Sei sulla pagina 1di 2

Julia Buckley

Heal Me – In Search of a Cure

L’odissea medica dell’autrice comincia nel 2012, con un improvviso e lancinante


dolore al braccio mentre si trova in ufficio a Londra, qualche giorno prima di partire
per un lungo viaggio in Vietnam e Cambogia. Il dolore è apparentemente privo di
cause fisiche individuabili, e il sospetto che sia immaginario impedisce a molti di
prenderla seriamente, sia tra i colleghi che tra i medici. L’unico è un neurologo che le
prescrive una lunga serie di esami, scoprendo una leggera lesione ai nervi del braccio,
anche se di gravità non proporzionata ai dolori, e le prescrive un antidolorifico con
serie controindicazioni, compresi pensieri suicidi, che la costringono ad abbandonare
la cura. Si trova così in un’impasse, impossibilitata a lavorare, a scrivere, a viaggiare
sui mezzi pubblici, a incontrare gli amici, a indossare abiti con bottoni, a compiere
gesti quotidiani come affettare le verdure o lavarsi i capelli, e persino a reggere un
libro per leggere a restare ferma per guardare la televisione. Disperata, torna a vivere
con la madre in Cornovaglia, e nell’arco di quasi un anno prova tutto quanto le può
offrire la medicina “ufficiale,” consultando tre medici di base, otto specialisti
(reumatologi, neurologi, cardiologi, gastroenterologi etc.), tre fisioterapisti e due
psicologi, e utilizzando vari farmaci - antinfiammatori, oppioidi, anticonvulsivi e
antidepressivi. Il suo dolore cronico al braccio nasce da dolori avuti per vent’anni
(Sindrome di Ehlers-Danlos del terzo tipo, ipermobile, diagnosticata solo a
trent’anni) tenuti sotto controllo con massaggi e fisioterapia, e muta da uno spasmo a
un formicolio dalle dita all’ascella che divampa spesso in un incendio (probabilmente
un nervo schiacciato nel collo come complicazione della sindrome di Ehlers-Danlos),
ed è in sostanza considerato incurabile dalla medicina tradizionale. Quando si rende
conto che le terapie psicologiche offerte dal servizio sanitario nazionale non sono che
una mera scuola di rassegnazione, e la psicoterapia cognitivo-comportamentale
impedisce di cercare una vera soluzione, l’autrice decide di cominciare la sua “ricerca
di un miracolo,” provando terapie alternative e seguendo guru e guaritori.

E così un anno dopo l’inizio dei dolori cronici è nel deserto del Mojave, insieme alla
rabdomante Charmayne che utilizza una singolare terapia del suono, consistente in
grugniti e ululati ispirati da creature ultraterrene, poi in una chiesa in Georgia dove
avvengono guarigioni miracolose, ma la prima persona a farle realmente intravedere
una possibilità di guarigione è Kevin, massaggiatore mistico di Los Angeles che si
lascia guidare dagli angeli e riesce ad alleviare il suo dolore. Un altro incontro
importante è quello con il guru Patrick San Francesco di Goa, metà olandese e metà
indiano, guaritore che fa sì che i dolori dell’autrice non si riacutizzino, ma la pone al
tempo stesso a un bivio psicologico: credere nei miracoli di una figura del genere
avrebbe significato cambiare completamente le convinzioni alla base della sua
personalità, sradicare cinismo e agnosticismo, mentre lei desiderava in fondo solo
tornare alla sua personalità originaria liberandosi dal dolore. Seguono altre
esperienze, positive e negative, a Bali, dove si scontra con la stessa mentalità sessista
(la cosiddetta sindrome di Yentl, da un racconto di Singer in cui una donna si finge
uomo per studiare il Talmud) di molti medici occidentali che attribuiscono i suoi
dolori a una sorta d’isteria dovuta a depressione, obesità, insoddisfazione lavorativa,
sentimentale e/o sessuale e problemi di autostima, e con uno stregone voodoo ad
Haiti (che ottiene un risultato notevole, sebbene fugace).

Trova spazio anche una parentesi sull’uso della marijuana a scopo terapeutico, con un
viaggio a Colorado Springs dove scopre la differenza tra l’erba venduta a scopo
ricreativo, ricca di THC, e quella antinfiammatoria, ricca di CBD, di cui trasporta
illegalmente una provvista in Inghilterra, anche se poi decide di non usarla
(conservandola solo come talismano contro un possibile peggioramento). E c’è un
flirt con l’agopuntura, efficace ma costosa in patria, che va a provare nello Yunnan,
trovando anche qui ciarlatani come bravi terapeuti, soprattutto il dottor Wong, da cui
non si lascia però manipolare il collo nel timore di ripetere il disastro di un altro
sedicente guaritore che le ha provocato un’ernia. L’autrice prova quindi la tecnica
Alexander, chiroterapia, omeopatia, cristalloterapia, massaggi vari, aromaterapia,
reiki, fino a rivolgersi alla preghiera, da Padre Pio a Lourdes.

Infine, dopo quattro anni i dolori cronici sono praticamente spariti, soprattutto grazie
al medium brasiliano Joao de Deus. Questi l’ha aiutata a guarire, ma è stato
soprattutto il suo corpo a compiere la guarigione, e l’autrice vaglia le varie
spiegazioni razionali di un simile “miracolo” o guarigione inesplicabile, dalla
plasticità cerebrale all’effetto placebo, dal potere del rituale a quello della semplice
speranza contro la rassegnazione della medicina ufficiale.

Potrebbero piacerti anche