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“PROGETTO UOMO”
Riqualifica
Valeria Gianasso
Matricola n. 240EPR21
A.A. 2021/2022
2
Il contesto
Tra le due guerre il pensiero filosofico in Italia era dominato da Giovanni Gentile
e Benedetto Croce, inizialmente concordi nella battaglia contro il Positivismo, poi
schierati su sponde opposte rispetto al Fascismo, il che li portò in seguito al
distacco e all’elaborazione di un corpus filosofico per certi versi antitetico.
Dopo la caduta del Fascismo, aderì alla Repubblica Sociale Italiana e fu ucciso
da un gruppo partigiano nel 1944.
Per Benedetto Croce invece non si può identificare lo Stato con l’Etica, essendo
questa appartenente alla sfera dell’universale - mentre lo Stato è un fenomeno
storico.
3
Nel 1925, sui principali quotidiani venne pubblicato il Manifesto degli intellettuali
fascisti, redatto da Gentile e firmato da 250 esponenti della vita culturale del
momento, tra i quali D’Annunzio, Marinetti, Pirandello, Malaparte.
Primo fra tutti è Antonio Gramsci, che fu tra i fondatori del Partito Comunista
d’Italia nel 1921 e dirigente internazionale del movimento operaio.
Vita e opere
Capitini nacque nel 1899 a Perugia, città a cui sarà legato e in cui trascorrerà
gran parte della vita. La sua famiglia era di origini modeste.
Non partecipò alla Prima guerra mondiale, in quanto ritenuto inabile al servizio
militare, per motivi di salute.
Nel 1924 vinse una borsa di studio per la Scuola Normale di Pisa, dove frequentò
la classe di Lettere e Filosofia.
In questi anni Capitini espresse alcune delle idee che svilupperà nel corso di tutta
la sua vita: la nonviolenza, “un teismo razionale di tipo spiccatamente etico
e kantiano” 1 e la scelta vegetariana.
Insieme all’amico Claudio Baglietto promosse un dibattito fra gli studenti della
Scuola, intorno ai temi dell’antifascismo e della pratica nonviolenta. I due amici
scrissero testi di riflessione su argomenti religiosi, filosofici e politici e li diffusero
nella Scuola, discutendoli in riunioni serali con gli altri studenti.
La firma dei Patti Lateranensi del 1929 portò il giovane Capitini sulla strada di un
sempre maggiore distacco dalla Chiesa cattolica, ormai vista da lui come
istituzione e non come pratica di amore e responsabilità, quale doveva essere
nel suo ideale religioso.
Ripensando a quel periodo, Capitini scrisse nel 1960: “La religione tradizionale
istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto
preparati a capire, dal ’19 al ’24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava
in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di
favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla "scuola
1
A. Capitini, L'antifascismo tra i giovani, Celebres, Trapani, 1966
5
liberale" e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c’è una cosa che noi
dobbiamo al periodo fascista, è di aver chiarito per sempre che la religione è una
cosa diversa dall’istituzione romana.” 2
Nel 1930 Capitini venne nominato Segretario economo della Scuola Normale,
diretta da a quel tempo da Giovanni Gentile.
Nel 1932 Baglietto si recò a Friburgo per specializzarsi presso l’Università dove
insegnava Heidegger, grazie ad una borsa di studio. In seguito, comunicò la sua
intenzione di non tornare in Italia, coerentemente con le sue idee nonviolente,
incompatibili con il Fascismo. Questo gesto provocò l’ira di Gentile, che aveva
aiutato Baglietto ad ottenere il visto per l’espatrio, garantendo per lui.
E ancora: “Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov’era piu’ quel bel fermento
di idee, quella vivacita’ di spirito di riforme che avevo vissuto dal ’18 al ’24? Quanti
libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa),
erano finiti! L’Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un
governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le
amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia
2 Aldo Capitini, articolo originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960,
citato in www.nonviolenti.org
3
A. Capitini, Nuova società e riforma religiosa, Einaudi, Torino, 1950
6
citta’! Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro,
alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa
preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", là
impegnati ad amministrare per tutti.” 4
Nel 1937 Benedetto Croce fece pubblicare, dalla casa editrice Laterza di Bari, un
testo dal titolo Elementi di un’esperienza religiosa, redatto da Capitini negli anni
precedenti e che rappresentava il risultato delle sue meditazioni spirituali.
