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RASSEGNE

È VALIDA E AFFIDABILE LA GRAFOLOGIA?


UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA

CARLA DAZZI E LUIGI PEDRABISSI

Università di Padova

Riassunto. Questa rassegna si propone di fornire un quadro, il più esaustivo possi-


bile, sullo stato attuale della ricerca riguardante la grafologia e le sue potenzialità
valutative e psico-diagnostiche. Da un approfondito esame della letteratura si è con-
statato che, nell’affrontare questo tema, diversi autori si sono serviti di un impianto
critico-valutativo che si collega alla teoria dei test psicologici. Ci si è pertanto posti
l’obiettivo di verificare se essa offra le stesse garanzie che solitamente vengono ri-
chieste ad un test affinché possa essere considerato un reale strumento di misura.
Riguardo ai parametri utilizzati pochi sono quelli rispetto ai quali la grafologia rag-
giunge risultati accettabili.

INTRODUZIONE

Fin dai tempi antichi si è ritenuto che nella scrittura si possano ce-
lare in qualche modo le caratteristiche di personalità del suo autore. Il
termine grafologia, però, è stato utilizzato per la prima volta nel 1868
dall’abate francese Michon, fondatore della grafologia moderna, per
indicare lo studio delle relazioni possibili tra la grafia di un individuo
ed i tratti del suo carattere, della sua personalità.
Successivamente sono nate in Europa diverse scuole di grafologia,
ognuna ispirata ad un proprio modello teorico e a un proprio metodo
applicativo (la scuola francese, la scuola tedesca, la scuola svizzera,
la scuola inglese, quella italiana di Urbino fondata da G. Moretti e
quella milanese fondata da M. Marchesan).
Attualmente la grafologia, sia in Italia sia nei paesi europei ed ex-
traeuropei, viene utilizzata come un qualsiasi strumento testistico per
acquisire informazioni sulle caratteristiche psicologiche di una per-
sona, per formulare diagnosi, per effettuare previsioni rispetto alle
performance future di un individuo. Poiché sono molti gli esperti che

Si ringraziano i Proff. Remo Job e Sergio Roncato per gli utili suggerimenti che hanno
permesso di migliorare la qualità della rassegna e la dott.ssa Maria Luisa Conti per la col-
laborazione nella raccolta di parte del materiale.

GIORNALE ITALIANO DI PSICOLOGIA / a. XXXIII, n. 4, dicembre 2006 689


si servono dell’analisi della scrittura come mezzo di assessment psico-
logico in diversi settori (orientamento scolastico e professionale, orien-
tamento matrimoniale, consulenza aziendale, perizie grafiche nell’am-
ministrazione della giustizia), diviene necessario indagarne la validità
e l’affidabilità, al fine di poterla ritenere o meno un efficace ed utile
strumento di lavoro in campo psicologico.
A tale scopo, abbiamo deciso di effettuare una approfondita ras-
segna della più recente letteratura internazionale riguardante le po-
tenzialità valutative e psico-diagnostiche della grafologia. Leggendo
e analizzando le ricerche da noi trovate abbiamo constatato che i
loro diversi autori si sono serviti di un impianto critico-valutativo
che si collega alla teoria dei test psicologici. Poiché l’analisi grafolo-
gica viene usata alla stregua dei normali test di personalità, a molti
di essi è parso giusto sottoporla ad un vaglio critico per verificare
se essa offre le stesse garanzie che solitamente vengono richieste ad
un test affinché possa essere considerato un reale strumento di mi-
sura.
Quasi tutte le ricerche si sono focalizzate su questi temi principali:
– il controllo della coerenza e della stabilità (nel tempo e in circo-
stanze esterne diverse) delle differenti caratteristiche della calligrafia
di un determinato scrittore;
– l’affidabilità delle interpretazioni di giudici diversi (cioè il grado
d’accordo fra diversi grafologi che interpretano gli stessi testi – inter-
rater reliability);
– l’affidabilità test-retest (cioè la coerenza dei giudizi espressi dallo
stesso grafologo su vari campioni di scrittura di uno stesso scrittore) e
l’influenza del contenuto dei testi sull’interpretazione;
– la validità delle inferenze grafologiche controllata attraverso il
loro successo nel predire il comportamento futuro dei soggetti.
Un gruppo di ricerche si è concentrato sulla verifica della «validità
di criterio» dell’analisi della scrittura, correlando i profili grafologici a
quelli ottenuti in noti test di personalità usati come test criterio.
Altre indagini hanno controllato se dei grafologi esperti erano in
grado, sulla base delle caratteristiche della scrittura, di identificare
soggetti classificati in categorie differenti e specificamente definite
(metodo dei gruppi noti o di contrasto).
Altre ancora si sono preoccupate di valutare il grado di accordo
fra grafologi diversi, ugualmente esperti, oppure di confrontare pro-
fili di personalità redatti da grafologi professionisti con quelli pro-
dotti da esperti in psicologia ma senza competenze grafologiche o,
addirittura, da individui totalmente inesperti sia di grafologia sia di
psicologia.
Qui di seguito riportiamo il quadro complessivo dei dati da noi ri-
levati.

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CONFRONTO TRA LE ANALISI GRAFOLOGICHE ED ALTRI METODI DI
VALUTAZIONE DELLA PERSONALITÀ

Diversi sono gli studi, effettuati con metodologie differenti, per


controllare la validità della grafologia. Poiché la pratica della grafo-
logia è assai diffusa, deve esserci una percezione, tra i suoi utenti,
del fatto che il metodo sia utile e/o abbia un certo grado di validità.
Molti professionisti delle risorse umane danno una testimonianza po-
sitiva del valore predittivo della grafologia e si servono in continua-
zione del parere dei grafologi (Hooper e Stanford, 1992; McCarthy,
1988). Ciononostante, la prova della sua validità è assai debole. In-
fatti, i risultati delle recenti ricerche, testanti la validità dell’analisi
della scrittura nel predire caratteristiche di personalità, sono consi-
stentemente negativi.
Una procedura utilizzata a tale scopo è quella di confrontare la va-
lutazione grafologica della personalità di alcuni soggetti con i risultati
conseguiti dai medesimi in alcuni fra i più noti test di personalità.

Grafologia e l’Eysenck Personality Questionnaire (EPQ)

Furnham e Gunter (1987) ed Eysenck e Gudjonsson (1986) hanno


confrontato il metodo del tratto grafologico, che predice le specifiche
dimensioni della personalità da singole caratteristiche della scrittura
(quali: altezza, ampiezza, inclinazione, pressione, forma di connes-
sione, ecc.), con l’Eysenck Personality Questionnaire (EPQ; Eysenck
ed Eysenck, 1975). Ai partecipanti è stato chiesto di compilare l’EPQ
e di copiare un brano. I campioni di scrittura sono stati valutati se-
condo 13 caratteristiche della grafia che i grafologi ritengono essere
diagnostiche dei tratti di personalità. Gli autori hanno osservato solo
correlazioni a livello casuale tra le caratteristiche della scrittura ed i
punteggi dell’EPQ nelle quattro scale che lo definiscono: Estrover-
sione, Nevroticismo, Psicoticismo e Falsità.

Grafologia e il test Myers-Brigss Type Indicator

Bayne e O’Neill (1988) hanno chiesto ai grafologi di stimare il tipo


Myers-Briggs delle persone (Estroverso-Introverso, Sensitivo-Intuitivo,
Razionale-Emotivo, Espressivo nei giudizi-Percettivo) da campioni di
scrittura. Sebbene fosse molto alta nei grafologi la fiducia nei propri
giudizi, nessuna delle loro stime ha predetto con precisione il profilo
Myers-Briggs dei soggetti esaminati.

