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I MINISTRI DELLA PAROLA E IL SALMISTA

Relazione di don Giulio Viviani


Trento, sabato 13 novembre 2010
Introduzione
Ricordo sempre qualche anno fa in duomo, qui a Trento, una signora volle cimentarsi a
leggere all’ambone durante una messa parrocchiale. Per la lettura riuscì a cavarsela senza infamia e
senza lode, ma il bello venne dopo quando, al terzo tentativo, proclamò con enfasi e sussiego:
Salmo “responsabile”! Non cito per rispetto altre amenità accadute in quel luogo compresa la
consueta invocazione del celebrante: “C’è qualcuno che ci fa la carità di leggere la lettura!”. Ho
affermato più volte e non temo di riafferamrlo che oggi il ministero di lettore – e quindi
analogamente anche quello del salmista – è un ministero selvaggio! Sono personalmente convinto
che in molti casi quello del lettore sia diventato un ministero selvaggio: chiunque si ritiene in
dovere e in diritto di andare a leggere le letture in ogni chiesa e in ogni celebrazione. Non
basterebbe un libro per riportare le disavventure di improvvidi lettori e l’aneddotica fiorita sugli
strafalcioni di tanti improvvisati lettori: da “Il Signore è vicino: e chi lo cerca?” (Il Signore è vicino
a chi lo cerca), alle “foglie del prato” (le doglie del parto), alla “panna nel deserto” (manna)…
Ritengo che in questo caso l’Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti Redemptionis Sacramentum del 25 marzo 2004, assai severa nel segnalare i diversi
abusi nelle celebrazioni liturgiche, soprattutto nell’Eucaristia, avrebbe potuto decisamente indicare
un vero e proprio abuso compiuto da molti nella più totale indifferenza. Le letture e i salmi vanno
proclamati dall’ambone degnamente e con competenza. Non si tratta di una semplice lettura: per
proclamare la Parola di Dio occorre preleggere ed aver interiorizzato il testo. Il celebrante deve
conoscere personalmente il lettore che esercita questo ministero in una chiesa, in una comunità.
Giustamente il Papa Giovanni Paolo II nella lettera per l’Anno dell’Eucaristia del 7 ottobre
2004 “Mane nobiscum, Domine”, parlando della “mensa della Parola”, scriveva: “A quarant’anni
dal Concilio, l’Anno dell’Eucaristia può costituire un’importante occasione perché le comunità
cristiane facciano una verifica su questo punto. Non basta infatti che i brani biblici siano proclamati
in una lingua comprensibile, se la proclamazione non avviene con quella cura, quella preparazione
previa, quell’ascolto devoto, quel silenzio meditativo, che sono necessari perché la parola di Dio
tocchi la vita e la illumini” (n. 13). Questo vale a fortiori per i salmisti. Attendiamo ora che anche
Papa Benedetto XVI ci dia delle indicazioni con l’attesa e imminente Esortazione Postsinodale sulla
Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.
Quello del salmista è anche un ministero che non essendo tra quelli istituiti viene
normalmente ignorato e dimenticato. Io credo che dovremo leggere e riferire anche ai salmisti tutto
quello che viene detto e indicato per i lettori: anche il salmista proclama o canta la Parola di Dio,
che sono i salmi e i cantici biblici! Non avrei dubbi nel proporre di “istiture” i salmisti con il rito
proprio rieservato ai lettori, attribuendo loro la specializzazione in salmodia! Nella citata lettera per
l’Anno dell’Eucaristia, il Servo di Dio Giovanni Paolo II con simpatica intuizione rivolgeva il suo
saluto finale a varie categorie del popolo di Dio e tra queste anche a coloro che esercitano un
ministero nella Chiesa e scriveva: “Anche voi, lettori, accoliti, ministri straordinari della
comunione, abbiate coscienza viva del dono che vi viene fatto con i compiti a voi affidati in vista di
una degna celebrazione dell’Eucaristia” (n. 30).
1. Una ministerialità prevista
Vale la pena riprendere in mano nella sua ultima edizione del 2004, sotto il titolo “Ministeri
particolari” (n. 98 - 111), l’Ordinamento Generale del Messale Romano 1 in particolare per quanto ci
riguarda: “Il ministero dell'accolito e del lettore istituiti
99. Il lettore è istituito per proclamare le letture della Sacra Scrittura, eccetto il Vangelo; può anche
proporre le intenzioni della preghiera universale e, in mancanza del salmista, proclamare il salmo
interlezionale. Nella celebrazione eucaristica il lettore ha un suo ufficio proprio (Cf. nn. 194-198),
che egli stesso deve esercitare.
Gli altri compiti
101. Se manca il lettore istituito, altri laici, che siano però adatti a svolgere questo compito e ben
preparati, siano incaricati di proclamare le letture della Sacra Scrittura, affinché i fedeli maturino nel
loro cuore, ascoltando le letture divine, un soave e vivo amore alla Sacra Scrittura.
102. È compito del salmista proclamare il salmo o un altro canto biblico che si trova tra le letture.
Per adempiere convenientemente il suo ufficio, è necessario che il salmista possegga l'arte del
salmodiare e abbia una buona pronuncia e una buona dizione.
103. Tra i fedeli esercita un proprio ufficio liturgico la schola cantorum o coro, il cui compito è
quello di eseguire a dovere le parti che le sono proprie, secondo i vari generi di canto, e promuovere
la partecipazione attiva dei fedeli nel canto. Quello che si dice della schola cantorum, con gli
opportuni adattamenti, vale anche per gli altri musicisti, specialmente per l'organista.
104. È opportuno che vi sia un cantore o maestro di coro per dirigere e sostenere il canto del popolo.
Anzi, mancando la schola, è compito del cantore guidare i diversi canti, facendo partecipare il
popolo per la parte che gli spetta.
107. I compiti liturgici, che non sono propri del sacerdote o del diacono, e di cui si è detto sopra (nn.
100-106), possono essere affidati, con la benedizione liturgica o con incarico temporaneo, anche a
laici idonei, scelti dal parroco o dal rettore della chiesa. Riguardo al compito di servire il sacerdote
all'altare, si osservino le disposizioni date dal Vescovo per la sua diocesi.
109. Se sono presenti più persone che possono esercitare lo stesso ministero, nulla impedisce che si
distribuiscano tra loro le varie parti di uno stesso ministero o ufficio e ciascuno svolga la sua. Per
esempio, un diacono può essere incaricato delle parti in canto e un altro del servizio all'altare; se vi
sono più letture, converrà distribuirle tra più lettori, e così via. Non è affatto opportuno che più
persone si dividano fra loro un unico elemento della celebrazione: per es. che la medesima lettura
sia proclamata da due lettori, uno dopo l'altro, tranne che si tratti della Passione del Signore.
110. Se nella Messa con partecipazione di popolo vi è un solo ministro, egli compia diversi uffici.
111. La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune e diligente intesa,
secondo il Messale e gli altri libri liturgici, fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla
parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il parere
dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente. Al sacerdote che presiede la celebrazione
spetta però sempre il diritto di disporre ciò che a lui compete.”
Ai segnalati n. 194-198 si ricordano le normali attribuzioni del lettore, segnalando anche la
possibilità che egli possa portare all’altare l’Evangeliario e proporre le antifone di ingresso e di
comunione.