Secondo Claudio Tugnoli, per Capitini “la via che conduce alla liberazione
spirituale è una politica che dipende dalla religione (intesa come amore e
dedizione, e opposta a qualsiasi idea di potenza nel mondo)” 5.
“Feci il sogno che gli Italiani si liberassero dal Fascismo noncollaborando, senza
odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi.” 6
In quest’opera Capitini si poneva il problema del rapporto tra mezzi e fini. I mezzi
sono sottoposti al giudizio morale, così come i fini. Nessun fine è buono, se i
mezzi per ottenerlo sono immorali.
4
A. Capitini, La mia opposizione al Fascismo, articolo originariamente apparso su "Il ponte",
anno XVI, n. 1, gennaio 1960 e disponibile anche sul sito www.nonviolenti.org
Altrettanto critici sono gli autori nei confronti del socialismo marxista, “che vede
nella dittatura del proletariato la condizione della futura libertà” 10. Queste
posizioni dovranno essere superate dal socialismo più maturo, che “non si illude
più che la ricchezza comune possa essere amministrata onestamente da chi non
si sia elevato al senso dell’interesse collettivo, attraverso l’esercizio del controllo
e l’esperienza della legale libertà, e non continui ad operare in un ambiente di
critica, di legalità e di libertà” 11.
Con quali mezzi dovesse essere condotta questa battaglia, non era specificato
chiaramente. Sicuramente non con mezzi violenti, piuttosto sviluppando
l’eguaglianza e la solidarietà, obiettivo che si dovrebbe raggiungere attraverso
l’educazione.
Bisogna tenere presente che il tentativo di conciliare le due grandi tradizioni del
liberalismo e del socialismo non era cosa nuova, ma era già stata tentata, per
8 Guido Calogero, Primo manifesto del liberalsocialismo, Roma, 1940, riprodotto integralmente
in giustizialiberta.blogspot.com/2009/07/primo-manifesto-del-liberalsocialismo
9 Ibidem
10 Ibidem
11 Ibidem
12 Ibidem
8
esempio da Carlo Rosselli, che nel 1929 dal confino a Lipari scrisse Socialismo
liberale. Il testo, pubblicato l’anno seguente in Francia, partiva da posizioni
socialiste per rivolgere una critica al marxismo, in particolar modo ai concetti di
struttura e sovrastruttura e ad una concezione della storia come dialettica fra
classi, che non permetterebbe di spiegare fenomeni come il Fascismo in Italia.
Rosselli fondò nel 1929 il movimento Giustizia e Libertà, con l’obiettivo di riunire
tutte le forze non comuniste per combattere il regime fascista. Fu attivo nella
Guerra civile spagnola e promulgò una proposta insurrezionale, per rovesciare i
regimi fascista e nazista, prima che la loro ascesa portasse ad un nuovo conflitto
su scala europea e mondiale.
Capitini, fedele ai suoi ideali, non poteva accettare un agire politico che
prevedesse l’uso della violenza, seppure in vista del raggiungimento di una
società più giusta. Per questo motivo non aderì alla Resistenza, ma lavorò
instancabilmente per la diffusione delle idee antifasciste.
Nel 1942 Capitini venne arrestato, insieme con tutto il gruppo dirigente del
Movimento. Scarcerato dopo quattro mesi, tornò all’attività propagandistica.
Nel 1943, qualche giorno prima dell’Armistizio, si tenne una riunione del
Movimento per valutare l’opportunità della confluenza nel Partito d’Azione,
fondato l’anno precedente da La Malfa, Calogero e Piero Calamandrei, e a cui
aveva già aderito il gruppo di Giustizia e Libertà.
Si nascose quindi nelle campagne umbre, fino alla liberazione di Perugia (giugno
1944).
Negli anni successivi il filosofo, che nel 1946 era tornato ad insegnare
all’Università di Pisa come professore incaricato di Filosofia Morale, pubblicò
diverse opere, approfondendo e precisando le sue idee e continuando a
diffonderle attivamente.
Nel 1948 venne pubblicato Italia nonviolenta. Nel 1950 Capitini organizzò il primo
convegno italiano sul tema dell’obiezione di coscienza.
Nello stesso anno uscì Nuova socialità e riforma religiosa, in cui viene
ulteriormente indagato il legame tra religione e impegno politico.
13
C. Michelstaedter, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, a cura di S. Campailla,
Adelphi, Milano, 1995.