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Grafologia e il test 16PF di Cattell

Bushnell (1997) si è proposto il confronto tra la validità dell’analisi


della scrittura e quella del 16PF di Cattell, Saunders e Stice (1957),
con lo scopo di dare una spiegazione dell’aumento dell’uso della gra-
fologia da parte delle aziende (Hirsh, 1987; Robertson e Makin, 1986;
Sharma e Vardhan, 1985; Smith e Abrahamsen, 1992).
Attualmente è possibile analizzare la scrittura con sistemi compu-
terizzati (come ad es. il programma Handwriting Analyst elaborato
da Hatherington, 1989), che forniscono un approccio strutturato alla
grafologia del tratto (quest’ultima analizza le singole componenti della
scrittura e le associa a specifici tratti della personalità).
Bushnell, confrontando le descrizioni grafologiche con i risultati
nel 16PF di Cattell et al. (1957), è partito dall’ipotesi che i profili di
quest’ultimo sarebbero stati identificati in maniera più sicura rispetto
a quelli emersi dall’analisi della scrittura. La ricerca ha esaminato 120
soggetti; ad ogni soggetto è stato somministrato il 16PF di Cattell e
gli è stato chiesto un campione di scrittura. I punteggi del 16PF sono
stati attribuiti in base alle norme per la forma utilizzata e per la po-
polazione generale (maschi e femmine) (Psyconsult, 1989); quelli per
la scrittura sono stati assegnati secondo il programma Handwriting
Analyst (Michaels, Maze e Hodos, 1989).
A coppie eterosessuali sono stati mostrati due gruppi di profili: uno
emerso dall’Handwriting Analyst e uno dal 16PF, al fine della loro
identificazione.
È stato utilizzato il test del Chi Quadrato per confrontare le distri-
buzioni attese con quelle osservate.
Dai risultati è emerso che le distribuzioni del 16PF si sono disco-
state in maniera significativa da quelle ottenute in base ad un crite-
rio casuale, sia nel caso delle classificazioni effettuate dal soggetto sia
in quelle operate dal partner. Invece le distribuzioni dell’Handwriting
Analyst non sono risultate statisticamente significative né per le classi-
ficazioni operate dal soggetto né per quelle del partner. Bushnell con-
clude, pertanto, che solo il questionario psicometrico standardizzato
(16PF) ha consentito un’adeguata identificazione delle persone.
Anche Peeples (1990) ha utilizzato il 16PF di Cattell metten-
dolo a confronto con l’analisi della scrittura, ma con uno scopo
differente. Egli ha voluto controllare gli effetti della formazione,
dell’esperienza e della appartenenza a diverse correnti, quali: la
grafologia della Gestalt, che segue un approccio olistico per l’ana-
lisi della scrittura; la grafologia dello Psicogramma, che utilizza un
diagramma circolare su cui riferire i suoi risultati; la grafologia del
Tratto, che effettua la sua analisi con un esame dettagliato delle ca-
ratteristiche della grafia.

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I grafologi che hanno partecipato allo studio di Peeples hanno ri-
cevuto una copia della scrittura di studenti di genetica che, inoltre,
hanno completato il 16PF. Successivamente essi, in base alle istru-
zioni, hanno convertito i punteggi dell’analisi della grafia in profili di
personalità derivanti dal 16PF di Cattell et al. (1957).
Correlando i punteggi dei profili redatti dai grafologi e quelli dei
profili del 16PF sono emersi coefficienti medi negativi e statisticamente
non significativi (grafologia dello Psicogramma: rxy = – 0.07; grafologia
della Gestalt: rxy = – 0.13; grafologia del Tratto: rxy = – 0.18).
Inoltre, valutando la corrispondenza fra le analisi elaborate dai
grafologi appartenenti alle diverse correnti, non è affiorata alcuna
differenza statisticamente significativa in relazione al loro tipo di for-
mazione, di appartenenza e di esperienza (tra grafologia dello Psi-
cogramma e della Gestalt r = 0.89; tra grafologia dello Psicogramma
ed analisi del Tratto r = 0.74; tra grafologia della Gestalt e analisi del
Tratto r = 0.79).
Come è evidente, dallo studio di Peeples risulta che gli analisti
della grafia e il 16PF non hanno misurato la stessa cosa e che il tipo
di formazione, di appartenenza e gli anni d’esperienza non incidono
sulle analisi in quanto i grafologi hanno prodotto profili simili. L’as-
senza di diversità tra le analisi di grafologi appartenenti a indirizzi dif-
ferenti può derivare dalla stessa fonte d’informazione, cioè dal conte-
nuto dello scritto. Ed è a questo che i grafologi reagirebbero, più che
alle caratteristiche della scrittura considerate alla luce dei loro diffe-
renti approcci.

Grafologia e l’Inventario di Personalità di Jackson (JPI-R)

Tett e Palmer (1997) hanno cercato di valutare il metodo grafo-ana-


litico proposto da Bunker (1979), che collega specifici elementi della
scrittura a particolari tratti di personalità.
Essi si sono posti gli obiettivi di:
a) controllare la validità della grafo-analisi in relazione alle misure
strutturate dei vari aspetti della personalità secondo la forma riveduta
dell’Inventario di Jackson (JPI-R, 1994);
b) valutare l’accordo tra giudici nei risultati delle loro grafo-analisi.
Gli autori hanno chiesto a 49 studenti universitari di psicologia con
età media di 22 anni di trascrivere un breve brano, scelto precedente-
mente dagli sperimentatori, affinché lo stile di scrittura fosse il più na-
turale possibile. Successivamente, è stata loro somministrata la forma
riveduta dell’Inventario di Personalità di Jackson (JPI-R, 1994). Infine
due grafologi indipendenti hanno valutato i diversi elementi presenti

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in ogni scrittura con lo scopo di verificare l’affidabilità tra giudici (in-
ter-rater).
I risultati hanno mostrato che solo sei delle 119 relazioni conside-
rate (il 5%) sono risultate significative nella direzione prevista, e che
quattro (il 4,1%), invece, sono state significative nella direzione op-
posta a quella attesa; in aggiunta, 18 delle 331 relazioni non-predette
(il 5,4%) sono risultate significative. Se ne deduce che le relazioni
scrittura-personalità cadono intorno a livelli casuali e autorizzano seri
dubbi circa la validità della grafo-analisi come indicatore delle diffe-
renze individuali di personalità.
L’affidabilità tra giudici, invece, è stata di .70, un livello abbastanza
accettabile. A questo proposito, però, va considerato che i ricercatori
si sono serviti di due giudici cultori dello stesso orientamento teorico-
metodologico. Ben più convincente sarebbe il dato se i ricercatori
avessero scelto due grafologi di scuole diverse.

Grafologia e il Questionario sulle Relazioni Personali, Familiari, Sociali


e Formali

Oosthuizen (1990) ha confrontato l’analisi della scrittura con il


Questionario sulle Relazioni Personali, Familiari, Sociali e Formali
(Fouche e Grobbelaar, 1971), al fine di indagare il valore della gra-
fologia come predittore del rendimento accademico. I soggetti di tale
studio erano studenti di psicologia al secondo anno, ai quali è stato
chiesto di scrivere un resoconto di 15 righe riguardante il loro rap-
porto con l’acquisizione della psicologia e di compilare il citato que-
stionario.
Questo rileva 11 componenti della personalità (sicurezza di sé,
stima di sé, autocontrollo, nervosismo, salute, influenze familiari, in-
dipendenza/libertà personale, socievolezza intesa come interazione di
gruppo, socievolezza intesa come interazione con una persona speci-
fica, moralità e relazioni formali) e da due scale di controllo.
L’analisi grafologica ha riguardato le seguenti 10 componenti: zona
superiore (indice dell’ambizione, degli ideali); zona inferiore (mate-
rialismo); pendenza del tratto (attività e positivismo); ondulazione del
tratto (emotività); margine (economia); pendenza delle lettere (per-
spicacia); collegamento delle lettere (perseveranza, flessibilità); punto
sulla «i» (orientamento futuro); posizione della barra della «t» (spi-
ritualità, intuizione); estremità – aperta o chiusa – dell’ultima lettera
(mantenimento della distanza dalle persone).
Come criterio esterno è stato adottato il punteggio medio dei voti
di profitto del secondo anno di psicologia.

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Dopo la valutazione dei testi e dei questionari, sono state calcolate
le medie e le deviazioni standard delle componenti; poi, è stata con-
dotta un’analisi della regressione multipla per i due strumenti.
Le correlazioni di Pearson tra le componenti del Questionario e le
medie dei voti sono oscillate da –.10 a .23; il valore più alto (.23) è
stato ottenuto tra la sicurezza di sé e la media dei voti, a conferma
che un buon rendimento scolastico è connesso ad una maggiore sicu-
rezza in se stessi e viceversa.
Le correlazioni tra le componenti grafologiche e le medie dei voti
hanno mostrato un unico valore significativo (.34) relativo all’ondula-
zione del tratto. Questo indice potrebbe essere interpretato nel senso
che una più alta stabilità emotiva si associa ad un rendimento mi-
gliore.
Benché né la regressione multipla relativa al questionario né quella
riguardante la grafologia siano risultate significative, i dati ottenuti
mostrano chiaramente una regressione multipla per la grafologia (.10)
insufficiente per essere significativa. Inoltre, interpretandola in termini
di percentuale di varianza comune (Dominowsky, 1980), la grafologia
spiega poco più del 25% della varianza. Tuttavia, quando il questio-
nario e la grafologia sono associati come predittori, con la media dei
voti come criterio, il contributo combinato diventa statisticamente si-
gnificativo (p = .05).
Va ancora una volta sottolineato che la capacità predittiva dei
grafologi potrebbe essere stata influenzata dal contenuto del testo.
Quest’ultimo, infatti, per esplicita ammissione dell’autore della ri-
cerca, è risultato contenere informazioni circa il modo personale di
rapportarsi dei soggetti alle varie discipline incontrate nel corso de-
gli studi.

