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Le farfalle monarca (Danaus plexippus) della famiglia

Nymphalidae, sono ghiotte di piante del genere


Asclepias, erbacee perenni che vivono sopratutto in
Nord America, ma anche in qualche zona dell’Africa.

Note come “milkweed” (erba lattiginosa) per via della


loro secrezione, le piante contengono tossine altamente
velenose per l’uomo, ma non per le farfalle.
Ciò si deve al fatto che le monarca, hanno evoluto un
sistema per neutralizzare l'effetto del veleno.

Perché sono velenose per l’uomo? Chi?

Quando le cellule delle piante vengono danneggiate,


rilasciano una sostanza lattiginosa, che contiene delle
tossine chiamate “cardenolidi”.

Queste sostanze agiscono su un enzima presente nelle


cellule di tutti gli animali, uomo compreso: la cosiddetta
“pompa sodio/potassio”.
La pompa è un canale attivo della membrana cellulare,
essenziale per la trasmissione di impulsi elettrochimici
tra le cellule.
Fra le sue caratteristiche, la pompa serve a dettare il
ritmo cardiaco e a regolare la trasmissione degli impulsi
nervosi.
Di conseguenza, quando la maggior parte degli animali
(dotati di cuore) mangia un fiore di asclepiade, la pompa
smette di funzionare e le tossine causano aritmia o
arresti cardiaci.
In Africa, tale peculiarità è ben nota ad alcune tribù di
cacciatori/raccoglitori, che usano il "latte" di queste
piante come veleno per le loro frecce.

Il segreto delle farfalle? L’evoluzione convergente

Uno studio condotto dall’Università della California,


Riverside, pubblicato lo scorso 23 novembre su Current
Biology, ha svelato come mai le farfalle monarca e i loro
diretti predatori, sono immuni dal veleno.

Stando al team di biologi molecolari, alcuni animali


avrebbero scoperto il “trucco” delle piante. Di
conseguenza lo avrebbero "copiato", attraverso una
vera e propria evoluzione cellulare, che rende le loro
pompe sodio/potassio immuni alle tossine.
Questo espediente, che prende il nome di “evoluzione
convergente” o “cammino adattivo vincolato", ci dice
che, alla mutazione di una specie, segue quella di altre
specie a lei vincolate.

Animali coinvolti nello studio


L’articolo pubblicato su Current Biology, ha evidenziato
le mutazioni in quattro tipi di predatori della farfalla
monarca: il beccogrosso testanera (Pheucticus
melanocephalus), il topo cervo orientale (Peromyscus
maniculatus), la piccola vespa Trichogramma pretiosum
e il nematode (verme cilindrico) Steinernema
carpocapsae.

La ricerca ha evidenziato che la mutazione a livello


molecolare è identica a tutti i livelli della rete trofica.
Anche detta “rete alimentare”, essa indica "chi mangia
chi" all'interno di un ecosistema.
Stando ai risultati dello studio è emerso che: le piante
producono la tossina, le farfalle le mangiano perché
sono resistenti e i predatori delle farfalle possono
nutrirsi perché anche loro sono immuni al veleno.
Come si è approdati al risultato?

Una scoperta illuminante: il sequenziamento del


DNA

Da tempo i biologi stavano impazzendo dietro al rebus


dell’immunità delle farfalle, senza tuttavia approdare a
risultati convincenti.
A dichiararlo Simon C. Groen, assistente professore di
biologia dei sistemi evolutivi e coautore dello studio.
”Negli anni '70 non c'erano i mezzi per scoprire cosa
consentisse alle farfalle di sopravvivere. Ora, con il
sequenziamento del genoma, possiamo farlo”, ha
precisato lo studioso.

Come accennato, i ricercatori hanno preso le


informazioni sulla sequenza del DNA dai database di
una varietà di uccelli, vespe e vermi nematodi.
L’obiettivo era quello di scoprire se ci fosse qualche
traccia di evoluzione degli aminoacidi nelle pompe di
sodio.
In effetti, si è trovato riscontro di questa mutazione.

Il compito della pompa sodio/potassio

Quando il sodio inonda le cellule, causando una scarica


elettrica, le cellule del muscolo cardiaco si contraggono
e le cellule quelle nervose si attivano.
Una volta che le contrazioni sono terminate, le cellule
devono ripulirsi, quindi “accendono" le loro pompe di
sodio ed espellono il sodio. e lo espellono.
Ciò ripristina l'equilibrio elettrico e riporta la cellula al
suo stato normale, pronta per ripartire.
I cardenolidi presenti nella pianta sono nocivi perché si
legano a parti chiave di queste pompe e impediscono
loro di svolgere il proprio lavoro.
Effetto “a catena ecologica”

Altra importante scoperta dei ricercatori coinvolti nello


studio, è che l’innovazione evolutiva delle farfalle
monarca ha avuto un effetto “a catena ecologica”.
Non solo la resistenza alla tossina ha aperto una nuova
fonte di cibo, ma ha anche permesso alle farfalle di
respingere i predatori immagazzinando le tossine nei
loro corpi. Vediamo cosa succede.

Una questione di colori

Gli uccelli tendono a scoprire (a proprie spese) quali


insetti sono sgradevoli, per tentativi ed errori.
Le farfalle monarca, hanno sviluppato una tavolozza di
colori sgargianti sulle ali, quali il nero o l’arancione,
come segno di avvertimento.
Questi colori si sono evoluti per mettere in guardia i
predatori circa la presenza di composti tossici.
Una volta che un uccello scopre che un insetto giallo,
arancione o rosso è nocivo o semplicemente
disgustoso, probabilmente starà alla larga da tutti loro.

Conclusioni: una farfalla a rischio estinzione

Volgiamo concludere, segnalando che questa farfalla


dalla bellissima livrea, corre il rischio estinzione.
Nel 2017, la conta delle farfalle monarca aveva fatto
registrare numeri decisamente bassi, inferiori alle
30mila unità.
Il censimento compiuto quest'anno dalla Xerces
Society, un'organizzazione che si occupa della
conservazione degli invertebrati, ci ha fornito un quadro
ancora più desolante.
In totale, si sono contati 1.914 esemplari, in 246 siti
costieri della California.
Rispetto agli anni ’80, quando le farfalle monarca si
riversavano a milioni sui rami degli alberi di eucalipto
nella costa californiana, il declino è stato del 99,9%.
In Canada invece, dalla metà degli Anni '90 il numero di
esemplari delle monarca orientali è calato dell'80%.

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