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CONTEMPORANEO”.
2.1 “MAMMALINGUA”.
Bruno Tognolini narra in versi, nella sua raccolta di filastrocche per neonati e per la voce
delle mamme intitolata Mammalingua, l’avvio del processo di costruzione del lettore. Un
processo dovrebbe iniziare ancor prima della nascita e muovere dalla prima voce che il
bambino ascolta, ovvero quella materna.
“Ma la parolina dopo fa girare il mondo” scrive Tognolini, e in questo verso sono racchiusi il
senso e l’importanza che la lettura dialogica precoce può avere nel percorso di sviluppo del
bambino: la mammalingua, il mammese o il motherese è condivisione di esperienze e di
sentimenti, comunicazione, co – costruzione di significati; un movimento di emozioni e di
cognizioni che attraversa e nutre la relazione diadica primaria e nel contempo getta le
fondamenta per la costruzione dell’identità del bambino, non solo come lettore.
I primi mille giorni di vita, sono, in questa direzione, determinanti perché si tratta di “parole
di latte” e in quanto tali, nutrimento indispensabile sia per la dimensione cognitiva che per
quella emotiva del piccolo lettore. Le parole di latte raccontano al bambino il mondo e allo
stesso tempo gettano le basi per l’acquisizione delle competenze di emergent literacy, che
anticipano l’apprendimento della letto – scrittura e che potranno determinare il futuro
successo scolastico. Il bambino si sta appropriando del mondo e della lingua in maniera
inconsapevole, ma carica di emozioni. Questi discorsi fatti di toni ora alti ora bassi,
intervallati da pause o da improvvise accellerazioni, fatti di smorfie e di espressioni buffe
del viso, attivano le zone cerebrali collegate alle emozioni e consolidano il legame con la
madre iniziato nel periodo intrauterino.
Non sono troppo lontani i primi studi neuroscientifici sulle connessioni tra attaccamento,
voce materna e sviluppo in età neonatale. Pioneristica la ricerca condotta da Saito in
Giappone: a 20 bambini appena nati sono state fatte ascoltare le registrazioni delle voci
delle mamme che leggevano l’incipit della fiaba di Cappuccetto Rosso. Gli sperimentatori
avevano chiesto alle mamme di leggere lo stesso brano 2 volte: la prima pensando di avere
davanti il proprio bambino, la 2 pensando di rivolgersi a loro. Entrambe le registrazioni
erano state poi sottoposte ai piccoli che dormivano nella culla, in una stanza senza rumori,
in 2 momenti diversi. Durante l’ascolto, utilizzando una forma speciale di spettroscopia, era
stato misurato il flusso cerebrale e la concentrazione di ossiemoglobina, che ne viene
considerata un attivatore. È emerso che durante l’ascolto della 1 intonazione, il flusso
vascolare del cervello nella regione orbito – frontale, la cui maturazione dipende dalle
esperienze socio – affettive, è aumentato. Considerazioni che suggeriscono che il tono
emozionale della voce materna possa avere un ruolo importante nell’attivazione del
cervello del neonato, che è capace di processare la qualità del linguaggio anche in epoca
pre – linguistica, sia in direzione cognitiva, sia in direzione emotivo – affettiva. Se questo
fosse vero, l’esposizione precoce alla voce materna, ancora prima della nascita, potrebbe
avere degli effetti importanti non soltanto sull’acquisizione delle competenze di emergent
literacy, ma anche sulla capacità di regolazione emotivo – affettiva del neonato.
I discorsi o le filastrocche raccontate dalla mamma o dal papà, all’inizio saranno per lui un
susseguirsi di suoni e poi diventeranno le parole che userà per comunicare con il mondo.
Intorno ai 6 mesi, quando sarà in grado di stare seduto in braccio, sarà il libro,se si sceglie di
farlo entrare a far parte della routine della famiglia, attraverso la voce dell’adulto e i colori
delle immagini, a narrargli le storie. Mentre legge, l’adulto può sfogliare le pagine del libro,
mostrargli le figure o giocare con i suoni, facendo in modo che anche il bambino lo tocchi.
Esposto quotidianamente alla lettura ad alta voce, il bimbo intorno ai 9 – 12 mesi, inizierà
ad usarlo come oggetto, un giocattolo che sarà in grado di maneggiare in modo autonomo e
corretto: saprà sfogliarne le pagine da solo e nel verso giusto e indicarne le figure dalle quali
è attratto e che ai suoi occhi sono sempre + simili agli oggetti che vede intorno a sé. I libri
che gli piaceranno di più, saranno quelli in rima, soprattutto quando raccontano oggetti e
situazioni a lui note: la pappa, il bagnetto, ma anche il mondo della natura. Le storie si
faranno sempre più complesse e avranno sempre più spesso per protagonisti orsetti,
cagnolini e coniglietti. Intorno ai 2 – 3 anni, seduto sulle loro ginocchia, potrà ascoltare le
sue prime fiabe, ma anche altre storie, che serviranno a spiegargli le sue emozioni e a
rispondere alle sue domande. Ad un certo punto, una fra queste, lo colpirà e diventerà la
sua storia, che chiederà che gli venga letta sempre, fino ad impararla a memoria e a
ripeterla nella sua stanza, all’orsacchiotto o alla sua bambola del cuore.
