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PREMESSA ALLA LETTURA DEI RACCONTI HORROR SCRITTI

DA ALCUNI RAGAZZI DI II A

In classe, dopo aver analizzato la struttura e le tecniche narrativo-linguistiche del

racconto horror, ogni alunno si è cimentato nella produzione di un testo che ne

rispettasse le caratteristiche.

Sono state scritte ventidue vicende interessanti e originali in cui i personaggi, le

situazioni, il tempo ed i luoghi erano volti a suscitare nel lettore una forte reazione di

paura.

Dei ventidue scrittori di II A, solo pochi hanno accettato di pubblicare le loro storie,

perciò, immergiamoci nella lettura di queste, lasciando ad ognuno la curiosità di poter

leggere, un giorno, anche le altre!

Sabrina Marocchi
IL LICANTROPO
Era la sera tardi di un giovedì qualsiasi e come di consueto Simone, un ragazzo biondo, alto, con
splendidi occhi color nocciola e di chiare origini tedesche, stava trascorrendo la notte dal suo caro
amico Dylan.

Scoccarono le ventitré e i due ragazzi si coricarono.

Simone amava trascorrere le giornate con Dylan , infatti possedeva un animo dolce e mite e non
voleva che il suo amico sprofondasse nella solitudine, dopo l'accidentale morte della madre.

Riguardo alla donna, furono molteplici le indagini svolte, ma nessuna venne ritenuta veramente
attendibile, quindi si archiviò il caso, come non risolto.

Dylan cercava di non pensarci, tuttavia la presenza di Simone era fondamentale per lui.

Le prime ore della notte passarono tranquille, finché Simone avvertì degli strani passi sulle scale e
una finestra aprirsi.

Inquietato e incuriosito decise di alzarsi per perlustrare la casa.


Giunse nella stanza del padre di Dylan e si accorse che il letto era vuoto, integro, intatto.

Qualcosa non andava, Simone iniziò a spaventarsi e scorse attraverso la finestra, la luna piena.

Il ragazzo quindi, decise di uscire per raggiungere l'alto monte che dominava la città, dove
raccontavano gli anziani, avvenivano fatti terribilmente macabri e singolari.

Simone, armato di una lampada ad olio, raggiunse la sommità del montagna.

Erano all'incirca le tre e mezza del mattino e la temperatura scese ancora di alcuni gradi.

Il giovane ragazzo infreddolito ed impaurito, trovò rifugio nel capanno presente sul monte.

Fu il suo ultimo sbaglio.

Appena entrò, la sagoma di un uomo si protese verso di lui.

Era il padre di Dylan e Simone era salito fin lassù per lui.

Il protagonista si sentì rassicurare, fino a quando il padre di Dylan esclamò:<<OH, SALVE


SIMONE!>> e di colpo si tramutò in una bestia strana, un licantropo.

Possedeva grossi artigli, un pelo folto e scuro, occhi sbarrati e una lunga e massiccia coda;
afferrò Simone, che nel frattempo sudava fredda e aveva il cuore in gola, quando sentì affondare i
lunghi canini del licantropo nella sua carne per essere completamente sbranato.
Passò la notte.

La mattina seguente Dylan si svegliò di soprassalto e non trovando più il padre e l'amico decise di
chiamare la polizia, ma si accorse che il telefono era scollegato.

A questo punto cercò di fuggire dall'abitazione, ma anche stavolta fu tutto vano; la porta d'ingresso
e le persiane delle finestre erano chiuse e sbarrate.

Dei due ragazzi e del padre di Dylan non si seppe più nulla.

... L'ennesimo caso irrisolto in quella piccola città, che ormai era atterrita da fatti e leggende
orribili e parecchio inquietanti...

