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GIULLARATE

Da Dario Fo

Soggetto di Marco Zoppello e gli allievi de “La Bottega dell’Attore” di Padova


Adattamento di Marco Zoppello e Giulio Canestrelli
Regia di Giulio Canestrelli

SCENA PRIMA

IVANO Giorgia
TARQUINIO Loris
ENRICO Giovanni
EMANUELE Alice

In sottofondo canti gregoriani. Ivano passeggia nervoso avanti e indietro. Tarquinio aspetta
calmo.

IVANO: Due ore di ritardo. Quando fa così lo strozzerei.


TARQUINIO: (placido a sedere) La pazienza è virtù profonda fratello.
IVANO: Giuro che quando arriva lo strozzo.
TARQUINIO: Ma il perdono lo è ancora di più!
IVANO: Non sei per niente utile, lì, fermo a sedere, mi fai venire il nervoso. Con tutto il
macello che c’ho piantato a Verona mi mancava solo la convocazione papale.
TARQUINIO: Camminare avanti e indietro come un leone in gabbia non placherà la tua
impazienza.
IVANO: Forse è perché mi sento come una bestia in gabbia e questo tuo pontificare da
Santo appena proclamato mi da i nervi.
TARQUINIO: Si evince rapidamente la timida vicinanza tra me e San Francesco.
IVANO: Superbia! Beccato! Superbia. Inferno.
TARQUINIO: Timida vicinanza, ripeto, timida vicinanza.
IVANO: E quale sarebbe, o Salvatore?
TARQUINIO: Entrambi ci ritroviamo a parlare con degli animali.
IVANO: Molto, molto divertente. Scusa se non rido, lo farò un altro giorno, non appena avrò
messo le mani su cardinal Enrico!
TARQUINIO: “Patientia animi occultas divitias habet.”
IVANO: Eccoci! Tombola. Mi mancava il citazionista latino.
TARQUINIO: La pazienza è una vera e assoluta ricchezza.
IVANO: E questo, Monsignor Tarquinio, l’avevi già detto. Trasformarlo in latino serve
soltanto a darmi ancora più fastidio.
TARQUINIO: “Docet ipse..”

1
IVANO: Giuro, Padre, che quando avrò finito con te rimpiangerai le locuste dell’Egitto.
Entra trafelato padre Enrico.
IVANO: Finalmente, per l’inferno, Padre Enrico dove diavolo eri?
TARQUINIO: La grazia sia con te padre Enrico
IVANO: Bando ai sacramenti.
ENRICO: Morituro ve salutant!
IVANO: Basta latino!
TARQUINIO: Cosa ottenebra la tua mente fratello? Perchè Morituro?
ENRICO: Siamo spacciati, colleghi. Finiti. Innocenzo I è una bestia…
IVANO: Vabbè. Quello si è sempre saputo, dopo il tentativo di crocifissione di quei..
ENRICO: Dico che è infuriato come una bestia, urla, sbraita. Non lo vedevo così dall’ultima
discesa dei visigoti.
TARQUINIO: Cosa riempie di ambasce le parole del santo padre.
IVANO: Sì. Ecco. Che c’ha il Papa?
ENRICO: Dice che la Chiesa gli sta sfuggendo di mano, che circolano voci strane rispetto a
sétte di miscredenti che venerano Gesù.
TARQUINIO: Che c’è di male nel pregare il figlio di Dio? Egli si è fatto uomo per noi.
ENRICO: Circolano dicerie, padre Tarquinio, rappresentazioni blasfeme e mendaci che
rappresentano Jesus fin troppo “uomo”.
IVANO: Parla chiaro, Padre Enrico.
ENRICO: Con questa storia del mettersi dalla parte degli ultimi, dei deboli, degli afflitti
qualcuno comincia a chiedersi: “perchè allora noi viviamo in case di pietra, riscaldate e nella
nostra tavola non manca mai vino e arrosto”?
IVANO: Perchè? Perchè noi siamo le guide di questa Chiesa, sangue dannato di Belzebù.
Noi siamo i pilastri, le Pietre, che, con la guida del Santo Padre, ne sostengono le
fondamenta.
TARQUINIO: Padre Ivano, pur nella colorita favella ha ragione. Il nostro grado ci impone di
mostrare forza e coraggio, affinchè le pecorelle vedano la solida guida dei loro pastori.
Giacciono forse le pecore nel letto caldo del pastore? No. Esse dormono tra loro, dormono
beate nell’umile erba, perchè sanno che i pastori vegliano su di loro.
IVANO: Amen! Padre Tarquinio! Amen! Così si parla.
ENRICO: Tutto ciò non è sufficiente a placare i malumori del Santo Padre e le lamentele dei
credenti.
TARQUINIO: Siedi, Padre Enrico. Siedi con me. Prendi fiato. Perchè molta è la strada che
hai fatto e tanti sono i pensieri neri che vedo prendere il sopravvento sulla tua fede. Bevi.
Bevi un poco di vino. Prendi ristoro.
IVANO: (riprende a camminare impaziente) Io c’ho un sacco di grane a Verona, Eminenze.
Io non posso attardarmi a Roma, tutto c’ho non mi compete. Il Papa ha fior fior di cardinali
al suo servizio.
ENRICO: Dice che non può fidarsi di nessuno.
IVANO (c.s) ma io c’ho una cattedrale da mandare avanti, c’ho Verona che mi aspetta. C’ho
il “congresso sulla famiglia” da organizzare. Mi arrivano tutti gli ospiti, dobbiamo parlare di
cose davvero importanti. Sulla tradizione, sulla famiglia… Io…
ENRICO: Nessuno può muoversi da Roma.
TARQUINIO: Mi duole nuovamente avvallare le richieste del colorito Padre Ivano, ma anche
la situazione da me non è delle migliori. Ho pure Brixildo, il giovane figlio dell’ambasciatore
Rumeno, ospite a casa mia, voi mi capite…
2
ENRICO: Papa Innocenzo dice che siamo l’ultima speranza per la Chiesa.
IVANO: E questo l’abbiam capito…
ENRICO: Dice che solo noi possiamo risolvere il problema.
TARQUINIO: La fiducia che ripone in noi il santo padre ci onore più di mille acri di terreno
fertile.
ENRICO: Dice che se non la risolviamo ci manda tutti e tre al confino.
Pausa
TARQUINIO/IVANO: Ah.
ENRICO: A dirigere 3 piccole comunità di campagna.
TARQUINIO/IVANO: Ah.
ENRICO: Con chiese fredde, fatiscenti.
TARQUINIO/IVANO: Ah.
ENRICO: Senza la compagnia di chirichetti e nobili meretrici.
IVANO: Ah.
ENRICO: Senza poter consultare sommi libri sacri.
TARQUINIO: Ah.
ENRICO: Nelle paludi dell’agro pontino.
TARQUINIO/IVANO: NO!
ENRICO: O peggio ancora: Negli acquitrini del rovigotto.
TARQUINIO/IVANO: NOOOOOO!!!!
Padre Ivano comincia a inveire e padre Tarquinio si getta in ginocchio a pregare in latino.
IVANO: Diavolo becco impestato cane, figlio di un bastardo…
Tar: Rosa, rosae, rosae…
ENRICO: Fratelli non facciamoci prendere dal panico!
Pausa. Poi riprendono a pregare e sacramentare.
ENRICO: BASTA VI DICO!!! Due eminenze come voi? Due tra le menti più eccelse del
nostro papato! Sembrate cani visigoti o peggio ancora miscredenti politeisti pronti a gettarsi
in ginocchio e gridare versi latini quando le cose vanno per il peggio. Io non vedo due
cardinali ora, vedo due vesti vuote! Non credevo che sarei mai dovuto ricorrere a questo ma
voi…signori voi siete senza fede! Il Santo Padre ci chiede aiuto e com’è vero che il figlio di
Dio si è fatto uomo noi aiuteremo la chiesa di San Pietro a non cadere. Mai!
Si ricompongono.
ENRICO: Una preghiera discreta, padre Tarquinio. Voi che siete il maggior teologo di questa
Chiesa.
TARQUINIO: Padre Sommo, Re del Regno Celeste, terreno e ultraterreno. Tu che mandi i
tuoi segni su di noi, segni chiari che pure i ciechi possono seguire. Illumina le nostre menti
e i nostri cuori, aiutaci, guidaci e insegnaci a essere forti e umili, dolci e risoluti, ad essere
pugno e carezza, pianto e gioia…
IVANO: Padre Tarquinio…(fa cenno di stringere)
TARQUINIO: Nella tua infinita bontà mandaci un segno, chiaro e forte da seguire e noi
saremo la mano che lo raccoglierà, bastone di sostegno e umili servi di questa grande
chiesa. Noi ti lodiamo.
TUTTI: Amen.
Rombo di tuono effetti bum sbadabum.
Entra un giovane prete nella stanza.
ENRICO: Padre!!!
TARQUINIO: La voce di Dio si leva forte su di noi.
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IVANO: La fede! Questa è la risposta della Fede. Chi siete voi che entrate nelle nostre
private stanze?
EMANUELE: Io sono…Padre Emanuele.
TUTTI: Chi?
EMANUELE: Padre Emanuele…sono…chiedo scusa ho sbagliato stanza.
ENRICO: Hai sbagliato stanza?
EMANUELE: Sì, sono nuovo qui, cercavo la biblioteca ma devo aver sbagliato stanza.
IVANO: Cane di satana.
EMANUELE: Come dite?
TARQUINIO: Non fate caso a padre Ivano, egli parla schietto ma è un grande sacerdote.
EMANUELE: Padre Ivano di Verona? Voi siete Monsignor….
IVANO: Sì. Sono io…
EMANUELE: E’ un piacere conoscervi. A casa si parla molto di Voi.
IVANO: Da dove vieni, ragazzo?
EMANUELE: Badia Polesine, Eminenza, provincia di Rovigo
ENRICO: Benissimo. Vedete, un segno!
IVANO: Ma che Segno? Che segno padre Enrico?
EMANUELE: Padre Enrico? Voi siete il braccio destro del Santo padre?
ENRICO: Sono io. E questo è Cardinal Tarquinio…
EMANUELE: Cardinal Tarquinio? Il sommo Teologo della Chiesa Romana?
TARQUINIO: “Ad Maiora” figliolo.
EMANUELE: Io…sono veramente emozionato e vorrei stringere la mano… (gli cadono tutti
i libri che ha in mano)
IVANO: Ora lasciaci soli ragazzo, che qui ci sono cose importanti da assolvere. Anzi, chiedi
alla sorelle lì fuori una brocca di valpolicella che la sete ci ottenebra.
EMANUELE: (raccogliendo i libri) subito Eccellenza. Che onore. Mai avrei pensato venendo
qua, io, figlio dell’ultimo falegname del paese, che avrei incontrato tre autorità come voi.
TARQUINIO: cosa sono quei libri, ragazzo?
EMANUELE: Riportavo i vangeli in biblioteca padre. Da noi non c’erano tutti e finalmente
sono riuscito a…
ENRICO: Un momento! Come hai detto? Quali vangeli hai letto?
EMANUELE: beh..Tutti padre.
ENRICO: tutti quanti?
EMANUELE: Non lo so, non li ho mai contati.
ENRICO: Esatto!! Signori! Ecco il segno che stavamo aspettando!
IVANO: Che segno?
ENRICO: Come possiamo tenere sotto controllo la nostra chiesa con un numero così
spaventoso di storie e versioni diverse delle opere del figlio di Dio?
IVANO: Parlate da Cristiano, padre Enrico, non vi capisco.
ENRICO: Esistono innumerevoli vangeli, padre, troppi. Tutti raccontano le loro versione
delle opere del salvatore.
IVANO: Ma le opere di Gesù non sono un punto di vista.
ENRICO: Esatto Padre Ivano. Proprio questo è il punto! Alcuni di questi vangeli ci
presentano un figlio di Dio debole, inquieto, che niente ha del valido pastore che deve essere
esempio per il nostro gregge. Padre Tarquinio cosa ne dite?

