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Evoluzione e implicazioni delle armi da fuoco nell’età moderna

La nascita e lo sviluppo del cannoni, delle bombarde e dei moschetti, con tutte le loro
possibili applicazioni.
La prima “arma da fuoco”, attenendoci al significato letterale del termine, fu il fuoco greco, già
diffuso nel tardo 600. I bizantini utilizzarono una mistura, probabilmente a base di bitume, molto
utile durante gli scontri navali, per sua capacità di non spegnersi a contatto con l’acqua.
Generalmente, però, si preferisce attribuire l’invenzione della polvere da sparo all’Oriente, in
particolare alla Cina. Se i cinesi, già nel decimo secolo, ne usarono il potere esplosivo per allietare
le feste con fuochi d’artificio ante litteram, gli europei, secoli dopo, iniziarono a progettare
mostruosità mai viste prima, seguendo l’esempio mongolo, che proprio in quel periodo
introdussero le bocche di fuoco come strumenti difensivi.
Infatti, queste popolazioni utilizzavano la polvere a base di nitrato di potassio per mettere in
pratica qualsiasi idea potesse arrecare danno al nemico. Tra le fila del loro esercito, troviamo
primitivi lanciafiamme, rudimentali mine, granate, cannoni, bombarde, bombe fumogene.
Le prime opere raffiguranti armi da fuoco risalgono al 1326 per l’Europa e al 1332 per l’Oriente, e
secondo McNeill, veniva rappresentato “un contenitore a forma di vaso… dotato di una freccia
sproporzionata (saettone) che sporge dalla bocca1”.

Fig.1: Particolare di un’opera fiorentina anonima datata 1326.

Parliamo invece di armi da fuoco portatili a partire dal 1350, con la bombardella manesca ad
avancarica, ovvero una semplice canna di ferro montata su un’impugnatura di legno; molto
rudimentale, dunque, rispetto al più evoluto moschetto, che prenderà piede qualche secolo dopo.
Durante il periodo che intercorre dal 1330 al 1450 l’evoluzione tecnica sembra aver seguito la
stessa scia in tutta Europa. In questo lasso di tempo, gli italiani persero completamente la nomea
di migliori costruttori di armi da guerra, fama che si erano guadagnati durante l’epoca d’oro delle
balestre e delle corazze metalliche.
Ciò deriva dal fatto che, a parte per gli enormi pezzi d’assedio utilizzati a Costantinopoli, era
conveniente fondere i vasi di bronzo e ottone a poca distanza dalla miniera, e rivenderli al più
presto. Il grave intoppo era la collocazione dei siti di estrazione nell’Europa del Nord. Di
conseguenza, i mercanti d’Italia avrebbero dovuto sostenere immensi costi di trasporto, quindi
persero il loro predominio economico.
Ad ogni modo, sappiamo di certo che i primi fabbricanti di cannoni fossero anche fabbricanti di
campane: entrambi i processi richiedevano una maniacale attenzione al dettaglio. Diverso però
era l’uso destinato. Infatti, se la scoperta del cannone può essere datata ai primi decenni del ‘300,
si dovrà aspettare almeno 1 secolo per una diffusione ragionevole di un così vantaggioso alleato.
Ciò perché i primi modelli erano praticamente impossibili da spostare, avevano un tiro davvero
impreciso, facevano più rumore che danni e spesso esplodevano. La frammentazione del corpo
metallico avveniva all’altezza delle saldature: per ovviare a questo problema, i maestri campanari
europei ricorsero alla colata unica in stampo singolo, in modo da eliminare i punti deboli.
Inoltre, per ottimizzare la compressione del gas, il corpo metallico divenne sempre più lungo e
tubolare, invece che vascolare. Lo stesso principio è utilizzato ancora oggi, sui carri, che si
avvalgono di cannoni di anche più di 5 metri di lunghezza, o sulle navi militari, dotate di bocche di
fuoco tra le più precise e letali mai costruite.
Un altro problema molto limitante fu la ridottissima cadenza di tiro. I massicci proiettili, prima di
pietra e poi di ferro, venivano caricati manualmente (quando possibile) direttamente attraverso la
bocca di fuoco. Possiamo facilmente comprendere perché, a questo punto, i mostro-cannoni usati
per l’assedio di Costantinopoli, sparassero solamente cinque colpi al giorno; sollevare un proiettile
del peso di una tonnellata da terra fino all’altezza di quasi due metri era davvero un’impresa
erculea.
Tuttavia, benchè tutti i limiti già accennati sussistessero, possiamo constatare che il primo utilizzo
di armi da fuoco avvenne nel 1344, durante l’assedio della cittadina spagnola di Algeciras; nella
memoria, tuttavia, è rimasta la più nota battaglia di Crecy.
Un episodio in cui cannoni e bombarde non riuscivano ancora ad essere completamente incisivi
come lo sarebbero stati in futuro, ma rappresentavano una grossa spina nel fianco alle difese
nemiche; la battaglia di Morat, (Murten in tedesco), del 1476. Qui, si scontrarono gli eserciti
svizzero e burgundo, tra cui certamente non scorreva buon sangue, siccome le due parti si erano
già scontrate in passato, ed erano a conoscenza dell’imminente resa dei conti.
Alla fine la vittoria andò ai bernesi, benchè Carlo il Temerario, a capo dell’esercito di Borgogna,
avesse giurato che avrebbe ucciso ogni singolo svizzero sul suo cammino. La battaglia prende il
nome da un lago limitrofo, le cui alghe rosse, ancora oggi, hanno il nome di “sangue dei burgundi”.
Nei secoli successivi lo scontro, sino ai giorni nostri, è rimasta nel linguaggio locale l’espressione
“crudele come a Morat”.

