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MORTE CEREBRALE

DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE DI MORTE CEREBRALE

Il concetto di morte cerebrale (M.C), è stato uno dei primi grandi quesiti “filosofici” creati dalla scienza medica moderna,
seguito da altri grandi dilemmi quali: la fecondazione artificiale, manipolazione genetica e clonazione.

Ogni conquista della scienza, oltre agli impliciti vantaggi, comporta inevitabilmente un prezzo da pagare sul piano culturale,
ovvero quello di prendere decisioni consapevoli su fatti che prima erano di esclusiva competenza della natura.

Dopo l’osservazione del coma “depassè” si è posta in modo più pressante la necessità di ridefinire il concetto di morte.

DEFINIZIONE DI MORTE

Il concetto di morte è il nucleo fondamentale di tutta la problematica della M.C., mentre i criteri diagnostici derivano da
esso e ne dipendono strettamente: diversi concetti di morte implicano diversi criteri della sua diagnosi.

La definizione di morte per natura, ha implicazioni non solo biologiche, ma anche:


− Culturale
− Psicologiche
− Filosofiche
− Religiose

Il dover considerare deceduto il paziente con il cuore battente ha inizialmente causato non poche resistenze, e talora un
atteggiamento di rifiuto aprioristico della diagnosi di M.C., nonché di confusione tra M.C. ed eutanasia.

Le incertezze culturali e legislative nei confronti con la M.C. emerse negli anni 70’, sono poi state all’origine di errori
semantici che hanno contribuito ad alimentare i dubbi.

Il termine morte cerebrale ha dato a molti l’impressione che si trattasse di un diverso tipo di morte rispetto a quella
comunemente intesa, il cui fine fosse quello di poter prelevare organi di pazienti ancora vivi.

Il concetto di M.C. è nato e si è sviluppato come conseguenza dell’evoluzione tecnologica delle tecniche rianimatorie.

Prima della nascita della terapia intensiva per molti secoli la diagnosi di morte aveva a che fare solo con il respiro e con il
cuore, e non con il cervello, e tuttora è così per oltre il 97% dei decessi; in ambiente non intensivo il morire non comprende
l’utilizzo di apparecchiature medeicalil, e dunque non riguarda i criteri neurologici di diagnosi.

Anche la scienza trapiantologica ha imposto e avvalorato la necessità di porre una diagnosi tempestiva di M.C.

Il criterio essenziale della diagnosi di morte è stato fino al XVI sedicesimo secolo è stata la costatazione di assenza di
respiro.

Successivamente, dopo gli studi sulla circolazione da parte di Harvey nel 1628, l’attenzione è stata spostata dal respiro al
polso: da allora e fino ai giorni nostri la morte è stata definita come arresto cardiaco
Per M.C. il concetto di morte ha il suo fondamento nella morte del cervello.

Al giorno d’oggi la M.C. è largamente accettata e non più oggetto delle controversie del recente passato. È importante avere
la consapevolezza che solo da una definizione corretta possono nascere criteri diagnostici adeguati.
Il primo concetto di M.C. è quello implicito nei criteri di Harvard del 1978, ovvero “la morte intesa come morte di tutto il
S.N.C”.

Il secondo concetto adottato tuttora in Gran Bretagna fa riferimento alla morte del tronco cerebrale come condizione
essenziale e sufficiente per considerare la morte di un individuo; tale concetto definisce la perdita irreversibile della capacità
di coscienza di respiro e di vita vegetativo, e quindi morte dell’individuo.

Il terzo concetto adottato in USA, in Italia e gran parte dei paesi europei, considera come morte dell’individuo morte di
tutto l’encefalo, cioè perdita da parte dell’organismo di ogni capacita di organizzazione e di autoregolazione, in cui il
cervello ha un ruolo di ordine primario nell’integrazione di tutto il corpo.

L’ultimo concetto di M.C è quello di morte neocorticale che trova il suo fondamento su criteri essenzialmente cognitivi.

CRITERI NEUROLOGICI DI MORTE

La diagnosi di M.C è essenzialmente clinica, mentre le diverse indagini diagnostiche proposte e utilizzate finora, hanno un
ruolo di conferma obbiettiva nella diagnosi.