Quello che si è definito “processo di costruzione del lettore” si gioca su questo terreno fatto
di condivisione, coccole, voci e suoni: forse la scuola storico – culturale lo avrebbe associato
alla “zona di sviluppo prossimale”.
La lettura richiede fatica e si apprende per imitazione: l’amore per la lettura nasce ancora di
più se il bambino vede i genitori leggere e leggergli con piacere. E può crescere se l’adulto è
abile nel far capire al bambino che le parole sono come finestre sulla fantasia e
sull’immaginazione, ma conferiscono anche un nome alle cose e quindi dalla fantasia
consentono di tornare più ricchi alla realtà. In questo continuo ondeggiare tra dimensione
reale e dimensione immaginativa, come scrive Bruno Tognolini, “il mondo viene” e il
bambino si lascia coinvolgere nella lettura personalmente perché la vive come un qualcosa
alla cui creazione partecipa direttamente.
2.3 DALLE BRACCIA DELLA MAMMA AL NIDO: LA PRIMA FORMAZIONE DEL LETTORE
Leggere è una pratica che non ha nulla di innato. È un processo che costa fatica sia al
bimbo, che deve intraprendere un’attività per la quale non esiste nessuna predisposizione
genetica; sia all’adulto che deve progettare, predisporre e promuovere occasioni di
incontro motivato e ragionato con il libro.
Il processo di costruzione del lettore richiede un’azione sinergica tra genitori e tutte quelle
agenzie che si occupano della cura e della formazione dell’infanzia. Un’azione motivata in
cui le attività laboratoriali sono inserite in un progetto rigoroso, guidato da un
professionista esperto, il promotore della lettura, e scandito da una programmazione
ragionata e attenta ai bisogni di crescita, cognitivi ed emotivo – affettivi dei bambini. Il che
implica un’attenzione particolare al fatto che la dimensione pedagogica e didattica non sia
mai prevalente in maniera assoluta su quella ludica e giocosa, che nella sua lievità, è da
sempre considerata seria.
È importante anche la scelta del libro: la migliore letteratura per l’infanzia è fatta di libri
difficili che solo l’occhio attento e formato dell’educatore può selezionare. I libri difficili
sfidano il lettore, senza che mai venga meno la dimensione dell’ironia e del divertimento,
nell’impegno cognitivo a decodificare, comprendere e interpretare le immagini e le parole e
in quello emotivo di identificarsi con il protagonista della storia e di viverne per interposta
persona le avventure, dando un senso alle proprie emozioni e scoprendo le infinite chiavi di
lettura della realtà. Ciò che i libri difficili sanno fare in più rispetto agli altri è dialogare
direttamente con il piccolo lettore perché narrano di storie di un’infanzia vera, alle prese
con i problemi quotidiani della vita e della crescita, e proprio per questo più vera. E in
questa direzione che va interpretato ciò che sostiene Tognolini quando dice che i libri per
l’infanzia sono utili e belli allo stesso tempo.
La realizzazione di un laboratorio di lettura richiede la compresenza di 4 elementi che,
intrecciati tra loro, ne determinano l’efficacia: il narratore, ovvero il promotore della
lettura; il libro; il setting, ovvero lo spazio, ma anche il tempo del leggere e il piccolo lettore.
Circa le competenze del promotore si è scritto molto sia in Italia che all’estero.
Possiamo ricondurle a 3 specifiche aree di intervento: teorico – scientifica, metodologico –
operativa e comunicativo – relazionale.
1. Le competenze teorico – scientifiche. Un bravo promotore della lettura, oltre ad
amare i libri, è un fine conoscitore della letteratura per ragazzi, nei suoi fondamenti
storici ed epistemologici. Sempre aggiornato sulle novità editoriali attraverso la
consultazione frequente di biblioteche, riviste e siti specializzati, sa scegliere i testi in
base ai propri destinatari. Conosce le teorie e le tecniche della lettura ad alta voce,
quindi la normativa di riferimento del proprio settore.
2. Le competenze metodologico – operative. Il promotore della lettura è un esperto
progettista: nessuna azione di promozione può essere totalmente separata dal
contesto in cui deve essere realizzata, ma va attentamente progettata, tenendo
conto della situazione di partenza, ma anche delle possibilità applicative del
programma e di quelle concrete di sviluppo da esso offerte. Il progetto di promozione
della lettura deve trovare il suo fondamento nell’analisi dei bisogni della realtà
infantile ed essere sufficientemente flessibile da poter essere sempre rimodulato in
base al loro variare, secondo la scansione analisi, progettazione, proposta e verifica.
Le competenze metodologico – operative non si fermano alla progettazione, ma
hanno a che fare anche con quelle più tecniche di costruzione del setting in cui
avranno luogo le attività laboratoriali e di conduzione delle stesse, nonché di gestione
del gruppo.
