Sei sulla pagina 1di 13

Capitolo 3

PERCHE GLI INDIVIDUI VIOLANO LE NORME?


LE CAUSE DI DEVIANZA E CRIMINALITÀ

Per spiegare la devianza la sociologia generale, prima, e poi quella specialistica


hanno elaborato teorie differenti sia sulla devianza in generale, sia su fenomeni
specifici di devianza. Queste teorie sono riconducibili a filoni teorici in cui si
divide la sociologia tutta: teorie funzionali, teorie conflittuali, teorie
interazioniste.

LE RISPOSTE DI SENSO COMUNE: LA COLPA È DI …


La formula ‘è colpa diʼ indica un orientamento semplicistico tipico delle
valutazioni ispirate dal senso comune. Le ‘colpeʼ più diffuse sono:
1. la colpa è del singolo individuo che vuole scegliere il male perché gli
conviene;
2. la colpa è dellʼindividuo predisposto naturalmente (“è un delinquente nato,
proprio come i suoi genitori”)
3. la colpa è delle difficili condizioni di vita e di relazioni
4. la colpa è dei cattivi modelli, gli esempi negativi
5. la colpa è delle risposte sbagliate, sia dei singoli, che della società, che delle
istituzioni.

I DIVERSI PARADIGMI SCIENTIFICI: IL PENDOLO INDIVIDUO-SOCIETÀ-


INDIVIDUO
I paradigmi (vedi Khun) che si sono susseguiti nellʼarco del tempo a partire dalla
seconda metà del Settecento a oggi sono i seguenti:
– paradigma classico: crimine come scelta razionale, cioè esito del calcolo
costi-benefici
– paradigma positivista: metà ottocento, inizio novecento – predisposizione
naturale e carenze costitutive dellʼindividuo delinquente
– paradigma sociale: fino ottocento fino agli anni ottanta del ‘900 – devianza
come esito di carenze, dei condizionamenti, delle relazioni sociali
– paradigma neoclassico: ultimi decenni del novecento, primi del duemila –
responsabilità individuale e scelta razionale
– paradigma neopositivista: stesso periodo del precedente – diversità
intrinseca dellʼindividuo deviante, propensione naturale (neuroscienze,
genetica)
Il percorso tra questi paradigmi assomiglia ad un pendolo che si sposta tra la
responsabilità attribuita allʼindividuo e alla società. Lʼorigine del pendolo si
colloca con lʼelaborazione della Scuola classica e, successivamente quella
positiva, che entrambe mettono al centro lʼindividuo; si sposta verso i fattori
sociali con il determinismo sociale e ritorna sulla responsabilità dellʼindividuo
con il paradigma neoclassico e neopositivista.
LE SPIEGAZIONI NON SOCIOLOGICHE: LA RESPONSABILITÀ
DELLʼINDIVIDUO
Il paradigma classico
Il paradigma classico si afferma molto prima della nascita della sociologia, ha
come interesse il crimine e si sviluppa grazie al diritto e alla filosofia. Si sviluppa
a metà del Settecento e ha come autori di riferimento Rousseau, Bentham e
Beccaria. Elemento fondamentale della spiegazione dei comportamenti
criminali è la scelta razionale, che porta ad ottenere benefici. Il processo
storico che sta sullo sfondo di questo paradigma è il capitalismo mercantile e
lʼemergere della borghesia. Si afferma la centralità del contratto come
regolatore degli scambi commerciali, il che è reso possibile dallʼaffermarsi della
certezza del diritto – le obbligazioni sono rispettate
senza eccezione legate ai privilegi o ad eventuali immunità. La legittimità
dellʼintervento dello Stato è correlata alla concezione dellʼuomo come membro
della società che convive con gli altri sulla base di un contratto sociale,
godendo della piena libertà, con il solo limite delle esigenze di ordine e rispetto
delle obbligazioni reciproche. Lʼaffermazione dello stato-nazione porta con sé
lʼunificazione delle fonti del diritto e lʼapplicazione di un diritto unico sul
territorio che coincide con lo stato. In questo contesto, con a mente i valori del
primato della ragione, della libertà dei cittadini, dellʼuguaglianza di tutti di
fronte alla legge, Beccaria elabora la sua riflessione: la non adeguatezza del
sistema delle pene fa considerare conveniente la scelta del reato. Il crimine
viene considerato come una mera violazione delle leggi umane, diverso dalla
colpa morale. Per questo, il diritto penale ha come missione il regolare al meglio
i rapporti tra individui e le situazioni secondo il principio di massima utilità.
Deve solo tutelare il bene pubblico costituito dallʼordine sociale. La pena deve
essere resa idonea in modo da procurare un danno maggiore dei benefici; deve
inoltre minimizzare il ricorso alla violenza poiché ha una funzione deterrente e
non punitiva/retributiva. Deve essere inoltre infallibile (a una violazione
corrisponde sempre una pena), pronta (a reato segue immediatamente la
sanzione), certa (la pena deve essere scontata per intero) e dolce (deve
risparmiare al condannato ogni inutile sofferenza).

