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Letteratura russa del 900.

06/11/19
La Rivoluzione d’ottobre rappresenta un momento di cesura fondamentale nella letteratura russa. Per la
prima volta, infatti, si divide in due: nasce la letteratura russa all’estero, che diventerà poi letteratura
d’emigrazione.
L’arrivo di russi nei paesi confinanti e poi in quelli più lontani dell’ex impero comincia subito dopo la
rivoluzione. A spostarsi sono soprattutto persone che ne hanno la possibilità, pensano di potersi trasferire
temporaneamente in attesa che la situazione si calmi. Diventa, invece, un processo molto lungo e che
dunque si differenzia da processi avvenuti in modo analogo ed in altre circostanze in altri paesi europei
perché di solito questi ultimi sono legati a singoli eventi storici che terminano con il definirsi della situazione
(si risolvono le situazioni o i profughi si integrano nel paese ospitante).
In Russia non è stato proprio così, poiché ci sono state diverse ondate di emigrazione e quindi questo
fenomeno si è prolungato e c’è stato un regolare afflusso di nuove forze che hanno reso il fenomeno
dell’emigrazione russa più vitale rispetto ad altri.
1° ONDATA: 1917-1930. La parte più consistente,però, emigra durante gli anni della rivoluzione e della
guerra civile, fino alla prima metà degli anni 20. Nel 1931 Stalin fa calare la cortina di ferro, isola il paese
impedendo il contatto con l’occidente (vengono interrotti sia i rapporti culturali che i rapporti a livello di
corrispondenza quotidiana). Durante questa prima ondata, le persone pensano di trasferirsi solo
momentaneamente e per questo periodo non si può nemmeno parlare di letteratura russa d’emigrazione,
quanto di letteratura russa all’estero. Questo contingente è molto vario, sia per le motivazioni dello
spostamento che per la caratteristica sociale e culturale: persone che fuggono ancor prima della rivoluzione
solo per motivi personali, persone che fuggono per paura delle conseguenze della rivoluzione, chi fugge
perchè faceva parte dell’armata bianca e poi chi fugge per il caos della guerra civile. Fuggono sia persone
con un alto livello culturale che contadini che si trovavano nelle zone di frontiera dove c’è lo scontro tra
forze tedesche e russe e fuggivano solo per sopravvivere. All’estero si ripropone, in piccolo, tutta la società
russa. Finora si parla di profughi e non di esiliati, in quanto sono persone che hanno scelto la via
dell’emigrazione, non sono state costrette.
UNICO EPISODIO DI DEPORTAZIONE FORZATA DALLA RUSSIA >“nave dei filosofi” nel 1922. Lenin decide di
deportare in massa più di 150 persone di alto livello culturale che avevano partecipato attivamente alla
Campagna di sostegno della popolazione delle zone del Volga, in cui era scoppiata una terribile carestia
alla quale lo stato faceva fronte con molte difficoltà (in quanto nel frattempo c’era la guerra). Quindi, come
era avvenuto già nel 1890, si creò una mobilitazione dal basso appoggiata dall’ARA (American relief
Administration ): il rapporto con questa organizzazione viene mal visto dallo stato, in quanto sarebbe
potuto diventare un possibile canale di influenza straniera sulla politica del Paese. Ne conseguì appunto
questo episodio,per cui questi intellettuali furono caricati forzatamente in delle navi e spediti in Germania.
Le persone che fuggono volontariamente dalla Russia si stabiliscono in determinate zone, in base alla
possibilità di trovare lavoro, in base alle possibilità economiche e in base alla lingua (un contadino che viene
dalla Bielorussia, difficilmente si sarebbe trasferito in un paese in cui non si parlasse almeno una lingua
slava). Il primo spostamento avviene nelle zone immediatamente di frontiera, i contadini provenienti da
Ucraina o Bielorussia si spostano preferibilmente verso la Polonia o i Paesi Baltici. A spostarsi altrove,
invece, sono i supersiti dell’Armata Bianca: verranno ricacciati verso il sud del paese, in questa avanzata si
troveranno a spostarsi a Costantinopoli e da qui si dirigeranno in diverse direzioni. Le direzioni preferenziali
sono ovviamente gli altri paesi slavi (Serbia, Bulgaria e Rep. Ceca) dove, da un certo punto di vista, le
condizioni sono anche migliori rispetto alla Polonia (che mostra ostilità nei confronti della Russia). L’impero
russo ha sempre sostenuto i fratelli slavi, le cause dell’indipendenza di Serbia e Rep. Ceca e con la caduta
dell’Impero Ottomano si è creato l’impero degli slavi orientali, quindi i russi sono visti di buon occhio.