Fig. 2: Incisione raffigurante la battaglia di Morat.

Proprio in questo periodo, ricorda McNeill, “i fonditori di armamenti di Francia e Borgogna


avevano così scoperto che armi molto più piccole potevano arrecare gli stessi danni di bombarde
tre volte più grosse se solo si fossero rese le canne abbastanza resistenti da lanciare palle in
ferro2”.
Dunque, l’attacco ebbe la meglio per lungo tempo, (questa battaglia è forse un’eccezione, per
l’astuzia militare con la quale i condottieri svizzeri hanno colto di sorpresa l’esercito francese), fino
agli anni venti del ‘500, con l’introduzione della trace italienne.
Per quanto riguarda le armi portatili, se nel XIV secolo erano solamente un’inutile complicazione
per i fanti dotati di picche, o magari di archi, o ancora di spade e scudi, o magari per i cavalieri già
dotati di una pesantissima armatura metallica, nel XV prese piede in Europa l’archibugio. Piccolo,
leggero, ad avancarica: per la precisione di fuoco si dovranno attendere i secoli successivi.
La gittata massima di questa rudimentale bocca di fuoco era di 50 metri, ma già sarebbe parso
faticoso centrare un destriero posto così lontano: il proiettile, che ancora non presentava la
caratteristica forma a cuneo, rimbalzava all’interno della canna, e a seconda dell’angolazione di
uscita si poteva essere fortunati e colpire il bersaglio, o meno.
Lo schioppo, antenato dell’archibugio, una sorta di bombardella posta alla sommità di un’asta, in
modo da essere trasportata come una picca, fu immediatamente rimpiazzato. Come d’altronde
l’arco lungo inglese (longbow), che aveva uno svantaggio il quale andava a compensare la gittata
più lunga e il tempo di ricarica più breve, ovvero l’addestramento. Un arciere aveva bisogno di
anni di pratica, mentre un archibugiere in un paio di settimane poteva considerarsi tale.
Gli eserciti, dal momento in cui divennero permanenti, crebbero sempre più di numero, e quindi
sarebbe stato impensabile che ognuno delle decine (o centinaia) di migliaia di soldati sapesse
utilizzare un arco, mentre quasi tutti avevano già impugnato un’arma da fuoco.
In Europa, la diffusione delle armi portatili coincise con le guerre d’Italia del primo ‘500, in cui le
potenze europee, l’Impero, la Spagna e la Francia, cercarono di accaparrarsi territori militarmente
più deboli, come appunto il nostro.
La battaglia di Pavia merita menzione onorevole in quest’ambito. Fu combattuta nel febbraio del
1525 tra le truppe di Francesco I di Francia, e quelle dell’imperatore Carlo V, dotato di 12000
lanzichenecchi e 5000 mercenari spagnoli ben addestrati, organizzati in unità di combattimento
chiamate tercios. La vittoria delle truppe imperiali fu schiacciante, e lo stesso re di Francia venne
catturato.
Ciò che merita un’analisi in questo contesto, però, è il trionfo degli archibugi e della fanteria in
generale, sulla cavalleria pesante francese. Infatti gli spagnoli, e similmente i mercenari lanzi, si
schieravano in formazione con gli archibugieri all’esterno, e all’interno un corpo scelto di picchieri.
In questo modo, poteva essere fronteggiato prontamente anche un attacco repentino di uomini a
cavallo. Gli archibugieri arretravano, i picchieri avanzavano a proteggerli, e con le loro lunghe aste
puntate respingevano anche i cavalieri più temibili.
Qui sotto è rappresentata la schiacciante superiorità della fanteria organizzata rispetto alla
cavalleria pesante cinquecentesca. I cavalieri giacciono morti al suolo, mentre i picchieri e gli
archibugieri avanzano trionfanti.