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TARQUINIO: Di certo l’antico testamento ci forniva ben altro materiale, fratelli cardinali.
Sodoma, Gomorra, pestilenze, carestie, il nostro popolo rispettava e temeva gli atti d’amore
e di ira di un mondo superiore.
IVANO: Signori. Se ci mettiamo a mettere le mani sui vangeli scateneremo un pandemonio,
le minoranze della nostra Chiesa verranno a chiederci di rendere conto.
ENRICO: Non vedo altro modo per ripristinare il nostro potere se non edulcorare queste
carte da ogni forma di debolezza, anche a costo di reprimere i dissidenti. Padre Tarquinio?
TARQUINIO: Fratelli..: “ si vis pacem para bellum”.
IVANO: Questa l’ho capita anch’io e mi piace un sacco!
ENRICO: Diamoci da fare.
IVANO: Senti, rovigo! Hai da fare tu?
EMANUELE: Io, veramente…
TARQUINIO: Sai scrivere?
EMANUELE: Beh, certo in seminario…
ENRICO: Ottimo! Lavorerai per noi. Quanti vangeli hai lì…
EMANUELE: Una ventina…
ENRICO: NOO! Troppi?
TARQUINIO: Troppi!!
IVANO: Facciamone uno!
ENRICO: Poi sembra che ci siamo messi d’accordo.
IVANO: Giusto. Quanti siamo qua? Quattro! Facciamone quattro.
TARQUINIO: Quattro mi piace.
IVANO: Africa! Prendi nota: 4 vangeli.
EMANUELE: Io? Eh..si, va bene.
ENRICO: Partiamo dal principio.
TARQUINIO: Il vangelo dell’infanzia di Gesù.
IVANO: Un intero vangelo per l’infanzia! Troppa roba. Tagliamo. Andiamo diretta a quando
entra in sinagoga e rabalta tutto, quello sì fa paura.
ENRICO: Vediamo un po’ quel che già esiste e poi riscriviamo tutto dal principio!
IVANO: Mozambico! prendi una pagina bianca, riscriviamo tutto!
EMANUELE: Certo eccellenza!
IVANO: Dai Etiopia, Inizia a leggere!
EMANUELE: Ecco...Il primo miracolo di gesù bambino...
ENRICO: Qui o si fa la storia o si muore.
IVANO: Ormai non si torna più indietro.
TARQUINIO: ALEA IACTA EST!!

Inizio prima giullarata Il primo miracolo di Gesù bambino

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IL PRIMO MIRACOLO DI GESU’ BAMBINO

NARRATORE 1 Enrico PAOLO (il bullo) Valentina


NARRATORE 2 Davide GIOVANNI (il sensibile) Enrico
NARRATORE 3 Silvia T MATTEO (l’imbronciato) Silvia B
PRIMO MAGIO Valentina TOMMASO (il pignolo) Simone
SECONDO MAGIO Ilaria BAMBINO RICCO Davide
TERZO MAGIO Silvia B MADRE Silvia T
MADONNA Elisa SOLDATO Ilaria
GIUSEPPE Simone DIO Enrico
JESUS Benedetta

