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Cinema

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cinematografica e all'home video.
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Charlie Chaplin e Jackie Coogan nel film Il monello, uscito nel 1921, lo stesso
anno in cui il critico Ricciotto Canudo definì il cinema come "settima arte"
Uno spezzone della pellicola cinematografica.

Il cinema (dal greco antico κίνημα, -τος "movimento") è l'insieme delle arti, delle
tecniche e delle attività industriali e distributive che producono come risultato
commerciale un film. Nella sua accezione più ampia la cinematografia è l'insieme
dei film che, nel loro complesso, rappresentano un'espressione artistica che spazia
dalla fantasia, all'informazione, alla divulgazione del sapere.

La cinematografia viene anche definita come la settima arte, secondo la definizione


coniata dal critico Ricciotto Canudo nel 1921[1], quando pubblicò il manifesto La
nascita della settima arte, prevedendo che la cinematografia avrebbe unito in
sintesi l'estensione dello spazio e la dimensione del tempo. Fin dalle origini, la
cinematografia ha abbracciato il filone della narrativa, diventando la forma più
diffusa e seguita di racconto.
Indice

1 Storia del cinema


1.1 La nascita del cinema
2 Descrizione
2.1 Teorie del cinema
2.2 Movimenti e scuole cinematografiche
2.3 Critica cinematografica
2.4 Cinefilia
2.5 La produzione cinematografica
3 Gli aspetti più importanti del cinema
3.1 Regia
3.2 Soggetto e sceneggiatura
3.3 Fotografia
3.4 Montaggio
3.5 Colonna sonora
3.6 Effetti speciali
4 Cinematografie nazionali
5 Premi cinematografici
6 Festival cinematografici
7 Scuole di cinema statali
8 Scuole di cinema private
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni

Storia del cinema


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del
cinema.
La nascita del cinema
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Cinema delle
attrazioni.
I fratelli Louis e Auguste Lumière

L'invenzione della pellicola cinematografica risale al 1885 ad opera di George


Eastman, mentre la prima ripresa cinematografica è ritenuta essere Man Walking
Around a Corner, cortometraggio di 3 secondi, realizzato il 18 agosto 1887 da Louis
Aimé Augustin Le Prince. La cinematografia intesa come la proiezione in sala di una
pellicola stampata, di fronte ad un pubblico pagante, nasce invece il 28 dicembre
1895, grazie ad un'invenzione dei fratelli Louis e Auguste Lumière, i quali
mostrarono per la prima volta, al pubblico del Gran Cafè del Boulevard de Capucines
a Parigi, un apparecchio da loro brevettato, chiamato cinématographe.

Tale apparecchio era in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di
immagini distinte, impresse su una pellicola stampata con un processo fotografico,
in modo da creare l'effetto del movimento. Thomas Edison nel 1889 realizzò una
cinepresa (detta Kinetograph) ed una macchina da visione (Kinetoscopio): la prima
era destinata a scattare in rapida successione una serie di fotografie su una
pellicola 35 millimetri; la seconda consentiva ad un solo spettatore per volta di
osservare, tramite un visore, l'alternanza delle immagini impresse sulla pellicola.
Ai fratelli Lumière si deve comunque l'idea di proiettare la pellicola, così da
consentire la visione dello spettacolo ad una moltitudine di spettatori.

Essi non intuirono il potenziale di questo strumento come mezzo per fare
spettacolo, considerandolo esclusivamente a fini documentaristici, senza per questo
sminuirne l'importanza, tentarono di vendere le loro macchine, limitandosi a darle
in locazione. Ciò determinò la nascita di molte imitazioni. Nello stesso periodo,
Edison (negli USA) iniziò un'aspra battaglia giudiziaria per impedire l'uso, sul
territorio americano, degli apparecchi francesi, rivendicando il diritto esclusivo
all'uso dell'invenzione.

Dopo circa 500 cause in tribunale, il mercato sarà comunque liberalizzato. Nel 1900
i fratelli Lumière cedettero i diritti di sfruttamento della loro invenzione a
Charles Pathé. Il cinematografo si diffuse così immediatamente in Europa e poi nel
resto del mondo.

Nel frattempo il cinema registrò alcuni clamorosi successi di pubblico: The Great
Train Robbery (1903) dell'americano Edwin Porter spopolò in tutti gli Stati Uniti,
mentre il Viaggio nella luna (1902) del francese Georges Méliès, padre del cinema
di finzione, ebbe un successo planetario (compresi i primi problemi con la
pirateria). Vennero sperimentati i primi effetti speciali prettamente
"cinematografici", cioè i trucchi di montaggio (da Méliès, che faceva apparire e
sparire personaggi, oggetti e sfondi), le sovrimpressioni (dai registi della scuola
di Brighton, ripreso dalla fotografia), lo scatto singolo (dallo spagnolo Segundo
de Chomón, per animare i semplici oggetti), ecc. Si delinearono inoltre le prime
tecniche rudimentali del linguaggio cinematografico: la soggettiva (George Albert
Smith), il montaggio lineare (James Williamson), il raccordo sull'asse, i movimenti
di camera.
Descrizione
L'interno di una sala cinematografica mentre sullo schermo scorrono i titoli di
coda del film
Un dispositivo elettronico del tipo Digital Light Processing utilizzato oggi in un
moderno proiettore digitale
L'arte del cinema è caratterizzata da uno spettacolo proposto al pubblico sotto la
forma di un film, vale a dire la registrazione di una recita di finzione denominata
film a soggetto, il quale secondo la sua durata può essere suddiviso in
cortometraggio (di durata fino a 30 minuti), mediometraggio (di durata superiore a
30, ma inferiore a 60 minuti) e il più diffuso lungometraggio (di durata pari o
superiore all'ora di proiezione) in forma di commedia o dramma del tutto identica
alla rappresentazione teatrale ma girata, in parte o interamente, in uno studio
cinematografico oppure in esterni (definiti anche "Location" secondo il termine
moderno); oppure il film documentario, basato sull'osservazione della realtà.

Entrambi sono veicolati da un tramite che può essere la pellicola flessibile


(formata dapprima dalla celluloide, poi dal triacetato di cellulosa e infine dal
polietilene tereftalato), quindi dal nastro a banda magnetica, e infine, con
l'avvento del cinema digitale, del processo della digitalizzazione attraverso il
quale immagini e suoni del film vengono convertiti in dati informatici da
diffondere in contenuti digitali su un supporto fisico oppure, attraverso Internet,
su quello virtuale. Tutti questi sistemi hanno come fine ultimo quello di venire
letti e codificati da un meccanismo continuo e intermittente, più o meno
sofisticato, che crea l'illusione ottica di un'immagine in movimento.

La divulgazione al pubblico di tale spettacolo registrato, che si differenzia


perciò da tutte le altre arti performative, in origine era costituita da
un'illuminazione attraverso un supporto ottico, dapprima rudimentale e poi sempre
più perfezionato: giochi di specchi, lenti ottiche, proiezione di fasci luminosi su
schermi trasparenti od opachi, arrivando fino alla diffusione del segnale digitale
sui televisori di ultima generazione senza lo schermo a tubo catodico, dotati di
schermo al plasma o dal display a cristalli liquidi, fino al recente televisore che
supporta la visione tridimensionale che però deve ancora esprimere compiutamente
tutta la sua potenzialità, essendo tale tecnologia ancora agli inizi e piuttosto
costosa. È tuttora diffusa la convinzione errata che il fenomeno della persistenza
delle immagini sulla retina consenta allo spettatore di avere l'illusione ottica
delle immagini in movimento.