Fig.3: schieramento di mercenari spagnoli.


Da questo momento in avanti, i condottieri europei modelleranno i loro eserciti evolvendo le
strategie militari, ma soprattutto la percentuale di truppe schierate sul campo di battaglia. La
cavalleria ricoprirà un ruolo sempre più elitario e marginale, mentre le “macchine infernali 3”, come
le descrive l’Ariosto nel suo Orlando Furioso, prenderanno sempre maggiore importanza, fino ad
arrivare ai giorni nostri.
Per circa un secolo l’archibugio dominò la scena nell’industria bellica; come abbiamo detto, poteva
presentarsi di dimensioni diverse, ma comunque rimaneva compatto e maneggevole, anche se
talvolta era accompagnato da un cavalletto, per stabilizzare l’arma al momento dell’esplosione.
Agli inizi del XVII secolo il moschetto lasciò indietro il suo più antiquato e rozzo cugino, divenendo
un compagno fidato dei fanti europei. La vera innovazione fu la possibilità di essere appoggiato
alla spalla invece che al petto: ciò garantiva maggiore precisione, anche da distanze maggiori,
senza l’ingombro e il peso dell’appoggio.
Grazie a soldati sempre meglio addestrati, il tempo di ricarica si ridusse, le armi diventarono più
“tecnologiche”, efficienti, e quindi sempre più spesso capitava di rimanere a secco. Per ovviare al
problema, venne introdotta la baionetta, una sorta di lancia metallica che veniva montata alla
sommità del moschetto, rendendolo si più pesante, ma anche molto più efficace nei combattimenti
corpo a corpo.
Non c’è da stupirsi se l’accorgimento sia risultato utile sino alla Grande Guerra, la quale però, con
i suoi spazi angusti e la necessità di fuggire estremamente in fretta, ha reso obsoleto anche
questo mezzo, troppo ingombrante. La baionetta fu quindi rimpiazzata con pugnali corti di tutte le
forme e dimensioni, che potevano valere come armi da taglio anche quando separate dal
moschetto.
Le innovazioni probabilmente più interessanti da analizzare furono gli sviluppi che il meccanismo
di sparò subì durante tutta la storia delle armi da fuoco, fino ai fucili automatici che oggi possiamo
trovare in dotazione all’esercito. Per carenza di tempo, e per la profondità con cui questo
argomento merita di essere analizzato, preferisco racchiudere il tutto, insieme a una spiegazione
sul funzionamento generale di un’arma da fuoco, in un video a parte.
Riassumendo, le armi da fuoco e i pezzi di artiglieria hanno compiuto un’evoluzione costante, con
dei picchi di innovazione, dal 1300 sino ad oggi. Leggendo questo breve testo, troviamo un
riassunto degli accadimenti significativi in questo senso, avvenuti tra il XIV e il XVII secolo, ciò che
consideriamo età moderna.

