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VER 40026 Libretto definitivo.

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El Siglo de Oro Vermeer


40026
Obras para vihuela - II

MUDARRA
VALDERRÁBANO
PISADOR
FUENLLANA
DAÇA

PAOLO CHERICI
vihuela

Colori compositi
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VERMEER 40024

EL SIGLO DE ORO

MUSICA PER VIHUELA DEL RINASCIMENTO SPAGNOLO


VOL. II

Mudarra, Valderrábano, Pisador


Fuenllana, Daça

PAOLO CHERICI, vihuela

Colori compositi
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Alonso Mudarra, Tres libros de musica en cifras para vihuela, Sevilla, 1546
1 - Pavana 02'32
2 - Fantasia IX 01'48
3 - Tiento. Septimo tono 02'30
4 - Romanesca: o guardame las vacas 00'51
5 - Tiento. Quinto tono 01'54
6 - Fantasia VIII 00'54
7 - Fantasia VI facil 01'36
8 - Conde Claros 01'21
9 - Fantasia V 01'22
10 - Pavana de Alexandre 01'53
11 - Gallarda 01'25
12 - Fantasia I 00'41
13 - Fantasia IV 01'20
14 - Tiento. Octavo tono 01'16
15 - Fantasia que contrahaze la harpa en la manera de Ludovico 02'10

Enriquez de Valderrábano, Libro de musica de vihuela intitulado Silva de sirenas,


Valladolid, 1547
16 - Duo Et resurrexit 00'53
17 - Duo Benedictus 00'36
18 - Duo Agnus Dei 01'07
19 - Soneto 00'56
20 - Soneto 01'05
21 - Soneto 00'57
22 - Soneto 01'09
23 - Fantasia I del quarto tono 01'22
24 - Este soneto es lombardo, y es a manera de dança 02'05

Diego Pisador, Libro de musica de vihuela, Salamanca, 1552


25 - Romance “La mañana de Sant Juan” 01'50
26 - Romance “Dezilde al cavallero” 01'41

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27 - Cancion Francesa “Sparsi sparcium” 02'50


28 - Pavana muy llana para tañer 01'06
29 - Villancico “Si la noche haze escura” 02'54
30 - Villanesca “O dulce vita mea” 00'51
31 - Villanesca “Madona mala vostra” 01'05
32 - Villanesca “La cortesia” 00'51

Miguel de Fuenllana, Libro de musica para vihuela, intitulado Orphenica Lyra,


Sevilla, 1554
33 - Duo de Guerrero “Fecit potentiam” 01'20
34 - Duo de Josquin “Fecit potentiam” 01'21
35 - Duo de Morales “Fecit potentiam” 01'00
36 - Duo de Fuenllana 01'41
37 - Villancico de Iuan Vazquez “De los alamos” 02'43
38 - Fantasia I 02'06
39 - Fantasia de redobles 01'26
40 - Fantasia VIII 02'20
41 - Villancico de Iuan Vazquez “Duélete de mí, señora” 01'48
42 - Tan que vivray 02'07

Estevan Daça, Libro de musica en cifras para vihuela, intitulado el Parnasso,


Valladolid, 1576
43 - Fantasia III 02'32
44 - Fantasia XV 01'24
45 - Fantasia XXI 02'10
46 - Fantasia XXII 01'49

TT. 73'02
Vihuela in La: Giuseppe Tumiati, Milano 1995 - Registrazione: Milano, marzo 2020,
studio privato. Presa di suono e montaggio: Paolo Cherici. I brani incisi sono pubblicati
in Anthology of Spanish Music, Paolo Cherici Collection, Ut Orpheus, Bologna 2017.
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Vermeer 40026
El Siglo de Oro
Musiche per vihuela del Rinascimento spagnolo, vol. II
Opere di Mudarra, Valderrábano, Pisador, Fuenllana, Daça