Tale fenomeno consente all'occhio di percepire come un fascio luminoso continuo ciò
che, al contrario, è una rapida sequenza di lampi. Nel cinema professionale attuale
sono 48 al secondo, pari a 24 fotogrammi al secondo, vale a dire che ogni
fotogramma viene illuminato due volte. L'illusione del movimento è invece opera del
cervello il quale, secondo meccanismi non ancora del tutto chiariti, riesce ad
assemblare la molteplicità delle immagini che vengono trasmesse in modo unitario
creando da sé medesimo l'illusione che tali immagini siano in movimento. Secondo
alcuni studi la percezione del movimento si avrebbe già con sole sei immagini al
secondo, anche se ovviamente, la fluidità dell'azione risulta molto scarsa. I primi
film durante l'era del cinema muto venivano girati a circa 16 fotogrammi al
secondo[2]; lo standard dei 24 fotogrammi fu codificato solo con l'avvento del
cinema sonoro, onde ottenere una velocità lineare della pellicola sufficiente per
una dignitosa resa sonora della traccia.

Nel senso originale, il cinema è la proiezione al pubblico di un film su uno


schermo qualsiasi. Sin dalle origini, avveniva attraverso il proiettore in una sala
cinematografica appositamente attrezzata, al chiuso durante le stagioni invernali e
all'aperto durante le sessioni estive, nei nostrani Politeama che avevano posti a
sedere regolamentari oppure nei Drive-in, diffusi negli Stati Uniti d'America dal
1921, ma diventati largamente popolari sin dagli anni cinquanta. Tali particolari
sale all'aperto (il termine Drive-In, tradotto letteralmente, significa "Guida-
Dentro") consistevano in proiezioni di film dove si assisteva seduti
nell'automobile, sistemandosi su apposite piazzole allestite di fronte allo
schermo, con a lato gli altoparlanti per l'audio: in alcuni casi la colonna sonora
del film veniva trasmessa su frequenze radiofoniche in modulazione di frequenza su
cui ci si poteva sintonizzare con l'impianto stereofonico della vettura. Con il
declino della sala cinematografica la fruizione del film viene veicolata da
supporti analogici (la videocassetta nei formati Betamax e VHS, utilizzata dal 1975
al 1998) o digitali (il DVD, commercializzato dal 1999, e il Blu-Ray Disc,
commercializzato dal 2009) sullo schermo televisivo.

Molto presto, a partire da Charles-Émile Reynaud, nel 1892 i creatori dei film
compresero che lo spettacolo proiettato migliorava sensibilmente aggiungendoci come
accompagnamento una musica suonata dal vivo composta apposta per costruire
l'atmosfera della storia narrata, mettendo in evidenza ogni azione rappresentata.
Si aggiungono molto rapidamente dei rumori di scena causati da un assistente nel
corso di ogni proiezione, e quindi un commento alle azioni che si svolgono sullo
schermo da parte di un imbonitore presente in sala. Fin dalla sua invenzione, il
cinema è diventato nel corso del tempo una cultura popolare, un intrattenimento,
un'industria e un mezzo di comunicazione di massa. Può essere inoltre utilizzato a
fini pubblicitari, propagandistici, pedagogici oppure per la ricerca scientifica.

Il termine originale francese, Cinéma, è l'apocope di Cinématographe (dal greco


antico κίνημα / kínēma, "movimento" e γράφειν / gráphein, "scrivere" dunque
"scrivere in movimento"), il nome dato da Léon Bouly nel 1892 al suo apparecchio di
proiezione, un "dispositivo reversibile della fotografia e ottica per l'analisi e
la sintesi delle proposte" del quale depositò il brevetto, ma non riuscì mai a
farlo funzionare. I fratelli Lumière ripresero questo appellativo. Il padre,
Antoine Lumière, avrebbe preferito che l'apparecchio inventato dai suoi figli
venisse denominato Domitor, ma Louis e Auguste preferirono utilizzare il termine
Cinématographe per definire con più efficacia la dinamica legata alle immagini da
loro realizzate. Tuttavia, il termine di Antoine ritornò in auge nel 1985, quando
in Francia l'"Associazione Internazionale per lo sviluppo e la ricerca sul cinema
delle origini" venne soprannominata con un po' di umorismo Domitor. La parola
cinema è polisemica: può designare l'arte filmica, o le tecniche di ripresa dei
filmati animati e la loro presentazione al pubblico; o ancora, per metonimia, la
sala nella quale i film vengono mostrati. È in quest'ultimo senso che il termine
viene solitamente abbreviato a livello mondiale come "Cine".

Il riferimento allo schermo di proiezione ha suggerito agli spettatori diverse


espressioni legate al linguaggio cinematografico: quelle oggettive come ad esempio,
la "messa in quadro" per la ripresa di oggetti e persone in movimento; e, alla
stessa maniera, soggettive come "per fare il suo cinema" (sognare di essere un
realizzatore di film mentre lo si guarda può apparire un po' troppo ottimista o
addirittura patologico), "questo è il cinema" (affermazione che può apparire
esagerata o menzognera) poiché sempre diverse sono le reazioni che il pubblico
prova nel guardare una pellicola, a riprova della grande forza evocatrice di un
film. In ogni caso, va ricordato che l'illusione ottica di un'immagine in movimento
non va confusa con il fenomeno più complesso dell'illusione filmica, vale a dire
quell'esperienza particolare per cui «mentre sappiamo che stiamo vedendo solo un
film, tuttavia sperimentiamo quel film come un mondo pienamente realizzato»[3].
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Se i film che si propongono di rappresentare specifiche società diverse volte non


ne riflettono perfettamente la fedeltà[4] la loro diffusione è praticamente
universale, le storie che vengono raccontate sono basate il più delle volte sui
grandi sentimenti a beneficio di tutta l'umanità. Il moltiplicarsi delle sale
cinematografiche, favorite dall'introduzione dei sottotitoli o dal doppiaggio dei
dialoghi, è oggi diventata secondaria rispetto al livello commerciale; le vendite
dei diritti di diffusione sui canali televisivi sono innumerevoli e la loro messa a
disposizione nei diversi formati domestici sono diventati le principali fonti di
entrate per il cinema, con risorse che si sono rivelate colossali.

Secondo uno studio effettuato dalla ABN AMRO del 2000 circa il 26% delle entrate
provenivano dalla vendita dei biglietti nelle sale, il 28% provenivano dalla
diffusione domestica, e il 46% invece provenivano dalle vendite nei formati
domestici[5]. Oggi, in assenza di statistiche, si può affermare che la parte
riguardante l'Home video abbia largamente superato il 50% a livello mondiale: il
che significa che attualmente la maggior parte della distribuzione dei film avviene
in prevalenza in ambito privato domestico, mentre la visione collettiva del film
nelle sale è diventata minoritaria nonostante una specializzazione sempre più
minuziosa dei generi cinematografici che ha portato di conseguenza la tendenza di
riunire più sale di varia capienza in una sola struttura creata appositamente,
definita cinema multisala, che in realtà fecero la loro prima comparsa a livello
quasi sperimentale in Canada nel 1957[6], al quale si aggiunge un rispolvero,
ulteriormente perfezionato, del cinema tridimensionale.
Teorie del cinema
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Filmologia.
Il lavoro del linguista Ferdinand de Saussure ha stabilito l'inizio di qualsiasi
analisi strutturale della narrazione cinematografica.

I teorici del cinema cercarono di sviluppare alcuni concetti e studiare il cinema


come un'arte[7]. Derivato dalle tecnologie dell'epoca, pur essendo un sintomo o una
causa di tale modernità riferita all'epoca nella quale nacque, i suoi principi
tecnici come il montaggio o le riprese hanno rivoluzionato le modalità di
rappresentazione nelle arti figurative e della letteratura. Per formare e
comprendere questa nuova rappresentazione artistica, il cinema aveva bisogno di
teorie.