Funzionamento di un’arma da fuoco, componenti, evoluzione del meccanismo di sparo


Un’arma da fuoco, che sia un grosso pezzo di artiglieria o una pistola automatica, ha lo stesso
principio di funzionamento alla base, rimanendo nell’ambito dello scopo indiretto della polvere. Se
lo scopo fosse diretto, dovremmo parlare invece di ordigni esplosivi.
Ad ogni modo, la polvere nera viene accesa attraverso meccanismi che si sono evoluti
gradualmente nel corso della storia, e la detonazione provoca la fuoriuscita a velocità molto
elevate del proiettile dalla canna. Più stretta è la canna, maggiore sarà la compressione del gas
responsabile della propulsione, a parità di esplosivo introdotto.
Le armi al giorno d’oggi si classificano in base a criteri tra i più disparati: si va dalla lunghezza
della canna alla forma della canna (liscia o rigata), dalla dimensione alla cadenza di tiro, dal tipo di
impiego al meccanismo di ricarica.
I componenti per realizzare una bocca di fuoco sono tra i più vari e disparati, partendo dalla
rudimentale bombarda medievale, ad un M16 in dotazione all’esercito degli Stati Uniti d’America.
Esistono elementi comuni, però, a tutte:
 Primo fra tutti è la canna, che direziona il proiettile e permette la compressione del gas
dovuto all’esplosione. Essa può avere qualsiasi dimensione, almeno in teoria;
 Il meccanismo d’innesco nella storia si è modificato, divenendo via via più funzionale ed
efficiente. Si è passati da una rudimentale miccia, utilizzata ad esempio nei primi cannoni e
negli archibugi, ad un meccanismo a ruota dentata, molto simile a quello degli accendini
odierni. Una molla precaricata veniva rilasciata al momento in cui era premuto il grilletto,
facendo girare la rotellina dentata che produceva scintille con la pietra focaia, e incendiava
la polvere. Poi, la tecnologia ha permesso di avanzare alla pietra focaia, e in seguito alla
percussione, che permetteva di accendere il fulminato di mercurio (non più la miscela di
zolfo, carbone e salnitro) con una forte, appunto, percussione.
Oggi siamo giunti ad un’efficienza nella cadenza di fuoco e nel meccanismo di ricarica neanche
immaginabile dagli inventori nei secoli addietro. Un AK-47, ad esempio, anche se non
modernissimo, funziona con una sorta di meccanismo a percussione molto avanzato.
Quando si tira il grilletto, si rilascia un martelletto che, all’interno della cassa, va a colpire il
percussore. Il percussore, un lungo elemento metallico a punta, attiva la capsula di innesco della
cartuccia, che attraverso una reazione chimica dovuta a materiali di cui è composta, innesca a sua
volta la reazione della polvere nera.
Parte dei gas prodotti viene riutilizzata, attraverso un canale, e attiva un pistone, il quale,
muovendosi in senso contrario al moto del proiettile, espelle il bossolo che conteneva
combustibile, e nel movimento di ritorno alla posizione di equilibrio spinge un nuovo bossolo in
posizione di riposo.
Cioè che rende le armi del XX secolo anni luce avanti rispetto ai moschetti, è la facoltà di fuoco
automatico. Selezionando la modalità automatica, (grazie a un leva posta all’esterno della cassa),
viene tolto un blocco che ferma il martello indipendentemente dalla posizione del grilletto, dopo lo
sparo.
Il martello, privo di impedimenti, una volta rimesso in posizione dal pistone, ripete l’azione che ha
già compiuto un decimo di secondo prima, ma solamente se il grilletto è tirato. Dunque tutto il ciclo
ricomincia.
Ad oggi, il fucile d’assalto con una il rateo di fuoco maggiore è il FAMAS F1 (francese), che riesce
ad esplodere fino a 1000 colpi al minuto, quindi circa 16.6 colpi/secondo.
Curiosità: esiste un’arma automatica dal potenziale incredibile, ovvero il Metal Storm, che
letteralmente significa “Tempesta di metallo”. Il potenziale risiede nella cadenza di tiro, di 1 milione
di colpi al minuto, dovuto alle 36 bocche di fuoco di cui è dotata.
Fig.4: Metal Storm un istate dopo aver esploso una raffica.

