro mescolanza.
Anticamente le uve venivano appassite usando dei forni da pane, da cui il termine inglese di “baked”,
pratica ormai scomparsa.

Processo di produzione
La vendemmia si fa ancora oggi utilizzando cesti di vimini da 40-50 kg portati a spalla, ciò sia per la
particolare giacitura dei vigneti di regola in pendii molto scoscesi e sia per il costo della mano d’opera che a
Madera è tuttora molto limitata. La gradazione zuccherina è di 16-17 %, il pH sul 2,9 – 3,3 e l’acidità totale
su 6-8 g/L. Se lo zucchero è 16% allora 16 x 0.6 sarà 9.6 l’alcol.
La pigiatura si effettua mediante pigiatrici a rulli sul grappolo intero a prescindere dal tipo di uva utilizzata.
Si aggiunge delle aliquote di SO2 di 50-60 mg/L (in bottiglia ne ritroveremo 10-20 mg/L).
La fermentazione alcolica si effettua in bianco in vasche di cemento o in serbatoi di acciaio inox ad una
temperatura sui 30 °C e si sviluppa rapidamente, infatti, i vini si portano a secco dopo 3-4 giorni.
A fermentazione conclusa si effettua un’alcolizzazione, con alcol a 95-96°, sino ad un contenuto alcolico
globale non inferiore a 17° (gradazione che garantisce la conservazione del vino).
Una ulteriore alcolizzazione viene fatta solo al momento della vendita del prodotto fino a 18°.
I trattamenti stabilizzanti che normalmente si effettuano sul vino grezzo consistono nella decolorazione di
tracce di rosso con dosi massicce di carbone (100-200 g/hL: si toglie anche quel particolare gusto di terra e
di fumo non gradito dal consumatore).
Altri trattamenti vengono effettuati con gelatina, coadiuvanti tannici e bentonite.
I travasi si effettuano all’aria. La bentonite e i tannini servono a togliere proteine che hanno carica positiva.
Maderizzazione nei vini normali avviene in maniera artificiale mediante riscaldemento indiretto del vino a
45°C per 2-3 mesi utilizzando acqua calda a 70°C.
Riscaldamento indiretto: serpentina nel cui interno circola acqua calda immersa nel vino.
Maderizzazione nei vini pregiati avviene in maniera naturale ovvero si ha un lungo invecchiamento in fusti
di rovere e/o castagno scolmi fino al 50%.
Il Madera viene confezionato in bottiglie da 750 ml, di solito di color verde molto scuro (quasi nero) e
talvolta anche verde chiaro. Per i Madera normali si utilizza il tappo in sughero a T, per i pregiati il tappo in
sughero raso.

Denominazioni e caratteristiche
Sercial (seco reserva): colore dorato con componente ambrata chiara, profumo spinto di maderizzato ed
alcol, avvertibile il livello di acidità volatile (dovuta all’acido acetico), gradevole di spezie (cannella), sapore
asciutto.
Verdhelo (medium dry): colore dorato-ambrato carico con riflessi granati, profumo fortemente di
maderizzato e di cotto, sapore moderatamente amabile, di cotto, di buona acidità, con evidente sentore di
vaniglia, alcolico, nettamente maderizzato.
Boal (half-sweet): colore ambrato molto carico, con riflessi mattone, profumo di uva appassita e di vaniglia,
fortemente di maderizzato e di alcol, sapore nettamente amabile, di acidità equilibrata.
Malmsey (sweet): colore oro molto carico con fondo ambrato marrone, profumo di uva appassita e di
frutta cotta, sapore dolce, di frutta matura e di miele, molto morbido, di acidità equilibrata, molto
maderizzato.
ANALISI SENSORIALE DEL VINO

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L’analisi del vino deve essere effettuata in una stanza ben illuminata, priva di odori riconoscibili e la
temperatura della stanza deve essere di 18-20°C, ci sono stanze specifiche in cui sono presenti dei box
singoli per ciascun assaggiatore. La cabina presenta una luminosità perfetta per apprezzare il colore del
vino, c’è un lavandino per poter ‘sputare’ il vino in eccesso, deve essere presente la scheda per l’analisi
sensoriale. L’analisi deve essere effettuata in silenzio.

L’assaggiatore che deve approcciarsi ad effettuare l’analisi sensoriale del vino deve trovarsi uno stato
fisiologico idoneo ovvero non deve essere affaticato in quanto la concentrazione calerebbe, deve essere in
buono stato di salute, deve avere le fosse nasali libere per poter analizzare l’odore e deve essere calmo.

Il bicchiere è di semi-cristallo, liscio, sottile, dalla forma di uovo allungato, comunemente detto “tulipano”.

Temperature di degustazione
 Spumanti 8°C +/- 1°C
 Bianchi e rosati 10°C +/- 1°C
 Bianchi e rosati zuccherini 12°C +/- 1°C
 Rossi poco tannici, poco colorati 14°C +/- 1°C
 Rossi mediamente tannici e colorati 16°C +/- 1°C
 Rossi tannici e intensamente colorati 18°C +/- 1°C

ANALISI ORGANOLETTICA
L’analisi organolettica viene effettuata in tre fasi: visivo, olfattivo e gustativo

L’ESAME VISIVO
L’esame visivo offre un’immediata impressione sulla tipologia, l’evoluzione (giovane, maturo o ultra-
maturo) e struttura (debole o molto assaporato) del vino. Queste valutazioni verranno confermate o meno
durante l’analisi gusto-olfattiva.