Tra queste tre destinazioni slave, quella in cui la presenza russa è stata meno significativa è stata la
Bulgaria, in quanto era economicamente arretrata e non aveva molto lavoro da offrire.
In Serbia e Rep. Ceca gli stati adottano una politica di accoglienza, tolleranza ma anche di sostegno verso i
russi.
A Praga si organizza un’azione russa (ruskaja aktzia) per cui si aprono istituzioni culturali rivolte ai profughi
. Viene creata l’Università russa di Praga, dove vengono invitati a studiare tutti i giovani russi che hanno
abbandonato l’Unione Sovietica poiché hanno fatto parte dell’Armata Bianca come volontari e che essendo
molto giovani non hanno concluso gli studi (vengono aiutati anche economicamente tramite una borsa di
studio). Inoltre, quegli intellettuali espulsi dall’Unione Sovietica nel ’22 andranno ad insegnare proprio
all’università di Praga. Venne creato anche il Circolo Linguistico di Praga (1926), dove appunto operarono
intellettuali russi esiliati come Trubeckòj e Jakabsòn.
Una situazione simile avviene in Serbia, dove il primo re serbo (A. Karageorgij) aveva studiato all’Accademia
militare di Pietroburgo, quindi era legato da rapporti personali e da un senso di riconoscenza all’impero
zarista: anche lui apre istituzioni culturali destinate ai profughi russi dove essi possono trovare lavoro e
migliorare il proprio livello culturale.
Una parte dei profughi si trasferirà anche a Berlino (soprattutto intellettuali). Nella prima metà degli anni
20,infatti, è stata una delle principali mete dell’immigrazione russa per diversi motivi:
 In Germania, a causa della crisi economica, il marco era svalutato e quindi persino profughi con
poche risorse riuscivano a sopravvivere.
 La Germania mantiene un atteggiamento amichevole nei confronti della Russia con la quale ha
sempre mantenuto dei rapporti commerciali.
 È l’unico paese che non partecipa al blocco economico nei confronti dell’Unione Sovietica.
 È il primo paese a riconoscere l’URSS, in questo modo si presuppone la possibilità una permanenza
legalizzata dei profughi russi in Germania a differenza dei profughi che avevano scelto altri paesi in
cui l’URSS non veniva riconosciuta (era come se non avessero documenti).

In questo periodo viene utilizzato dai profughi russi il passaporto Nansen (prende il nome da un esploratore che aveva partecipato
a un’organizzazione sui generi della Croce Rossa a sostegno dei profughi), che era un particolare tipo di passaporto rilasciato non
dal paese di provenienza ma dal paese di arrivo.

I russi, tuttavia, non avevano una gran voglia di integrarsi, un po’ perché credevano e speravano nella
permanenza temporale a Berlino. Essi vivevano concentrati in quartieri, in cui per altro la differenziazione
sociale era evidente.
Una volta trasferitisi, però, danno vita ad un’attività culturale molto varia. A Berlino all’inizio degli anni 20
c’erano più di 190 case editrici russe, cabaret, teatri, iniziative di mutuo sostegno.
L’atteggiamento nei confronti dell’Unione Sovietica era di apertura: in questi anni a causa del blocco
economico, i bolscevichi sono interessati a mantenere i rapporti con la Germania e, allo stesso tempo, i
profughi russi sono interessati alla situazione del loro Paese. Per un certo periodo ci saranno giornali e case
editrici che fanno da ponte,ossia che cercano di pubblicare sia opere di scrittori sovietici che di scrittori
emigrati e cercano di diffondere le copie della rivista anche in URSS . Sono esperienze che non hanno vita
lunga ma sono significative del fatto che all’inizio degli anni 20 l’idea era quella di un corpo unico della
letteratura russa, non esisteva una spaccatura e c’era comunque una certa volontà di collaborare e di
mantenere i rapporti con la Madrepatria.
Questo atteggiamento entra in crisi quando la situazione in Russia si stabilizza (fine della guerra,
riconoscimento dell’URSS da parte degli stati europei) e quindi viene data ai russi all’estero la possibilità di
rientrare ma solo fino a una certa data, al termine del quale devono decidere se rientrare o restare per
sempre fuori dai confini dell’Unione Sovietica.