“Questa diversità di toni, suoni, consonanze e ritmi correttamente proporzionati, con


altri tanti pregi musicali, trova un'espressione compiuta sulla vihuela in misura
superiore che su qualsiasi altro strumento. Sulla vihuela la musica consegue una
maggiore perfezione e profondità, poiché su questo strumento le consonanze risuonano
dolci e soavi. La vihuela è lo strumento che più di ogni altro appaga l'udito e rallegra
lo spirito in virtù della sua sonorità intensa, capace di commuovere e infiammare
l'animo di chi l'ascolta.” Questa citazione tratta dalla prefazione del libro di intavolatura
di Enriquez de Valderrabano Silva de sirenas (Valladolid, 1547) ci ragguaglia come
meglio non si potrebbe sulla considerazione di cui godeva la vihuela nella Spagna del
Cinquecento e rende evidenti le ragioni che hanno favorito la fioritura di un cospicuo
repertorio che consta di ben sette volumi a stampa. La vihuela aveva una forma simile
a quella della chitarra ed era armata di sei cori doppi accordati per intervalli di quarte
con una terza interposta. L'arco temporale che la vede protagonista della produzione
strumentale del Rinascimento spagnolo abbraccia appena quattro decenni (dal 1536
al 1576) per poi interrompersi in maniera definitiva, lasciando alle odierne discipline
musicologiche il difficile compito di ricostruire la sua breve parabola storica alla luce
dell'importanza e della diffusione che ebbe nella vita musicale del periodo. In soccorso
all'indagine musicologica abbiamo fortunatamente numerose fonti iconografiche e
letterarie in cui la vihuela viene raffigurata e menzionata sin dal sec. XIII. Conosciamo
poi i nomi di diversi vihuelisti attivi all'epoca in aggiunta agli autori delle intavolature
pervenuteci, quali Alonso de Baena, Diego de Medina, Diego Carrión, Rodrigo Donayre,