CRITICA DELLE BASI DELLA GRAFOLOGIA COME DISCIPLINA «SCIENTIFICA»

Nonostante le molteplici evidenze sulla mancanza di validità della


grafologia, come è dimostrato dalle ricerche riferite, l’uso di essa
persiste. Questa persistenza è probabilmente dovuta ad una serie di
errori giudiziali che porta a sovrastimare la validità di tale procedi-
mento. Consideriamone alcuni (per una rassegna completa, vedere
Dean, Kelly, Saklofske e Furnham, 1992).

Il fenomeno della correlazione illusoria

King e Koehler (2000) hanno isolato una possibile sorgente d’errore


nel giudizio sulla grafologia. Utilizzando un paradigma simile a quello

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di Chapman e Chapman (1967, 1969)1, essi hanno studiato il feno-
meno della correlazione illusoria, che contribuirebbe alla persistenza
dell’uso della grafologia. I loro risultati hanno suggerito che la sua vali-
dità apparente può sorgere dalle correlazioni illusorie fra le caratteristi-
che della scrittura e i tratti della personalità semanticamente collegati.
Il loro studio ha coinvolto dei partecipanti aventi poca conoscenza
della pratica grafologica ai quali è stata fatta esaminare una serie di 40
casi, formati da altrettanti campioni di scrittura e da corrispondenti
profili di personalità. Essi dovevano giudicare la connessione (cioè,
il grado d’associazione empirica o correlazione) tra le caratteristiche
della scrittura (per esempio, la dimensione) e i tratti della personalità
(per esempio, la modestia, l’egoismo, ecc.).
Nell’Esperimento 1, i campioni di scrittura sono stati appaiati ca-
sualmente con i profili di personalità, con trascurabili correlazioni fra
le coppie stabilite (caratteristica-tratto). Secondo l’ipotesi nulla, i giu-
dizi dei partecipanti dovrebbero basarsi esclusivamente sull’associa-
zione statistica tra le caratteristiche della scrittura ed i tratti. L’ipotesi
alternativa implica che il collegamento sia influenzato dall’associazione
semantica tra le parole che descrivono le caratteristiche della scrittura
e quelle che spiegano i tratti di personalità. Specificatamente, King e
Koehler si aspettavano che questo fenomeno si estendesse alle parti-
colari coppie che i grafologi affermano essere collegate.
L’ipotesi dell’associazione semantica è stata verificata ulteriormente
nell’Esperimento 2, in cui sono state incorporate ampie e distinguibili
correlazioni fra le coppie stabilite. In una condizione, le correlazioni
distinguibili erano congruenti con le affermazioni dei grafologi (per
esempio, una scrittura grande era correlata all’egoismo con un r = .98);
in un’altra condizione, le correlazioni erano della stessa grandezza, ma
in una direzione incongruente con le affermazioni dei grafologi (per
esempio, una scrittura grande era correlata con la modestia, piuttosto
che con l’egoismo, con un r = .98). Secondo l’ipotesi nulla, il collega-
mento tramite i giudizi dovrebbe corrispondere ai dati; così, l’associa-
zione percepita dovrebbe essere di uguale grandezza, ma di direzione
opposta nelle condizioni congruenti rispetto a quelle incongruenti.
L’ipotesi alternativa assume che l’associazione percepita sarà più
grande se la correlazione è congruente, piuttosto che incongruente,
con le affermazioni dei grafologi quando queste ultime derivano, di
fatto, dall’associazione semantica.

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La ricerca di Chapman e Chapman suggerisce che, dove esistono delle relazioni
semantiche tra le parole utilizzate per descrivere la scrittura (ad es. il ritmo regolare) e
quelle utilizzate per descrivere i tratti della personalità (ad es. l’affidabilità), lo statistico
intuitivo può inferire correlazioni inesistenti o illusorie nella direzione dettata dall’asso-
ciazione semantica.

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Le sei coppie di caratteristiche della scrittura e tratti della persona-
lità utilizzate dai due autori sono derivate da un esame approfondito
dei manuali più diffusi di grafologia; è stata considerata, in aggiunta,
anche una settima dimensione della personalità (cooperativo-compe-
titivo), in modo tale che non ci fosse una corrispondenza uno a uno
delle caratteristiche di scrittura con i tratti di personalità. Le coppie
sono riportate nella seguente tabella:

TAB. 1.
CARATTERISTICHE DELLA SCRITTURA DIM ENSIONI DELLA P ERSONALITÀ

Dimensione (piccola – grande) Modesto – Egoistico


Rapidità (lento – veloce) Cauto – Impulsivo
Ritmo (regolare – irregolare) Affidabile – Inaffidabile
Forma (angolare – arrotondata) Analitico – Intuitivo
Spaziatura (compatta – espansiva) Introverso – Estroverso
Inclinazione (ascendente – discendente) Ottimista – Pessimista
Cooperativo – Competitivo

Nell’Esperimento 1, sono state trovate delle correlazioni trascura-


bili tra caratteristiche di grafia e tratti di personalità. Nonostante la
mancanza di qualsiasi associazione statistica nella serie di casi, i par-
tecipanti hanno riferito relazioni sistematiche tra le coppie. Coerenti
con le predizioni, le relazioni dei giudizi sono state influenzate dalla
direzione e dalla forza dell’associazione semantica tra le parole utiliz-
zate per descrivere la scrittura ed i tratti di personalità. Questo effetto
è stato particolarmente pronunciato per le sei coppie proposte, che i
grafologi affermano essere collegate.
Nell’Esperimento 2, le correlazioni ampie e distinguibili sono state
incorporate nella serie di dati, cosicché ogni soggetto disponesse di
due relazioni congruenti con le affermazioni dei grafologi (e con l’as-
sociazione semantica) e di due che erano incongruenti.
Coerentemente con l’ipotesi alternativa, le relazioni dei giudizi sono
state più grandi per le coppie semanticamente congruenti rispetto a
quelle semanticamente incongruenti, nonostante l’equivalenza della
loro associazione statistica.
Pertanto, valutazioni influenzate dall’associazione semantica potreb-
bero essere all’origine della fiducia nella validità della grafologia, sia
da parte dei grafologi sia da parte dei loro clienti.
Il fatto che i risultati di King e Koehler coincidano così stretta-
mente con quelli di Chapman e Chapman testimonia la robustezza
e la diffusione del fenomeno della correlazione illusoria. Questa po-
trebbe avere un ruolo nel guidare e convalidare anche le affermazioni
del grafologo, creando aspettative a proposito delle intercorrelazioni
tra le caratteristiche grafologiche.

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Questo non è, tuttavia, l’unico fattore che sostiene la fiducia nella
grafologia. Infatti, si è osservato che le persone spesso tendono a tra-
scurare l’importanza del valore diagnostico del giudizio (Beyth-Ma-
rom e Fischhoff, 1983; Nickerson, 1998; Skov e Sherman, 1986). Ciò
viene dimostrato dalla constatazione che la grafologia utilizza spesso
dichiarazioni Barnum, formate da una serie di verità universali sulla
personalità le quali, mentre spesso descrivono un individuo con di-
screta precisione, descrivono tutti gli altri ugualmente bene. Ad esem-
pio, McKelvie (1990) ha dato a 108 studenti identiche diagnosi gene-
riche di personalità, facendo loro credere che fossero state elaborate
sulla base della loro grafia. Dopo avere letto le diagnosi, la fiducia
degli studenti nella grafologia è risultata significativamente rafforzata.