3. Le competenze comunicativo – relazionali. Comunicare significa non solo saper
trasmettere il libro, ma anche saper interagire con il bimbo attraverso esso, il che non
significa solo conoscere le tecniche più efficaci per leggere una storia, quelle legate
alla voce e al gesto e rispondere alle sue domande, ma anche sapersi disporre
all’ascolto, ancora prima di iniziare a leggere perché i testi andranno scelti a partire
dal mondo personale e quindi dai bisogni del piccolo lettore, e a partire da questo
ascolto creare l’atmosfera giusta, adatta a favorire il coinvolgimento nella situazione
di lettura, perché ciascun ascoltatore possa riconoscersi nel racconto e farlo suo.
La 1 fase della progettazione del laboratorio consiste nella scelta del libro: deve essere
adeguato all’età e ai gusti del piccolo lettore e deve essere difficile, adatto a suscitare
domande, riflessioni e discussioni, e dalle qualità del testo o dei testi, dipenderà il
guadagno esistenziale che il bambino potrà trarre dall’esperienza di lettura ad alta voce.
Il processo di ascolto è strettamente connesso, infatti, alla comprensione del contenuto
e la capacità di cogliere il significato del racconto dipende dall’interazione tra il libro e
quanto il bambino già conosce. La comprensione e l’elaborazione dei significati di ciò
che vede, sono fondamentali perché egli possa partecipare soggettivamente alla storia,
e quindi trarre piacere dal momento della lettura condivisa. In un laboratorio di lettura
ben progettato, i gusti e le esigenze del bambino si incontrano con quelli del promotore:
è importante modellare le proprie scelte narrative in base al destinatario, ma è
importante che il narratore usi testi che ama e che conosce bene: devono essere storie
dove sappia ritrovarsi facilmente e che non suscitino interrogativi ai quali non sappia
rispondere. È importante portare nella propria valigia di libri più di un testo, per evitare
di continuare a leggere una storia che potrebbe non incontrare i gusti del piccolo lettore,
tenendo sempre bene in mente l’avviso di Pennac, cioè che il verbo leggere non
sopporta l’imperativo.
Una questione di particolare importanza riguarda la costruzione del setting del
laboratorio che ha a che fare sia con lo spazio che con il tempo per leggere. Anche la
lettura ad alta voce dovrebbe avere uno spazio ben preciso: si tratta di allestire uno
specifico ambiente dedicato alla narrazione, che delimiti i confini della fabulazione e che
sottolinei il passaggio dal mondo reale a quello fantastico. Indicati la “tana delle storie”
per i più piccoli, lo spazio biblioteca o anche un altro luogo, purché sia riconoscibile
come il luogo dei libri, per i più grandi. Perché si possa creare l’atmosfera più giusta alla
situazione di lettura è sufficiente che il pavimento sia ricoperto di cuscini e tappeti
colorati, e che il bambino vi possa trovare anche dei giocattoli, i props che si rivelano
utili soprattutto quando si ricollegano ai contenuti del testo, poiché favoriscono la
correlazione visivo – tattile con quanto è presente nel libro. Particolare cura deve essere
rivolta all’illuminazione: dovrebbe essere sufficiente per vedere bene le illustrazioni e le
espressioni del volto dei lettori, di chi legge ma anche di chi ascolta, ma non
eccessivamente forte per non stancare la vista. E per consentire di trasformare il
cerchio, la disposizione circolare è quella ottimale, nel girotondo dell’incanto condiviso.
Dei testi che il promotore della lettura gli propone, forse il piccolo lettore farà suoi solo
quelli che gli parleranno dei suoi percorsi, delle sue scoperte, delle piccole e grandi sfide
della crescita. È il piccolo lettore che rende vive le pagine a lui destinate, e fa sue le
letture che incontra. Navigando tra le parole, i bimbi trovano tutti i sensi e i significati
che desiderano, cioè quegli indizi formativi che consentono di essere e di costruirsi come
persone autentiche e non, come avveniva in passato, di adeguarsi a un modello umano
predefinito e precostituito.
L’apprendistato del lettore, non consiste solo nella conquista delle competenze
strumentali della lettura, e quindi delle capacità di decodifica del testo scritto, ma anche
e soprattutto nel vivere infinite vite e storie, immergersi e riflettere empaticamente nelle
vicende virtuali dei personaggi e comprendere meglio noi stessi. L’apprendista lettore
costruisce attivamente sé stesso attraverso i libri e le storie dei quali si nutre. Non più
solo strumenti didattici, ma i libri diventano mattoni per diventare grandi.
3.5 LE PROSPETTIVE.
Quanto illustrato finora fa pensare che ci siano buone speranze per il futuro della poesia
per l’infanzia, anche se comunque essa non è preferita da chi acquista o prende in prestito i
libri. La bibliografia di base Almeno questi!, redatta ogni anno da LIBER, segnala un numero
limitato di novità alla voce “Poesia e Dramma” nelle diverse fasce d’età; piuttosto, molte
sono le riedizioni di ottimi libri. Va riconosciuta, tuttavia, nelle voci di poetesse e poeti del
nuovo millennio, una cifra di elevata qualità nella proposta di una poesia non minore, ricca,
capace di interpretare il presente nelle forme che letterariamente le sono proprie e
d’incontrare piccoli e giovani sul terreno di un linguaggio condiviso.
