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7. Dall’etica della risposta alla teologia morale
Qui dobbiamo interpretare l’etica partendo dalla rivelazione di Gesù.
C’è sempre un legame forte tra teologia (domanda su Dio) e antropologia (domanda sull’uomo).
Ma la bibbia ci dice una verità ancora più grande : non è l’uomo chi cerca Dio, ma è Dio chi cerca
l’uomo. Nella prospettiva di fede. Gesù è la risposta piena del Padre al bisogno di essere dell’uomo.
La morale cristiana non è mai una morale individualistica, è sempre una morale di relazione.
Cioè, nessun vive per se; dobbiamo vivere per gli altri nella prospettiva cristiana. La teologia qui,
non ha soltanto l’obbiettivo di rispondere al bisogno di essere, mi realizzo me stesso.
L’uomo chiede l’essere, ma Dio gli dà qualcosa di prezioso chi è la vita del Figlio (Gesù). L’uomo ha
bisogno di essere, la risposta radicale è proprio Dio, perché Dio è il creatore dell’essere dell’uomo.
La risposta di Dio come ci testimonia la rivelazione è quella dell’amore. Allora, riusciamo ad
interpretare l’antropologia dell’indigenza in una chiave chi è quella dell’Amore. Come l’uomo ha
bisogno di essere; Dio riempie questo bisogno. L’Amore è il bisogno più profondo dell’uomo.
Nella concezione cristiana, ogni tipo di verità alla fine trova il suo punto di riferimento in una
persona, in una vicenda, in una vita, chi è Gesù Cristo.
Questa verità chi è Gesù Cristo incontra l’uomo chi è parola parlata (significa l’uomo “oggetto”
è stato creato dalla parola) e parola parlante (significa che l’uomo “soggetto” riesce a rivolgersi in un
dialogo di amore, con Dio).
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La morale fondamentale ci dà anche, gli istrumenti per vedere se un fatto è verro o sbagliato. Il suo obbiettivo non è di
giudicare un fatto si è verro o falso.
Il cuore della teologia morale è Gesù, la teologia morale è fondata su Gesù. Allora, uno degli interessi del nostro corso
sarà: il discernimento morale.
Il fondamento del dovere morale e il bisogno e non il potere, quindi più uno ha bisogno, più ho dovere di rispondere a
quel bisogno.
L’uomo è l’essere del bisogno, come dice l’antropologia dell’indigenza
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CAPITOLO III. BIBBIA E TEOLOGIA MORALE
La teologia morale trova le sue fonti nella rivelazione di Dio (la bibbia e la tradizione).
Il concilio dice che la teologia morale è maggiormente fondata sulla sacra scrittura.
Il primo pericolo che La teologia morale non trova direttamente nella bibbia le regole di condotta, cioè
come l’uomo deve comportarsi.
Il secondo pericolo è il fondamentalismo: che non accetta l’interpretazione o l’ermeneutica, non
accetta di leggere la bibbia secondo l’intenzionalità di Dio.
Il fondamentalismo: derivare immediatamente le norme di condotta morale dalla lettura della
bibbia. Ex: i testimoni di Geova dicono che non si può fare la trasfusione del sangue, perché è
scritta nella bibbia. Ci vuole fare attenzione di fare una lettura fondamentalista della bibbia.
Ex: Paolo diceva che gli schiavi devono essere sottomessi ai loro padroni. Quale sarebbe la
lettura fondamentalista? Sarebbe dire che la schiavitù è giusta perché è scritta nella bibbia.
Ex: il suicidio è moralmente illecito o sbagliato? L’eutanasia è giusto ho sbagliata, dove è scritta
nella bibbia? è sbagliata perché c’è scritto nella bibbia non assassinare. La clonazione umana è
moralmente giusta o sbagliata? Dove sta scritta nella bibbia?
Il problema consiste nel fatto che il teologo morale non può fare teologia morale senza la sacra
scrittura. Dall’altra parte il teologo morale deve essere così intelligente da pensare che non può
prendere la sacra scrittura come un pazzo di cui ha tutti pezzettini che gli servono per comporre la
verità morale, non è questo.
Nella bibbia troviamo una morale rivelata, questa morale rivelata è un dono.
Che cosa la teologia morale deve raccogliere come valido per sempre all’interno della sacra scrittura?