In Materia e memoria (Matiére et mèmoire), nel 1896, il filosofo francese Henri-


Louis Bergson anticipa lo sviluppo teorico in un'epoca nella quale il cinema era
visto soprattutto come opera visionaria[8]. Esprime anche la necessità di
riflettere sull'idea del movimento, e quindi inventò il termine «immagine in
movimento» e «immagine-tempo»[8]. Tuttavia, nel 1907, nel suo saggio L'illusion
cinématographique, contenuto in L'Évolution créatrice, egli rifiuta il cinema come
esempio di spiritualismo[9]. Molto più tardi, in L'immagine movimento. Cinema 1
(1983) e L'immagine tempo. Cinema 2 (1983) il filosofo Gilles Deleuze citerà
Matérie et Mémoire come base della sua filosofia del cinema riesaminando i concetti
di Bergson unendoli con la semiotica di Charles Peirce[10].

È nel 1911, in La nascita della sesta arte che il critico Ricciotto Canudo (che
dieci anni dopo ridefinirà il cinema come settima arte) delinea le prime teorie[11]
[12] tirandosi dietro quella che definì "l'era del silenzio" e concentrandosi
principalmente a definire gli elementi cardine[13]. Il lavoro e le innovazioni
continue dei realizzatori di films favorirono il vantaggio per riflessioni più
approfondite. Louis Delluc coniò il termine Fotogenia. Germaine Dulac e Jean
Epstein, i quali ritengono che il cinema sia un mezzo per soddisfare e riunire il
corpo con lo spirito, sono i principali artefici dell'avanguardia francese, seguite
a ruota dalle teorie tedesche le quali, influenzate dalla corrente
dell'Espressionismo, rivolgono le loro attenzioni verso l'immagine. Va notato il
parallelo con la Psicologia della Gestalt, che nacque e si sviluppò tra la fine del
XIX secolo e l'inizio del XX secolo sotto l'egida di Ernst Mach[14].

Dalla parte sovietica, teorici e cineasti ritengono il montaggio come l'essenza del
cinema. Il tema privilegiato di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn è la creazione sotto
tutti i suoi aspetti di una teoria generale del montaggio sotto la quale si possa
prendere in considerazione la nascita di un linguaggio di concetto-immagine,
rivelatrici sia l'uno che l'altro delle loro identità e del pensiero. Dal canto
suo, Dziga Vertov si farà portavoce delle novità del futurismo. La sua teoria,
corrispondente al montaggio di frammenti con piccole unità di senso, prevede la
distruzione di tutta la tradizione narrativa per sostituirla con una "fabbrica di
fatti", una concezione radicale per il cinema di allora. Il montaggio narrativo
tipico americano, messo in teoria da Vsevolod Illarionovič Pudovkin, alla fine
prevarrà in tutto il cinema a livello mondiale.

La teoria formalista del cinema, promulgata da Rudolf Arnheim, Béla Balázs e


Siegfried Kracauer, sottolinea il fatto che l'opera filmica è diversa dalla realtà,
e va considerata come un'opera d'arte vera e propria[15]. Anche Lev Vladimirovič
Kulešov e Paul Rotha sostengono che il film è un'opera d'arte. Dopo la seconda
guerra mondiale, il critico e teorico André Bazin si schiera contro questa tesi
sostenendo che l'essenza del cinema risiede nella sua capacità di riprodurre
meccanicamente la realtà e non nella differenza tra il vissuto reale e la realtà
filmica, ossia l'illusione filmica. Bazin formulò così la sua teoria del cinema
realistico virando verso un approccio ontologico del cinema. Se l'immagine
fotografica ha il suo fine nel catturare l'essenza di un singolo momento,
l'immagine cinematografica ha il suo scopo nel perseguire l'oggettività
dell'immagine fotografica, catturando l'essenza di momenti diversi. Troviamo questa
teoria in diverse occasioni e con svariate varianti, come in Le temps scelle del
regista Andrej Tarkovskij o combinandolo con l'ermeneutica filosofica di Hans-Georg
Gadamer e nel saggio La tentation pornographique di Matthieu Dubosc. Al contrario
di Bazin e dei suoi discepoli, Jean Mitry sviluppa la prima teoria del segno e
significato del cinema, senza voler assimilare anche per analogia, l'immagine
visiva e le strutture filmiche con il linguaggio verbale, così come la tentazione
di confrontarlo con la semiotica quando, a partire dagli anni sessanta e settanta,
le teorie del cinema vennero discusse da importanti accademici universitari. I
concetti di discipline già affermate come la psicanalisi, lo studio dei generi,
l'antropologia, la teoria letteraria, la semiotica e la linguistica, oltre al
formalismo russo, la filosofia decostruttiva, la narratologia, la storia, ecc.,
convergono tutte nell'analisi testuale, dove si iniziano ad esaminare i dettagli
delle strutture operative del film.

L'importanza di questi studi provoca, a partire dagli anni sessanta, una frattura
profonda tra i teorici e i realizzatori delle pellicole. Questa autonomia tanto
desiderata resterà comunque allo Stato embrionale: quando, nel 1966, Christian Metz
propugna la teoria della «grande sintassi del film narrativo», una formalizzazione
dei molteplici codici presenti nel linguaggio cinematografico, Jean-Luc Godard
provvede a decostruire tali codici all'interno delle sue opere.
Nanni Moretti è uno dei cineasti fortemente influenzati dalle teorie sul cinema
mentale.

Gli anni ottanta mettono termine alla "guerra fredda" tra teorici e realizzatori.
Nascono allora altre riflessioni, in particolare quelle orientate sulla
narratologia, nonché una serie di teorie per la riscoperta del cinema delle
origini, nelle quali gli studi del canadese André Gaudreault e dello statunitense
Tom Gunning sono particolarmente esemplari. Nel corso degli anni novanta, la
rivoluzione tecnologica portata dal sistema digitale avrà diversi impatti sui
teorici del cinema. Da un punto di vista psicanalitico, dopo il concetto sul reale
di Jacques Lacan, Slavoj Žižek offre nuovi orizzonti di riflessione per un'analisi
del cinema contemporaneo. C'è stata anche una rivalutazione storica delle modalità
di proiezione (il cinema non più proiettato soltanto in una sala buia su un grande
schermo alla presenza di un pubblico, ma anche quello presentato in televisione,
tramite Internet o in qualsiasi altro luogo, come predetto da Cesare Zavattini
negli anni cinquanta; un film resta tale indipendentemente dal luogo in cui se ne
usufruisce[16]), nonché atteggiamenti e pratiche comuni del pubblico
cinematografico, analizzato, oltre da Tom Gunning, anche da Miriam Hansen, Maria
Koleva e Yuri Tsivian.

Nel cinema moderno, il corpo viene lungamente filmato molto prima che passi
all'azione, ripreso come un corpo che resiste. Per questi cineasti, propugnatori
del cinema mentale, è il cervello che va in scena; la violenza estrema viene ancora
controllata mentalmente: i primi film di Benoît Jacquot sono fortemente impregnati
da queste teorie. I personaggi del film ripiegano su se stessi, senza
approfondimenti psicologici. Jacquot dichiarerà nel 1990, a proposito di La
désenchantée: «Faccio film per essere vicino a chi i film li fa, gli attori. A
volte alcuni giovani registi avrebbero costruito gli attori attorno al loro mondo.
Non sto cercando di mostrare il mio mondo. Cerco di avvantaggiarmi guardando il
mondo del cinema. È una sciocchezza sostenere che l'attore entra nella pelle del
suo personaggio. Al contrario, sono i personaggi a entrare nella pelle
dell'attore». Altri cineasti di fama internazionale, come André Téchiné, Alain
Resnais, Nanni Moretti, Takeshi Kitano e Tim Burton sono stati influenzati dal
cinema mentale.
Movimenti e scuole cinematografiche
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Movimenti
cinematografici.
Il manifesto del film Il gabinetto del dottor Caligari (1920) considerato simbolo
del cinema espressionista.