Gabriele Silva
RACCONTO HORROR

Un ragazzo della mia età, Jack, va a trascorrere le vacanze in campeggio con un gruppo di amici,
ma una notte, in tenda, non riesce a dormire dalla fame, perciò esce per andare a cercare cibo. Non
avendolo trovato s'incammina e senza volerlo si perde nel bosco, soprannominato “Il bosco del
terrore”. A questo punto sente degli strani rumori, poi un fruscio freddo, quasi come se un fantasma
lo stesse chiamando dicendogli di seguirlo; infine sente delle urla che chiamano aiuto. Jack allora,
impaurito, terrorizzato, corre per salvarsi, ma non ricordando la strada di ritorno si arrende,
sedendosi a riflettere per decidere cosa fare. Poi, sete ancora un urlo e un altro fruscio, ma questa
volta vuole seguirlo! Dopo tanto cammino il fruscio sparisce. Jack si ferma e proprio lì vede un
cadavere...... Di fronte al morto c'è un grande castello esternamente dipinto di un grigio scuro, le
tende delle finestre sono mezze strappate e sporche di sangue secco; all'ingresso c'è un cancello
rovinato e dietro c'è un giardino pieno di rami secchi, fango,erba e scheletri che appartenevano ad
esseri viventi. Il cancello è aperto, perciò Jack decide di entrare; arrivato al grande portone del
castello in rovina, con le gambe tremanti dalla paura, lo apre sentendo alcuni scricchiolii. Entrato
sente ancora degli strani rumori, un fruscio freddo e ad ogni passo che fa si vedono delle ombre
avvicinarsi sempre di più. Le ombre lo circondano e ad ogni angolo del castello si vedono occhi
spaventosi che guardavano verso di lui! Allora Jack, corre in cima alle scale dove non ci sono
spettri terrificanti e proprio lì vede delle macchie di sangue che lo conducono nelle varie stanze.
Jack sente di nuovo degli strani rumori, un fruscio freddo, delle ombre, ma anche voci parlare
sussurrando. Volendo sentire cosa dicono, si avvicina camminando lentamente verso la stanza.
Arrivato alla porta un brivido gli percorre la schiena, dietro di lui compare all'improvviso un mostro
con i denti affilati, alto circa quattro metri: è spaventoso, coperto di un liquido giallo misto a sangue
e porta un cadavere tra le mani. Le voci spariscono, Jack spaventato non sapendo cosa fare, corre
scendendo dalle scale, ma cade inciampando e sviene. Dopo tante ore si risveglia in una stanza
spaventosamente buia, ma gli strani rumori e i fruscii freddi non si sentono più. Jack accende una
candela con un accendino che ha portato per il campeggio e vede nella penombra tre bambole senza
vestiti e con i capelli rovinati. Una bambola inizia a parlare dicendogli di girarsi. Appena si volta,
rivede il mostro con un coltello affilato e sporco di sangue...........

(Ancora oggi, Jack viene ricordato da tutti come “Il giovane campeggiatore morto accoltellato”)

Tutti coloro che si avvicinano al castello del bosco del terrore, raccontano di sentire le urla
strazianti di Jack!
Monica Bigatti
LA BESTIA

Sono ormai passati tre mesi da quando abbiamo lasciato parenti, amici, la nostra abitazione e tutte le
cose a noi più care.

Siamo in questo terrificante castello in cima alla collina, prigionieri di una bestia spaventosa,
divoratrice di uomini.

Abbiamo tentato ogni possibile piano di fuga, ma Lei sembra essere dappertutto: in ogni stanza e in
ogni corridoio.

I suoi occhi rosso fuoco ipnotizzano gli uomini sino a farli impazzire, imponendo loro di
sottomettersi al Suo volere, per poi essere ridotti ad un mucchio di ossa dalle Sue imponenti zanne
aguzze.

E’ iniziato tutto come uno stupido gioco.

Una mattina dei signori in borghese vennero al villaggio e ci invitarono ad una caccia al tesoro al
castello di Lancaster, il cui premio sarebbe stato in denaro.