Critica metodologica della grafologia

Anche Bar-Hillel e Ben-Shakhar (2000) hanno cercato di vagliare


criticamente i tentativi della grafologia nel predire il comportamento,
o nell’elaborare descrizioni della personalità. Queste predizioni do-
vrebbero essere considerate una prova della sua validità come test
di personalità. Dato, però, che non esiste né una singola teoria do-
minante né un unico metodo grafologico, è possibile che, in linea di
massima, una teoria grafologica sia valida mentre un’altra non lo sia,
o anche che tutti i sistemi grafologici esistenti non lo siano. Per que-
sto la discussione dei due autori si è indirizzata all’impresa grafologica
nella sua interezza e alla valutazione critica del metodo. È importante
osservare come, usualmente, i grafologi preferiscano campioni scritti
a mano, non generati specificamente allo scopo di essere analizzati,
spontanei piuttosto che copiati da qualche testo o riprodotti a memo-
ria. Essi prediligono numerosi campioni di scrittura prodotti in diversi
momenti e in diverse circostanze e con un mezzo di scrittura che sia
sensibile a fattori come la pressione e la velocità. Sono anche più sod-
disfatti se lo scritto include la firma dell’autore. La conoscenza antici-
pata del sesso e dell’età dello scrivente è ritenuta cruciale e molti ri-
chiedono, in aggiunta, informazioni sulla sua nazionalità, sulla prepa-
razione scolastica ed anche sulla sua salute. Sarebbe inoltre richiesta
la prevalenza manuale, sebbene molti manuali trascurino di elencarla.
Non sembra che altre informazioni siano un requisito indispensabile,
ma i grafologi apprezzano alcuni indicatori relativi all’esperienza so-
ciale e culturale dello scrivente.
L’analisi grafologica si indirizza in modo globale a tutti gli aspetti
della personalità dello scrivente e il suo risultato è di solito presentato
nella forma di una caratterizzazione a stile libero dell’intera persona-
lità.

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L’analisi della scrittura è ritenuta da diversi grafologi un fattore ec-
cellente per la valutazione della personalità, poiché fa affidamento su
un campione effettivo di un singolo comportamento che è espressione
del suo produttore (Allport e Vernon, 1933). Essi sostengono, inoltre,
di essere in grado di rilevare attributi, come l’onestà, per i quali non
esistono altri test.
Relativamente alla validità di facciata Bar-Hillel e Ben-Shakhar
mettono in discussione sia l’affermazione secondo cui la scrittura po-
tenzialmente rivela la personalità, sia l’affermazione che essa abbia
compreso la chiave della corrispondenza tra le caratteristiche della
scrittura e quelle della personalità. I punti principali di questa discus-
sione sono basati su un’evidenza particolareggiata e sottolineano come
i supposti vantaggi a priori della grafologia (validità di facciata) non
possono sostituire la validazione empirica2.
Queste le loro argomentazioni.
1) Per quanto riguarda il collegamento tra personalità e scrittura si
può osservare che, rispetto ad alcuni tratti, esso potrebbe essere anche
plausibile. Tuttavia, tali inferenze sono usualmente semantiche e sem-
brerebbero non richiedere alcuna particolare competenza. Bar-Hillel
e Ben-Shakhar respingono le dichiarazioni dei grafologi di essere in
grado di derivare dalla scrittura tratti quali l’onestà, l’intuizione, la ca-
pacità di comando, la vulnerabilità, la responsabilità, ecc. Non ci sono
fondati motivi per credere che questi siano espressi in qualsiasi genere
di attività motoria, scrittura compresa. Infatti, gli esempi riportati da
Friedenhain (1959), secondo cui il sadismo può essere espresso chia-
ramente nei tratti finali precisi di una grafia, o da Singer (1969), se-
condo cui le tendenze suicide possono essere espresse da una firma
che torna indietro sull’iniziale maiuscola incrociandosi su di essa, non
sono stati provati dalla ricerca, in quanto queste connessioni si basano
esclusivamente su semplici associazioni percettive.
2) In relazione al collegamento tra personalità e scrittura, que-
sti autori osservano come sia curiosa l’insistenza dei grafologi su un
particolare strumento di scrittura e sull’esclusione di altri, sul rile-
vamento di numerosi campioni di scrittura presi in diversi momenti
piuttosto che in uno solo, e sull’uso di testi originali piuttosto che di
testi copiati o fotocopiati. Pur ammettendo che alcuni campioni di
scrittura riflettano la personalità meglio di altri, l’insistenza su parti-
colari generi di campioni di grafia non è sostenuta da alcun motivo,

2
La validazione empirica viene utilizzata nella costruzione degli inventari di perso-
nalità, prevedendo la scelta di un criterio esterno, appunto empirico, rispetto al quale
le risposte sono considerate diagnostiche o sintomatiche; gli item vengono poi validati
facendo riferimento alle frequenze empiriche delle differenze fra il gruppo dei normali
e i gruppi devianti (Luzzati, 1985; cit. da Armezzani, 1995, p. 96).

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perché i fattori di personalità dovrebbero esprimersi in ognuno di
questi.
3) Per quanto riguarda l’accordo tra i grafologi, l’indagine svolta
dai due ricercatori sui libri di grafologia rileva molte idiosincrasie e
divergenze. Ad esempio, sembra che la tendenza «moderna» dia mag-
gior rilievo alle caratteristiche globali e olistiche della grafia, nono-
stante molti utilizzino ancora una specie di «dizionario» dei segni, con
significati fissi. Questa assenza di accordo tra grafologi pone notevoli
limiti ai coefficienti di validità che possono essere ottenuti.
Da queste considerazioni emerge che i motivi della diffusione della
grafologia poggiano su due basi: una è la sua validità di facciata, o
i fattori a priori che la favoriscono; l’altra è il fatto che, di solito, le
persone che hanno avuto qualche esperienza con l’analisi grafologica
hanno sperimentato un’impressione positiva. Questa viene chiamata
«validazione personale» ed è, soggettivamente, una potente fonte pro-
batoria. Sfortunatamente, un senso di validazione personale è piutto-
sto facile da comunicare, ma ha poco a che fare con la validità vera
e costituisce un espediente che non è altro che una forma di inganno
economico. Anche secondo Hyman (1977) la credenza circa il funzio-
namento della grafologia sarebbe fondata sull’effetto Barnum.
Snynder ha messo in evidenza, attraverso i suoi vari studi, alcuni
dei fattori che amplificano l’effetto Barnum (Snyder, 1974; Snyder e
Shenkel, 1975). Tra questi uno è costituito dalla fiducia del cliente
nell’esclusività della relazione instaurata, quando è disposto a credere
a priori alla validità del metodo.
La grafologia sembra dunque funzionare perché la validazione per-
sonale è sostituita erroneamente alla validazione empirica, benché la
prima sia una misura illusoria e ingannevole di validità.

Analisi della logica del procedimento grafologico

Greasley (2000) osserva come la letteratura sulla validità della gra-


fologia sia chiaramente divisa sull’argomento. Non c’è alcun dubbio
che, quando si selezionano con attenzione gli studi sulla base della
loro correttezza metodologica, l’evidenza della validità sia indiscuti-
bilmente negativa (Beyerstein e Beyerstein, 1992; Eysenck e Gudjons-
son, 1986; Furnham e Gunter, 1987; Klimoski e Rafaeli, 1983; Lester,
Mclaughlin e Nosal, 1977; Neter e Ben-Shakhar, 1989; Rosenthal e
Lines, 1978; Tett e Palmer, 1997). Il problema, tuttavia, è che ci sono
altri studi che sostengono di aver trovato la prova secondo cui i gra-
fologi possono riconoscere certi tratti di personalità da campioni di
calligrafia (Crumbaugh e Stockholm, 1977; Lemke e Kirchner, 1971;
Nevo, 1988 e 1989; Oosthuizen, 1990). Ci sono altri articoli, in gior-

700
nali professionali, che difendono la grafologia sulla base dell’espe-
rienza personale (Fowler, 1991; Lavell, 1994; Lynch, 1985; Watson,
1993; Webb, 1986).
Per questa ragione Greasley si avvicina all’argomento in modo più
radicale: esamina su cosa sono fondati i principi della grafologia, da
dove traggono origine le regole d’interpretazione e su quale evidenza
si basano. Sfortunatamente, non si trova alcuna citazione dei principi
e delle regole negli articoli accademici che hanno sottoposto la grafo-
logia alla ricerca empirica: essi semplicemente la valutano senza discu-
tere le regole effettive che governano le interpretazioni dei grafologi.
Di conseguenza, si rimane senza alcuna intuizione dei codici da loro
utilizzati. Come Taylor e Sackheim (1988) hanno notato, accedere a
queste regole è difficile, dato che il grafologo «non svela molti se-
greti» (p. 71); la grafologia mantiene così l’immagine della conoscenza
esoterica, in possesso di pochi privilegiati.
Analizzando la storia della grafologia, e specialmente l’analisi det-
tagliata fatta da Graumann (1983), Greasley arriva ad un’interessante
intuizione riguardante la logica su cui si basa l’interpretazione grafolo-
gica: questa sarebbe costituita prevalentemente dall’analogia, dal sim-
bolismo e dalla metafora. Ad esempio, si trova frequentemente l’ana-
logia secondo cui una scrittura inclinata particolarmente verso destra
indicherebbe una persona estroversa; mentre una scrittura tendente
specialmente a sinistra rivelerebbe un individuo introverso.
Secondo Greasley la grafologia sfrutta un uso creativo dell’ana-
logia, del simbolismo e della metafora percettiva. Nella pratica
professionale, questi codici, utilizzati per tradurre le caratteristiche
della scrittura in tratti di personalità, sono combinati con le infor-
mazioni ricavate dal contenuto dei campioni di grafia ed espressi
attraverso dichiarazioni Barnum. Se la grafologia continua ad es-
sere fondata su interpretazioni analogiche, simboliche e metaforiche
piuttosto che sui risultati di studi empiricamente controllati, il me-
todo può continuare ad essere «diffuso», ma a non convincere circa
la sua validità.