IL PARADIGMA POSITIVISTA

Seconda metà dellʼOttocento. Il contesto storico è quello dellʼaffermarsi del


modello di produzione del capitalismo industriale, con la pluralità di
conseguenze sociali: modificazione degli stili di vita, migrazioni dalle campagne
e urbanizzazione, precarizzazione - concentrazione nelle stesse aree di diversi
problemi sociali gravi tra cui alcolismo, prostituzione, criminalità. Il clima
intellettuale è caratterizzato dalla scienza positiva (dimostrazione empirica di
qualunque cosa, metodo induttivo), dal darwinismo, dallʼevoluzionismo.Sul
piano della spiegazione dei fenomeni, si adotta il principio della causalità
necessaria: ogni fenomeno ha una o più cause definite e definibili. Cresce il
ruolo della statistica e nasce la sociologia.
A partire dal comune rifiuto del paradigma classico e della natura determinata
del delitto e della devianza, prendono forma due correnti teoriche molto
distanti: il determinismo biologico e la criminologia di matrice marxista. La
scuola positiva è composta prevalentemente da medici, antropologi fisici e
giuristi; Lombroso è lʼesponente più importante. Studiò moltissimo tutto il corpo
e la biologia umana al fine di individuare un tipo antropologico specifico: il
delinquente nato. Sostiene che i criminali portano in sé i caratteri ereditari dei
popoli selvaggi – delinquente come forma di regressione evolutiva. Dallʼincrocio
tra i differenti caratteri (fisici, anatomici, biologici, psicomorali, etc.) otteniamo
le diverse categorie di delinquenti: nati, passionali, folli, occasionali, epilettico,
mattoide. Critiche alla serietà scientifica di Lombroso. Per lui, le donne avevano
caratteristiche inferiori. Dunque, lʼatavismo e la degenerazione si
manifestavano attraverso la prostituzione.
Enrico Ferri, uno degli allievi più importanti di Lombroso, è considerato il padre
fondatore della sociologia criminale. Cominciano ad essere tenuti in conto
alcuni fattori sociali nellʼinfluenzare la criminalità. Il lascito più importante di
questa scuola riguarda la politica criminale: ripudiando il concetto di libero
arbitrio, si legittimano i concetti di pericolosità sociale e di difesa sociale.

LE TEORIE SOCIOLOGICHE
La devianza, oltre ad essere concetto sociologico che nasce dallo sviluppo
della disciplina, rappresenta anche uno dei principali oggetti di ricerca agli
albori della nuova scienza. È uno degli oggetti dʼelezione poiché ha a che
vedere con il problema della coesione sociale e dei fattori che la turbano o la
consolidano.
Classifichiamo le teorie sociologiche in due macroaree: il paradigma delle
assenze o dei deficit, e il paradigma delle presenze o dei condizionamenti forti.
Allʼinterno delle carenze o deficit, individuiamo tre approcci:
j. deficit di carattere economico e strutturale (povertà, disoccupazione, crisi
economiche,
disuguaglianze sociali, etc.)
k. deficit di controllo sociale, di valori e regole.
l. Deficit relazionale, educativo, ambientale
Per quello che riguarda i condizionamenti forti, si articolano due sottoinsiemi:
A) Lʼapprendimento di modelli devianti trasmessi sia nei contesti di relazione,
sia nella cultura diffusa
B) La forte responsabilità del processo di etichettamento e di stigma provocati
dalla reazione sociale e istituzionale alla devianza, che amplifica e consolida lo
strutturarsi di identità e carriere devianti