La fluidità e la possibilità di movimento dell’inizio degli anni 20 (molti scrittori per es. Pasternak vanno a
Berlino ma poi rientrano) non sarà più possibile.
Un momento di svolta è anche il 1923-24 perché abbiamo un primo spostamento degli intellettuali da
Berlino ad altre capitali europee per motivazioni sostanzialmente economiche (i soldi con cui erano arrivati
cominciano a non bastare, la situazione economica della Germania cambia e quindi diventa sempre meno
conveniente restare). Accanto a Berlino si sviluppano come centri culturali della diaspora russa anche
Praga e Parigi. La Francia attirava i profughi per il dinamismo economico e culturale.
La presenza dei russi a Berlino, tuttavia, sarà una costante ed entrerà in difficoltà solo con l’avvento del
Nazismo.
Alla fine degli anni 20 abbiamo da un lato la crisi del ’29 degli Stati Uniti, che avrà forti ripercussioni anche
in Europa, e dall’altro la crescita dei movimenti nazionalisti in Italia, Germania e Francia che portano a
vedere gli stranieri come persone poco gradite, che tolgono il lavoro alla popolazione locale, che
aumentano numericamente e rappresentano un corpo estraneo. È per questo che la situazione della
diaspora russa dagli anni 30 diventa molto più pesante.

CHE COSA FANNO I RUSSI QUANDO EMIGRANO? Questa scelta dipende dalle possibilità economiche, dalle
capacità culturali e caratteriali. I russi non tendono a integrarsi, ma a ricreare una sorta di vita russa
all’estero, una comunità abbastanza chiusa. Si sviluppano tutte le istituzioni culturali e spirituali che la
situazione richiede, ad esempio le scuole per non far perdere il contatto con la lingua russa, la chiesa
ortodossa all’estero ecc.
Dal punto di vista sociale, c’è un atteggiamento di chiusura determinato soprattutto dalle capacità
relazionali dei russi e dal fatto che ad emigrare sono stati soprattutto uomini, quindi c’è una differenza
sostanziale tra il numero di scapoli russi ed il numero di donne straniere che potrebbero sposare.
Tendenzialmente i russi non sposano le donne francesi, tedesche ecc ma restano in una situazione di
isolamento.
CHE TIPO DI LAVORO SVOLGONO? Questo dipende dalle loro capacità linguistiche. Ci sono poche persone
che arrivano con un livello culturale adeguato, per esempio V. Nabokov.
Figlio di un linguista russo appassionato dell’Inghilterra. Viene cresciuto trilingue fin dall’infanzia (conosceva
russo, francese e inglese) ed era anche benestante per cui venne mandato a studiare a Oxford e una volta
emigrato a Berlino si manterrà dando lezioni di inglese.
Molti altri si troveranno costretti invece a fare lavori manuali: gli uomini di solito facevano i tassisti, gli
operai (a Parigi nella fabbrica della Renault) ed erano molto apprezzati e ricercati non tanto per le
competenze tecniche ma perché essendo ex ufficiali dell’armata bianca erano contrari al comunismo e
quindi anche ai sindacati dei lavoratori (non avevano la tendenza ad organizzarsi per difendere i propri
diritti). Le donne, invece, facevano le prostitute, le sarte (fabbriche di Chanel) o le modelle (soprattutto le
ragazze russe altolocate).
L’emigrazione russa si spinse anche verso l’oriente, in Cina (soprattutto resti dell’Armata Bianca e persone
che vivevano nella periferia russa). Qui i russi, avendo costruito la ferrovia, si erano creati già degli
avamposti: la presenza russa, dunque, era già stata normalizzata da un decennio e la presenza di istituzioni
culturali e amministrative assicurava una permanenza più facile; trovarsi in Cina era come trovarsi in una
provincia della Siberia, ma comunque “a casa”. I russi si stabiliscono a Shangai, a Harbìn, a Pechino.
La capitale della Russia in Oriente sarà Harbìn, dove si sviluppa una vita culturale molto più libera rispetto
a quella dell’Europa. Non avere grandi rappresentanti della letteratura russa tra gli intellettuali (che si erano
trasferiti piuttosto in Europa) permette di creare una letteratura che non ha una linea da seguire.
QUALI SONO LE TEMATICHE DELLA DIASPORA RUSSA IN EUROPA?
 La nostalgia.