Si prendono in considerazione i seguenti caratteri:


 Colore (intensità, tonalità e vivacità)
 Limpidezza:
 Trasparenza
 Fluidità
 Effervescenza

1. COLORE
 Intensità (carico, scuro, cupo, chiaro, pallido, debole)
 Tonalità: lo stato evolutivo cioè si passa da un vino giovane appena prodotto ad un vino meno giovane,
il tipo di sostanze coloranti (le molecole responsabili sono gli antociani e ogni vitigno presenta una
composizione di antociani differente), l’acidità (più alta è l’acidità e più basso è il ph e più prevale la
colorazione rossa perché prevale la carica positiva sull’ossigeno), l’ossidazione (un vino ossidato nei vini
bianchi andrà verso l’ocra nei rossi andrà verso il rosso mattone dovuta all’ossidazione degli antociani
per i rossi e flavonoli per i bianchi)
 Vivacità (colore acceso o spento) dovuto dallo stato di salute dell’uva, le buone tecniche di lavorazione,
una conveniente conservazione.

2. LIMPIDEZZA
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Dopo aver valutato il colore passeremo alla limpidezza, in questo caso dobbiamo prendere il bicchiere con il
vino e porlo contro un foglio di carta con una scritta per capire se riusciamo a leggere attraverso il
bicchiere.
 Velato: Notevole presenza di particelle in sospensione e quindi difficilmente riesco a leggere
 Abbastanza limpido: Leggerissima velatura dovuta a rifermentazione o lunghi invecchiamenti
 Limpido: Privo di qualsiasi particella
 Cristallino: Totalmente privo di particelle in sospensione, con notevole luminosità
 Brillante: Cristallino che riflette con vivacità i raggi luminosi

3. FLUIDITA’
Imprimendo al vino nel bicchiere un movimento circolatorio in maniera da spargere il liquido lungo le
pareti. Lasciato "riposare" il bicchiere, al di sopra della superficie del vino, si potranno vedere degli
ARCHETTI, le cosiddette "LACRIME”. La loro importanza è dovuta essenzialmente alla presenza della
GLICERINA, il principale prodotto secondario della fermentazione alcolica. Piu stretti sono gli archetti e più è
legata alla gradazione alcolica, più rari sono gli archetti e meno alcolico sarà il vino.
 Fluido carattere negativo, scende nel bicchiere velocemente
 Poco consistente scorre leggero simile ad una bibita liscia
 Abbastanza consistente scende con moderata scorrevolezza
 Consistente scende in modo poco scorrevole, la conferma viene data da archetti fitti e regolari
 Viscoso scende in modo pesante e quasi sciropposo

4. EFFERVESCENZA
Per quel che concerne la finezza delle bollicine, bisogna innanzitutto dire che la qualità del vino
effervescente è direttamente proporzionata alla finezza. La finezza delle bollicine, a sua volta, è legata alla
condizione della loro formazione.

Grana delle bollicine:


 Grossolana: ricordano l’acqua minerale
 Abbastanza fine: di grandezza standard
 Fine: sono simili a punte di spillo

Numero di bollicine:
 Scarse: quasi assenti
 Abbastanza numerose: appaiono in modo discontinuo
 Numerose: sono abbondanti

Persistenza delle bollicine:


 Effervescenti: scompaiono subito
 Abbastanza persistenti: scompaiono dopo alcuni minuti
 Persistenti: continuano a formarsi velocemente

L’ESAME OLFATTIVO
Ricordiamo che le note odorose sono di tre tipologie: aromi primari, secondari pre-fermentativi e
fermentativi e aromi terziari.

1. INTENSITA’ (cioè quante note odorose colpiscono i nostri recettori olfattivi)


 Carente: pochissime sensazioni odorose
 poco intenso: scarse sensazioni odorose
 abbastanza intenso: sensazioni odorose discretamente percettibili
 intenso: Sensazioni odorose decisamente percettibili
 molto intenso: Sensazioni odorose particolarmente spiccate ed intense

2. PERSISTENZA

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 Carente: pochissima successione di profumi
 Poco persistente: scarsa successione di profumi, dura pochi secondi
 Abbastanza persistente: sufficiente successione di profumi
 Persistente durevole: successione di profumi
 Molto persistente: prolungata e complessa successione di profumi, dura anche minuti

3. QUALITA’
Comune: profumo scadente privo di pregio
Poco fine: rasenta la mediocrità
Abbastanza fine: sufficientemente fine è gradevole
Fine: gradevole, distinto, franco (nessun difetto assoluto), equilibrato
Molto fine: particolarmente gradevole, distinto, franco

4. DESCRIZIONE OLFATTIVA
Riconoscere la natura del profumo avvertito, cercando di paragonarla ad una nota olfattiva già conosciuta,
che ne rende più facile l’identificazione.
 Fruttate (richiamano i frutti)
 Floreali (richiamano i fiori)
 Aromatiche (aroma principale del vitigno)
 Fragranti (fiori molto profumati o crosta di pane)
 Vinose (profumo di mosto in fermentazione)
 Eteree (combinazione degli alcoli del vino)
 Vegetali (ricordano erbe aromatiche)
 Speziate (collegabili alle spezie)
 Tostate (riconducibili al legno, al cuoio)
 Animali (collegabili alle sensazioni di pelliccia)
 Mentolato-balsamiche (legate alle resine)

I vini giovani possono derivare da uve aromatiche che presentano profumi primari (aromi varietali): questi
profumi derivano direttamente dal vitigno quindi da diverse varietà di uve definite aromatiche. La buccia
(pericarpo) contiene sostanze che conferiscono due gradevoli che ricordano sentori di muschio, rosa, ecc.

