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Università degli Studi di Torino

Scuola Universitaria Interfacoltà per le Biotecnologie


Indirizzo Medico

RELATORE
Prof. David Lembo

CANDIDATO
Simona Buracco

TITOLO DELLA TESI

NRAMP: UN FATTORE COINVOLTO NELLA RESISTENZA ALLE


INFEZIONI

DA PATOGENI INTRACELLULARI

ANNO ACCADEMICO 2009-2010


INDICE
1. PREFAZIONE
2. LA FAMIGLIA NRAMP
2.1. LA SCOPERTA DI NRAMP
2.2. ORIGINI FILOGENETICHE DI NRAMP1 E NRAMP2
3. I MEMBRI DELLA FAMIGLIA NRAMP NELL’UOMO
3.1. NRAMP2
3.2. MECCANISMO D’AZIONE DEL TRASPORTATORE NRAMP2
3.3. NRAMP1
3.4. IPOTESI SUL FUNZIONAMENTO DI NRAMP1
4. RUOLO DI NRAMP1 NELLA RESISTENZA AI PATOGENI INTRACELLULARI
4.1. EFFETTI DI SLC11A1 SULL’ACQUISIZIONE, IL RILASCIO E IL CONTENUTO DI
FERRO IN MACROFAGI E IN SEGUITO A INFEZIONE
4.2. IMPATTO DI SLC11A1 SULLE FUNZIONI IMMUNITARIE DEI MACROFAGI
4.3. SLC11A1 LIMITA LA DISPONIBILITÁ DI FERRO PER I PATOGENI
INTRACELLULARI
4.4. CONCLUSIONI
5. NRAMP E LE PATOLOGIE AUTOIMMUNI
6. CONCLUSIONI
7. BIBLIOGRAFIA

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1. PREFAZIONE
Molti patogeni infettano il loro ospite senza entrare nelle sue cellule. Altri, invece, compresi tutti i
virus e molti batteri e protozoi, sono patogeni intracellulari. Ciò significa che la loro nicchia
preferita per la replicazione e la sopravvivenza è dentro il citoplasma o dentro compartimenti
intracellulari di cellule particolari dell'ospite. Questa strategia ha il vantaggio di proteggere il
patogeno dagli anticorpi e dalle cellule fagocitiche del sistema immunitario. Richiede però che il
patogeno sviluppi meccanismi per entrare nella cellule dell'ospite e per trovare in essa la nicchia
subcellulare adatta dove potersi replicare.
Alcuni batteri, come la Legionella pneumophila, il Mycobacterium tuberculosis e la Salmonella
typhimurium, hanno acquisito la capacità di sopravvivere e di replicarsi dentro ai macrofagi dopo
che sono stati fagocitati, sfruttando così la fagocitosi, il cui scopo è la distruzione di microbi
indesiderati, per entrare nelle cellule dell'ospite. Una volta dentro la cellula, questi patogeni si
trovano in un compartimento endosomico che normalmente si fonderebbe con i lisosomi. I
lisosomi hanno la capacità di uccidere e degradare i batteri: al loro interno il pH è molto acido
(raggiunge valori di -4.8) e ciò può danneggiare microrganismi non acido-tolleranti, ma
soprattutto fornisce un ambiente ottimale per l'azione degli enzimi litici presenti nel lisosoma, tra
cui lipasi, lisozimi e proteasi.

Fig.1 ( Strayer, 2002)

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Fig.2 (Alberts, 2002)
Le strategie utilizzate dai patogeni intracellulari per sopravvivere dopo la fagocitosi

Per sopravvivere i batteri possono:


1. fuggire nel citoplasma cellulare prima di essere digeriti
2. alterare il normale traffico vescicolare, evitando così la fusione del compartimento in cui
si trovano con l'ambiente acido del lisosoma
3. neutralizzare in qualche modo l'attività del lisosoma (Radtke e O'Riordan, 2006) (Fig.2).
Molte sono le strategie di difesa che le cellule utilizzano contro i patogeni intracellulari
(produzione di ROI, produzione di ossido nitrico,…). Tra esse vi è il sequestro dall'ambiente del
compartimento endocitico in cui il patogeno è contenuto di nutrienti chiave, come gli ioni
metallici.
Gli ioni metallici sono elementi vitali che partecipano in molti processi metabolici nelle cellule di
tutti gli organismi viventi. Allo stesso tempo, però, questi nutrienti essenziali sono tossici a dosi
elevate. Carenza o eccesso di ioni metallici, per esempio come risultato di un disordine genetico o
di malnutrizione, può causare morte o gravi danni. Nell’uomo un anormale trasporto di ferro è
implicato in molte diverse patologie, come l'emocromatosi, l'anemia, l'arteriosclerosi e malattie
neurologiche come il Parkinson, l'Alzheimer, l'Huntington, l'atassia di Friedreich e il Picacismo.
Per prevenire tali patologie, le cellule devono mantenere livelli omeostatici degli ioni metallici, e
questo risultato è raggiunto attraverso un'attenta regolazione dei processi di assunzione,
immagazzinamento e secrezione degli ioni metallici. Uno specifico set di trasportatori opera
quindi in ogni compartimento cellulare per garantire il mantenimento del corretto bilancio delle
concentrazioni di questi ioni. In particolare i metalli divalenti (come Cu2+, Mn2+, Fe2+ e Zn2+)
hanno un ruolo molto importante nel metabolismo cellulare, specialmente come cofattori di molti
enzimi (Nevo e Nelson, 2006).

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Tra questi ioni, per quanto riguarda l'interazione patogeno-ospite, risulta particolarmente
importante il ferro. Esso, grazie al suo potenziale redox, è essenziale per molti processi vitali sia
dell'ospite sia del batterio. I macrofagi lo richiedono come cofattore di importanti meccanismi
antimicrobici. Sia negli eucarioti sia nei procarioti è inoltre fondamentale per la crescita e la
sopravvivenza cellulari essendo utilizzato in processi biologici come il metabolismo, la sintesi di
ATP nella fosforilazione ossidativa, e la protezione dallo stress ossidativo. In seguito alla
fagocitosi di un batterio, il ferro viene rimosso dal fagosoma attraverso l'utilizzo di trasportatori
specifici che lo trasferiscono dal lume del fagosoma nel citoplasma. Le cellule fagocitiche in
questo modo modificano l’ambiente intravescicolare del fagosoma ed inibiscono “in situ” la
replicazione microbica.
Tra le proteine coinvolte in questa funzione negli ultimi decenni è risultato avere un ruolo
importante la famiglia di trasportatori di ioni metallici Nramp, i cui membri partecipano alla
regolazione dell'omeostasi dei metalli divalenti.

