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GIOVANNI

BOCCACCIO
28/03/21 12:07 PM

Giovanni Boccaccio nacque a Firenze o a Certaldo tra giugno e luglio del


1313, figlio illegittimo del ricco mercante Boccaccino di Chellino e di una
donna probabilmente di umili origini. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza
a Firenze, ma nel 1327 si trasferì a Napoli con il padre, che venne eletto
consigliere e ciambellano del re Roberto d’Angiò. A Napoli fu introdotto
nel mondo della finanza dal padre, che lo spinse agli studi di
giurisprudenza; qui s'innamorò di una donna, probabilmente Maria
D'Aquino figlia del re D'Angiò, che nelle sue opere prenderà il nome di
Fiammetta. Boccaccio fece il suo ingresso a corte e frequentò la
biblioteca reale e l’università, entrando in contatto con gli intellettuali
del tempo e scoprendo nel mondo delle lettere la propria vocazione.
Compose qui le sue prime opere come: Caccia di Diana (1334), Filocolo
(1336- 1338), Filostrato (1335 o 1339), Teseida (1339-1340). Nell’inverno
del 1340 dovette rientrare a Firenze a seguito delle difficoltà finanziarie
della famiglia. Ai primi anni quaranta risalgono le opere: Comedia delle
ninfe fiorentine (1341-1342), Amorosa visione (1342-1343), Elegia di
Madonna Fiammetta (1343- 1344), Ninfale fiesolano (1344-1346).
Nel 1348 Firenze fu colpita dalla peste, dove Giovanni perse il padre e
altri familiari, da qui in poi si impegnò nella vita civile e politica,
svolgendo missioni diplomatiche in Romagna, a Napoli, in Tirolo e ad
Avignone. Intorno al 1353 concluse il Decameron, iniziato dopo la peste,
dopo l’incontro con Petrarca, L'amicizia con il poeta indirizzerà Boccaccio
verso una conoscenza e riscoperta del latino, tanto da fargli
abbandonare le opere in volgare e preferire quelle in latino, nelle sue
opere in latino farà conoscere molte cose sulla cultura dell'epoca. Tra le
opere in latino ricordiamo: le 25 epistole, il boccolicum carmen che
testimonia l'imitazione di Petrarca, le Genealogie deorum gentilium, il De
casibus virorum illustrium e il De mulieribus claris. In volgare scrisse
invece il Corbaccio e il Trattatello in laude di Dante. Dal 1360 ospitò il
maestro calabrese Leonzio Pilato, chiamato a Firenze per insegnare il
greco antico e tradurre in latino le opere di Omero e Platone. Sempre nel
1360 prese gli ordini ecclesiastici minori, pensando che gli avrebbero
permesso di continuare serenamente i suoi studi. Dopo un breve
allontanamento da Firenze, riprese l’attività diplomatica come
ambasciatore ad Avignone, Roma e Napoli. Dal 1371 si trasferì a
Certaldo, dedicandosi agli studi e alla meditazione. Nel 1373, su incarico
del comune di Firenze, iniziò a tenere pubbliche letture commentate
della Commedia di Dante, ma arrivato al canto XVII dell’Inferno dovette
interrompere per le cattive condizioni di salute. Morì a Certaldo nel
1375. Boccaccio si istruì per lo più da solo, si sentiva a proprio agio nel
mondo della finanza, nei circoli universitari e nell’aristocratica società di
