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Romanzo popolare
Pinocchio

Il paese dei Balocchi

Pinocchio ci racconta del presente, della plebeizzazione dei popoli mediante


la società dello spettacolo. Il paese dei balocchi in cui Pinocchio rischia di
perdere la sua umanità è un luogo in cui domina il chiasso.
L’iperstimolazione uditiva impedisce l’ascolto e, quindi, la razionalità.
L’industria del divertimento ha una doppia valenza, non solo produce
plusvalore, ma specialmente struttura la sussunzione formale e materiale. I
dominati si perdono nell’eccesso delle promesse edeniche con l’effetto di
abdicare ad ogni attività politica per essere solo sudditi. L’intero sistema è
organizzato per ridurre al silenzio intere generazioni nella violenza
legalizzata del chiasso. Il circo mediatico ed i pedagogisti all’ombra del
potere declamano la liberazione dal tempo della formazione per allungare il
tempo dello sradicamento da ogni impegno, in modo da favorire le logiche di
dominio. Il paese dei balocchi è il luogo di un esperimento antropologico:
ridurre l’essere umano attraverso il principio di piacere ad animalità pura.
Nel paese dei balocchi vi sono solo giovani, il divertimento è associato al
godimento giovanile. La distopia contemporanea è andata oltre: le
generazioni sono equiparate in nome della giovinezza. Per essere giovani
padri e madri abdicano al ruolo genitoriale, i professori si liberano del ruolo
di educatori per usare il linguaggio giovanile e diluiscono i contenuti in nome
del successo formativo. L’applauso ingannatore e le parole buone per fare
male sono profuse per sostenere la liberazione dai contenuti e dai valori
classici. Il nichilismo avanza sulla punta della baionetta fatta di applausi e
parole adulatorie. Pinocchio ci rammenta cosa accade all’umanità che cade
nella trappola degli imbonitori. Il burattino dalle fattezze asinine non sa
parlare, ma solo ragliare, con la perdita del linguaggio il pensiero si eclissa
ed il potere si consolida.

L’utopia presto svela la distopia: Pinocchio è venduto per la società dello


spettacolo, ma un incidente gli impedisce di essere utilizzato nel circo. E’
venduto ad un compratore che vorrebbe farne pelle da tamburo.

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Il massimo del profitto deve arrivare con il minimo investimento è il sogno di
ogni capitalista piccolo e grande, pertanto per poterne estrarre la pelle si
tenta di affogarlo. In una realtà dove ci sono solo compratori e venditori i
deboli sono solo enti da usare. Pinocchio non è guardato da nessuno, è solo
un oggetto da cui ciascuno cerca di trarre il proprio piacere e tornaconto: gli
spettatori si divertivano per i numeri del ciuchino, l’omino che lo ha condotto
nel paese dei balocchi soppesava il guadagno che avrebbe ricavato dalla
vendita del ragazzo-ciuchino, e l’ultimo compratore non vede che la pelle del
ciuchino da usare per un buon tamburo. Avvoltoi di diversa stazza si
lanciano sulla vittima, ciascuno con un proprio “piano d’investimento”. Il
paese dei balocchi è la società-azienda in cui vi sono solo compratori e
venditori che si muovono tra merci da capitalizzare.

Pinocchio riesce a distinguere il bene dal male ma ha una volontà ancora


troppo debole per imporsi sulla voglia di avventura, lo testimoniano i continui
guai in cui si caccia. Collodi insiste sull'influenza deleterua dei falsi amici; di
primo impatto a tutti piacerebbe vivere nel paese dei Balocchi, ma Collodi fa
riflettere i suoi giovani lettori, mostrando due strade: la trasformazione in
uomo oppure in animale (la metamorfosi degradante di un ragazzino che
diventa asino). Il testo presenta gli elementi tipici della fiaba come elementi
magici ed anche una morale.

Collodi utilizza due espedienti tecnici, le parti dialogate e le frasi che


interpellano il lettore.

Libro Cuore

Introduzione
Cuore, o come lo conoscono tutti Libro Cuore, è un libro scritto per ragazzi e
che è stato pubblicato dalla casa editrice Treves nel 1886 ed è stato
realizzato dallo scrittore italiano Edmondo De Amicis. E’ considerato come
uno dei capolavori della letteratura italiana e come una pietra miliare del
neonato Regno d’Italia. Nell’edizione Treves apparve diviso per episodi e
sulla base di questo libro sono stati girati anche film e serie televisive.
Il romanzo di De Amicis ebbe un successo così grande da essere uno dei
libri più letti dell’epoca. Oggi viene considerato un classico della letteratura
italiana. Il romanzo è scritto sotto forma epistolare da uno dei ragazzi
protagonisti della storia, ovvero Enrico Bottini, il quale racconta le avventure
e le vicende della sua classe che all’epoca frequentava la terza elementare
nel corso dell’anno scolastico 1880-1881 in una scuola di Torino.