Pochi sono gli editori che si fanno promotori di poesia, poche le collane ad essa dedicate.
Rimane un pregiudizio e forse un mancato approccio positivo alla poesia nella scuola. Allora
bisogna promuovere con forza la recente poesia di qualità tra gli insegnanti, ma anche in
famiglia e nei contesti educativi per i + piccoli: il libro interattivo di Bernard Friot, 10 lezioni
sulla poesia, l’amore e la vita, si preoccupa di questo narrando la storia di 2 ragazzi
costretti a frequentare un laboratorio di poesia. Il lettore li accompagna lezione per lezione
approdando ad un luogo virtuale (un blog che esiste davvero indicato in prefazione) in cui
sperimentare in 1 persona il fare poesia. La tecnologia ci aiuta, solcando un sentiero già
tracciato da Rodari e poi negli anni 80 da Ersilia Zamponi e Roberto Piumini: quello del
frequentare le parole senza averne paura. La chiave di volta forse risiede nel comprendere
che il piacere di giocare con le parole, accessibile a tutti, può essere il 1 passo per avvicinare
la poesia e per innamorarsene.
5.3 NELLA PELLE DEGLI ORSI E NEI MURI DELLE CASE: ICONOGRAFIA, SIMBOLOGIA E
INTERICONICITÀ NEGLI ALBI ILLUSTRATI
Nel percorso di costruzione della visual literacy di un bambino, le immagini e i simboli visivi
costituiscono rappresentazioni non verbali che precedono quelle verbali. Il bambino guarda
e riconosce un oggetto o una persona prima di essere in grado di parlare. E ciò lo dimostra il
fatto che già intorno ai 4 – 5 mesi, quando la vista del bimbo è diventata come quella di un
adulto e la capacità di allungare le braccia e di afferrare gli oggetti si è sviluppata, un
lattante è in grado di interagire in modo autonomo e significativo con la lettura delle figure,
come accade durante la lettura di cartonati con immagini in bianco e nero, con facce
disegnate o con ritratti fotografici di volti umani. Inoltre è il vedere che determina il nostro
posto nel mondo che ci circonda: quel mondo può essere spiegato a parole, ma le parole
non possono annullare il fatto che ne siamo circondati.
Le immagini possiedono qualità e valenze diverse: esse, come anche il testo scritto, possono
essere caratterizzate da contenuti mediocri, ma possono anche imporsi allo sguardo di un
fruitore attento e competente perché portatrici di un complesso intreccio di meccanismi
narrativi, simbolismi, rimandi intertestuali che affinano il pensiero critico, il senso estetico e
l’immaginazione. La scelta di un soggetto, di una composizione, il dialogo intericonico che si
instaura tra le figure e le parole di una storia, sono fondamentali nei percorsi di costruzione
della visual literacy.
Il “la” ci viene da un albo illustrato, Un orso sullo stomaco, di Noemi Vola che ha ricevuto il
Premio Nati per leggere 2018 (categoria 3 – 6 anni). Il libro mette al centro della narrazione
un’icona della letteratura per l’infanzia, l’orso. Una lunga tradizione accompagna la
presenza dell’orso nelle leggende, nei miti, nelle fiabe, nelle favole e nella letteratura per
l’infanzia. L’abilità di ergersi su 2 zampe, di correre, arrampicarsi lo rendono simile
all’uomo. Sebbene grande, grosso e selvatico, l’orso può essere addomesticato: può
imparare a ballare e giocare. È attratto dalle cose dolci, il miele. Si erge a simbolo delle forze
elementari suscettibili di evoluzione progressiva, ma capaci anche di regredire, una
condizione simile a quella del bambino durante l’infanzia. La possibilità di combinare lo
spirito libero e irruente di un animale selvaggio con alcune caratteristiche dell’uomo, ha
trasformato l’orso in un’icona del 900, tant’è che recentemente si è giunti a coniare
l’espressione “il secolo dell’orso”. È indubbio che alcuni dei più famosi capolavori
internazionali della letteratura per l’infanzia hanno per protagonista un orso: Il libro della
giungla, di Rudyard Kipling; Winnie – the – Pooh, di Alan Alexander Milne; La famosa
invasione degli orsi in Sicilia, di Dino Buzzati; Orso Paddington, di Michael Bond; A caccia
dell’orso, di Michael Rosen, illustrato da Helen Oxenbury, Orso, buco! Di Nicola Grossi e
Voglio il mio cappello!, di Jon Klassen. Spesso la figura dell’orso è associata alla dimensione
femminile: sovente, infatti, il ruolo della madre dolce, comprensiva e protettiva è
personificato da una grande orsa, simbolo del cuore. Anche in questo caso l’elenco dei titoli
di libri per bambini che hanno per protagonista una mamma orsa è lunghissimo.
L’albo illustrato Un orso sullo stomaco rappresenta un caso a sé nel panorama editoriale
dei libri per ragazzi. Scritto con l’io narrante in 1 persona e corredato da illustrazioni in
bianco e nero, l’albo racconta le surreali vicissitudini tra un orso, enorme e molesto ed una
bambina che un giorno se lo ritrova dentro casa. Non l’abbandonerà più. Sarà l’inizio di
disagi e fastidi quotidiani con i quali la protagonista dovrà fare i conti (una sorta di
ribaltamento dei ruoli rispetto a Masha e Orso). Scaturito da un’esperienza concreta di vita
dell’autrice, quest’albo rappresenta anche una palestra di educazione al visivo.