corte; era un'ammiratore di Dante e amico fraterno di Petrarca; aveva
una personalità versatile e a tratti contraddittoria.
A Napoli Boccaccio ebbe la possibilità di frequentare la biblioteca reale,
le opere di questo periodo, sono in versi e in prosa, con spunti
autobiografici. Fin dall'inizio Boccaccio scrive sia in latino che in volgare e
cerca di unire le tradizioni provenzali e le classiche
La Caccia di Diana risale al 1334 ed è un poema allegorico diviso in
diciotto canti di terzine dantesche, che celebra la bellezza di alcune dame
della corte di Napoli, che vengono rappresentate come ninfe seguaci di
Diana che partecipano a una battuta di caccia guidata dalla dea. Venere,
però, trasforma le belve uccise in bellissimi giovani. Il racconto è in prima
persona e affronta il tema dell’amore che riesce a ingentilire gli animi,
trasformando gli uomini compreso Boccaccio da animali in creature
intelligenti e sensibili.
Il Filocolo che significa fatica d'amore è la prima opera importante di
Boccaccio, risale al 1336-1338, egli interpreta la tradizione in modo
personale e, per la prima volta, narra questa storia in prosa invece che in
versi e viene divisa in 5 libri. Boccaccio rielabora la leggenda medievale
di Florio, il figlio del re di Spagna, e di Biancifiore, una ragazza orfana
discendente da una nobile famiglia. I due ragazzi, cresciuti insieme, si
amano, ma il destino li divide e Florio, sotto il falso nome di Filoloco,
parte alla ricerca dell’amata. Dopo molti viaggi, Florio e Biancifiore si
rincontrano e si sposano. Una delle avventure di Florio si svolse a Napoli,
dove mentre passeggiava vicino alla tomba di Virgilio, venne attratto
dalla musica proveniente da un giardino. Li incontrò Calone un giovane
che faceva parte di una nobile brigata intenta a porsi domande
sull’amore. Fra questi giovani c’era anche Fiammetta che era regina del
gruppo.
Il Filostrato [1335 o 1339] È un poema in ottava rima, il metro
caratteristico delle canzoni popolari. Con un linguaggio semplice, Il
poema racconta la tragica storia di Troilo (il vinto d’amore), figlio di
Priamo, re di Troia, innamorato di Criseide, una fanciulla greca figlia
dell’indovino Calcante, catturata dai troiani. Criseide giura a Troilo eterno
amore ma quando, grazie a uno scambio di prigionieri, torna dai suoi, si
innamora di Diomede. Troilo, disperato, cerca la morte in battaglia e
viene ucciso da Achille. Al centro del poema, quindi, non c'è la guerra ma
l’esperienza amorosa di Troilo, appassionato e destinato ad arrendersi,
proprio come Boccaccio che dedica l’opera a Fiammetta.
Il Teseida [1339-1340] è un poema epico in dodici libri, in ottave. L’opera
racconta la storia di due amici, Arcita e Palemone, che nella città di Atene
governata dal re Teseo (da cui il titolo dell’opera) si contendono la mano
di Emilia, sorella della regina delle Amazzoni. I due si sfidano a duello e
vince Arcita, che viene però mortalmente ferito, egli sposa Emilia con la
clausola che lei, alla sua morte, accetti di risposarsi con Palemone.