R/ l’intenzionalità divina circa la verità del vivere umano. Perché Gesù non risolve immediatamente il
problema. Però Gesù ci dà le chiave di comprensione per capire la vita (l’intenzionalità).
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CAPITOLO IV. L’EVENTO CRISTO E LA TEOLOGIA MORALE
Lettera enciclica Veritatis splendar, 6. VIII. 1998, 19: questa enciclica nel numero 16 afferma che Cristo è
il fondamento essenziale e originale della morale cristiana.
1. L’esperienza morale del cristiano
L’esperienza: è la percezione della realtà, è un modo di reagire nei confronti delle situazioni, un modo
con cui conoscere il fatto che io vivo. L’esperienza non è uguale per tutti, ognuno ha la sua esperienza.
(Ex: l’esperienza di salire sul pullman 64 a Roma sempre pieno di gente).
L’esperienza morale: Una esperienza diventa esperienza morale, quando realizza la mia dignità di
persona. Non c’è un elenco di esperienza morale. (Ex: Sono seduto nel 64, vedo un anziano che non ha posto da sedere).
L’esperienza morale nella fede: è una esperienza morale ma partendo d’intenzionalità di Gesù.
Cioè non influisce solo sulla mia dignità di persona ma influisce anche sul mio rapporto con Gesù Cristo.
(Ex: rubando, io non entro solo in conflitto con la mia dignità di persona, ma faccio entrare in conflitto il mio rapporto con
Gesù (questo è una esperienza morale fatta da cristiano). Il fondamento di questa morale alla luce della fede è Cristo. )
Akoloteo: seguire, il discepolato, la sequela di Cristo è un modo per dire che proprio lì si trova la
caratteristica della nostra morale.
2. Rapporto tra etica laica e teologia morale
L’oggetto o il contenuto è lo stesso (il comportamento umano in tutti gli ambiti), essi cercano di
capire ciò chi è giusto e ciò chi è sbagliato.
E. Lecaldano: l’unica etica possibile è una etica laica o etica senza Dio. Perché l’etica da Dio significa
negare la natura autonoma dell’etica.
Il Papa Paulo VI: (nell’enciclica Umane vite, nel 1968), affermava che l’obbedienza a quello dice il
magistero (sulle questioni morali di oggi, ex: clonazione, contraccezione, ecc.) è obbligatoria
non solo per le argomentazione razionale ma perché soprattutto è assistito dallo spirito santo.
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4. Autonomia morale oppure etica della fede?
Qua si cerca di capire se la morale autentica possa darsi senza riferimento alla fede;
oppure ci sia bisogno della fede per avere una morale autentica?
1) Gli autori che pensano che sia possibile di concepire la teologia morale anche sulla base della ragione
(es: il teologo tedesco Alfons Auer) dicono che la morale s’interessa delle situazioni di vita dell’uomo
all’interno di questo mondo nei diversi ambiti della sua esperienza cercando di capire che cosa sia
giusta e che cosa sia sbagliata attraverso (La ragione – la coscienza).
2) Gli autori che sottolineano invece all’interno della chiesa la necessità di fondare la morale sulla fede
cristiana pensano che è possibile anche precedendo dal riferimento (di Cristo - dalla fede).
Ex: dare da mangiare ad un affamato. Anzi l’ateo può farlo partendo dalla sua coscienza, ma il
modo di fare di un cristiano fa riferimento a Cristo (l’intenzionalità di Cristo).
La morale cristiana non è la morale dei cristiani ma la morale di ogni uomo che vuole essere da vero
un uomo autentico. Perché l’autenticità dell’umano si trova in Gesù Cristo è il vero uomo,
il perfetto. Noi siamo stati creati all’immagine di Cristo. Anche l’ateo che non conosce Gesù, però si
vuole esprimere a pieno la sua umanità deve vivere secondo quanto Cristo chiede.
3) Orientamento di soluzione nel confronto tra Etica della fede e Autonomia morale:
A. L’esperienza morale della fede (il modo): è la capacità di raccontare la dimensione morale
della fede. Perché la fede è un dono di Dio, è l’accoglienza e l’adesione a Gesù, tramite la
mediazione della coscienza morale.
B. L‘esperienza morale nella fede (il valore): è il valore che riguarda ciò che è umanamente
degno e umanamente sbagliato che è comuni a tutti; ma il modo di viverla è più diverso.