Un movimento, raggruppato in una corrente, può essere inteso come un modo di


classificare l'opera cinematografica. Heinrich Wölfflin inizialmente li definisce
«sconvolgimenti del sentimento creativo». Gilles Deleuze rimarca nel suo saggio
L'immagine in movimento come i movimenti cinematografici procedano di pari passo
con i movimenti pittorici. Il cinema classico aveva lo scopo di rendere chiare le
relazioni tra azione e reazione conseguente, ma nello stesso istante nascono nuovi
movimenti.

All'inizio degli anni venti l'espressionismo, in pittura, deforma linee e colori


per esprimere i sentimenti. Al cinema si esprime principalmente attraverso il
metodo recitativo degli attori e con l'opposizione tra ombra e luce nell'immagine.
Il cinema espressionista mette a confronto il bene e il male, come avviene nel film
Il gabinetto del dottor Caligari diretto nel 1920 da Robert Wiene, uno dei primi
film di questa corrente. Questo movimento si sviluppò in Germania, quando il paese
si stava rimettendo faticosamente in piedi dopo la prima guerra mondiale, ma non
riuscì a competere con il cinema hollywoodiano. Allora alcuni realizzatori degli
studi cinematografici UFA, tentano di sviluppare un metodo per compensare la
mancanza di appeal commerciale con l'adozione del simbolismo nell'impostazione
scenica. Il lato astratto delle scenografie proviene, in primo luogo, dalla
mancanza di risorse: le tematiche principali riguardano la follia, tradimenti e
altre questioni spirituali, differenziandosi così dallo stile romantico e
avventuroso propugnato dal cinema statunitense. Tuttavia, la corrente
espressionista scomparve gradualmente, ma verrà ripresa in diversi film polizieschi
degli anni quaranta e influenzerà in maniera decisiva dal secondo dopoguerra il
noir e l'horror.

Poi arriva l'astrazione lirica, che a differenza dell'espressionismo, fonde il


bianco con la luce senza alcun conflitto e propone un'alternativa che ispirerà in
maniera decisiva i cineasti: l'estetica melodrammatica di Josef von Sternberg e
Douglas Sirk, l'etica di Carl Theodor Dreyer e Philippe Garrel, le tematiche
religiose e spirituali di Robert Bresson che confluiscono tutte nell'opera di
Ingmar Bergman. Secondo l'astrazione lirica, il mondo intero viene osservato
tramite uno sguardo, un volto attraverso il quale s'instaura un gioco a
intermittenza dei movimenti di luci che mettono in evidenza le caratteristiche dei
personaggi, i quali con questo stratagemma ci conducono nel loro universo
personale. Sternberg, in I misteri di Shanghai (1941) dice: «Tutto può accadere in
qualsiasi momento. Tutto è possibile. L'effetto è costituito da due componenti: la
valorizzazione dello spazio bianco unito al potenziale intenso di quello che deve
accadere lì».
La scena più celebre di Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945), film
simbolo del neorealismo.

Durante gli anni cinquanta, il cinema scopre una nuova architettura dell'immagine,
nella quale avviene una dissociazione tra immagine pura e azione rappresentata.
Nasce la disarticolazione degli oggetti e dei corpi a partire dal dopoguerra
immediato[17] opponendosi alle convenzioni stabilite in precedenza. Il cinema di
quell'epoca inizia a dare importanza alla semplice visione: l'immagine non è più
costretta a ricercare significati occulti e scopi sui quali reggersi, diventando
libera. In L'ora del lupo di Ingmar Bergman (1966) il personaggio di Johan Borg,
interpretato da Max von Sydow, pronuncia: «Adesso lo specchio è rotto. È tempo che
i pezzi comincino a riflettere», frase emblematica sia per la condizione del
protagonista, che vive isolato in un mondo tutto suo privato, sia per il cinema
stesso e la sua rottura definitiva con la rappresentazione classica dello spazio,
facendo nascere una nuova idea formalista.

In Italia, tra il 1943 e il 1955, si sviluppò il neorealismo: introdotto da Luchino


Visconti (Ossessione) e Vittorio De Sica (I bambini ci guardano), venne suggellato
da Roberto Rossellini (Roma città aperta e Paisà) e idealmente chiuso dallo stesso
De Sica (Il tetto) che firmò uno dopo l'altro quattro capolavori assoluti di questa
corrente, scritti in collaborazione con Cesare Zavattini: Sciuscià, Ladri di
biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D.. Il cinema neorealista per la prima
volta abbandona i teatri di posa per scendere a contatto con la gente comune in
mezzo alle strade, accentuando grandemente la sensazione di realtà documentaria. Le
persone filmate sovente sono attori non professionisti, anche a causa della
scarsità dei mezzi di finanziamento; il regista punta maggiormente l'attenzione
sulle persone più che sui personaggi, valorizzandole nel loro contesto sociale e
nel loro insieme. Piuttosto che mostrare qualcosa, si preferisce la narrazione che
spesso avviene in maniera cruda e spigolosa, ma poetica nel suo complesso. André
Bazin si mostra subito entusiasta di questo movimento: il neorealismo appare come
una sorta di liberazione, non solo per quanto riguarda il puro contesto storico, ma
anche come liberazione dei vincoli cinematografici: si spingerà infatti ad
affermare, a proposito di Ladri di biciclette, «Niente più attori, niente più
storia, niente più messa in scena; cioè finalmente, nell'illusione estetica
perfetta della realtà, niente più cinema»[18]. Di contro, Gilles Deleuze vede nel
neorealismo una delimitazione tra immagine come movimento e immagine come tempo.

Durante gli anni cinquanta in Francia si sviluppò la Nouvelle Vague, termine


coniato sul quotidiano L'Express da Françoise Giroud. Questa corrente si
differenzia dalle precedenti per la vitalità delle intenzioni di rinnovamento del
cinema francese. La Nouvelle Vague cerca di inserire la tematica del lirismo nella
vita quotidiana rifiutando la bellezza fine a se stessa dell'immagine. Con la
Nouvelle Vague, tecnologie più perfezionate permettono una diversa maniera di
produrre e girare film: arriva sul mercato la camera Éclair che utilizza il formato
a 16 millimetri di pellicola, più leggera e silenziosa, che permette riprese in
esterno più aderenti alla realtà soprattutto grazie al miglioramento della resa
sonora. Jean-Luc Godard è il principale esponente del movimento, ma il punto
massimo di rottura tra il film girato nei teatri di posa e il film girato
totalmente in esterni si verifica nel 1973 con Effetto notte (Nuit americaine) di
François Truffaut. Il movimento della Nouvelle Vague trasgredisce persino alcune
convenzioni universalmente standardizzate come la continuità, ad esempio in Fino
all'ultimo respiro (Á bout de souffle) di Godard o ancora lo sguardo in macchina,
un tempo interdetto. Entro tale ottica, i cineasti erano destinati a evidenziare il
realismo: i ricordi dei personaggi si presentano interrotti e sovente frammentati,
mai ordinati o netti.

In seguito, compare un nuovo movimento, che mette in evidenza la resistenza del


corpo. In comparazione con le correnti precedenti, ciò che cambia sono le riprese
cinematografiche del corpo, che viene filmato molto prima che entri in azione, come
un corpo in resistenza. Qui il corpo non è più un ostacolo che separa il pensiero
in sé; al contrario, acquista una nuova forza proprio nell'attesa del
raggiungimento di nuovi traguardi. In qualche maniera, il corpo non attende;
costringe il personaggio a una reazione che non avviene subito, ma viene dilatata
nel tempo, oppure nei casi più estremi può non avvenire mai. Gilles Deleuze
dichiarerà: «Noi non conosciamo esattamente cosa un corpo può fare: durante il
sonno, in stato di ubriachezza, in tutti i suoi sforzi e resistenze, il corpo non è
mai presente, può contenere apprensioni, attese, fatiche, persino disperazione. La
fatica, l'attenzione e la disperazione fanno parte degli atteggiamenti del corpo».