Legame tra grafologia e pseudoscienza

Lindeman (1998) sostiene che la credenza delle persone nella gra-


fologia, come anche nell’astrologia, sia collegata a quella nelle pseudo-
scienze e, nonostante si sia registrato un aumento esplosivo negli ul-
timi decenni delle informazioni scientifiche, non è diminuita la fiducia
popolare in queste discipline.
Secondo tale autrice, le opinioni pseudoscientifiche persistono per-
ché svolgono una funzione legata ai «motivi sociali» di base e dipen-

701
dono da un’abitudine a non esprimere giudizi razionali e scientifici
sulle informazioni quotidiane.
La pseudoscienza comprende dottrine che si descrivono come
scientifiche, benché nessuna prova razionale possa essere trovata per
le loro affermazioni; include ipotesi che non possono essere teorica-
mente dimostrate come false, ma essa non si basa su studi empirici
controllati (Hines, 1988; Kelly e Saklofske, 1994; Marks, 1986).
In questi ultimi anni alcuni psicologi, analizzando i motivi di base
e i numerosi motivi sociali che guidano il comportamento umano,
hanno sottolineato che tra i più importanti si possono annoverare la
comprensione di sé e del mondo, il senso del controllo sulla realtà,
il senso d’appartenenza, il ricercare un mondo benevolo e mantenere
la stima di se stessi (Baumeister e Leary, 1995; Janoff-Bulman, 1989;
Smith, 1994; Stevens e Fiske, 1995). Un breve sguardo a tali motivi
mostra che la pseudoscienza risponde più facilmente a molti di essi e
meglio di quanto facciano le informazioni scientifiche.
Per capire più completamente la natura psicologica delle opinioni
pseudoscientifiche è opportuno analizzare alcuni meccanismi cognitivi
di base. Diversi studiosi hanno adottato l’approccio della Teoria del Sé
Cognitivo Empirico di Epstein (Denes-Raj e Epstein, 1994; Denes-Raj,
Epstein e Cole, 1995; Epstein 1990 e 1994; Epstein, Lipson, Holstein
e Huh, 1992; Epstein, Denes-Raj e Pacini, 1995; Kilpatrick e Epstein,
1992), che identifica due modi di pensiero: il sistema razionale e il si-
stema empirico. Semplificando molto, il primo è lento e preciso, caratte-
rizzato da regole operative astratte, rigorose e complesse, che richiedono
una giustificazione basata sulla logica e sull’evidenza, il secondo costitui-
sce invece un modo automatico per interpretare, codificare e organizzare
le informazioni di tutti i giorni (Beike e Sherman, 1994; Epstein, 1990).
Lindeman ritiene che le credenze pseudoscientifiche derivino
principalmente dal pensiero empirico. Ciò può essere illustrato con
l’esempio della comprensione di sé per mezzo della grafologia e del-
l’astrologia.
Poiché la valutazione della propria personalità è veramente diffi-
cile per tutti, in quanto essa è una trama così complessa di emozioni,
cognizioni, ragioni, credenze, obiettivi e comportamenti che non può
facilmente essere analizzata, molte persone, soprattutto quelle autori-
tarie (Glick, Gottesman e Jolton, 1989) e indecise, non sono in grado
di descrivere adeguatamente la propria personalità; esse sono inclini a
credere in qualche energia esterna che possa soddisfare in modo mi-
gliore le loro esigenze.
La grafologia e l’astrologia promettono di soddisfare queste ne-
cessità e sembra anche che lo facciano bene; il loro buon funziona-
mento può essere parzialmente spiegato dal fatto che operano in gran
parte con concetti di personalità che ognuno può convalidare sulla

702
base della propria precedente esperienza personale. A causa della
mancanza di altre informazioni, le persone si rifanno al loro pensiero
empirico e utilizzano due particolari euristiche cognitive, ossia la ten-
denza alla conferma e la disponibilità.
La tendenza alla conferma determina la verifica di ipotesi ricor-
rendo a degli esempi, ignorando altre informazioni diagnostiche
(Klayman e Ha, 1987); questo tipo di euristica è alla base dell’effetto
Barnum secondo cui un’affermazione contiene qualche verità per tutti
(Dean, 1987; Hines, 1988; Hoorens, 1993).
La disponibilità include affermazioni basate su un criterio di somi-
glianza non razionale, consistente in un’euristica cognitiva secondo cui
le condizioni di un fenomeno devono somigliare al fenomeno stesso;
ad esempio, effetti complessi devono avere cause complesse (Sloman,
1996).
Molti ricercatori ritengono, inoltre, che le descrizioni astrologiche
e grafologiche della personalità sono anche socialmente desiderabili
(Dean, 1987; Glick et al., 1989), nel senso che ci si aspetta di trovare
in esse elementi positivi; perciò le persone le considerano, se positive,
come più precise, se negative come vaghe e scorrette (Glick et al.,
1989; Tyson, 1982).
Lindeman conclude che le persone non analizzano razionalmente
le spiegazioni pseudoscientifiche, astrologiche e grafologiche, ma solo
empiricamente; infatti, il pensiero empirico considera una spiegazione
come valida quando è personalmente funzionale, soddisfacente e suf-
ficiente (Simon, 1982). La maggior parte delle pseudoscienze fornisce
informazioni per la comprensione di sé e del mondo ad un livello di
descrizione che la scienza non è capace di fare. Tuttavia l’analisi della
letteratura mostra che queste ipotesi sono molto simili al pensiero ma-
gico (Rozin e Nemeroff, 1990) e che non esiste alcuna evidenza empi-
rica della loro verità (Driver, Buckley e Frink, 1996; Hines, 1988).

LA VALIDITÀ DI FACCIATA:
CONFRONTO TRA GRAFOLOGIA PROFESSIONALE ED INGENUA

Verquerre e Méplaux-Deroubaix (1996) hanno confrontato le ana-


lisi grafologiche svolte da due campioni: uno di ventisette grafologi ed
uno di ventinove non-grafologi, al fine di evidenziare i sottostanti mo-
delli di personalità utilizzati dai due diversi gruppi.
Ogni individuo nella vita quotidiana utilizza nelle sue relazioni
interpersonali una psicologia ingenua, non scientifica; e, come Asch
(1946) ha dimostrato, tutti gli individui a partire da un’informazione
incompleta realizzano delle inferenze e si formano delle impressioni
sugli altri. Per questo Bruner e Tagiuri (1954) hanno coniato il con-

703
cetto di «teoria implicita della personalità», definita come l’insieme
delle credenze e dei tratti che sono inferiti dalle percezioni e dalle at-
tese di un individuo a proposito di gruppi o di altri individui.
Anche Verquerre e Méplaux-Deroubaix (1996) nel loro studio sup-
pongono che i soggetti ingenui, in questo particolare caso i non-grafo-
logi, sono capaci di realizzare delle inferenze sulla personalità a par-
tire dagli scritti degli individui, ricorrendo alle loro teorie implicite.
Esisterebbe, quindi, una grafologia ingenua da cui quella degli esperti
dovrebbe differenziarsi, al fine di giustificarne il carattere professio-
nale. Gli interrogativi che hanno guidato questo studio sono due:
1) sono identici o differenti i modelli di personalità sottostanti le
inferenze dei grafologi e dei non-grafologi?
2) Sono quantitativamente identiche o diverse le inferenze realiz-
zate dai grafologi e dai non-grafologi per ciascuna scala del questiona-
rio proposto?
Il questionario sottoposto ai due campioni era costruito secondo il
metodo del differenziale semantico, con lo scopo di permettere loro
la realizzazione di inferenze e l’attribuzione di tratti di personalità agli
scriventi (cinque).
I dati raccolti sono stati analizzati in due modi:
1) da una parte, considerando l’organizzazione e la struttura in-
terna delle risposte, si è utilizzata l’analisi delle correlazioni entro le
inferenze realizzate;
2) dall’altra, si sono calcolati, per i due gruppi, i punteggi medi
nelle diverse scale bipolari e si sono considerati i punteggi fattoriali
medi osservati, per i due gruppi, nei diversi fattori evidenziati dal-
l’analisi dell’insieme dei dati.
La struttura interna delle risposte dei soggetti è stata studiata a
partire dalla media delle componenti principali (ACP) evidenziate
dall’analisi, in quanto le autrici ritenevano che le ACP riguardanti
l’insieme delle cinque scritture fossero più suscettibili di rivelare i mo-
delli di personalità usati dai grafologi e dai non-grafologi.
Il confronto della struttura interna dei dati per grafologi e non-gra-
fologi è basato da una parte sulla struttura fattoriale rilevata per i due
gruppi e, dall’altra parte, sui modelli di personalità sottostanti le infe-
renze effettuate.
Sul piano quantitativo, le strutture fattoriali dei grafologi e non-
grafologi sono sembrate molto equivalenti e, nei due casi, i tre fat-
tori primari hanno spiegato più del 40% della varianza totale. Le due
strutture si sono caratterizzate per la presenza di un primo fattore,
che ha spiegato da solo più del 20% della varianza totale, costituendo
un fattore di valutazione globale della personalità dello scrivente.
Sul piano qualitativo è sembrato che la struttura fattoriale fosse
meglio definita e differenziata fra i grafologi che tra i non-grafologi; la