NARRATORE 1: De bòto in tél zièlo piegnido de stele, tuto strapuntà de lus, l’è rivà derentro
un stelun tremendo... co’ na cuassa còl brugava, ol dava a scurettun a tute le stele, che
criavan...
TUTTI: Boia chi l’è?
NARRATORE 2: L’era la stela cometa!
NARRATORE 3: Rivava de l’oriente e drio gh’èra i tre Re Magi.
NARRATORE 1: Vun l’era vegio, tuto ingrugnà, ol tirava ‘cramenti...su un cavalo negro.
NARRATORE 2: Aprèso a gh’era un re Magio biondo, ziovene e ciòro, coi risulun durat, iogi
slusenti e la boca che ride...su un cavalo bianco.
NARRATORE 3: Ultimo veniva òltra, un Magio negro, sora un camelo griso. El era negro
ma cossì negro che de note sora el camelo parea no ghe fusse nissun!
TERZO MAGIO: Oh, che bel, che bel, che bel / che l’è andare sul camèl / Che bel, che bel,
che bel
Oh, che bel, che bel, che bel / che andemo a Betlem /
A Betlem gh’è na capana / Con derentro la Madona / Òl bambin che nina nana /
San Giusepp ch’ol sega sega / gli angiulit che vola, vola / Che bel, che bel, che bel /
Oh, che bel, che bel, che bel / che l’è andare sul camel...
PRIMO M: Baaaastaaaaaa! L’è tre zorni e tre noti che te canti ‘sta lagna del camelo! Emo
capit che l’è belo andare sul camelo ma adeso basta!
TERZO M: ...Eh no, che sul camel debio cantare / che vispo ol dèe stare /
Che se mi no’ canto/ el camelo s’endormenta / borlo de soto, se spaventa /
El stramasa a tera/ mè schisciado / e no’ arivo pì a Betlem...Lim Lèm /
A betlem gh’è ‘na capana / con derentro la Madona / Ol bambin che nina nana /
San Giusep ch’ol sega sega / gli angiulet che vola vola / Che bel, che bel, che bel /
Oh, che bel, che bel, che bel / che l’è andare sul camel...
SECONDO M: Bastaaaaaa! Mi te magno crudo! Te pelo via tuto ol negro d’intorno e magno
ol bianco derentro! Basta cantare!
TERZO M: ...Eh no che debio cantare / Ritmo ritmo debio dare /
Ch’el camèl no’ è un caval / El caval o va al galopo / El camelo ol core al troto /
Gamba devanti, gamba de drio / Se intorciga / Se no’do ol ritmo, se intropiga /
El frana par tera / mè schisciado/ e no’ rivo pì a Betlem...Lim Lèm /
A Betlem gh’è ‘na capana / con derentro la Madona / Ol bambin che nina nana /
San Giusep ch’ol sega sega / gli angiulet che vola vola...
SECONDO M: Bastaaaa! Mi no’ capisso perchè ch’han faito vegnì sto negro con tuti i magi
culuradi che gh’è intorna! Perché? (domanda ai narratori che alzano le braccia) Ah, dovemo
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far “cosmopòlitos”! Che poe l’è na brava persona, ma no’ se pol seguitar a cantare de sta
manera!
PRIMO M: Certe volte el me fa catare dei spaventi! Me capita d’averghe dei besogn...
SECONDO M: ...semo dei Magi, ma gh’avem dei bisogni!
PRIMO M: Dessendi dal cavalo, vo’ ne lo scuro in de la nòte...me fò per calare le braghe..e
davanti a mi, a l’improvisa, te vedo doi ogi de bestia... cun di denci de bestia... Boja, l’è un
leon!! Me cago in te le braghe! Invece l’era lu ch’ol cagava devanti de mi... e ol ride! Ol caga
e ol ride... e no’ canta! L’unica volta che no’ canta! No’ podeva cantare “oh che bel, che bel,
che bel, l’è cagar senza camel, che bel, che bel..” che mi me ne incorgevo! Me fa catare dei
spaventi-stremizzi de sbutà!... Gh’ho ‘na rabia adoso che se’rivo de sta manera a Betlem
stroso ol bambin ne la cuna!
SECONDO M: Fermi! Vardé in zielo! Ol stelun s’è fermat! Coss’è capitat?
TERZO M: Oooooooooooh...la cumeta s’è fermat / per catare un po’ de fiat /
oh, che bel, che bel, che bel / che l’è andare sul camel / Che bel, che bel
SECONDO M: Bastaaaaaa! (dando una botta al cavallo) Ghe vago da solo a Betlem, no’
voj nisciuno! Basta!
PRIMO M: Aspetime, no sta lassarme solo co sto qua!
TERZO M: Anca mi vegno co vu/ Oh che bel, che bel, che bel...
(I Magi uscendo di scena) Baasta!-Che bel-Bastaaaaaaaaaa – bel, bel...
NARRATORE 1: Nel frettemper in un liogo poco lontano la sagra famegia, avvisata da
l’Arcangelo, decide de lassar la capanna e partir!
NARRATORE 2: Eh sì, ché gh’é iera l’Erode che stracava i bambini, ah!
NARRATORE 3: Olur Saint Jusep ciàpa l’asinel, cata sul la Madona col bambin Jesus e co
tuti i so bagagli e parte par el deserto.
NARRATORE 2: E camina, camina la sagra familia ariva a Jaffa, cità bianca, granda, con
longhe tori slucenti.
NARRATORE 1: Apena verto el gran porton de la cità, sblof, l’asinello el tira le quoia da la
fadiga. La madona lo varda e la dise:
MADONNA: Pòra bestia, l’è morto! Segno divino. Vol dire che sèmo ‘rivat!
NARRATORE 1: E la famegia a piè, finalmente entre in tun la ciutà
NARRATORE 3: Ma a Jaffa l’era ‘na vitaccia. I viveva da migrati sensa un baiocco, senza
un tochetin de pan da magnare.
NARRATORE 2: El san Jusepe, da bravo falegname, cercava de batter un ciodo ma nol
riusiva, la madona el lavava i pani de le alter done per portar a casa qualche soldo...e il
fiulin? El cresseva solo, tutto il zorno in mezo a la strada.
NARRATORE 1: La sera la Madona e san Jusep i torna a casa strachi morti, con la stcena
spacada. Anca el fiulin entra a casa la sera con tuto lo smocol giò dal naso, tuto strapenado,
con le mani onte, le braghe de traverso, senza na scarpa, tuto strapazà.
NARRATORE 3: L’è cressuo, d’un bambulot chel iera el deventà un bambin dei cinq o sei
ani. L’è qui che scomencia la nostra istoria. (narratori escono)
JESUS: Mama, gh’ho fame! (allunga la mano verso il pane)
MADONA: Eh sempre con ste man subit! Aspecia! Va’ che mani sporche te gh’è! E fate ol
segno de la crose prima!... no, aspeta...l’è tropo presto...n’altra volta! Vate a netar le man.
JESUS: Ma mama, gh’ho fame!
MADONA: Ma varda come te sèt ridot bambin...ma con tuto il travail che gh’ho, me toca
anca lavar i pani a ti! Se solo te lo savessi...
JESUS: Mama gh’ho fame!
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MADONA: Ma làsseme fornir de parlare almanco! Ma ‘no te vergogni de arivà cunciat in ‘sta
manera?
JESUS: Mama, gh’ho fame!
MADONA: (parlando velocemente quasi in grammelot) Sbardosc resentà a stiasc sguarsciar
e speronte, te birular a struscià ‘me un lifroch, fiòl de smarmusc...
GIUSEPPE: Nena, co ti te inrabi, ti parli un palestinese cussi strengiuo ca nessun capisse
‘na madona!
MADONA: Dighelo ti Giusep che lu l’è desenduo dal zielo par insegnarghe ai boni cristiani
averghe amor e esser zentil! E il primo amor che deve averghe l’è ol respecto per la soa
mare! (disperata al bimbo) E ti inveze no’ te vergogni? Eh?
JESUS: Oh, la madona!
MADONA: Anche blasfemo ti xe! Giusep, te gh’ha sentì cossa ch’ha dito ol to fiol? Dighe
calcossa!
GIUSEPPE: Mi?
MADONA: Eh, ti set so’ pare!
