Sei sulla pagina 1di 2

Giuseppe Lorizio, Le frontiere dell’Amore.

Saggi di teologia
fondamentale, Lateran University Press, Città del Vaticano 2009, pp.
362, € 25,00. ISBN 978-88-4650-642-9.

Mons. Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia fondamentale nella


Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense e Preside
dell’ISSR “Ecclesia Mater”, offre in questo volume una preziosa raccolta
di saggi occasionata da conferenze tenute in vari seminari e convegni.
Non si pensi però che una tale occasionalità vada a scapito
dell’organicità della proposta. Lorizio – chi ne è fedele lettore lo sa – ha
una sua linearità garantita da assunti ermeneutici di indubbio quanto
esplicito sapore rosminiano. Sono proprio questi assunti unificanti che
consentono di leggere anche Le frontiere dell’Amore senza disperdersi.
Lorizio ha la carità intellettuale, non abituale tra i teologi di professione, di fornirci le linee guida
della raccolta nel Prologo (in terra), pp. 7-12: innanzi tutto i saggi si pongono in una terra di
confine, connaturale e strutturante la teologia fondamentale, tra cultura filosofica contemporanea e
credibilità della Rivelazione; la frontiera viene continuamente forzata con “Amore”, cioè nell’ottica
di una Carità che si dona e di cui, per dirla con Rosmini, l’uomo non è mero fruitore ma ancor più
“ospite”. E qui bisogna intendersi: Lorizio propone una metafisica agapica originata dall’ontologia
della gratuità: l’essere non si dice semplicemente come “essenza” o come “relazione”, bensì come
gratuità. La Caritas, essenza di Dio, non si coglie nella fissità di una onto-teologia ma nemmeno (ed
è questo il punto forza dell’Autore) in una sostanza che si declina semplicemente nella simmetria
della relazione, ove si dice “Io” solo dopo aver detto “Tu”. Se così fosse la riduzione della Caritas
al capriccio dell’interlocutore umano sarebbe inevitabile. L’Amore che abita le frontiere è invece
gratuito, e quindi asimmetrico, ma non per questo distante, asettico. C’è un afflato barthiano in
questo. Lorizio declina una Caritas che salvaguarda il trascendente ma che proprio per questo può
essere colta solo dentro la solitudo dell’interiorità. Apparente contraddizione; in realtà il gratuito è
tale per scavalcare le secche di una deriva estetica o moraleggiante e per ‘cadere’ proprio lì dove
l’essere di ogni persona è detto come indicibile alterità: intimior intimo meo. Nella metafisica
agapica di Lorizio si danno convegno Rosmini e ancor più Duns Scoto con la loro definizione di
‘persona’ quale sostanza individuale di natura razionale che non può essere raccontata se non
dall’Amore, poiché solo l’Amore abbraccia senza soffocarlo il dramma individuale del singolo che
Lorizio ha ben presente come ci suggerisce la citazione di un verso della poesia Sacchi a terra per
gli occhi di Clemente Rebora (più degno figlio del beato roveretano), posta all’inizio del volume:
«…la cosa capita non redime la cosa sofferta».
Ecco dunque Le frontiere dell’Amore aprirsi nel primo capitolo all’ineludibile problema della
marginalità del sapere teologico nell’ambito del mondo cittadino e universitario (Il sapere della
fede nel villaggio globale. Dimensione “secolare” della teologia nella e per la città, pp. 13-55).
Marginalità che Lorizio legge come occasione per uscire da una certa autoreferenzialità del sapere
teologico e che coglie in triplice versione: marginalità geopolitica a fronte dell’appiattimento delle
culture sulla nuova ideologia omogeneizzante della globalizzazione; marginalità credente e ritorno
del sacro che impone di affrontare senza contrapposizioni fede e religione; marginalità
epistemologica che invita a registrare la contraddizione in ambito europeo tra una teologia
marginalizzata, in quanto portatrice di una forma del sapere, e una filosofia che sempre di più si
esercita in problematiche religiose. Le pagine a seguire ci conducono sul terreno del nomadismo (Il
pensiero nomade come figura del pensiero credente nella tradizione ebraico-cristiana, pp. 57-95).
Dal comprendersi “arameo errante” del pio israelita all’uomo moderno che supera la fortezza
gnoseologica del cogito cartesiano per aprirsi ad una coscienza ridimensionata dell’Io (e la
psicanalisi ha fatto il suo ulteriore lavoro!) si guadagna alla riflessione teologica uno spazio per
l’esistenza dell’Altro e degli altri. “Esodale” è dunque la teologia che supera la metafisica