Le dimensioni sono minori di quelle di una mitragliatrice leggera, dotata di cavalletto. Il problema
che ne rende impossibile l’uso militare, è il surriscaldamento. Essendo tutte le “canne” racchiuse
in una scatola piuttosto ristretta, non esiste un sistema di raffreddamento adeguato.
In più, milioni di bossoli sarebbero estremamente scomodi da trasportare, a meno di un eventuale
montaggio su navi o grossi aerei, ma a quel punto andrebbero introdotti proiettili di calibro molto
più grande, che con il loro peso, e l’alta probabilità di guasti dovuti alla complessità dell’arma,
renderebbero il tutto un incubo per le esigenze di immediatezza e affidabilità dell’esercito.

Riflessione sull’etica delle armi da fuoco


Le armi da fuoco uccidono moltissime persone, fanno tanto baccano, sono a volte pesantissime, a
volte tascabili, e permettono la messa in atto di tecniche militari sempre più ingegnose e letali.
Ora, prima di addentrarci nell’analizzare come la letteratura abbia criticato aspramente la
comparsa di queste nuove “macchine” di distruzione, dobbiamo avere bene chiara in mente la
situazione europea pre-cannone.
Non crediamo che la mentalità popolare fosse rimasta all’epoca di Carlo Magno, perché sarebbe
una falsità indicibile. I mercenari erano già ampiamente introdotti tra le fila degli eserciti o delle
compagnie di ventura, siccome la possibilità di far carriera militare permanente arriverà in seguito
all’introduzione dell’artiglieria.
Non siamo però, a inizio 1300, troppo lontani dalle descrizioni che Walter Scott fornisce nel suo
Ivanhoe, con cavalieri sprezzanti e pieni di sé. Da una parte il forte Riccardo Cuor di Leone,
imbattibile nel combattimento e carismatico da condurre una crociata, dall’altra il cavaliere
d’Ivanhoe, che ha i canonici tratti del cavaliere cortese 4.
Ciò che invece possiamo affermare con certezza è come, fino alla guerra dei 100 anni, che
introdurrà le prime bombarde, l’idea popolare di guerra fosse il calco esatto delle battaglie
fiorentine tra guelfi e ghibellini, di cui ci parlano Dante, Compagni, Villani, e molti altri personaggi
di spicco vissuti tra XIII e XIV secolo.
Lo stesso Durante fu combattente a Campaldino, e poi a Caprona, che storicamente sono datati al
1289. Due schieramenti, quindi, nobili e magnati protetti da armatura e al galoppo, mentre chi non
poteva permettersi un destriero era costretto a correre, o perlomeno, a camminare. Le armi più
diffuse erano le lance da cavaliere, le spade, gli scudi di tutte le forme e grandezze 5.
Inoltre, gli uomini illustri, o erano poeti, nobili o mercanti ricchissimi, oppure erano cavalieri (e
dunque anche nobili), che guadagnavano fama con le loro gesta in battaglia. Due casi
particolarissimi che vale la pena citare sono Farinata degli Uberti, capo ghibellino, politico di
spicco, nobilissimo di sangue e gran sanguinario in battaglia, e Guido Cavalcanti, abile con la
spada e poeta secondo a nessuno6.
Dunque, nobiltà e guerra, o comunque onore e guerra, erano indissolubilmente legati. Guardare
negli occhi l’avversario, decidere se togliergli la vita o risparmiarlo, implorare a propria volta di
essere risparmiati, erano solo alcuni dei pensieri che affliggevano i combattenti, prima di un
qualsiasi scontro armato.
Fino alla diffusione dei cannoni e delle bombarde. A quel punto nessuno poteva affermare di