La legge 578/1993 e il D.M. 582/1994, che hanno ridefinito rispettivamente la morte (intesa come cessazione irreversibile
di tutte le funzioni dell’encefalo) e le norme per il suo accertamento hanno finalmente liberato il campo dalle pesanti
incongruenze della obsoleta legge 644/1975.

I dati clinici per l’accertamento di morte sono:


− Stato di incoscienza
− Assenza di riflessi del tronco
− Assenza di reazione a stimoli portati al territorio di innervazione del trigemino
− Assenza del riflesso carenale ed apnea in condizioni di ipercapnia (PaCO2 > di 60 mmHg e pH < a 7,40)
− Silenzio elettrico cerebrale

INDAGINI STUMENTALI NELLA MORTE CEREBRALE

Nell’ultimo trentennio sono state proposte numerose indagini diagnostiche per la conferma della morte con criteri cerebrali,
quali:
− Potenziali evocati
− Doppler
− Angiografia
− Scintigrafia planare

La scelta dell’indagine diagnostica più idonea dipende dai seguenti fattori:


− Quale sia più affidabile e valida, qualsiasi concetto di morte sia stato adottato.
− Quale dovrebbe essere raccomandato obbligatorio in tutti i casi
− Quali indagini dovrebbero essere impiegati nei casi dubbi
− Scelta delle indagini in relazione alla disponibilità e ai costi
USO DEI P.E. NELLA DIAGNOSI DI MORTE CEREBRALE

I P.E. a breve latenza sono di notevole affinità, non essendo modificati in modo grossolano dai fattori concomitanti, e
forniscono una conferma obiettiva dell’arresto della conduzione del tronco cerebrale anche nel paziente sedato o ipotermico.

La caratteristica essenziale dei P.E. è di poter dimostrare in modo oggettivo e quantitativo la funzionalità delle vie del tronco
encefalico: poiché la sua morte costituisce il nucleo fisiopatologico essenziale i irrinunciabile dell’M.C., sembra curioso
come ancora sia obbligatoria per legge l’esecuzione dell’EEG, mentre i P.E. non siano nemmeno menzionati.

La loro efficacia anche in presenza di fattori concomitanti, li rende particolarmente preziosi per testare al letto del paziente,
rapidamente e in modo non invasivo, se vi siano ancora evidenze di vita, quando ne le EEG, ne l’esame neurologico sono
affidabili: l’utilità deriva dal poter sottoporre il paziente ai necessari accertamenti di flusso solo dopo e non prima che sia
morto il tronco encefalico, e nel caso dell’angiografia indagini invasive potenzialmente pericolose e non facilmente
ripetibili.

I P.E uditivi del tronco encefalico (ABR), consentono, com’è noto, di esplorare la funzionalita del tratto ponto-
mesencefalico.

I potenziali somato-sensoriali a latenza breve dall’arto superiore (SEP), permettono di esplorare un tratto più lungo,
ovvero dal midollo cervicale alla corteccia somestesica primaria, consentendo così la valutazione sia della funzionalità
emisferica, che di quella bulbare.

Alla luce di quanto detto risulta chiaro come:


l’impiego combinato di dati clinici, elettroencefalografici e dei potenziali evocati, può consentire una più precisa
valutazione degli stati terminali, della loro fisiopatologia, e del momento del passaggio dal coma alla morte.

POTENZIALI EVOCATI A BREVE LATENZA NEL COMA POST-TRAUMATICO

La valutazione del trauma cranico grave comprende l’esame clinico, le indagini radiologiche ed una crescente varietà di
indagini diagnostiche e tecniche di monitoraggio quali:
− pressione intracranica (PIC),
− saturazione giugulare di ossigeno (SJO2),
− pressione di perfusione cerebrale (PPC),
− microdialisi,
− EEG, potenziali evocati (PE), indagini di flusso

TRAUMI CRANICI

I TCS (Traumi Cranici Severi) possono associare lesioni diffuse e focali.

