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Otto Kernberg: la concezione evolutiva della personalità

Kernberg fece sua la concezione della psicologia dell’Io che vedeva il bambino, nei primi mesi di vita, in
balia di correnti affettive piacevoli o spiacevoli. Inizialmente il bambino non riesce a distinguere il Sé dal
non-Sé, quindi non percepisce la madre come persona separata, piuttosto si sente fuso ad essa.
Successivamente, l’originaria fusione lascia il posto alla differenziazione del Sé dell’infante dall’immagine
della madre che fornisce le cure. È questo un primo, importantissimo stadio da raggiungere; coloro che non
riescono ad approdare a questo stadio avranno una particolare predisposizione allo sviluppo della
schizofrenia, la quale presenta, tra i principali sintomi, allucinazioni, deliri, angosce psicotiche di
disintegrazione.
Il bambino, che ha adeguatamente acquisito il senso della separatezza del Sé dall’oggetto, utilizza però un
primitivo meccanismo di difesa: la scissione. Difatti, nonostante le immagini del Sé e dell’oggetto siano state
differenziate, esse coesistono in maniera scissa nel bambino. Per Kernberg la scissione è di tipo affettivo: ciò
significa che l’immagine del Sé buono, gratificato, pieno d’amore, viene tenuta affettivamente distinta
dall’immagine del Sé cattivo, che prova odio, che sperimenta rabbia distruttiva; la stessa cosa vale per le
immagini dell’oggetto, l’oggetto buono, che gratifica i desideri del bambino, viene tenuto distinto
dall’oggetto cattivo, quello che frustra i suoi bisogni. L’utilizzo di questo meccanismo di difesa da parte del
bambino inizialmente riveste carattere funzionale, col tempo però egli dovrà abbandonarlo, e lo farà nel
momento in cui comincerà a relazionarsi alle persone (inizialmente la madre) come degli "oggetti interi", che
possono essere sia buoni che cattivi. Il superamento della scissione permette quindi di vedere le persone in
maniera tridimensionale, permette di riunire le immagini scisse che precedentemente popolavano il mondo
psichico del bambino, e fa sì che le pulsioni libidiche e aggressive si fondano per dar luogo ad affetti più
temperati, meno estremi.
Superata la scissione, per Kernberg lo stadio successivo è quello descritto dalla teoria freudiana delle
nevrosi. Kernberg, però, pur adottando il punto di vista freudiano del conflitto pulsionale, cambia concezione
riguardo il concetto stesso di pulsione, spostando l’attenzione dal corpo (per Freud la pulsione era qualcosa
che stava a metà tra lo psichico e il somatico) all’interazione: per Kernberg la pulsione, pur avendo delle
predisposizioni costituzionali, si dipana a partire dalle prime relazioni oggettuali, quindi nasce dalla relazione
del bambino con le figure significative. In questo sistema teorico il bambino inizialmente non ha delle vere e
proprie pulsioni organizzate: egli sperimenta degli stati affettivi che possono essere di natura piacevole o
spiacevole. Nel corso del tempo questi stati affettivi formano le due pulsioni, quella libidica e quella
aggressiva; la pulsione libidica nasce dall’interazione con gli altri vissuti come gratificanti, quella aggressiva
si forma nell’interazione con gli altri vissuti come non gratificanti, fonte di odio e insoddisfazione. Da questo
punto di vista Kernberg non fa altro che integrare la teoria freudiana pulsionale con le più recenti teorie delle
relazioni oggettuali di M. Klein e Fairbairn e con la psicologia dell’Io di M. Mahler e E. Jacobson. Mentre
Freud analizzava la personalità dell’individuo sulla base del livello di gratificazione pulsionale dominante
(ad es. livello orale), Kernberg la analizza principalmente sulla base della qualità delle relazioni oggettuali
interne del paziente. Il paziente nevrotico, che ha superato la distinzione del Sé dall’altro e la scissione delle
immagini del Sé e dell’oggetto, avrà dei conflitti di natura pulsionale, dal momento che le sue relazioni
oggettuali si saranno costituite il maniera soddisfacente. Al contrario, il paziente borderline avrà dei conflitti
riguardanti le immagini del Sé e dell’oggetto.

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