La lode di Dio di per sé non è lecita solo a chi è intonato; e in chiesa non c’è posto solo per
gli intonati. Tutti possono e debbono partecipare. “L’uomo non può fare a meno del canto, e i suoi
culti e le sue liturgie hanno dato sempre spazio alla preghiera cantata. Gioia, fede, speranza, dolore,
impegno, pentimento: tutto viene esaltato dal canto, accompagnato o no dal suono d’uno strumento.
Voce individuale o espressione corale, il canto ha la virtù di unire i molti, di avvicinare i distanti, di

1 Conferenza Episcopale Italiana, Ordinamento Generale del Messale Romano, Roma 2004.

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uniformare il molteplice, è veicolo di emozioni, ma anche canale di catechesi e di fede”. 2 Certo
parlando di “ministri” del canto o della musica liturgica si deve prevedere necessariamente una loro
competenza specifica.

La funzione del cantare e del suonare ha un suo ruolo specifico nelle celebrazioni e
soprattutto nella Messa come ci ricorda l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR), in
particolare al n. 39: “I fedeli, che si radunano nell'attesa della venuta del loro Signore, sono esortati
dall'apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (Cf. Col 3, 16). Infatti il canto è segno
della gioia del cuore (Cf. At 2, 46). Perciò dice molto bene sant'Agostino: «Il cantare è proprio di chi
ama», e già dall'antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte»”. E di seguito al n. 40:
“Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla
diversità culturale delle popolazioni e alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica. Anche se non
è sempre necessario, per esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che per loro natura sono
destinati al canto, si deve comunque fare in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo
nelle celebrazioni domenicali e nelle feste di precetto. Nella scelta delle parti destinate al canto, si
dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate
dal sacerdote, dal diacono o dal lettore con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo
insieme”. L’Istruzione attuativa della SC Musicam sacram” per quanto riguarda il canto nella
celebrazione della Messa propone i famosi tre gradi. 3

Non deve, quindi, mancare il canto dei vari ministri e del popolo, non tanto per dare
solennità alla celebrazione, ma come ricorda, ad esempio, il n. 86 dell’OGMR, per favorire e creare
la comunione dei fedeli: “Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di Comunione:
con esso si esprime, mediante l'accordo delle voci, l'unione spirituale di coloro che si comunicano,
si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della
processione di coloro che si accostano a ricevere l'Eucaristia…”. 4

È vero, nelle nostre celebrazioni ci sono a volte delle stonature, che però non sono date tanto
dalla mancanza o dalla poca gradevolezza della voce di una persona, ma dalle modalità di scelta e di
esecuzione dei canti, dalla scarsa ministerialità e dalla poca stima della necessaria competenza in
materia. La liturgia, infatti, non è un mero apparato di cerimonie ci ricorda il testo del Cæremoniale
Episcoporum 5, ma è ben di più, come precisa puntualmente la Costituzione Conciliare
Sacrosanctum Concilium (SC) allo splendido n. 7: “Giustamente perciò la liturgia è considerata
come l’esercizio della missione sacerdotale di Gesù Cristo, mediante la quale con segni visibili
viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene
esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra il culto pubblico e
integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che
è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia
allo stesso titolo e allo stesso grado”. 6 La liturgia, infatti, è opera di tutta la comunità ecclesiale nelle
sue varie componenti, sia di chi esercita il sacerdozio comune (i fedeli) che quello ordinato (i
diaconi, i presbiteri e i vescovi).