La resistenza dei corpi si manifesta in maniera rimarcabile nell'intera opera di un


esponente del movimento di rottura delle convenzioni e stilemi della Hollywood
classica, John Cassavetes della New Hollywood. La macchina da presa è sempre in
movimento, scorrendo parallela alle azioni degli attori. Attraverso l'immagine, lo
spettatore ricerca lo sguardo del corpo in sequenze lunghissime. Analogamente, il
ritmo diventa più frenetico al punto che comincia a non andare più di pari passo
alle capacità visive degli spettatori. Esso risponde, così come l'arte informale
alla costituzione di uno spazio che si può quasi toccare con mano, oltre che
esplorarlo. Nel cinema di Maurice Pialat i suoi personaggi cercano di mostrare
l'essenziale, deprivato di qualsiasi estetica per esibire la loro verità intima.
Affermerà: «Il cinema rappresenta la verità nel momento in cui si effettuano le
riprese». Per contro, i dialoghi restano onnipresenti, e ai giorni nostri restano
una voce importante nell'economia del film. Tuttavia i dialoghi non spiegano i
sentimenti dei personaggi ma sono funzionali all'azione pura, non sviluppano i loro
pensieri dentro l'azione stessa.

All'inizio degli anni ottanta, Maria Koleva introduce il concetto del film libro.
Nel 1995 i danesi Lars von Trier e Thomas Vinterberg lanciano attraverso un
manifesto di dieci punti il movimento Dogma 95 in reazione alle superproduzioni e
all'abuso degli effetti speciali. In esso, definiscono i vincoli per realizzare
film all'interno del movimento, con alcune innovazioni radicali come l'abolizione
della colonna sonora e l'adozione esclusiva della cinepresa a mano; accetta
esclusivamente ciò che si svolge sullo schermo. Il movimento viene dichiarato
sciolto nel 2005, dopo aver realizzato 35 film (o Dogmi): tra questi ci sono anche
due lungometraggi italiani, Diapason (2001) e Così per caso (2004).

Il cinema indiano costituisce un caso a sé stante: oltre a detenere il primato di


industria cinematografica più prolifica del mondo, incluso il famoso "Bollywood",
sviluppa un cinema principalmente musicale e cantato, dove il fatto recitativo
passa in secondo piano, e una sorta di neoromanticismo occupa un posto di rilievo
come pretesto per numeri cantati da solista o in duetto. La musica è perlopiù
preregistrata, e mimata dagli attori, attraverso il procedimento del playback.
Molti cantanti indiani giungono al professionismo e si occupano anche di
doppiaggio. Più recentemente i cantanti e attori riescono a diventare essi stessi
registi dei loro film, come Aamir Khan in Ghulam (1998) e Hrithik Roshan di
Guzaarish (2010).
Critica cinematografica
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Critica
cinematografica.

Un critico cinematografico, detto anche recensore, è la persona che esprime la sua


opinione sul film attraverso un mass media come il giornale (quotidiano o
settimanale), una rivista specializzata, in radio, nella televisione e su Internet.
I critici più popolari e influenti hanno sovente determinato il successo di una
pellicola, anche se sovente pubblico e critica non sono sempre andate d'accordo nel
decretare il fallimento o meno di un film. Alcuni di loro hanno dato il nome a dei
riconoscimenti, come il francese Louis Delluc e gli italiani Francesco Pasinetti,
Filippo Sacchi, Pietro Bianchi, Guglielmo Biraghi e Domenico Meccoli; esistono
inoltre diverse associazioni di critici che permettono l'assegnazione dei premi.
La sede del quotidiano Le Figaro, uno dei primi giornali a ospitare critiche
cinematografiche.

Il mestiere del critico cinematografico è da sempre stato piuttosto controverso:


alcuni recensori potevano vedere gratis le pellicole prima della loro uscita nelle
sale, nonché ricevere un compenso per scrivere un articolo. Tuttavia, quando il
critico esprime un parere sul film, esprime soltanto un suo parere personale: deve
(o dovrebbe) tenere conto di un eventuale successo ottenuto presso il pubblico
anche nel caso in cui non venga incontro al suo personale gradimento, poiché
ciascun film - e ciascun genere cinematografico - ha la sua fascia privilegiata di
spettatori. In aggiunta, il recensore deve (o dovrebbe) essere in grado di
indirizzare il lettore alla scelta del film da vedere, sia commerciale che
artistico, mettendo in evidenza le caratteristiche di ciascuna pellicola, come il
metodo della fotografia o la tecnica del montaggio, particolarità scenografiche o
tecniche di ripresa, ponendo in rilievo le differenze riscontrate tra autori
diversi e, a volte, antitetici tra loro.

La critica cinematografica ebbe inizio sin dalla nascita stessa del cinema, dal 28
dicembre 1895, quando le prime proiezioni organizzate dai fratelli Lumière iniziano
a interessare la stampa, dapprima blandamente, poi con un interesse sempre
maggiore. Fino agli inizi del XX secolo, la critica al film riguarda soltanto il
lato tecnico, ospitata perlopiù sulle riviste di fotografia poiché all'epoca il
film non era considerato un'arte importante e influente come il teatro. Nel 1912,
sul quotidiano francese Le Figaro venne condotto il primo sondaggio sulla
concorrenza sempre più spietata che il cinema opera in rapporto all'arte del
palcoscenico. Fino ad allora, le critiche consistevano in aneddoti sulla
lavorazione del film più o meno coloriti compiuti a scopo pubblicitario: del film
si scrive unicamente per invogliare gli spettatori a entrare nelle sale
cinematografiche.

Nel 1915, Louis Delluc visiona I prevaricatori (The Cheat) diretto da Cecil B. De
Mille e rimane colpito dalla bellezza delle sue immagini. Decide di abbandonare la
sua attività di poeta e romanziere per dedicarsi a quella che considera già una
vera e propria arte: scrisse la sua prima recensione sulla rivista Film il 25
giugno 1917. Quindi convinse l'editore di Paris-Midi a dedicare al cinema lo spazio
che meritava, dicendo: «Stiamo assistendo alla nascita di un'arte straordinaria».
In seguito, i principali quotidiani francesi sviluppano rubriche interamente
dedicate al cinema, come Le Petit Journal nell'autunno del 1921. Adesso la critica
non riguarda più la pubblicità al film e la sua vendita, ma la sua analisi
strutturale. In Italia fu uno studente diciottenne, Pietro Bianchi, il primo a
scrivere su un film considerandolo un fatto artistico, con la pubblicazione della
recensione del film Il circo di Charlie Chaplin, sulla Gazzetta di Parma del 28
aprile 1928, precedendo di un anno Filippo Sacchi[19]
Una prima pagina del 1906 del quotidiano Le Petit Journal, primo giornale a
dedicare una sezione alla critica cinematografica.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, il cinema riesce a sopravanzare artisticamente il


teatro. Tutti i quotidiani hanno uno spazio dedicato alla critica e vengono create
le prime riviste specializzate, come Cinémagazine o Cinemonde, interessando inoltre
il mondo accademico: si comincia ad esplorare il campo del cinema con studi, teorie
e analisi sempre più approfonditi su approcci, metodi e discipline diverse, come
compie il Journal of Film Studies. Nel dicembre 1943 André Bazin attaccò duramente
il carattere del cinema dell'epoca, ancora culturalmente limitato, che dava ancora
priorità al lato commerciale a scapito di quello artistico. Nel 1951 Joseph-Marie
Lo Duca e Jacques Doniol-Valcroze fondano la rivista Cahiers du cinéma alla quale
Bazin passa quasi subito a collaborare. Attraverso le loro critiche dichiarano di
poter fare a meno delle altre riviste che tollerano tutti i film, anche quelli di
scarsa qualità. L'influenza esercitata dalla rivista in Francia sarà enorme e
svolgerà inoltre un ruolo determinante nella nascita del movimento della Nouvelle
Vague, così come in Italia diversi collaboratori della rivista Cinema, promuovendo
la realizzazione del film Ossessione di Luchino Visconti, pongono le basi per la
nascita del neorealismo.