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Il romanzo alterna momenti della vita del giovane Enrico ai racconti effettuati
in classe dal maestro Perboni. Vengono raccontate le vicende che vanno dal
17 ottobre 1881 al 10 luglio 1882 (la durata di tutto l’anno scolastico) e il
libro si articola in capitoli che corrispondono a tutte le vicende che
avvengono mese per mese e che riguardano principalmente la vita
scolastica della classe terza elementare. All’interno dei capitoli c’è spazio
anche per i racconti effettuati dal maestro Perboni e vi sono anche degli
appunti scritti dai familiari del protagonista, come ad esempio quelli del
padre.
Il diario si conclude con la partenza di Enrico e della sua famiglia che
devono lasciare Torino. Viene descritto il sentimento di malinconia del
ragazzo per la perdita dei suoi tanto amati compagni e del caro maestro
Perboni, grande insegnante di vita. Il senso della perdita si avverte
tantissimo nelle parole del bambino che non dimenticherà mai i suoi amati
compagni e il suo insegnante.

Il romanzo ha fini pedagogici, in quanto vuole dare al lettore degli


insegnamenti di vita molto importanti, come ad esempio l’amor di patria, il
dover studiare con grande senso d’onore e d'orgoglio al fine di costruirsi un
futuro migliore avendo un lavoro onesto, il rispetto e l’amore per la propria
famiglia, la lealtà, la bontà d’animo verso gli amici ed infine la gentilezza e
l’educazione verso chi ci circonda.

Dagli appennini alle Ande


Marco, un ragazzino di 13 anni, vive a Genova con il papà e il fratello
maggiore. La sua mamma è partita da qualche anno per l’Argentina, per
trovare lavoro e aiutare così la famiglia. Da un po’ di tempo però non
arrivano più sue notizie. Si decide così che il più piccolo di casa, l’unico che
non lavora, parta per il continente americano per cercarne le tracce. Il
viaggio per mare è già un’impresa per un ragazzo di quell’età tutto solo, ma
sono ancora più emozionanti e avventurose le vicende che lo attendono in
quella terra sconosciuta e lontana. Troverà infine la mamma gravemente
ammalata, oltreché in pena per i suoi cari lontani, ma con il suo arrivo
riuscirà a fare in modo che si salvi.

Dagli Appennini alle Ande è tratto da Cuore, il celebre romanzo di Edmondo


De Amicis che immagina di riprodurre il diario di un ragazzo di famiglia
borghese, Enrico Bottini, durante la terza elementare in una scuola di Torino.

Ai capitoli del diario si aggiungono nove racconti, presentati mensilmente dal


maestro di Enrico, incentrati sulle avventure spesso drammatiche di bambini

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italiani di varie regioni. Dagli Appennini alle Ande è il racconto del mese di
maggio e mantiene, a dispetto del tempo passato, un’imprevedibile attualità.

Formare gli Italiani

LA NATURA AL CENTRO DELLA SCENA   La natura occupa il centro della


scena descritta da Nievo e rivela la sua immutabile bellezza («le tempeste del
verno non potevano guastare la stupenda armonia del creato», r. 32): il mondo
idillico è un mondo che sta al di fuori della storia e rimane sempre uguale a se
stesso. In questo mondo naturale Carlino si trova perfettamente a suo agio.
“Tocca” l’erba, e gli sembra di volare come un uccello; corre, e si sente
«trafelato» come «un cane di ritorno dall’aver inseguito una lepre» (rr. 3-4). Il
punto di vista è quello del narratore, ormai vecchio, ma le sensazioni sono
“esattamente” quelle che qualsiasi bambino prova nel momento in cui è libero di
correre su un prato, senza freni e costrizioni: la capacità mimetica di Nievo è, da
questo punto di vista, straordinaria, perché attraverso i ricordi del personaggio
riesce davvero a farci provare la sua felicità di allora.
CARLINO SCOPRE IL MARE   È degno di nota il fatto che, in questa scena
marina, il mare non venga mai nominato, il che è in linea con il punto di vista di
un ragazzino che non l’ha mai visto («non poteva indovinar cosa fosse quello
spazio», rr. 10-11). Carlino vede qualcosa di strano e bellissimo, e non sa bene
che cosa sia: la scena riesce commovente soprattutto grazie a questa distanza,
a questo scarto tra ciò che il lettore e il narratore maturo sanno e ciò che il
bambino sta scoprendo sotto i nostri occhi. Nievo avrebbe potuto far dire al suo
narratore qualcosa come “e fu allora che vidi per la prima volta il mare”; gli fa
dire, invece, di aver visto uno «spazio infinito d’azzurro, che mi pareva un pezzo
di cielo caduto e schiacciatosi in terra» (rr. 11-12): e naturalmente è tutta un’altra
cosa.
BAMBINO E ADULTO SOVRAPPOSTI   La voce dell’adulto che scrive le sue
memorie, tuttavia, si avverte di continuo, sin dall’inizio della descrizione, che è
introdotta da un «mi ricorderò sempre» (r. 4) pronunciato, evidentemente,
dall’uomo anziano e non dal bambino. Ed è sempre l’«ottuagenario» Carlino che
inizia a riflettere su Dio e sulla giustizia, sovrapponendo i suoi pensieri di uomo
esperto a quelli, ingenui e confusi, del bambino. La chiusura ironica (nella quale
il narratore afferma che, se a quell’epoca gli fossero passati per la testa pensieri
del genere, sarebbe rimasto intontito e non avrebbe fatto ritorno a casa) spezza
il tono, che stava diventando troppo solenne, e riconduce tutto alla dimensione
intima e familiare dell’esperienza del piccolo Carlino.

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