Nella sua lettera Mane nobiscum Domine l’amato Papa Giovanni Paolo II, sottolineando il
valore del canto liturgico e dei relativi ministri, scriveva: “Mistero grande, l'Eucaristia! Mistero che

2 Associazione Professori e Cultori di Liturgia, Celebrare in spirito e verità, Edizioni Liturgiche, Roma, 1992, n. 127.
3Istruzionedel «Consilium» e della Sacra Congregazione dei Riti Musicam sacram del 5 marzo 1967, n. 28-31; si veda
in EV 2/967-1035 EDB; o si consulti il sito www.vatican.va.
4 Si vedano anche i numeri 47 e 48, e 61.
5 Cæremoniale Episcoporum (CE), n. 12.
6 SC 7: EV 1/11-12.

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dev'essere innanzitutto ben celebrato. Bisogna che la Santa Messa sia posta al centro della vita
cristiana, e che in ogni comunità si faccia di tutto per celebrarla decorosamente, secondo le norme
stabilite, con la partecipazione del popolo, avvalendosi dei diversi ministri nell'esercizio dei compiti
per essi previsti, e con una seria attenzione anche all'aspetto di sacralità che deve caratterizzare il
canto e la musica liturgica” (n.17).

In questo senso sono vari gli “attori” chiamati a svolgere un compito, un servizio, un
ministero per il canto e la musica nelle celebrazioni liturgiche, e in particolare nella Messa: i fedeli
dell’assemblea, il presidente dell’assemblea (il celebrante), il diacono, il lettore, il salmista, il
cantore/i e il coro (o schola) con il suo maestro, gli strumentisti (in particolare l’organista) e inoltre
l’animatore (da non confondere normalmente con il commentatore); senza dimenticare i
compositori (musicisti, armonizzatori e “poeti”) e inoltre i tecnici del suono.

2. Una ministerialità diffusa e competente

Nei Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, riprendendo un passo della Sacrosanctum
Concilium, 7 si afferma: “Nella celebrazione della Liturgia delle Ore, come in tutte le altre azioni
liturgiche (e quindi anche la Santa Messa), «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il
proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme
liturgiche, è di sua competenza»”. Occorre, quindi, come si diceva, saper coinvolgere vari “attori”
della celebrazione, ognuno con una sua competenza, per rendere presente una comunità che
riconosce al proprio interno una ministerialità diffusa. La celebrazione è come un’opera sinfonica:
ognuno al suo posto, con la propria voce, con il proprio strumento, ma in armonia con gli altri.
Anche nei riti liturgici non c’è un solo “attore” protagonista. Qualche volta, è vero, soprattutto nella
piccole comunità e in certe particolari situazioni occorre sostituire, supplire, adeguarsi, ma e
importante mirare sempre in alto, al meglio! Per molti spesso si tratta di un servizio, di una
collaborazione nascosta, non gratificata e non gratificante, per la quale nessuno ti dice grazie, ti
applaude o ti apprezza. La comunità deve saper riconoscere nei fedeli i vari carismi e qualificarli
come ministeri. La presenza di collaboratori nei vari settori richiede di saper coinvolgere molti non
per comandare su di loro, neppure per un malinteso populismo, ma nel rispetto delle competenze di
ciascuno, per un arricchimento della comunità e del suo esprimersi nelle celebrazioni. In questo
settore dell’attenzione, della cura e della promozione della ministerialità per un miglioramento
dell’arte celebrativa trovano notevole possibilità di operare le commissioni liturgiche parrocchiali e
diocesane in sintonia con i cori e con i loro responsabili e gli strumentisti.

Ci si poteva aspettare qualcosa di più dall’innovativo, coraggioso e ricco testo delle


Premesse al Lezionario 8 che dedica il III capitolo a “Uffici e ministeri nella celebrazione della
Liturgia della Parola durante la Messa”. In particolare i numeri 49 – 57 presentano i “Ministeri vari
nella liturgia della parola” evidenziando però, per quanto ci riguarda (oltre al celebrante, diacono,
lettore e commentatore), solamente il ruolo del salmista, o cantore del salmo: “È compito del
salmista, o cantore del salmo, cantare in modo responsoriale o diretto il salmo o un altro canto
biblico, l’«alleluia», o altro eventuale canto tra le letture. Può lui stesso intonare, secondo
l’opportunità, l’«alleluia» e il relativo versetto. Per svolgere questo compito di salmista è molto
opportuno poter disporre, in ogni comunità ecclesiale, di laici esperti nell’arte di salmeggiare e
dotati di buona pronunzia e dizione. Vale anche per i cantori del salmo quanto detto sopra per la
formazione dei lettori” (n. 56).

7 SC 28: EV 1/46. Si veda anche il numero seguente (29) sulle modalità con cui svolgere un ministero.
8 Ordo Lectionum Missæ, seconda edizione del 1981.

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Anche i cantori, organisti o strumentisti in genere, come il sacerdote, il sagrista o
l’animatore, non sanno e non devono fare tutto! Nella comunità cristiana c’è chi non sa cantare e chi
non sa suonare … C’è invece chi ha una mano felice nel suonare uno strumento, chi sa dirigere, chi
sa animare, chi sa comporre, chi sa scrivere testi, chi sa armonizzare un canto, chi ha una bella
voce… Così nel campo della tecnologia quante possibilità: la diffusione sonora, gli strumenti, la
tecnica… ecc. (lasciando però da parte quegli aggeggi veramente “infernali” che riproducono canti o
basi musicali preconfezionate: vera negazione della verità celebrativa del rito; surrogati di una
ministerialità inesistente). 9 Occorre invece impegnarsi sul serio per ampliare il gruppo dei ministri e
di chi adempie i vari compiti (maestri, cantori, solisti, organisti e altri suonatori) anche nel settore
del canto liturgico o della musica sacra curandone la preparazione e la formazione. Una particolare
attenzione va riservata alla figura del “cantore-guida”, presente nelle celebrazioni con o soprattutto
senza il coro: “il suo ruolo non è quello di fare il solista, ma quello di favorire il canto
dell’assemblea”. 10 La liturgia non è e non può mai essere un’esibizione di solisti. Quando durante
una celebrazione scatta l’applauso per il solista, famoso o sconosciuto (ma anche per il coro), vuol
dire che non ci siamo; non stiamo celebrando, ma dando spettacolo. 11