I vini prodotti con uve non aromatiche o parzialmente aromatiche presentano profumi secondari (aromi di
fermentazione). Questi profumi derivano dalla fase di fermentazione e sono quelli fermentativi che si
formano già durante la pigiatura e sono anche post fermentativi ovvero quelli che si formano durante la
fermentazione alcolica e malolattica. Sentori di fiori, frutta, vegetali in genere e vinosità (mosto, cantina,
vinacce).

I vini maturi vengono prodotti da uve non aromatiche e presentano profumi terziari (bouquet da
invecchiamento). Si definiscono nel loro insieme bouquet e si formano durante l'invecchiamento a causa di
processi ossido riduttivi (speziato, etereo).

L’ESAME GUSTATIVO
Dopo aver sentito gli odori possiamo degustare. Dobbiamo cogliere: sensazioni saporifere, sensazioni
tattili, sensazioni retronasali olfattive.

1. LE SENSAZIONI SAPORIFERE:
 Dolcezza/ morbidezza
 Acidità/durezza
 Sapidità
 Amarezza

La morbidezza può essere data da:

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ZUCCHERI
 Secco: nessuna sensazione di dolcezza
 Abboccato: leggerissima sensazione di dolcezza
 Amabile: chiara sensazione di dolcezza
 Dolce: predominante sensazione di dolcezza
 Stucchevole: sensazione di dolcezza troppo forte

ALCOLI
 Leggero: nessuna sensazione pseudo-calorica
 Poco caldo: modesta sensazione pseudo-calorica
 Abbastanza caldo: netta sensazione pseudo calorica
 Caldo: decisa sensazione pseudo calorica
 Alcolico: predominante sensazione pseudo calorica

POLIALCOLI
 Spigoloso: netta mancanza di morbidezza
 Poco morbido: vini giovani
 Abbastanza morbido: vini giovani pronti, di struttura
 Morbido: vini strutturati e maturi
 Pastoso: predominante sensazione di morbidezza

La durezza può essere data da:


ACIDI
 Piatto: carente di acidità
 Poco fresco: scarsa sensazione di acidità
 Abbastanza fresco: discreta sensazione di acidità, procura una buona salivazione
 Fresco: decisa sensazione di acidità, procura una abbondante salivazione per nautralizzare l’acidità del
vino
 Acidulo: predominante sensazione di acidità (vini immaturi)

TANNINI (vini rossi)


 Molle: minima presenza di tannini, vino vecchio o alterato
 Poco tannico: normalmente sono vini novelli, chiaretti o rossi invecchiati
 Abbastanza tannico: vini rossi di media/grande struttura
tannico: vini rossi giovani
 Astringente: predominante sensazione astringente/tannica con mancata secrezione salivare

SALI MINERALI (cosidetta mineralità del vino)


 Scipito: vini vecchi oppure ottenuti da uve scadenti
 Poco sapido. Scarse sensazioni minerali
 Abbastanza sapido: equilibrata sensazione fresco/sapida
 Sapido: vini ottenuti da uve di zone calde
 Salato: predominante sensazione salina, vini di zone salmastre

2. SENSAZIONI TATTILI
 PSEUDOCALORICA Sensazione di calore, di bruciore, di disidratazione, dovuta alla presenza della
componente alcolica
 ASTRINGENTE Sensazione di secchezza e rugosità dovuta alla presenza di tannino
 PUNGENTE Sensazione dovuta alla presenza di CO2, ed è avvertibile come un pizzicore

3. SENSAZIONI RETRONASALI OLFATTIVE


Natura e qualità delle sensazioni riferite alla retrolfazione (sensazione che si avverte dopo la deglutizione):
dopo la deglutizione è possibile avvertire la sensazione definita retrolfattiva, percepita cioè in via
retronasale.
HACCP IN CANTINA
36
Ogni azienda dovrebbe avere un manuale HACCP dove sono riportate le procedure per evitare i rischi di
tipo salutistico del prodotto alimentare che potrebbero emergere durante il processo di vinificazione.
È un piano di autocontrollo che le aziende dovrebbero avere.

È partito tutto dalla NASA perché nel momento in cui bisognava andare nello spazio, dovevano avere la
certezza che non ci fossero pericoli per gli astronauti; quindi, ogni elemento di queste navicelle spaziali
doveva essere sicuro e questa sicurezza non si poteva controllare a posteriori, ma bisognava essere certi
che non avrebbero dato problemi questi pezzi. Chiaramente questo approccio è stato esteso anche ad altri
settori come per esempio nei settori alimentari.

Nel settore enologico per avere un vino di qualità bisogna rispettare le norme di HACCP (Hazard Analysis
and Critical Control Point)
I rischi possono essere di varia natura: chimo, fisico e biologico

Rischio chimico
 Contaminazione che ha usata due all'uomo sull'ambiente (processi industriali)
 Contaminazione causata da fenomeni di origine naturale (micotossine)
 Uso scorretto/ improprio di composti chimici (pesticidi o farmaci per animali)
 Uso scorretto/improprio di additivi (agenti di fermentazione, coloranti, aromatizzanti ecc.)