La narrazione si apre su una pagina bianca in cui spicca il breve testo che dà l’avvio alla
narrazione: “Non c’è niente da fare, quando un orso arriva…”. Nella pagina di destra il
lettore guarda una casina con porte e finestre barricate e 7 cartelli con simboli visivi e
scritte per scoraggiare e proibire l’ingresso in casa degli orsi.
Nella successiva doppia pagina l’incipit narrativo lasciato in sospeso, nella 1 pagina si
completa con l’affermazione: “Arriva e basta”. L’illustrazione, che riempie le 2 pagine, ritrae
l’arrivo dell’animale.
Queste 2 doppie pagine hanno la capacità di immergere subito il lettore nel mood narrativo
della storia e di sollecitarne la partecipazione. In questo prologo sono già contenuti molti
degli ingredienti che rendono questa narrazione molto intrigante. Spicca il protagonista,
l’orso, un personaggio animale molto amato dai bambini. Poi abbiamo il registro
tragicomico che sollecita un naturale coinvolgimento emozionale. Anche il ritmo frenetico
delle sequenze narrative e la contrapposizione tra gigantesco / minuscolo e pieno/vuoto
aiuta il climax narrativo, spingendo il lettore verso un finale inaspettato. Significativa è la
presenza di particolari forme espressive che danno maggiore efficacia e un particolare
effetto ad una descrizione, una sensazione, un’emozione come l’uso attento del gradiente
sonoro (presenza di onomatopee e varie trascrizioni foniche legate al rumore degli oggetti,
al verso dell’orso, al suono di un’emozione) o l’uso di figure retoriche (la metafora,
l’analogia, l’iperbole) efficaci soprattutto nella 1 infanzia per comprendere e custodire
l’intreccio narrativo.
L’uso di questi meccanismi narrativi è una modalità di lavoro molto diffusa sia nella prosa
che nella poesia per ragazzi. In questo lavoro è originale la valorizzazione visiva scelta
dall’autrice per veicolare gli elementi più gustosi della storia. Gli elementi più caratterizzanti
infatti sono traghettati da una costruzione illustrativa ingegnosa. Le figure sono ricche di
rimandi semantici e giocano un ruolo fondamentale per la comprensione del testo.
La storia è ben riuscita perché l’autrice ha amalgamato creativamente gli elementi in una
soluzione visivo – narrativa del sapere quasi misterioso. Sulla 2 doppia pagina, quella che
registra l’arrivo dell’orso. Un’enorme massa nera (metafora visiva di una valanga, di una
frana, di uno tsunami) abbatte la porta d’ingresso (onomatopea “Sbam!”), nonostante la
presenza delle barricate esterne e, con la forza di un tornado (ritorna l’allegoria di una
catastrofe naturale) entra in casa. Pare chiaro al lettore che quest’arrivo sarà pericoloso. In
questa fase non è dato sapere quali siano le conseguenze, ciò che è chiaro è l’impatto che
esse avranno sulla vita del protagonista: saranno grosse, commisurate alla dimensione del
bestione. Per raccontare ciò, Vola ricorre di nuovo al linguaggio iconico: non rappresenta
l’intero animale, ma ne illustra solo una parte, quella + piccola, ovvero la testa e la parte
anteriore; quella + grossa, ovvero la parte posteriore dell’orso, rimane fuori dalla porta di
casa (per poco tempo viste le crepe che si stanno creando attorno alle mura della porta).
Questa soluzione grafico – visiva è molto efficace perché rende ancora + grande e molesta
la figura del protagonista. Questo arrivo è amplificato dalla relazione visiva di contrappunto
che l’autrice costruisce con gli altri piccoli abitanti della casa che si trovano nell’atrio
quando arriva l’orso, ovvero il gatto sul tappetino d’ingresso, il pesce sulla boccia d’acqua e
il topolino sul buco nel muro. Il lettore dell’orso coglie l’enorme massa nera catramata e 2
occhi che guardano un punto lontano, fuori dalla pagina. Non ci sono parole, non c’è bocca.
Al contrario Dei fragili animali domestici, tratteggiati con campiture di grigio esili, ci
rimangono impressi solo la loro bocca esageratamente spalancata in un lungo urlo di
disperazione (reminiscenze artistiche munchiane?) che vediamo: gli occhi dilatati e fuori
dalle orbite, grandi quasi quanto quelli dell’orso, in una rappresentazione iperbolica della
paura (3 trattini di panico ripetuti, come in una sorta di allitterazione visiva, sopra gli occhi
di ciascun animale, persino nell’uccello a cucù, ai 2 lati della porta abbattuta, vicino al vaso
di creta e a quello di vetro, che stanno precipitando dai rispettivi tavolini). L’autrice ha
usato in modo rinnovato le linee diagonali e a zig zag. Esse si incrociano continuamente
nella pagina: i quadri in posizione obliqua, che stanno cadendo, le gambe dei tavolini, le
linee del pavimento che diventano una sorta di labirinto. Tutto diventa instabile. Ad
accentuare la sensazione di un’imminente battaglia tremenda fra l’orso e la protagonista, vi
è l’uso ironico dell’intertestualità visiva o interpictionally che emerge dalle raffigurazioni
rappresentate nei quadri appesi alle pareti e agli oggetti artistici posati sui mobili. Vola
costruisce tante piccole parodie di guerra e di conflitti, ricorrendo ad alcune opere
importanti nella storia dell’arte: Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, Perseo con la testa di
Medusa, Herakles in lotta contro il leone Nemeo. Anfora.