Essi si manifestano con un coma immediato e la comparsa secondaria di segni focali. Il brain swelling o rigonfiamento
cerebrale diffuso è più frequentemente osservato nei giovani. In esso è associato l’edema vasogenico e la vasodilatazione;
la prognosi dei TCS dipende non solo dalle lesioni iniziali ma anche dalle lesioni secondarie, più spesso di origine ischemica.

Due serie di fattori favoriscono lo sviluppo della lesione secondaria, i fattori intracranici (ematoma, contusione, TAI,
edema vasogenico,edema citotossico,brain swelling, etc ) e fattori extracranici.

Quattro fattori extracranici principali sono l’ipotensione arteriosa, l’ipossiemia, l’ipercapnia e l’anemia:

1. L’ipotensione arteriosa rappresenta un fattore di rischio dimostrato sperimentalmente e provato clinicamente (10).
2. L’ipossiemia è un fattore di aggravamento aggiuntivo (11) Essa può derivare da un trauma toracico ma, spesso è
la conseguenza diretta del coma che determina l’ostruzione delle vie aeree superiori.
3. L’ipercapnia provoca una vasodilatazione cerebrale e un aumento dell’ipertensione endocranica.
4. L’anemia diminuisce l’apporto di 02 al cervello.

Scopo principale del trattamento dei pazienti TCS consiste quindi nell’evitare i danni ischemici cerebrali: in questa ottica il
periodo precoce post-traumatico è critico.

Bouma e coll.hanno riscontrato nel 30% dei pazienti con TCS un basso flusso ematico cerebrale nell’immediato periodo
post-traumatico (3ore) ,con un’influenza negativa sulla prognosi neurologica.

L’ipotensione e l’ipossia sono i fattori prognostici più importanti nei pazienti con TCS e sono presenti nel periodo precoce
post-traumatico

EEG NEL TRAUMA CRANICO


L’EEG NEL TCS

Un metodo d’indagine neurofisiologica sottoutilizzato nell’analisi del danno cerebrale post-traumatico è l’EEG. Nel
paziente con grave trauma cranico l’EEG mostra:

o fase acuta, mostra una varietà di patterns differenti su una base comune di un incremento dell’attività lenta, come
confermato da numerosi studi clinici. L’attività di base tende via via a ridursi con l’approfondimento del coma fino
a giungere ad attività prevalente di tipo delta e sub-delta con sovrapposizione di attività rapida molte volte di natura
farmacologia (sedativi).

o fase post-acuta, se il paziente è avviato verso un miglioramento neurologico, si assiste ad un ripristino di attività
più rapida tipo alpha di alte frequenze nello stato di sonno e di frequenze variabili e reattive agli stimoli esogeni,
tutti segni questi prognosticamente favorevoli.

L’EEG permette di osservare la funzione talamo corticale nei pazienti in coma quando questa è inaccessibile clinicamente.

o Un singolo EEG può aiutare in una ampia categorizzazione diagnostica


o Un EEG continuo o seriato può sia provvede a monitorare una instabile e potenzialmente trattabile condizione
patologica sia a monitorare gli effetti della terapia

Sebbene le modificazioni EEG siano relativamente non specifiche in rapporto alle diverse eziologie degli stati di coma, e
talvolta esista una mancanza di correlazione tra profondità del coma ed attività elettrocorticale.

l’EEG può fornire utili indicazioni nello stabilire l’estensione della lesione e nel ridurre il numero delle varie possibilità
diagnostiche.

Una prima indicazione importante, infatti, si ottiene dall’analisi della distribuzione delle anomalie. Sebbene, in teoria il
coma non si verifichi senza un interessamento delle strutture diencefaliche, che si traduce sull’EEG nella comparsa di onde
lente diffuse

In letteratura sono riportati vari casi in cui lo stato di coma si accompagna ad anomalie lente ristrette ad un emisfero o ad
un’area cerebrale. Cio’ suggerisce che alla base del coma esista una lesione localizzata, situata nelle strutture sopra o
sottotentoriali.La correlazione tra vari patterns EEG e dati clinici ha permesso di suddividere i reperti elettroencefalografici
in varie classificazioni suddivise in gradi che possono dare indicazioni di tipo prognostico .Hockaday et al (1965) hanno
proposto una scala basata sulla frequenza della attività di fondo. Il progressivo peggioramento dell’EEG veniva classificato
sulla progressione delle frequenze lente dal theta al delta, delta non reattivo, e inattività elettrocorticale