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Martin Sánchez, che però non ci hanno lasciato composizione alcuna. Sulla base di
questi riscontri è possibile comunque documentare sufficientemente la pratica dello
strumento nella penisola iberica tra Medioevo e Rinascimento, il che giustifica la
genesi del repertorio pervenutoci sebbene riesca poi difficile spiegare la scomparsa
dello strumento nelle ultime due decadi del secolo con la fine di ogni iniziativa
editoriale. Per contro vale la pena di ricordare che la pratica del liuto, strumento che
nelle altre nazioni europee era diffuso al pari della vihuela in Spagna, continuerà ancora
ininterrotta per quasi due secoli producendo nel panorama editoriale tra Seicento e
Settecento opere a stampa altamente significative, per non parlare delle raccolte
manoscritte. Viene spontaneo chiedersi allora che cosa abbia determinato la rapida
decadenza della vihuela dopo un periodo di grande splendore e, secondariamente,
come mai si contino solo un paio di vihuele originali pervenuteci a fronte della
diffusione goduta all'epoca.
A riguardo, in mancanza di risposte certe, potremmo concludere che la vihuela evoca
certamente un repertorio di grande interesse, una civiltà musicale e letteraria nel suo
complesso, una ricca iconografia, ma al tempo stesso configura una identità strumentale
sospesa in una sorta di aura misteriosa, un po' come se si trattasse di una meteora
dileguatasi dopo una breve apparizione. Tuttavia, se consideriamo la storia della vihuela
alla luce degli eventi che si verificarono nella penisola iberica tra Medioevo e
Rinascimento, è possibile avanzare delle ipotesi in grado di fornire spiegazioni plausibili
sui motivi che hanno condotto questo strumento all'oblio. Si è soliti considerare il sec.
XVI come il Siglo de oro della Spagna e ciò è sicuramente vero dal momento che
proprio in questo periodo si ebbe un grande fermento artistico e culturale dovuto in
parte anche alle favorevoli condizioni economiche generatesi a seguito delle ingenti
quantità d'oro provenienti dalle Americhe. Se però prendiamo in esame i secoli
precedenti, spingendoci fino ai primi decenni del sec. VIII durante i quali iniziò la
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graduale islamizzazione della penisola iberica, constatiamo che nelle più importanti
città spagnole (Cordova, Toledo, Siviglia, Granada) passate sotto il dominio dei mori
si ebbe altresì una straordinaria fioritura delle arti e delle scienze. Ciò fu dovuto ad
una politica tollerante da parte dei mori che convissero pacificamente con sapienti
ebrei e cristiani scambiandosi esperienze e conoscenze di vario tipo. Tale convivencia
produsse un vero e proprio sincretismo culturale che, senza trasformarsi in sincretismo
religioso, favorì però una integrazione feconda di molteplici eredità e tradizioni.
Ovviamente, nella Spagna medioevale tensioni e conflitti tra cristiani e mori non
mancarono, anche perché la reconquista da parte della cristianità prese il via da subito
contestualmente all'espandersi del predominio arabo protraendosi fino al 1492, anno
in cui Ferdinando D'Aragona e Isabella di Castiglia sconfissero e cacciarono
definitivamente i mori da Granada, ultimo baluardo islamico in terra spagnola. Tuttavia
la reconquista, per il fatto stesso che durò 7 secoli, fu un fenomeno militarmente e
politicamente discontinuo e vi furono perciò prolungati periodi di pace durante i quali
si ebbero buoni rapporti all'interno delle corti islamiche tra sapienti appartenenti a
confessioni diverse. La Spagna durante il Medioevo divenne così la fucina culturale
del continente europeo conquistando un vero e proprio primato nelle discipline
scientifiche e artistiche oltre che in quelle filosofiche. Potremmo perciò dire che il
Siglo de oro fu in realtà preceduto dai “secoli d'oro” del Medioevo, nel senso che il
contributo dato dalla Spagna durante quest'epoca allo sviluppo della cultura in Europa
fu altrettanto importante se non di più di quello avutosi nel sec. XVI. Anzi, proprio
nel corso del Cinquecento si profilano i primi segni di una decadenza che, a cominciare
dalla sconfitta del 1588 della Invincible Armada spagnola da parte degli inglesi, si
faranno sempre più evidenti. Inoltre, a seguito della reconquista, i sovrani cristiani
decretarono l'espulsione dalla penisola iberica dei mori e degli ebrei. Venne così a
mancare quella circolazione di idee favorita dalla compresenza e dal confronto di
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tradizioni diverse che era stata alla base della fioritura culturale dei secoli precedenti.
Con tutta probabilità, anche la preferenza accordata dai musicisti spagnoli alla vihuela
sul liuto, che com'è noto era lo strumento più praticato nel resto d'Europa, può trovare
una sua giustificazione sullo sfondo di questi eventi. Nel momento in cui la penisola
iberica ritorna sotto lo scettro di un monarca cristiano, non solo i mori ma anche i
simboli della loro cultura (e fra questi ovviamente il liuto che è lo strumento più
rappresentativo della musica islamica) vengono banditi. Al liuto si antepone la vihuela,
strumento probabilmente meno compromesso con la cultura araba. Fu questo un
ulteriore segnale di come la Spagna ricattolicizzata stesse evolvendo nella direzione
della perdita di quella tolleranza che aveva rappresentato nei secoli precedenti un
cospicuo capitale di risorse intellettuali. La Spagna finì così per arroccarsi negli ambiti
angusti di una religiosità repressiva e rigorosamente vigilata dall'ortodossia cattolica.
Se non al prezzo della rinuncia al proprio credo convertendosi al cristianesimo, ebrei
e mori furono costretti ad abbandonare la Spagna. I mori si diressero sulle sponde
africane del Mediterraneo e una parte degli ebrei seguirono la stessa rotta. Molte
comunità però si stabilirono anche nei paesi europei portando con loro il ricco bagaglio
di conoscenze maturate nel corso del Medioevo nelle corti islamiche, contribuendo
così in maniera determinante allo sviluppo della civiltà rinascimentale. Tramontò in
tal modo il sogno di un'ecumene mediterranea che ebbe contraccolpi pesanti anche
per la Spagna che, ridiventata baluardo della cristianità, finì però per perdere la
posizione culturalmente preponderante che aveva avuto nel Medioevo. Le scienze e
le arti trovarono in altri paesi, soprattutto nell'Italia culla del Rinascimento, le condizioni
favorevoli al proprio sviluppo. Il Cinquecento finirà quindi per rappresentare per la