Le opere del periodo fiorentino sono influenzate dalla letteratura


toscana e sono più di tipo autobiografico, a Firenze Boccaccio continuò a
scrivere seguendo le orme della poesia allegorica e le poesie che scriverà
a Firenze ispireranno quello che poi sarà il Decameron.
La Comedia delle ninfe fiorentine [1341-1342] è un prosimetro (misto di
prosa e versi), noto anche con il titolo di Ninfale d’Ameto. Il protagonista
dell'opera è Ameto, un pastore (allegoria) che come nella caccia di Diana,
vede e ascolta le ninfe che si raccontano una storia d'amore a testa,
questo ricorda molto il Decameron. Dopo averle ascoltate tutte, Venere
ordinerà alle ninfe di immergerlo in una sorgente e dopo essere stato
immerso il pastore capisce che le 7 ninfe rappresentavano le 3 virtù
teologali e le 4 virtù ultraterrene. Riprendendo temi stilnovistici,
Boccaccio celebra la bellezza femminile che ispirando nell’uomo l’amore,
inteso come passione , lo guida a distaccarsi dalle passioni terrene per
elevarsi alle realtà trascendenti.
L’Amorosa visione [1342-1343] è un poema enciclopedico-allegorico in
cinquanta canti, in terzine dantesche. Una donna bella e gentile appare
in sogno al poeta e gli propone un viaggio alla ricerca della vera felicità;
arrivati a un castello, la donna gli mostra due porte: quella piccola e
stretta che conduce alla virtù, quella larga e grande che porta alla gloria
mondana. Attraverso la porta della gloria, entra in stanze in cui sono
rappresentati i trionfi della Sapienza, della Gloria, dell’ Amore, della
Ricchezza e della Fortuna; Il poeta arriva poi in un giardino dove incontra
Fiammetta; il sogno svanisce e Boccaccio si risveglia con accanto la sua
guida che gli spiega che potrà realizzare i suoi desideri solo dopo aver
capito gli insegnamenti di quel viaggio.
L’Elegia di madonna Fiammetta [1343-1344] è un romanzo in prosa
composto da un prologo e nove capitoli. Ha la forma di una lunga lettera
diretta a tutte le donne innamorate dove la protagonista, una
nobildonna napoletana di nome Fiammetta, narra in prima persona il suo
breve e infelice amore per Panfilio, il giovane fiorentino che l’ha
abbandonata. La storia è raccontata dal punto di vista della donna che
diventa protagonista della storia amorosa e non più specchio della
passione maschile: questo rappresenta un elemento di innovazione
rispetto allo stilnovo e alla lirica del Trecento; anche i ruoli tradizionali
dell’uomo e della donna si rovesciano: è l’uomo a lasciare la donna e a
dimenticarla mentre lei soffre e si tormenta per la gelosia. Questo
romanzo ricorda molto le Heroides di Ovidio, la raccolta di lettere scritte
da alcune eroine ai loro mariti o amanti; la donna in questa storia è la
protagonista, non solo un'oggetto d'amore e ha una propria personalità
ed è emotivamente ricca e attiva.
Il Ninfale fiesolano [1344-1346] è un poema in ottave. Nelle campagne
di Fiesole il pastore Africo si innamora della ninfa Mensola, devota a
Diana e perciò obbligata alla castità;
Il padre di Africo lo scongiura di non sfidare l’ira divina, ma il pastore, con
l’aiuto di Venere riesce a incontrare Mensola, che finisce per innamorarsi
di lui. La ninfa però si rende conto del suo errore e dei rischi a cui sta
esponendo se stessa e l’uomo amato, perciò decide di fuggire. Africo,
disperato, si uccide e il sangue cade nel fiume che prende il suo nome;
Mensola, incinta, si nasconde nelle grotte ma viene scoperta da Diana e
trasformata nel fiume che si chiamerà come lei; il bambino, di nome
Pruneo, viene affidato ad una vecchia ninfa che lo consegna alla madre di
Africo. Diventato adulto, Pruneo viene accolto alla corte di Atlante,
fondatore di Fiesole, che lo nomina siniscalco ( maestro di casa delle
famiglie reali), gli dà in sposa una nobildonna e gli dona il territorio
compreso fra i fiumi Mensola e Mugnone.
Il Trattatello racconta la vita di Dante, esaltando la sua dedizione alla
poesia e alla cultura. Il Trattatello contiene alcune notizie autentiche che
Boccaccio ha raccolto dalla tradizione orale o ha appreso da persone che
avevano conosciuto il poeta; fra le notizie più significative,c'è
l’identificazione di Beatrice con Bice, figlia di Folco Portinari.
Il Corbaccio [1365-1367] è un’opera satirica in prosa contro le donne.
Boccaccio era innamorato di una bella vedova che però lo respinge; in
sogno si ritrova in una selva dove l’anima del defunto marito di lei gli
elenca i difetti delle donne e lo invita a cercare negli studi la vera felicità.
Incerto è il significato del titolo: dallo spagnolo corbacho, “frusta”,
dall’italiano “corvo”.

Il Decameron È una raccolta di 100 novelle scritte in lingua volgare.