Data la popolarità sempre più crescente dei Cahiers, nascono altre riviste. La più
importante fu Positif fondata a Lione nel 1952 da Bernard Chardère. Positif, per
differenziarsi dalle altre riviste, non effettua soltanto la critica
cinematografica ma sviluppa anche argomenti di storia del cinema. Tra i due
periodici ben presto si svilupperà una forte rivalità, accentuata dal fatto di
preferenza di un autore rispetto a un altro; un regista che piaceva ai recensori di
una rivista era inviso ai collaboratori dell'altra. Nei casi di concomitanza delle
preferenze su un singolo autore, si troveranno a discutere ferocemente per
stabilire chi lo ammira per primo. Durante questo periodo viene creata la
definizione di politica degli autori. Sempre nel 1952 in Italia, un collaboratore
della rivista Cinema, Guido Aristarco, lasciò i compagni per fondare una sua
rivista, Cinema Nuovo che diventerà il periodico principale della critica nostrana
e influenzerà in maniera decisiva tutte le correnti critiche che verranno.

Parallelamente, in Canada nel 1955 il professore Leo Bonneville fondò a Montréal il


periodico Séquences, tuttora in attività, che si distingue per la sua ottica
pluralista e che rimane a tutt'oggi la più antica rivista in lingua francese edita
nel Nord America. Nel 1962, nel corso del Festival di Cannes nasce la Settimana
internazionale della critica: i recensori e gli storici del cinema stanno
diventando sempre più popolari presso i cinefili, i quali apprezzano la
disapprovazione contro alcune decisioni della censura francese. Nel 1980, con
l'affermazione della televisione e il declino della sala cinematografica, anche la
critica segna il passo e diverse riviste sono costrette a chiudere per mancanza di
fondi. Ai nostri giorni un recensore, sia esso professionista o dilettante, può
pubblicare la sua critica su Internet, sia a pagamento che gratuita. Anche se col
tempo il loro lavoro ha perso molta dell'importanza di cui godeva, la figura del
critico mantiene una certa influenza e può contribuire a creare o distruggere la
reputazione di un film. Nel frattempo vengono organizzate associazioni di critici
che premiano annualmente i film più meritevoli in occasione di diversi Festival.
Citiamo in particolare le statunitensi New York Film Critics Circle Awards e la
National Society of Film Critics, la britannica London Critics Circle Film Awards,
la francese FIPRESCI e l'italiano SNGCI.
Cinefilia
Folla di spettatori al Festival di Berlino del 2007.

La cinefilia è un termine il cui significato comune è «amore per il cinema». Ai


nostri giorni, l'espressione di questa passione per il cinema può essere
molteplice; in ogni caso, il termine è stato utilizzato originariamente per
descrivere un movimento culturale e intellettuale francese che si è sviluppato tra
la metà degli anni quaranta e la fine degli anni sessanta. Comunemente, si
definisce cinefilo la persona che dedica una parte importante del suo tempo a
guardare film e a studiare l'arte cinematografica. Inoltre, un appassionato di
cinema può anche fare raccolta e collezionare manifesti, locandine, riviste
inerenti al cinema e altri oggetti collaterali. In ragione del suo carattere
potenzialmente coinvolgente, la cinefilia è paragonata da André Habib a «una vera e
propria malattia, ferocemente infettiva, della quale non si può sbarazzarsi
facilmente».

L'evoluzione del fenomeno della cinefilia è andato di pari passo con l'evoluzione
del cinema. C'è stato un tempo in cui, una volta completato il processo
distributivo nelle sale cinematografiche una pellicola, inizialmente composta di
materiale infiammabile, scompariva dalla circolazione. Una volta usciti, i film non
erano più in grado di essere visti, a meno di voler condurre ricerche capillari
attraverso diverse cineteche. Per il cinefilo, quindi, risultava difficile
osservare l'evoluzione degli stili cinematografici. Oggi, salvo alcune eccezioni,
per la maggior parte dei film il problema di un loro recupero non si presenta in
quanto vengono presentati sul piccolo schermo oppure pubblicati in DVD o Blu-Ray
Disc. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, ancora una percentuale
significativa della cinematografia risulta di difficile accesso; gli spettatori e i
cinefili possono dunque attendere persino diversi anni per poter vedere un film
raro, il più delle volte restaurato da qualche Cineteca, in qualche Festival del
Cinema o nelle ristampe sui supporti digitali sopra citati, spesso arricchiti di
materiale supplementare a volte di assoluto interesse. La lista di film ritrovati e
quella dei film da recuperare - per tacere di quelli che si possono considerare
definitivamente perduti - è molto lunga e certamente non esauriente.
L'ingresso del cinema Comoedia, frequentato dai cinefili lionesi.

L'accademico e storico francese Jean Tulard dice: «Per il vecchio appassionato di


cinema era raro vedere un film in commercio, in quanto una pellicola, una volta
esaurito il ciclo di proiezioni, scompariva. Non c'erano, come adesso, 40 canali
televisivi dedicati al cinema. Non esistevano neppure le videocassette o i DVD. Un
film che per una lunga serie di motivi mancava l'appuntamento con la distribuzione
era un film difficile da vedere. Ciò significava, per i cinefili, sobbarcarsi
sforzi economici per recarsi a vedere il film in qualche cineteca che spesso era in
un'altra nazione, e ciò spiega perché i cinefili più anziani si definiscono figli
della Cinémathéque, vale a dire figli di Henri Langlois, più precisamente quelli
che persero la visione di molti di questi film». D'altra parte, fino a un certo
punto per un cinefilo è stato possibile vedere la gran parte del patrimonio
cinematografico mondiale. Questo è stato il caso con molti spettatori francesi tra
gli anni quaranta e gli anni sessanta. Al giorno d'oggi, tenuto conto della
crescita quasi esponenziale della produzione dei film dalla data di nascita del
cinema, anche dedicandoci una vita intera gli spettatori possono vederne soltanto
una piccola parte. Per gli spettatori contemporanei la scelta dei film da vedere
avviene tra un approccio qualitativo (visionare soltanto i film che hanno avuto un
riconoscimento, un premio, oppure attraverso altri criteri soggettivi) oppure
l'approccio quantitativo, ossia cercare di visionare il maggior numero di film
prodotti; in quest'ultimo caso si può parlare di cinefagia.

Il fenomeno della cinefilia ha avuto molte altre influenze: la più importante fu la


nascita dei cineclub sviluppati appositamente per riunire gli appassionati del
cinema: allo studio e discussione sulla storia e le tecniche cinematografiche si
accompagnò generalmente la visione di un film. Diversi membri di un cineclub hanno
gli stessi interessi e programmano le proprie discussioni, dibattiti o proiezioni.
Nel corso del tempo, il concetto di cineclub si è evoluto e si è ampliato anche ad
altre attività sociali e culturali. Si è adattato bene anche a programmi educativi,
come i "Ciné-gouters", attraverso obiettivi culturali come i "Ciné-philo" che lega
il cinema alla filosofia, o ancora attraverso l'organizzazione di eventi non a
scopo di lucro, serate tematiche denominate "Ciné-party".