Rischio fisico: contaminazione da corpi estranei (carta, capelli, vetro, piastre ecc.)
Rischio biologico: contaminazione da microrganismi dannosi (muffe, batteri, virus, parassiti)

Per prevenire la comparsa di questi rischi si adatta un piano di autocontrollo ovvero il piano di HACCP.

Per realizzare correttamente il sistema HACCP occorre sviluppare 6 punti:


F1 Analisi preventiva dei rischi nella filiera
F2 Identificazione delle criticità e dei punti di origine
F3 Identificazione delle azioni di miglioramento, piano di sviluppo e monitoraggio
F4 Formazione ed addestramento del personale
F5 Controlli in tempo reale e gestione dei processi
F6 Verifiche, azioni correttive e miglioramento continuo

F1 ANALISI PREVENTIVA DEI RISCHI NELLA FILIERA


Questa fase è, forse, la più laboriosa e delicata e si sviluppa attraverso:
1. la realizzazione di un gruppo di lavoro (Squadra);
2. la descrizione del prodotto, sul quale bisogna effettuare il piano HACCP;
3. l’identificazione della sua destinazione d’uso;
4. la descrizione del processo produttivo e la realizzazione del suo diagramma di flusso;
5. l’elencazione dei potenziali pericoli;
6. l’identificazione delle cause e l’analisi dei rischi;
7. la verifica in loco del diagramma di flusso.

1.REALIZZAZIONE DI UN GRUPPO DI LAVORO


Il gruppo di lavoro sarà costituito sia da personale interno all’azienda che da personale esterno ed avrà il
compito di:
1. Analizzare il processo produttivo;
2. Creare un diagramma di flusso;
3. Individuare per ogni fase i possibili rischi;
4. Definire i limiti di accettabilità;
5. Definire le modalità di monitoraggio;
6. Definire le azioni successive al monitoraggio.
La composizione del gruppo dovrà essere multidisciplinare.

2.DESCRIZIONE DEL PRODOTTO


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Nella descrizione verranno inclusi:
 Nome del prodotto;
 Composizione (materie prime, ingredienti, additivi);
 Struttura e caratteristiche chimico-fisiche;
 Trattamenti subiti (es. Filtrazione);
 Condizionamento, imballaggio e modalità di conservazione;
 Periodo di conservazione e scadenza;
 Leggi applicabili e criteri microbiologici ufficiali;
 Etichettatura, informazioni al consumatore e modalità di distribuzione.

VINO
Le proprietà organolettiche (odore, sapore, colore) dipendono essenzialmente da caratteristiche quali il
terreno, le condizioni pedoclimatiche, le varietà dei vitigni e le pratiche di vinificazione.
Il vino è costituito da diverse componenti, alcune delle quali provengono direttamente dall’uva e si
mantengono anche nel vino (componenti diretti, che erano presenti nell’uva e ce li ritroviamo nel vino),
mentre altre sono sostanze presenti in seguito al processo fermentativo (componenti indiretti, formati
durante il processo di vinificazione).

Componenti diretti del vino


Si definiscono componenti diretti del vino le sostanze che si trovano naturalmente nelle uve. Il componente
principale è l’acqua (circa il 70-75% del vino). Oltre all’acqua, il vino è costituito da vari acidi e i loro sali:
1. Acido tartarico: è molto resistente ai batteri ed il gusto acerbo e fresco del vino rosso è dovuto alla sua
presenza;
2. Acido malico: si trova nell’uva acerba in quantità sufficiente a conferire agli acini un sapore aspro. Con la
fermentazione malolattica, l’acido malico viene trasformato in acido lattico, che conferisce al vino un
sapore più garbato e morbido;
3. Acido citrico: è presente in piccole quantità.

Tra i componenti diretti del vino vi sono anche le sostanze fenoliche, che conferiscono a tale bevanda
colore e gusto. Anche i tannini fanno parte delle sostanze fenoliche e sono presenti nella buccia, nel raspo e
nei vinaccioli. Se la loro concentrazione è molto elevata, conferiscono al vino un gusto astringente. Nel vino
sono inoltre presenti residui di zuccheri fermentescibili, in particolare glucosio e fruttosio in percentuali
pressoché uguali; essi servono ad equilibrare possibili tracce di amaro lasciato da altre sostanze ed a
conferire al vino gusto più o meno dolce. Sono presenti anche zuccheri infermentescibili quali i pentosi
(arabinosio, xilulosio, levulosio, ecc.) Tra i componenti diretti del vino si menzionano anche i minerali (ferro,
zinco, rame, zolfo e fosforo) sotto forma di anioni e cationi.

Componenti indiretti del vino


Sono definite componenti indirette del vino le sostanze che si trovano solo nel vino e non nelle uve.
Tra queste, il più importante è l’alcol etilico che si forma nel corso della fermentazione del mosto; l’alcol
etilico permette al vino di conservarsi nel tempo, anche per diversi anni.
Per legge i vini destinati al consumo devono avere una gradazione alcolica minima di 9° per i bianchi e di
10° per i rossi.
La glicerina (o glicerolo) deriva direttamente dalla fermentazione alcolica ed aumenta con l’aumentare del
grado di maturazione delle uve, sino a raggiungere i livelli più elevati in caso di grappoli appassiti; essa
comunica al vino un gusto vellutato, morbido ed armonioso. L’acido succinico si sviluppa durante la
fermentazione del mosto e fornisce al vino un gusto particolare: amaro e salato.
L’acido acetico ha sapore aspro e forma l’acidità volatile del vino.
Gli alcoli superiori, metanolo, aromi secondari e terziari, ecc.

