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Storia della lingua italiana

Lezione 1 - 16/09

Storicità —> la storia è molto importante poiché influenza lo sviluppo


della lingua e la lingua stessa attraversa i secoli dalla sua nascita ad
oggi.
Quando nasce la lingua italiana? Dipende da cosa io intendo definire,
poiché non è possibile stabilire una sola data precisa per la nascita di
una lingua. L’italiano nasce dal latino quindi non c’è un momento preciso
in cui si forma, è un processo in divenire, un cambiamento graduale che
porta tutt’oggi alla continua evoluzione. Ci sono tuttavia delle date
emblematiche, ad esempio il 960-963 d.c., data scritta e documentata a
cui risalgono i placidi capuani. Si tratta di documenti notarili, verbali
in latino riguardo la contesa delle terre. I documenti in sé sono scritti
in latino che era la lingua giuridica, tuttavia, nel momento in cui
vengono riportate le parole dei testimoni compaiono termini in volgare
locale. Il notaio allora trascrive le parole dei testimoni senza
tradurle, anche se i testimoni stessi conoscevano la lingua latina dotta
giuridica, per farle capire all’uditorio. Anche se la lingua volgare
esisteva già molto probabilmente, questo è il primo testo scritto che la
riporta. Inoltre, i volgari formati dalla trasformazione del latino sul
suolo frammentato italiano sono molti e molto diversi tra loro. Abbiamo
un’idea di tale diversità poiché conosciamo gli attuali dialetti,
tuttavia i differenti volgari locali parlati erano molto diversi. Tali
volgari rimanevano comunque prettamente parlati poiché nei documenti
scritti si manteneva la lingua latina dotta, perciò il 960 è una data
simbolica dopo la quale il volgare continua a non comparire nei documenti
scritti. Non esiste un italiano ma tanti volgari locali (policentrismo e
plurilinguismo). Questa situazione policentrica e plurilinguistica va
avanti per tutto il medioevo circa, perciò è importante chiarire le date
che comprendono questa età, ovvero dal 476 d.C. (caduta impero romano
d’occidente) al 1492 d.C. (scoperta dell’America). Ad un certo punto nel
tardo medioevo succede qualcosa che turba questa situazione
plurilinguistica (fine 1200-inizio 1300) ovvero la pubblicazione della
Commedia da parte di Dante Alighieri, un’opera senza eguali che viene
concepita in un momento in cui la maggior parte della letteratura
continuava ad essere scritta in latino. A partire dai placidi campani del
960 alcuni testi di generi disparati e vari continuano a portare avanti
la ‘letteratura’ volgare, ovvero la lingua volgare scritta. Vale la pena
ricordare il più antico testo in volgare toscano, ovvero la Postilla
Amiatina del 1087 d.C.. Successivamente, agli inizi del XII secolo, nei
pressi di Pisa, viene redatto un conto navale, un testo di tipo pratico
inerente all’ambito contabile. Il primo testo fiorentino in volgare
risale al 1211, un frammento di un libro di conti bancari fiorentini. Il
fiorentino ha un’escursione nel volgare che nel corso di nemmeno un
secolo va da un testo come quello del 1211 ad un capolavoro come la
Commedia di Dante. Ovviamente dietro ciò è presente uno sviluppo fiorente
e ricco dal punto di vista economico e sociale, tuttavia, sicuramente,
con Dante vengono cambiate le carte in tavola. Con la Commedia
l’importanza stessa del volgare fiorentino assume un peso diverso e a
testimonianza del successo di questo testo c’è il gran numero di codici ,
molti settentrionali a causa delle tappe dell’esilio di Dante, copiati
della Commedia stessa giunti fino a noi (circa 800). Divenne senza dubbio
un best seller dell’epoca. Inoltre, i copisti settentrionali copiavano il
testo della Commedia liberamente e di Dante non resta nessun autografo,
perciò uno dei problemi più spinosi della filologia italiana è quello di
stabilire quale fosse la versione originale della Commedia stessa scritta
interamente in volgare fiorentino. Tuttavia, il successo della Commedia

