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PROLOGO
NB:
questo
prologo
non
è
quello
definitivo
Traduzione
Simona
–
Revisione
Hypa
www.shadowhuntersitalia.com
Lo spettro emarginato
La
nebbia
era
densa,
e
avvolgeva
suoni
e
immagini:
nei
punti
in
cui
si
dissolveva,
Will
Herondale
poteva
vedere
la
strada
bagnata,
scivolosa
e
scura
per
la
pioggia,
salire
davanti
a
lui
e
sentire
le
voci
dei
morti.
Non
tutti
gli
Shadowhunters
possedevano
il
dono
di
udire
i
fantasmi,
a
meno
che
non
fossero
gli
stessi
spettri
a
decidere
di
farsi
ascoltare,
ma
Will
era
uno
dei
pochi
ad
avere
questa
capacità.
Nello
stesso
momento
in
cui
si
era
avvicinato
al
vecchio
cimitero,
le
loro
voci
l’avevano
raggiunto
in
un
coro
stridulo:
lamenti
e
suppliche,
gemiti
e
sospiri
rabbiosi.
Quello
non
era
un
pacifico
luogo
di
sepoltura,
ma
Will
ne
era
già
al
corrente:
non
era
la
sua
prima
visita
al
cimitero
di
“Cross
Bones”,
vicino
London
Bridge.
Il
giovane
fece
del
suo
meglio
per
ignorare
il
chiasso,
alzando
le
spalle
e
abbassando
la
testa
in
modo
che
il
bavero
della
giacca
riuscisse
a
coprirgli
le
orecchie,
mentre
un
velo
sottile
di
pioggia
gli
inumidiva
i
capelli
neri.
L'ingresso
al
cimitero
era
sbarrato
per
metà:
un
cancello
di
ferro
battuto
posto
al
centro
di
un
alto
muro
di
pietra,
tracciava
il
confine
tra
i
vivi
e
i
morti.
Qualunque
Mondano
fosse
passato
di
lì
avrebbe
notato
le
spesse
catene
che
serravano
il
cancello
e
l'insegna
che
indicava
la
chiusura
del
sito:
erano
infatti
trascorsi
quindici
anni
dall'ultima
volta
che
qualcuno
era
stato
seppellito
lì,
ma
quel
luogo
comunque,
si
era
conservato
e
nessuno
lo
aveva
mai
profanato.
Non
appena
Will
si
avvicinò
all'inferriata,
qualcosa
che
nessun
mondano
avrebbe
mai
potuto
vedere
si
materializzò
attraverso
la
nebbia:
si
trattava
di
un
grande
battente
di
bronzo,
la
forma
spettrale
di
una
mano
con
dita
di
scheletro.
Con
una
smorfia,
Will
alzò
una
mano
coperta
dal
guanto
a
sollevare
il
battente
per
poi
lasciarlo
una,
due,
tre
volte,
un
suono
cupo
sferragliare
che
risuonava
nella
notte
come
le
catene
tintinnanti
del
fantasma
di
Marley.
Per
un
lungo
istante
non
accadde
nulla.
Attraverso
il
cancello,
Will
vide
solo
nebbia
simile
a
vapore,
sollevarsi
dal
suolo
bagnato
e
nascondere
le
lapidi
insinuandosi
fra
i
lunghi,
irregolari
intervalli
di
terreno
fra
esse.
Poi
lentamente,
la
nebbia
iniziò
a
salire
e
ad
addensarsi,
fino
a
trasformarsi
in
un
lugubre
bagliore
blu.
Will
afferrò
le
sbarre
del
cancello;
nonostante
i
guanti,
poteva
quasi
sentire
il
freddo
che
attraversò
il
metallo
gli
penetrava
nelle
ossa,
e
rabbrividì.
Era
un
gelo
soprannaturale:
quando
gli
spettri
si
manifestano
infatti,
si
nutrono
dell'energia
di
chi
li
circonda
e
privano
di
ogni
calore
l'aria
e
lo
spazio
intorno
a
loro.
Will
sentì
i
capelli
sulla
nuca
pizzicare
e
poi
drizzarsi
appena
la
nebbia
blu
cominciò
a
vorticare,
assumendo
poco
a
poco
la
forma
di
un'anziana
signora
che
indossava
un
abito
logoro
e
un
grembiule
bianco,
e
teneva
il
capo
curvo
in
avanti.
“I
miei
omaggi,
Molly
disse
Will.
Vi
trovo
particolarmente
bene
questa
sera,
se
posso
dirlo.”
Lo
spettro
alzò
la
testa.
La
vecchia
Molly
era
uno
spirito
potente,
uno
dei
più
potenti
che
Will
avesse
mai
incontrato.
La
sua
figura
non
riusciva
a
sembrare
evanescente
nemmeno
alla
luce
della
luna
che
si
era
aperta
un
varco
fra
le
nuvole.
Era
un
corpo
solido,
i
capelli
mossi
che,
raccolti
in
un
unico
grande
boccolo
biondo‐grigio,
le
ricadevano
su
una
spalla,
e
le
mani
ruvide
e
arrossate
appoggiate
sui
fianchi.