PARADIGMA DELLE ASSENZE O DEI DEFICIT

j. Carenze strutturali e determinismo sociale


Per carenze strutturali intendiamo lʼambito della vita materiale degli individui, al
centro del pensiero marxista. In questa luce, devianza e criminalità sono
comportamenti socialmente determinati da condizioni di sfruttamento e
deprivazione. Marx e Engels riflettono sul crimine in modo marginale,
intrecciando lʼanalisi a quella generale sulle condizioni di vita della classe
operaia. Il furto, in un saggio di Engels, è descritto come una scelta
obbligatoria.
Marx accenna anche al possibile verificarsi del desiderio di affrancarsi dalle
condizioni di deprivazione e sfruttamento, per cui il crimine si presenta come
espressione di lotta, posto in atto come libera volontà contro le condizioni
predominanti.
Un altro tema importante è lʼanalisi della funzione del crimine, che secondo
Marx, ironicamente, è paragonabile a quella di altri lavori rispettabili: “il
delinquente produce non solo delitti, ma anche il diritto penale, il manuale del
professore che lo insegna, la polizia, etc. aumentando la ricchezza nazionale”.
Inoltre, serve a perfezionare alcuni settori, come “le serrature non sarebbero
mai giunte alla loro perfezione attuale se non ci fossero stati i ladri”. La
possibilità di una società senza crimine coincide con lʼabolizione del sistema
capitalista.
Un altro autore, che riprende le riflessioni solo accennate di Marx e Engels, è
Willem Bonger: studiando le connessioni fra reati e condizioni economiche,
guarda non solo ai reati
della classe operaia, ma anche a quelli della borghesia, unificate dal “pensiero
criminale” che è conseguenza dellʼegoismo e della mancanza di moralità
generata dal capitalismo. Una società egualitaria, con comune possesso dei
mezzi di produzione è lʼunica soluzione per la prevenzione del crimine.
Molti hanno sottolineato il rischio di una visione economicistica del complesso
intreccio di motivazioni psicologiche e culturali che spingono alla devianza;
inoltre, non si considerano a sufficienza le differenze fra crimini diversi. Il
lascito più importante della prospettiva marxiana è il porre lʼattenzione al
rapporto fra devianze e marginalità sociale, evitando di far ricadere su fattori
solo morali e individuali la devianza.
Altri autori ribadiscono il legame fra devianza e classe sociale, soprattutto
allʼinterno della prospettiva conflittuale (conflitto elemento costitutivo di ogni
dinamica sociale). Secondo questi autori, il crimine è lʼunica reazione alle
condizioni di vita proprie della classe sociale di appartenenza, una forte di
resistenza.

k. Deficit di valori e di controllo sociale


Lʼorigine di questo approccio è in Durkheim, che mette in relazione i
comportamenti devianti con le condizioni di anomia in cui versano alcune
società in alcuni momenti. Un
concetto fondamentale è quello di coscienza collettiva, costituita dallʼinsieme
dei sentimenti e delle credenze comuni ai membri di una società. Nelle società
cosiddette tradizionali, la coscienza collettiva copre gran parte delle coscienze
individuali, generando una forte densità morale attorno ai valori, agli obblighi e
ai divieti che legano gli individui alla società. Nelle società moderne, la densità
morale diminuisce mentre aumentano la densità materiale e sociale, e la
coscienza collettiva perde di importanza rispetto alle
coscienze individuali. Lʼanomia si verifica in questʼultima condizione, cioè nella
disgregazione dei valori condivisi e la conseguente assenza di soliti punti di
riferimento per
gli individui. Sul piano individuale, porta a comportamenti che facilmente si
discostano dalle regole (come in Durkheim, nella ricerca sul suicidio nel 1897)
Altri tre elementi costitutivi del suo pensiero sono:
- la natura relativa di ciò che ogni società definisce come crimine o devianza
‘un atto urta la coscienza comune non perché è criminale, ma è criminale
perché urta la coscienza
comuneʼ. Per i crimini a cui è prevista una sanzione penale, il discorso è
leggermente diverso, perché non tutte le leggi corrispondono al biasimo che
genera lʼatto/il comportamento, né sono sempre i valori diffusi a determinare le
norme penali. Più spesso sono gli interessi di chi detiene il potere.
- Esistono devianze e crimini in ogni società: sono un fatto sociale ‘normaleʼ e
non unʼanomalia
- il crimine non è solo inevitabile, ma è anche funzionale (se la sua incidenza è
contenuta) allʼevoluzione della società