cambia le carte in tavola poiché, se prima tutti i volgari italiani erano


considerati più o meno equivalenti con qualche scritto qua e là, ora
Dante pone il volgare fiorentino su un altro piano. Il successo della
Commedia vuol dire anche il successo del volgare fiorentino. La Commedia
viene recitata, viene letta, viene copiata, ed è così che il volgare
fiorentino si diffonde ed inizia ad essere imitato in tutta Italia. Di
ciò ci rendiamo conto fin da subito, fin dal 1400, anche se il volgare ha
una battuta d’arresto a causa dell’umanesimo. Petrarca, ad esempio,
scrive i Frammenti in Volgare ma la maggior parte delle sue opere sono
scritte in latino ed è a questa lingua che Petrarca affida il proprio
successo. Dopo, con il 1500, il volgare diventa una lingua egemone
letterariamente, una lingua alla quale guardano gli scrittori e i
letterati. Nel 1500 il volgare fiorentino viene ufficializzato come
lingua italiana ed è da questo momento che si inizia a parlare di
Italiano come una lingua unica e comune. Iniziano a diffondersi i
vocabolari del lessico italiano con le terminologie lessicali fiorentine
e tutta l’Italia è propensa ad adeguarsi a tale lingua. Ovviamente si
apre la questione della lingua a causa della frammentazione territoriale
ma si gettano le basi per una lingua definitiva. Se Dante dà la materia
prima, ovvero la Commedia, le grammatiche cinquecentesche vengono scritte
soprattutto da veneti, tra cui Pietro Bembo ne ‘Le prose della volgar
lingua’.
Il fiorentino si impone per meriti letterari riconosciuti da tutta
l’Italia, meriti non imposti da Firenze o dai fiorentini ma riconosciuti
dall’intera classe letteraria italiana.
Età Moderna -> 1500-1861, quando l’Italia diventa una nazione, momento
cardine della storia. Fino a quel momento il territorio è frammentato e
l’italiano esiste unicamente come lingua letteraria, una lingua appresa
dalle classi nobili ed usata nelle opere ma non ancora parlata, come una
norma letteraria alla quale coloro che scrivono si devono adeguare. Nel
momento in cui si forma uno stato le cose cambiano poiché uno stato
necessita di una lingua comune di comunicazione, scritta e parlata. Ecco
che il terzo e ultimo periodo dello sviluppo della lingua italiana viene
identificato negli anni post unitari. La questione dell’italiano, della
lingua stessa, diventa uno dei maggiori problemi civili al quale l’Italia
si trova a dover far fronte. È qui che si inserisce il contributo di
Manzoni nel definire la progressiva diffusione dell’italiano che
continuerà nel 1900 fino a portare l’Italiano ad essere una lingua comune
a tutto il territorio. Restano senza dubbio i dialetti ma sono soggetti
ad un’inesorabile e inarrestabile regressione. Da notare è che il termine
dialetto non viene usato per definire i volgari medievali poiché il
termine stesso di dialetto si giustifica solo nel momento in cui una
lingua diventa egemone. Fino a che non viene definita una vera e propria
lingua italiana (dal 1500) non ha senso parlare di dialetti. Queste forme
infatti sono per definizione forme linguistiche, lingue vere e proprie,
che esistono in relazione ad una lingua madre e non sono allo stesso
piano della lingua madre stessa. Per quanto riguarda i volgari, avevano
tutti la stessa importanza e la stessa diffusione fino all’istituzione
dell’italiano letterario.
A partire dall’invenzione della televisione, questa giocherà un ruolo
decisivo nella diffusione della lingua italiana in tutto il XX secolo.

Per studiare una lingua spesso si fa una distinzione tra punto di vista
interno e punto di vista esterno.
✴ Il punto di vista interno dà un quadro della struttura della lingua,
ricostruisce la formazione della lingua italiana analizzando la
fonologia, la morfologia, la sintassi ed il lessico, ovvero la
grammatica e i suoi cambiamenti nel tempo. L’approccio scolastico alla
grammatica è sincronico, ovvero riguardante la grammatica attuale. In
questo caso invece occorre analizzare la grammatica storica che

ripercorre le variazioni nel tempo dalla nascita fino ad oggi. (—> G.


Patota, Nuovi lineamenti di grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 2002
o sgg)
- riflessione sulla lingua italiana dal punto di vista grammaticale
- Strutture e loro evoluzione dal latino al volgare e poi all’italiano
✴ Il punto di vista esterno invece si concentra sui rapporti tra la
lingua italiana parlata e il contesto storico, sul rapporto con le
altre lingue con cui entra in contatto e sui dibattiti sulla cosiddetta
questione della lingua che dal 1500 è al centro del dibattito italiano,
questione che si ripresenterà poi nel 1861 con l’unità d’Italia,
successivamente con Pasolini e ancora oggi nel contesto attuale. (—> C.
Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico, Bologna, il Mulino, 2002 o sgg)
Una terza fase del corso è dedicata alla lingua di Dante in riferimento
ad un testo (—> P. Manni, La lingua di Dante, Bologna, il Mulino, 2013) del
quale verranno indicate solo alcune parti da considerare e altre da
tralasciare.

Il primo ad avere una cattedra per la materia, istituita a Firenze nel


1938, è Bruno Migliorini ed è anche il primo che scriverne un manuale,
nel 1960, la cui pubblicazione avvenne in questo anno per celebrare
simbolicamente i 1000 anni dal primo testo scritto in volgare risalente
al 960.
La prima grammatica della lingua italiana viene scritta da Leon Battista
Alberti nel XXV secolo.

Sistema fonologico italiano: 7 vocali e 21 consonanti. Dobbiamo mettere


da parte la comprensione grafica perché la fonetica analizza il suono, i
fonemi della lingua che sono ben diversi dai grafemi.