GIUSEPPE: Mi...so pare? Ah mi sò so pare? Ora vien fora che mi so el pare!
MADONA: Giuseppe, dai
GIUSEPPE: No, no, tropo comodo! So el pare solo quando che fa comodo...
MADONA: Dai Giueppe, davanti al bambin...Lassemo perdare... (i tre escono litigando entra
il primo bambino a pubblico)
MATTEO: Cusì tutta la sagra familia felice dopo aver magnat va serenamente a dormire! La
matena siguente Jesus se desvegia, no gh’è la mare, el pare l’è sortio, s’enfila le braghe e
va fora in strada dove trova i altri puteli.
(arrivo con vociare di bambini)
JESUS: me fet ‘gnir derentro con vui al vostro ziogo?...Feme ziogar...mi a sont bravo!
GIOVANNI: Va’ via Palestina!
JESUS: Ma perchè no’ me volè?...mi me meto a far la cavalina...fago anca el ladro, el ziogo
de la sgiafa...
PAOLO: Va’ via terun!
JESUS: (piangendo tra sè e sè) Maledeti! Qui ghe voria un bel miraculo! ...mah me mama
la madona m’ha tant recomandà de non far miraculi che poi “i soldaiti i vegn a saverlo, i te
zierca, i te trova e i te copa!”. Ma mi son cussì straco de esser cassato fora dal ziogo tute le
volte che ogi non resisto, devo par forsa tirar in piè almanco un miraculin picolo! Sì, ma
cossa posso far? Ah, fazo el miracul degli uselet che quelo me vien ben! Ciapo un poco de
tera qua, scomenzo a lavurarla co’ ste manine sante e fazzo vedar a tuti che miraculi so bon
a fare! (urlando) Hei fiulìt, bambin, vegnì chi, ve fago védar come se fa i usel de tera!
GIOVANNI: (sghignazzando) Ohi, ol Palestina fa i usei de tera!
JESUS: Sì, ma poe mi i fo’ anca volare!
MATTEO: (ridendo) Ehi, Pietro, Paolo, ol Palestina l’impasta i useli co’ la tera e po’ i fa
volare!
PAOLO: Ma che bravo! Ah, ah, ah.
GIOVANNI: Dai, dai, vedemo!
JESUS: Alora ecco un crapin, poe le alete, ol panscetin, le plume le segno co’ un legnet e
con do stechet infilzai soto la panzota fazo ghe fasso i zampini. (come una formula) Sensa
truco né preparasion, sensa gnanca un’orasion...un, do , trois, bofo (soffia e l’uccellino prima
trema e poi inizia a volare pìu, pìu, pìu)
GIOVANNI: Vola, vola! Miracolo!
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MATTEO: Ol Jesus Palestina bambin fa volare i uselin de tera! Falo n’altra volta e te deventi
el capo dei zioghi!
PAOLO: Ma sta atento a no far schersi che se descoverzo che no ze vero te molo un
casotun!
JESUS: Speremo che me riesse anche sta volta! ...la testulina, le plume, i giambet... sensa
truco ne preparasion, sensa gnanche un’orasion... Vun, doi, trois...
TOMASO: Fermo!
PAOLO: Cus’è?
TOMASO: Controllo!
GIOVANNI: Chi te sèt ti?
TOMASO: Tomaso
PAOLO: Tomaso, te scomense la matina presto a rompe i cojoni!
TOMASO: Xe che la me mama dise de no crédar a ste strunzade! Che l’è un truco vegio
come la Madona! Ol furbastro gh’ha ciapat un uselin che l’è burlat da un albaro, l’ha incuicicà
in de la fanga e l’ha impastrucià come se ol fuese lu a darghe forma, poe l’ha metuo su la
man, bofada “fium”, brivido in tel cul “cip, cip, cip” e vola via!
GIOVANNI: No, l’era vero, no gh’era l’uselin impastrucià in de la fanga, no’ gh’era ol truco!
L’ho veduto mì.
TOMASO: fazemo la verifica col dito! (buca tutta la statuetta) Va ben, no gh’è trufalderia,
pole andar avanti!
JESUS: Vun, dois, trois, sensa truco né preparation, sensa gnanca un’orasion “fium, pìu,
pìu, pìu” (l’uccellino prende vita)
GIOVANNI: Vola! Miraculo!
MATTEO: Oh, che fenomeno!
TOMMASO: Che stregun maraviglioso!
PAOLO: Eh, bravo il Palestina! Da’ sto momento ol bambin Jesus l’è ol capo dei zioghi!
‘Ndemo tuti a trar su manade de tera e femo una gran uselada de uselet come che ne pare
che poe lui el bofa e li fa vulare!
GIOVANNI: Mi fai una gran crapa chi, un panscion, un culetin de stitic, po’ ghe meto ‘na
steca per far najamba, ‘na steca per far un’altra jamba, n’altra jamba, poi borla davanti.
N’altra jamba, ol borla da drio un’altra jamba!
MATTEO: Esagerat! Nol s’è mai vist un gallinon co sinque jambe.
GIOVANNI: L’importante è ch’el vola!
MADRE: Varda che bravo bambin sto Jesus, gh’ha trovau un ziogo belo che no’ se fan
gnanca male!
PAOLO: E quelo coss’è, un strunsun? Tremendo! No se capisse gnanca ‘ndo ha a crapa!
Ah, ah, ah,
TOMMASO: E quella coss’è? Na torta volante? Con tute le alete intorno e la testa in meso!
Ah, ah, ah
MATTEO: Fane veder el tuo alora!
TOMMASO: Eccolo!
GIOVANNI: Oh, belo questo! Pulito, preciso
MATTEO: Ma coss’è?
TOMMASO: Un gato!
GIOVANNI:...belo un gato con le ali!
MATTEO: Ma no se pol far volare i gati!
TOMMASO: Se vola quel to strunzun lì, volerà anca el me gato!
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PAOLO: Ma i gati nol vola...Nevero Palestina?
JESUS: Beh...
TOMMASO: (urlando) Mama, Jesus Palestina ‘no vol far volare el me gato!
MADRE: (affacciandosi al balcone) Palestina fa subeto volar el gato del me bambin se no
vegni giò e te inciodo!
(Jesus alza le mani, poi prende un bel respiro e soffia sulle opere dei bambini. E mima con
le mani e la voce che questi prendano vita gallinone, stronzone, stronzettini, torta e gatto
che impazzisce alla fine)
GIOVANNI: El gallinon, el vola!
MATTEO: Anca el me strunsun
PAOLO: Varda i strunsetini come che i svola
MATTEO: La me torta la gira in torno
TOMMASO: Varè el gato se magna tuti i osei del zielo! Ah, ah, ah (tutti ridono)
PAOLO: ‘N’altra uselada, avanti tuti insiema!
MADRE: (a pubblico) In quel momento Track! Se spalanca el porton de la piassa e vegne
avanti un fiolin picoleto, pulito, ben petenà, con le plume sul capelo, su un cavalo tuto
infinimentà de ori e arzento. E gh’è uno sbiro intorno tuto armà che’l monta un cavalo bianco.
L’è il fiol del paron de tuta la cità.
BAMBINO RICCO: Ehi, bambini, a che ziogo ziogatte?
PAOLO: (sottovoce a Jesus) Ol fiol del paron...che rompicojoni! (a Jesus)
GIOVANNI: No’vardarlo Palestina, fa finta de gnente!
BAMBINO RICCO: Me fate zogare anca mi al vostro ziogo?
TOMMASO: No!
BAMBINO RICCO: E perchè no?
TOMMASO: Parché ti, co i to cavali, no ci lasci far nemanco un gireto! E tute le volte che
vegnèmo a casa toia che te gh’è dei gran zioghi, te ne fait descacciare dai toi sbiri! Adesso
Noaltri gh’avemmo el più bel ziogo del mondo e ol Palestina l’è ol cap dei zioghi! Ti te set
sioro ma no te gh’è el Palestina!
MATTEO: Palestina l’è noster! Vero Palestina? Oh Palestina, no sta andar con quelò ah,
no’ fare el Giuda!
BAMBINO RICCO: Ma se pol saver che ziogo l’è?
GIOVANNI: Sì, noaltri fasemo uselin e useloni de tera...poe ol Palestina boffa e i fa volare!
PAOLO: Ti vol ziogare anca ti? Cala le braghe, bofa sul to uselin e vedem se ol vola! Ah,ah,
ah (tutti i bambini ridono)