3. IDENTIFICAZIONE DELLA DESTINAZIONE D’USO


Questa è un’ipotesi, il vino prodotto dallo stabilimento vinicolo viene destinato ad una fascia di mercato
medio-bassa, in quanto ha un ottimo rapporto qualità-prezzo. Il prodotto, proprio per le sue caratteristiche
organolettiche, pur collocandosi nella fascia medio bassa dei prodotti alimentari, mantiene la sua
destinazione principale di consumo nell’ambito del soddisfacimento di esigenze edonistiche.

4. DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO E DIAGRAMMA DI FLUSSO


38
Uve: Uve nere di cultivar Sangiovese, Montepulciano; uve bianche di cultivar Trebbiano, Malvasia.
Conferimento: Raccolta e trasporto in azienda direttamente da produttori locali opportunamente
selezionati.
Pigia-diraspatura: Le uve vengono convogliate in tramogge o vasche in acciaio inox attraverso le quali si
procede alla diraspatura con la pigia-diraspatrice.
Trasferimento in vinificatori: Il pigiadiraspato viene portato in vasche di fermentazione.
Fermentazione: L’uva pigiadiraspata, avviata ai fermentini, subisce la fermentazione alcolica e, attraverso il
processo di macerazione delle bucce, la frazione liquida si arricchisce delle sostanze in esse contenute.
La fermentazione alcolica, per azione dei lieviti che degradano gli zuccheri presenti nel mosto, porta alla
formazione di alcol e prodotti secondari. In questa fase, se si vuole fare avvenire una fermentazione
malolattica, che comporta la degradazione dell’acido malico in acido lattico, è possibile provvedere
all’aggiunta di batteri lattici, se le condizioni ambientali e del vino non ne permettono un normale
svolgimento.
Prima Chiarifica: È un processo tecnologico che permette la separazione delle particelle in sospensione
derivanti dalle varie parti dell’uva.
Filtrazione: È un processo tecnologico che ci permette di sgrossare e brillantare il mosto, il mosto-vino ed il
vino.
Taglio: Serve per migliorare il grado alcolico e le proprietà organolettiche del vino.
Vino massa: È l’insieme delle diverse produzioni della giornata.
Seconda Chiarifica: È la successiva chiarifica, che permette di brillantare il vino.
Stabilizzazione del vino: Il vino viene sottoposto ad una temperatura prossima al punto di congelamento
(da -4 a -8 °C per 5-6 giorni).
Filtrazione: È la successiva filtrazione, che garantisce una migliore brillantezza del vino.
Imbottigliamento e tappatura: Il vino viene imbottigliato in bottiglie in vetro da 75 cl e 2,5 litri ed in
damigiane da 5 litri. La tappatura delle bottiglie viene eseguita a vite con capsula di alluminio, mentre
quella delle damigiane avviene con tappo a pressione con copertura in capsula di allumino.
Contenitori: bottiglie o altri recipienti in vetro.
Dispositivi di chiusura: tappi a corona metallici e tappi a vite metallici.
Capsule: polilaminato, materiale termoretraibile, stagno. Etichette: varie tipologie.

SEGUIRE QUESTE FASI SERVE PROPRIO PER REALIZZARE UN DIAGRAMMA DI FLUSSO.

DESCRIZIONE DEI LOCALI D’IMPIANTO


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I locali ove avvengono le varie operazioni di vinificazione sono così articolati:
1. Locale di superficie 91,53 mq all’aperto, sotto tettoia, adibito a:
✓ Ricevimento uve;
✓ Ammostamento;
✓ Fermentazione
È presente in modo permanente una pressa automatica impiegata per la vinificazione in bianco ed in rosso.
Sono inoltre ivi localizzati 7 vasi vinari in cemento, addossati al muro di sostegno della tettoia, 2 vinificatori,
sempre in cemento, addossati al muro portante ed un vinificatore in acciaio INOX (per la capacità dei vari
contenitori vedasi planimetria allegata). Al momento della vendemmia qui viene collocata la
pigiadiraspatrice utilizzata per la vinificazione in rosso.

2. Locale per l’affinamento e la maturazione di 15,84 mq, ove è presente un vaso vinario in cemento
(capacità 70 hl) destinato alla vinificazione in rosso. Il locale presenta pavimento e pareti piastrellati, porta
in ferro 1,50 x 3 m. 6

3. Locale per trattamenti al vino (filtrazione) di 18,45 mq, ove sono presenti 3 vasi vinari in vetroresina e 2
di limitata capacità in cemento, destinati all’invecchiamento del vino rosso. Il pavimento è in cemento e le
pareti dipinte di bianco in tempera lavabile e disinfettabile; è presente una porta in ferro 2 x 3 m.

4. Locale per la conservazione e l’invecchiamento di 27,73 mq, ove sono presenti 5 vasi vinari in cemento,
uno in vetroresina ed uno in acciaio inox; pavimento mattonellato e pareti dipinte in tempera lavabile, con
una porta in ferro di 1,5 x 3 m; una finestra con infissi in ferro 50 x 50 apribile.