 La visione idilliaca della Russia del passato.
 Necessità di salvaguardare la lingua russa.
 Dopo poco tempo, l’idea di una differenziazione tra “noi” e “loro”> Visione politicizzata portata
anche nella letteratura.
Queste istanze saranno portate avanti da scrittori già formati e con una certa esperienza (come Bunin,
Hadasievic, Mereshkovskij, Belyj) che in un certo senso costituivano anche un ostacolo all’evoluzione della
letteratura. L’idea che in Unione Sovietica vada tutto male e che le persone emigrate debbano conservare
le tradizioni del passato diventa un fardello, poiché conservare e replicare ciò che c’era già stato significa
anche non andare avanti.
NELL’ORIENTE RUSSO> Letteratura più originale, che guardava al Futurismo (C’erano stati futuristi che
erano andati in Cina ad insegnare) e che aveva un rapporto territoriale più stretto con la Siberia, molto più
vicina alla Cina, e non con la Russia centrale.

Successivamente, la situazione della diaspora russa in Europa si evolverà sia perché nasce una nuova
riflessione sull’esperienza traumatica appena passata, sia perché vengono a formarsi nuove generazioni di
scrittori che non riescono ad identificarsi come rappresentanti della vecchia cultura russa e che quindi
andranno a cercare altro.
All’inizio degli anni 20 all’interno della diaspora russa abbiamo due movimenti:
1. Movimento Euroasiatico.
2. Smena Vech (Cambio delle Pietre Miliari).

1 -> si presenta sul panorama culturale nel 1921 con una raccolta di scritti critici. Non è un vero e proprio
movimento letterario, ma è animato soprattutto da intellettuali di diversa formazione e con interessi
diversificati (Bernazkij, geografo; i linguisti Trubezkoj e Jakabson ecc.) che se da un lato criticano quanto
accade in Russia, dall’altro credono che da ciò debba scaturire una profonda riflessione sul passato e
propongono una diversa visione della storia russa in cui si mette in evidenza l’elemento asiatico rispetto a
quello europeo. Da parte di questi intellettuali ci sarà, ad esempio, una rivalutazione del periodo del Giogo
Tataro, che verrà visto sotto un’ottica nuova, come uno scambio culturale tra Oriente e Occidente che
segnò da quel momento in poi la storia del Paese.
2 -> Prende il nome da “Le pietre miliari” (riflessione degli intellettuali dopo la rivoluzione del 1905).
L’idea del movimento Smena Vech è quella che è vero che la rivoluzione bolscevica (del 1917) ha portato
una grave frattura nel paese ma bisogna vederne anche gli aspetti positivi: i bolscevichi sono riusciti a
tenere insieme quasi tutto l’impero russo e questa capacità deve essere loro riconosciuta. Idea di non
demonizzare il bolscevismo e collaborare per permettere una sua evoluzione che elimini tutto ciò che c’è
di utopistico nella visione bolscevica della struttura della società ma mantenga la capacità di controllare il
Paese per renderlo una potenza. Queste speranze erano alimentate anche dalla NEP (forma economica più
accettabile). Anche questo movimento esordisce nel 1921, e da questo momento in poi ci sarà una veloce
radicalizzazione dell’elemento politico: tutti gli scrittori si divideranno in “nostri”, che accettavano la
collaborazione e il dialogo con il governo bolscevico, e “nemici” che invece si mostravano più
intransigenti, vedono come un demonio qualsiasi forma di collaborazione (come Bunin).

Questi movimenti, dunque, sono fondamentali perché mostrano la necessità di prendere una posizione
rispetto alla nuova situazione politica del paese.
Da un lato abbiamo la radicalizzazione, dall’altro nascono nuove tendenze sia in poesia che in prosa. Dal
punto di vista della conservazione, uno dei rappresentanti principali per la prosa sarà Bunin, che nel 1933
riceverà il Premio Nobel , sarà il primo scrittore russo a riceverlo. All’estero, egli arriva come uno scrittore
già formato, quindi ripete in chiave nostalgica le tematiche già trattate in Russia. Questa rappresentazione
nostalgica diventa, talvolta, un modo per mascherare certi problemi che prima invece evidenziava (es.
trattazione della campagna russa del suo primo romanzo “Derevnja” non proprio idilliaca). Adesso, in
generale, si stende questo velo di idillio e contemplazione del passato che rende la letteratura “ferma” (la
Berlino russa non ha trazione, non va da nessuna parte).