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CAPITOLO V: LA LEGGE NATURALE
Nella nostra percettiva la legge naturale dell’uomo è l’amore. Perché? Perché l’uomo ha l’obbligo di
realizzare la propria natura profonda, che è costituita dall’amore. Tutto ciò che realizza l’amore è
secondo la legge naturale; tutto ciò che contrasta l’amore è contro la legge naturale. (EX: il rapporto
omosessuale non realizza l’amore)
Ex: rendere navigabile il fiume non navigabile è comportarsi secondo la legge naturale solo quando
questo processo è un gesto di amore: quando il rendere navigabile il fiume serve di trasportare il cibo
per i poveri ad esempio qui va bene, ma quando il rendere navigabile un fiume aiuta facilitare la guerra
tra un popolo è un altro non va bene.
Per San Tomaso è chiaro che i 10 comandamenti fanno parte della legge naturale.
San Tomaso dice è secondo ragione quindi secondo la legge naturale che le cose prestate vanno
restituite al proprietario, però dice San Tomaso questo è vero nella maggioranza dei casi ma certe
volte non è vero. Ex: si uno mi ha prestato la spada e me la richiede e io sono sicuro che nel momento
in cui io li do la spada lui la usa per uccidersi Non glielo do.
San Agostino
Agostino ci dice che dobbiamo fare attenzione perché la bibbia non serve per descrivere la legge della
natura, ma invece ci dice che dobbiamo andare in paradiso (il destino dell’uomo), parla della
resurrezione e della vita eterna e del regno dei celi. Non dobbiamo essere ridicolo nel prendere la
sacra scrittura come un libro di geografia, di storia, di scienza naturale. Questo è per dire che
la legge naturale non è l’oggetto della sacra scrittura.
Come diceva Galileo: “la bibbia non ci dice come va il cielo, ma come si va in cielo”.
San Tomaso
La legge naturale si capisce sotto due punti di visa:
1- Il primo fa riferimento alla legge eterna di Dio, cioè la preoccupazione di Dio a ordinare il mondo
in modo provvidenziale (Il mondo gira come un programma secondo la provvidenza di Dio, e gli
esseri creati portano avanti questa programma)
2- Il secondo fa riferimento alla partecipazione, cioè la legge naturale è la partecipazione della
creatura razionale alla legge eterna di Dio (cioè alla provvidenza di Dio sul mondo). La legge
naturale è l’obbligo dell’uomo di entrare nel cuore di Dio e chiederci come esercitare, interpretare,
prolungare questo amore provvidenziale di Dio sul mondo.
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L’uomo non è l’unico essere creato che è chiamato da Dio a partecipare alla legge eterna, ma tutti gli
esseri viventi manifestano qualcosa della legge eterna di Dio. Però l’uomo ha una cosa particolare cioè
l’uomo, come Dio, non deve pensare solo a sé, ma deve essere provvidenza anche per gli altri,
compreso il resto del creato. Perché l’uomo ha la consapevolezza, la libertà, la responsabilità.
Ex: si vediamo che il fiume va a destra e che c’è una possibilità di portarlo anche a sinistra ad esempio
per un ben essere comune, va bene. Perché questo è partecipare alla provvidenza divina. Quindi per
Tomaso il motivo che spiega la legge naturale è l’Amore. Cioè l’amore è la ragione, la causa della legge
naturale, come una delle componenti.
L’essenza della legga naturale è l’ordine del mondo con la provvidenza di Dio.
Il motivo della legga naturale è l’amore con cui l’uomo partecipa alla provvidenza di Dio su di sé e sul mondo.
La legge naturale a livello trascendentale è immutabile, assoluto e universale: significa che l’obbligo dell’uomo
ad amare è immutabile, cioè non cambia in nessuna epoca; l’obbligo dell’uomo ad amare è assoluto: non
emette nessun’ accezione, l’obbligo dell’uomo ad amare è universale nel senso che si realizza dovunque.
L’interpretazione storica della legge naturale può cambiare nel tempo; ma la legge naturale a livello
trascendentale non può cambiare mai (Ex: Tutti gli uomini hanno la stessa dignità, invece storicamente non è
che è funzionato sempre così).