Solo
gli
occhi
erano
disumani,
due
fiamme
blu
che
baluginavano
dentro
le
cavità
vuote.
“William Herondale,” rispose lei. “Siete di ritorno così presto?”
Si
mosse
verso
il
cancello
fluttuando,
alla
maniera
dei
fantasmi.
Aveva
piedi
nudi
e
sudici,
nonostante
gli
spettri
non
tocchino
mai
il
suolo.
Will
si
sporse
un
po'
di
più
verso
l'inferriata.
“Sapevate
che
avrei
sentito
la
mancanza
del
vostro
bel
visino.”
Molly
sogghignò,
le
fiammelle
nelle
orbite
che
tremolavano,
e
il
giovane
intravide
le
sembianze
del
teschio
sotto
la
pelle
quasi
trasparente.
Nel
cielo,
nuvole
nere
e
tonanti
si
erano
nuovamente
ammassate
l'una
contro
l'altra,
intrappolando
la
luna.
Will
si
chiese
pigramente
che
tipo
di
condotta
avesse
tenuto
in
vita
la
vecchia
Molly
per
giustificare
il
fatto
di
essere
stata
sepolta
lì,
in
quel
luogo
sconsacrato.
La
maggior
parte
dei
terrificanti
sussurri
e
delle
voci
da
lui
udite
appartenevano
infatti
a
prostitute,
suicidi
e
bambini
morti
alla
nascita;
a
tutti
quegli
emarginati,
cioè,
che
il
camposanto
non
poteva
accogliere.
In
ogni
caso
Molly
aveva
gestito
l'intera
faccenda
in
modo
da
trarne
il
maggior
profitto
possibile,
quindi
forse
non
gliene
importava
granché.
“No,”
disse
Will.
“Non
è
di
questo
che
ho
bisogno.
Mi
servono
le
polveri
di
un
demone
Foraii,
magistralmente
raffinate.”
Se
un
fantasma
avesse
potuto
impallidire,
la
vecchia
Molly
l'avrebbe
fatto;
alle
parole
di
Will
sembrò
infatti
che
tremolasse,
come
la
fiamma
di
una
candela
davanti
a
una
finestra
aperta,
e
quando
il
ragazzo
ebbe
finito,
volse
la
testa
da
un
lato
e
sputò
un
fiotto
di
fuoco
blu.
Will
sospirò,
e
il
suo
fiato
si
trasformò
in
condensa
nell'aria
fredda.
“Sicuramente,”
disse,
“non
è
l'azione
peggiore
per
la
quale
siate
stata
pagata,
vecchia
Mol".
Andava
sempre
così,
ogni
volta.
Lei
rifiutava,
ma
dopo
estenuanti
discussioni
cedeva.
Magnus
aveva
mandato
Will
dalla
vecchia
Mol
in
svariate
occasioni:
in
una
di
queste
aveva
avuto
bisogno
di
candele
nere
puzzolenti
che
gli
avrebbero
annerito
la
pelle;
in
un'altra
aveva
richiesto
le
ossa
di
un
bambino
mai
nato;
in
un'altra
ancora
gli
erano
giovati
gli
occhi
malati
di
una
creatura
fatata
che
avevano
finito
per
grondare
sangue
sulla
sua
camicia.
La
polvere
del
demone
Foraii
in
confronto
sembrava
quasi
gradevole
da
reperire
e
consegnare.
Molly
fece
scivolare
le
mani
dentro
una
tasca
sul
davanti
del
grembiule:
quando
le
tirò
fuori,
stringevano
una
borsetta
di
panno
scolorito,
con
un
avanzo
di
nastro
malconcio
a
fermarne
l'apertura.
Scosse
la
testa,
lentamente.
“Pensate
che
io
sia
pazza,”
disse
con
voce
rauca.
“E'
una
trappola,
invero?
Voi,
un
Nephilim,
mi
sorprendete
nell'atto
di
vendere
quella
roba
e
per
la
vecchia
Mol
è
la
fine,
non
è
così.”
“Siete
già
morta.”
Will
fece
del
suo
meglio
perché
la
voce
non
tradisse
alcun
sintomo
di
irritazione.
“Non
vedo
cosa
potrebbe
farvi
il
Conclave
adesso.”
“Puah.”
gli
occhi
vuoti
dello
spettro
si
infiammarono.
“Le
prigioni
dei
Fratelli
Silenti
sono
sottoterra
e
possono
ospitare
tanto
i
vivi
quanto
i
morti.
Non
fingete
di
non
saperlo,
Will
Herondale.”
Will
sollevò
le
mani
in
un
gesto
amichevole.
"Non
c'è
sotto
alcun
inganno.
Certamente
avrete
sentito
le
voci
che
girano
sul
mondo
dei
Nascosti.
Il
Conclave
ha
cose
più
importanti
da
fare
del
braccare
spettri
che
si
dedicano
al
traffico
clandestino
di
polvere
di
demone
e
di
sangue
di
creature
fatate.”
