Il lombardo-veneto era sottoposto ad un regime militare da
Radetzky. Lo stato pontificio, il regno di Toscana e il regno delle due Sicilie abrogarono la Costituzione. Al contrario, il Piemonte mantenne lo statuto e indisse le elezioni per formare il Parlamento. Vittorio Emanuele II, re del Piemonte, dopo aver condotto una guerra vergognosa, si rese conto che nessuno lo avrebbe perdonato e siccome non avrebbe potuto reprimere eventuali rivoluzioni, avendo un esercito distrutto, cercò di dare di sé l’immagine di “re galantuomo” grazie al capo del governo Massimo D’Azeglio, che nel 1850 fece approvare le Leggi Siccardi, che ponevano fine ai privilegi del clero.
Nel 1852 Camillo Benso conte di Cavour divenne presidente
del Consiglio. Egli voleva un’Italia unita e forte, si ispirava al liberismo moderato e i suoi nemici erano gli ultraconservatori, i democratici estremisti e la Chiesa. Proprio per esprimere quest’ultimo punto egli usava spesso l’espressione poi diventata famosa: libera chiesa in libero stato. Cavour, per ottenere tutto l’appoggio del Parlamento, realizzò un accordo parlamentare tra il centro destra (di cui lui era a capo) e il centro sinistra. Abolì le barriere doganali e i dazi sul grano, attuò una controriforma fiscale, varò dei lavori pubblici e potenziò l’industria siderurgica e metallica. Cavour, inoltre, creò un’alleanza antiaustriaca con la Francia in cui regnava Napoleone III. Era convinto che per ottenere l’unità e l’indipendenza bisognava provocare una guerra contro l’Austria e per vincere poteva contare solo su Napoleone III, che nel 1854 mandò un’armata in Crimea (Russia). Francia e Inghilterra sbarcarono in Crimea perché la Russia aveva occupato i terreni turchi, ed esse erano contro questa espansione. Lo stesso Cavour mandò le truppe piemontesi in Crimea dove morirono migliaia di soldati. Allora, nel 1856, il congresso di Parigi riunì tutte le potenze e invitò anche Cavour, che non ottenne niente ma ebbe un’enorme vittoria morale. In questa occasione, inoltre, denunciò le prepotenze austriache e Napoleone III si dimostrò sensibile al suo appello ed accettò d’incontrarlo per stabilire i patti di Plombières che prevedevano che, in caso d’attacco austriaco, la Francia sarebbe venuta in aiuto al regno Sabaudo e l’Italia sarebbe stata divisa in quattro parti: il nord del Piemonte, il centro della Francia, il sud dei Borbone e lo Stato Pontificio. Da quel momento Cavour fece ogni cosa per provocare l’Austria, che alla fine cedette: nel 1859 l’Austria (ignara dell’accordo) attaccò il Piemonte dando inizio alla II guerra d’indipendenza. Gli austriaci furono sconfitti dai francesi a Solferino e dai piemontesi a San Martino; l’unità d’Italia era a portata di mano ma proprio questo indusse Napoleone III a ritirarsi, i conservatori e il clero di Francia non tolleravano che si toccassero i possedimenti del Papa, per questo, senza informare Cavour, firmò l’armistizio di Villafranca che poneva fine alla guerra. Cavour, infuriato, diede le dimissioni ma nel 1860 tornò al governo e convinse Napoleone III a non interessarsi più dei fatti interni italiani in cambio di Nizza e della Savoia. Poi incitò la popolazione di Emilia, Romagna e Toscana ad indire un plebiscito (consultazione del popolo) e per voto unanime queste regioni passarono al Regno di Sardegna.