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24.03.

2020

Il motivo che spinge artisti e architetti ad andare contro le regole codificate è il


sentore di crisi dei valori universali: il 1615 si può considerare la fine della
trattatistica rinascimentale e corrisponde con l’anno di pubblicazione a Venezia
del trattato di Francesco Scamozzi sul cui frontespizio è scritto ‘dell’idea di
architettura universale’. L’architettura del ‘600 ha bisogno di andare alla ricerca
di nuovi principi compositivi che restituiscano dei valori e dei consensi che
diventino essi stessi universali. Le premesse della discutibilità dei valori c’erano
già prima del ‘600: già Michelangelo, Palladio, Giulio Romano, Raffaello, Leon
Battista Alberti, Baldassarre Peruzzi e il suo allievo Sebastiano Serlio, mettono
in discussione i rapporti tra la forma e la tipologia e fanno sperimentazioni. Ad
esempio Palladio attribuisce alle residenze le caratteristiche maestose prima
attribuito ai templi: in questo modo sacralizza il profano e laicizza il sacro.
Vitruvio icnografia e iconografia. artefatto. parasta - lesena
In età barocca si pensava che l’universo fosse così variegato che solo le forme
dei cinque ordini lo avrebbero appiattito mentre invece bisognava ricercare una
varietas di forme e dei nuovi valori universali.
Per la generazione che giunge alla propria maturità artistica già a partire dai
primi del ‘600 si porrà un’alternativa: accettare le conclusioni più estreme del
dibattito cinquecentesco oppure tentare delle sintesi nuovi che possano
sostituirsi alla crisi denunciata da alcuni dei protagonisti del secolo precedente.
Borromini ad esempio percorrerà la prima strada, mentre Bernini percorrerà
la seconda. E’ come se Borromini seguisse e proseguisse gli azzardi già tentati
da Michelangelo (Porta Pia, Biblioteca Laurenziana, Cappelle medicee),
mentre Bernini portasse alle estreme conseguenze ciò che già Palladio aveva
fatto, ovvero elaborare il linguaggio classico verso strade, sintesi e tipologie
nuove.
Carlo Maderno, zio di Borromini e nipote di Domenico Fontana, è uno dei
giganti della produzione architettonica del ‘600. Sia Borromini che Maderno
erano lombardi e quindi dediti a una tradizione dell’uso del marmo, della
pietra, dei mosaici ed ereditieri delle competenze della scultura del marmo
applicandole alle facciate di chiese e case. Agli inizi del ‘600 sulla Via Pia
Maderno fa il progetto della chiesa di Santa Susanna che si può considerare
come il primo esempio di barocco sulla facciata di un’architettura religiosa.

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La facciata è divisibile in due rettangoli, uno maggiore, la base, e uno minore.
Analizzando una parte della facciata simmetrica si trova come soluzione
d’angolo una parasta, poi due colonne alveolate nell’intercolumnio tra le quali
si trova una nicchia timpanata. L’ingresso è riquadrato da colonne addossate
alla parete, in parte in alveolo, in parte chiuse, adiacenti a delle paraste con
relativi capitelli, che sostengono la rispettiva trabeazione sormontata dal
frontone triangolare. Gli effetti di ombra mostrano il movimento, la plasticità
della facciata.
La facciata da informazioni sulla pianta: si tratta di una pianta longitudinale,
non a pianta centrale, con una navata centrale e cappelle laterali addossate alla
navata centrale.
La facciata si completa nell’ordine superiore con paraste che avanzano
solamente nel corpo centrale che corrisponde all’ingresso.
La balaustra che sormonta gli spioventi del tetto è un’invenzione barocca:
Maderno è il primo a fare questa cosa e ad andare oltre i limiti della rigidità del
classico.

Le soluzioni d’angolo danno un segno di finitio, di conclusione di qualcosa.


PARASTA funzione strutturale/LESENA funzione decorativa
COLONNA ALVEOLATA, INALVEOLATA, IN ALVEOLO colonna letteralmente
incassata in un "alveo", ossia in una nicchia
FRONTONE elemento architettonico di forma triangolare posto a coronamento della facciata
di un edificio e che racchiude il timpano;Ebbe massima diffusione nell'architettura del tempio
greco
Maderno è più famoso per S. Pietro dove deve progettare una facciata classicheggiante per una
chiesa che ha una pianta a cinque navate sulla pianta di una chiesa paleocristiana a croce latina.
In facciata sormonta con un timpano triangolare il primo ordine e realizza un piano attico,
criticato da molti perché copriva la maestosità della cupola di Michelangelo. Ovviamente non
poteva fare due ordini altrimenti la chiesa, per quanto la pianta era larga a causa dei molti
interventi, sarebbe stata enorme. Si tratta di un’architettura ancora bidimensionale.
TRABEAZIONE TRIUNFATA
Sant’Ignazio di Loyola: siamo sul filone palladiano, la seconda strada. La trabeazione triunfata
mette in risalto il movimento, l’aggetto come in un arco di trionfo (vedi arco di Costantino): non
si tratta più di una facciata rigida, bidimensionale, non si sviluppa più su uno o due piani ma su
più piani. In pianta si vede che c’è un’articolazione della rigidità vignolesca, si vede una sorta di
zig zag. Nel fastigio finale addirittura le linee inclinate del frontone si spezzano e si aggettano.
Non c’è più la bizzarria della balaustra di Maderno, c’è un linguaggio più controllato, ma la