2. LA FAMIGLIA NRAMP
Le Natural resistance-associated mmembrane proteins (Nramp) sono dei simporti che permettono
il trasporto protone-dipendente di metalli divalenti.
La famiglia Nramp è formata da proteine altamente conservate dai batteri all'uomo e dotate di alta
omologia con proteine di trasporto legate alla membrana. I suoi membri funzionano come
trasportatori di ioni metallici e possono trasportare Mn2+, Zn2+, Cu2+, Fe2+, Cd2+, Ni2+ e Co2+.
Omologhi di Nramp eucariotici e procariotici svolgono funzioni di trasporto chemio-osmotico
simili, importanti per l'omeostasi sia di macro che di microrganismi. Le proteine Nramp hanno
quindi come funzione generale quella di facilitare l'accumulo intracitosolico (uptake) di metalli
divalenti come il ferro, il manganese e il cadmio, usando un gradiente elettrochimico protonico
come forza motrice.
La maggior parte dei mammiferi contiene nel genoma due geni Nramp (Nramp1 e Nramp2),
mentre lieviti e piante ne hanno tre (noti nel lievito come SMF1, SMF2 e SMF3) e Drosophila
melanogaster ne ha uno solo (MVL malvolio) (Barton et all, 1999). Omolighi di Nramp sono stati
identificati in mammiferi, uccelli, insetti, piante, pesci, lieviti e batteri. Tali omologhi esibiscono
in genere più del 30% di identità di sequenza e contengono 11-12 TMS, contenenti molti residui
amminoacidici ellettroncarichi altamente conservati, tra cui un paio di istidine in TM6 (Forbes e
Gros, 2001).
L'estremità N-terminale di molti omologhi di Nramp è localizzato nel citoplasma mentre
l'estremità C-terminale è stata trovata in posizione intra o extracellulare a seconda del numero di
segmenti TMS (rispettivamente 11 o 12). Di questi sono altamente conservati i primi 10 TMS e il
“transport motif” posto nel loop citoplasmatico 8/9 (Fig. 3 ) (Cellier et all, 2007).

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Fig. 3 (Nevo e Nelson, 2006)
Rappresentazine schematica di DMT1, uno dei membri della famiglia Nramp.
E’ possibile notare i 12 domini transmembrana

Studi compiuti su organismi modello hanno mostrato che, nella famiglia Nramp, la somiglianza
strutturale è affiancata da un'elevata conservazione funzionale. L'omologo della Drosophila
melanogaster noto come malvolio è espresso principalmente nel cervello, e mutazioni di questo
locus genico causano un difetto neurologico al senso del gusto. Questo difetto può essere corretto
aggiungendo Fe2+ o Mn2+ alla dieta, ma può anche essere integrato dall'espressione del gene
Nramp1 umano in animale transgenici. Il lievito Saccharomyces cerevisiae, come detto, ha 3
omologhi di Nramp: SMF1, -2 e -3. Aumento dell'espressione di SMF-1 può sopprimere i difetti
nella crescita dei mutanti mif, che hanno un difetto in una peptidasi mitocondriale Mn2+-
dipendente. Questa capacità di SMF-1 e la possibilità di correggere un difetto del gene malvolio
in Drosophila, suggeriscono che tali genei codifichino per un trasportatore di metalli divalenti.
Studi condotti su lievito e oociti di Xenopus laevis, inoltre, portano a ipotizzare che questi stessi
trasportatori abbiano meccanismo di azione pH-dipendente. Insieme questi risultati indicano che
le proteine Nramp condividono un comune meccanismo di trasporto di metalli divalenti pH-
dipendente. Diversità funzionali tra gli omologhi comprendono solo diversa specificità per i
substrati e/o diversa localizzazione tissutale (Forbes e Gros, 2001).

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2.1 LA SCOPERTA DI NRAMP
Circa 40 anni fa è stato osservato che la suscettibilità del topo alle infezioni da parte di
Salmonella typhimurium, Leishmania donovani e Mycobacterium bovis era determinata
principalmente da un fattore genetico dell'ospite. Attraverso l'uso di studi di linkage, nel 1993 tale
fattore genetico è stato mappato in una regione prossimale del cromosoma 1 e come gene
candidato per questo ruolo è stato identificato Nramp1 (noto secondo la nuova nomenclatura
come Slc11a1). Il KO del gene Nramp1 e l'uso di topi transgenici ha provato in modo
inequivocabile che Nramp1 è Bcg/Lsh/Ity, un singolo gene murino che è stato dimostrato
influenzare la replicazione batterica nel reticolo endoteliale della cellula ospite, conferendo ad
essa rispettivamente resistenza a infezioni da parte di micobatteri (Bcg), di Leishmania donovani
(Lsh) e di Salmonella typhimurium (Ity) (Wyllie et all, 2002 – Forbes e Gros, 2001). Infatti
mutazioni naturali o indotte sperimentalmente che provocano perdita di funzione di Nramp1
causano suscettibilità a infezione da parte di molte specie di questi patogeni. Inoltre, varianti
polimorfiche di Nramp1 umano sono associate a suscettibilità alla tubercolosi in aree endemiche
della patologia (Jabado et all, 2000). Nramp1 è quindi stato scoperto come locus associato alla
resistenza innata del topo verso alcuni patogeni intracellulari residenti nei vacuoli fagocitici dei
macrofagi.
Ben presto è stato poi identificato un altro membro della famiglia, Nramp2 (noto anche come
DMT1, DCT1, Slc11a2), ma di entrambi non si conosceva ancora la funzione e l'azione
molecolare. Studi condotti sul gene SMF1 nel lievito hanno permesso però di risolvere tale
problema. Mutanti KO per SMF1 mostravano una significativa riduzione nell'uptake di Mn2+,
mentre la presenza del prodotto proteico Smf1p ne provocava un aumento. Queste osservazioni
hanno dimostrato la funzione di Smf1p come trasportatore di Mn2+ e/o Zn2+. La scoperta che
Smf1p è l'omologo nel lievito di Nramp e che è un trasportatore di metalli ionici ha portato
all'ipotesi che Nramp1 sia anche esso un trasportatore di questo tipo (Nevo e Nelson, 2006).
Inoltre misure elettrofisiologiche effettuate in oociti di Xenopus che esprimono l'omologo DCT1
murino, le isoforme β e γ di Slc11a1 di pesce, e l'omologo di Nramp del lievito SMF-1 hanno
rivelato il fatto che i trasportatori Nramp accoppiano un gradiente elettrochimico protonico per il
trasporto di ioni metallici (Cellier et all, 2007).

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2.2 ORIGINI FILOGENETICHE DI NRAMP1 ED NRAMP2
I mammiferi, come già detto, portano due geni appartenenti alla famiglia Nramp, Nramp1 e
Nramp2, derivati probabilmente da una duplicazione del gene Nramp avvenuta almeno 350
milioni di anni fa.
Nei pesci teleostei (pesci con uno scheletro osseo vero e proprio) sono stati trovati solo omologhi
Nramp2 (Fig. 4). Tali geni sono up-regolati in risposta a infezioni e stimoli infiammatori. Ciò
indica che il ruolo di Nramp nella difesa immunitaria precede la duplicazione del gene che ha
portato al formarsi nei mammiferi delle due forme Nramp1 e Nramp2. Tale affermazione è
supportata dal fatto che la funzione di Nramp nella resistenza innata ricompare anche in organismi
più distanti dal punto di vista evolutivo (Cellier et all, 2007). Per esempio nell'ameba
Dictyostelium discoideum, un fagocita professionale che si nutre di batteri, l'mRNA di Nramp1 si
accumula nelle cellule in crescita, mentre la sua espressione è repressa in cellule poste in assenza
di cibo.