Decameron (dal greco deka = dieci e hēméra=giorno) significa
letteralmente dieci giorni. Iniziata dopo la peste del 1348, l’opera venne
finita probabilmente attorno al 1353, anche se Boccaccio continuò a
rivederla fino al 1370 circa, epoca cui risale la stesura definitiva
autografa. Il Decameron presenta una struttura a più livelli: Il primo
livello è quello delle riflessioni di Boccaccio sulla scrittura, questo accade
soprattutto nel breve proemio, nell'introduzione della prima e della
quarta giornata e nella conclusione dell'autore in cui parla in prima
persona come narratore esterno ma che domina dall'alto. nel
Decameron convivono più narratori e più punti di vista: da una parte c’è
Boccaccio, narratore di I grado, onnisciente ed esterno, poi ci sono i 10
ragazzi della brigata, narratori di II grado, anche loro onniscienti ed
esterni rispetto alla materia delle loro novelle; infine i personaggi delle
novelle, occasionalmente narratori a loro volta di racconti (narratori di III
grado).
Il secondo livello è quello della ‘cornice narrativa’ dell’opera, cioè la
storia dei dieci giovani, sette ragazze rispettivamente Pampinea,
Filomena, Elissa, Neifile, Emilia, Lauretta e Fiammetta e tre ragazzi,
Panfilo, Filostrato e Dioneo che, per sfuggire alla peste del 1348, si
ritirano in una villa di campagna presso Fiesole, dove per passare il
tempo raccontano per dieci giorni una novella a testa. Il secondo livello
del Decameron comprende le introduzioni e le conclusioni di tutte e dieci
le giornate, e gli snodi tra le novelle che contestualizzano l’occasione in
cui sono state narrate e in cui vengono riportati i commenti dei giovani.
La cornice svolge un doppio scopo: - Serve per collegare tra loro i singoli
racconti e dare coesione all’intero libro,
- Serve per offrire al lettore uno spazio di riflessione su quanto letto,
confrontando le proprie opinioni con quelle dei 10 giovani.
Il terzo livello è quello delle novelle narrate dai 10 ragazzi protagonisti
della cornice.
Nel Proemio Boccaccio esprime con chiarezza gli scopi della sua opera:
da un lato ci sono l’intrattenimento e la consolazione del pubblico e
dall’altro c’è l’utilità morale.
Nel Proemio Boccaccio indica come suo pubblico di riferimento quello
delle donne innamorate. Questo non significa, che l’opera fosse
destinata esclusivamente a un pubblico femminile, ma è un modo per far
capire che non si rivolgeva esclusivamente a un pubblico di letterati, ma
a tutte le persone indipendentemente dalla loro formazione.
Boccaccio traccia sempre dei profili individuali per ogni personaggio e
delinea sempre molto bene l'ambiente che li circonda, non tralasciando
mai nessun dettaglio. Sempre nel proemio il poeta dichiara che
racconterà storie avvenute ‘nei tempi moderni come negli antichi’. Il
tempo presente risulta quello più rappresentato, mentre le restanti
novelle trattano di un passato lontano, dall’antichità classica, al regno dei
longobardi. Le novelle del passato tendono a presentare esempi positivi
di nobiltà e ad essere ambientate lontano dalla Toscana.
Ogni giorno per dieci giorni successivi (esclusi il venerdì e il sabato, quindi
dal mercoledì al martedì di due settimane successive) viene eletto un re
o una regina che organizza la giornata e stabilisce l’argomento su cui il
giorno seguente tutti a turno devono raccontare una storia. A
conclusione della giornata un giovane, sempre a turno, canta una
canzone. Esiste un’eccezione a queste regole: Dioneo ha il privilegio di
poter narrare sempre per ultimo e ha la facoltà di non attenersi al tema
della giornata. Boccaccio organizza le novelle per temi, immaginando che
i giovani della brigata scelgano ogni giorno un argomento di riferimento
tranne nella prima giornata e nella nona. La prima (I,1) e l’ultima (X,10)
contrappongono due modelli di vita ben distinti, il primo negativo (la
falsità e l’abiezione di Ser Ciappelletto) e il secondo positivo (la pazienza
e la virtù di Griselda) e sembrano così configurare un preciso percorso di
lettura attraverso il Decameron, che va dal basso all’alto, dal male
(presente già dall'inizio del proemio, la peste) al bene (come avviene
anche nella Commedia di Dante).
i temi dei vari giorni erano argomento libero nella I° giornata, avventure
a lieto fine nella II°, nella III° giornata difficoltà superate grazie
all’intelligenza, amori infelici nella IV°, nella V° amori a lieto fine ,
intelligenza che si manifesta attraverso l’uso della parola nella VI°, beffe
a danno dei mariti nella VII°, beffe fra uomini e donne nell'VIII°,
argomento libero nella IX°, generosità e nobiltà d’animo nell'ultima
giornata.
Lo stile di Boccaccio oscilla tra una prosa fiorentina alta e colta,
sintatticamente elaborata e ricca di latinismi (come si può notare nel
Proemio), e una lingua più viva e realistica, che caratterizza invece le
novelle, in cui è possibile rintracciare alcune sfumature regionali ma
soprattutto i termini tecnici di alcune professioni (come quella
mercantile) o di origine popolare (frequenti soprattutto quando è in atto
una "beffa" ai danni di qualcuno), e abbondanza di eufemismi e doppi
sensi per alludere alla sfera sessuale.
Fin dalla prima novella un altro dei temi fondamentali del Decameron
appare quello della religione, a questo proposito occorre fare una
distinzione tra due piani: da un lato quello trascendente, che riguarda la
fede e Dio; dall’altro quello terreno, che riguarda. le istituzioni e le
manifestazioni concrete delle religioni . Il primo piano non viene messo
in discussione, dato che non può essere oggetto di una critica razionale e
appartiene alla sfera individuale, l’unico atteggiamento possibile può
essere quello della tolleranza. Il secondo, invece, è al centro
dell’interesse di Boccaccio che, indagando i comportamenti dei religiosi,
ne mette in luce con spregiudicatezza tanto i lati positivi che quelli
negativi, conducendo a tratti una esplicita polemica antiecclesiastica che
ne colpisce l’ipocrisia e la corruzione. In questo modo viene colmato
l’apparente divario morale che separa i religiosi dagli uomini comuni, qui
tutti accomunati dalle stesse virtù e dagli stessi difetti.