In questra linea mi pare che sarebbe da promuovere con decisone in tutte le nostre comunità
parrochiali una piccola cosa facilmente proponibile e attuabile: che ci si abitui a distinguere il
lettore dal salmista. Anche nelle messe feriali – a maggior ragione e in quelle domenicali e festive –
ci sia sempre oltre al lettore (o ai lettori) una persona incaricata di leggere, proclamare o cantare il
salmo responsoriale. Potrebbe, almeno nelle domeniche, essere un cantore del coro. Un servizio da
svolgere giustamente con interiore e ed esteriore consapevolezza e soprattutto con gioia autentica,
particolarmente in questo settore, come richiama opportunamente l’OGMR: “I fedeli non rifiutino di
servire con gioia il popolo di Dio, ogni volta che sono pregati di prestare qualche ministero o
compito particolare nella celebrazione”. 12

“Oggi la funzione del canto, e quindi del cantore e del coro, è per la liturgia non solo
strutturale, di servizio per meglio esprimere il mistero del culto cristiano, ma è ritenuta partecipe
della dimensione sacramentale dell’azione liturgica, parte integrante del linguaggio simbolico
attraverso il quale si svela e si attua il mistero di salvezza. Proprio per la grande efficacia che il
canto promette, colui che lo esegue ha, di fronte all’assemblea, una grande responsabilità. Si tratta
di un vero e proprio compito ministeriale, di un’espressione di fede e di una risposta gratuita alla
gratuità della parola di Dio”. 13 Parole esplicite soprattutto per il ruolo del salmista.

Nella nota pastorale della CEI a vent’anni dalla SC, sotto il titolo “Un servizio da prestare”, i
nostri Vescovi scrivono: “Attenzione particolare dovrà essere dedicata a quei fedeli che collaborano
all’animazione e al servizio delle assemblee. Consapevoli di svolgere ‘un vero ministero liturgico’
(SC 29), è necessario che essi prestino la loro opera con competenza e con interiore adesione a ciò
che fanno. Nell’esercizio del loro ministero essi sono ‘segni’ della presenza del Signore in mezzo al
suo popolo. Con la molteplicità e nell’armonia dei loro servizi – dalla guida del canto alla lettura,
dalla raccolta delle offerte alla preparazione della mensa, dalla presentazione dei doni alla
distribuzione dell’Eucaristia – essi esprimono efficacemente l’unità di fede e di carità che deve

9 Al massimo il loro uso può servire per preparare una celebrazione come si suggerisce in Antonella Meneghetti, I
ministeri attivi della comunità celebrante. 5. I ministeri del canto e della musica. in Rivista di Pastorale Liturgica, 187,
6/1994, pag. 62.
10 Franco Gomiero, I cantori e i musicisti. in Rivista di Pastorale Liturgica, 251, 4/2005, pag. 67.
11 Si veda quanto è avvenuto nelle celebrazioni presiedute dal Papa Benedetto XVI nel viaggio apostolico negli Stati
Uniti d’America sia a New York che a Washington (maggio 2008).
12 OGMR 97.
13 Nel citato articolo di A. Meneghetti, pag. 59.

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caratterizzare la comunità ecclesiale, a sua volta segno e sacramento del mistico Corpo di Cristo
(PNMR 58)” 14.

Un aspetto ulteriore riguarda la formazione dei vari minsitri, compresi cantori e salmista.
“Nelle parrocchie ci sono tante ‘pastorali’, ma raramente si trova quella del canto e della musica.
Ci si preoccupa se mancano i catechisti o gli animatori dei gruppi, ma non ci si preoccupa se
manca l’organista e qualche cantore per la guida e l’animazione dell’assemblea liturgica. Pur
sapendo che cantare è un’azione necessaria per celebrare, non si è ancora diffusa l’esigenza di
mettere in campo una seria azione educativa, dotata di contenuti e di metodo, che caratterizzi la
formazione dei cristiani anche dal punto di vista del canto…”. 15

Per quanto riguarda il canto del salmo, o almeno del ritornello, potremo cogliere la
precisazione che ci viene data dai Principi e Norme per la Liturgia delle Ore che al n. 270 dice:
“Nella celebrazione della Liturgia delle Ore il canto, dunque, non si deve considerare come un
certo ornamento che si aggiunge alla preghiera quasi dall’esterno, ma piuttosto come qualcosa che
scaturisce dal profondo dell’anima che prega e loda Dio, e manifesta in modo pieno e perfetto il
carattere comunitario del culto cristiano”. Non si tratta quindi di dover fare di più o di aggiungere
qualcosa, ma di uno stile che avvolge e coinvolge l’intera assemblea celebrante.