Fig.4 (Cellier et all, 2007)


Analisi filogenetica dell'evoluzione dei geni Nramp1 e Nramp2

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Si sono testate sperimentalmente, dopo incubazione delle cellule con ceppi di L. pneumophila o
M.avium, eventuali alterazioni dell'espressione del gene Nramp1 durante l'infezione. L'RNA totale
è stato estratto ogni 24 ore e sottoposto a elettroporesi e ibridizzazione con una sonda di Nramp1.
Come controllo, i Northern blot sono stati anche ibridizzati con sonde di vatB e actina. Come
osservabile in Fig. 5 , nelle cellule di controllo, cioè non infettate con batteri, l'espressione di
Nramp1 inizia a diminuire a 48 ore ed è quasi nulla dopo 72 ore di incubazione. Durante
l'infezione con M. Avium, invece, l'accumulo di RNA di Nramp1 persiste e aumenta dopo le 48
ore di incubazione, mentre durante l'infezione con L. pneumophila diminuisce tra le 24 e e 48 ore
più rapidamente che nel controllo. Dunque l'mRNA di Nramp1 è up- o down-regolato dopo
infezione da parte di rispettivamente M. Avium e L. pneumophil (Peracino et all, 2006).
Il ruolo di Nramp nelle cellule eucariotiche è quindi antico. E’ probabile che questo ruolo nella
difesa cellulare si sia evoluto da una ancora più antica funzione nutritiva, a cui seguì una
duplicazione del gene che avvenne presto nell’evoluzione eucariotica. Analisi delle sequenze di
DNA degli omologhi di Nramp nelle diverse specie hanno permesso di distinguere Nramp
prototipici (presenti in amebe, alghe rosse e verdi, piante, lieviti e invertebrati) da Nramp
archeotipici, che sono stati trovati anche in tali specie e fino ad ora sono gli unici omolighi
Slc11a1 trovati in vertebrati, inclusi Nramp1 e Nramp2.

Fig.5 (Peracino et all, 2006)


Effetti dell'infezione da L. pneumophila o
M. avium sull'espressione del gene Nramp1
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Gli studi suggeriscono che le proteine Nramp si siano originate nei procarioti. Distanti ortologhi
sono stati descritti in batteri Gram-positivi e Gram-negativi e sono noti come trasportatori
protone-dipendenti del manganese (MntH) (Fig.4). E’ ipotizzato che sia avvenuto un trasferimento
del gene codificante per questo ortologo procariotico dall’organello endosimbiotico del batterio
verso i nuclei eucariotici. I trasportatori MntH batterici sono infatti considerati modelli di Nramp
utili per studiare il meccanismo di trasporto in questa famiglia altamente conservata (“Recent
progress in structure-function analyses of Nramp proton-dependent metal-ion transporters”,
Courville, 2006).
Geni codificanti gli omologhi batterici di Nramp MntH (da trasportatore protone-dipendente di
manganese), sono stati identificati in molte specie batteriche diverse. Analisi filogenetiche hanno
identificato 3 gruppi di MntH, indicati come gruppi A, B e C (Fig. 6 ). Di questi il gruppo A è
ritenuto essere l'antenato dell'Nramp eucariotico, mentre il gruppo C, che è quello più vicino e
simile all'Nramp eucariotico, sarebbe apparso più tardi per trasferimento genico orizzontale dagli
eucarioti. Secondo tale ipotesi, inoltre, l'evoluzione della famiglia MntH/Nramp è da mettere in
relazione con l'adattamento a un metabolismo aerobico, il quale aumenta la richiesta cellulare di
metalli sia per le funzioni respiratorie stesse sia per il funzionamento dei meccanismi
detossificanti contro i ROS. Proprio la pressione selettiva dovuta alla tossicità dell'ossigeno
potrebbe aver mantenuto i geni Nramp nei mitocondri degli eucarioti (Cellier et all, 2002).

Fig.6 (Richer et all, 2001)


L'analisi genetica dell'evoluzione molecolare della famiglia
di proteine MntH/Nramp rivela la sua origine da sequenza
batteriche
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3. I MEMBRI DELLE FAMIGLIA NRAMP NELL'UOMO
3.1 NRAMP2
Nramp2 è espresso ubiquitariamente nella maggior parte dei tessuti e tipi cellulari. Questo gene
codifica per una proteina nota come Nramp2 (o DMT1, DCT1, Slc11a2) di 561 amminoacidi con
peso molecolare di 61 kD con 12 domini transmembrana (Fig.3). Come per Nramp1, per DCT1
(divalent cation transporter 1) il trasporto di cationi divalenti è protone-dipendente e dipende
quindi dal potenziale di membrana.
Il gene Nramp2 produce due diversi mRNA attraverso splicing alternativo. I due mRNA hanno
diverse regioni 3’ non tradotte. Un mRNA contiene in questa regione 3'UTR un iron response
element (IRE) ed è stato indicato come isoforma I. L'altro invece manca della regione IRE ed è
stato indicato come isoforma II. Come accade per il gene per la trasferrina TfR, l’IRE regola i
livelli di mRNA mediante la degradazione di RNA ad opera di una proteina che si lega a questo
elemento. La presenza di un elemento responsivo al ferro nell’mRNA della proteina suggerisce
che in condizioni di diminuito contenuto di ferro cellulare aumenta la traduzione di Nramp2.
Inoltre la presenza nella regione regolatoria 5’ del gene di elementi responsivi ai metalli (MRE-
Metal Responsive Elements) simili ai MRE trovati nelle metallotioneine, fa supporre che, come in
queste ultime, la presenza di metalli faccia aumentare la trascrizione fornendo un duplice
meccanismo con cui la cellula può mantenere un sufficiente livello di Nramp2 disponibile come
trasportatore di metalli. La presenza nel gene Nramp2 di due siti simili ai siti di legame Hif-1
(Hypoxia-inducible factor-1), presenti nella regione 3’ di fiancheggiamento del gene
dell’eritropoietina, fornirebbe un meccanismo per la regolazione coordinata di acquisizione di
ferro quando il ferro è necessario per l’eritropoiesi (Lee et all, 1998). Le due isoforme di Nramp2
differiscono, oltre che per la sequenza, anche per la distribuzione tissutale e subcellulare, come
osservato attraverso studi di immunoistochimica con anticorpi specifici (Wyllie et all, 2002).
L'isoforma I è localizzata nella membrana apicale degli enterociti intestinali e delle cellule
epiteliali del rene. Tale isoforma permette l'uptake di ferro dalla dieta nel duodeno e il
riassorbimento di Fe nel rene.
L'isoforma II, invece, è espressa sulla superficie cellulare e negli endosomi della maggiorparte
delle cellule, e la sua funzione si suppone che sia di agevolare l'uptake transferrina (Tf)-
dipendente del Fe nei tessuti periferici trasportandolo dal lume acidificato degli endosomi o
dall'ambiente extracellulare nel citoplasma (Cellier et all, 2007). Nei macrofagi è inoltre
localizzato in fagosomi contenenti eritrociti, mentre nelle cellule di Sertoli in fagosomi contenenti
spermatozoi. Ciò suggerisce che esso possa avere un ruolo anche nel recupero del ferro da
eritrociti morenti e durante la degenerazione degli spermatozoi.
In ogni caso l'importanza della funzione svolta da Nramp2 è illustrata da alcuni esempi. Topi KO
per Slc11a2 muoiono nei primi giorni di vita con una grave carenza di ferro e una conseguente

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anemia poiché vengono a mancare l'assorbimento intestinale di Fe e il trasporto di ferro dagli
endosomi. Inoltre una mutazione di tale gene è stata identificata in una donna affetta da una grave
anemia microcitica ipocromica (Nevo e Nelson, 2006).