Il futuro ruolo dell’EEG in ICU include lo studio dei trends, il riconoscimento di condizioni potenzialmente trattabili, come
l’attività di tipo epilettico e la potenziale reversibilità dell’ischemia da vasospasmo, monitorando l’effetto del trattamento e
la prognosi.
PES NEL TRAUMA CRANICO
IL PESS NEL TCS

Durante gli anni ’70 la possibilità di eseguire potenziali evocati (PE) in questi pazienti si è realizzata quando le difficoltà ad
eseguire questi esami in TI sono state superate dall’avvento di nuove tecnologie.
Recenti ricerche sul TCS sono state focalizzate sull’utilizzo dell’EEG e dei PE come monitor dinamico della funzione
cerebrale. Nelle ultime 2 decadi numerosi Autori hanno descritto la relazione tra PESS ed outcome.
Questi studi erano generalmente basati su una singola determinazione o su un piccolo numero di determinazioni iniziate
dopo qualche giorno dal trauma.

PESS hanno mostrato essere ben correlati con l’outcome nel TCS e si sono dimostrati il singolo miglior predittore di
outcome.

L’outcome è stato favorevolmente correlato con il tempo di conduzione centrale, il numero di picchi, l’ampiezza totale del
PESS.

Le componenti precoci erano le più riproducibili nell’inividuo stesso e tra i pazienti. Il tempo di conduzione centrale è stata
una delle misure più studiate per distinguere chiaramente i pazienti sopravvissuti dai deceduti. La perdita di tutte le
componenti corticali bilateralmente nei PESS è uniformemente associata con uno stato vegetativo o alla morte.
Fino ad ora non è stato possibile dimostrare una differenza significativa di PIC tra i pazienti che presentavano deterioramento
o assenza dei PESS da quelli che ne evidenziavano una stabilità o un incremento

La nuova sfida nell’utilizzo dei PESS e dell’EEG nel paziente con grave trauma cranico è il monitoraggio continuo o
seriato di tali parametri associati alle variabili emodinamiche metaboliche cerebrali insieme allo studio di imaging,
effettuato precocemente dopo il trauma.

Durante il decorso clinico del coma , possono verificarsi complicazioni neurologiche secondarie che, se non precocemente
riconosciute e trattate possono aumentare la morbilità e la mortalità ,il cui aspetto più critico è rappresentato dalla
tempestività nella rilevazione di un eventuale deterioramento del paziente, prima che il danno secondario diventi
irreversibile, trattandosi di situazioni a rapidissima evoluzione.,gran parte dei pazienti che raggiungono la TI sopravvivono
con disabilità che variano dal deficit dello stato cognitivo fino allo stato vegetativo persistente

Risulta quindi molto problematico stabilire in quale proporzione popolazioni di neuroni potranno o meno sopravvivere
durante il decorso clinico.
Il goal del managment del TCS severo è quello di provvedere in modo precoce a massimizzare le possibilità di recupero
dei neuroni definendo un trattamento ottimale e personalizzato per il singolo paziente.
Questo potrebbe essere il ruolo più interessante dell’utilizzo dei PESS e dell’EEG nel monitoraggio integrato con gli altri
parametri emodinamici cerebrali e sistemici nel TCS in rianimazione.

Il termine monitoraggio deriva dal nome latino monitor o “avvisatore”, e consiste nel controllo frequente dell’andamento
di fenomeni fisici,chimici,biologici, mediante apparecchiature o tecniche analitiche. Nel monitoraggio neurofisiologico,
l’enfasi riguarda il cambiamento che si verifica negli specifici parametri dei PESS in un individuo nel tempo.

Per essere “monitor” delle funzioni neurologiche, i PESS devono essere ripetibili e stabili nella forma d’onda in assenza
di eventi clinici avversi ed essere sensibili agli insulti che possono compromettere l’integrità della funzione neurologica,
come gli effetti compressivi (ematomi, edema, aumenti di PIC) e i processi ischemici.