3. Un’assemblea armonica e consapevole

Dopo il Concilio Vaticano II siamo ormai abituati alla definizione della liturgia, soprattutto
della celebrazione eucaristica, come “culmen et fons” 16, punto di arrivo e punto di partenza, di tutta
la vita della Chiesa e dei cristiani. Ma c’è anche un’altra caratteristica che le è propria: la liturgia è
bellezza, e non c’è bellezza senza armonia. E l’arte, anche quella musicale, richiede questa bellezza,
questa armonia. E l’arte non è solo, non è tanto il bello, ma il vero! Il Concilio ci ricorda ancora che
la liturgia non è fatta solo di parole ma si compie “per ritus et preces” 17: riti e preghiere, segni e
parole, linguaggio verbale e non verbale che si esprime in modo del tutto particolare nella musica
sacra e nel canto liturgico.

Al riguardo nel n. 42 della Esortazione Apostolica Post Sinodale Sacramentum Caritatis il


Papa Benedetto XVI scrive: “Nell'ars celebrandi un posto di rilievo viene occupato dal canto
liturgico. A ragione sant'Agostino in un suo famoso sermone afferma: «L'uomo nuovo sa qual è il
cantico nuovo. Il cantare è espressione di gioia e, se pensiamo a ciò con un po' più di attenzione, è
espressione di amore». Il Popolo di Dio radunato per la celebrazione canta le lodi di Dio. La Chiesa,
nella sua bimillenaria storia, ha creato, e continua a creare, musica e canti che costituiscono un
patrimonio di fede e di amore che non deve andare perduto. Davvero, in liturgia non possiamo dire
che un canto vale l'altro. A tale proposito, occorre evitare la generica improvvisazione o
l'introduzione di generi musicali non rispettosi del senso della liturgia. In quanto elemento liturgico,
il canto deve integrarsi nella forma propria della celebrazione. Di conseguenza tutto – nel testo,
nella melodia, nell'esecuzione – deve corrispondere al senso del mistero celebrato, alle parti del rito
e ai tempi liturgici. Infine, pur tenendo conto dei diversi orientamenti e delle differenti tradizioni
assai lodevoli, desidero, come è stato chiesto dai Padri sinodali, che venga adeguatamente
valorizzato il canto gregoriano, in quanto canto proprio della liturgia romana”.

14 Al n. 9 del documento (PNMR 58: oggi OGMR 91).


15 Nel citato articolo di F. Gomiero, pag. 66. Interessante anche l’interrogativo: “Quante comunità hanno saputo o
sanno investire risorse umane ed economiche per garantire questa presenza?”.
16 SC 10: EV1/16.
17 SC 48: EV 1/84.

6
Anche gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del Duemila
“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” esprimono il pensiero e l’avvertimento dei nostri
Vescovi: “Nonostante i tantissimi benefici apportati dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II,
spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia
cristiana. Si costata qua e là una certa stanchezza e anche la tentazione di tornare a vecchi
formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare. Pare, talvolta, che l’evento
sacramentale non venga colto. Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo
educativo e rivelativo, facendone emergere la dignità e l’orientamento verso l’edificazione del
Regno. La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va
sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli. Serve una liturgia insieme semplice e
bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la
perenne alleanza di Dio con gli uomini” 18. Le proposte della CEI invitano a contribuire al cammino
della Chiesa italiana per ricreare un tessuto culturalmente cristiano anche attraverso quella via della
bellezza che è propria dell’arte musicale.

La coralità di un’assemblea richiede, pur nel rispetto dei ruoli e dell’autorità, che ci sia
comunanza di intenti fin dalla preparazione di una celebrazione. Lo ricorda l’OGMR al n. 111:
“La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune e diligente intesa,
secondo il Messale e gli altri libri liturgici, fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla
parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il
parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente. Al sacerdote che presiede la
celebrazione spetta però sempre il diritto di disporre ciò che a lui compete”.

Il primo paragrafo dell’Istruzione attuativa della Sacrosanctum Concilium, la Musicam


sacram (MS) del 5 marzo 1967, “radica il senso della vera partecipazione liturgica (plena, conscia,
atque actuosa participatio) nel sacerdozio battesimale, esercitato nel contesto del dialogo salvifico
tra Dio e l’uomo che informa la liturgia. Tale partecipazione, sempre sulla scorta del dettato
conciliare, conosce due possibili modalità di esercizio, una ‘interna’ e l’altra ‘esterna’: modalità che
nelle differenti declinazioni richieste dai diversi dinamismi liturgici e dalla molteplicità dei ruoli
ministeriali, s’intendono ovviamente complementari e non certo mutuamente esclusive in qualsiasi
ambito partecipativo – ivi compreso dunque l’ambito del canto e della musica, nel quale non di rado
(e assai più che in altri) prese di posizione più ideologiche che teologiche hanno tuttavia contribuito
a stabilire opposizioni esasperate e/o impostazioni del problema scorrette a priori. È evidente,
infatti, quanto poco sensato sia – dal lato dell’assemblea celebrante e per quel che ci riguarda –
eguagliare semplicemente partecipazione esterna a canto e partecipazione interna ad ascolto…”. 19
Rivolgendosi ai ragazzi e ai cantori della Cappella Musicale Pontificia nella “loro” Cappella
Sistina Papa Benedetto XVI il 20 dicembre 2005 diceva loro: “In realtà, la lode di Dio esige il canto.
Perciò in tutto l'Antico Testamento - con Mosè e con Davide - fino al Nuovo Testamento -
nell'Apocalisse - sentiamo di nuovo i canti della liturgia celeste, la quale offre un insegnamento per
la nostra liturgia nella Chiesa di Dio. Per questo, il vostro contributo è essenziale per la liturgia: non
è un ornamento marginale, ma la liturgia come tale esige questa bellezza, esige il canto per lodare
Dio e per dare gioia ai partecipanti”. Il Papa parla di contributo essenziale del coro, dei cantori per
la liturgia. Non un di più, ma una componente necessaria che ha bisogno di consapevolezza e di
armonico coinvolgimento con le diverse componenti nella realizzazione della celebrazione liturgica.