BAMBINO RICCO: (arrabbiatissimo prende una lancia dei soldat e innizia a spaccare tutto)
Se no ziogo mi, no’ ziogate gnanca voalti!
(grande confusione il padroncino spacca tutti i giochi e i bambini corrono in giro e gli tirano
palle di fango, i soldati gli fanno da scorta coi cavalli intorno)
SOLDATO: Via, fora! Andit fora, via! Lu, ol pol fare quelo che el vol, parchè l’è ol fiol del
paron!
MADRE: Bastardu! Un ziogo sì belo...che no’ costava nienter...i nostri fioli eran contenti...
SOLDATO: Via madri! Via che ve riva le lanze!
MADRE: Int un mument la piassa l’è voda. Gh’è resta soltanto ol fiolin del paron sul so
cavalo negro, coi soldati che i sganassa.
SOLDATO: Nesciun s’era incorgiuo che in t’un canton gh’era ol Bambin Jesus coi ogi grandi
impegnidi de lagrime. Fissa inverso ol zielo e ol scomenzia a ciamar so’ Patre.
JESUS: Patreeeee!
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MADRE: In del momento tuto se ferma, se ferma il temp...tuti i resta como statue
JESUS: Patreeeee!
SOLDATO: El zielo se impegnisse de nuvole che scominsia a mòverse coréndo a
ziràndola...se verseno lasando un gran vodo in del messo e BROOOM
JESUS: Patreeeeeee!
DIO: Se gh’è?
JESUS: Padre son mi…to fiol, Jesus, el Palestina!
DIO: Te recognosso! Cossa t’è capitat?
JESUS: (piagnuccolando) Quel bambin lì l’è cativo! Gh’ha roto tuti i figurini de tera che noaltri
gh’avemo fato per ziogare...
DIO: Ma caro bambin, per na stupidada cussì te vegne a far catare un spavento ‘sì grando
a to’pare? Che ero da l’altra parte de l’universo, son rivao de corsa, gh’ho sbusà squasi
docento nuvoli, gh’ho tirà soto el caro cinquanta cherubini, me s’ha parfin insturtà ol triangolo
in crapa! No’ te vergogni?
JESUS: (parlando e piangendo) Eh…ma l’ù l’è stait cativo…gh’ha spacà tuti i zioghi…noaltri
eremo contenti…tuto roto…gh’aveo tanto fatigà! Eco!
DIO: No gh’ho capit na Madona! Parla ciaro e cava le manine da la boca! Cossa l’è capitat?
JESUS: (a gran velocità inframezzando i singhiozzi) L’è capitat che in te la piassa e gh’era
i bambin...lori i ziogava e mi: feme ziogare anca a mi al voster ziogo... Va via Palestina
Terun! Ma mi...no era capasse de restar senza ziogare...’na tristessa da morire...E alora
gh’ho pensat: fo’ un miracolo...uno picolo...quelo de far volare i oseli che l’è fazile e me
riesse semper benn...Fasso svolar un useletto e poe arriva Tomaso che rompe semper i
cojoni e poe gh’ho fato volare dei uselon tremendi: un strunsun, doi strunzetin e perfin un
gato...e i eran tuti contenti!...e i dise: Palestina capo dei zioghi...e adeso sont de novo solo
come prima...eeeehhh...gh’ho un dolor tremendo Padre...
DIO: Oh, te gh’ha rason. Debio admittere che rompar i zioghi dei putelet l’è propri ol pejor
de tuti i pecat. Ma zerca de rasonar, quelo l’è piccenin, nol capisse.
JESUS: No, no, capisse, capisse! Quelo l’è cativo de natura. L’è un grave periculo lassarlo
devegnir grando!
DIO: Va ben, demoghe un castigo. Che castigo te voj che ghe daga?
JESUS: (pausa sorridente)...Màssalo!
DIO: ...Ah, scomenciemo ben! T’ho mandat giò dal zielo in tera per impararghe la paze fra i
omeni... parlarghe d’amor a zente che de normale se da bote senza rason. E te rivet ti che
al primo inciapo: massalo! No te vergogni?
JESUS: Eh, ma quelo lì l’è stait cativo...m’ha dait un dolor!
DIO: Ma parchè te me ciamet mi per fà castigament? Te set Deo anca ti...picolo, un Deotin,
ma Deo. Parchè ti vol che lo fassa mi? Ah, ol sabien bien mi la rason! Te voj che la zente
diga: ol padre l’è cativo ma ol fiol l’è bon! No, no, te la sbroli ti la to question e no vegnire a
ciamarme per de le cialade che mi gh’ho ben altro da fare!
MADRE: BROOOM Tute le nuvole van via, torna el sereno ol bambin fiol del parone ol ride
de novo e anca i sbiri a ridon tanto che se pissa adoso.
JESUS: Te ridet ti, eh?
BAMBINO RICCO: Mi ride quanto che vojo
JESUS: Perchè te set tranquilo che nisciun te pol castigare, eh? E se adeso ariva vun e te
castiga?
BAMBINO RICCO: Chi?
JESUS: Mi par esempio!
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BAMBINO RICCO: Ah, ah, ah, ma ti si massa picolo per castigarme
JESUS: ...Son tropo picolo? Ah sì? E se mi te fulmino?
BAMBINO RICCO: Ti fulminarme mi? Ah, ah, ah Torna ziogar colla fanga!
JESUS: ...Ah no te ghe crede eh?
MADRE: BRUAAAAM, un lampo de fogo ghe sorte da i ogi che ariva e ol ciapa ol bambin
fiol d’ol paron e TRAM un bambin de tera fumante!
SOLDATI: Ahaaaaaaaa! Ol fiol del diaol! Scampa, scampa!
MADRI: Ol stregon! Fiol del Diaolo! Ah Stregoneria
(entra la Madonna correndo richiamata dal frastuono)
MADONNA: Jesus, meo fiolin caro, cossa l’è capitat? Parché la zente cria a tutta vose?
JESUS: (facendo finta di niente) No’ so mi, eremo che se ziogava...varda mama, gh’ho faito
ol me primo miraculo...l’è ancora caldo!
MADONNA: Oh che bel, un bambin de tera, par prorpio vero, l’hai scolpit ti?
JESUS: No, no, l’è lu giusto come l’è nasciuo! Al’ era cativo, el m’ha roto tuti i zioghi et alora
mi l’hai fulminà!
MADONNA: Cossa? Ma no’ te vergogni? Pensa cossa capiterà a la so matre quando
porteran ‘sto bambin de teracota su le genuogia...le lagreme de sanguo che sorteran, el
dolor! Te scomenzi ben! Resusitalo!
JESUS: No!
MADONNA: Resusitalo sùbit!
JESUS: Ecco...no’ se pol far un miracolo che subito se ghe da desfarlo! E poe no’son
bon...mi gh’ho imparà soltanto a fulminare...no’ so ancora capaze a resusitare, mama!
MADONNA: No dir busie! Falo par mi...per i me ogi...par sto dolor che me scana ol
core...Abie pietàt! (piange)
JESUS: Mama no piagnere...basta lagreme... A lo resuscito...ma con na peàda! (con una
pedata fa alzare il bambino che torna vivo)
MADONNA: ...ol respira, ol respira, o l’è vivo
BAMBINO RICCO: Cos’è capitat?
JESUS: Te gh’avevo fulminat...e poe...rengrassia la madona!
BAMBINO RICCO: (portandosi una mano al sedere) Ohi, ohi
JESUS: Te sente dolor chi ai ciapi eh? Alfin ti debie tor cosciensa che no è semper co la
prepotensia che se guadagna in tel la vida...parchè pol vègnar un zorno in cui un povarazzo
strazun te castiga a pedate in tal cul!
MADRE: De bota l’aria la se fa lempeda e ciara. Le madri retornano a spontar de le fenestre
spalancat. I bambini tornano a zogar. Retorna la serenità...
(da fuori si sente una voce in crescendo che si avvicina tutti si fermano e guardano nella
stessa direzione, entrano i tre Re magi come all’inizio)
TERZO M: Oh, che bel, che bel, che bel, che l’è andare sul camel, che bel, che bel, che bel!
PRIMO M: Bastaaaa!
TERZO M: Oh che bel, che bel, che bel...
SECONDO M: Bastaaaaa!
(tutti scappano via)