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movimentazione della facciata è estrema. L’attribuzione è incerta: si pensa sia stata realizzata da
padre Orazio Grassi, o da Pozzo, o da Domenichino. Il seicento è pieno di architetti, il mondo
dell’architettura comincia ad affollarsi.
Come Martino Longhi il Giovane, figlio di Martino Longhi il Vecchio, che realizza la chiesa dei
Santi Vincenzo e Anastasio a Trevi (1644-1650), commissionata dal cardinale Giulio Mazzarino
e situata accanto alla fontana di trevi, realizzata da Nicola Salvi tra il 1732 e il 1762.
E’ una chiesa pienamente barocca, libera dalla regola: festoni, volute, una trabeazione spezzata,
i cherubini con le trombe. Dai romani questa chiesa venne rinominata il “canneto” per le
decorazioni intricate dei capitelli.
- Francesco Grimaldi, Chiesa di Sant’Andrea della Valle (1590-1650),
- Carlo Rainaldi, Chiesa di Santa Maria in Campitelli (1663-1667)
Il barocco mette in discussione anche le piante delle chiese: Rainaldi fa una pianta a croce greca
con tanto di nartece, un transetto molto compresso legato da due elementi di raccordo, il coro e
un’abside finale ma l’asse è longitudinale. Nella sua composizione è moderna, senza precedenti.
La profilatura della trabeazione aggetta tantissimo, la parte centrale è così aggettante da poter
essere un pronao.
- Carlo Rainaldi, Chiese Gemelle di Santa Maria del Popolo (1662-1675)
- Carlo Rainaldi, Abside di Santa Maria Maggiore
- Pietro da Cortona, Chiesa dei Santi Luca e Martina (1634-1637)
Prima era sede dell’Accademia di San Luca, di cui Pietro da Cortona era il segretario generale.
Durante gli scavi per realizzare le fondazioni della chiesa è emersa la cripta della Santa Martina,
da cui il raddoppio del nome della Chiesa. La pianta è a croce greca con bracci laterali absidati:
questo tipo di pianta si aveva solo nell’architettura bizantina o veneziana, quindi portarla a Roma
è una novità. L’altare è a dossale, ovvero addossato all’abside. C’è una relazione tra pianta
(icnografia) e prospetto (ortografia). Solitamente l’abside corona il percorso finale mentre Pietro
da Cortona vi ci fa l’ingresso. Pietro da Cortona si situa quasi tra la rielaborazione classicheggiante
di Bernini e la creazione di spazialità michelangiolesche di Borromini. Quest’opera è una di
quelle che innesta la plasticità architettonica dei prospetti degli edifici barocchi. Nella cripta
Pietro da Cortona realizza una volta ribassata inserendo un artificio prospettico di stucchi per
simulare una cupola cassettonata come quella del Pantheon.
ICNOGRAFIA E ORTOGRAFIA; TAMBUROè un elemento architettonico di raccordo,
posizionato tra una volta a cupola e il perimetro d'imposta (la base) della stessa cupola
TIBURIO è un elemento architettonico che racchiude al suo interno una cupola proteggendola
- Pietro da Cortona, Chiesa di Santa Maria della Pace (1656-1662)
La chiesa viene realizzata sotto il pontificato di Alessandro VII Chigi (tra Innocenzo X e
Clemente IX, sulla preesistente pianta centrale di una chiesa riqualificata da Sisto IV, vi aggiunge
un ideale corpo longitudinale. Alessandro VII chiede a Pietro da Cortona di riqualificare tutta la
piazza perchè il papa comincia ad interessarsi alla dialettica monumento architettonico-tipologia
architettonica-strada (e quindi città): si comincia a cercare una progettazione che integri il
progetto architettonico con lo spazio antistante o con le infrastrutture che collegano al resto della
città. Si comincia a cercare, anche attraverso gli espropri, di riqualificare lo spazio che poteva
nobilitare ulteriormente il prospetto. La facciata della chiesa mostra una convessità, un portico

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che si inflette e rende sinuose le forme. Il pronao è una citazione anche se rivisitata perché è
sostenuto da un ordine tuscanico che rispetto al dorico non ha metope e triglifi nel fregio. La
chiesa, secondo il progetto mai realizzato dalla piazza, sarebbe stata accolta come in un alveolo
con il suo pronao emergente. Come in molte altre chiese barocche la timpanatura si rompe per
accogliere il frontone centinato e si aggetta. Il ritmo dell’interocolumnio usato da Pietro da
Cortona in Santa Maria della Pace è lo stesso usato da Baldassarre Peruzzi nel Palazzo Massimo
alle Colonne e tornerà anche nella soluzione di Bernini per il Colonnato di San Pietro: tre modi
diversi di rileggere il classico.
- Pietro da Cortona, Chiesa di Santa Maria in Via Lata (1658-1663)
Pietro da Cortona inserisce un nartece, uno spazio che solitamente in pianta si conclude con due
absidi o con un muro e che fa da mediazione tra la strada e l’interno, è come un portico che non
si può attraversare orizzontalmente. Ne troveremo uno simile ma riletto nel Michaelerplatz di
Adolf Loos. Un sistema archivoltato nell’intercolumnio centrale e architravato in quello laterale:
una memoria della serliana.
SERLIANA

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