Spagna il periodo che portò a esaurimento i fermenti fecondi che si erano prodotti nel
Medioevo con la conseguente perdita della spinta propulsiva che li aveva caratterizzati.
La musica spagnola del periodo segue le stesse sorti e lo stesso destino. In particolare,
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proprio la musica per vihuela (ma anche quella per clavicembalo) rispecchia a mio
avviso la parabola discendente della cultura spagnola ed è questa la ragione per cui
lo strumento e il suo repertorio non evolvono. Mentre infatti negli altri paesi europei
la fioritura rinascimentale sfocia nell'esuberanza rigogliosa dell'arte barocca, in Spagna
il repertorio vihuelistico si ripiega su se stesso e si eclissa insieme allo strumento non
essendo in grado di promuovere una nuova stagione. L'evidenza di questo fenomeno
si evince anche dall'analisi del repertorio, che presenta caratteri del tutto diversi a
confronto con quanto prodotto nel resto d'Europa pur contemplando le stesse forme
strumentali. Mentre infatti la musica scritta per liuto, in Italia specialmente, si annuncia
con una marcata valenza innovativa, la musica per vihuela porta il sigillo di un passato
già trasfigurato in una dimensione mitica. Affiora al suo interno un richiamo nostalgico,
quasi un rimpianto di un periodo “aureo” giunto oramai a compimento. Per contro,
la musica per liuto presenta un carattere palesemente sorgivo alieno dai toni struggenti
e ammantati di fatalismo del repertorio vihuelistico che spesso indulge a evocazioni
musicali rassegnate fin quasi a diventare cupe, sebbene declinate sempre in espressioni
di straordinaria pregnanza poetica. Questo dato emerge con la massima evidenza in
alcuni brani per voce e vihuela, i cui testi ci raccontano le gesta e gli amori di re mori
e cavalieri cristiani che costituiscono la memoria storica e insieme l'identità culturale
della Spagna moresca. Questo repertorio riecheggia un'intera civiltà e si proietta nel
passato più che celebrare il presente. Così, mentre il repertorio liutistico guarda in
avanti lasciando presagire i futuri svolgimenti, quello vihuelistico si curva indietro
evocando il fascino di stagioni pregresse ma anche precludendosi nuove prospettive.
Potremmo quasi paragonare la musica per vihuela a un tramonto in cui trovano
compimento gli aneliti di una grande civiltà allo stesso modo in cui gli ultimi raggi
di sole dipingono l'orizzonte di inebrianti vortici di colori. Proprio in ciò risiede a mio
avviso il fascino di questo repertorio alimentato da suggestioni radicate in vissuti di
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grande portata emotiva. Nel momento in cui la Spagna si ricompatta sotto l'egida
cristiana dopo il lungo periodo di dominazione araba, assistiamo alla nascita di un
repertorio di grande spessore artistico come quello vihuelistico testimonianza però di
tradizioni impossibilitate ad evolversi e a rinnovarsi, private a quel punto della necessaria
linfa rigeneratrice. La vihuela non avrà una sua stagione barocca come il liuto: nel
1576, con l'intavolatura di Estevan Daça a cui seguirà come ultima testimonianza il
manoscritto Ramillete de Flores del 1593, arriverà a conclusione una parabola
strumentale che rappresenta il crepuscolo della civiltà musicale iberica intesa nel suo
svolgimento storico complessivo a partire dall'alto Medioevo. Al Seicento spagnolo
resterà la chitarra a 5 cori per ricostruire sulle esili trame suggerite da danze e melodie
alla moda un'identità musicale che tuttavia troverà successivamente solo nelle
manifestazioni popolari come il flamenco le sue espressioni più significative. Bisognerà
attendere l'Ottocento per una rinascita nella penisola iberica della musica colta che
non a caso darà poi il meglio di sé grazie al recupero di quelle tradizioni ereditate dalla
propria storia ricca e variegata, che ha rappresentato in Europa un momento straordinario
e privilegiato di incontro e fusione di più culture.
Come si è detto, il repertorio per vihuela comprende sette libri di intavolatura che nel
loro insieme rappresentano sicuramente uno dei contributi più importanti all'intera
storia della musica strumentale del Rinascimento. Questi gli autori e i titoli delle
intavolature:
- Luys Milán, Libro de Musica de vihuela de mano. Intitulado El maestro, Valencia,
1536
- Luys de Narváez, Los seys libros del Delphin de musica de cifras para tañer vihuela,
Valladolid, 1538.
- Alonso Mudarra, Tres libros de musica en cifras para vihuela, Sevilla, 1546.
- Enriquez de Valderrábano, Libro de musica de vihuela intitulado Silva de sirenas,
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Valladolid, 1547.
- Diego Pisador, Libro de musica de vihuela, Salamanca, 1552
- Miguel de Fuenllana, Libro de musica para vihuela, intitulado Orphenica Lyra,
Sevilla, 1554
- Estevan Daça, Libro de musica en cifras para vihuela, intitulado el Parnasso,
Valladolid, 1576
Questo secondo cd, che fa seguito al primo (Vermeer 40024) dedicato a Milán e
Narváez, presenta una scelta delle opere di Mudarra, Valderrábano, Pisador, Fuenllana
e Daça, cioè dei restanti vihuelisti-compositori che operarono nella Spagna del
Rinascimento.
Alonso Mudarra (ca. 1510-1580) studiò e si formò musicalmente a Guadalajara.
Probabilmente nel 1529 fu a seguito dell'imperatore Carlo V durante il suo viaggio in
Italia. Successivamente prese i voti e nel 1546 divenne canonico della Cattedrale di
Siviglia con il compito di organizzare e dirigere le attività musicali della cattedrale.
Lavorò a stretto contatto con il grande polifonista Francisco Guerrero per le musiche
da eseguire in occasione delle varie festività liturgiche. Secondo le sue ultime volontà,
la sua notevole eredità venne devoluta ai poveri della città.
Di Enriquez de Valderrábano (c. 1500 - dopo il 1557) sappiamo solo che era cittadino
di Peñaranda de Duero e che fu al servizio di Francisco de Zúñiga, quarto conte di
Miranda, a cui l'intavolatura è dedicata.
Diego Pisador (1509 - 1557) deve probabilmente la sua formazione musicale al nonno
materno Alfonso III di Fonseca, arcivescovo di Santiango de Compostela, che era un
grande mecenate della musica. Nel 1526 Pisador prese gli ordini religiosi ma non
proseguì nella carriera ecclesiastica. Dal 1551 visse a Salamanca dove ebbe anche
incarichi amministrativi.
Miguel de Fuenllana (Navalcarnero, 1500 - Valladolid, 1579), cieco dalla nascita, fu
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al servizio della Marchesa di Tarifa a Siviglia e successivamente di Elisabetta di Valois,