3.2 MECCANISMO DI AZIONE DEL TRASPORTATORE NRAMP2


La maggior parte delle informazioni riguardo ai trasportatori appartenenti alla famiglia Nramp
deriva da studi elettrofisiologici su Nramp2 espresso in oociti di Xenopus. La Fig. 7 mostra uno
schema degli elementi chiave coinvolti nel trasporto del ferro da parte di Nramp2. Poiché il ferro
ossidato è più abbondante al di fuori delle cellule di mammifero e Nramp2 trasporta solo ferro
nella sua forma ridotta, la riduzione di Fe3+ a Fe 2+
è il primo passaggio del processo. Sulla

Fig. 7 (Nevo e Nelson, 2006)


Rappresentazione schematica degli elementi chiave nel trasporto del ferro.

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membrana degli enterociti esso può essere mediato dal citocromo b duodenale (Dcytb), una
reduttasi del ferro situata sulla superficie luminale delle cellule intestinali adibite all'assorbimento
delle sostanze nutritive provenienti dalla dieta. Tuttavia, è stato dimostrato che la perdita di Dcytb
ha un impatto molto piccolo se non nullo sulla riserva di ferro del corpo, suggerendo che esistano
altri meccanismi per la riduzione del ferro proveniente dalla dieta. Come poi il ferro entrato nella
cellula sia trasferito sulla membrana basolaterale non è ancora chiaro, ma probabilmente vi è
coinvolta la ferrossidasi intracellulare efestina. Il trasporto basolaterale al di fuori della cellula è
invece mediato dalla proteina di membrana IREG1, chiamata anche Ferroportina. Efestina
probabilmente è in diretto contatto con IREG1 ed è ipotizzato che ossidi il ferro ferroso (Fe2+ a
Fe3+) per permettere il suo legame con la transferrina. Il complesso Fe-transferrina, trasportato
attraverso la circolazione sanguigna nei diversi distretti corporei, lega infine il recettore per la
transferrina ed è internalizzato per endocitosi dalla cellula che lo esponeva sulla sua superficie.
L'acidificazione del lume dell'endosoma ad opera della ATPasi vacuolare (tipo V) permette la
dissociazione di Fe3+ dalla transferrina e fornisce anche il gradiente protonico che costituisce
l'energia motrice necessaria al trasporto da parte di Nramp2 di Fe2+ nel citoplasma.
È stato dimostrato che Nramp2 cotrasporta Fe2+ insieme con H+ con una stechiometria di 1:1. Il
trasporto di ioni metallici è quindi dipendente dalla concentrazione di protoni sul lato esterno
della membrana. Di conseguenza un calo di tale concentrazione di protoni è una parte integrale
del meccanismo di azione del trasportatore e il trasporto di cationi divalenti dipende dalla
presenza di ioni metallici nel terreno di coltura ed dal potenziale di membrana, aumentando

Fig.8 (Nevo e Nelson, 2006)


Rappresentazione schematica delle conformazioni di Nramp2 coinvolte nel trasporto
di protoni e ioni metallici

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quando il potenziale diventa più negativo. Il meccanismo di trasporto degli ioni metallici è basato
su processi di cambiamento conformazionale della proteina, come rappresentato nella figura 8. Il
legame dello ione metallico provoca l'ingresso di un protone nel sito di legame interno al
trasportatore. Questo legame provoca a sua volta il movimento dello ione metallico verso
l'apposito sito di legame interno e si viene così a generare un cambiamento conformazionale che
determina il formarsi di un semi-canale che permette il trasporto protone-dipendente di ioni
metallici (Nevo e Nelson, 2006).

3.3 NRAMP1
Nramp1 codifica per una fosfoproteina integrale di membrana di 548 amminoacidi di dimensione
estremamente glicosilata. La sua sequenza amminoacidica rivela una molecola particolarmente
idrofobica con 12 segmenti transmembrana (TMS), fatto che supporta la sua funzione di trasporto
(Fig. 9). Vi si identificano inoltre un loop extracellulare estremamente glicosilato, molti siti di
fosforilazione e un motivo di trasporto.
L'espressione di Nramp1 è ristretta alle cellule fagocitiche: la proteina modifica l'ambiente
intravescicolare del fagosoma dopo fagocitosi ed inibisce “in situ” la replicazione microbica.
Studi di immunofluorescenza hanno mostrato che Nramp1 colocalizza con un marker lisosomiale,
Lamp1 (Lysosomal-asociated membrane protein 1), negli endosomi tardivi e nei lisosomi dei
macrofagi. Dopo la fagocitosi di particelle inerti o di microrganismi viventi (batteri, lieviti,
protozoi) sia Nramp1 sia Lamp1 sono recrutati con cinetica simile sulla membrana dei fagosomi

Fig. 9 (Barton et all, 1999)


Rappresentazione schematica del polipeptide murino Nramp1. Sono evidenziati i siti di fosforilazione
(in nero), il motivo di trasporto altamente conservato (in giallo) e i siti di glicosilazione posti sulla
faccia distale della membrana (in rosso)

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che circondano il materiale inghiottito (Cellier et all, 2007). Risultati analoghi sono stati ottenuti
attraverso la colocalizzazione di Nramp1(C)-GFP con vatA, una subunità dell'H+ATPasi
vacuolare, in fagosomi di cellule di Dictyostelium Discoideum incubate con particelle di lievito
(Fig. 10-A). Inoltre, come mostrato in Fig. 10-B, sia batteri patogeni che non sono situati, dopo
ingestione, in fagosomi positivi per Nramp1. La proteina Nramp1 è così localizzata dove può
avere una diretta influenza sul microambiente del patogeno, ulteriore prova del link esistente tra la
proteina Nramp1 e la resistenza a batteri intracellulari.
Il ruolo di Nramp1 nella resistenza a patogeni intracellulari è dimostrato nel topo attraverso l'uso
di topi KO e transgenici. Una mutazione recessiva che inserisca una carica negativa nel TMS4
della proteina Nramp1 murina (Gly128Asp) impedisce la normale espressione della proteina, come

Fig.10 (Peracino et all, 2006)


Localizzazione di Nramp1(C)-GFP a vatA nei fagosomi

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osservato attraverso immunoprecipitazione. Questa perdita di funzione determina fenotipicamente
un'aumentata sensibilità ad infezioni da parte di batteri e parassiti intracellulari (es. Mycobacteria,
Salmonella enterica typhimurium, Leishmania donovani) che è stata misurata come un aumento
della crescita microbica nel reticolo endoteliale dell'ospite. Infatti i patogeni penetrati
nell'organismo sono rapidamente ingeriti da macrofagi e possono trovare dentro i fagosomi privi
della proteina Nramp1 funzionante una nicchia permissiva dove possano sopravvivere e replicare.
Nel caso di infezioni da Salmonella typhimurium, i topi KO per Nramp1 rapidamente muoiono.
Tale aumento della sensibilità ad alcuni patogeni può essere inoltre corretta attraverso
inserzionedel gene Nramp1 wild-type.
Ortologhi di Nramp1 sono stati identificati in mammiferi, uccelli e anfibi (Fig. 1) e si ritiene che
svolgano funzioni simili. Nramp1 umano mostra un profilo di espressione simile a quello
dell'ortologo murino. Il gene Nramp1 umano è stato clonato e localizzato sul braccio lungo del
cromosoma 2 (2q35) ed è espresso in tutte le linee ematopoietiche esaminate inclusi monociti,
macrofagi e linfociti B e T. I suoi polimorfismi sono inoltre stati associati con la resistenza innata
a infezioni micobatteriche, come la tubercolosi e la lebbra, in diversi background etnici. Ciò
comporta che il ruolo di Nramp1 scoperto nell'immunità innata dei topi è conservato nell'uomo.
Osservazioni simili sono state raccolte anche per quanto riguarda altre specie di vertebrati, come
scimmie, cavalli, pecore, maiali, cani e polli. Nramp1 sembra quindi avere un ruolo importante
nell'immunità innata dei vertebrati (Cellier et all, 2007).