Passata la seconda metà del XX secolo, l'arrivo dei nuovi media sconvolgerà le
abitudini un tempo consolidate dei cinefili. Il televisore, il videoregistratore,
il DVD, il Blu-Ray Disc e Internet diventeranno presto popolari anche per il
cinefilo più esigente; in Italia in particolare, il primo media sopra citato godrà
del picco di diffusione proprio nel momento di massima espansione dei cineclub. La
loro crescente popolarità avrà serie ripercussioni sulla frequentazione delle sale
cinematografiche, che inizierà a diminuire costantemente. Come si può notare dalla
seguente tabella, in Italia avrà un crollo verticale dalla metà degli anni ottanta,
mentre negli altri paesi in cui il cinema gioca un ruolo significativo la brusca
diminuzione avverrà venti anni prima.
Numero medio di presenze in sala per abitante e per anno Nazione 1950 1955
1965 1975 1985 1995 2000 2005
Germania[20] 10,2 15,1 5,1 2,3 1,8 1,5 1,9 1,54
Stati Uniti d'America[20] 20,5 14,2 6,6 4,6 5,1 4,8 5,2 4,7
Francia[20] 8,9 9,1 5,3 3,5 3,2 2,3 2,9 2,98
Italia[20] 14,2 16,7 12,5 8,9 2,2 1,6 1,6 1,86
Giappone[20] 13,9 13,6 3,9 1,7 1,2 1,0 1,1 0,9
Gran Bretagna[20] 29 26 6,7 2,1 1,3 2,0 2,4 2,73
La produzione cinematografica
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Produzione
cinematografica.
La realizzazione di un film nelle strade di Varsavia

Se la proiezione di un film è una cosa tutto sommato semplice ed economica, la sua


creazione invece è una vera e propria impresa che in generale richiede la
coordinazione di una troupe di centinaia di persone, l'impiego di macchinari e
attrezzature molto costose, la pianificazione di molte attività diverse, a volte
contemporanee, e l'investimento di grosse somme di denaro: girare (creare) un film
in modo professionale, anche in economia, costa comunque cifre dell'ordine del
milione di euro. A fronte di questi costi e di queste difficoltà un film riuscito,
che ha successo, può rendere cifre straordinarie. D'altra parte, se il film non
piace, la perdita è molto grave. Bisogna dire che con l'avvento del digitale però
l'abbattimento dei costi di realizzazione dei film è notevole, ed è possibile
girare film con piccole troupe, a volte anche composte da sei o sette persone.

In generale, le fasi della produzione sono: lo sviluppo del progetto, la pre-


produzione, la lavorazione e la post-produzione.
Gli aspetti più importanti del cinema
Regia
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Regia
cinematografica.

La regia cinematografica è quella fase di lavorazione attraverso la quale si passa


dalla sceneggiatura al film vero e proprio, ossia "dalla carta allo schermo".
Questa fase include particolarmente le scelte artistiche della narrazione,
l'organizzazione e la durata delle inquadrature. All'inizio di questa fase viene
realizzato lo storyboard che permette di visualizzare con una serie di disegni
l'idea della regia del futuro film.
Soggetto e sceneggiatura
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Soggetto
(cinema) e Sceneggiatura.

La produzione di un film parte generalmente da un'idea. Lo sviluppo di questa idea


porta alla stesura del soggetto, una prima bozza di quello che potrebbe diventare
il copione di un film. Il soggetto, contenente solo lo svolgimento della vicenda in
linea di massima, è presentato a uno o più produttori. Se ci sono i presupposti per
uno sviluppo del progetto, il soggetto viene tramutato in sceneggiatura. Questo
secondo processo è decisamente più lungo e delicato del precedente, e richiede
delle buone conoscenze tecniche: una buona sceneggiatura, infatti, getta le basi
per una buona riuscita del prodotto finale. Lo svolgimento dell'azione narrato nel
soggetto viene elaborato e raffinato, creando il copione finale del film.
Fotografia
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Fotografia
(cinema) e Direttore della fotografia.

La fotografia cinematografica ha un ruolo fondamentale nella produzione di un film,


essendo la responsabile principale dell'aspetto estetico finale del prodotto. Il
direttore della fotografia è uno dei collaboratori più stretti e importanti del
regista. Insieme decidono la composizione e il taglio dell'inquadratura, a che
distanza inquadrare un soggetto, con quale angolo di ripresa, ecc. In base alla
scena che si vuole riprendere, si deciderà, ad esempio, se effettuare una
carrellata, una panoramica, un primo piano, un campo lungo, ecc. La vicinanza o
meno della macchina da presa può influire, infatti, sulla carica emotiva della
scena: ad esempio, inquadrando il volto di un attore o una scena di guerra. In
questo contesto, possiamo affermare che la fotografia è l'arte di "raccontare per
immagini", ed è parte integrante di quello che è definito come "il linguaggio
cinematografico".
Montaggio
Il montaggio è solitamente considerato l'anima del cinema e parte essenziale della
messa in scena operata dal regista. Il primo a rendere evidenti le potenzialità del
montaggio fu David W. Griffith nel film La nascita di una nazione, ove teorizzò gli
elementi alla base del "linguaggio cinematografico": inquadratura, scena e
sequenza.

Grande attenzione al montaggio venne riservata dai registi sovietici degli anni
venti. Lev Vladimirovič Kulešov e Sergej Michajlovič Ėjzenštejn furono i principali
teorici del montaggio. Kulešov dimostrò l'importanza del montaggio nella percezione
del film attraverso un famoso esperimento. Facendo seguire sempre lo stesso primo
piano dell'attore Ivan Il'ič Mosjoukine di volta in volta a un piatto di minestra,
un cadavere o un bambino, rese evidente che lo spettatore avrebbe letto nel volto
fame, tristezza o gioia. Questo prende il nome di Effetto Kulešov. Ejzenštejn
invece teorizzò il "Montaggio delle attrazioni". Nel 1923 pubblicò un saggio in cui
anticipava la pratica che avrebbe usato poi nelle sue pellicole. Nei suoi lavori,
come Sciopero! (1925) o La corazzata Potëmkin (1925), il regista inserì varie
immagini non diegetiche, cioè estranee al testo filmico rappresentato, ma che per
la loro capacità di esemplificazione potevano essere associate alle scene. Ad
esempio, in Sciopero!, la soppressione della rivolta viene mostrata attraverso lo
sgozzamento di un bue. Praticò un'estrema frammentazione delle inquadrature, per
cui un unico gesto viene mostrato da più angolazioni. Questo metodo di Montaggio si
contrapponeva al montaggio classico o invisibile. Hollywood infatti attraverso i
campo-controcampo o i raccordi sullo sguardo cercava di rendere il montaggio il più
fluente possibile.

Il montatore segue le indicazioni del regista, che supervisiona il lavoro, e


procede a visionare il girato tagliando le inquadrature utili e unendole tra loro.
Tutte le scene, girate secondo le esigenze della produzione, sono poi montate
nell'ordine previsto dalla sceneggiatura, o in altro ordine che emerge secondo le
necessità della narrazione. Non sono rari casi di film completamente rivoluzionati
in fase di montaggio, rispetto a come erano stati scritti (ad esempio Il paziente
inglese, scritto e diretto da Anthony Minghella, montato da Walter Murch, autore,
fra l'altro, di un importantissimo testo di teoria del montaggio, In un batter
d'occhi).
Colonna sonora

Con il termine colonna sonora ci si riferisce solitamente alle musiche di un film,


ma il termine comprende l'audio completo (con dialoghi e effetti sonori). Dal punto
di vista "fisico", la colonna sonora è l'area della pellicola cinematografica (il
vero film) dedicata alla registrazione dell'audio rappresentata (nella lettura
ottica) da una fascia sulla quale viene impressa una variazione continua della
densità dei grigi oppure una doppia linea spezzata, visibile come un fitto zigzag.
Nel caso di lettura magnetica, la fascia (o pista) su cui è inciso il "sonoro" non
è parte integrante della pellicola, ma è ad essa incollata ed è costituita da una
sottile banda di nastro magnetico. Mentre la banda ottica è - una volta registrata
- fissa e immutabile, la banda magnetica si presta a manipolazioni, re-
registrazioni, cancellazioni, sovrapposizioni. La banda ottica subisce gli stessi
processi di degrado di tutta la pellicola, compresi graffi e macchie, e ne segue in
definitiva la "vita". La pista magnetica, invece, è molto più delicata: è
suscettibile di smagnetizzarsi, con la conseguente cancellazione del suo contenuto,
ma anche di scollarsi dal supporto; in questo caso il reincollaggio è praticamente
impossibile. Ne consegue che la pista ottica è di gran lunga la più usata, mentre
la pista magnetica rimane prerogativa dei film a passo ridotto di tipo familiare
(Super8). La colonna sonora di un film accompagna e sottolinea lo svolgimento della
pellicola, e le musiche possono essere "originali" e non (due categorie premiate
distintamente).
Effetti speciali
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Effetti
speciali.
Gli effetti speciali sono una delle caratteristiche peculiari del cinema fin dai
tempi del regista francese Georges Méliès, inventore dei primi rudimentali effetti
visivi, ottenuti tramite un sapiente montaggio e lunghe sperimentazioni. Gli
effetti sono stati poi progressivamente perfezionati grazie all'introduzione di
nuove tecnologie, passando attraverso diverse fasi di sviluppo, fino ad approdare
ai moderni effetti basati sulla grafica computerizzata, la quale ha rivoluzionato
l'industria cinematografica liberando la fantasia di sceneggiatori e registi.
Nonostante questo, molti degli effetti dipendono ancora oggi dall'estro di
coreografi, controfigure, truccatori, disegnatori, ecc.