terza moglie di Filippo II, alla corte di Madrid, dove ebbe importanti contatti con
strumentisti francesi operanti nella stessa corte. Dopo la morte di Elisabetta avvenuta
nel 1568 Fuenllana fu attivo alla corte di Sebastiano I in Portogallo dal 1574 al 1578.
Estevan Daça (Valladolid ca. 1537-1591/1596) apparteneva a una classe sociale media
e fu il primo di 14 figli. Studiò all'università di Valladolid dove si laureò intorno al
1660. Non esercitò mai la professione musicale potendo vivere dei proventi familiari.
La sua figura si inquadra perciò in quel dilettantismo musicale di alto livello abbastanza
diffuso all'epoca che contemplava una pratica musicale non al servizio di un nobile,
di una cappella o di una corte.
Venendo ora a parlare della produzione di questi vihuelisti, osserviamo che essa si
mantiene nel solco tracciato da Milán e Narváez relativamente sia ai generi musicali,
che rimangono sostanzialmente gli stessi, sia alla scrittura compositiva che conferma
un orientamento volto a privilegiare registri espressivi asciutti e austeri. A riprova di
ciò, come in Milán e Narváez le forme di danza sono pressochè assenti, escludendo
Mudarra, che inserisce nella sua intavolatura una Romanesca, una Gallarda e due
Pavane, e Pisador che propone una breve Pavana muy llana. Nella coeva musica per
liuto troviamo invece una cospicua presenza di danze e ciò ci testimonia e conferma
ulteriormente la differenza tra repertorio vihuelistico e liutistico di cui si è già detto.
Le uniche forme praticate dai vihuelisti in qualche misura affrancate da una gravità
diffusa sono le trascrizioni vocali di brani a carattere popolare come i villancicos che
nella semplicità del disegno melodico e armonico conseguono una notevole immediatezza
espressiva. Anche le variazioni (diferencias) si propongono con una fisionomia più
agile e leggera e rappresentano uno dei contributi più originali della musica strumentale