La sensibilita’ dei PESS all’aumento della PIC e alla compressione è stata in parte documentata. Studi di monitoraggio
continuo in pazienti con TCS suggeriscono che i PESS possono aiutare a definire il range di tolleranza della PIC per un
individuo. Sebbene, alcuni studi hanno mostrato una associazione tra picchi di ipertensione endocranica e un avverso
outcome una relazione causale tra l’aumento della PIC e un deterioramento neurologico non è mai stato dimostrato in modo
inequivocabile
L’interesse dei potenziali evocato nasce da un più promettente potere predittivo rispetto all’EEG convenzionale per una
serie di motivi tra i quali:

a) l’esplorazione di una via nervosa più definita (uditiva, somatosensitiva, visiva)


b) la capacità di esplorare strutture profonde (es. il troncoencefalo, il quale ha un ruolo chiave nella prognosi);
c) la quantificazione del danno nelle strutture esplorate, in termini di tempo di conduzione centrale (CCT) e ampiezza delle
onde, fornendo quindi più accurate informazioni dell’EEG;
d) la esplorazione vie nervose sofferenti che non possono essere valutate nello stato di coma (es la via lemniscale);
e) il fornire informazioni utili in pazienti sedati ed anche in quelli sottoposti a coma barbiturico.

Come per l’EEG, in letteratura c’è un sostanziale accordo sull’utilità dei PE nella prognosi precoce dei pazienti traumatizzati
in coma, ma esistono nella enorme mole di dati pubblicati, contraddizioni, discrepanze e risultati conflittuali, che dipendono
dalla selezione dei pazienti, dal timing dell’esame, dai metodi di registrazione e dai criteri di valutazione.

Molti studi hanno individualmente dimostrato l’abilità dei PESS a predire l’outcome. I PESS hanno mostrato di essere la
modalità più potente tra i potenziali evocati multimodali nel predire l’outcome. I PESS hanno un maggior potere predittivo
dell’EEG dei segni clinici e misure come le risposte motorie e riflessi dei nervi cranici del GCS, della misurazione della
PIC dei markers biochimici degli studi di imaging.

I PESS sono facilmente ottenibili e possono essere eseguiti nelle condizioni più diverse, che includono la presenza di
curarizzazione, sedativi, e farmaci anestetici che potrebbero precludere la capacità di performance di altri tests clinici.

Gli errori più importanti nel predire l’outcome sono i falsi positivi, pazienti per i quali un outcome sfavorevole viene
previsto, ma che in realtà hanno un buon outcome.

Il potere predittivo dei PESS bilateralmente assenti è stato dimostrato con studi di metanalisi hanno un’alta probabilità di
un esito sfavorevole con potere predittivo positivo del 98,5%, una specificità del 98,7% e una sensibilità 46,2%; la bassa
sensibilità è dovuta al fatto che un largo numero di pazienti decede senza perdere i PESS o muore senza che questa perdita
possa essere registrata.

Pazienti che muoiono per complicazioni non neurologiche dovrebbero essere una gran parte appartenenti a questo gruppo,
sfortunatamente pochi studi riportano questi dettagli.

Tuttavia, alcuni pazienti con PESS normali andranno male mentre un cospicuo numero di pazienti con PESS anormali
avranno un outcome favorevole

Questi risultati probabilmente riflettono il fatto che alcuni pazienti possono andare incontro ad un deterioramento
secondario. Questo deterioramento può non essere rilevato dai PESS se non vengono eseguiti esami successive, o se i
pazienti muoiono per cause non neurologiche. Tutto ciò è stato già dimostrato in precedenti lavori. Outcome favorevoli
sono possibili anche con PESS anormali, per un fatto semplice, I PESS possono migliorare verso la normalità ma ciò non
può essere rilevato se questi cambiamenti non vengono seguiti da esami ripetuti. La bassa percentuale di falsi positive
(1,5%) è un importante risultato. È di vitale importanza che un test di questa natura abbia una bassa percentuale di falsi
positivi. Il numero dei falsi positivi può essere ridotto solo se i pazienti sono esclusi quando l’analisi con il PESS è
controindicata