Questa dettagliata analisi visiva di una singola doppia pagina di un albo illustrato è un
esempio di quanti e quali rimandi visivi e semantici un’illustrazione per l’infanzia, sia in
grado di sollecitare. Nell’orientamento teorico di chi scrive, la lettura è sempre intesa come
il risultato di una donazione il cui obiettivo è quello di favorire l’incontro tra il giovane
lettore, che può accettare o meno la profferta, e una storia. Tuttavia, ci aiuta anche a far
emergere le potenzialità educative che l’illustrazione per l’infanzia è capace di veicolare,
oltre al coinvolgimento emozionale. Grazie al loro elevato grado di narratività, infatti, le
figure stimolano le potenzialità intellettive di comprensione e interpretazione dei bambini,
feconde per lo sviluppo di competenze ermeneutiche e inferenziali.
Un altro aspetto riguarda l’interesse, da parte dei giovani lettori, soprattutto quelli
visivamente più colti, per albi che hanno fatto un uso creativo e originale delle soluzioni
artistiche messe a punto nell’arte, non solo del 900. Ci si riferisce ai paesaggi brugheliani di
Roberto Innocenti, ai ritratti in chiave espressionista dei personaggi di Armin Greder, ai
protagonisti astratti, capaci di coniugare astrazione ed empatia, come in Piccolo blu e
piccolo giallo, di Leo Lionni. Riattualizzazioni artistiche e iconografiche di movimenti artistici
come il cubismo, il dadaismo, la pop – art, l’arte concettuale, etc… le ritroviamo nelle
reinterpretazioni serigrafiche di Blexbolex, nell’uso della frammentazione, della
scomposizione (Il puzzle infinito, di Diego Bianki), nella smaterializzazione (Cappuccetto
bianco, di Bruno Munari) o nella riorganizzazione compositiva di alcune ambientazioni,
usando il collage, ma anche altri materiali alternativi alla carta, come le corde (Saremo
alberi, di Mauro Evangelista), funi, fili di ferro, piccoli oggetti domestici (La carezza della
farfalla, di Christian Voltz) fino a giungere ad una ricreazione digitale dei papiers collés
nella trilogia di Stian Hole, pubblicata da Donzelli. Anche la miniaturizzazione o la
gigantificazione (I giganti e le formiche) sono meccanismi narrativi efficaci nell’illustrazione
per l’infanzia. Sovente poi accade che gli illustratori ripropongano nei loro paesaggi visivi,
icone e simbologie della nostra storia culturale e artistica. Prendiamo in considerazione, per
esempio, l’albo illustrato, I 5 malfatti di Beatrice Alemagna. L’albo racconta la storia di un
incontro provocatorio tra un tipo perfetto e 5 amici malfatti, uno bucato, uno piegato in 2,
uno molle, uno capovolto e uno… una catastrofe che vivono serenamente in una casa
sbilenca (al centro dell’immagine). In questa narrazione, Alemagna fa dialogare personaggi,
oggetti e scenari dalle forme geometriche e regolari con altri più sproporzionati, in un gioco
di decostruzione e ricostruzione identitaria dei personaggi efficace ed empatico sia per i
grandi che per i piccoli lettori. Tutto si svolge in una casa che sembra modellata sulle
attitudini e sulle peculiarità dei personaggi. In questa storia di ribaltamento dei punti di
vista, non sfugge al lettore attento il rimando visivo della casa alla villa di Santa Monica di
Frank O’Gehry, uno dei massimi esponenti del decostruttivismo: una casa strana, ma vera,
fatta di materiali di recupero e vetri storti. Ecco allora che, dal senso di una storia e dalla
fruizione di un’illustrazione, si possono attivare percorsi educativi per riflettere con i bimbi
in modo più ampio sul significato e sul valore della parola “decostruire”, un processo vitale
nella pratica pedagogica, non solo con riferimento all’identità ma anche in un’ottica di
educazione alle differenze, alla lotta agli stereotipi e ai pregiudizi sociali e culturali. La
decostruzione dei 5 personaggi e della loro casa sbilenca permette di avviare un confronto
rispetto al valore delle differenze nelle geometrie, nelle forme, negli spazi fino a giungere
agli esseri umani per svelare e comprendere ciò che opera al di sotto all’interno di alcune
categorie di pensiero, un percorso educativo.