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spagnola del periodo. Le fantasie, che occupano in queste raccolte un largo spazio,
costituiscono sicuramente la parte del repertorio più impegnativa. In esse il compositore
persegue una invenzione compositiva in molti casi ardua mutuata dalla scrittura dei
grandi polifonisti del periodo quali Morales e Guerrero. Va detto però che la fantasia
non presenta strutture prestabilite, ma viene elaborata sulla base di diverse tipologie
formali che vanno da libere divagazioni a carattere estemporaneo assimilabili al genere
toccatistico a rigorose geometrie musicali modellate sul contrappunto osservato.
Queste due componenti affioreranno con tutta evidenza dall'ascolto delle fantasie
presenti in questo cd e permetteranno di cogliere un variegato e ricco vocabolario
musicale che contribuisce alla definizione della cifra artistica di questo repertorio
unitamente alle differenze stilistiche che caratterizzano i vari autori.
Paolo Cherici

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VERMEER 40026
El Siglo de Oro
Music for vihuela of the Spanish Renaissance, Vol. II
Works by Mudarra, Valderrábano, Pisador, Fuenllana and Daça

"This diversity of tones, sounds, consonances and correctly proportioned rhythms, with
many other musical merits find total expression on the vihuela more than on any other
instrument. On the vihuela, the music achieves greater perfection and depth since, on
this instrument, the consonances resonate sweetly and gently. The vihuela is the
instrument which, more than any other, soothes the ear and cheers the spirit in virtue
of its intense sonority, capable of stirring and inflaming the souls of those listening.".
This quote, taken from the preface to Enriquez de Valderrabano’s tablature book Silva
de sirenas (Valladolid, 1547), gives us a good idea of the popularity enjoyed by the
vihuela in 16th-century Spain and explains its conspicuous repertoire, which consists
of as many as seven printed volumes. The vihuela was a guitar-shaped instrument
mounted with six double-strings tuned in 4ths with a 3rd in the middle.The temporal
arc that saw it as the protagonist of Spanish Renaissance instrumental music only lasted
four decades (from 1536 to 1576), after which it suffered an abrupt breakoff, leaving
current musicologists with the difficult task of reconstructing its brief historic parabola,
in light of the importance and popularity it had in the music life of the time.
To aid the musicological inquiry, we are fortunate in having many iconographic and
literary sources in which the vihuela is depicted and mentioned as far back as the
thirteenth century. We know the names of several vihuelists who were active at the
time, in addition to those of the composers of the tablatures which have been handed
down to us. They are musicians such as Alonso de Baena, Diego de Medina, Diego

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Carrión, Rodrigo Donayre, Martin Sánchez, who actually have not left behind any
compositions. Based on these findings, it is possible to document sufficiently the
practice of the instrument in the Iberian Peninsula between the Middle Ages and the
Renaissance, which justifies the birth of the repertoire we have, although it is difficult
to explain the disappearance of the instrument in the last two decades of the century
with the ceasing of all publication. On the other hand, it is worth remembering that the
practice of the lute, which in other European nations was as common as the vihuela
in Spain, was to continue uninterrupted for almost two centuries, producing in the
17thand 18thcenturies highly important printed publications, not to mention manuscript
collections. One therefore wonders what caused the rapid decline of the vihuela after
a period of great splendour and, secondly, how it is that only a couple of original
vihuelas have survived in spite of the popularity they enjoyed at that time.
As we have no definite answers to these questions, all we can say is that the vihuela
undoubtedly evokes a repertoire of great interest, a musical and literary culture, and
a rich iconography, but at the same time remains surrounded by a mysterious aura: it
was a sort of meteor that vanished after its short apparition. If we consider the history
of the vihuela in light of the events that took place in Spain between the Middle Ages
and Renaissance, however, it is possible to make some assumptions on and give plausible
explanations of the motives that led to this instrument’s falling into oblivion. We are
used to considering the 16th century as Spain’s Siglo de oro, and in that period,
undoubtedly, there was great artistic and cultural ferment due, in part, to the favourable
economic conditions generated by the large quantities of gold coming from the Americas.
But if we examine the previous centuries, from the first decades of the 8th century,
when the Spanish mainland gradually fell under the influence of Islam, we realize that
in the most important Spanish cities (Cordoba, Toledo, Seville, Granada), where the

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Moors dominated, there was an extraordinary blossoming of the arts and sciences. This
was due to the tolerant political climate granted by the Moors, who peacefully coexisted
with the learned Jews and Christians, exchanging with them experiences and knowledge
in various disciplines. That Convivencia produced a cultural syncretism that, although
it did not reach the religious sphere, favoured the fruitful integration of multiple legacies
and traditions. Of course, in Medieval Spain, tensions and conflicts between Christians
and Moors did not lack, essentially because the Christian Reconquista began without
ado in conjunction with the expansion of the Islamic domination and lasted until 1492,
when Ferdinand of Aragon and Isabella of Castile ultimately defeated and expelled the
Moors from Granada, the last Islamic stronghold in Spain. The Reconquista, however,
lasted seven centuries, making it a discontinuous process, both militarily and politically,
with long periods of peace during which, in the Islamic courts, there were good
relationships between the learned men of all confessions. Medieval Spain thus became
Europe’s cultural forge, acquiring supremacy in sciences and arts, as well as in
philosophy.We could therefore say that the Siglo de oro was actually preceded by the
“golden centuries” of the Middle Ages, for the contribution given by Spain to the
development of European culture in that period was as important, if not more, than that
of the 16th century. Indeed, in the course of the 1500s there were the first signs of a
decline that, starting with the 1588 defeat of the Invincible Armada by the English fleet,
became more and more manifest. Moreover, with the Reconquista, the Christian
monarchs ordered the expulsion of all Moors and Jews from the Iberian peninsula; lost
was thus the circulation of knowledge that the interaction between different traditions
had favoured and that had been at the base of the cultural flowering of the previous
centuries. It is likely that the Spanish musicians’ preference for the vihuela over the
lute, which as we know was the most popular instrument in the rest of Europe, can be