I pazienti dovrebbero avere una specifica diagnosi. Una via specifica è coinvolta nella generazione del PESS, perciò lesioni
focali pongono a volte limitazione alla tecnica, e predizione di outcome non dovrebbe essere fatta in simili circostanze.
Queste condizioni escludono pazienti con emorragia del tronco, e raccolte di fluidi extracranici che interferiscono con
l’acquisizione del PESS corticale. Dovrebbero essere esclusi dalla valutazione anche pazienti con craniotomia
decompressiva, che nei primi momenti successivi alla procedura possono presentare una temporanea assenza delle
componenti corticali (15).
POTENZIALI EVOCATI A BREVE LATENZA NEL COMA POST-TRAUMATICO

I PE consentono una valutazione funzionale di vie nervose specifiche e, in tal senso, possono essere considerate come
un’estensione dell’esame neurologico.

Le caratteristiche essenziali dei PE sono:


− Valutazione quantitativa della compromissione delle strutture cerebrali esplorate
− Evidenziare disfunzioni cerebrali che clinicamente non sono valutabili
− Fornire una valutazione complementare alle indagini radiologiche migliorando la conoscenza del danno cerebrale

I PE, quindi, migliorano la valutazione della gravità delle condizioni neurologiche dei pazienti, consentendo un giudizio
prognostico e possono essere preziosi nella diagnosi differenziale dell’origine del coma di incerta eziologia, o quando al
trauma siano associati altri fattori patogenici, ad esempio un’anossia.

Un importante vantaggio dei PE a breve latenza in UTI è la loro resistenza ai sedativi ed anestetici, che permettono una
valutazione funzionale del paziente anche quando EEG ed esame neurologico non siano più attendibili. Il monitoraggio
continuo dei PE può inoltre consentire di valutare in tempo reale l’insorgenza ed evoluzione di eventuali danni neurologici
secondari, analogamente ad altre tecniche di monitoraggio quali PIC e SJO2

In UTI è di fondamentale importanza sia la valutazione delle componenti corticali sia di quelle sottocorticali dei PE: solo
con una adeguata valutazione di queste ultime è possibile una dettagliata valutazione del livello di deterioramento rostro-
caudale del paziente in coma, da cui dipende la prognosi.

L’impiego combinato dei PE uditivi del tronco cerebrale (ABR) e dei PE somatosensoriali a breve latenza (SEP) dell’arto
superiore consente una precisa valutazione delle vie uditive a livello pontino e mesencefalico (ABR), della funzionalità
bulbare, di quella corticale e della conduzione del tratto cervico-cervicale (SEP).

Un primo aspetto metodologico riguarda l’integrità delle vie periferiche, senza la quale è più precaria o impossibile la
registrazione dei PE.
Per quanto riguarda l’ABR, il limite più grave nella pratica clinica è la presenza di fratture della rocca petrosa o di un
emitimpano, relativamente frequenti nel trauma cranico, che aboliscono completamente la risposta evocata: in tal caso
rimane possibile solo la valutazione del lato sano.

Altro problema tecnico può essere l’intubazione rinotracheale, che provocando versamenti ed alterare l’equilibrio
pressorio nella cassa media, con deficit trasmissvo alterando la latenza assoluta e l’ampiezza delle onde dell’ABR.
Le alterazioni sono un aumento di latenza e riduzione dell’onda I, mentre gli intervalli interpicco non sono modificati

Per quanto riguarda i SEP, le lesioni post-traumatiche del plesso brachiale e del midollo cervicale alto rappresentano il
principale ostacolo alla valutazione delle vie centrali; nel secondo caso l’uso dei SEP comunque mantiene la sua validità
diagnostica nella documentazione del blocco di conduzione a livello dei cordoni posteriori e quindi del danno midollare.

I PE A LATENZA BREVE NEL COMA POST – TRAUMATICO

La possibilità di esplorare in modo obiettivo e quantitativo la funzionalità di strutture corticali e sottocorticali, e la possibilità
di una valutazione funzionale anche nei pazienti sedati, ha destato un grande interesse in letteratura sull’impiego dei PE nel
coma ed una notevole mole di dati è stata pubblicata negli ultimi 20 anni.