704
differenza essenziale ha riguardato l’affettività dello scrivente. Infatti,
per i grafologi essa ha costituito un polo del primo fattore e si è rive-
lata antonimica con la maturità dello scrivente; mentre per i non-gra-
fologi essa ha rappresentato un polo del secondo fattore e ha contri-
buito ampiamente alla determinazione dello stesso.
Nonostante queste differenze, se si vanno ad analizzare i modelli di
personalità da loro utilizzati per realizzare le inferenze si nota come
essi siano quasi del tutto equivalenti.
La somiglianza dei risultati osservati ha autorizzato la realizzazione
di un’analisi fattoriale globale sull’insieme dei dati. L’obiettivo era il
confronto delle inferenze prodotte dai due gruppi a partire dai pun-
teggi fattoriali.
L’esistenza di sottostanti modelli della personalità confrontabili è
risultata dalla presenza di associazioni e correlazioni tra le inferenze
realizzate dai grafologi e dai non-grafologi. Questa identità non signi-
fica però che le inferenze realizzate siano simili sul piano quantitativo,
vale a dire rispetto all’orientamento del valore delle stesse. Per para-
gonare tale orientamento sono stati utilizzati:
1) il confronto dei punteggi fattoriali di grafologi e non per cia-
scuna delle scritture e per ciascuno dei fattori messi in evidenza dal-
l’analisi fattoriale globale;
2) il confronto tra le medie delle valutazioni effettuate da grafologi
e non per ciascuna delle scritture e per ciascuna scala bipolare.
Tale confronto è stato condotto scrittura per scrittura. Da questo
si è potuto osservare come esistano delle differenze significative nel-
l’orientamento del valore delle inferenze realizzate dai grafologi e dai
non-grafologi; si deve però notare come le differenze più significative
riguardino soprattutto le scritture molto originali e creative. Ciò sem-
bra indicare che i grafologi, specialmente per certe scritture, possie-
dano un codice più specifico per le loro inferenze.
Verquerre e Méplaux-Deroubaix hanno concluso che anche i non-
grafologi sono in grado di compiere delle inferenze a partire dalle
scritture, facendosi un’impressione dello scrivente. Esiste così una gra-
fologia ingenua che non sembra molto differente da quella professio-
nale. In effetti, i sottostanti modelli della personalità utilizzati dai gra-
fologi e dai non-grafologi hanno messo in gioco le stesse dimensioni e
si sono rivelati quasi equivalenti. Malgrado questo, le inferenze realiz-
zate dai due gruppi si sono talvolta diversificate nel loro orientamento
di valore; infatti, i grafologi per certe scritture hanno utilizzato delle
modalità particolari di inferenza, probabilmente apprese, che costitui-
scono la base della grafologia professionale.
Per costituirsi come disciplina scientifica, però, la grafologia deve
proporre ed utilizzare modelli di personalità che siano più elaborati
rispetto a quelli usati dalle persone ingenue. Questa condizione non

705
sembra essere soddisfatta, sebbene i grafologi si rifacciano a delle mo-
dalità di inferenza codificate ed apprese.
Per le autrici, più che una scienza la grafologia rappresenta una
tecnica che non usa modelli teorici specifici, ma che possiede delle
regole d’inferenza standardizzate differenti da quelle della grafologia
ingenua. L’origine di queste regole resta oscura e, data questa condi-
zione, l’insuccesso dei tentativi di validazione delle tecniche grafologi-
che rende problematico il loro uso nel campo delle assunzioni.
Anche Edwards ed Armitage (1992) hanno condotto un esperi-
mento per discriminare l’abilità dei grafologi. Hanno invitato quattro
eminenti grafologi inglesi ad assegnare testi scritti a mano a gruppi
con personalità o con professioni contrastanti: (1) segretarie efficaci o
infruttuose; (2) persone capaci o scarse nella conduzione degli affari; e
(3) attori/attrici o monaci/monache. A tale scopo hanno ritirato cam-
pioni di grafia da circa 200 persone appartenenti alle sei categorie.
A queste è stato richiesto di inviare 20 righe di grafia prodotte
spontaneamente, con contenuto neutro, su carta senza righe e con
penna a sfera. Gli autori hanno così raccolto un totale di 170 cam-
pioni di scrittura; dopo la loro codifica, sono stati spediti a quattro
eminenti grafologi praticanti la selezione del personale in Gran Bre-
tagna. Ad ognuno di loro è stato chiesto di indicare a quale delle due
categorie, all’interno dei tre gruppi, lo scrittore appartenesse. Poiché
esiste la possibilità dell’influenza del contenuto sulle valutazioni, come
misura di controllo è stata effettuata l’analisi del contenuto, attraverso
copie dattiloscritte dei 170 testi, da parte di quattro studenti in psico-
logia ai quali è stato chiesto di eseguire l’identificazione nello stesso
modo dei grafologi. Una seconda misura di controllo ha paragonato
la capacità di esaminatori profani ed incompetenti, senza conoscenza
dei principi formali della grafologia, a quella degli esperti.
Le valutazioni dei grafologi hanno ottenuto un successo significati-
vamente sopra il livello casuale, con una percentuale di 64.8. Quelle
degli studenti di psicologia hanno ottenuto un successo del 54%. I
giudici incompetenti hanno ottenuto percentuali di successo interme-
die (59.4%).
Per valutare la significatività delle differenze fra i tre tipi di esami-
natori è stata eseguita un’ANOVA sul numero di successi (tra 0 e 4)
per ognuno dei 170 testi e per ognuno dei tre tipi di giudice.
I risultati dei confronti tra ed entro gli scriventi confermano la va-
riabilità attesa nei punteggi dei 170 testi, con la conseguente correla-
zione fra i punteggi dei tre tipi di giudici. C’è una differenza significa-
tiva fra i tre tipi di giudici.
Gli studenti di psicologia, che avevano esaminato versioni dattilo-
grafate dei testi, non sono stati in grado di arrivare ai risultati dei gra-
fologi.

706
I giudici inesperti, utilizzando i testi scritti a mano, hanno eseguito
le loro analisi sopra l’aspettativa casuale, ma con meno successo dei
grafologi. Tuttavia, la capacità degli esaminatori completamente ine-
sperti nell’ottenere un successo del 59.4% contro il 64.8% dei grafo-
logi esperti getta un dubbio considerevole sul contributo offerto dalla
tecnica grafologica.
In sintesi, questo esperimento, mentre rifiuta l’ipotesi nulla che la
grafologia non possa discriminare per niente fra individui con diversi
tipi di personalità, offre scarso supporto alle affermazioni dei profes-
sionisti della grafologia secondo cui la loro «scienza» sarebbe suffi-
cientemente sviluppata da meritare un’affidabilità pratica.
Come si vede, Edwards ed Armitage hanno ottenuto risultati ab-
bastanza simili a quelli di Verquerre e Méplaux-Deroubaix (1996), ri-
confermando così la mancanza di seri fondamenti teorici e scientifici
della grafologia.

VALIDITÀ E AFFIDABILITÀ DELLA GRAFOLOGIA


NELLA SELEZIONE DEL PERSONALE

Un campo particolare di applicazione della grafologia è rappre-


sentato dalla selezione del personale, nella quale il suo uso è consi-
derevole (Hirsh, 1987). A questo proposito Sharma e Vardhan (1985)
hanno indicato che in Europa l’85% delle decisioni nell’ambito della
selezione aziendale viene preso avvalendosi di tale metodo. Klimoski e
Rafaeli (1983) hanno dichiarato che oltre 3000 compagnie americane
dispongono di esperti in analisi della scrittura. Smith e Abrahamsen
(1992), esaminando i metodi di selezione adottati in sei paesi tra il
1983 e il 1991, hanno rilevato un uso probabile della grafologia del
52% in Francia, del 16% in Israele, del 4% in Olanda, del 3% nel
Regno Unito, del 2% in Germania e Norvegia.