3.4 IPOTESI SUL FUNZIONAMENTO DI NRAMP1


Molti studi hanno dimostrato che Nramp1 trasporta ioni metallici divalenti (inclusi Mn2+, Fe2+ e
Co2+). Però, per quanto riguarda la direzione di questo trasporto, sono state sviluppate due diverse
ipotesi contrastanti. Alcuni ricercatori hanno proposto che Nramp1 pompi ioni metallici nel
fagosoma del macrofago e accumuli tali ioni nel suo lume (Fig. 11-B). Hanno infatti osservato che
macrofagi che esprimono Nramp1 cresciuti in presenza di 55Fe2+ accumulano una quantità di Fe2+
quattro volte maggiore nei loro fagosomi rispetto a cellule che mancano di tale proteina. In
particolare Zwilling et all, usando macrofagi murini della linea cellulare RAW264.7 trasfettate
con l'allele Nramp1Gly169 wild type (resistente alle infezioni), hanno ottenuto prove che
suggeriscono che Nramp1 trasporti il ferro dentro i fagosomi contenenti M. Avium. Inoltre nelle
cellule che esprimono Nramp1Gly169 si genera una quantità superiore di radicali liberi. Secondo
questa ipotesi, quindi, Nramp1 opera come un antiporto pH-dipendente, importando cationi
divalenti nei fagosomi contenenti il patogeno fagocitato. I cationi ivi accumulati generano
attraverso le reazioni di Haber-Weiss (catalizzate appunto da Fe) molti radicali radicali liberi che
svolgono sul patogeno un'azione antibatterica (Zwilling et all, 1998).

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Fig. 11 (Cellier et all, 2007)
Due ipotesi del funzionamento di Nramp1 nell'interazione macrofago-patogeno.

Anche se questa ipotesi è potenzialmente attraente, pone però molti problemi. Primo, il trasporto
ad opera di Nramp1 avverrebbe in direzione opposta a quello di Nramp2, nonostante siano due
proteine molto simili. Inoltre, essendo il ferro un elemento essenziale per la crescita batterica, un
meccanismo anti-microbico con cui Nramp1 fornisce ferro ai microrganismi fagocitati sembra
controintuitivo (Forbes e Gros, 2001).
L'altra ipotesi sul funzionamento di Nramp1, la più accreditata, propone che il trasportatore pompi
gli ioni metallici dal fagosoma nel citoplasma (Fig. 11-A). Lo stesso comportamento, come già
visto, è stato inoltre dimostrato per Nramp2, il quale sembra avere un ruolo nel riciclare il ferro
contenuto in eritrociti senescenti, i quali costituiscono la principale fonte di ferro del nostro
organismo, e in spermatozoi degenerati. Si ritiene che queste due proteine, data la loro
somiglianza strutturale, abbiano analogo meccanismo di azione. Esperimenti svolti usando
55
radioisotopi Fe2+ e 54
Mn2+ hanno dimostrato che sia Nramp1 sia DMT1 mediano l'uptake
cellulare di Mn2+, Fe2+ e Co2+, e che questo trasporto provoca una riduzione del gradiente
protonico. Tutto ciò quindi suggerisce che queste due proteine, data la loro somiglianza
strutturale, abbiano analogo meccanismo di azione (Cellier et all, 2007).
Questa seconda ipotesi trova legittimazione soprattutto nei risultati raggiunti dal gruppo Bozzaro.
Essi sono riusciti ad ottenere e studiare il KO del gene Nramp1 nel modello animale
Dictyostelium Discoideum. Inoltre hanno purificato dei fagosomi utilizzando la stessa tecnica
adottata dal gruppo Zwilling sui macrofagi. Il trasporto di cationi divalenti attraverso la
membrana fagosomiale è stato analizzato incubando tali fagosomi con ferro marcato
radioattivamente e in presenza o in assenza di ATP (gli esperimenti condotti da Zwilling erano
tutti condotti in assenza di ATP).
I risultati ottenuti mostrano che la direzionalità del trasporto del ferro è influenzata proprio
dall'ATP. In sua assenza è stato rilevato un netto ingresso di ferro, mentre la presenza di ATP ne

16
induce la fuoriuscita dai fagosomi. Tali evidenze hanno portato a ipotizzare che l'ATP sia richiesto
per l'attività della H+ATPasi vescicolare e quindi per l'ingresso di protoni nel fagolisosoma. La
fuoriuscita di questi protoni attraverso Nramp1 sarebbe poi necessaria per l'attività come simporto
di Nramp1 stesso. Il ferro risulterebbe allora rimosso dal lume vescicolare (Peracino et all, 2006).
La figura 12 schematizza in modo chiaro la funzione, secondo l'ipotesi dimostrata da Peracino et
all, di Nramp1 nell'interazione ospite-patogeno. Nei macrofagi che esprimono la proteina Nramp1
funzionante (Fig. 12-A) i batteri sono fagocitati e sono circondati da un fagosoma derivato dalla
membrana plasmatica. In seguito vescicole endosomiali positive per Nramp1 e LAMP-1si
fondono con questo fagosoma. Nel fagolisosoma così formatosi gli omolighi di Nramp umano e

Fig.12 (Forbes a Gros, 2001)


Schematizzazione del trasporto di metalli divalenti da parte delle proteine
Nramp all'interfaccia delle interazioni ospite-patogeno
17
batterico (MntH) trasportano entrambi cationi divalenti in direzione però opposta, competendo per
la loro acquisizione dal lume del fagolisosoma. Limitando la quantità di metalli divalenti
disponibili per il batterio, Nramp1 riduce la capacità del patogeno di replicare, di esprimere
determinanti associati con l'inibizione della maturazione del fagosoma e/o di produrre enzimi
detossificanti dipendenti dagli ioni metallici funzionanti. In assenza, invece, di Nramp1, i batteri
fagocitati riescono a impedire la fusione del fagosoma con le vescicole lisosomiali e endosomiali
tardive (in cui sarebbe espresso Nramp1), lasciandolo immaturo e poco battericida.
Nonostante la disputa sulla direzionalità del trasporto, non vi sono invece dubbi sulla necessità del
trasporto di cationi divalenti ad opera di Nramp1 per la difesa contro le infezioni batteriche. Come
già detto l'ipotesi più accreditata è quella che dà a Nramp1 la funzione di rimuovere gli ioni
metallici, nutrienti essenziali, dal fagosoma contenente il patogeno in modo da ridurre l'attività dei
suoi metalloenzimi, necessari per difenderlo contro i radicali liberi (ROS) e/o l'ossido nitrico NO
che vengono riversati contro di esso (Cellier et all, 2007).
Al contrario, un aumento della concentrazione di ioni metallici nel fagosoma causata dalla
produzione di trasportatori Nramp mal funzionanti promuoverebbe la crescita del batterio e
renderebbe l'organismo invaso particolarmente sensibile ad invasioni da parte di quel patogeno
(Nevo e Nelson, 2006).