Molti accettarono, tra cui io ed Emily, un’amica che viveva di fronte a me. Ci dissero di non portare
né valigette né zainetti, poiché la sera saremmo tornati al villaggio, invece…

Quando giungemmo al castello ci chiusero in una piccola stanza, dove filtrava solo un raggio di
sole; la cosa che mi fece subito rabbrividire fu il mucchio di ossa umane posto in un angolo buio e
freddo.
Quando arrivammo qui eravamo in cinquanta, mentre poi restammo solo io ed Emily. Tutti gli altri
infatti, vennero sbranati e andarono a formare un altro cumulo di ossa, dove sarebbero rimasti,
dimenticati da tutti e dal mondo.

Iniziai a sentire dei passi, sempre più vicini, sentii il chiavistello della porta tintinnare, un colpo di
mandata ed eccolo che apparve, sulla soglia del portone. Indossava un mantello strappato, gli occhi
erano più rossi che mai e la sua folta pelliccia scura era macchiata di sangue umano.

Gettò un’altra vittima nell’angolo e poi ci lanciò una rapida occhiata, che mi fece gelare il sangue
nelle vene, per poi sparire chiudendo con forza la porta.

<< Emily! Emily! Svegliati, è il momento di andare! >>. Le dissi.

Si svegliò di colpo e annuì. Prendemmo la corda che avevamo nascosto e la calammo giù per la
finestra e scendemmo. Facemmo quella corda strappando i vestiti di quelle povere vittime, infatti
pensammo che a loro non sarebbero più serviti.

Quando fummo a terra iniziammo a correre e a correre, finché non ci fermammo per la stanchezza
accanto ad una roccia.

Ad un certo punto calò una nebbia fittissima e da dietro il masso sbucò una testa ripugnante che si
scagliò contro Emily, strappandole la gola. Ero nel panico, sentivo gelidi brividi salirmi lungo al
schiena; ripresi a correre.

La Bestia mi inseguì, cercai di seminarlo ma era troppo veloce. Ero allo stremo delle forze, quando
mi lasciai cadere. Non feci in tempo neppure a gridare che già lunghe zanne affondavano nel mio
collo; chiusi gli occhi, quasi per accogliere quella gelida morte che già incombeva su di me.

Alessandro Moretti
L’UOMO MISTERIOSO
Ero a casa da solo. Restare a casa da solo, fin da bambino non mi era mai piaciuto, ma per quella
volta dovevo farmi coraggio. Andai in bagno con dei passi felini ed astuti perché avevo paura e
volevo prepararmi ad ogni eventuale pericolo. L’orologio m’infastidiva con il suo ticchettio …
Perché non era mai regolare quel dannato minuto? Una volta uscito dal bagno tornai in camera a
fare i compiti, ma stava succedendo qualcosa di strano che non riuscivo a capire. Decisi allora di
scoprire cosa stava accadendo, perciò misi insieme tutto il coraggio che avevo e uscii dalla stanza.
Mi avvicinai di soppiatto al salotto. Tutto d’un tratto le luci si spensero e il mio orologio smise di
ticchettare fastidiosamente. Mi salì un brivido lungo la schiena e sentii una risata malvagia. Solo a
quel punto mi accorsi che c’era qualcuno proprio davanti a me. Era un uomo alto, magro, con un
viso pallido e con la bocca ricoperta di sangue. L’uomo mi prese per un braccio, soffocai un urlo e
mi portò nella soffitta. Mi iniziò a bisbigliare cose come: “Devi morire e al più presto!”. Cercai di
scappare ma mi afferrò, pensai che i miei genitori non sarebbero tornati fino alle undici di sera, ma
erano solo le tre del pomeriggio, quindi non mi potevano salvare. Iniziai a tremare dalla paura e la
vista mi si annebbiò, vidi solo una spada lunga ed affilata e dopo qualche secondo ero già morto.

Michela Telò
IL PAESE DEGLI ORRORI

In un paesino sperduto tra le montagne, incominciarono ad accadere delle cose strane, ovvero
sparizioni di donne con caratteristiche in comune: i capelli castani e gli occhi azzurri.