12
SECONDA SCENA (Primo Intermezzo)

ENRICO: No no! Non va bene. C’ha ragione il papa.


IVANO: Qui ci prendono per il…
ENRICO: Padre Ivano!
IVANO: Quando ci vuole ci vuole.
TARQUINIO: Le terga. Ci prendono per le terga, padre Ivano ha ragione.
IVANO: Possiamo noi farci temere dal popolo con un Gesù che va in giro a far volare gli
uccellini di terra? Cosa siamo? A carnevale?
EMANUELE: Se posso permettermi…
IVANO: No, non puoi permetterti Polesine. Non va bene così.
EMANUELE: Nostro signore è stato bambino. Il suo essere “fatto uomo” non può che
avvicinare i credenti.
IVANO: Avvicinarli, certo. Per metterci un cappio attorno al collo e fare di noi quello che
vogliono. Già mi vedo le rivolte in piazza. Folle di manifestanti variopinti che nemmanco
Sodoma e Gomorra.
ENRICO: Calma, fratelli. Con calma. Padre Tarquinio. Cosa proponete?
TARQUINIO: La soluzione del nodo Gordiano di Alessandro Magno.
ENRICO: Che sarebbe?
TARQUINIO: Il nodo gordiano era un nodo di difficile, quasi impossibile soluzione, che
venne affrontato dall’imperatore con un netto colpo della spada.
ENRICO: Proponete dunque di tagliare le teste agli oppositori?
IVANO: Non avete capito, padre Enrico. Lasciate eseguire a me che da tutta la mattina,
sangue grumoso di satana, mi tocca sorbirmi il filosofeggiare del nostro teologo.
Si avvicina ai fogli di Padre Emanuel.
ENRICO: Aspettate! Cosa fate?
Strappa i fogli dal libro di padre Emanuele e li butta per terra.
IVANO: Fatto! Ecco reciso il nodo gordiano. Ho capito bene cardinal Tarquinio?
TARQUINIO: Amen e sic fiat! (n.d.a: così sia)
EMANUELE: Che state facendo? Non potete strappare così le pagine che parlano
dell’infanzia di nostro signore.
IVANO: Non possiamo? E chi ce lo impedisce? Tu Rovigo?
EMANUELE: (tra sé) perdona loro perchè non sanno quello che fanno.
ENRICO: Come dici?
EMANUELE: Niente…niente…
ENRICO: Mio malgrado mi sembra la soluzione migliore. Dovremmo sacrificare svariate
pagine.
IVANO: Svariate pagine e inutili apparizioni nella vita di nostro Signore.
ENRICO: Agnelli sacrificali sull’altare della santa chiesa.
TARQUINIO: Mors sua vita nostra.
IVANO: Amen, padre Tarquinio.
EMANUELE: Siete le più alte cariche di questo papato, vi rendete conto dello scempio che
state compiendo.
ENRICO: ORA SILENZIO! Non permetterò oltre che un piccolo prete che puzza ancora di
fango padano si frapponga alle volontà di Papa Innocenzo primo.
Silenzio. Pausa.
13
EMANUELE: Chiedo scusa. Eccellenze. Sono a vostra disposizione. Chiedo umilmente il
vostro perdono.
Silenzio.
TARQUINIO: Il perdono ti è concesso padre Emanuele. Siamo tutti servitori della chiesa.
IVANO: Su, su, non rabbuiarti Delta del Po. Abbiamo ancora molto lavoro da fare. Agile con
quelle pergamene, forza, su.
EMANUELE: Mi raccoglievo in preghiera.
IVANO: E allora “ora et labora”. Dico bene padre.
TARQUINIO: Molto. Molto bene.
ENRICO: Cosa abbiamo ora?
EMANUELE: La sinagoga.
IVANO: Bella! Quella non si tocca! Guai! Badabum! Tutto per aria. Bella.
ENRICO: Passiamo oltre.
EMANUELE: Le nozze di Cana.
IVANO: L’acqua in vino! Questo è un grande classico!
EMANUELE: Vi è qui una versione che amo molto. Viene spesso raccontata dalle mie parti.
ENRICO: Una versione nuova?
EMANUELE: Tutt’altro, molto antica.
TARQUINIO: La curiosità permea il mio spirito.
ENRICO: Che cos’ha di diverso dalle altre?
EMANUELE: Ci sono degli ubriaconi.
TARQUINIO: Degli ubriaconi? Dei peccatori? Nei passi che raccontano di nostro signore?
EMANUELE: Degli ubriaconi entusiasti. Accorati figli del cielo, degli umili uomini.
ENRICO: Dei viziosi.
EMANUELE: Così pare! Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra.
IVANO: Piano! Non anticipiamo! Quella è un’altra storia!
EMANUELE: Era una citazione.
ENRICO: Non tergiversiamo. Allora? Questi ubriaconi?

Entrano gli ubriaconi e comincia Il miracolo delle nozze di Cana

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IL MIRACOLO DELLE NOZZE DI CANA

IMBRIAGO 1 Enrico IMBRIAGO 6 Benedetta


IMBRIAGO 2 Valentina IMBRIAGO 7 Elisa
IMBRIAGO 3 Simone MADONNA 8 Silvia T
IMBRIAGO 4 Ilaria JESUS 9 Davide
IMBRIAGO 5 Silvia B