4. RUOLO DI NRAMP1 NELLA RESISTENZA AI PATOGENI INTRACELLULARI


Oltre al ruolo di Slc11a1 come trasportatore protone-dipendente di ioni divalenti come il ferro e il
manganese, questa proteina svolge altre importanti funzioni di modulazione dell'immunità innata.
Essa modula infatti la produzione di chemochine e citochine come la proteina infiammatoria dei
macrofagi 1-alfa (Mip-1α), TNF-α e l'interleuchina IL-1β, la formazione di radicali liberi (ROS) e
la presentazione e processazione degli antigeni. Tutto ciò perchè molte funzioni immunitarie dei
macrofagi sono altamente influenzate dal ferro. Mentre tracce di ferro sono richieste dalla
generazione di ROS, molte vie di protezione dell'ospite sostenute dai fagociti mononucleari, come
quelle guidate dall'interferon-gamma (IFN-γ), sono indebolite da elevati contenuti di ferro nei
macrofagi. Per esempio, un sovraccarico di ferro nei macrofagi risulta in una ridotta espressione
di TNF-α, della sintasi dell'ossido nitrico (NOS) e del complesso maggiore di istocompatibilità di
classe II, riducendo così contemporaneamente la produzione di citochine, l'eliminazione batterica
attraverso i ROS e gli RNS (rispettivamente specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto) e della
presentazione di antigeni ( Nairz et all, 2009)
Il segnale di TNF-α e l'espressione di NOS sono di grandissima importanza nell'immunità innata
contro la Salmonella Typhimurium. Come da una parte il ferro esercita effetti inibitori su queste
vie antimicrobiche, un suo sovraccarico del sistema fagocitico mononucleare è associato con
un'aumentata incidenza di infezioni. Per meglio comprendere le funzioni pleiotropiche di Slc11a1

18
nella protezione dell'ospite contro i patogeni intracellulari, è stato analizzato il seguente studio:
Slc11a1 limits intracellular growth of Salmonella enterica sv. Tuphimurium by
promoting macrophage immune effector functions and impairing bacterial iron
acquisition
M. Nairz, G. Fritsche, M.V. Crouch, H.C. Barton, F.C. Fang, G. Weiss;
Cellular Microbiology 11: 1365-1381, Giugno 2009
In questo articolo il gruppo di Weiss ha dimostrato che macrofagi mancanti della proteina Slc11a1
funzionante mostrano una aumentata espressione del recettore 1 per la transferrina e quindi
un'aumentata acquisizione di ferro legato alla transferrina. In contrasto, il rilascio di ferro
cellulare mediato dalla ferroportina 1 è significatamente più basso in macrofagi Slc11a1- infettati
da Salmonella confrontato con quello di fagociti portanti Slc11a1 funzionanti. La mancanza di
Slc11a1 conduce alla persistenza di S. enterica serovar Typhimurium nei macrofagi,
accompagnata da una ridotta formazione di ossido nitrico, di TNF-α e di IL-6 in macrofagi
Slc11a1- in seguito ad infezione da parte di Salmonella, mentre la produzione di IL-10 ne risulta
aumentata. Inoltre, fagociti Slc11a1- mostrano un contenuto in ferro maggiore e quindi una
risultante aumentata acquisizione di ferro da parte di Salmonella. Queste osservazioni indicano un
ruolo bifunzionale di Slc11a1 nei fagociti: riduce la disponibilità di ferro, fatto che da un lato
aumenta le funzioni pro-infiammatorie dei macrofagi e dall'altro limita l'accesso del patogeno al
ferro.
Sono di seguito riportate le parti principali di questo studio.

4.1 EFFETTI DI SLC11A1 SULL'ACQUISIZIONE, IL RILASCIO E IL CONTENUTO DI

FERRO NEI MACROFAGI IN SEGUITO A INFEZIONE


I macrofagi possono acquisire il ferro non legato alla transferrina (non-transferrin-bound iron
NTBI) attraverso DMT1 (Nramp2) e il ferro complessato con la transferrina (transferrin-bound
iron TBI) attraverso il recettore 1 per la transferrina (TfR1). La fagocitosi di eritrociti senescenti
fornisce inoltre ai macrofagi il ferro contenuto nei gruppi eme dell'emoglobina, il quale è
rilasciato dopo degradazione enzimatica ad opera dell'ossigenasi Hmox1. Surplus di ferro possono
essere immagazzinati complessandoli con ferretina o esportandoli fuori dal macrofago attraverso
la ferroportina 1 (Fpn1), che costituisce l'unica proteina nota di esporto del ferro dalla cellula.
Per studiare l'effetto di Slc11a1 sull'acquisizione e il rilascio di ferro dai macrofagi infettati con
Salmonella il gruppo di Weiss ha confrontato due diverse linee cellulari: le cellule RAW-21,
mancanti della proteina Slc11a1 funzionante, e le cellule RAW-37, dotate invece di Slc11a1
funzionante. In esse sono stati misurati i livelli di mRNA di TfR1 e dell'uptake di ferro mediato

19
Fig. 13 (Nairz et all, 2009)
Effetto di Slc11a1 sull'acquisizione e il rilascio di ferro da macrofagi infettati con Salmonella. Cellule
RAW-21 (colonne grigio chiaro) e cellule RAW-37 (colonne grigio scuro) infettate con S. Typhimurum (S.
tm.) e stimolate per 24 ore con IFN-γ.

dalla transferrina, osservando un loro aumento nelle cellule RAW-21 rispetto alle cellule RAW-
37. Le stesse differenze sono visibili anche dopo aver infettato le cellule con Salmonella e/o dopo
trattamento con IFN-γ (Fig. 13-A e B). Al contrario, né l'espressione di DMT1 né l'uptake di
NTBI differiscono significatamente tra i due ceppi cellulari.
Per quanto riguarda invece il rilascio di ferro, mentre i livelli di mRNA di Fpn1 non differiscono
tra RAW-21 e RAW-37, l'infezione da Salmonella provoca approssimativamente una riduzione
dell'80% dell'espressione di Fpn1 nelle cellule RAW-21 mancanti di Slc11a1 funzionante
(P<0,05). La stessa differenza è visibile anche in cellule infettate con Salmonella e
successivamente trattate con IFN-γ (Fig. 13-C). In parallelo con la riduzione dell'espressione di
Fpn1, l'efflusso di ferro cellulare è ridotto di approssimativamente il 95-100% nelle cellule RAW-
21 infettate con Salmonella con o senza stimolazione con IFN-γ, in contrasto con le cellule RAW-
37 sottoposte allo stesso trattamento (Fig. 13-D). Gli osservati cambiamenti nei livelli di mRNA