L’approccio meta-analitico nei confronti della validità predittiva delle in-


ferenze grafologiche riguardanti le prestazioni lavorative

Neter e Ben-Shakhar (1989) hanno applicato le tecniche meta-ana-


litiche sviluppate da Hunter, Schmidt e Jackson (1982) per stimare la
validità delle predizioni basate sull’analisi della scrittura. Questa tec-
nica consiste in un accumulo quantitativo dei risultati di diversi studi,
nella correzione degli errori di campionamento, degli errori di misura
e nella restrizione del campo di variazione; il risultato è una strut-
tura stabile di dati, non raggiungibile quando sono considerati singoli
studi. La meta-analisi è particolarmente adatta per l’esame della vali-

707
dità della grafologia perché i singoli studi non possono rappresentare
la grande varietà dei metodi grafologici; in più, la maggior parte degli
studi utilizza un piccolo numero di soggetti (sia di scriventi sia di gra-
fologi) e talvolta anche un solo grafologo, così da rendere difficile la
generalizzazione delle conclusioni.
Neter e Ben-Shakhar hanno raccolto tutti gli studi disponibili ri-
guardanti la predizione delle prestazioni future di lavoro, fatte sia dai
grafologi professionisti sia da persone non competenti di grafologia e
da psicologi.
Le correlazioni fra questi giudizi e criteri esterni costituiscono i dati
di base su cui viene eseguita la meta-analisi. Vengono così confrontati i
coefficienti di validità delle previsioni dei grafologi e dei non-grafologi.
Gli autori hanno utilizzato i dati solo di studi che hanno soddi-
sfatto i seguenti requisiti:
a) che la validità fosse espressa nella forma di coefficienti di corre-
lazione, o di dati grezzi che permettessero di calcolarli;
b) che la validità fosse basata su un criterio esterno, quale stima
della competenza o successo nell’addestramento al lavoro;
c) che fosse riportata la dimensione del campione.
Sono stati considerati 17 studi: 11 documenti pubblicati e 6 inediti
(tesi o rapporti di ricerca).
Dato che ogni studio ha incluso molte variabili predittive, gli autori
le hanno classificate nelle seguenti tre dimensioni: competenza lavora-
tiva, attributi sociali-psicologici e valutazione generale. La meta-analisi
è stata condotta per ogni tipo di giudice (grafologo, psicologo, per-
sona non competente) e per ogni dimensione (lavoro, sociale-psicolo-
gico, valutazione generale).
I risultati mostrano che gli psicologi (con nessuna conoscenza di
grafologia) sono più affidabili dei grafologi nel predire le prestazioni
di lavoro future sulla base dei testi scritti a mano, nel contempo i gra-
fologi non sono migliori dei non-grafologi. In effetti, le predizioni dei
grafologi (.159) hanno avuto correlazioni con i criteri inferiori rispetto
a quelle dei non-grafologi (.214). I risultati dei grafologi sono stati mi-
gliori solo quando essi hanno analizzato del materiale carico di conte-
nuto (.246) rispetto a quando hanno utilizzato testi neutri (.145).
Il confronto dei non-grafologi con i grafologi costituisce una proce-
dura di controllo che può fornire una linea di base per la valutazione
delle prestazioni di questi ultimi. I dati emersi da questa ricerca sco-
raggiano l’uso della grafologia come strumento predittivo.
Probabilmente grafologi e non-grafologi traggono le loro inferenze
da diverse fonti. Sono state identificate due vie per esaminare l’argo-
mento: la prima consiste nel valutare il contributo di ogni segnale gra-
fologico sulla validità dell’inferenza, e la seconda nell’esaminare più
strettamente l’impatto di testi carichi di contenuto contro testi liberi.

708
Riguardo alla prima direzione, la ricerca sugli aspetti atomistici
della grafologia ha dimostrato di essere infruttuosa. Fluckinger, Tripp
e Weinberg (1961) osservano che segni distinti ed individuali sono ra-
ramente considerati come aventi un significato stabile, ma questo va-
ria e dipende dal contesto in cui essi appaiono. Inoltre, non si può
trovare alcun serio rapporto, teoricamente fondato, fra i segni grafolo-
gici e i tratti di personalità o il comportamento.
La seconda direzione non è stata ampiamente esplorata: pochis-
simi studi hanno impiegato un disegno che abbia esaminato le pre-
stazioni dei grafologi e dei non-grafologi utilizzando testi liberi dal
contenuto. I risultati finora conseguiti suggeriscono che i grafologi
usano il contenuto del testo; infatti le loro prestazioni diminuiscono
significativamente quando essi non analizzano testi carichi di conte-
nuto.
Ben-Shakhar, Bar-Hillel, Bilu, Ben-Abba e Flug (1986) hanno pub-
blicato anche una ricerca supplementare con testi neutri. Tale studio
non è stato incluso nella presente meta-analisi dato che non è stato
condotto nel contesto della selezione del personale ed ha utilizzato un
criterio diverso.
A cinque grafologi è stato chiesto di indovinare, sulla base di testi
neutri scritti a mano, quale tra otto professioni fosse il reale impiego
dello scrivente. I partecipanti hanno eseguito il compito ad un livello
che non era significativamente diverso da quello casuale.
I dati di Neter e Ben-Shakhar (1989) sembrano confermare l’ef-
fetto del contenuto sulla prestazione dei grafologi, in accordo con
altre ricerche che hanno trattato tale problematica (Ben-Shakhar et
al., 1986; Keinan, Barak e Ramati, 1984; Peeples, 1990; Rafaeli e Kli-
moski, 1983). In conclusione non sembra fondamentale il possesso di
una specifica competenza e preparazione per effettuare inferenze sulle
caratteristiche psicologiche e professionali a partire dall’analisi della
scrittura. I risultati sopra riportati pongono sullo stesso livello grafo-
logi e persone non competenti.
Relativamente alla predizione del successo occupazionale due studi
di Ben-Shakhar et al. (1986) si sono proposti di risolvere le seguenti
difficoltà metodologiche emerse nelle ricerche di convalida della gra-
fologia:
a) valutazioni non standardizzate: il prodotto tipico della grafolo-
gia è una descrizione qualitativa della personalità, quindi difficilmente
confrontabile con qualsiasi criterio indipendente;
b) criteri non validi: i grafologi attribuiscono alle persone tratti che
non sono direttamente osservabili e non possono essere controllati
con una certezza sufficiente; di conseguenza i criteri comunemente
utilizzati sono le predizioni, i test di personalità o le valutazioni sog-
gettive, criteri notoriamente poco validi;

709
c) testi contaminati: vi è spesso una confusione tra le informazioni
grafologiche e altre fonti di informazione, soprattutto quando il testo
analizzato è una breve autobiografia dello scrivente, che contiene altre
notizie rilevanti per la produzione del profilo di personalità. Questa
confusione rende difficile assegnare il peso appropriato alle informa-
zioni grafologiche rispetto alle altre notizie.
Il primo esperimento è stato condotto in una tipica situazione di
selezione del personale. Ai grafologi sono stati dati abbozzi autobio-
grafici scritti da persone inconsapevoli che il loro testo sarebbe stato
analizzato grafologicamente. Per controllare l’effetto del contenuto del
testo sono state compiute delle inferenze sulla personalità a partire
dalle informazioni non grafologiche dei testi.
I risultati di questo studio portano alla conclusione che quando i
grafologi basano i loro giudizi su un testo spontaneamente prodotto,
come i profili autobiografici, essi possono conseguire positive, anche
se ridotte, validità. Tuttavia, quando non-grafologi analizzano gli stessi
testi ottengono analoghi livelli di validità.
Il secondo studio ha richiesto una predizione concorrente della pro-
fessione degli scriventi. Per superare il problema della contaminazione,
i testi, scritti da rappresentanti di successo di numerose professioni,
erano identici nel contenuto. Il compito dei grafologi era limitato ad
indovinare la professione dello scrivente in una lista prestabilita.
Dai risultati è emerso che nessuno dei grafologi è stato in grado di
predire, ad un livello significativo, la professione dello scrivente par-
tendo dal testo scritto a mano.
Questi dati porterebbero inequivocabilmente a concludere che la
validità della grafologia è assai scarsa. Tuttavia, anche se le predizioni
grafologiche non hanno alcuna validità empirica, esse beneficiano di
altri due potenti fonti di validazione, che ne perpetuano l’utilizzo: la
validità di facciata e la validità personale. La validità di facciata si ri-
ferisce al fatto che la scrittura sembra avere caratteristiche tali da ri-
flettere la personalità. La validità personale si basa sull’opinione sog-
gettiva, desunta dall’esposizione ad un’analisi grafologica, ritenuta cor-
retta ed in grado di cogliere la personalità di un individuo. Nessuno
di questi due tipi di validità, però, può sostituirsi alla reale validazione
empirica.
Anche Rafaeli e Klimoski (1983) hanno considerato la validità pre-
dittiva della grafologia nel contesto della selezione del personale; in
particolare hanno valutato:
a) l’affidabilità tra giudici delle inferenze a partire da campioni di
testo;
b) la validità delle inferenze;
c) la rilevanza del contenuto del testo nell’analisi;
d) l’impatto della formazione professionale nella grafologia.