Esiste un generale accordo sul valore prognostico dei PE, il SEP appare più concordemente affidabile, mentre per l’ABR
alcuni autori riportano uno scarso valore predittivo, soprattutto legato alla maggiore incidenza di falsi negativi rispetto al
SEP.
Il problema è in realtà complesso perché, dai lavori pubblicati, emergono differenze metodologiche importanti ed una grande
variabilità dei criteri di classificazione delle anormalità dei potenziali evocati, sia per i parametri cansiderati che per le soglie
di anormalità di ciascun parametro, rendendo di fatto non confrontabili le diverse casistiche.

Nei lavori più recenti è stato riportato un elevato valore prognostico del SEP nel bambino, con una sensibilità e specificità
di oltre il 90%, ed una superiorità del SEP rispetto all’EEG; è stata ribadita la superiorità del SEP rispetto all’ABR, e
l’aumento della sua affidabilità quando vengono analizzate anche le componenti frontali.

Altri autori hanno tuttavia sostenuto che, per essendo SEP e ABR correlati all’outcome, non presentano alcun vantaggio
rispetto all’esame neurologico, con l’eccezione dei pazienti sedati o curarizzati

Altro aspetto interessante è quello dell’influenza dell’eziologia del coma, sulla classificazione e sul valore prognostico dei
PE in relazione alle peculiarità fisiopatologiche dell’insulto.

In conclusione, l’utilità dei PE a breve latenza nella valutazione prognostica precoce del coma post-traumatico è ormai
indubitabile.

Elementi essenziali sono:


− Il valore limite tra prognosi favorevole e sfavorevole non corrisponde alla soglia di anormalità stabilita come
deviazione dai soggetti sani di controllo.
− Una classificazione appropriata dei PE può cambiare nel tempo in funzione delle nuove conoscenze.
− La classificazione dei PE è sovrapponibile per i pazienti con trauma cranico e quelli con emorragie cerebrali
spontanee.
− Un corretto impiego dei PE nella fase acuta ed il loro monitoraggio seriato consente di migliorare la valutazione
delle condizioni neurologiche del paziente e della prognosi, anche nei pazienti sedati.

EMIPLEGIA – DEFINIZIONI

Con il termine Emiplegia è indicata una forma di paresi di natura centrale che interessa un emilato. L’emiplegia può
presentare diversi fattori eziopatogenetici. In particolare, facendo riferimento all'epoca durante cui esse agiscono possono
determinarsi due forme di Emiplegia:
− Congenita: L'emiplegia congenita è presente fin dalle prime fasi dello sviluppo ed è legata ad encefalopatie fisse,
che si verificano in epoca pre- peri- o immediatamente post-natale, quali malformazioni, danni ipossico- ischemici
o emorragie endocraniche. Essa rappresenta una forma di Paralisi Cerebrale Infantile.
− Acquisita: L'emiplegia acquisita compare, invece, nel corso dello sviluppo per l'azione di noxae patogene diverse,
quali vasculopatie, neoplasie, traumi, processi infiammatori con interessamento del sistema nervoso centrale.
Accanto a queste forme, esistono situazioni in cui l’Emiplegia si presenta come un episodio acuto transitorio: tali
situazioni sono in genere rappresentate dalle paresi che seguono una crisi epilettica (paralisi di Todd), dalle paresi
che accompagnano alcune forme di emicrania (emicrania emiplegica) e dall'emiplegia alternante (una forma a
patogenesi ancora mal definita, caratterizzata dalla comparsa di episodi acuti e transitori di emiplegia, che si
verificano ora ad un lato ora ad un altro)

Il quadro clinico che segue alla lesione cerebrale è determinato dalla localizzazione, dalla causa e dall’estensione del danno.
Spesso si associano ai disturbi motori e sensitivi deficit di natura cognitiva, percettiva e di personalità. Tutto questo porta
ad una condizione di totale o parziale dipendenza dagli altri, con la conseguente comparsa di aspetti psicologici legati al
quadro clinico, elementi da non mettere in secondo piano se si vuole ottenere un buon risultato dal programma terapeutico.

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