Si
protese
ancora
di
più
in
avanti.
“Vi
farò
un
buon
prezzo.”
Tirò
fuori
dalla
tasca
una
borsetta
di
percalle,
la
agitò
in
aria,
e
il
contenuto
tintinnò
come
se
si
trattasse
di
monete
che
sbattevano
le
une
contro
le
altre.
"Corrispondono
perfettamente
alla
vostra
descrizione,
Mol.”
Un'espressione
avida
comparve
sul
volto
dello
spirito,
che
acquistò
maggiore
consistenza
fisica,
tanta
quanta
le
giovasse
per
prendere
la
borsa.
Senza
perdere
tempo,
vi
affondò
una
mano
per
esaminarne
il
contenuto
e,
quando
la
tirò
fuori,
sul
palmo
teneva
degli
anelli:
erano
fedi
nuziali
d'oro,
unite
con
un
nastro
sulla
sommità,
un
nodo
che
simboleggiava
il
legame
tra
i
due
amanti.
La
vecchia
Mol,
come
molti
altri
spettri,
era
da
sempre
alla
ricerca
di
quel
talismano
che,
racchiudendo
un
pezzo
del
suo
passato,
costituiva
l'ancora
che
la
inchiodava
ad
una
dimensione
fisica
di
cui
non
faceva
più
parte:
se
fosse
riuscita
a
liberarsene,
avrebbe
finalmente
potuto
lasciare
il
mondo
terreno
in
modo
definitivo.
Nel
suo
caso,
il
talismano
era
la
sua
fede
nuziale.
Magnus
aveva
detto
a
Will
che,
secondo
alcuni
racconti,
l'anello
era
andato
perduto
da
molto
tempo,
e
giaceva
sepolto
sotto
al
letto
melmoso
del
Tamigi,
ma
che
in
tutti
quegli
anni
Mol
aveva
accettato
qualunque
borsa
contenesse
anelli
che
erano
stati
ritrovati,
nella
speranza
che
uno
si
rivelasse
essere
il
suo.
Fino
a
quel
momento,
però,
ciò
non
era
mai
accaduto.
Mol
sistemò
nuovamente
gli
anelli
dentro
la
borsa,
mettendo
al
sicuro
il
tesoro
che
avrebbe
eliminato
la
parte
di
lei
che
non
era
ancora
completamente
defunta,
e
in
cambio
consegnò
al
giovane
un
sacchetto
piegato
con
dentro
la
polvere.
Lui
lo
fece
scomparire
dentro
la
tasca
della
giacca,
proprio
nell'attimo
in
cui
il
fantasma
aveva
cominciato
a
brillare
e
a
dissolversi.
“Fermatevi,
Mol.
Non
sono
venuto
solo
per
questo
stanotte.”
Lo
spirito
vibrò
mentre
l'avidità
lottava
contro
il
suo
innato
senso
di
auto‐
conservazione.
"Finalmente",
borbottò.
“Benissimo.
Cos'altro
desiderate?”
Will
esitò.
Questa
cosa
non
gliel'aveva
chiesta
Magnus...era
qualcosa
che
voleva
sapere
per
se
stesso.
“Pozioni
d'amore.”
disse
infine.
La
vecchia
strillò
per
il
gran
ridere.
“Pozioni
d'amore?
Per
Will
Herondale?
Con
ciò
non
voglio
rifiutare
la
vostra
offerta,
ma
un
uomo
di
tali
fattezze
non
ha
bisogno
di
pozioni
d'amore,
questo
è
il
punto!"
“No,”
rispose
Will,
con
una
nota
di
disperazione
chiaramente
percepibile
nella
voce
,
“A
dire
il
vero
cerco
esattamente
il
contrario...qualcosa
che
possa
mettere
fine
all'amore
per
qualcuno.”
“Una pozione che generi odio?” Mol sembrava divertita.
“Speravo
in
qualcosa
di
più
simile...all'indifferenza?
O
alla
tolleranza?”Mol
sbuffò,
cosa
sorprendentemente
"umana"
per
uno
spirito.
“Non
dovrei
essere
io
a
dirvelo,
giovane
Nephilim,
ma
se
desiderate
che
una
fanciulla
vi
odi,
ci
sono
strade
ben
più
semplici
da
intraprendere
per
far
sì
che
ciò
accada.
Non
avete
bisogno
del
mio
aiuto
per
questioni
di
così
poco
conto.”
E
con
queste
parole
svanì,
piroettando
nella
nebbia
tra
le
tombe.
Will,
continuando
a
guardare
nella
sua
direzione,
sospirò.
“Non
mi
serviva
per
lei.”,
sussurrò
sconfortato,
quasi
in
un
soffio
,
anche
se
una
simile
precauzione
era
inutile,
dato
che
non
c'era
nessuno
ad
ascoltarlo.
“Ma
serviva
per
me”
concluse
infine,
abbandonando
stancamente
la
testa
contro
le
fredde
sbarre
di
ferro.