5. Servizi igienici: bagno ed antibagno con pareti piastrellate fino al soffitto, lavabo in porcellana, rubinetti
azionati a pedale, erogatore liquido di sapone, asciugamani in carta a perdere, cestino raccogli-rifiuti

L’area esterna è in ghiaia e viene mantenuta costantemente pulita.

Le attrezzature impiegate nei processi di vinificazione rispondono ai requisiti di igienicità e salubrità,


soprattutto per quanto riguarda i vasi vinari in cemento, provvisti di rivestimento interno in resine
epossidiche e sottoposti a regolare manutenzione. I tubi per i travasi sono in plastica per uso alimentare e
le raccorderie sono in acciaio.

Si fa la piantina con il cordone sanitario che serve da barriera per l’ingresso di patogeni animali insetti etc.

F2 IDENTIFICAZIONE DELLE CRITICITA’ E DEI PUNTI DI ORIGINE


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Bisogna tener presente il diagramma di flusso, per poter identificare i punti critici ci sono domande e
risposte.

Nel caso in cui la materia prima o il prodotto in esame non contenga un agente dannoso non è un pericolo,
altrimenti bisogna capire se l’agente possa svilupparsi a valori accettabili o meno. Se in vinificazione
l’alterante muore o diminuisce non rappresenta un problema, ma nel caso in cui sia resistente alla
vinificazione dovrà essere eliminato perché potrebbe causare un pericolo

Una fase/ attività o ambiente preso in esame può contenere o meno un agente dannoso e bisogna capire se
può contaminare o meno la materia prima o il prodotto in esame, se c’è una contaminazione è un pericolo,
se non c’è un alterante o comunque la sua presenza non ha contaminato la materia prima o il prodotto non
è un pericolo.
Andando a vedere l’ingrediente, l’ingrediente può avere
un pericolo a livello di rischio elevato? Se ‘no’ non è un
CCP, se ‘SI’ ci poniamo un'altra domanda ‘’la
fase/attività successiva è in grado di eliminare il pericolo
o di portarlo ad un valore accettabile? Se ‘ si’ non è un
CCP, se no è un CCP, indicare il valore limite di
accettabilità e le modalità di monitoraggio e controllo.
La ricetta o formulazione o il ciclo o istituzione di
lavorazione del prodotto in questa fase attività del
processo, sono essenziali per prevenire un aumento del
percolo a valore inaccettabile? Se no non è un CCP, se SI
è un CCP.

IDENTIFICAZIONE DELLE CRITICITA’: Alcuni esempi di punti critici:

41
 Contaminazione della materia prima “ uva ” (pesticidi e uva marcia);
 Contaminazione del prodotto;
 Contaminazione derivante dal processo produttivo;
 Contaminazione derivante dall’impiego di coadiuvanti ed additivi.

Potremmo identificare 5 punti critici:


 Soda (lavaggio di attrezzature)  punto critico: ultimo risciacquo
 Vetro (imbottigliamento)  punto critico: riempimento e tappatura
 Animali (pigiatura)  punto critico: raccolta dell'uva
 Piombo (fine fermentazione) punto critico: pre-imbottigliamento
 Anidride solforosa (tutte le fasi)  punto critico: pre-imbottigliamento

Nel caso del rischio della presenza di soda durante il lavaggio attrezzature, il punto critico è l’ultimo
risciacquo perché se non viene fatta in maniera corretta ci possono essere residui di soda. Durante la
pigiatura, Il rischio è la presenza di animali, il punto critico è la raccolta di uva perché se effettuo la raccolta
meccanizzata è più facile che ci siano animali, rispetto alla raccolta manuale. Durante la fine della
fermentazione, il richio è il piombo in eccesso ed il punto critico è il pre-imbottigliamento e devo essere
sicuro che non ci sia piombo facendo l’analisi, durante l’imbottigliamento il rischio è la presenza di vetro e il
punto critico è il riempimento e la tappatura, durante tutte le fasi c’è il rischio della solforosa in eccesso ma
il punto critico è il pre-imbottigliamento.

Spesso il ricevimento della materia prima è il punto critico.

Durante la macerazione e la fermentazione,


SO2, lieviti ed enzimi, SO2 perché se esagero
può essere un punto critico, i lieviti se non sono
selezionati può essere un punto critico cosi per
gli enzimi se non sono enzimi puri possono
rappresentare un punto critico. Durante la
fermentazione malolattica, i batteri potrebbero
rappresentare un punto critico. Durante la
conservazione, il gas inerte e l so2 potrebbero
rappresentare un punto critico e così via. Tutti
gli elementi a destra potrebbero rappresentare
un punto critico.

F3 IDENTIFICAZIONE DELLE AZIONI DI MONITORAGGIO E CORREZIONE


MONITORAGGIO solfitazione vini rossi
SCOPO: formalizzare la procedura di controllo allo scopo di garantire un’adeguata diminuzione del rischio
chimico potenzialmente presente.
Responsabilità: Nome Cognome.
Descrizione dell’attività svolta: determinare con precisione il quantitativo di solforosa in base all’acidità del
mosto, al tipo di vinificazione, alla sanità delle uve.
Non conformità ed azioni correttive: effettuare l’analisi per rilevare un’eccessiva presenza dell’additivo.
Verifica: dopo ogni partita che viene lavorata in azienda.
Documentazione: scheda di monitoraggio

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F4 FORMAZIONE ED ADDESTRAMENTO DEL PERSONALE La formazione e l’addestramento devono essere
adeguati e coerenti alle esigenze della cantina, del personale impiegato e alle competenze necessarie per
garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti enologici. Formazione ed addestramento del personale sono
forse il fattore di rischio/successo più importante. L’ignoranza può amplificare i danni derivanti da un
pericolo altrimenti gestibile.