20
di TfR1 e Fpn1 sono inoltre simili ai livelli di espressioni delle corrispondenti proteine, come
rilevato analizzando i lisati cellulari attraverso immunoblotting con anticorpi specifici per TfR1 e
Fpn1 (Fig. 14).
Per esaminare l'effetto di Slc11a1 sulla disponibilità di ferro nei macrofagi infettati da Salmonella,
nello studio è stato poi esaminata l'espressione della proteina adibita all'immagazzinamento del
ferro, la ferretina. I livelli del suo mRNA e anche della proteina stessa risultano aumentati
dall'infezione da parte di Salmonella in entrambe RAW-21 e RAW-37 rispetto alle cellule non
infettate. Comunque, Slc11a1 non influenza l'espressione della ferretina visto che nessuna

Fig.14 (Nairz et all, 2009)


Cellule RAW-21 e RAW-37 sono infettate con Salmonella e stimolate con IFN- γ come descritto nella
figura 8 e sono analizzate attraverso immunoblotting. Il caricamento di uguali quantità di estratto
proteico è confermato attraverso l'uso di anticorpi anti-actina (pannello più in basso)

differenza è stata osservata tra i due tipi cellulari (Fig. 15-A e B). Tuttavia, analizzando invece
direttamente il contenuto di ferro nella cellula attraverso spettrometria, si è osservato che il suo
valore diminuisce dopo infezione con Salmonella in entrambi i tipi cellulari, ma nelle cellule
RAW-21 in misura minore (43-63% del contenuto di ferro più elevato) rispetto alle cellule RAW-
37 (P<0,05) (Fig. 15-C).

21
Fig. 15 (Nairz et all, 2009)
Effetto di Slc11a1 sull'espressione della ferretina (A e B) e sul contenuto intracellulare di
ferro in macrofagi infettati con Salmonella

4.2 IMPATTO DI SLC11A1 SULLE FUNZIONI IMMUNITARIE DEI MACROFAGI


Per comprendere gli effetti di Slc11a1 sull'immunità innata, il gruppo di Weiss ha determinato le
concentrazioni di mediatori della risposta immunitaria dei macrofagi in colture di cellule RAW-21
e cellule RAW-37 stimolate con IFN-γ e/o infettate con Salmonella. Prima di tutto hanno
osservato che la produzione di RNS, determinata misurando i livelli dei nitriti nel supernatante di
colture cellulari, è significativamente più bassa nelle cellule RAW-21 che nelle cellule RAW-37
che esprimono Slc11a1 (Fig. 16-A). Al contrario, Slc11a1 non ha effetto sulla produzione di ROS.
La presenza di Slc11a1, inoltre, è anche correlata con l'espressione di molte citochine prodotte dai
macrofagi. Dopo l'infezione con Salmonella e con o senza l'addizione di IFN-γ, le cellule RAW-
21 che mancano della proteina Slc11a1 funzionante secernono una quantità notevolmente
inferiore di TNF-α e di IL-6 (Fig.16-B e C) e una quantità significativamente superiore di IL-10

22
Fig. 16 (Nairz et all, 2009)
Impatto di Slc11a1 sulle funzioni immunitarie dei macrofagi dopo stimolazione
con IFN- γ

rispetto a quanto misurato per macrofagi RAW-37 trattati nello stesso modo (Fig.16-D). A
dimostrazione dell'effetto di Slc11a1 sull'attività antimicrobica dei macrofagi è stata osservata una
maggiore sopravvivenza batterica nelle cellule RAW-21 che non esprimono Slc11a1 (Fig. 17).

Fig. 17 (Nairz et all, 2009)


Impatto di Slc11a1 sulla sopravvivenza intracellulare di Salmonella

23
Fig.18 (Nairz et all, 2009)
Impatto di Slc11a1 sulle funzioni immunitarie dei macrofagi in presenza di perturbazioni della
quantità di ferro esogeno disponibile

La stimolazione con IFN-γ riesce a ridurre significativamente la sopravvivenza di Salmonella in


entrambi i tipi cellulari. Risultati differenti invece si ottengono nei due ceppi aumentando la
quantità di ferro TBI disponibile per le cellule: nel ceppo RAW-21 determina un aumento dose-
dipendente della sopravvivenza di Salmonella, mentre la presenza di Slc11a1 nelle cellule RAW-
37 abroga efficientemente questa promozione della sopravvivenza batterica (Fig. 18-A). Inoltre
surplus di TBI sono in grado di ridurre in modo dose-dipendente la generazione di nitriti e la
secrezione di TNF-α nei macrofagi RAW-21 infettati, fatto non osservato nei fagociti RAW-37
(Fig. 19-B e C). Infine, l'aumento dei livelli di TBI aumenta l'espressione di IL-10 nelle cellule
RAW-21 infettate, mentre i bassi livelli di IL-10 osservati nelle cellule RAW-37 non sono alterati
da ferro supplementare (Fig. 18-D).

24
4.3 SLC11A1 LIMITA LA DISPONIBILITÀ DI FERRO PER I PATOGENI

INTRACELLULARI
Per verificare se alterazioni dei flussi di ferro attraverso la membrana da parte di Slc11a1 possono
alterare l'acquisizione di ferro da parte di batteri intracellulari, nello studio preso in esame è stata
59
misurata l'internalizzazione di Fe in Salmonella intracellulare, risultando essere
significativamente più alta nelle cellule RAW-21 se confrontata con quella osservata per il ceppo
RAW-37 (Fig. 19-A e B). In entrambi i casi, quindi indipendentemente dalla presenza di Slc11a1
funzionante, il trattamento con IFN-γ ha permesso di ridurre la disponibilità di ferro per
Salmonella fagocitata.

Fig.19 (Nairz et all, 2009)


Limitazione della disponibilità di ferro intracellulare per Salmonella in presenza di Slc11a1