1
sostanzialista, l’idolo a favore della distanza direbbe Marion, per mettere a tema un pensiero di Dio
inclusivo e non escludente, di un Dio capace di ‘muoversi’ per intercettare lo smarrimento
dell’uomo viatore. Se Dio si muove verso il nomade in quanto amore includente, allora, la sua
‘rivelazione’ al viandante altro non sarà che un gesto di ‘carità’: la saldatura tra la costituzione
dogmatica Dei Verbum e l’enciclica di Benedetto XVI è conseguentemente posta in atto nel terzo e
quarto capitolo (La rivelazione dell’Amore. Per una rilettura della Dei Verbum in prospettiva
agapico-trinitaria, pp. 97-133; Il nome di Dio è amore. La dimensione teo-logica della Carità, pp.
135-158).
A partire dal quinto capitolo Lorizio lascia gli argomenti più propriamente fondativi per
applicare la metafisica agapica ad alcune questioni teologiche che hanno animato le acque della
teologia del XX secolo: il rapporto tra naturale e soprannaturale (I due volti dell’unica rivelazione,
pp. 159-196), che si chiude con una interessante ricognizione del pensiero di Rosmini sull’opera
deificante della grazia; la categoria ontologica e antropologica del “trascendentale” in riferimento
agli assunti di K. Rahner, (siamo nel sesto capitolo, Il “trascendentale” nella teologia del XX
secolo. Bilancio e prospettive, pp. 197-219), ove Lorizio esterna il suo originale contributo nel
declinare il trascendentale (e i classici trascendentali della metafisica) mediante il triplice
linguaggio dell’alterità (apertura nativa alla forma reale dell’essere), dell’interiorità (coscienza della
scintilla divina di verità nelle mente dell’uomo), della gratuità (in riferimento al darsi del bello e del
buono nella vita della grazia e nella forma morale dell’essere).
I capitoli dal settimo al nono affrontano con un taglio sapienziale e attento alla temperie
culturale i tre trascendentali (vero, buono e bello) in relazione all’esistenza credente. A nostro
parere le riflessioni ivi contenute danno molto a pensare anche per la loro ricaduta pastorale.
Riguardo al vero (La verità della fede. Oltre i falsi dilemmi. Verso la santità della ragione, pp. 221-
260), l’Autore si propone di superare le false alternative della fede contro ragione, della verità
contro la libertà, della verità contro la carità, e lo fa, dopo averle stimmatizzate, nella prospettiva
dell’ontologia trinitaria rosminiana. Trattando del buono, declinato dalla libertà dell’atto credente
(La libertà della fede. Oltre la riduzione etica dell’adesione credente, pp. 263-293), Lorizio prende
spunto per evidenziare un rischio tutt’altro che sopito, cioè quello di ridurre la vita di fede a mera
morale: «Non possiamo quindi dimenticare che la fede, includendo l’etica, la relativizzi
richiamandola al suo ordine originario» (p. 268). Ciò posto, con il capitolo sul bello (La bellezza
della fede. Oltre la deriva estetizzante del credere, pp. 295-326), si fa emergere l’altro rischio della
vita credente, ossia quello di ridurre la fede a ‘ornamento’ dell’esistenza. Il correttivo alle derive,
inutile dirlo, è quello che si apprende dalla nota circuminsessione dei trascendentali: non c’è bontà
senza verità, non c’è bellezza autentica che sia isolata dal vero e buono. Lorizio si congeda dal
lettore con un ultimo capitolo dedicato, direbbe Rosmini, alla carità più alta, quella spirituale. Ed è
dunque il tema della testimonianza offerta agli uomini che conclude la raccolta dei saggi (Epilogo.
Testimoniare il fondamento. Il senso teologico della martyria, pp. 327-348). Testimonianza non di
una fede generica ma del fondamento agapico, cioè del saper soffrire di Dio per noi, che interpella
la conoscenza e la razionalità. Affidabile e non assurdo, sebbene paradossale, apparirà allora il
paradigma strutturale di ogni esistenza di fede, quale appunto è la martyria.
Questa la lezione di Lorizio. Lezione che è rimasta fedele alle frontiere del pensiero
contemporaneo (basta dare uno sguardo all’Indice dei nomi per averne conferma) e alla fatica del
vivere che è, in ultima analisi fatica del pensare “la cosa capita”. Ma albergando in frontiera si può
cogliere l’eco dell’Amore nascosto nella struttura dell’essere. Quell’amore di Cristo che, per
riprendere e parafrasare il seguito della citazione reboriana posta all’inizio del volume, “non lascia
senza bacio” la parola di chi cerca il fondamento (G. Forlai).

Recensione apparsa in Religione, Scuola, Città 1-2 (2009) 60-62.

Potrebbero piacerti anche