Per quanto riguarda la poesia, abbiamo Hadasievic . La sua è una poesia che prende le mosse da Puskin,
molto classica anche nella metrica, non c’è sperimentazione.
Accanto a queste tendenze conservatrici, si sviluppano anche altre tendenze. Inizia un dibattito sulla
possibilità che esista una Letteratura russa all’estero e quindi di iniziare a creare qualcosa di nuovo, che
dipende prima di tutto dalla lingua (vivendo all’estero, ci vuole poco per cominciare a sentire dei
cambiamenti nella lingua).
Ci sarà la scrittrice umoristica Teffi che sosterrà che i giovani russi parlano ormai una lingua barbara, povera di parole. Rappresenta
in maniera satirica questo misto di russo e francese che veniva parlato all’estero in maniera barbara. La sua idea è che se si
degrada la lingua è impossibile che si crei una letteratura all’estero. Punto focale> IMPOSSIBILE CREARE UNA LETTERATURA
RUSSA INSERITA IN UN CONTESTO CULTURALE E LINGUISTICO ESTRANEO.
Hadasievic sosteneva, invece, che una letteratura all’estero si potesse creare solo nella misura in cui
dialogasse con ciò che stava avvenendo in Unione Sovietica. Il legame con la Madrepatria resta essenziale
per avere una letteratura vivace.
Ci sono una serie di scrittori più giovani che si riuniscono intorno a due figure: Adamòvic e Ivànov (i
cosiddetti “due Georgij”) rappresentanti della cerchia più esterna dell’acmeismo. Adamovic sarà un
importante critico dell’emigrazione; Ivanov un poeta e poi neorealista. Entrambi propongono una
letteratura che deve rappresentare il disagio degli intellettuali russi: questa tematica verrà riassunta nella
formula “La nota Parigina”, cioè una tonalità della prosa e della poesia in cui non bisogna più riflettere su
un passato che non esiste più ma sul senso di spaesamento e solitudine che provano gli intellettuali in un
paese straniero, lontani culturalmente dalla Madrepatria. IDEA>Solo tramite una contenuto veritiero si
può sperare in una rinascita della letteratura russa.
La generazione di giovani scrittori che si riunì attorno a queste due figure verrà soprannominata
“GENERAZIONE CHE NON è STATA NOTATA” in quanto faranno fatica ad affermarsi a causa della mancanza
di un’adeguata preparazione culturale e di mezzi economici. Ci saranno alcuni giornali che daranno spazio a
questi giovani ma sarà uno spazio appena sufficiente.
Nonostante ciò la letteratura russa all’estero è connotata da due grandi nomi: Marina Cvetaeva e Vladimir
Nabòkov. Nabokov durante la prima parte della sua esistenza (poi si trasferirà in America e scriverà in inglese) scriverà in russo e
sarà autore de “Il dono”, opera che avrà un ruolo fondamentale per lo sviluppo della prosa russa.
2° ONDATA: 1945-1953. La guerra porta molti russi a spostarsi (soldati, russi prigionieri dei tedeschi,
russi che hanno collaborato con i nazisti in funzione antibolscevica) e a decidere di restare in Europa o
comunque fuori dai confini dell’URSS. L’Europa, infatti, era stata ormai devastata dalla guerra e conveniva
andarsene in paesi che offrono maggiori possibilità economiche come gli Stati Uniti .
3° ONDATA: ANNI ’70. Saranno gli anni della Stagnazione. È passata la fase Staliniana ma ciò non si
significa che si stia bene. In questi anni viene creato lo Stato di Israele e le autorità bolsceviche decidono di
far partire verso Israele gli ebrei. Molti ebrei poi si muoveranno da Israele agli Stati Uniti.
Ci saranno anche espulsioni di intellettuali, come Solzenicyn, Brodzkij.
4° ONDATA: ANNI DELLA PERESTROIKA, DAL 1985. Quando Gorbaciov inaugura la sua politica di
rinnovamento dello stato sovietico dall’interno, apportando delle correzioni, viene dato ai cittadini russi la
possibilità di andare all’estero. Molti vanno all’estero per trovare un lavoro più conveniente, poiché gli
anche di anni di Gorbaciov saranno difficili da un punto di vista economico. Motivazione
fondamentalmente economica e anche di volontà di vedere cosa c’è dall’altra parte.
Nel 1991 ci sarà la dissoluzione dell’URSS.