avere pietà, di rispettare il proprio nemico, la guerra divenne solamente una barbara gara a chi
avrebbe provocato più vittime nei modi più tristemente originali, con moltissimo rumore e poca
dignità.
Questa era la visione degli uomini del tempo, perlomeno. Oggi siamo talmente abituati a questo
tipo di scontri che non riusciamo a concepire il pathos dei duellanti che si affrontano, gli sguardi, le
parole, la grandezza e il valore dei singoli. Ovviamente gli eroi simboli di valori morali ci sono
sempre stati e ci saranno sempre, ma generalmente, forme di guerra sempre più evolute hanno
portato mano a mano ad abbandonare questa ideologia.
Esempio calzante è, per rimanere in ambito poetico-letterario, la canzone “La guerra di Piero” di
Fabrizio de Andrè, il quale descrive una scena in cui due soldati, in una valle, si trovano faccia a
faccia. Il primo, in atto di compassione verso l’altro, perde il vantaggio che si era fortuitamente
guadagnato, e in seguito viene ucciso senza pietà, quasi per caso, come se la sua vita fosse
solamente un incidente di percorso sulla strada del milite nemico.
Se volessimo fare un parallelo con le parole dell’Ariosto, a questo punto, non sarebbe poi così
arduo, né tantomeno forzato. La critica del compositore emiliano definisce cannoni e bombarde
come “scelerate e brutte invenzioni…”, e ancora “Per te la militar gloria è distrutta, per te il mestier
de l’arme è senza onore, per te è il valore e la virtù ridutta, che spesso par del buono il rio
migliore7”.
Di certo non abbiamo difficoltà nel concepire la disperazione nelle parole di Orlando, la collera
dell’uomo nel trovare morti per mano di questo oggetto inanimato.
Analizzandone le conseguenze più pratiche, forse ci è più facile immedesimarci. Un picchiere, per
bravo che sia, potrebbe uccidere un uomo alla volta; una bombarda invece, o, esempio moderno,
un mortaio, invece del colpo del cecchino che uccide a chilometri di distanza un singolo soggetto,
ha un target davvero ampio, nella peggiore delle ipotesi uccide decine di soldati in un colpo solo.
Se Ariosto avesse potuto immaginare, in qualche maniera, ciò che sarebbe accaduto durante la
Seconda Guerra Mondiale, secoli dopo, oggi non saremmo qui a discutere di quella mirabile opera
che è l’Orlando Furioso, ma probabilmente staremmo dibattendo sull’importanza di un saggio del
poeta emiliano, della giustezza delle sue parole avverse alle armi di distruzione di massa.
Hiroshima e Nagasaki sono ricordati come due tra gli episodi più immorali della storia: non è un
caso che parte dell’equipaggio presente sugli aerei trasportanti gli ordigni abbia deciso di togliersi
la vita in seguito alla tragedia.

Fig.5: Fat Man, la bomba nucleare sganciata nel 1945 dagli americani su Nagasaki.
Credo che il nostro avesse una visione molto simile dell’artiglieria del suo tempo, ovviamente con
proporzioni molto più ristrette, e similmente a come si è commentato durante il secolo scorso,
anch’egli scrisse di quanto fosse brutale e disumano l’uso di tali “abominosi ordigni 8”.

Note:
 1.
W.H. McNeil, “Caccia al potere. Tecnologia, armi, realtà sociale, dall’anno 1000” (pp. 72-
73);
 2.
Ivi, pp. 75-76;
 3.
L. Ariosto, “Orlando Furioso” (canto XI, 23);
 4.
W. Scott, “Ivanhoe” passim;
 5.
L. Gambarini, “Eternal War, “Gli eserciti dei Santi””, “Eternal War, “Vita Nova””, passim;
 6.
Ivi, passim;
 7.
L. Ariosto, “Orlando Furioso”, (canto XI, 26);
 8.
Ivi, (canto XI, 27).

