Saggi di teologia
fondamentale, Lateran University Press, Città del Vaticano 2009, pp.
362, € 25,00. ISBN 978-88-4650-642-9.
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sostanzialista, l’idolo a favore della distanza direbbe Marion, per mettere a tema un pensiero di Dio
inclusivo e non escludente, di un Dio capace di ‘muoversi’ per intercettare lo smarrimento
dell’uomo viatore. Se Dio si muove verso il nomade in quanto amore includente, allora, la sua
‘rivelazione’ al viandante altro non sarà che un gesto di ‘carità’: la saldatura tra la costituzione
dogmatica Dei Verbum e l’enciclica di Benedetto XVI è conseguentemente posta in atto nel terzo e
quarto capitolo (La rivelazione dell’Amore. Per una rilettura della Dei Verbum in prospettiva
agapico-trinitaria, pp. 97-133; Il nome di Dio è amore. La dimensione teo-logica della Carità, pp.
135-158).
A partire dal quinto capitolo Lorizio lascia gli argomenti più propriamente fondativi per
applicare la metafisica agapica ad alcune questioni teologiche che hanno animato le acque della
teologia del XX secolo: il rapporto tra naturale e soprannaturale (I due volti dell’unica rivelazione,
pp. 159-196), che si chiude con una interessante ricognizione del pensiero di Rosmini sull’opera
deificante della grazia; la categoria ontologica e antropologica del “trascendentale” in riferimento
agli assunti di K. Rahner, (siamo nel sesto capitolo, Il “trascendentale” nella teologia del XX
secolo. Bilancio e prospettive, pp. 197-219), ove Lorizio esterna il suo originale contributo nel
declinare il trascendentale (e i classici trascendentali della metafisica) mediante il triplice
linguaggio dell’alterità (apertura nativa alla forma reale dell’essere), dell’interiorità (coscienza della
scintilla divina di verità nelle mente dell’uomo), della gratuità (in riferimento al darsi del bello e del
buono nella vita della grazia e nella forma morale dell’essere).
I capitoli dal settimo al nono affrontano con un taglio sapienziale e attento alla temperie
culturale i tre trascendentali (vero, buono e bello) in relazione all’esistenza credente. A nostro
parere le riflessioni ivi contenute danno molto a pensare anche per la loro ricaduta pastorale.
Riguardo al vero (La verità della fede. Oltre i falsi dilemmi. Verso la santità della ragione, pp. 221-
260), l’Autore si propone di superare le false alternative della fede contro ragione, della verità
contro la libertà, della verità contro la carità, e lo fa, dopo averle stimmatizzate, nella prospettiva
dell’ontologia trinitaria rosminiana. Trattando del buono, declinato dalla libertà dell’atto credente
(La libertà della fede. Oltre la riduzione etica dell’adesione credente, pp. 263-293), Lorizio prende
spunto per evidenziare un rischio tutt’altro che sopito, cioè quello di ridurre la vita di fede a mera
morale: «Non possiamo quindi dimenticare che la fede, includendo l’etica, la relativizzi
richiamandola al suo ordine originario» (p. 268). Ciò posto, con il capitolo sul bello (La bellezza
della fede. Oltre la deriva estetizzante del credere, pp. 295-326), si fa emergere l’altro rischio della
vita credente, ossia quello di ridurre la fede a ‘ornamento’ dell’esistenza. Il correttivo alle derive,
inutile dirlo, è quello che si apprende dalla nota circuminsessione dei trascendentali: non c’è bontà
senza verità, non c’è bellezza autentica che sia isolata dal vero e buono. Lorizio si congeda dal
lettore con un ultimo capitolo dedicato, direbbe Rosmini, alla carità più alta, quella spirituale. Ed è
dunque il tema della testimonianza offerta agli uomini che conclude la raccolta dei saggi (Epilogo.
Testimoniare il fondamento. Il senso teologico della martyria, pp. 327-348). Testimonianza non di
una fede generica ma del fondamento agapico, cioè del saper soffrire di Dio per noi, che interpella
la conoscenza e la razionalità. Affidabile e non assurdo, sebbene paradossale, apparirà allora il
paradigma strutturale di ogni esistenza di fede, quale appunto è la martyria.
Questa la lezione di Lorizio. Lezione che è rimasta fedele alle frontiere del pensiero
contemporaneo (basta dare uno sguardo all’Indice dei nomi per averne conferma) e alla fatica del
vivere che è, in ultima analisi fatica del pensare “la cosa capita”. Ma albergando in frontiera si può
cogliere l’eco dell’Amore nascosto nella struttura dell’essere. Quell’amore di Cristo che, per
riprendere e parafrasare il seguito della citazione reboriana posta all’inizio del volume, “non lascia
senza bacio” la parola di chi cerca il fondamento (G. Forlai).