10
contro il dolore e il male del mondo e si impegna nella realizzazione di una nuova
società, utilizzando la forza della nonviolenza.
“Si decide di rinunciare al cibo che comporti uccisione di animali; e con ciò stesso
muta il nostro modo di avvicinarsi ad essi, il nostro modo di considerarli. (…)
Questa “sospensione” introdotta nella leggerezza sterminatrice e nella freddezza
utilitaria, si riflette in accrescimento di valore interiore. (…) Io debbo confessare
che, pur avendo un notevole interesse nell’esistenza degli animali, mi decisi al
vegetarianesimo nel 1932, quando, nell’opposizione al fascismo, mi convinsi che
l’esitazione ad uccidere animali avrebbe fatto risaltare ancor meglio l’importanza
del rispetto dell’esistenza umana.” 15
Questi temi furono affrontati nel testo del 1955, Religione aperta, che tratta anche
diversi altri argomenti: il rapporto tra religione e laicità, le forme del Cristianesimo
e la figura di Cristo, i preti operai, le relazioni fra Oriente e Occidente. Il testo non
fu gradito alle gerarchie ecclesiastiche e venne messo all’Indice dei libri proibiti.
L’apertura di cui parla Capitini è umanizzazione dei rapporti, sentire fluire l’altro,
sentire la vita dell’altro, lasciarlo libero di essere ciò che è, al di fuori della
mercificazione e da interessi strumentali. L’apertura è permettersi di percepire la
compresenza di tutti gli esseri, vivi e morti, che partecipano alla creazione dei
valori della società, e allo stesso tempo sentire uniti “l’ammalato, l’esaurito, lo
stolto, il morto (…) con altri esseri che sono nati (realtà di tutti)” 17, permettendo
a tutti di sentirsi partecipi infinitamente della realtà umana.
Per diffondere queste idee, Capitini già nel 1946 aveva messo in piedi il
Movimento di religione, un tentativo di riforma religiosa condotto con l’amico
Ferdinando Tartaglia, sacerdote e teologo, che fu scomunicato nello stesso anno.
Tartaglia era stato attivo nel Cos di Firenze, aveva scritto dei saggi sulle figure
chiave del pensiero cristiano e discusso pubblicamente la sua idea di
rinnovamento totale e ritorno al Cristianesimo della Bibbia. I due pensatori erano
accomunati dal desiderio di svecchiamento della religione, impossibile da attuarsi
dentro le maglie della Chiesa cattolica, accusata di decadentismo e
oscurantismo.
L’obiettivo del Movimento era l’incontro tra credenti e non credenti, tra cittadini e
stranieri, battezzati e non battezzati.
La collaborazione fra i due durò solo due anni. Capitini continuò la sua attività di
divulgazione, tramite la pubblicazione di testi e l’organizzazione di convegni. Dal
1951 cominciò a spedire agli amici le Lettere di religione, che sono raccolte
postume nel volume Il potere di tutti, pubblicato nel 1969 e che contiene anche il
testo incompiuto dal titolo Omnicrazia.
Nel 1951 uscì il primo libro dedicato espressamente alla pedagogia, L’arte di
educare, un tentativo di trasmettere ai giovani quella “tensione” necessaria per
17
A. Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, 1964
18
A. Scattigno, Ferdinando Tartaglia, voce in Dizionario Biografico degli italiani, Treccani, 2019
12
Nel 1952 nacquero i Cor (Centri per la riforma religiosa), che volevano essere
spazi aperti a persone di tutte le religioni, interessate alla discussione e allo
scambio fra di loro. L’intento era anche quello di stimolare i cattolici stessi ad un
approccio più critico e impegnato alle questioni religiose.
La Chiesa locale vietò ai fedeli di frequentare le riunioni dei Cor, che continuarono
a riunirsi fino al 1971, tre anni dopo la morte del loro fondatore. A questo progetto
collaborò Emma Thompson, educatrice quacchera inglese, che si era trasferita a
Perugia nel 1944 per collaborare con Capitini.
Questo gesto seguì la polemica che era nata dopo la denuncia di una coppia
perugina di conviventi, che era stata cacciata dalla chiesa con l’epiteto di “pubblici
peccatori”.
A questo argomento Capitini dedicò un testo, edito nel 1962, dal titolo Battezzati
non credenti.