4.4 CONCLUSIONI
Lo studio analizzato dimostra che Slc11a1 esercita molte funzioni all'interno dei macrofagi
infettati da Salmonella, influenzando sia le risposte antimicrobiche sia l'accesso dei batteri
intracellulari al ferro cellulare. In particolar modo, l'espressione di Slc11a1 riduce i livelli di ferro
intracellulare nei macrofagi infettati da Salmonella, obiettivo che viene raggiunto attraverso due
diverse vie: la riduzione dell'uptake di ferro mediato dal recettore per la transferrina TfR1 e
l'aumento dell'efflusso di ferro mediato da Fpn1 (Fig. 13). Questi eventi limitano la disponibilità
di ferro per la Salmonella residente nei vacuoli fagosomiali. Inoltre, a causa degli effetti regolatori
del ferro sulle vie mediate da IFN-γ nel macrofago, la riduzione della concentrazione di ferro
intracellulare promuove la produzione di TNF-α e IL-6 (citochine pro-infiammatorie) e
l'espressione di NOS, e sopprime la secrezione di IL-10 (citochina anti-infiammatoria). Questi
risultati portano ad ipotizzare che l'aumentata produzione di citochine pro-infiammatorie insieme
25
alla ridotta produzione del mediatore anti-infiammatorio IL-10 possano contribuire all'aumentata
resistenza alle infezioni che è associata a Slc11a1 sia nel topo che nell'uomo.
Sono poi state osservate differenze nell'influenza del ferro nella generazione di nitriti, TNF-α, IL-
6 e IL-10 in macrofagi infettati con Salmonella. Mentre l'addizione di TBI inibisce la produzione
di nitriti e TNF-α esclusivamente nei fagociti RAW-21 che mancano di Slc11a1, l'opposto si
osserva nelle cellule RAW-37. Il contrario è inoltre vero per IL-10: mentre le cellule RAW-37
sono capaci di limitarne la secrezione di fronte all'aumento dei livelli di ferro, i macrofagi RAW-
21 rispondono all'esposizione ad alte concentrazioni di TBI producendo più elevati livelli di IL-
10. Nelle cellule RAW-37 il ferro è velocemente rimosso dal citoplasma attraverso i trasportatori
Fpn1. Invece nelle cellule prive di Slc11a1 il ferro si accumula e provoca così l'inibizione delle
vie pro-infiammatorie e la promozione della formazione di IL-10.
I meccanismi molecolari con cui Slc11a1 aumenta i livelli di TNF-α, IL-6 e RNS non sono
ancora noti. Dato che nelle cellule RAW-37 che esprimono Slc11a1 sono più elevati i livelli degli
mRNA di TNF-α, IL-6 e NOS, deve essere coinvolto un meccanismo trascrizionale o post-
trascrizionale. Alcuni studi hanno proposto che in ciò l'azione di Slc11a1 consisterebbe nel
prolungare la vita media degli mRNA di TNF-α e NOS.
Come visto percedentemente, alcuni studi ipotizzano che la funzione di Slc11a1 sia quella di
trasportare i ferro dal citoplasma all'interno del fagosoma contenente il batterio intracellulare dove
potrebbe aumentare la produzione di ROS. I risultati raggiunti dal gruppo di Weiss, però,
mostrano una ridotta acquisizione di ferro da parte della Salmonella fagocitata in cellule che
esprimono Slc11a1 funzionante. Ciò rafforza l'idea che Slc11a1 trasferisca il ferro dal
compartimento fagolisosomiale nello spazio citosolico.
Per riassumere, lo studio proposto e analizzato in questa sede propone quindi un ruolo duplice
della proteina di trasporto fagolisosomiale Slc11a1 nel promuovere la resistenza dell'ospite contro
microbi intracellulari come S. Typhimurium. Riducendo il contenuto intracellulare di ferro nei
macrofagi infettati, Slc11a1 riduce l'accesso al ferro dei batteri ingeriti e in contemporanea
promuove la generazione di molecole antimicrobiche come NO (Fig.20).

26
Fig. 21 (Blackwell et all, 2003)
Fig. 20 (Fritsche et all, 2008)
Schema delle interazioni tra il metabolismo del ferro, l'attività di Nramp1 e la formazione di NO nei
macrofagi.

5. NRAMP E LE PATOLOGIE AUTOIMMUNI


I multipli effetti pleiotropici di Nramp1 sull'attivazione dei macrofagi suggeriscono che esista una
qualche associazione tra Slc11a1 e le patologie autoimmuni, come evidenziato in molti diversi
studi (Tabella 1).
E' stato identificato un polimorfismo di ripetizione, indicato con (GT)n, nel promotore del gene
umano Slc11a1 che ne regola l'espressione. La sequenza contiene una struttura Z-DNA ripetuta e
ne sono stati identificati 4 alleli: 1 t(gt)5ac(gt)5ac(gt)11g; 2 t(gt)5ac(gt)5ac(gt)10g; 3
t(gt)5ac(gt)5ac(gt)9g; 4 t(gt)5ac(gt)9g. Gli alleli 1 e 4 sono rari (frequenza del gene ~0,001); gli
alleli 2 e 3 presentano invece una frequenza di ~0,25 e ~0,75 rispettivamente. In assenza di
stimoli esterni, l'allele 3 ha livelli di espressione da cinque a otto volte più alti degli altri
(Blackwell et all, 2001).
Inoltre l'allele 3 ha la più alta associazione con patologie autoimmuni, mentre quello con i più
bassi livelli di espressione, l'allele 2, è comunemente associato con la suscettibilità a molti agenti
infettivi. Diversi studi suggeriscono che esistano delle forze di selezione che mantengono un
equilibrio tra questi due alleli nella popolazione (Fig. 21). Individui omozigoti per l'allele 3 di
Slc11a1 producono livelli più alti di TNFα e sono quindi suscettibili anche ad alcune patologie
infettive (es. meningite meningococcica e leishmaniosi viscerale), dove un'acuta risposta pro-
infiammatoria può mediare lo svilupparsi della malattia (in Sudan l'allele 3 è significativamente

27
Tabella 1 (“Slc11a1 (formerly Nramp1) and disease resistance”, Blackwell, 2001)
Nella tabella sono indicate le patologie autoimmuni e infettive associate agli alleli di Slc11a1

associato a leishmaniosi viscerale) (Blackwell et all, 2003).


Oltre alla scoperta di polimorfismi del gene associati a un maggiore rischio di sviluppare
patologie autoimmuni, in un recente studio condotto dal gruppo di Sercarz (Dai et all, 2009) è
stato ipotizzato che Slc11a1 possa alterare la processazione e presentazione di alcuni antigeni
responsabili di risposte autoimmuni. In particolare nell'articolo è testata l'ipotesi che Slc11a1
possa contribuire alla suscettibilità al diabete mellito di tipo 1: la presenza di questa proteina
sarebbe correlata a un'aumentata acidificazione delle vescicole intracellulari, esponendo così
l'antigene a enzimi idrolitici e alterando la presentazione degli epitopi sulle molecole MHC.

28
Fig. 21 (Blackwell et all, 2001)

6. CONCLUSIONE
Gli ioni dei metalli di transizione sono essenziali per la vita e partecipano a molte funzioni
cellulari. Queste includono la regolazione della trascrizione, le funzioni di centinaia di enzimi
(incluso iNOS) e processi cellulari come la fusione endosomiale. La famiglia Nramp è costituita
da trasportatori di cationi divalenti, come Fe2+, Zn2+ e Mn2+. I suoi membri giocano dunque un
ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi degli ioni metallici e quindi di
importantissime funzioni cellulari. In particolare Slc11a1, noto anche come Nramp1, controllando
le concentrazioni del ferro nell’ambiente interno dei fagosomi (e quindi anche nel citoplasma)
costituisce un elemento fondamentale della risposta immunitaria e la sua espressione dona
resistenza a molti diversi patogeni intracellulari. Duplice è la sua funzione in questo senso: da un
lato promuove la produzione di molecole antimicrobiche, come NO, e dall’altro altera le
concentrazioni di ferro contenute nel vacuolo in cui risiede il patogeno fagocitato. La direzione di
questo trasporto è ancora motivo di disaccordo. Come riportato, l’ipotesi più accreditata è che
Nramp1 sia coinvolto nell’eflusso di ferro dal fagolisosoma privando così il microrganismo di
questo nutriente essenziale. Indubbia è però la sua importanza e la necessità di studiare
approfonditamente questa proteina per scoprire il suo ruolo nelle infezioni e nele patologie
autoimmuni. Una migliore comprensione delle difese naturali in cui è coinvolta potrebbe fornire
strategie alternative di intervento nella lotta contro le infezioni, per esempio contro gli emergenti
ceppi di microbi resistenti ai farmaci, e contro le malattie autoimmuni.

29
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