I concetti di anomia, di densità morale, di disorganizzazione sociale sono poi


ripresi dalla scuola di Chicago negli anni ‘20 che cerca di spiegare i diversi
fattori favorenti allʼorientamento deviante dei singoli attraverso ricerche
empiriche. Il contesto urbano è terreno di ricerca prediletto. Secondo la
prospettiva ecologica di Robert Park, le città sono
formate da costellazioni di aree naturali, ognuna con una popolazione, dal
momento che i simili attraggono i simili. Questo vale anche per i devianti, che si
concentrano
territorialmente, soprattutto in zone di transizione. Il motivo dei loro
comportamenti è la crisi o lʼassenza delle istituzioni tradizionali della comunità,
della famiglia, delle relazioni sociali primarie. Con disorganizzazione sociale
sʼintende la rottura dei legami e lʼaffievolirsi dellʼinfluenza regolatrice sui
comportamenti degli individui. La spiegazione della devianza è dunque
lʼallontanamento dalle norme a conseguenza del deficit di influenza del
controllo sociale sullʼindividuo posto in una situazione di disorganizzazione
sociale (Il contadino polacco, Thomas e Znaniecki). Si verifica una diminuzione
dellʼinfluenza delle regole di comportamento. Il calo della stessa produce anche
quello che viene definito demoralizzazione, una forma di disorganizzazione
personale che sta allʼorigine di molte patologie sociali come lʼabuso di
sostanze, la prostituzione, il furto, lʼomicidio.
Tutti i social problems affrontati dalla scuola di Chicago sono trattati con la
metodologia dello studio di comunità, che coniugano qualitativo e quantitativo.
La dimensione temporale è altrettanto importante, e viene colta con la tecnica
della storia di vita, che rivela lʼandamento della carriera morale e deviante in
relazione al contesto di vincoli e opportunità in cui gli individui sono inseriti.

La teoria della tensione di Merton (insieme a Parsons è uno struttural-


funzionalista) sostiene che il deficit sta nella rilevanza attribuita ai valori che
inducono allʼutilizzo di mezzi legittimi per pervenire agli obiettivi a cui ognuno
aspira. Il deficit si manifesta nei processi disocializzazione, che pone lʼaccento
sugli obiettivi ma non su quali mezzi siano legittimi per realizzarli. Secondo
lʼautore, ogni società è costituita dalla struttura sociale, cioè lʼinsieme dei ruoli
rivestiti da ciascun membro del sistema – a ciascun ruolo corrisponde una
posizione nella gerarchia di potere e di ricompense economiche e sociali, uno
status differente -, e dalla struttura culturale, composta dalle mete a cui gli
individui devono
aspirare e i mezzi considerati legittimi con cui perseguirle. Il sistema sociale è
in equilibrio solo quando esiste un sistema normativo condiviso e opportuni
processi di socializzazione che insegnano agli individui ad agire in modo
conforme ai ruoli sociali. Per Merton, il comportamento deviante è il prodotto
della struttura sociale e culturale. Lʼanomia, secondo lui, è quando vi è una
distanza tra lʼimportanza che il sistema culturale attribuisce alle mete e
lʼimportanza che riserva ai mezzi legittimi per raggiungerle.
Anomia è dissociazione fra le due parti.
Per lʼautore, deviante è sia che persegue le mete con mezzi illegittimi, sia chi
viola le aspettative di ruolo. Lo schema che riassume queste devianze colloca
gli individui in diverse
categorie di adattamento alla tensione.
– La prima categoria è la conformità (non deviante): mezzi legittimi,
aspettative di ruolo soddisfatte. È più facile per chi ha già una buona
posizione di partenza nella struttura sociale;
– Innovatore: mezzi illegittimi per le mete culturali. Compare con elevata
frequenza nelle categorie più svantaggiate
– Ritualista: colui che osserva tutte le regole ma perde di vista le mete. È
disinteressato agli imperativi sociali
– Marginale: non si adeguano agli imperativi e adottano stili di vita non
rispettosi delle normali regole sociali (drogati, alcolisti, malati di mente,
vagabondi)
– Rivoluzionario: mette in discussione gli orientamenti culturali sistemici,
sostituendoli con altri