710
A 103 soggetti è stato chiesto di fornire due campioni della loro
scrittura: uno con contenuto neutro e uno con un contenuto auto-
biografico. Ai grafologi i testi sono stati presentati in modo anonimo.
Dopo avere eseguito l’analisi dei testi, è stato richiesto loro di fornire
delle predizioni sulle prestazioni e delle stime sulle caratteristiche di
personalità che possono essere collegate al lavoro.
A studenti universitari è stato chiesto di svolgere lo stesso compito.
Le loro stime sono state impiegate come linea di base delle informa-
zioni recuperabili dal testo senza alcuna preparazione grafologica.
I risultati osservati hanno fornito solo un supporto minimo alle in-
ferenze basate sulla grafia.
L’affidabilità tra grafologi è stata controllata correlando le valuta-
zioni dello stesso testo da parte di coppie di analisti diversi. I coeffi-
cienti di affidabilità sono stati calcolati separatamente a seconda che il
contenuto del testo fosse autobiografico o neutro. I risultati delle cor-
relazioni fra le stime delle coppie di giudici relative allo stesso scrit-
tore (indipendentemente dal tipo di contenuto) variano da .23 a .59.
Trasformando questi coefficienti nei punti Z di Fisher si produce una
correlazione media di .41. La correlazione media delle stime relative
ai testi neutri è di .52, mentre per le inferenze basate sui testi auto-
biografici è stata rilevata una correlazione media di .40.
Come si vede, anche se alcuni di tali coefficienti sono risultati stati-
sticamente significativi, il loro livello affidabilità non può essere consi-
derato soddisfacente.
Le prove della validità sono risultate ancora più scarse. Le corre-
lazioni tra le inferenze dei grafologi e il criterio per entrambi i tipi di
testo variavano tra –.16 e .30 e non si è ottenuta alcuna predizione
statisticamente significativa della prestazione (i valori calcolati con la
correlazione multipla oscillavano tra .06 e .21).
Nessuna differenza significativa è stata trovata tra la capacità pre-
dittiva dei grafologi e quella dei soggetti di controllo (studenti univer-
sitari inesperti).
Valutando l’effetto del contenuto dei campioni di scrittura, non è
stata rilevata alcuna differenza significativa fra le inferenze basate sul
contenuto neutro o autobiografico.
Riguardo all’influenza dell’esperienza professionale nell’analisi della
scrittura, le correlazioni fra le stime fornite dai grafologi e dagli stu-
denti sulla base dello stesso campione di testo sono generalmente
basse e non significative.
In conclusione, sebbene vi sia una certa, seppur non soddisfacente,
affidabilità tra giudici nell’analisi della scrittura, la validità predittiva
di quest’ultima non è stata confermata.
Questi dati meritano alcune considerazioni. È evidente che, anche
se gli autori della ricerca non hanno rilevato l’effetto del contenuto

711
del testo sull’analisi, potrebbe essere proprio questo a determinare la
non differenza tra le predizioni dei grafologi e quelle dei soggetti in-
competenti. Inoltre, il grado di affidabilità tra giudici si è collocato
a livelli minimi; la media delle correlazioni delle inferenze tra giudici
è stata di .41 per tutti i test analizzati, indipendentemente dal con-
tenuto. Ciò potrebbe significare che i grafologi abbiano elaborato le
loro predizioni rifacendosi a dichiarazioni Barnum, cioè ad afferma-
zioni talmente generiche da essere sempre parzialmente vere.
Ancora una volta bisognerebbe verificare più rigorosamente l’ef-
fetto del contenuto sull’analisi, magari con un testo copiato e non con
una descrizione; inoltre dovrebbe essere controllato anche l’utilizzo
delle dichiarazioni Barnum esaminando soggetti appartenenti a diverse
categorie professionali e non solo impresari di vendite immobiliari
(com’è avvenuto in questo studio), i quali potrebbero riconoscersi in-
dividualmente e specificamente in un generico profilo di personalità.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Giunti alla fine di questa rassegna, alquanto vasta ma non completa


(siamo stati costretti, per ragioni di spazio a non citare altre ricerche
le cui conclusioni sono più o meno analoghe a quelle riportate) ci
pare che ci siano elementi e dati più che sufficienti per rispondere alla
domanda iniziale: è affidabile e valida la grafologia come strumento
diagnostico, come metodo per la descrizione e la valutazione delle ca-
ratteristiche della personalità?
Alla luce dei dati analizzati la domanda suona un po’ retorica.
Cercando, però, di raggruppare le informazioni rinvenute si può con-
cludere che alcune ricerche, correlando le inferenze dei grafologi sui
tratti di personalità a partire dall’analisi della scrittura, hanno rilevato
un livello modesto di attendibilità inter-rater.
Questo accordo tra giudici, tuttavia, potrebbe derivare dal fatto
che essi sfruttano alcune informazioni contenute negli scritti da loro
analizzati; tanto è vero che quando vengono loro proposti testi con
contenuto neutro, le loro inferenze non si differenziano da quelle
prodotte da persone grafologicamente incompetenti. Ciò accredita il
sospetto che sia i grafologi sia gli inesperti ricorrano a dichiarazioni
Barnum, cioè a generiche inferenze sulla personalità che contengono
qualche verità per tutti.
Se pur si sono trovate alcune parziali conferme della affidabilità in-
ter-rater, soprattutto quando gli analisti considerano segni grafici sem-
plici o poco complessi, sono generalmente negativi i risultati, rilevabili
in letteratura, delle verifiche riguardanti la validità delle descrizioni
grafologiche.

712
Il verdetto, fino ad ora inappellabile, che emerge dalle molteplici
ricerche citate è che l’analisi grafologica non possa essere considerata
un efficace strumento di diagnosi psicologica. Se per validità si in-
tende il grado di precisione e di accuratezza con cui un procedimento
diagnostico effettivamente misura o ci fa riconoscere le dimensioni
della personalità che intende valutare, simile precisione la grafologia
non sembra possederla. Qualunque sia stato il metodo con cui tale
proprietà valutativa è stata controllata (correlazione tra profili grafolo-
gici e test-criterio, analisi fattoriale, meta-analisi, uso di gruppi di con-
trasto, ecc.), i risultati dimostrano inesorabilmente che non è possibile
individuare attraverso la scrittura un quadro definito e preciso di in-
formazioni concernenti la personalità di un individuo ed effettuare, a
partire da queste, delle inferenze di tipo predittivo.
Alla luce di queste evidenze, appaiono ancora più stupefacenti le
affermazioni di un criminologo e grafologo che, in una recente tra-
smissione televisiva riguardante una mamma indiziata del reato di
infanticidio, la descriveva come depressa in quanto, analizzando una
lettera da lei scritta, notava che le righe dello scritto tendevano verso
il basso. Come abbiamo visto, simili ipotesi non hanno avuto e non
hanno alcuna validazione empirica.
E poiché accreditava se stesso come cultore del metodo scientifico,
ci permettiamo di ricordargli che la scienza è cosa ben diversa dalle
chiacchiere di un talk-show televisivo.

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[Ricevuto il 9 aprile 2004]


[Accettato il 29 gennaio 2005]

Summary. The aim of this review is to provide an as comprehensive as possible over-


view of the present conditions of the research in the field of ghaphology, on its assess-
ment and psychodiagnostic capacity. After a deep analysis of the letterature it has been
found that many authors, dealing with this topic, used the methods commonly applied
for the psychological tests. The purpose was to verify if graphology provides the same
characteristics we require of a test to be identified as a real psychometric instrument.
As a concern the psychometric properties of graphology only in a very few cases accet-
table data were obtained.

La corrispondenza va inviata a Carla Dazzi, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo


e della Socializzazione, Università di Padova, Via Venezia 8, 35131 Padova, e-mail: carla.
dazzi@unipd.it

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