Gli effetti speciali sono realizzabili sia durante le riprese sia in post-
produzione, e sono classificabili in "visivi" e "sonori", e anche in "effetti
fisici" ed "effetti digitali".
Cinematografie nazionali

Cinema argentino
Cinema britannico
Cinema cileno
Cinema cinese
Cinema coreano
Cinema francese
Cinema giapponese
Cinema indiano
Cinema iraniano
Cinema italiano
Cinema messicano
Cinema russo
Cinema spagnolo
Cinema statunitense
Cinema svedese
Cinema tedesco
Cinema sovietico

Premi cinematografici
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Premi
cinematografici.

Premio Oscar
Leone d'Oro
Palma d'oro
Orso d'Oro
David di Donatello
Screen Actors Guild Awards
Golden Globe
BAFTA
Premio Emmy
Tony Award
Grammy Award
MTV Movie Award

Festival cinematografici
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei
festival cinematografici.

Festival di Cannes
Festival internazionale del cinema di Berlino
Mostra del Cinema di Venezia
Festa del Cinema di Roma
Festival del film Locarno

Scuole di cinema statali

Centro Sperimentale di Cinematografia


Istituto Cine-TV Roberto Rossellini[21]

Scuole di cinema private

Roma Film Academy[22]

Note

^ Riportata in Georges Sadoul, Storia del cinema mondiale. Dalle origini ai


nostri giorni, Ernest Flammarion, Parigi (1949), trad. it. di Mariella Mammalella,
Edizioni Feltrinelli, Milano (1964).
^ Si veda, sotto questo aspetto, lo studio in lingua inglese di Kevin Brownlow
Silent films: What was the right speed? (1980) tratto dal sito cinemaweb.com.
^ Richard Allen, Projective Illusion. Film Spectatorship and the Impression of
Reality, Cambridge University Press, 1995, pag. 4.
^ Marc Ferro, "Histoire des sociétés et lecture de films", Le Monde
diplomatique, marzo 1977
^ Come si può evincere dal sito PBS Frontline, in lingua inglese che riprende i
risultati dello studio Filmspace:Behind the scenes pubblicato dalla ABN AMRO il 12
settembre 2000.
^ Si veda, a tal proposito, il filmato sul sito Historical Canada Minutes
Archiviato il 27 settembre 2011 in Internet Archive. in lingua inglese.
^ Encyclopédie Universalis, Les Théories du Cinema, in lingua francese.

Matèrie et Mémoire (1896), trad. it. di Adriano Pessina, Materia e memoria, Laterza
Edizioni, Bari-Roma, 1996 (ISBN 88-420-4894-1)
^ Henri-Louis Bergson, L'Évolution créatrice (1907), trad. it. di Umberto Segre,
Athena, Milano, 1925 e Corbaccio-Dall'Oglio, Milano, 1965 (ISBN 88-7718-454-X);
trad. it. di Paolo Serini, Mondadori, Milano, 1938 e 1949; trad. it. di Armando
Vedaldi, Sansoni, Firenze, 1951; trad. it. di Giancarlo Penati, La scuola, Brescia,
1961 (ISBN 88-350-7378-2); trad. it. di Leonella Alano, Fabbri, Milano, 1966; trad.
it. di Fabio Polidori, Raffaello Cortina, Milano, 2002 (ISBN 88-7078-780-X), trad.
it. di Marinella Acerra, Bur, Milano, 2012 e 2013 (ISBN 978-88-17-05495-9)
^ Gilles Deleuze, L'immagine-movimento. Cinema 1, trad. it. di Jean-Paul Manganaro,
Ubulibri, Milano, 1984, e L'immagine-tempo. Cinema 2, trad. it. di Liliana
Rampello, Ubulibri, Milano, 1989.
^ La nascita di una sesta arte in Cinema Nuovo, n. 225, settembre-ottobre 1973, pp.
361-71; poi in Alberto Barbera e Roberto Turigliatto (a cura di), Leggere il
cinema, Oscar Mondadori, Milano 1978, pp. 13-24.
^ Si veda anche, a tal proposito, The Birth of the Sixth Art su Google Books.
^ Francesco Casetti, Teorie del cinema. 1945-1990, Milano, Bompiani, 1993.
^ Cfr. A. Gurwitsch, Développement historique de la Gestalt-Psychologie, Edizioni
Thalès, 1935, pagg. 167-176.
^ Cfr. Frédéric Gimello, « Teorie del cinema », Università di Metz.
^ Cfr. Roberto Poppi, I registi dal 1930 ai giorni nostri, Gremese Editore, Roma,
prefazione alla prima edizione 1993
^ Cfr. Alain Reinaud, La nouvelle Architecture de l'Image, da Cahiers du Cinéma n.
583, ottobre 2003
^ Cfr. André Bazin, recensione di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, in
L'ecran français n. 187, 25 gennaio 1949.
^ Filiberto Molossi, Pietrino, il cinema nella penna, in Gazzetta di Parma, 11
luglio 2009. URL consultato il 26 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 26
aprile 2014).
Fonte: CNC (citato da René Bonell su La 25e image, Edizione Gallimard)
^ Istituto Cine-TV Roberto Rossellini – Roma, su cine-tv.edu.it. URL consultato
il 9 marzo 2019.
^ Accademia di Cinema e Televisione - Scuola di Cinema, su Roma Film Academy.
URL consultato il 9 marzo 2019.

Bibliografia

Enciclopedie

Gian Piero Brunetta, Storia del cinema mondiale, 5 volumi (7 tomi), Einaudi
(collana Grandi Opere), 1999.
«volumi: I. L'Europa, Miti, luoghi, divi; II*. Gli Stati Uniti; II**. Gli Stati
Uniti; III. L'Europa. Le cinematografie nazionali (in 2 tomi); IV. Americhe, Asia,
Oceania. Le cinematografie nazionali; V. Teorie, strumenti»
.

Monografie

Alberto Angelini, Psicologia del cinema, Napoli, Liguori, 1992.


Federico di Chio, American Storytelling. Le forme del racconto nel cinema e
nelle serie tv, Carocci, 2016.
Amedeo Benedetti, Bibliografia ragionata della cultura delle immagini, Genova,
Erga, 2005, ISBN 8881634155.
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Francesco Casetti e Federico di Chio, Analisi del film, Milano, Bompiani, 1990,
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cinema) 2011, 915 minuti
Filmato audio Maurizio Ferraris, Zettel - La filosofia in movimento, Rai
Educational. URL consultato il 17 gennaio 2016.

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Gian Piero Brunetta, Sala cinematografica, in Enciclopedia del cinema, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 2003-2004.
Il cinema in Romagna. Le origini del cinema a Forlì, su digilander.libero.it.
Cinema, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.

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