l deficit di opportunità è il centro delle teorie delle subculture che hanno come
autori di riferimento Cohen, Cloward e Ohlin. Lʼanalisi si concentra su quelle
forme di devianza
collettiva e sulla criminalità giovanile. Come Merton, considerano la devianza
frutto della tensione fra mete e mezzi, però considerano il comportamento
deviante come un adattamento collettivo – appreso e consolidato allʼinterno di
un gruppo - più che individuale. Integrano, inoltre lo spettro degli adattamenti
con gli aspetti psicologici ed espressivi. La subcultura deviante nasce da un
processo graduale che coinvolge più individui, i quali cercano di risolvere i
propri problemi, facendo emergere standard di riferimento normativi di gruppo.
Osservando la subcultura deviante dei giovani maschi dellaclasse operaia,
notiamo come non tutti i crimini siano frutto di razionalità e ricerca dellʼutile. La
malignità, la gratuità e la distruttività sono tutte caratteristiche espressive
molto comuni. Oltre la ricerca di un adattamento collettivo, Cohen aggiunge il
concetto di frustrazione di status, ovvero la consapevolezza della difficoltà di
raggiungere uno status da cui ne derivi considerazione sociale. Dinnanzi a
questa situazione, i giovani hanno tre opzioni per sopperire al deficit di
opportunità legato al loro status:
j. Impegnarsi nello studio e ottenere credenziali per salire di status
k. Adattarsi allo stile di vita della classe operaia senza entrare in conflitto con
i valori della classe dominante
l. Aderire alla subcultura deviante che utilizza mezzi illegittimi per perseguire
le mete condivise
Ohlin e Cloward elaborano la teoria delle opportunità differenziali: secondo loro,
la frustrazione di status non sempre produce devianza collettiva. Questo
avviene solo quando la colpa del fallimento personale si attribuisce
allʼordinamento sociale. In questo caso lʼindividuo, insieme ad altri nella sua
stessa condizione, comincia a mettere in dubbio la legittimità dellʼordinamento
sociale. Lʼinnovazione dei due sta nellʼaver individuato la struttura illegittima
delle opportunità, ovvero il fatto che a non tutti i devianti siano
accessibili tutti i mezzi non legittimi: a seconda del quartiere, dello slum, del
grado di integrazione con i trasgressori, dellʼetà, emergono subculture devianti
distinte. Queste sono:
– Subcultura conflittuale: violenza per acquisire status, cioè una reputazione
e il controllo del territorio.
– Subcultura criminale: i membri utilizzano mezzi illegali (furto, gioco
dʼazzardo, spaccio, sfruttamento della prostituzione) per procurarsi denaro.
Di solito nasce nei quartieri meno marginali e disorganizzati, visto la stretta
interconnessione fra soggetti criminali e non.
– Subcultura astensionista: si consumano droghe; i membri hanno in comune
il fatto di vivere in una condizione di doppio fallimento – non hanno
perseguito il successo né con i mezzi legittimi, né con quelli illegittimi.

l. Carenze educative, relazionali, sociali


Una socializzazione incompiuta o carente di riferimenti valoriali e normativi,
situazioni di deprivazione e abbandono, carenze delle capacità educative e
povertà culturale delle
famiglie, assenza di ambiti di aggregazione sani, sono tutti elementi che si
intrecciano in questo filone di studi sociologico.
Paradigmatico è il contributo di Hirschi che considera come fattori determinanti
per spiegare lʼallontanamento dalle norme alcune carenze concernenti i legami
sociali:
– Il livello di attaccamento agli altri, in particolare ai genitori
– Il livello di coinvolgimento nei confronti di attività ritenute sane e conformi
– Il livello di impegno in attività come lo studio o il lavoro, il mantenimento
della buona reputazione e di buoni legami sociali
– Il livello di convinzione circa la validità delle norme sociali e giuridiche
esistenti
La mancanza di alcuni di questi elementi è il risultato di un deficit educativo
soprattutto genitoriale. Questo è il cuore della teoria dellʼautocontrollo di
Hirschi e Gottfresdon: il
crimine è lʼesito di un basso livello di autocontrollo in individui educati non
correttamente dalla famiglia o dalle istituzioni predisposte alla socializzazione.

PARADIGMA DEI CONDIZIONAMENTI FORTI O DELLE PRESENZE

a. Apprendimento del comportamento deviante


La più nota teoria dellʼapprendimento è proposta da Edwin Sutherland,
allʼinterno della suaricerca sui crimini dei white collars. Lʼinnovazione è quella di
spostare lo sguardo su chi non compie reati in quanto soggetto emarginato,
deprivato, privo di risorse o opportunità.
Lʼobiettivo è dunque formulare una teoria che sia in grado di spiegare sia la
criminalità dei poveri che quella dei ricchi. La tesi è che il comportamento
deviante possa essere appreso da chiunque, allo stesso modo in cui si
apprendono i comportamenti conformi: nelle interazioni con gli altri.
La teoria di Sutherland si colloca in un quadro di riferimenti sulla società
espressi in tre concetti: conflitto culturale e normativo, organizzazione sociale
differenziale, associazione
differenziale. A livello sociale, a dominare non è il consenso e lʼintegrazione, ma
il conflitto tra gruppi sociali con interessi diversi.
– Conflitto culturale e normativo: compresenza in seno alla stessa società di
gruppi sociali con valori, interessi e tradizioni culturali e normative
differenti. Tanto più una società è differenziata e complessa, tanto più il
conflitto contro norme e leggi, considerate lʼespressione del gruppo sociale
dominante, sarà maggiore.
– Organizzazione sociale differenziale: tutti gli individui si aggregano sempre
uno allʼaltro dei gruppi presenti nella loro società. Questo concetto è
preferibile a quello di disorganizzazione sociale poiché fa pensare che gli
individui possano erre privi di riferimenti, mentre tutti si associano a
qualche gruppo interiorizzandone le norme.
– Associazione differenziale: è il processo attraverso il quale gli individui
apprendono il comportamento criminale in associazione con modelli
criminali. Sono proprio le differenti possibilità di associazione ai modelli
culturali che possono portare un attore ad adottare comportamenti
devianti. Lʼassociazione è occasione di apprendimento che ha carattere
processuale – divenire devianti piuttosto che esserlo.
Le nove asserzioni che seguono sintetizzano la posizione di Sutherland:
- Il comportamento criminale è appreso
- È appreso nellʼinterazione sociale in un processo di comunicazione
- Si realizza principalmente allʼinterno di gruppi (amici, pari, colleghi)
- Lʼapprendimento include: le tecniche per commettere il reato, lʼorientamento
delle motivazioni, delle tendenze impulsive, dei ragionamenti e degli
atteggiamenti
- Lʼorientamento di tali motivazioni è in relazione con le interpretazioni
favorevoli o sfavorevoli al rispetto delle leggi
- Una persona si orienta verso il comportamento criminale quando è esposta a
discorsi favorevoli alla violazione della legge
- Lʼesposizione a ciò produce più o meno probabilità di commettere il reato, più
alta è la frequenza, la durata, la priorità e lʼintensità dellʼassociazione con quei
modelli.
- Lʼapprendimento del comportamento criminale coinvolge tutti i meccanismi
che sono normalmente implicati in ogni altro apprendimento.
- Il bisogno di guadagno e il valore dellʼarricchimento come orizzonte culturale
non è sufficiente a spiegare i comportamenti devianti. Anche il lavoratore
onesto è spinto verso le stesse mete.