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explained by these events. When the Spanish mainland returned in the hands of a
Christian monarch, not only the Moors but also the symbols of their culture (among
which the lute, the most representative instrument of Islamic culture) were banned.The
vihuela was then chosen, being an instrument probably less “contaminated” by Arab
culture. It was a further sign of the direction taken by re-catholicized Spain towards
the suppression of that tolerance which, in previous centuries, had gathered a considerable
capital of intellectual resources. Spain clung to a religiosity that was repressive and
under the rigorous vigilance of catholic orthodoxy. The Jews and Moors that did not
abjure their faith were forced to leave Spain. The Moors headed for the African shores
of the Mediterranean; some of the Jews followed them, but several communities settled
in the other European countries, bringing with them the wealth of knowledge acquired
in the course of the Middle Ages in the Islamic courts, and largely contributing to the
development of the Renaissance civilization. The dream of a Mediterranean ecumene
waned for good, with heavy repercussions also for Spain, which, once again a stronghold
of Christianity, ended up losing the cultural primacy it had acquired in the Middle Ages.
Science and art found their Renaissance cradle and favourable conditions of development
in other countries, especially Italy. The 1500s, for Spain, were therefore the period in
which the Middle Ages’ fruitful ferments came to an end, with the loss of the propulsive
thrust that had characterized them.
Contemporary Spanish music followed the same fate. The music for vihuela (but also
for harpsichord), in particular, mirrors in my opinion the descending parabola of Spanish
culture, which was the reason why this instrument and its repertoire did not evolve.
When, in fact, in the other European countries Renaissance flowed into the lush
exuberance of the Baroque, in Spain the vihuela repertoire folded back on itself and
disappeared, together with the instrument, unable to move forward onto a new season.

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The evidence of this can be found in the analysis of the vihuela repertoire, which is
altogether different from what was being produced in the rest of Europe, even though
it uses the same instrumental forms. While lute music, especially in Italy, appears
strongly innovative, vihuela music bears the seal of a past that has already acquired a
mythical aura. There is something nostalgic about it, almost the regret for a golden age
that is no more. By contrast, lute music has an inspired character alien to the heartrending,
fatalistic tones of the vihuela output, often dwelling on musical evocations that are
subdued to the point of being almost gloomy, though always poignantly expressive.
This comes across especially in some pieces for voice and vihuela, the texts of which
tell the deeds and loves of Moorish kings and Christian knights, which are the historical
memory and at the same time the cultural identity of Moorish Spain. An entire civilization
is echoed in this repertoire, reaching into the past rather than celebrating the present.
And so, while the lute repertoire looked ahead, foretelling future developments, that
of the vihuela bent backwards, evoking the charm of bygone seasons but precluding
new perspectives. We could almost compare vihuela music to a sunset where the
aspirations of a great civilization, just as the last rays of sunlight, tinge the horizon with
mesmerizing colours. There, indeed, in my opinion, lies the charm of this repertoire,
nourished by suggestions that are rooted in experiences of great emotional significance.
When Spain returns under the Christian banner after its long Arab domination, we see
the birth of a repertoire of great artistic depth, like that of the vihuela, bearing witness,
however, to traditions that cannot evolve and renew themselves, deprived, by then, of
the necessary regenerating life blood. The vihuela would not have a baroque season
like the lute: in 1576, with the tablature of Estevan Daça – which would be followed,
as an ultimate testimony, by the manuscript Ramillete de Flores of 1593 – the parabola
of this instrument, which represents the twilight of Spanish music civilization in its