18 Al n. 49.
19 Daniele Sabaino, Quale partecipazione attiva, in canto e musica, alla liturgia. Parte prima: Questione e sensi. In
Rivista di Pastorale Liturgica. 268, 3/2008, pag, 55.

7
In questo senso sono convinto che sia molto importante quella che chiamerei l’alternanza. 20
Non deve fare tutto il coro, la schola; non deve fare tutto l’assemblea. C’è una serie di figure che
interagiscono (celebrante, diacono, animatore, salmista, solisti, cantori, strumentisti) ma ci deve
essere anche un’interazione tra il coro e l’assemblea. Certi canti si possono anche solo ascoltare; in
altri si interviene con un ritornello, altri sono di tutto il popolo. Così nell’esecuzione del salmo che
può essere proposta con modalità diverse e anche da più di un salmista che cantano insieme.

Giovanni Paolo II nel Chirografo sulla musica sacra nel centenario del Motu Proprio Tra le
sollecitudini si esprimeva con queste parole: “L’aspetto musicale delle celebrazioni liturgiche,
quindi, non può essere lasciato né all’improvvisazione, né all’arbitro dei singoli, ma deve essere
affidato ad una ben concertata direzione nel rispetto delle norme e delle competenze, quale
significativo frutto di un’adeguata formazione liturgica”. 21 Il ruolo del coro e del salmista in
particolare, in questa prospettiva, è quello definito dalle tre preposizioni; esso è chiamato a cantare
per – con – nell’assemblea! 22

4. Un mistero da cantare

Che cosa si canta, che cosa cantano i fedeli e i ministri nella celebrazione? Si canta il
mistero pasquale di Cristo in tutte le sue dimensioni e sfaccettature di mistero d’amore, in cui si
attua la nostra salvezza in particolare nella celebrazione dei sacramenti. 23 Celebriamo, come ci
ricorda quotidianamente la preghiera eucaristica, il memoriale della Pasqua di Cristo, offriamo il
sacrificio della nostra lode con parole e segni, con il linguaggio umano che Cristo ha fatto proprio:
“memores offerimus” (facendo memoria presentiamo la nostra offerta). Una memoria ed un’offerta
quasi sempre sostenute ed esplicitate proprio dal canto dei ministri e dell’assemblea.

In questa linea anche i canti, espressione della Parola di Dio pregata, meditata e incarnata, e
soprattutto i salmi, sono testi da conoscere, da preparare perché diano il vero sapore della
celebrazione con particolare attenzione alla loro dimensione biblica, teologica, spirituale e pastorale.
Ci accorgiamo quindi che qui entra in gioco, in questo vero e proprio ministero, una capacità e una
conoscenza approfondita, da una parte del dato biblico, teologico e liturgico e dall’altra del dato
musicale. Questo vale per quanti sono chiamati a scrivere i testi, a comporre la musica, ad
armonizzare testo e musica, a dirigerla e ad eseguirla. Ma anche nel nostro piccolo: quando
scegliamo i canti o più semplicemente il ritornello o la melodia del salmo, uno dei criteri
fondamentali dev’essere proprio quello del loro contenuto: Parola di Dio, testi della liturgia,
riferimento al tempo e al mistero celebrato…; oltre che dall’attenzione alla dignità, armonia e
bellezza dall’apparato musicale. Quanti canti purtroppo hanno magari una bella musica, anche
orecchiabile, ma sono poveri nel testo!

Per cantare adeguatamente occorre conoscere i libri liturgici, i riti, le leggi della
comunicazione ma anche la comunità nella sua identità specifica. Non può venir meno l’attenzione
al pericolo dell’efficientismo, del pragmatismo, dell’appiattimento: è anche nostro compito dare
un’anima alla celebrazione. I “Prænotanda” del Messale Romano ricordano esplicitamente al
celebrante che nella scelta dei testi e delle modalità celebrative deve operare non secondo il proprio

20 Cfr. Valentin Miserachs Grau e Massimo Palombella, Musica e Liturgia. In Seminarium, A. XXXIX (1999), n. 2-3,
pag. 363-365.
21 In Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Spiritus et Sponsa. Atti della Giornata
commemorativa della “Sacrosanctum Concilium”. Roma 4 dicembre 2003. L.E.V., Città del Vaticano 2004, pag. 118.
22 Michel Veuthey, Il coro cuore dell’assemblea. Ancora, Milano 1998, pag. 72.
23 Cfr. Raimondo Frattallone, Musica e liturgia. Analisi della espressione musicale nella celebrazione liturgica. CLV
Edizioni Liturgiche, Roma, 1991, pag. 19.

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gusto ma per il bene dei fedeli: 24 un criterio basilare per la vera arte del celebrare valido anche per il
coro, il suo maestro e l’organista che spesso seguono altri scopi e modalità nella scelta e
nell’esecuzione dei “pezzi” musicali (quello che piace, che ci riesce meglio, che è più “artistico”,
che facciamo sempre, che ho composto io,…).