Tutti gli abitanti non si accorsero che dietro l’aspetto esteriore di Ernesto, un uomo colto e raffinato,
si nascondeva un’anima pazza, pervertita ed oscura che amava spaventare ed uccidere donne con
quei precisi particolari. Si ingegnava in tutti i modi per far fare a quella poverette una fine tragica ed
inspiegabile.

Tuttavia Jade, una ragazza di quel paesello, sapeva che Ernesto era molto gentile e posato, infatti la
trattava come una figlia perché gli ricordava la sua primogenita, che non poté crescere perché uccisa
da tredici coltellate al cuore…tredici come i suoi pochi anni di vita. L’assassino ancora oggi resta
avvolto nel mistero e vi resterà per sempre.

Ernesto era ormai in pensione e Jade aveva ventisei anni, aveva i capelli castani e gli occhi azzurri
come l’acqua delle spiagge dei Caraibi.

Jade rimase colpita dalla tenerezza di quel signore e si trasferì in un appartamento accanto alla sua
enorme casa, che era molto regale ed era arredata nei toni del porpora e dell’oro.

Una sera, mentre la ragazza faceva un caldo e rilassante bagno, accadde una cosa assai inquietante:
lo specchio divenne nero come il catrame e dentro comparve una… Maschera! Una grossa
maschera di legno dipinta di bordeaux che cominciò a parlare con voce profonda.

Disse: “Oh mia splendida Jade, di sotto ti attende un banchetto sfarzoso, ma prima devi dormire un
po’…”. E la ragazza perse i sensi nella vasca piena di schiuma.
Jade si risvegliò di soprassalto in un sudicio scantinato, su un tavolo d’ospedale.

Aveva il torace squarciato da una lurida mano priva di guanto in gomma.

Un uomo abbastanza alto portava sul viso l’agghiacciante maschera dello specchio.

La sfortunata alzò a fatica la testa per vedere con i suoi occhi l’orrore che le stava accadendo.
L’uomo mascherato le stava inserendo nella cassa toracica una marea di larve di… termiti!

In pochi millesimi di secondo si accorse che era anche legata al tavolo operatorio.

Sentiva la fine, era vicina quando… l’uomo si tolse la maschera… ERNESTO!

Claudia Palmieri
LA BAMBOLA MISTERIOSA
Il 23 Marzo 1970, una bambina di nome Grey Banni che aveva l'età di 10 anni, desiderava molto
una bambola, perciò la mattina seguente andò in un negozio sconosciuto che da subito si rivelò
inquietante.
Una volta entrata, vide una bambola simile a lei, così la comprò.
Il negoziante, dal volto colto e raffinato, disse a Grey che quella bambola non doveva mai essere
lasciata sola.
Tutta contenta, la bimba arrivò a casa e la prima cosa che fece fu quella di giocare con Anna: questa
infatti era il nome dato alla bambola.
Trascorsi tre giorni, Grey partì con la sua famiglia e Anna per una vacanza nella sua casa in Austria.
Dopo essere arrivata sul posto andò subito con la mamma e il papà a giocare a pallone.
Arrivata sera, Grey e Anna prima di mangiare andarono sull'altalena per giocare, ma dopo dieci
minuti, la mamma chiamò Grey per la cena al ristorante e si dimenticarono la bambola fuori dalla
casa, tutta sola.
Finita la serata, la famiglia rincasò, perciò una volta arrivata andarono a dormire.
Nel corso della notte Anna si vendicò di essere rimasta sola e, alle 23,00 si sentì un rumore di passi
che si avvicinarono sempre di più . Nel silenzio della notte udì una vocina indemoniata che diceva :
"GREYYYY GREYYYYY GREYYYYY" ......
La bambina si nascose sotto le coperte e Anna, dopo aver ucciso i genitori di Grey, affondò la lama
affilata del coltello nel corpo della bambina.
In seguito a questo accaduto, tutto tacque per sempre in quella casa.
A me, la storia che ho inventato, fa capire che un amico è come un tesoro e non bisogna mai tradirlo
né lasciarlo solo.
Lorenzo Bianchetti

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