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Più controverso appare il RUOLO DEGLI ESPERTI che elaborano dati e teorie
scientifiche di interpretazione dei fenomeni. Le soluzioni adottate risentono
infatti di elementi cui: il senso comune. Le posizioni espresse da gruppi di
pressione.
È tuttavia abbastanza evidente come i contenuti delle normative in materia di
controllo delle devianze che si sono affermate negli ultimi anni hanno
connotazioni piuttosto definite.
Cosi come non esiste comportamento criminale o deviante se non esiste una
norma che lo definisca come tale, al pari non esiste soggetto criminale o
deviante se quellʼetichetta non gli è concretamente applicata da chi è in
contatto con lui e ne osserva o scopre le azioni.
A dare sostanza al cosiddetto “DETTATO NORMATIVO” sono gli impegni e le
scelte, spesso discrezionali operate da attori diversi, in quanto titolari di ruoli
istituzionali.
Si tratta di azioni e scelte di fatto politiche, operate da chi delle organizzazioni
ha la responsabilità.
Altro è il piano della EFFICACIA DELLA NORMA, ovvero la verifica che essa
abbia raggiunto gli obiettivi dichiarati. È questo il terreno più interessante del
guardare al diritto dal punto di vista sociologico, a partire dal nesso tra
effettività ed efficacia.
IL (GIUSTO?) PROCESSO
Per parlare di processo penale è dʼobbligo tornare al pensiero di Beccaria.
I suoi principi possono essere così riassunti:
– I reati e le pene devono sempre essere stabiliti dalla legge,
– Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge e la legge è uguale per tutti;
– I giudici devono agire in modo imparziale;
– Le prove della colpevolezza di un individuo devono essere raccolte in modo
rigoroso;
– Da queste procedure deve essere esclusa la tortura;
– Il tempo entro il quale raccogliere le prove utili alla celebrazione del
processo deve essere il minore possibile;
– Le persone inquisite devono essere informate in merito alle prove raccolte a
loro carico;
– Nessuno deve essere privato della libertà fino al momento in cui un giudice
abbia stabilito la sua responsabilità relativamente al reato di cui è accusato;
– La discrezionalità dei giudici nello stabilire le pene deve essere nulla;
– La pena comminata dovrà essere espiata interamente;
– I processi sono pubblici.
Sono questi i principi che hanno permeato la costruzione dei moderni sistemi
penali e processuali in Europa e in altre parti del mondo, a partire dalla seconda
metà del Settecento.
La prima criticità è connessa alle difficoltà di costruzione di un sistema che
fondi in maniera oggettiva il principio della PROPORZIONALITÀ TRA REATI E
SANZIONI.
Peraltro proprio per i reati diversi da quelli predatori o strumentali emerge con
evidenza il LIMIRE DELLʼINDIVIDUAZIONE DELLʼUNICA CAUSA del
comportamento deviante nella razionalità che caratterizza lʼHomo
aeconomicus: ricordiamo i reati espressivi.
E di rischio più o meno elevato di incorrere nelle sanzioni, più che di certezza
delle pene, occorre parlare, evidenziando in questo modo il terzo elemento, la
terza criticità da considerare: la non consistenza empirica della sequenza
delitto-pena su cui si fonda molta della PRETESA EFFICACIA DETERRENTE della
sanzione.
È constatazione scontata che vi sia, da parte di chi compie un reato, non solo
un calcolo basato sul rapporto tra i benefici ottenuti con il reato e i costi
rappresentati dalle sanzioni, ma anche un valutazione sulla più o meno ampia
probabilità che quel costo si paghi in concreto.
Molte ricerche hanno messo alla prova, nella realtà, i principi sanciti dalla
prospettiva del paradigma classico, mostrando i limiti dello schematismo di
fondo del ragionamento originale. Ci riferiamo gli studi che si sono occupati di
verificare lʼEFFETTIVA EFFICACIA DETERRENTE DELLE SANZIONI ponendole in
relazione a reati, tipi di autori e caratteristiche della pena.
Ricordiamo, tra gli altri, il lavoro di Chambliss (1967), il quale sostiene
lʼesigenza di associare la già citata distinzione tra reati strumentali ed
espressivi con della relativa al grado più o meno elevato di coinvolgimento in
stili di vita devianti o di implicazione in attività illegali. Lʼintreccio tra i du
elementi permette di pervenire a una scala che va dal grado minimo di efficacia
deterrente delle sanzioni per i reati espressivi compiuti da soggetti con alto
grado di coinvolgimento al grado massimo per reati strumentali compiuti da
soggetti estranei agli ambienti criminali.
Sappiamo quanto il principio della PRONTEZZA DELLA PENA sia oggi poco
rispettato.