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La facciata è divisibile in due rettangoli, uno maggiore, la base, e uno minore.
Analizzando una parte della facciata simmetrica si trova come soluzione
d’angolo una parasta, poi due colonne alveolate nell’intercolumnio tra le quali
si trova una nicchia timpanata. L’ingresso è riquadrato da colonne addossate
alla parete, in parte in alveolo, in parte chiuse, adiacenti a delle paraste con
relativi capitelli, che sostengono la rispettiva trabeazione sormontata dal
frontone triangolare. Gli effetti di ombra mostrano il movimento, la plasticità
della facciata.
La facciata da informazioni sulla pianta: si tratta di una pianta longitudinale,
non a pianta centrale, con una navata centrale e cappelle laterali addossate alla
navata centrale.
La facciata si completa nell’ordine superiore con paraste che avanzano
solamente nel corpo centrale che corrisponde all’ingresso.
La balaustra che sormonta gli spioventi del tetto è un’invenzione barocca:
Maderno è il primo a fare questa cosa e ad andare oltre i limiti della rigidità del
classico.
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movimentazione della facciata è estrema. L’attribuzione è incerta: si pensa sia stata realizzata da
padre Orazio Grassi, o da Pozzo, o da Domenichino. Il seicento è pieno di architetti, il mondo
dell’architettura comincia ad affollarsi.
Come Martino Longhi il Giovane, figlio di Martino Longhi il Vecchio, che realizza la chiesa dei
Santi Vincenzo e Anastasio a Trevi (1644-1650), commissionata dal cardinale Giulio Mazzarino
e situata accanto alla fontana di trevi, realizzata da Nicola Salvi tra il 1732 e il 1762.
E’ una chiesa pienamente barocca, libera dalla regola: festoni, volute, una trabeazione spezzata,
i cherubini con le trombe. Dai romani questa chiesa venne rinominata il “canneto” per le
decorazioni intricate dei capitelli.
- Francesco Grimaldi, Chiesa di Sant’Andrea della Valle (1590-1650),
- Carlo Rainaldi, Chiesa di Santa Maria in Campitelli (1663-1667)
Il barocco mette in discussione anche le piante delle chiese: Rainaldi fa una pianta a croce greca
con tanto di nartece, un transetto molto compresso legato da due elementi di raccordo, il coro e
un’abside finale ma l’asse è longitudinale. Nella sua composizione è moderna, senza precedenti.
La profilatura della trabeazione aggetta tantissimo, la parte centrale è così aggettante da poter
essere un pronao.
- Carlo Rainaldi, Chiese Gemelle di Santa Maria del Popolo (1662-1675)
- Carlo Rainaldi, Abside di Santa Maria Maggiore
- Pietro da Cortona, Chiesa dei Santi Luca e Martina (1634-1637)
Prima era sede dell’Accademia di San Luca, di cui Pietro da Cortona era il segretario generale.
Durante gli scavi per realizzare le fondazioni della chiesa è emersa la cripta della Santa Martina,
da cui il raddoppio del nome della Chiesa. La pianta è a croce greca con bracci laterali absidati:
questo tipo di pianta si aveva solo nell’architettura bizantina o veneziana, quindi portarla a Roma
è una novità. L’altare è a dossale, ovvero addossato all’abside. C’è una relazione tra pianta
(icnografia) e prospetto (ortografia). Solitamente l’abside corona il percorso finale mentre Pietro
da Cortona vi ci fa l’ingresso. Pietro da Cortona si situa quasi tra la rielaborazione classicheggiante
di Bernini e la creazione di spazialità michelangiolesche di Borromini. Quest’opera è una di
quelle che innesta la plasticità architettonica dei prospetti degli edifici barocchi. Nella cripta
Pietro da Cortona realizza una volta ribassata inserendo un artificio prospettico di stucchi per
simulare una cupola cassettonata come quella del Pantheon.
ICNOGRAFIA E ORTOGRAFIA; TAMBUROè un elemento architettonico di raccordo,
posizionato tra una volta a cupola e il perimetro d'imposta (la base) della stessa cupola
TIBURIO è un elemento architettonico che racchiude al suo interno una cupola proteggendola
- Pietro da Cortona, Chiesa di Santa Maria della Pace (1656-1662)
La chiesa viene realizzata sotto il pontificato di Alessandro VII Chigi (tra Innocenzo X e
Clemente IX, sulla preesistente pianta centrale di una chiesa riqualificata da Sisto IV, vi aggiunge
un ideale corpo longitudinale. Alessandro VII chiede a Pietro da Cortona di riqualificare tutta la
piazza perchè il papa comincia ad interessarsi alla dialettica monumento architettonico-tipologia
architettonica-strada (e quindi città): si comincia a cercare una progettazione che integri il
progetto architettonico con lo spazio antistante o con le infrastrutture che collegano al resto della
città. Si comincia a cercare, anche attraverso gli espropri, di riqualificare lo spazio che poteva
nobilitare ulteriormente il prospetto. La facciata della chiesa mostra una convessità, un portico
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che si inflette e rende sinuose le forme. Il pronao è una citazione anche se rivisitata perché è
sostenuto da un ordine tuscanico che rispetto al dorico non ha metope e triglifi nel fregio. La
chiesa, secondo il progetto mai realizzato dalla piazza, sarebbe stata accolta come in un alveolo
con il suo pronao emergente. Come in molte altre chiese barocche la timpanatura si rompe per
accogliere il frontone centinato e si aggetta. Il ritmo dell’interocolumnio usato da Pietro da
Cortona in Santa Maria della Pace è lo stesso usato da Baldassarre Peruzzi nel Palazzo Massimo
alle Colonne e tornerà anche nella soluzione di Bernini per il Colonnato di San Pietro: tre modi
diversi di rileggere il classico.
- Pietro da Cortona, Chiesa di Santa Maria in Via Lata (1658-1663)
Pietro da Cortona inserisce un nartece, uno spazio che solitamente in pianta si conclude con due
absidi o con un muro e che fa da mediazione tra la strada e l’interno, è come un portico che non
si può attraversare orizzontalmente. Ne troveremo uno simile ma riletto nel Michaelerplatz di
Adolf Loos. Un sistema archivoltato nell’intercolumnio centrale e architravato in quello laterale:
una memoria della serliana.
SERLIANA