La teoria di Sutherland è poi ripresa nellʼelaborazione dei teorici interazionisti


(labelling theory). Lʼintuizione secondo la quale non ci sia sostanziale differenza
fra comportamenti
devianti e non viene ripresa da Matza. Lʼautore sostiene che i soggetti creano la
propria realtà attivamente, e non sono passivamente determinati. Non cʼè
opposizione fra bisogni e
valori dominanti e devianti, sostenendo la necessità di dover uscire dalla
concezione patologica di questi comportamenti (critica alla scuola di Chicago).
Non è il rifiuto delle
norme e dei valori correnti che stimolano il comportamento trasgressivo, ma
sono le tecniche di neutralizzazione nei confronti dei vincoli normativi. Sono
quelle razionalizzazioni, spesso enunciate a sé stessi e agli altri, prima e dopo il
compimento di un atto deviante, al fine di giustificarlo. Queste tecniche
permettono al deviante di liberarsi del legame morale con le leggi che intende
violare. Si distinguono in
– Negazione della responsabilità: il comportamento è causato da forze
incontrollabili o estranee allʼindividuo (es. prodotto di retaggi dei
maltrattamenti genitoriali, etc.)
– Negazione del danno arrecato: anche se illegali, i comportamenti non
hanno fatto danni seri a nessuno, quindi non sono davvero criminali
– Negazione della vittima: meritava di subire il danno perché essa stessa
aveva fatto del male
– Condanna di chi condanna: chi mi condanna è ipocrita, ha pregiudizi, è
corrotto, segue i propri interessi
– Obblighi di lealtà più alta: si compie lʼazione per i valori in cui si crede, per
conformarsi alle richieste del gruppo di appartenenza, per ordine di chi sta
più in alto nella gerarchia

b. Devianza secondaria, reazione sociale, carriere devianti nella prospettiva


interazionista
La teoria interazionista, anche detta dellʼetichettamento, è una prospettiva
teorica di impostazione pluralista e conflittuale che emerge negli USA negli anni
ʼ60, come rifiuto dello struttural-funzionalismo. Nasce a Chicago, ed è
nominata Nuova Scuola di Chicago. Gli esponenti sono Matza, Goffman, Becker,
Erikson e hanno interesse a rivalutare lʼindividuo come attore sociale e dei
significati che attribuisce alle azioni. Al centro, però, pone anche come gli altri
qualificano lui e le sue azioni. I soggetti etichettati come devianti mutano la
loro identità, rafforzando e creando la devianza stessa. Le istituzioni e la
reazione sociale danno forma alla devianza e la stabiliscono come devianza
secondaria. Deviante è colui a
cui è stata applicata questa etichetta.
La reazione sociale alla devianza si esprime su due livelli: quello informale,
concretizzato nei processi di marginalizzazione e stigmatizzazione, e quello
istituzionale, a opera delle agenzie di controllo. Trattare le persone come
devianti si configura quasi come una profezia che si autodetermina, poiché il
soggetto tende a conformarsi con lʼimmagine che la gente ha di lui, anche per
lʼeffetto che ha il non poter più operare con le possibilità che lo status
precedente gli conferiva. È una visione che separa devianza primaria e
secondaria nel configurarsi delle carriere devianti.
La devianza è dunque una realtà socialmente costruita, ma non astratta. Infatti,
discendono conseguenze reali per le persone implicate. A questo punto,
incomincia un processo di costruzione di una nuova identità ed una lenta
assimilazione delle motivazioni del gruppo
con cui il soggetto comincia ad identificarsi e con cui condivide lo stigma
(nuovo processo di socializzazione).