GLI OBIETTIVI DELLA FORMAZIONE


 sviluppare un metodo comune per l’identificazione dei rischi e dei CCP;
 sviluppare la conoscenza, la comprensione, la responsabilizzazione nell’applicazione delle norme, delle
procedure, dei criteri e delle istruzioni relative alla sicurezza e salubrità dei vini;
 fornire tutte le indicazioni teorico-pratiche affinché il personale interessato sia in grado di comprendere
ed assolvere correttamente tutte le attività richieste per la realizzazione di vini sicuri e salubri;
 verificare che il personale abbia acquisito le competenze teoriche e che sia in grado di applicarle
compiutamente e correttamente.

VANTAGGI DELLA FORMAZIONE


✓ aumento delle conoscenze e delle competenze: sapere e sapere fare;
✓ economia nella conduzione;
✓ competitività del prodotto: migliori caratteristiche ad un costo uguale o inferiore;
✓ flessibilità delle risorse;
✓ tempi di risposta più brevi;
✓ personale più motivato e responsabile.

In genere l’attività formativa è affidata a professionisti (più di uno), in modo da aumentare l’efficienza e
l’efficacia della didattica. 10

F5 CONTROLLI IN TEMPO REALE E GESTIONE DEI PROCESSI


NB: Il sistema HACCP ha significato se viene applicato correttamente, anche con contenuti minimi (ma certi)
e se i dati rilevati consentono informazioni in tempo reale sulle situazioni di non conformità.
Esiste sempre la possibilità di un guasto e/o di un errore.

La capacità di controllo in tempo reale dipende:


 dallo studio del diagramma di flusso;
 dalla identificazione di sistemi di evidenziazione immediata del problema (indicazione visiva e/o
sonora);
 dalla capacità di reazione (personale capace ed addestrato ed azioni tampone).

F6 VERIFICHE, AZIONI CORRETTIVE E MIGLIORAMENTO CONTINUO


La verifica deve essere parte integrante del piano di monitoraggio aziendale! Gli obiettivi che essa si pone
non sono solo di conformità al piano, ma piuttosto di conformità al mercato quindi ci vuole attenzione ed
innovazione.

GESTIONE DELLA DOCUMENTAZIONE


Per l’applicazione del sistema HACCP è essenziale un’efficiente ed accurata registrazione dei dati. Il
responsabile della cantina deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo tutte
le informazioni concernenti la natura, la frequenza ed i risultati relativi alla procedura di autocontrollo
(analisi dei pericoli, determinazione dei CCP, attività di monitoraggio, deviazioni ed azioni correttive ad esse
associate, modifiche del sistema HACCP).
Tutto ciò che viene eseguito (semplice controllo o attività correttiva) deve essere registrato su apposite
schede.
Attraverso la gestione della documentazione e della rintracciabilità del prodotto si facilita la identificazione
del percorso che il vino ha seguito, prima di giungere sul mercato.
Con tracciabilità si intende quel processo volto a tenere traccia di tutti gli elementi in ingresso che vanno a
creare, modificare o trasformare un prodotto, sia alimentare, chimico, industriale o logistico.
Per rintracciabilità si intende il processo che torna indietro nella catena di produzione di un prodotto, al
fine di ricercare un preciso evento o un'azione.

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Controlli, verifiche, pericoli, cause e soluzioni in cantina nelle varie fasi della vinificazione.

La prima operazione è il conferimento dell’uva, quindi arriva l’uva e bisogna effettuare alcuni controlli
quali: zuccheri, ph, acidità e stato sanitario.
I pericoli potrebbero essere: profilo compositivo e sensoriale del vino non conforme, sviluppo di
microrganismi indesiderati, questo dovuto appunto allo stato sanitario.
Le cause potrebbero essere: uve non sufficientemente mature, difesa antiparassitaria non adeguata ed
anche la mancata selezione delle uve. Le soluzioni potrebbero invece essere: monitoraggio maturazione,
correzione della composizione, difesa fitosanitaria, selezione delle uve e vinificazione separata delle uve
non idonee.
Altri controlli da effettuare durante il conferimento dell’uva sono: indice di ammostamento e temperatura.
Questo importante perché potrebbero comportare pericoli quali: inquinamento microbiologico,
solubilizzazione di composti indesiderati ed ossidazione. Le cause: tempi e modalità di raccolta, trasporto e
conferimento; volume dei contenitori di trasporto ed infine temperatura elevata.
Le soluzioni infine: antiossidanti e antimicrobici sull’uva; refrigerazione; ottimizzazione delle operazioni di
raccolta, trasporto e consegna.