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MARINA CVETAEVA. Poetessa che matura nel periodo dell’emigrazione ma in realtà esordisce prima. È
poco determinata da ciò che ha intorno, anticonformista. Crea una scrittura tutta sua, personale, che si
nutre del panorama culturale russo e ha rapporti con l’avanguardia, ma è estremamente diversa da tutto
quello che caratterizza la scrittura degli altri poeti attorno a lei.
Nasce all’inizio degli anni 90 dell’800 (coetanea della Achmatova e Pasternak) da una famiglia dell’alta
borghesia russa. Il padre è stato il fondatore del museo Puskin a Mosca, la madre era pianista. Ebbe una
formazione zoppicante e più da autodidatta: la madre, malata, si recava spesso a curarsi all’estero e quindi
Marina e la sorella Asja erano spesso costrette a cambiare scuola. A 16 anni va da sola a Parigi,
formalmente per studiare, ma in realtà vuole viverci (città di Napoleone, uno dei suoi miti). Ha una
formazione sostanzialmente romantica: si nutre di musica romantica (la madre voleva che diventasse
pianista, contro le sue inclinazioni), di poesia e letteratura tedesca e sviluppa ben presto un atteggiamento
di opposizione del poeta al resto del mondo, tipico del romanticismo.
Si sposa in giovane età e in buone condizioni economiche che però non dureranno a lungo. Sposa Sergej
Efron che proviene da una famiglia di rivoluzionari, anche lui col mito dell’eroe romantico che mette il
dovere prima di tutto. Egli si arruola prima come volontario nella prima guerra mondiale, poi nell’armata
bianca e a seguito della sconfitta dell’armata lascia il paese. Dal 1917 al ’22 Marina non saprà che fine abbia
fatto il marito. Solo nel 1922 saprà che Efron è riuscito ad andare il Repubblica Ceca poiché ha ottenuto una
borsa di studio; Marina decide dunque di raggiungerlo. Efron era però una persona priva di senso pratico,
un eterno studente: Marina si ritrova a mantenere la famiglia anche dal punto di vista economico.
Successivamente si sposteranno in Francia.
Avranno due figlie, la più piccola Irina muore di fame durante gli anni della guerra civile (lasciata in orfanotrofio), l’altra invece
sopravvive.
Esordisce nel 1910 con una raccolta di poesie “Album serale” che scrive e fa pubblicare a sue spese.
Recensita entusiasticamente da Briusov ,Gumiliov e Valoscin, maggiori autorità culturali del momento.
Nel 1912 scrive “Lanterna magica”; 1921 “Viorstj”; 1926 “Dopo la Russia” (pubblicata in emigrazione).
Dopodiché non riuscirà a pubblicare raccolte di versi, ma singole poesie; sarà costretta a passare alla prosa,
continuerà a scrivere ma avrà sempre maggiori difficoltà. Entra in contrasto con la comunità emigrata
perché è una persona che non accetta compromessi, ignora qualsiasi elemento di utilità o comodità per il
momento: in Unione Sovietica scrive il ciclo di poesie “Il campo militare dei cigni” che è dedicato
all’armata bianca (in contrasto con la neonata Unione Sovietica); in emigrazione scrive invece testi che
lodano elementi della vita sovietica (ad esempio Majakovskij) attirandosi l’odio di tutti.
Non si interessava assolutamente di politica e da questo punto di vista assume una posizione pericolosa
nella diaspora. ll marito che si avvicinò al movimento del Cambio delle Pietre Miliari, fino a diventare
agente dei servizi segreti sovietici. Tuttavia Efron, come agente dei servizi segreti, partecipa all’uccisione di
un agente che era stato smascherato ed è costretto a rimpatriare. Da quel momento la vita di Marina
all’estero diventerà impossibile poiché tutte le colpe e le simpatie politiche del marito ricadono su di lei.
Dopo un po’ di tempo rimpatria insieme alla figlia, ben consapevole di ciò a cui va incontro. Il marito verrà
arrestato dopo pochi mesi e giustiziato; anche la figlia Anja che non ha nessuna colpa sarà arrestata e
costretta a passare un lungo periodo di tempo nei lager. Marina Cvetaeva si ritrova sola (col terzo figlio
nato durante l’emigrazione), senza prospettive di sopravvivenza. Quando scoppia la seconda guerra
mondiale verrà evacuata, di fronte all’impossibilità di trovare un lavoro si impiccherà.

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