13
Lo scopo del sinodo dei Vescovi, secondo l’intenzione di Papa Giovanni XXXIII,
che lo aveva promosso, era di approfondire ed esporre la dottrina cattolica
secondo quanto era richiesto dai tempi. Le principali novità introdotte dal Concilio
furono la centralità della partecipazione dei fedeli alla liturgia, che doveva
svolgersi in lingua volgare e non più in latino, e il dialogo con le altre Chiese
cristiane e con le altre religioni.
19
Paolo VI, Gaudium et spes. Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 7 dicembre
1965
14
Il primo, sacerdote partigiano e poi predicatore, si era attirato le ire della Chiesa
per il suo impegno sociale a favore degli ultimi e per la pace. Nel 1955 pubblicò
in forma anonima il libro Tu non uccidere, in cui rifiutava decisamente la dottrina
della guerra giusta e proponeva un movimento di resistenza cristiana contro la
guerra, per la giustizia e la pace. I suoi scritti, dove anticipava argomenti che
furono poi del Concilio Vaticano II, gli attirarono la condanna delle autorità
ecclesiastiche, che imposero la chiusura del giornale Adesso, di cui era direttore,
e gli vietarono di scrivere di tematiche sociali.
Don Milani era stato inviato nella parrocchia di Barbiana, nel Mugello, in seguito
a dissensi con la Curia fiorentina, che lo riteneva troppo poco diplomatico e
troppo vicino agli emarginati. Qui diede vita ad un esperimento pedagogico del
tutto inedito per quei tempi (la cosiddetta Scuola di Barbiana), che durò dal 1954
al 1967. I principi ispiratori vennero esplicitati in un testo scritto dagli stessi
studenti sotto la guida di don Milani, Lettera ad una professoressa - edito nel
1967- e che costituisce un atto di accusa alla scuola elitaria dell’epoca, da cui
venivano di fatto esclusi i ragazzi dei ceti inferiori.
Il fermento di quegli anni condusse anche alla diffusione delle riflessioni sulla
nonviolenza e sull’obiezione di coscienza.
Nel 1963, padre Ernesto Balducci, già in polemica con il Sant’Uffizio per le
posizioni ritenute troppo aperte sul piano sociale e per la collaborazione con il
sindaco di Firenze Giorgio La Pira, in un’intervista si pronunciò a difesa di
Giuseppe Gozzini, primo obiettore cattolico italiano. Questa dichiarazione
pubblica, in cui sostenne che in alcuni casi si debba avere il coraggio di
disubbidire, gli valse una condanna per apologia di reato e una denuncia al
Sant’Uffizio.
Nel 1965 un gruppo di cappellani militari in congedo votarono un ordine del giorno
in cui rifiutavano l’obiezione di coscienza al servizio militare, definendola
“espressione di viltà” e “un insulto alla Patria e ai suoi caduti” 20.
20
www.donlorenzomilani.it/lobbedienza-non-e-piu-una-virtù/2
21
www.ildialogo.org/donmilani/larisposta.html
15
Intanto nel settembre 1961 si era svolta la Prima Marcia per la Pace e la
fratellanza fra i popoli, da Perugia ad Assisi, organizzata dal Centro per la
Nonviolenza, sull’esempio delle marce che dal 1958 venivano organizzate ogni
anno, nella settimana di Pasqua, da Londra ad Aldermaston, sede di una fabbrica
di armi nucleari. La più grande di queste manifestazioni inglesi, nel 1961, fu
capeggiata dall’anziano filosofo Bertrand Russel.
Si era negli anni della cosiddetta Guerra fredda e della corsa agli armamenti e il
ricordo ancora vivo della devastazione prodotta dalle esplosioni nucleari di
Hiroshima e Nagasaki contribuiva a tenere vivo il dibattito sulla necessità del
disarmo e di altre forme di regolazione dei rapporti fra gli Stati.
Nel testo Le tecniche della nonviolenza - edito nel 1967 - riprese l’elaborazione
dell’americana Joan Bondurant, che in quegli anni aveva pubblicato un libro
dedicato a Gandhi e alla satyagraha (comunemente tradotto resistenza passiva,
ma letteralmente insistenza per la verità).