5.4 CONCLUSIONI
Le figure scontano una sorta di “peccato originale” a scuola. Essendo legate ad
un’esperienza sensoriale che produce piacere visivo, mal si addicono ad un setting didattico
improntato alla sfera del dovere. Inoltre la capacità del soggetto di porsi, inizialmente, in
dialogo con le immagini in maniera diretta senza l’acquisizione di un alfabeto, ha alimentato
una falsa credenza circa i fabbisogni formativi di alfabetizzazione visiva di un soggetto dal
momento che l’immagine sembra non imporre nulla al proprio lettore, né una grammatica,
né una sintassi visiva, lasciandolo libero di trovare i propri significati. Pur immerso in una
cultura dell’immagine, i bambini spesso non hanno gli strumenti adeguati per poter leggere,
comprendere e scegliere in libertà l’universo iconico dei libri per ragazzi.
La costruzione di percorsi di educazione alla lettura con gli albi illustrati, si sviluppa lungo
percorsi multiformi, soggetti a forti variazioni tematiche ed esperienzali: dalla tipologia
delle immagini (immagine singola o in sequenza, referenziale o polisemantica) alla valenza
estetica della narrazione, dalla situazione di lettura (lettura dialogata, ad alta voce) fino al
ruolo e alle competenze dell’adulto mediatore. Inoltre, la capacità di stimolare il pensiero
critico non è l’unica caratteristica che definisce le qualità di un albo illustrato. Oltre al
coinvolgimento del bambino, spicca la qualità di un testo, sia esso visivo o verbale, e la sua
capacità di sollecitare nel lettore il godimento, il piacere visivo, l’esplorazione immaginifica
della storia, la ricerca di senso.
Questa proposta metodologica insieme all’analisi visiva di alcuni albi illustrati, hanno
dimostrato come la decodifica di un’immagine sia un’operazione difficile e come
l’apparente facilità di lettura di un’illustrazione possa in realtà nascondere una complessità
semantica diversa. Da questo punto di vista, gli insegnanti e gli educatori sono spesso
impreparati e non attrezzati per affrontare un mercato editoriale in continua
trasformazione. Il problema diventa più complesso se si considera la natura ibrida dell’albo
illustrato, a cavallo fra letteratura, estetica ed arte. Essere formati ed attrezzati a
riconoscere, ampliare e valorizzare in campo educativo le tante possibilità di fruizione di un
albo illustrato, può diventare per insegnanti ed educatori una strategia vincente per la
costruzione di efficaci percorsi di educazione alla lettura e di costruzione del pensiero critico
sin da piccoli.
7.1 INTRODUZIONE
Esiste il tempo dei primi incontri del lettore con quegli oggetti destinati a segnare e
costruire il rapporto personale e futuro di ogni bimbo con la lettura, le immagini, il libro. Si
tratta di un tempo ideale, costituito dallo scaffale dei primi libri di quel lettore, da quella
memoria personale del libro che cura la personalità e il gusto del lettore.
I libri di immagini riveleranno la loro potenza comunicativa, insieme alla voce e al racconto
delle narrazioni orali, alla relazione che si costruisce intorno al libro nella 1 infanzia, alle
caratteristiche fisiche del libro che a volte rimangono fissate nella memoria insieme al
colore della copertina, un dettaglio di una figura, l’emozione suscitata da immagini
perturbanti e complesse, che nel tempo continuano ad essere misteriose. Prima che l’albo
illustrato divenisse una categoria editoriale evoluta in progetti destinati ai bambini, cosa
che accadde dalla fine dell’800 in Inghilterra con i picturebooks pensati per bambini
borghesi del tempo da artisti come Walter Crane, Randolph Caldecott e Kate Greenaway, i
bambini, come molti lettori illetterati, si sono nutriti di fogli volanti portati dai venditori
ambulanti nelle piazze, immagini di santi e storie popolari illustrate o di immagini, prima
dell’avvento della stampa, che stavano sui muri. Per consolidarsi nel nostro paese come
categoria editoriale rivolta alla 1 infanzia, l’albo illustrato deve aspettare la 2 metà del 900.
La parentela dell’illustrazione per l’infanzia con l’iconografia e l’editoria popolare è stata
messa in luce da Antonio Faeti nel suo saggio del 1972 Guardare le figure, il 1 studio
dedicato alle illustrazioni nei libri per bambini, alla cultura dei creatori di immagini,
illustratori o figurinai italiani a cavallo fra 800 e 900, al complesso mondo iconografico dei
loro riferimenti e universi immaginativi.
Nell’infanzia dei nostri genitori o nonni, quando in Italia ancora gli albi illustrati per
bambini, intesi come libri brevi, narrativi, costituiti perlopiù di immagini, non erano diffusi,
ma si trovavano libri di narrativa o di scienza corredati di figure, i bambini trascorrevano
molto tempo sui dizionari illustrati, sulle figurine allegate dal marketing, a prodotti
merceologici di tutt’altra collocazione, oppure a sfogliare un’edizione di un classico della
letteratura illustrato, guardando soprattutto le figure.
