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Il vero protagonista delle commedie è il servo, personaggio che Plauto sente più

congeniale e a cui affida più volentieri tutte le risorse della sua esuberante comicità: il
servus callidus, aiutante del giovane innamorato, è in realtà l'eroe comico su cui si
concentrano l'attenzione dell'autore e del pubblico. Egli non è solo orditore d'inganni: è
anche spavaldo, sfacciato e sicuro di sè, sempre pronto a prendersi gioco di amici e
avversari inventando battute, giochi di parole. Non meno divertenti risultano gli
antagonisti, personaggi iperbolici dall'irresistibile comicità in virtù dei loro eccessi.

Vi sono però notevoli variazioni dello schema consueto delle commedie. Nell'Aulularia
è presente il consueto amore ostacolato che alla fine si realizza felicemente. Tuttavia in
questo caso è occupato dalla figura del vecchio, magistrale raffigurazione dell'avaro.
Euclione pur scaturendo la comicità dall'accentuazione iperbolica del difetto del
personaggio, tuttavia nei meccanismi psicologici che il poeta gli attribuisce il pubblico
riconosce la rappresentazione ingrandita e comicamente deformata si atteggiamenti
presenti in tutti gli uomini: perciò il personaggio dell'avaro, pur spingendosi oltre i
confini della verosimiglianza, ci appare vivo e reale. Anche nella Casina vi è il solito
schema base, tuttavia la vicenda del giovane innamorato resta sullo sfondo: il
protagonista è il vecchio che, venendo meno ai suoi doveri di padre di famiglia, si fa
rivale del figlio per la conquista della stessa donna, merita, dunque, una punizione
esemplare. La Casina è la commedia della beffa. Su una forma particolare di equivoco
sono fondate altre due commedie: Amphitruo e i Menaechmi. Nei Menaechmi ciascuno
dei due simillimi capita immancabilmente in scena al posto dell'altro, causa il
divertimento del pubblico. Nell'Amphitruo, oltre il tema dell'equivoco, si accompagna
quello dello sdoppiamento dell'io, della paura di aver perso la propria identità,
paurasuscitata in Anfitrione e in Sosia. Plauto riprende e rielabora commedie greche che
noi possediamo nel testo originale, gli autori da cui Plauto ha attinto sono i principali
rappresentati della commedia nuova greca: Menandro, Filemone e Dìfilo. Il poeta li cita
in alcuni prologhi e usa per indicare il suo rapporto con essi l'espressione vortere
barbere, volgere dal greco al latino. In realtà non si tratta di semplici traduzioni. Plauto
si è mantenuto fedele agli originali conservandone l'ambientazione greca e le linee
essenziali delle trame, ma non si è fatto scrupolo di apportare modifiche, anche notevoli,
ogni volta che gli è sembrato necessario o opportuno per raggiungere con maggiore
efficacia lo scopo di divertire il pubblico. Le commedie plautine differiscono dalla
commedia nuova per la contaminatio, cioè inserisce in una commedia tratta da un
originale greco altri elementi derivati da altre commedie. Plauto inoltre dà uno spazio
molto più ampio alla musica e al canto, mentre nei testi menandrei le parti che
prevedevano accompagnamento musicale sono scarsissime, in Plauto circa i due terzi dei
versi prevedevano l'esecuzione al suono del flauto. Plauto fa continui riferimenti a usi e
costumi romani, con voluti effetti di spaesamento: i personaggi sono greci ma
menzionano tranquillamente il Campidoglio e altri luoghi di Roma, vi sono inoltre
numerose battute di spirito che non hanno corrispondenti in greco. A differenza di
Menandro, Plauto dimostra scarso interesse per la coerenza e verosimiglianza, la singola
scena è tratta in certi casi come un'unità a sè stante. La comicità buffonesca è una
concessione ai gusti del pubblico. Per quanto riguarda i personaggi, non vi è nel poeta
latino, propria di Menandro, a sfumare la loro psicologia per renderli più verosimili, al
contrario, Plauto accentua i tratti caratteriali dei personaggi per sfruttare a fondo le
potenzionalità comiche.

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