ANDREUCCIO DA PERUGIA
La novella fa parte della seconda Giornata del Decameron ed è narrata da
Fiammetta. Il Protagonista di questa novella è Andreuccio, un giovane
mercante perugino capitato a Napoli per una compravendita di cavalli che si fa
truffare da prostituta siciliana che si finge sua sorella e lo deruba di tutto il suo
denaro. Dopo una serie di peripezie e disavventure in cui rischia la vita,
Andreuccio viene assistito dalla fortuna e riesce a salvarsi, e a entrare in
possesso di un prezioso anello che gli consente di recuperare i soldi perduti.

Ciò che interessa principalmente all’autore è descrivere la maturazione del


personaggio. Inizialmente si tratta di un giovane incauto e inesperto, non esita a
mostrare in pubblico il proprio denaro, ma dopo una serie di disavventure che
lo spingono a confrontarsi con dei sentimenti negativi. Andreuccio da incauto e
impulsivo diventa sempre più attento e sospettoso. Proprio per questo
nell’episodio della tomba, riesce a prevedere i comportamenti dei ladri e a
sfruttare a proprio favore le occasioni offerte dal caso.
Il tema principale che accomuna tutte le novelle della II giornata, è quello della
fortuna o caso, il Caso che fa di Andreuccio, nel corso di poche ore, un
ingannato e un ingannatore, un derubato e un derubante, un mercante che va a
comprare cavalli e un ladro che invece si arricchisce di gemme; inizialmente il
Caso si accanisce su Andreuccio solo perché egli non è in grado di contrastarla,
infatti se fosse stato più accorto, non sarebbe caduto nel tranello della siciliana.
Così, al termine, la Fortuna salva Andreuccio dal morire soffocato nella tomba,
ma solo perché ha saputo cogliere prontamente l’occasione.
il giovane Andreuccio va da Perugia a Napoli con alcuni amici per
comprare dei cavalli. Egli mostra tranquillamente il suo borsello colmo di
monete nel bel mezzo del mercato e così facendo attira l’attenzione della
bella prostituta siciliana Fiordaliso, che raccoglie informazioni sul suo
conto da una vecchia siciliana che era stata sua domestica e elabora
subito un piano per derubarlo, invitandolo – tramite una serva – a
raggiungerla a casa sua, guidato dalla serva Andreuccio arriva in casa di
Fiordaliso, pensando ad un incontro amoroso, ma rimane molto stupito
dalla sua accoglienza. La donna infatti lo abbraccia con tenerezza, come
se già lo conoscesse e gli rivela di essere sua sorella, nata da una
relazione avuta da suo padre Pietro a Palermo. Dopo la cena e una lunga
conversazione notturna, Fiordaliso invita Andreuccio a dormire a casa
sua. rimasto in compagnia di un servitore, Andreuccio si sveste per la
notte e si va al gabinetto, quando, all’improvviso, mette il piede su una
tavola di legno disconnessa e cade nel vicolo sottostante. I suoi tentativi
di rientrare in casa per recuperare i vestiti e il denaro si rivelano vani.
Alla fine, spaventato dalle minacce di un uomo, Andreuccio decide di
andarsene. vagando per le strade di Napoli, Andreuccio incontra due
ladri che, dopo aver ascoltato la sua storia, gli propongono di unirsi a loro
per un furto alla tomba dell’arcivescovo Filippo Minutolo. Prima però,
sentendo la puzza dei suoi vestiti, gli consigliano di lavarsi in un vicino
pozzo. Essi lo legano e lo calano nel pozzo, ma all’arrivo delle guardie
scappano. Le guardie, tirano la corda pensando fosse collegata ad un
secchio ma, vedendo emergere Andreuccio, si fanno prendere dal panico
e scappano. In seguito riunitosi ai due ladri, Andreuccio si reca con loro
nella cattedrale per compiere il furto. Ad Andreuccio viene affidato il
compito di calarsi nella tomba dell’arcivescovo, ma il ragazzo è
sospettoso e decide di tenere per sé l’anello con il rubino, passando ai
compagni solo gli oggetti di minor valore. I due, raccolta la refurtiva,
richiudono la tomba con Andreuccio all’interno. quella notte arrivano alla
cattedrale altri ladri, per compiere lo stesso furto. Quando sollevano la
copertura della tomba e uno di loro, un prete, si cala all’interno,
Andreuccio ne approfitta per spaventarli e mettersi in salvo. scampato
anche a quest’ultima disavventura, Andreuccio riesce a fare ritorno al
suo albergo e, si affretta a partire da Napoli: senza cavalli, ma con al dito
il prezioso anello dell’arcivescovo.

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