È necessario, inoltre, anche in questa realtà del canto e della musica esprimere la dimensione
della gratuità, della giocosità; l’atteggiamento eucaristico di dono, di offerta, di gioia. Pensiamo al
canto dell’Alleluia o del Gloria ma anche del Salmo, quale forza possono avere o quale povertà
possono esprimere nei diversi contesti. Particolarmente la musica e il canto possono favorire questo
aspetto, anche per il salmo responsoriale, come ricorda sempre la SC: “L’azione liturgica assume
una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente in canto, con la presenza
dei sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo”. 25

“Proprio per la sua grande efficacia il canto nella liturgia è anche un momento di grande
responsabilità. Parole e musica devono adattarsi al rito che accompagnano e di cui sono parte
integrante. Un medesimo canto non va bene per tutti i tempi liturgici, né per ogni parte della
liturgia. Coro e strumentisti, infine, pur nelle loro funzioni proprie e specifiche, devono sentirsi a
servizio dell’assemblea, senza mortificarne la partecipazione e senza sottrarle parti che le sono
proprie. Perché la lode sia dell’intero popolo di Dio”. 26

5. Una ministerialità “graduale”

È un arte anche quella del saper rispettare e far rispettare i tempi liturgici e quelli
cronologici. I vari momenti in cui intervenire, muoversi o saper stare al proprio posto con dignità e
rispetto dell’azione sacra. Non confondere i vari sintagmi ma usare canti adatti e adeguati al tempo e
al momento celebrativo. Il valore dei tempi liturgici, nella loro diversità e con le loro caratteristiche,
viene evidenziato da una saggia e previdente programmazione dei canti e particolarmente del salmo
responsoriale, che tiene conto dell’attenzione da prestare alla peculiarità dei vari momenti
dell’Anno Liturgico, dell’assemblea presente e di altre circostanze spesso legate a situazioni molto
contingenti.

Dai Principi e Norme per la Liturgia delle Ore (al n. 273), pur riferite alla celebrazione
dell’Ufficio Divino ma in particolare al canto dei salmi, possiamo cogliere alcune suggestioni assai
interessanti anche per il ruolo del salmista: “Anche se la celebrazione tutta in canto è la più
raccomandabile sempre, purché naturalmente si distingua per arte e devozione, tuttavia in vari casi
si potrà seguire utilmente il criterio della gradualità, anzitutto, come è ovvio, per motivi pratici, ma
poi anche perché in questa maniera sarà più facile corredare le singole componenti di quelle forme
di canto che garantiscano loro il genuino significato nativo e la funzione autentica, evitando di
livellarle tutte su un medesimo stampo. In tal modo la Liturgia delle Ore non apparirà più come un
bel monumento dell'età passata, da conservare intatto per l'ammirazione degli intenditori, ma rivivrà
in forme nuove, si affermerà sempre più e diverrà segno e testimonianza di comunità piene di vita e
di freschezza. Il principio della solennizzazione progressiva è quello che ammette vari gradi
intermedi tra l'Ufficio cantato integralmente e la semplice recita di tutte le parti. Questo criterio
offre una grande e gradevole varietà di soluzioni. Nell'applicarlo si deve tener conto delle
caratteristiche del giorno e dell'Ora che si celebra, della natura dei singoli elementi che costituiscono
l'Ufficio, delle proporzioni e del tipo della comunità, come pure del numero dei cantori disponibili
in tali circostanze. Per questa maggiore varietà di forme, la lode pubblica della Chiesa, si potrà

24 Vedi OGMR n. 352.


25 SC 113: EV 1/205. Tutto il cap. VI della SC è dedicato alla musica sacra.
26 Nel citato Celebrare in spirito e verità, n. 127.

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celebrare in canto più frequentemente che prima e godrà di un'adattabilità più estesa alle diverse
circostanze. Anzi c'è da sperare davvero che si possano trovare sempre nuove vie e nuove maniere
rispondenti alla nostra epoca, come del resto è sempre avvenuto anche in passato nella vita della
Chiesa”.

In tale prospettiva va ribadito il senso del servizio da svolgere: “Nessun canto spetta per
diritto liturgico al coro come realtà a sé stante. Per quanto importante e opportuna possa essere la
sua presenza, la sua funzione è cambiata rispetto al passato. Il suo compito non è quello di garantire
la presenza del canto nella liturgia, ma quello di aiutare l’assemblea a cantare meglio che può
almeno le parti che le sono affidate. Ma per fare questo ci vuole, ovviamente, una mentalità nuova e
un maggiore spirito di servizio…”. 27 E questo differenzia qualitativamente e ontologicamente
l’odierna Celebrazione Eucaristica da quella prevista dal Messale del 1962 e dalle modalità
celebrative delle comunità dei riti orientali dove gli “attori” delle parti cantabili sono normalmente
solo il sacerdote, il diacono e il coro.

6. Uno spazio per cantare

Sempre l’OGMR ci offre alcune indicazioni anche sullo spazio fisico dove si colloca e
agiscono i ministri del canto e della musica evidenziandone da questo punto di vista il ruolo
ministeriale e la partecipazione all’assemblea (n. 312 – 313). Chiaramente il luogo del Salmista è
l’ambone. Interessante, come fa rilevare anche don Silvano Sirboni, 28 che nel Benedizionale è
prevista la benedizione dell’ambone, dell’organo, ecc.: si benedice il luogo, lo strumento, ecc. ma
non è previsto nessun tipo di benedizione per i salmisti, i cantori e gli organisti o gli altri
strumentisti. Non esistono per il momento ministeri istituiti o “benedetti” nel campo della musica e
del canto liturgico, ma unicamente quelli “di fatto”. Io, ripeto, sono convinto che ai salmisti si
potrebbe affidare col rito proprio il ministero del lettorato.