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overall historical development since the early Middle Ages, comes to a conclusion.
17th-century Spain would only have the five-course guitar on which to build, on the
thin texture of fashionable dances and melodies, a musical identity; and still, only later
on, in folk expressions such as flamenco, would this produce its most significant
examples. Cultured music, in Spain, would have to wait until the 19th-century for its
rebirth, and not by chance it reached its best when it revived the traditions of its rich
and variegated history, which represented in Europe an extraordinary and privileged
moment of encounter and merging of several cultures.
As we mentioned, the vihuela repertoire consists of seven tablature books, which are
without doubt one of the most important contributions to Renaissance instrumental
music. Following are their authors and the titles:
- Luys Milán, Libro de Musica de vihuela de mano. Intitulado El maestro, Valencia,
1536
- Luys de Narváez, Los seys libros del Delphin de musica de cifras para tañer vihuela,
Valladolid, 1538.
- Alonso Mudarra, Tres libros de musica en cifras para vihuela, Sevilla, 1546.
- Enriquez de Valderrábano, Libro de musica de vihuela intitulado Silva de sirenas,
Valladolid, 1547.
- Diego Pisador, Libro de musica de vihuela, Salamanca, 1552
- Miguel de Fuenllana, Libro de musica para vihuela, intitulado Orphenica Lyra,
Sevilla, 1554
- Estevan Daça, Libro de musica en cifras para vihuela, intitulado el Parnasso,
Valladolid, 1576.
This second CD, which follows the one dedicated to Milán and Narváez, (Vermeer
40024), offers a panoramic view of the works by Mudarra, Valderrabano, Pisador,

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Fuenllana and Daça, that is to say of the remaining vihuela composers who were
active in Renaissance Spain.
Alonso Mudarra (1510 ca. -1580) studied and trained, musically, in Guadalajara. In
1529 he was probably in the retinue of Charles V during his journey to Italy. Later,
he took religious vows and became a canon in the Seville Cathedral, with the task of
organizing and directing the church’s musical activities. He worked in close contact
with the great polyphonic composer Francisco Guerrero in selecting the music to be
performed during the various liturgical feasts. In his will he left his conspicuous wealth
to the poor of the city.
Of Enriquez de Valderrábano (1500 ca. - after 1557) we only know that he was a
citizen of Peñaranda de Duero and was in the service of Francisco de Zúñiga, fourth
count of Miranda, to whom his tablature is dedicated.
Diego Pisador (1509-1557) probably owes his musical education to his grandfather
on his mother’s side, Alfonso III of Fonseca, archbishop of Santiago de Compostela,
who was a great patron of music. In 1526 Pisador was ordained priest, but he did not
pursue an ecclesiastical career. From 1551 he lived in Salamanca, where he also carried
out administrative duties.
Miguel de Fuenllana (Navalcarnero, 1550 - Valladolid, 1579), blind from birth, worked
in the service of the Marchioness of Tarifa in Seville and later of Elizabeth of Valois,
third wife of Philip II, at the Madrid court, where he was in contact with the French
instrumentalists who worked there. After Elizabeth’s death in 1568, Fuenllana was
active in Portugal, from 1574 to 1578, at the court of Sebastian I.
Estevan Daça (Valladolid, 1537 ca. - 1591/1596) belonged to the middle class and
was the first of 14 children. He studied at the University of Valladolid, from which
he graduated around 1660. He never needed to work as a musician, for he could live
off his family’s income. His figure, therefore, is that of a high-quality amateur, a rather
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widespread category at the time, a musician who neither entered the service of a
nobleman, nor worked for a chapel or a court.
Coming now to speak of the output of these vihuelists, we can observe that they keep
in the groove traced by Milán and Narváez both as far as the musical genres used,
which are substantially the same, and their styles, with approaches that confirm the
favouring of dry and austere expressive registers. Indeed, like in Milán and Narváez,
dances are virtually absent, excluding Mudarra, who inserts in his tablature a Romanesca,
a Gallarda and two Pavanes, and Pisador, with his short Pavana muy llana. In
contemporary lute music we instead find many dances, showing once again the
difference between the vihuela and lute repertoires, of which we already spoke. The
only somewhat lighter forms used by vihuela composers are the vocal transcriptions
of folk pieces such as the villancicos, which, in the simplicity of their melodic and
harmonic structures attain remarkable expressive directness. The variations (diferencias)
also have a nimbler and dantier character, representing one of the more original
contributions of Spanish instrumental music of the day. Fantasias, which occupy a
large portion of these collections, are undoubtedly the most demanding elements of
the vihuela repertoire. In them the authors often use difficult writing drawn from the
work of the great polyphonic composers of the day, such as Morales and Guerrero.
It must be said, however, that the fantasia does not use fixed structures but develops
along different formal lines, which go from free, almost impromptu digressions typical
of the toccata genre to rigorous musical geometries modelled on counterpoint. Both
these approaches are present in the fantasias of this programme, making us appreciate
the varied and rich musical vocabulary that contributed to the definition of this
repertoire’s artistic significance, stylistic differences between its authors notwithstanding.

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