La seconda operazione è la pigiatura e diraspatura, i controlli sono : controllo dei parametri operativi della
pigiatrice e verifica del grado di diraspatura perché i pericoli potrebbero essere la solubilizzazione di
sostanze indesiderate e l’incremento della fecciosità . Le cause invece possono essere la presenza di raspi,
le attrezzature non idonee, la regolazione degli organi meccanici delle macchine e la non corretta
alimentazione delle macchine, le soluzioni potrebbero essere la sostituzione o modifica delle attrezzature,
manutenzione e regolazione delle attrezzature e la pianificazione del conferimento.

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La terza operazione è l’enzimaggio, controllo dei dosaggi (pesi e volumi) e controllo data di scadenza dei
preparati, come pericolo abbiamo la scarsa estrazione e l’innalzamento del tenore in alcol metilico. Le
cause: temperature o tempi di macerazione non adeguati, mancata omogeneizzazione e dosaggio
insufficiente o eccessivo. Le soluzioni: tempi e temperature adeguate di macerazione, omogeneizzazione
del pigiato e integrazione del dosaggio.

La quarta operazione è il traferimento del pigiodiraspato nei tini di fermentazione,avviene la verifica della
funzionalità delle pompe e delle condutture, i pericoli sono le interruzioni lavorative e l’aumento della
fecciosità, le cause: cattivo funzionamento delle pompe e occlusione valvole e tubature. Le soluzioni infine:
riduzione delle distanze di trasporto, l’adeguamento delle linee di trasporto e la manutenzione pompe,
condutture e valvole.

La quinta operazione è l’addizione so2, come controllo e verifica abbiamo: misura della quantità aggiunta e
analisi dell’anidride solforosa sul mosto, i pericoli: mancato controllo della microflora naturale e inibizione
della fermentazione malolattica; le cause: dosi non corrette e disomogeneità nel dosaggio ed infine le
soluzioni la messa a punto del sistema e delle procedure di dosaggio e omogeneizzazione del pigiato.

45
Disacidificazione perché evidentemente il ph era troppo basso e i batteri soffrono.

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OCRATOSSINA A NELL’UVA POTREBBE CAUSARE UN PROBLEMA
Un esempio è l’ocratossina, questa è una micotossina che viene prodotta da alcune muffe: Aspergillus
Carbonarius e sono definiti gli aspergilli neri.
Dall’acino di uva, contaminato in campo, l’OTA viene trasferita direttamente nel vino.
Il regolamento europeo n.123/2005 ha fissato in 2 μg/kg il minite di OTA nel succo d’uva, nel mosto e nel
vino. Nella foto abbiamo aspergillus carbonarius su acini danneggiati.

L’ocratossina è un composto micotossologico che associa nella propria struttura la fenilalanina e la


isocumarina. L’ocratossina A è una micotossina prodotta da alcune specie di aspergillus penicillium e può
causare effetti negativi sulla salute dell’uomo.

PUNTI CRITICI DI CONTROLLO


IN VIGNETO
1. INIZIO INVAIATURA:
 controllare lo stato delle bacche, specialmente in relazione alla presenza di ferite e allo sviluppo di
muffe nere;
 monitorare la presenza di aspergilli neri.
2. RACCOLTA: controllare lo stato delle bacche e il contenuto di OTA

IN CANTINA
1. PIGIATURA DELL’UVA
 la pigiatura è una fase cruciale in cui l’OTA deve essere controllata
 limite critico: l’OTA nel mosto on dovrebbe superare del 75% il valore limite indicato per il vino finito
(3,5μg/L)
2. OPERAZIONI UNITARIE: proseguire i controlli se il livello di OTA è elevato 15

CODICE DI BUONE PRATICHE VITICOLE


1. BUON CONTROLLO DI INSETTI E MALATTIE: utilizzare preferibilmente fungicidi attivi contro aspergilli
neri
2. CONTROLLO DEL VIGORE DELLE PIANTE:
 concimazioni equilibrate;
 irrigazioni razionali, quando necessarie
 corretta gestione della vegetazione
3. RACCOLTA TEMPESTIVA ALLA MATURAZIONE: evitare i ritardi specialmente con bacche danneggiate e
con presenza di muffe nere
4. MINIMO INTERVALLO TRA LA RACCOLTA E LA TRASFORMAZIONE

ENOLOGICHE
1. minimizzare l’intervallo di tempo tra la raccolta e la pigiatura; refrigerare se la pigiatura non può essere
effettuata in tempi brevi;
2. eliminare i grappoli o parti di grappolo che presentano sviluppo visibile di muffe (specialmente muffe
nere) o che sono altamente danneggiati
3. addizionare anidride solforosa all’uva;
4. controllare il tenore di OTA nel mosto dopo la pigiatura
5. se il livello di OTA è elevato, utilizzare lieviti selezionati, batteri lattici e coadiuvanti efficaci contro
l’OTA.
AZIONI CORRETTIVE IN CANTINA
1. VINIFICAZIONE IN BIANCO
uso di coadiuvanti efficaci nell’adsorbimento dell’OTA (ad esempio carbone) per i mosti prima della
fermentazione alcolica.
2. VINIFICAZIONE IN ROSSO:
 uso di coadiuvanti specifici, nelle dosi raccomandate per tali vini, e/o uso di ceppi di batteri lattici
selezionati
 separazione del mosto dalle bucce; trattamento del mosto con coadiuvanti chimici specifici (ad esempio
carbone) ; assemblaggio del mosto trattato con le bucce e avvio della fase di macerazione-
fermentazione alcolica; uso di ceppi di batteri lattici selezionati per la fermentazione malolattica del
vino.
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