Nel documento sull’adeguamento delle chiese si afferma: “I molteplici linguaggi ai quali la


liturgia ricorre – parola, silenzio, gesto, movimento, musica, canto – trovano nello spazio liturgico il
luogo della loro globale espressione. Da parte sua lo spazio contribuisce con il suo specifico
linguaggio a potenziare e a unificare la sinfonia dei linguaggi di cui la liturgia è ricca. Così, anche lo
spazio, come il tempo, viene coinvolto dalla celebrazione del mistero salvifico di Cristo e, di
conseguenza, assume caratteri nuovi e originali, una forma specifica, tanto che se ne può parlare
come di una ‘icona’”. 29 Lo stesso spazio e luogo esprimono con il loro linguaggio – anche al di
fuori della celebrazione stessa – la ministerialità della comunità ecclesiale che lì si raduna e celebra.
L’ambone è anche il luogo del lettore e del salmista, oltre che del diacono e del sacerdote.

Un luogo da curare anche dal punto di vista dell’immaginme dando spazio a varie
ministerialità e collaborazioni. C’è chi ha una mano felice, capace di realizzare delle splendide
composizioni floreali, anche solo con pochi fiori per adornare l’ambone. Anche nel campo della
tecnologia quante possibilità: l’uso delle luci, della diffusione sonora, ecc. Il più scassato
complessino musicale di ragazzini ha un mixer per gli altoparlanti e uno che lo sa usare. Nelle
nostre sacristie, no; anzi solo il parroco può toccare l’amplificatore ed esso deve andare bene
sempre e per tutti, dalla voce del bambino a quella del basso che canta il salmo.

27 Franco Gomiero, A servizio dell’assemblea: coro, musicisti, cantore, salmista. In Rivista di Pastorale Liturgica, 227,
4/2001, pag, 45.
28 Silvano Sirboni, La ministerialità laicale nella celebrazione liturgica. In Centro di Azione liturgica, I laici nella
liturgia: quale minsterialità? (52ª Settimana Liturgica Nazionale, 2001). Edizioni Liturgiche, Roma 2001; pag. 59.
29 in CEI, L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica. Nota pastorale. 1996, n. 13 (si veda anche il n.
21).

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Conclusione

Concludo sottolineando come il primo e principale protagonista dei diversi ministeri del
canto e della musica nella Celebrazione Eucaristica è l’intera assemblea dei celebranti, dei ministri e
dei fedeli. Scrive al riguardo Mons. Giuseppe Liberto, già Direttore della Cappella Sistina: “Lo
Spirito raduna e vivifica non un’assemblea qualsiasi, statica e muta, inerte e annoiata, spettatrice
anonima di una scena a cui assiste senza interiore adesione e partecipazione, ma un’assemblea che
crede, vive ciò che crede, canta ciò che crede e vive”. 30

Così avveniva già nell’antichità: “Soltanto il lettore parla: anche il vescovo ascolta e in
silenzio. Soltanto il salmista salmodia. Ma quando tutti rispondono al suo canto, allora è una voce
sola che esplode da tutta l’assemblea, come da una sola bocca”. Sono parole di San Giovanni
Crisostomo (Om. 31 ad I Cor., PG 61, 315). 31

Una ministerialità che è dono dello Spirito Santo, riconosciuta e promossa dalla Chiesa. Il
Cardinale Joseph Ratzinger parlando dei Salmi, preghiera di Cristo e della Chiesa, scriveva: “È lo
Spirito Santo che insegna a cantare a Davide e, attraverso di lui, a Israele e alla Chiesa. Il cantare,
proprio perché supera il modo usuale di parlare, è come tale un evento pneumatico. La musica
ecclesiale sorge come carisma, come dono dello Spirito Santo” 32. Un dono che anima e coinvolge i
credenti a vari livelli, soprattutto nella Celebrazione Eucaristica e partendo da essa.

Concludo ricordando la responsabilità (salmo “responsabile”!) che hanno i salmisti


nell’afffidare la Parola di Dio al cuore, alla mente, alla voce dei fedeli. Un Padre della Chiesa ci
invita a portare con noi il ritornello di un canto, il ritornello del salmo responsoriale che abbiamo
cantato. Come un motivetto che cantiamo tra noi mentre andiamo per via, mentre lavoriamo. Lo
dice San Giovanni Crisostomo, Vescovo di Costantinopoli nel IV secolo (Expositio in Ps 41): “Se
canti ‘Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te o Dio’ (Sal 41), tu stringi un
patto con Dio, firmi questo patto con lui, senza inchiostro né carta. La tua voce proclama che lo ami
al di sopra di tutto, che non gli preferisci nulla, che bruci d’amore per lui… Non cantiamo il
ritornello per abitudine, ma prendiamolo come un bastone per il viaggio!... Anche se sei povero,
troppo povero per poterti comperare dei libri, anche se hai dei libri ma ti manca il tempo per
leggerli, ricorda almeno con grande attenzione i ritornelli che hai cantato non una volta, o due, o tre,
ma molto più spesso e ne ricaverai una grande consolazione. Quale immenso tesoro ci hanno aperto
i ritornelli… Vi esorto dunque a non uscire di qui a mani vuote, ma a raccogliere i ritornelli come
perle, per custodirli sempre con voi, per meditarli, per cantarli tutti ai vostri amici”.

30 Giuseppe Liberto, Cantare il Mistero. Musica santa per la liturgia. Edizioni Feeira, Comunità san Leonino, 2004. A
pagina 77.
31 Citato in Luca Brandolini, Ministeri e servizi nella Chiesa di oggi. CLV Edizioni Liturgiche, Roma, 1980, pag. 159.
32 J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia. San Paolo, 2001; p. 136.

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