Il ritorno alla centralità dellʼindividuo


LE TEORIE NEOCLASSICHE
Nel contesto della società postmoderna assistiamo alla riproposizione della
teoria classica che esalta la responsabilità individuale e la scelta razionale.
Molto successo è la teoria di Gary Becker secondo il quale i criminali sono attori
razionali mossi dal desiderio di massimizzare il proprio benessere, proprio
come i consumatori nel libero mercato. Un individuo decide di compiere un
crimine se lʼutilità attesa dallʼatto è maggiore della soddisfazione a cui può
pervenire con unʼattività legale. Il diritto penale deve imporre costi allʼattività
criminale, disincentivandola. Questa visione è ripresa da teorie sociologiche e
criminologiche, riunite nel paradigma neoclassico.
A differenza del paradigma classico illuminista, in cui la scelta razionale
dellʼautore avveniva in una sorta di ‘vuotoʼ, questo paradigma vede le scelte
dellʼindividuo come inquadrate in un contesto di vincoli e opportunità ed
effettuate a partire da valutazioni soggettive che possono anche essere errate,
in quanto la conoscenza del reale degli individui è limitata. Il crimine è frutto sì
di decisioni consapevoli, ma date certe situazioni, condizioni e bisogni. Questo
insieme di teorie ha dato vita alla cosiddetta prevenzione situazionale e le
posizioni per la tolleranza zero.
1. Teoria della scelta razionale (Cornish e Clarke): consapevolezza della
limitatezza della razionalità umana. Lʼatto criminale è un tentativo di far fronte ai
bisogni ordinari, non solo economici, attraverso ad un processo decisionale
semplice costituito da decisioni di coinvolgimento (relative alla scelta di essere
coinvolti nellʼattività criminale, con alla base un calcolo costi-benefici) e
decisioni di evento (riguardanti lʼopportunità di agire e le tattiche da adottare
per ottenere ciò che si desidera). Il focus è sul secondo tipo di decisioni, cioè
sulle variabili di contesto della situazione in cui lʼattore sceglie se agire o meno
– struttura di opportunità
2. Teoria delle attività abituali o di routine (Cohen e Felson): lʼorganizzazione
nel tempo delle attività routinarie sono al centro delle considerazioni degli
autori, in quanto considerata la condizione che definisce le diverse opportunità
delle vittime di entrare in contatto con chi è intenzionato a commettere un
reato. Tre sono infatti gli elementi che servono per la commistione di un reato:
una persona disposta, un bersaglio idoneo, lʼassenza di un guardiano.
I criteri che spiegano, dunque, la variabilità dei tassi di criminalità sono la
prossimità, la remuneratività e lʼaccessibilità.
3. Teoria degli stili di vita (Hindelang, Gottfredson, Garofano): spiegare la
differente distribuzione del rischio di vittimizzazione, con riferimento ai loro stili
di vita, soprattutto a quelli ricreativi.

LE TEORIE NEOPOSITIVISTE
Nonostante le teorie di Lombroso non sopravvissero di molto al suo autore,
oggi le teorie bioantropologiche, secondo cui la criminalità è influenzata da
caratteristiche biologiche e psichiche degli individui, sono state riprese da
diversi autori.
Nel corso del ‘900 la tesi dellʼereditarietà della criminalità è stata al centro di
alcune ricerche sulle famiglie americane, la cui più famosa è la ricerca di
Dugdale sulla famiglia Jukes. Secondo Sheldon, invece, la delinquenza è
determinata dalle cellule riproduttive e che la soluzione del problema e il
controllo sociale devono avvenire con lʼaccoppiamento selettivo. Altri
sostengono che sia la costituzione fisica la caratteristica fondamentale che
divide criminali da persone normali.
I limiti di questi studi sul piano metodologico sono intanto la limitatezza e
lʼassenza di gruppi di controllo.
Ricerche più serie dal punto di vista metodologico sono quelle fatte, negli ultimi
anni, sulla configurazione di alcune aree del cervello. Confronto fra genetica e
neuroscienze. Qualunque scienziato sa, però, che lʼideache siano i geni a
determinare tutto è falsa: gli organismi sono sottoposti ad un lavorio e una
trasformazione continua, in cui i geni interagiscono con gli ambienti attraversati
dagli organismi (es. tossicodipendenza dei soldati in Vietnam, solo il 10%
rimane tossico dopo la fine della guerra – importanza del contesto).
Pur ammettendo che la biologia possa giocare un ruolo, è di scarsa utilità nella
spiegazione della devianza ingenerale, in primo luogo perché è caratterizzata
culturalmente e socialmente, e le qualifiche relative ai comportamenti devianti
cambiano nel tempo. Correlare la dimensione neurologica e quella
comportamentale in modo diretto e causale, implica il mancato riconoscimento
delle componenti simboliche, interattive e cognitive della vita umana. Il campo
del rapporto tra biologia e condotta rimane comunque aperto alla ricerca.Il
determinismo biologico rappresenta una via dʼuscita retorica di grande utilità
per chi deve individuare le soluzioni ai problemi generati dalle devianze.