TUTTI: (entrando ubriachi) Viva i sposi! Sempre viva! Evviva Jesus e la Madona! Evviva el
vino!
1: Ah, ah, ah, come stago ben!
2: Anca mi me senti bon! Ma inscì bon che me sorte bontà fin’anco da le oregie! Ah, ah, ah!
3: Come puodaressimo no essar boni co sta cioca belissima ch’aveim catà?
2: Che mi no imazinava mìa che se sarìa finìda cossì ben sta zornada! ‘Ca o l’era
scominsiàda in una manera malarbéta, desgraziàda!
3: Ascultat! (al pubblico) Scolté anca voialtri cossa l’è acaduo! Donca èrimo tuti invitadi in
un matrimonio
1: un spusalisio...
3: in un liogo chì tacà
1: Cana...
3: sì, un paese che ciameno Cana.
1: ... che aposta, dopo, ghe digarano: nozze di Cana.
3: tasi!
2: Mi soi arrivat par ultimo... co’ sono arivato... gh'era già tütu ol banchet per el spusalizio
parecià, cun la roba de magnar soravìa...
1: Sì, ma no gh'era nisün de invitati che füssen sentat a magnare!
3: Geren tüti in piè chi dava pesciade par tera... chi biastemava... O gh'era ol patre de la
sposa, davanti a un muro, col dava testunade... a rebatùn, cativo!...
1: Ma cossa è süccess cosa?
4: Oh, disgràssia...
2: A l'è scapat ul sposu?...
4: Ul sposu l'è quelu col biastema più de tüti.
3: E cosa l'è süccessu cus'è?
4: Oh, disgrassia... emo discoverto che una botte intera de vin, un tinasso de vin impruntat
per ul banchet de matrimoni, ul s'è reversat in aseto...
2: Oh... tütt el vin in aseto? Oh, che disgrassia...
1: Spusa bagnada a l'è furtünada! Ma bagnada in t'ul aseto l'è disgrassiada de schisciare...
de casciare via!...
5: E tüti che piagneva, biastemava, la matre de la spusa la se trasciava i cavej, la sposa la
piagneva, ul patre de la spusa dava testunade a rebatùn sül muro.
6: In quel mentre riva dent un giùine, un zùvine, un che ghe digono...
7: Jesus...
6: Jesus?
7: Fiol de Deo de sovranome.
6: Tasi!
5: No l’era sulengo, a no, l’era incumpagnat de la sua mama, vüna che ghe dighen la
Madona.
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7: Gran bela dona la Madona!
6: Tasi
5: Ereno invitati de riguardo, che rivaven con un po' di ritardo. Appena questa sciura Madona
l’è vegnuda a saver de sto impiastro bordeleri, la gh’è andada visìn al Jesus, fiol de Deo...
7: Fiol anca de la Madona!
6: Varda che te dago!
8 MADONNA: Ti che ti è tanto bon, zovin caro, che te fa' de robe meravigliose par tüti, varda
se te ha el plaser de traj foera de impiaster burdeleri che i ha infesciat sta povera zent.
5: Apena che l'ha parlat inscì la Madona, tüti, sübit, han vist spuntarghe, fiorirghe sui lavari
del Jesus, un suriso dolze in su sti làver
7: Cussì dolze, ma cussì dolze, che se nu te stavet atentu, par la cumusiun, te se stacava i
rudeli di genòcc e tumburlaven süi didón dei pie.
6: Apena l'ha finì de parlà, stu zovin el g'ha dà un bazutin sul nas a la sua mama e l'ha dit:
9 JESUS: Bon, zente, podrìa verghe dodeze otre impiendide de aqua ciara e neta?
3: L'è stat un fülmin, trachete, dodeze scudele son rivà li davanti, impienide d'acqua, che
mi, vede tuta quel'acqua in un colp solo, me sont senti infin male, me pareva de negare...
boja!...
6: S'è fai un silensio che pareva de vesser in gesa al Santus, e stu Jesus l'ha insciuscicà un
po' cui man, dando de s'cioch, de tiron cui dit, a s'cioch, e pö l'ha valzà su una man, cun tri
dit sulamente, chi i alter dii i e tegneva schisciat, e l'ha cuminzat a far di segni suravia a
l'acqua...
7: dei segni che fan solament i fiol de Deo!
3: Parfin mi, che eri pugià un po’ tristanso soravia, parchè come hai dit l'acqua me fa
impression vardarla, d'un boto me senti rivà de drent i böcc del nas un parfùm cume de uva
schisciada, nun pudeva cunfunderse... a l'era vin!
1: Boja, che vin! Me n'han pasat una broca, g'ho pugià i lavre, hu manda giò un gut, boja!...
Oh... Oh... beati del purgatorio che vin!
2: Bucat apena, amareul in tul funt, un frizzich frizzantin, saladin in tul mezz, c'ol mandava
straluzz da par tüt, quatro ani de stagiunadüra al manco, anata d'ora! C'ul andava giò
sluzigando par ul gargozz a gorgnuà fin in dul stomigo! Che nun se poteva trattegnir de criar:
TUTTI: A l'è primavera!
TUTTI: Bravo Jesus
TUTTI: A te si Divino!
1: E la Madona, la su mama de lu, andava in strambula par la sodisfaziun, l’urguglianza de
trovarse un fiolo inscì bravo a tra’ foeura de l’aqua el vin
2: De lì a poco se sevum tutu inciuchit, imbriagati.
3: O gh’era la matri de la sposa che la balava, la spusa giuliva, ol spuso ch’ul saltava...
4: ol patri de la spusa, davanti a un muro, c’ul dava testunade a ribaton, cativo!
TUTTI: Parchè?
4: ché nessun ol gaveva vertito!
5: Ol Jesus a l'era montat in copa a un taulo, in pie, ul masceva vin par tüti e criava
9 JESUS: Bevè gente, alegria, inciucheve, imbriaghìve, no aspeti dopo, alegria! (vedendo
la madonna) oh Madona, sacra dona! mama! Scuseme, che son andat un po’ en barloca!
Me sun desmentegà de vu, tegnevine un goto! bevì un goto.
8 MADONNA: No, no, fiol, grasie, at ringrasi, ma mi non podi bever, che mi non sono
abitùada al vino, me fa turnà la testa... che dopo disi i stupidade.

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9 JESUS: Ma no, mama, no te pò far mal, te farà solamente un po' de alegria! No te pò far
mal, sto vino, a l'è vin sceto questo, a l'è vin bon... a l’ho fato mi!!!
6: E peu, a ghe son dei canaja che va intorna a racontare che el vino a l'è un'invension del
diaol, e l'è pecato, l'è un'invension del diaol satanazzo...
5: Ma ve paresse che se ol vin ol fusse un'invension del diaol satanazz, ol Jesus ghe l'avaria
dato de bever a la sua mama?
7: A la sua mama de lü!
4: Mi son sicuro che se el Deo Padre in la persona, invece de impararghelo a Noè, tanto
tempo dopo, sto truco meravigioso de schiciare l'üva, de trar fora el vino, ol ghe l'avesse
insegnat subito, fin dal prinzipio, all'Adamo, subito, prima dell'Eva, subito quando che lo gh’a
fato con la tera bagnada inbrugada.
3: Lo fa il so crapon, iu reci, i buci par i oreci. I buci de i oci! Le pallette de i oci! Un naseto,
do buci, la boca (oh lassa andar coi denti). Il coletto, le spalete, i bracini, i gumbiti, i braci, i
mani...Te li faci come mi...1,2,3,4,5, cinque de qua, cinque de là. I birighignoi, el bonigolo,
un piselin, le ciapete, i jambi, i genuogi, i pienini...chiri, chiri, chiri (fa il solletico) Adamo
fuuuuu (soffia l’alit vitale) Vita Adamo, sù, sù vita, sù, sù. Alza su qua, metti i pie dentro i
masteli! Adesso li impinizzo de uva! Varda che graspi, oh guarda che bei graspi....Sciza
Adamo schiza!! Bala, canta e schiza! Fa il vino!
4:...non saresmo stati descasciati dal paradiso! Saremo ancora là, contenti!
7: Adamo, uva, eva, vino
3: Parchè l’era bastà che in tul zorno malarbeto che atacato a l’Adamo al’è arivato el
serpentun canaja cont in boca la poma e ol diseva:
6: Magna la poma Adamo!...dolze, bone, dolze, rosse, bone le pome!
5: Bastav ca in quel momentu ul Adamo ul gh’aves vut tacat, arenta,un bicieron de
vin...l’avaria catat a pesciadi tuti i pomi de la terra, e nui seresmo tuti salvi in paradiso!
1: Per mi
2: par ti
3: par deo
4: par la tera!
6: Viva el vin
7: E la Madona
8: Viva Jèsus
9: E la su mama
TUTTI: Salute! Alleluja!

17
TERZA SCENA (Secondo intermezzo)

IVANO: Blasfemia! Indegna blasfemia, sangue di Giuda.