Bibliografia:
 P. Del Negro, "Guerra ed eserciti da Machiavelli a Napoleone";
 W.H. McNeill, “L’epoca dei cannoni”, in “Caccia al potere. Tecnologia, armi, realtà sociale
dall’anno 1000.”;
 L. Ariosto, “Contro le armi da fuoco”, in “Orlando Furioso”;
 W.Scott, “Ivanhoe”;
 L. Gambarini, “Eternal War, “Gli eserciti dei santi””;
 L. Gambarini, “Eternal War, “Vita Nova””.

Sitografia:
 https://it.wikipedia.org/wiki/Arma_da_fuoco 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Fuoco_greco 2021;
 E.Mori, Storia delle armi da fuoco, in http://www.earmi.it/varie/storia.htm 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Uso_bellico_della_polvere_da_sparo 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Polvere_nera 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Archibugio 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Schioppo 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Pavia_(1525) 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Morat 2021;
 https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008884/2010-09-02/ 2021;
 https://www.myswitzerland.com/it-it/pianificazione/informazioni-sulla-svizzera/storia-della-
svizzera/dissensi-e-guerre-di-borgogna/ 2021;
 https://it.topwar.ru/102732-bitva-pri-murtene-dorogostoyaschaya-spes.html 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Moschetto 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Baionetta 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Orlando_furioso 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Ariosto 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_atomici_di_Hiroshima_e_Nagasaki 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Fat_Man 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Caprona 2021;
 https://it.wikipedia.org/wiki/M16_(fucile_d%27assalto) 2021;
 https://it.performancegunworks.com/447-9-fastest-automatic-guns-in-the-world.html 2021;
 Anonimo, Metal Storm, “Politicaarmi.it”, (26 settembre 2018),
http://www.politicaarmi.it/2018/09/26/metal-storm/;
 https://it.wikipedia.org/wiki/Calibro_(armi)#:~:text=Il%20termine%20%C3%A8%20impiegato
%20nella,si%20dice%20calibro%20'reale 2021.

Videografia:
 Youtube, “La nascita delle armi da fuoco”, pubblicato da voglio10storia, (settembre 2013),
https://www.youtube.com/watch?v=--xJEPpJ0xA;
 Youtube, “Storia del cannone - dalle origini alla 2GM”, pubblicato da Barbara Gallesio,
(gennaio 2015), https://www.youtube.com/watch?v=NyeUcjOg_Ng;
 Youtube, “archibugio”, pubblicato da devilmanmatisse, (20 novembre 2014),
https://www.youtube.com/watch?v=qCUsHuqtV7w ;
 Youtube, “Come funziona il Kalashnikov. AK-47”, pubblicato da Ulisse, (15 gennaio 2020),
https://www.youtube.com/watch?v=CEHi4lIjx24;
 Youtube, “Metal Storm” pubblicato da aclark79, (26 settembre 2006)
https://www.youtube.com/watch?v=d8hlj4EbdsE.

Iconografia:
 Figura 1: W. De Milemete, “Prima immagine conosciuta di un cannone”, in Manoscritto di
Milimete, 1326;
 Figura 2: L. Midart, “Incisione raffigurante la battaglia di Murten”, 1879, I fondi della
Biblioteca centrale della città di Soloturn;
 Figura 3: Anonimo, “I tercios delle Fiandre” (non trovo alcun riferimento ad autore o luogo di
esposizione) https://cronistoria.altervista.org/i-tercios-delle-fiandre-il-braccio-armato-della-
spagna-imperiale/;
 Figura 4: Screenshot dal video di Youtube, “Metal Storm” pubblicato da aclark79, (26
settembre 2006) https://www.youtube.com/watch?v=d8hlj4EbdsE;
 Figura 5: Anonimo, “Foto di Fat Man” (tradotto da ing.), 1945, Archivio del Dipartimento
della Difesa degli Stati Uniti d’America, (di pubblico dominio).

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