Ma il problema che, nella realtà, questa legge naturale non si dà mai a livello trascendentale, si dà sempre a
livello di interpretazione storica normativa, (Ex: Non si può mai rubare, questo è giusto. Ma si io sto morendo di
fame è vedo un banco di frutta è prendo una mela, io ho compiuto un atto buono oppure non?)
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CAPITOLO VI: L’OPZIONE FONDAMENTALE O LA DECISIONE FONDAMENTALE
1. Significato
La decisione fondamentale è quella che sposta l’accento decisamente dagli atti alla persona.
L’opzione fondamentale sposta la domanda da che cosa voglio fare a chi voglio essere,
e successivamente giungere che cosa voglio fare, per diventarlo.
La risposta alla domanda di “chi voglio essere” è duplice: buono o cattivo. Quindi il carattere
morale della persona è duplice o buona o cattiva. Quindi la persona decide di essere cattiva
significa che la persona rifiuta il bene.
L’opzione fondamentale riguarda la persona e le sue azioni. Quindi dà più importanza alle azioni o
alla persona? Alla persona. Ma non esiste però senza azione.
La sorgente: l’origine, il punto dove nasce l’acqua (se la sorgente è buona darà acqua buona).
se l’opzione fondamentale è buona, di conseguenza le azioni che la persona farà saranno buone.
L’orizzonte: Il panorama che si vede. L’orizzonte è infinito, ed è sempre più vaste. L’opzione
fondamentale è sempre più grande delle azioni che noi facciamo, per esempio: se io, ho fatto il
bene 50 volte, mi rimane sempre lo spazio per fare altro bene.
Per il cristiano l’opzione fondamentale è l’accoglienza della persona di Gesù e la sua amore
(Il bene), come sorgente e orizzonte ultima della sua vita morale.
La scelta dello stato di vita (modo, stile di vita) è una decisione vitale, che determina il
carattere di definitività.
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CAPITOLO VII: LA COSCIENZA MORALE
Per San Bernardo la verità della coscienza è legata al rispetto della legge naturale,
Invece per Abelardo la verità della coscienza è legata al rispetto della sincerità della persona.
Ma in realtà la coscienza è vera quando rispetta ambedue: la legge e la sincerità della persona.
2) La seconda coppia di personaggi sono San Buonaventura e San Tommaso:
Per San Buonaventura (francescano) la realtà della coscienza si capisce soprattutto a partir
dall’affettività, dal cuore. Lui dice che la coscienza morale è formata da due contenitori:
a) cosciensia è il compito di abilitare l’uomo ad attendere verso tutto ciò che è bene
b) sinderesis (scintilla) è l’atto particolare con cui la cosciensia morale abbraccia il bene.
La coscienza è come il messaggero di Dio.
Per San Tommaso (dominicano) la realtà della coscienza è legato alla ragione (l’intellectus).
E la coscienza morale è come un cuore che non ha due parti ma tre parti:
a) Sinderesis (qui ci sono i principi primi dell’agire: fare il bene e evitare il male);
b) Coscienza acquisita (l’uomo crescendo impara delle norme o verità morale);
c) L’atto della decisione (è la decisione della persona di compiere un atto perché buono o
di non compiere l’atto perché non è buono).
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4. Sintesi di Gaudium et Spes 16: La coscienza invincibilmente erronea
Il concilio definisce la coscienza dicendo che è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo dove egli
si trova solo con Dio la cui voce risuona nell’intimità proprio. Il concilio affermava che la coscienza
è la voce di Dio che lo chiama (fare il bene e evita il male). La dimensione oggettiva (la legge)
La coscienza che è erronea per ignoranza invincibile e che non perde la sua dignità: Il concilio dice
che la coscienza che sbaglia in buona fede mantiene la dignità personale e non fa peccato.
San Bernardo non sarebbe d’accordo con questa concezione. In questo senso il concilio dà ragione
ad Abelardo. Ex: ho l’intenzione di dare il miele a un fratello malato, ma inconsapevolmente lo do
il fiele …, in questo caso la mia coscienza è erronea per ignoranza invincibile, quindi non perde la
mia dignità e non ho peccato dice il concilio, perché è un sbaglio di buona fede. L’essere buono e
l’essere cattivo non si dà al di fuori della coscienza.
San Tomaso, in qualche modo ci viene in aiuto distinguendo nella voce di Dio (la coscienza) due
livelli: Volitum (volontà/desiderio) e Operatum (Opera).