Lezione 2 - 17/09

—> Nell’arco di meno di un secolo, a partire dalla Commedia, si succedono


tre autori che portano il fiorentino ad un altro livello.
In Francia la varietà linguistica principale è quella parlata nell’Ile de
France mentre in Spagna è il castigliano, entrambe superiori per motivi
politici. L’identità italiana è frutto di un’identità culturale radicata
nella storia. “Non è stata la nazione a produrre la letteratura ma una
letteratura a prefigurare il desiderio e il progetto di una nazione” (—>
****** Beccaria per il 150esimo dell’unità d’Italia). Sabatini in un suo
libro dice che la singolarità del caso italiano è questa: si è formata
velocemente circa 7 secoli fa e altrettanto velocemente si è affermata
come lingua letteraria anche a livello europeo senza che alle spalle vi
fossero istituzioni politiche unitarie nazionali. L’Italiano non ha
conosciuto quell’evoluzione propria delle lingue vive, è rimasto più
‘immobile’ rispetto alle altre lingue europee che hanno visto invece uno
sviluppo. Inoltre, il fatto che l’italiano sia rimasto per molto tempo
una lingua prettamente letteraria ha avuto delle conseguenze sul parlato
poiché i dialetti sono oggi sentiti come l’unica espressione della lingua
parlata italiana. È percepibile anche oggi un divario tra una lingua che
possiede tutte le facoltà per scrivere i grandi sentimenti e una parte
della lingua definita mancante, inadeguata a rappresentare il concreto in
maniera comune poiché ancora distinta secondo i diversi territori.

—> Massima espansione dell’impero romano - con Diocleziano. Il territorio


coperto comprende l’Europa e parte dei territori sulle coste africane e
indiane che danno sul Mediterraneo. Ci sono territori in cui il latino
era più diffuso e zone che conservavano il greco, ad esempio, oppure le
lingue d’origine. Le lingue cosiddette romanze, o neolatine, sono quelle
di più antica colonizzazione romana e si dividono in 4 aree: italiana,

gallo-romanza (Francia), ipero-romanza ???? (catalano,


castigliano, portoghese), romena.
Nell’Italia dialettale, invece, si possono distinguere
2 zone, quella dei dialetti settentrionali e centro-
meridionali. La toscana è considerata parte del
centro-meridione poiché ha in comune alcuni tratti con
i dialetti meridionali.

A cosa ci riferiamo quando diciamo che il latino ha dato origine alle


lingue romanze? Solitamente pensiamo al latino scolastico, fissato in
regole grammaticali precise, un latino che in realtà non ha mai avuto una
corrispondenza nel parlato. Si tratta di una lingua ricostruita a partire
da scritti letterari, il cosiddetto latino classico, a lungo sinonimo di
grammatica (anche per Dante). A dare origine alle lingue romanze non è
stato questo latino poiché è esistita anche una parte parlata e viva del
latino, una parte soggetta a molti cambiamenti anche a causa dei varii
territori dominati dall’Impero. A questa trasformazione hanno senza
dubbio contribuito le popolazioni conquistate. La lingua che certamente
ha esercitato il maggior influsso sul latino è il greco, fin dai tempi
della monarchia etrusca, a causa delle colonie della magna Grecia che
favorivano il contatto con la lingua greca sul territorio. Poi, con la
diffusione del cristianesimo, il greco si diffonde ancora di più poiché
era la lingua con cui comunicavano i primi cristiani, ovviamente a
livello popolare (—> molti termini della liturgia cristiana sono
derivanti dal greco). I mutamenti del latino si intensificano dal I sec.
a.C., momento in cui si ha una vera e propria cesura e nasce la lingua
letteraria latina, il cosiddetto latino classico caratterizzato dalla
grammatica e da regole scritte. Questo ha comportato una maggiore libertà
nel parlato e l’accentuarsi del divario tra lingua scritta e parlata.
—> vedi foto con linee
Inizialmente il latino ha un livello scritto e uno parlato, rappresentati
dalle due linee, che procedono parallelamente seppure mantenendo le loro
distinzioni. Il latino parlato dagli aristocratici si avvicina molto allo
scritto classico mentre quello parlato dal volgo prende il nome di
volgare. È opportuno ricordare che questo volgare è ben diverso dai
volgari medievali, in questo caso infatti ci si riferisce al latino
parlato dal popolo. La cesura si ha nel momento in cui le due forme del
parlato si fondono in un unico latino detto ancora una volta volgare e
che andrà a dare vita alle lingue romanze. Il concetto di latino volgare
è molto importante: quello inteso come origine delle lingue romanze è un
latino parlato e, più precisamente, il latino parlato dal I sec. a.C.
fino al V sec. d.C.. nell’immagine, le frecce, se continue, indicano uno
scambio reciproco tra le due forme linguistiche; le frecce tratteggiate
indicano invece uno scambio non più reciproco.
Il latino volgare inteso come lingua parlata dal quale derivano le lingue
romanze è circoscritto al periodo che va dal I sec. a.C. al V sec. d.C..
da questo momento si parla di lingue romanze in via di sviluppo, o proto-
romanze, e non più di latino volgare. Quando si attribuisce una forma al
latino volgare, inoltre, bisogna sempre precisare l’appartenenza di

questa forma secondo vari livelli, ovvero il livello diastratico (latino


popolare o colto), la dimensione diatopica (a seconda del luogo il latino
cambia) e quella diacronica o cronologica (a seconda del periodo di
tempo).

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