Nel libro di Capitini si legge tra l’altro che “l’introduzione del metodo gandhiano in
qualsiasi sistema sociale e politico effettuerebbe necessariamente modificazioni
in quel sistema. Altererebbe l'abituale esercizio del potere e produrrebbe una
ridistribuzione ed una nuova strutturazione dell'autorità. Esso garantirebbe
l'adattamento di un sistema sociale politico alle richieste dei cittadini e servirebbe
come strumento di cambiamento sociale”. 22
22
A. Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano, 1989
16
La nonviolenza non è quindi solo astensione dalla violenza, ma una forza diversa:
“se per tener testa ai cattivi, bisogna prendere tanti dei loro modi, all’ultimo
realmente è la cattiveria che vince. La cosa è più evidente se i cattivi posseggono
armi potentissime, e noi per avere armi più potenti ancora, mettiamo tutta la
nostra forza” 24.
23
A. Capitini, Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, (a cura di M. Martini), Edizioni ETS,
Pisa, 2004
24
Ibidem
25
Ibidem
17
Questo obiettivo si potrà realizzare con l’unità di tutti coloro che hanno a cuore il
benessere dell’umanità, con l’impegno a dedicare tempo, soldi, fatica, a studiare,
conoscere sempre meglio la realtà sociale, politica e amministrativa, organizzare
riunioni di discussione, proporre soluzioni nuove.
“E' un errore – si legge ancora nel testo citato - pensare che basta che uno molto
bravo (e chi lo giudica?) o un gruppo di pochi vada al potere anche con la
violenza, riesca a cambiare tutto in bene. Noi non ci crediamo. Bisogna prepararci
tutti al potere per il bene di tutti, cioè per la loro libertà, per il loro benessere, per
il loro sviluppo.” 27
Mi viene ora spontaneo chiedermi che cosa resta del pensiero del riformatore
perugino e quanto sia ancora attuale il suo pensiero.
Bisogna dire che la posizione di Capitini rimase sempre – nel panorama culturale
e politico italiano – indubbiamente minoritaria. Nondimeno, il suo impegno e la
sua onestà nel non venir mai a compromessi hanno dato molti frutti durante la
sua vita e nei decenni successivi alla morte.
Il Movimento nonviolento, che nacque nel 1964 per volontà del filosofo, continuò
la sua attività, che dura tutt’ora, sui temi della lotta alla guerra, contro ogni tipo di
26
www.fondowalterbinni.it/ssi/tracce/capitini.html
27
Ibidem
18
Negli anni recenti gli argomenti cari a Capitini sono stati affrontati in diversi ambiti.
Tra i laici di matrice cattolica non si può dimenticare Domenico Sereno Regis,
sostenitore dell’obiezione di coscienza, animatore di comitati spontanei di
quartiere negli anni ’70 e ’80 a Torino e fondatore di un Centro di studi per la
diffusione della cultura della nonviolenza.
Per quanto riguarda l’azione nonviolenta, dopo la già citata campagna per il diritto
all’obiezione al servizio militare, negli anni Ottanta si sviluppò un dibattitto intorno
all’obiezione fiscale alle spese militari, alla riconversione delle fabbriche di armi
e alla riduzione degli investimenti in spese militari a favore di quelle sociali, oltre
alla lotta attiva contro l’installazione dei missili nucleari in Sicilia.
28
www.nonviolenti.org/cms/movimento-nonviolento/
29
A. Capitini, Le ragioni della nonviolenza, op. cit
19
In campo più strettamente politico, è d’obbligo citare Alex Langer, tra i fondatori
del movimento dei Verdi in Italia, che sviluppò il tema dei corpi civili di pace e si
impegnò per trovare soluzioni nonviolente al conflitto nei Balcani.
Mi piace pensare che il pensiero di Capitini abbia ancora influenza nel lavoro di
quanti sono impegnati sul fronte della multiculturalità, nonostante la vita e il
pensiero del filosofo di Perugia si siano dipanati in un periodo in cui l’Italia non
era meta di immigrazione dai paesi del Sud del mondo.
Eppure, il suo concetto di compresenza, declinato nel senso dell’inclusione di
tutti, anche chi ha diverse capacità e diversa cultura, ha ispirato, anche nel
secondo millennio, alcune applicazioni pratiche della pedagogia della
nonviolenza, per esempio nelle classi scolastiche della scuola dell’obbligo. 30
30
/tesi.supsi.ch/1666/1/16268_Katia_Senjic_Rovelli_Senjic_LD...
31J. Galtung Le teorie della difesa nel quadro di una teoria generale dei conflitti, Invece delle
armi: obiezione di coscienza, difesa nonviolenta, corpo civile di pace europeo, Fuorithema,
Bologna, 1996