Il risulto finale della nostra volontà del bene è l’operato. La coscienza può sbagliare a livello
dell’Operatum, ma questo non è la voce di Dio (la voce di Dio è sempre verso il bene). Però
La coscienza non sbaglia mai a livello del Volitum (il desiderio sincèro di fare il bene).
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CAPITOLO VIII: IL PECCATO
1. IL concetto di peccato:
Senza Dio non c’è il senso del peccato perché così si manca il senso del tradimento
di rapporto interpersonale, si manca anche il senso del perdono. (Non c’è un tradimento di me stesso,
perché il perdono non è un’azione riflessiva)
La radice del peccato non è il fatto della debolezza, ma piuttosto:
o Il fatto dell’eccessiva preoccupazione di se e del disinteresse nei confronti degli altri (l’egoismo).
o Il fatto del rifiuto del riconoscimento dell’aiuto di Dio e degli altri (l’orgoglio).
o Il fatto dell’alienazione vuole dire, mancanza di relazione con Dio e con gli altri.
Quindi la radice del peccato è antropologica. (Come la caduta dell’uomo nel Genesi 3)
Il peccato veniale è come una cosa riparabile, e il peccato mortale è come una cosa irreparabile.
Il peccato mortale è irreparabile da parte dell’uomo (perché con il peccato mortale l’uomo rompe
totalmente la relazione con Dio) ma non necessariamente da parte di Dio, nel senso che Dio per
misericordia sua può rinnovare la sua amicizia.
Secondo San Tomaso il peccato mortale è proprio la distruzione irreparabile da parte dell’uomo. Il
peccato mortale è più grande, ma non è completamente giusta che un peccato mortale sia più grande
di tutti peccati veniali, perché facendo tanti peccati veniali possono cambiare piano piano la mia
opzione fondamentale è quindi così potrò arrivare a commettere il peccato mortale.
Il peccato veniale non può cambiare l’opzione fondamentale dell’uomo. Ma anzi può indebolire
l’opzione fondamentale. Perciò Si facciamo i peccati veniali, dobbiamo anche nutrire l’opzione
fondamentale e facendo altri atti buoni. Perché un relazione di amore non nasce o muore
all’improvviso ma lentamente attraverso piccoli atti.
Non è peccato il male fatto da qualcuno che ha una coscienza invincibilmente erronea; anche se il
pale permane; il peccato va sempre con una coscienza che sa quello male che fa.
La coscienza morale non è responsabile solo dell’atto della decisione ma ed è anche responsabile del
cammino della formazione della persona che ha condotta quella decisione particolare.
Per certe azioni è difficile capire l’intensione, ma per altre azioni l’intenzione già è chiaro (ex:
mostrare il fiore a una donna / mostrare una pistola a qualcuno). Questo vuole dire che ogni azione fa
riferimento ad’ una intensione particolare dell’agente (a una persona),
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Non possiamo determinare la gravita della materia senza nessun rapporto con la persona perché il
peccato mortale ha due dimensioni:
o La dimensione oggettiva cioè l’importanza dell’atto o dell’azione (la materia grave)
o La dimensione soggettiva cioè l’importanza della biografia della persona
(la piena avvertenza e il deliberato consenso).
La gravità, le circostanze e la quantità della materia possono determinare la gravità della materia.
È la consapevolezza e la libertà che determinano la materia grave ma non è la materia grave che
determina la consapevolezza e la libertà.
o Es1: Il furto di una barretta di chioccolato nel supermercato non è la materia così grave come il
furto di 100 miliardi di euro nel banco (La quantità) La materia è la stessa rubare ma cambia la quantità.
o Es2: Rubare l’ostia consacrata è un peccato mortale perché la materia è grave.
o Es3: diventa materia grave vendere il pane cotto ad un prezzo troppo alto, oppure rubare 100
monete d’oro non è materia grave di un furto ad un uomo ricchissimo. Perché una insieme di
piccoli furti possono considerarsi come un unico furto e la materia diventa grave.
C’è un utile distinzione tra bontà e correttezza come tra malizia e scorrettezza. Questo distinzione ci
aiuta a capire che non necessariamente un atto gravemente scorretto debba classificarsi in modo
automatico come un peccato mortale. Perché rimane un grave atto scorretto, ma non un grave atto
cattivo cioè non un peccato mortale. (Es: uccidere con pistola che non so usare)
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