PERCHÈ LA DEVIANZA: UNA PROSPETTIVA INTEGRATA POSSIBILE


La ricerca di una spiegazione di carattere generale alla questione della
devianza connota gli sforzi accademici degli ultimi decenni del secolo scorso,
insieme al continuo prodursi di teorie per fenomeni specifici. Un tentativo di
spiegazione può essere integrare le posizioni del pensiero critico e
costruzionista (Young, Taylor, Walton). I punti essenziali della prospettiva
integrata possono essere:
- Ogni comportamento deviante è considerato e trattato così in conseguenza
del prodursi di definizioni sociali che così lo connotano e sono frutto del
sedimentarsi di norme e leggi che lo collocano nel novero dei comportamenti
illegali e sanzionati
– Ciò che è deviante si manifesta in relazione al contesto sociale e culturale,
e alla base strutturale (condizioni economiche) di un determinato periodo
storico. Nei paesi occidentali è fortemente correlato al capitalismo.
- Allʼinterno della cornice strutturale, si definiscono le condizioni materiali di
esistenza e di interazione dei singoli individui, con le differenti forme di
socializzazione, di controllo sociale, di orizzonte di opportunità, di valori e
riferimenti normativi.
– Tale orizzonte è a sua volta influenzato da eventuali bisogni essenziali non
soddisfatti, sentimenti di deprivazione, carenze vissute e percepite,
pressioni subite da relazioni interpersonali significative.
– Allʼinterno delle condizioni oggettive e soggettive, lʼindividuo opera scelte
razionali e/o emotive che si traducono in atti e comportamenti
– Le scelte individuali, sono anche espressione dei peculiari tratti della
persona sotto il profilo genetico e biologico che condizionano come
percepiamo e reagiamo agli stimoli e che modellano le capacità di
autocontrollo.
– Anche le definizioni applicate agli atti e agli attori da parte delle agenzie di
controllo e dalla comunità di riferimento sono importanti nella definizione e
nel rafforzare lʼidentità deviante
– Tutti questi fattori sono da considerarsi non in senso deterministico ma
come elementi che influenzano delle traiettorie di vita aperte a esiti diversi.

Lʼattenzione posta sul soggetto vittima è importante perché permette di


ricordarsi che nonostante la devianza sia un costrutto sociale, è anche e
soprattutto un problema reale (criminologia femminista).

I FATTORI E LE MOTIVAZIONI FAVORENTI LE DIVERSE FORME DI


DEVIANZA
Le distinzioni necessarie sono:
1. Strumentali / espressive
2. Con vittime / senza
3. Danno sul piano dei beni / sullʼintegrità e incolumità
4. Individuali / di gruppo / in organizzazioni criminali
Diverse tipologie di reato sono connesse a diverse spiegazioni: la scelta
razionale è connessa soprattutto ai reati strumentali, le carenze di risorse e
opportunità soprattutto con la microcriminalità.

LA DEVIANZA NELLE TRAIETTORIE DI VITA


Parlare di fattori che concorrono alla devianza non può prescindere uno
sguardo sulle persone e sulle loro storie esistenziali nel tempo. Così, si
evincono tre principi fondamentali:
– Il non determinismo: nessun individuo è in totale balia degli eventi. Anche
se in alcune circostanze i margini di autodeterminazione possono apparire
molto limitati, le storie di vita ci restituiscono sempre la consapevolezza
che almeno in piccola parte ogni individuo opera scelte e adotta soluzioni
contingenti.
– La non linearità delle traiettorie: nessuna è solo una linea retta dal punto di
partenza al punto di arrivo.
– Le possibili diverse sequenze: le traiettorie, non essendo lineari, non sono
riducibili a delle sequenze tipo “evento a - inizio della carriera deviante;
evento b - aggravamento della situazione, evento c - etichettamento”.

Potrebbero piacerti anche