Il rapporto privilegiato dell’infanzia con le immagini è stato studiato a partire dal lavoro di
Jan Amos Comenius, il quale non solo nella Didattica Magna, osserva quanto interessanti
possano essere le immagini per i bimbi, ma poi nell’Orbis Sensualium Pictus, progetta il
libro con le figure per bambini, il 1 concepito con questa intenzione, progenitore dei
sussidiari didattici, ma anche dei moderni albi illustrati. Nell’Orbis Sensualium Pictus il
“mondo dipinto” di Comenius prende forma, insieme all’intenzione pedagogica e didattica,
di raccontare il mondo ai bambini in molte tavole illustrate, dotate di brevi didascalie,
anche l’impossibilità di rappresentare il mondo senza inventarlo, interpretarlo e ricrearlo.
Un progetto che oggi si direbbe di non – fiction, un progetto di divulgazione della
conoscenza, nella forma del libro di immagini e parole, una forma breve, adatta
all’attenzione di lettori bambini, diventa un progetto artistico e letterario complesso, in
ragione della sua rapidità ma anche della sua intenzione poetica. Comenius vuole
rappresentare il mondo delle cose sensibili. L’ottimismo di Comenius si basa su una
profonda fiducia nell’essere umano, e l’immaginazione assume per lui la funzione di
mediare e conciliare la costruzione del pensiero sulle cose, di incoraggiare e trasformare
una nuova concezione di natura e di relazione. La rappresentazione sensibile del mondo in
lui si converte in una trasformazione etica della vita quotidiana.
Il codice multiplo della forma letteraria breve dell’albo illustrato nasce da una ricerca di
incontri insoliti fra linguaggi e lettori, e da un rapporto speciale con la visibilità del mondo e
la sua dicibilità. Rapidità e visibilità sono le caratteristiche fondamentali dell’albo illustrato,
capace di rivolgersi anche a lettori illetterati e molto giovani. Nell’albo illustrato si trova
anche un rapporto speciale fra immagini e parole, che si configura in un’infinita varietà
combinatoria, che accoglie gli esiti + diversi, dall’abbecedario all’albo illustrato senza
parole, in una continua ricerca di sperimentazione portata avanti da autori che in questa
forma trovano una libertà di espressione artistica e letteraria.
L’albo illustrato è una forma compositiva, un contenitore elastico ma con sue
caratteristiche, una forma metrica e fisica e viene attraversato continuamente dai generi,
dalle intenzioni, dalle continue sperimentazioni sui limiti della sua forma. Proprio per
questa complessità e per le sfide poste dalla sua apparente semplicità, attrae il designer, gli
illustratori e gli artisti che portano nelle pagine di un libro breve di immagini e parole il
dialogo continuo con la cultura visuale internazionale, con i linguaggi della letteratura e
dell’arte, della poesia, del fumetto, del cinema e della musica. Il dialogo possibile con i
giovanissimi lettori, nell’albo illustrato, si configura con il valore pedagogico e politico di un
benvenuto nella cultura visuale e nella letteratura, e nella riflessione poetica sul mondo, in
forma di libro, a costituire non solo una 1 galleria d’arte per i lettori, ma anche un
coinvolgimento, fin dalla 1 infanzia, al racconto della complessità del mondo. Gli albi
illustrati prendono varie forme sensibili e propongono alfabeti combinati invitando al gioco,
all’esercizio del linguaggio, alla scoperta della bellezza e della potenza della visione, alla
conoscenza, alla relazione che è alla base di ogni racconto o narrazione.
Gli albi illustrati o picturebooks sono dei libri brevi con tante immagini e poche parole,
anche se non sempre, costituiti da 32 pagine.
9.1 INTRODUZIONE
Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un cambiamento radicale del panorama fumettistico
italiano, e quindi non è facile dare conto con chiarezza della sua natura e dei suoi confini.
È un grave errore considerare il graphic novel come l’unico esponente del fumetto
contemporaneo. Bisogna riconoscere la coesistenza di 5 regioni che non solo confinano, ma
spesso si contaminano l’una con l’altra: da una parte c’è il fumetto che vive della serialità
sia portando avanti, e anche rinnovando, radicate tradizioni, sia offrendo nuove proposte
che, pur proponendosi per un pubblico ampio, spesso si rivelano sofisticate, come accade
con le attuali serie televisive. Dall’altra c’è una grande attenzione verso il recupero del
passato, attraverso ristampe curate dal punto di vista filologico che rendono disponibili in
libreria o con collane allegati ai quotidiani in edicola, opere integrali di autori e personaggi
che hanno fatto la storia del fumetto. C’è poi il fenomeno dei webcomics, creati per una
fruizione in rete e che hanno una loro peculiarità per formati narrativi, periodicità delle
uscite, rapporto con i lettori, possibilità di diffusione. Un settore più di nicchia è quello delle
autoproduzioni: albi e volumi pubblicati da singoli e più spesso collettivi senza l’appoggio di
1 realtà editoriale strutturata e veicolati autonomamente attraverso una distribuzione in
librerie indipendenti o nelle fiere e festival del settore. Infine il Graphic novel, che negli
ultimi anni ha conosciuto un maggiore interesse e visibilità, tale da importo, erroneamente,
come la forma per antonomasia del nuovo fumetto.
CAP. 13 – C’ERA UNA VOLTA… IL LIBRO. DAI LIBRI – GAME ALLE APP
Di Anna Antoniazzi