TARQUINIO: Onta morale, condotta irresponsabile.
ENRICO: Non si possono scrivere cose del genere per la Madonna.
IVANO: Cardinale Enrico che fate? Bestemmiate?
TARQUINIO: Siete il braccio destro del Papa.
ENRICO: Che avete capito? Intendevo proprio che non si può far parlare così la madre di
nostro Signore.
IVANO: Ah ecco! Mi pareva…
TARQUINIO: Errare umanum est.
ENRICO: Togliamo! Via! Leviamo sta storia dell’ubriacone, non sta bene.
TARQUINIO: Amen! Padre Enrico.
IVANO: Sono perfettamente d’accordo. Stiamo parlando di un miracolo importante, non di
un blasfemo baccanale.
EMANUELE: Questo povero ubriacone, signori è una delle pecorelle del gregge che
poc’anzi citavate.
IVANO: Non fare questo gioco con noi, Africa.
EMANUELE: Quale gioco?
ENRICO: Cercare di ribaltare le nostre parole a tuo favore. Qui si parla di riscrivere la storia!
Cerca di comprenderlo.
TARQUINIO: Il tuo giudizio è niente, giovane padre, nei confronti del bene della nostra
chiesa. Sic transit gloria mundi.
IVANO: Bando alle ciance fratelli. (Si avvicina a Emanuele e strappa una pagina)
EMANUELE: Che fate? Volete togliere dalle sacre scritture il miracolo delle nozze…
ENRICO: Che togliere? No. Solo la parte blasfema dell’ubriacone. Il miracolo si mantiene.
TARQUINIO: Il miracolo è la consacrazione del potere della nostra Chiesa.
EMANUELE: ADESSO BASTA! (Tutti si bloccano in freeze. Emanuele guarda in alto) Ora
voglio parlare con te! Sì! Proprio con te! Vieni giù!! Vieni giù ho detto!!! Papà! Vieni giù e
parlami!
(Musica celestiale, la voce di God)
GOD: Eccomi! Eccomi. Che furia! Cosa c’è?
EMANUELE: Dov’eri?
GOD: Ovunque, come sempre, da sempre. Sono ovunque e sono sempre.
EMANUELE: Hai sentito questi tuoi emissari che dicono?
GOD: Sì, ho sentito, sono ovunque sempre. Non c’è niente che io non sappia, poichè…
EMANUELE: Sì lo so! Lo so babbo! Era una domanda retorica.
GOD: EMANUELE, cosa ti turba?
EMANUELE: Questa storia che il miracolo sia la consacrazione del potere della Chiesa…
una baggianata Babbo. Lo sai anche tu! Mancava il vino e s’è fatto il vino.
GOD: Una grande festa.
EMANUELE: Ti ricordi? Vogliono anche togliere quelle due cose che diceva mamma sul
vino.
GOD: Tua madre l’alcool non l’ha mai retto bene.
EMANUELE: Appunto! Invece no! Vogliono togliere anche quello. Pure il primo miracolo con
gli uccellini…
GOD: Mi piaceva tanto quella storiella. Quante me ne avete fatte passare…
18
EMANUELE: Gli piace tanto la parte della Sinagoga? Ora rebalto tutto, come in Sinagoga.
GOD: Calma, calma, Ema. Ti è già andata male una volta, quando hai detto a tutti chi eri.
Ti ricordi si?
EMANUELE: Certo che me lo ricordo, ci mancherebbe. Sono cose che non si dimenticano.
GOD: Ognuno porta la propria croce.
EMANUELE: Non fa ridere Pà! Perché non mi aiuti invece di lavartene le mani come Ponzio
Pilato?
GOD: Ema. Abbiamo pure dovuto cambiar nome. Porta pazienza figliolo. Vola basso. Sei
appena arrivato a Roma, cerca di adattarti, è una città confusa, da sempre. Stai cheto eh?
Magari tra un anno ti fanno papa.
EMANUELE: Se! Figurati.
GOD: Fallo per me. Porta pazienza.
EMANUELE: Va bene.
GOD: Ora vado eh. Non farmi stare in pensiero.
EMANUELE: D’accordo.
GOD: Ciao eh.
EMANUELE: Ciao. Saluta mamma.
(Musica celestiale svanisce. Si sbloccano i cardinali).
IVANO: Corna di Satanasso! Cos’è stato?
ENRICO: Che diavoleria è questa?
TARQUINIO: Il demonio è tra noi?
EMANUELE: Quale demonio? Stavamo scrivendo…
ENRICO: Davvero?
EMANUELE: Certo Eminenze.
TARQUINIO: Sento il mio corpo riprendere un poco di coraggio.
EMANUELE: Non c’è tempo da perdere, il Papa aspetta.
IVANO: Va bene, va bene. Mozambico, dove eravamo rimasti.
EMANUELE: La resurrezione di lazzaro.
IVANO: Ooh! Molto bene!
ENRICO: Finalmente.
TARQUINIO: Cominciamo.

Inizio giullarata La resurrezione di Lazzaro

19
La resurrezione di Lazzaro

1 fedele ENRICO 6 blasfemo ubriaco SILVIA B


2 guardiano cattivo ILARIA 7 venditore SIMONE
3 vecio orbo insemenìo ELISA 8 venditore BENEDETTA
4 stronza SILVIA T 10 bambino DAVIDE
5 madre ansiogena VALENTINA

1- Oh scusè! Oh, l'è questo ol simitero, campusanto, dove che vai a fà ol resüscitamento
d'ul Lassaro?
2- Si, l'è quest.
1- Ah bon,
2- On mument, do palanche par entrar.
1- Doi palanche?! Boja, e parché?
2- Parché mi a sont el guardian del simitero e vialtri a vegnit dentro a pestar tütu, a
schisciarme l'erba, ve senté su le crosi e me le sturté tute e po’ me rubé tuti i lumini! Mi ho
da ves cumpensat de tüti i fastidi. Doi palanche o no 's vede ol miracol.
1- Bon! Si un bel furbasso, va'!
10- Dai mema, ndemo, mema
5- Permes!
2- Doi palanche a crapa anca vi altri
5- Do palanche? ma lu l’è fiolo...
2- No me importa se avì el bocia, a non m'importa, anca quei varden
10- Mema, dai, mema, ndema!
5- Feme un presio più bas almanco
2- Sì, d'acord: una palanca. Eh! Vai giò disgrassiat dal mür. Al vol vede ol miracol a gratis,
ol fürbaso! (all’3) Doi palanche anca vu, ohe parlo co vù! S’è anca sordo?
3- Do palanche? Ai non poss veder el miracul son ciecatu!
2- Però podè scultarlu, do palanc! E arè de no cascar dentro na tomba!
3- On bel furbasso! A far i schei coi poari ciechi.
10- El miracul mema, ndema al miracul!
5- eh, natimo ades bisogna vedare dove xe ol Lassaro...Ohi, co grando simitiero
1- El ghe sarà ol nome sü la tomba!
3- L'altra volta son vegnù a vede ol miracol d'un altro, sont stai mezza giurnada a spetare e
pö ol miracolo a me l'hait fait in funda là! E mi sono restada chi come una barloca a speciare.
Ma sta volta ca so al nom, me sont interesat, a treuvi el nom in su la tumba, a sunt ol primo!
Lassaro?!... (cercando) me meti... Lassaro?! me meti davanti a la tumba, a veuri vede tüt
dal prinzipi.
10- El miracul, el miracul
4- Varda la gente che gh’è! Cominzum a spigner! Uè picolo non spigner! No m'importa se
xe piccolo! A sont rivai mi prima, e voi stà davanti! Queli piccoli vien la matina presto a torse
el posto, a l’alba. Furbo eh! A l'è picolo e el vegn davanti!
5- No ariva? No è ora de sto miracolamento?
3- No gh'è nessun ca conoss stu Jesus Cristo, che poe andà a ciamarlo? 'N se pò aspeciare
sempre pai miracoli, no?
5- Decidé un orario per sti miracoli, e rispetelo!

20
7- Cadreghe! Chi vole cadreghe?! Done! Cateve 'na cadrega! Doi bajochi 'na cadrega! Catè
'na cadrega par sentarve, done! Che quando gh'è ol miracolamento e ol santo el fa vegnì
feura ul Lassaro in pie, c'ul parla, ul canta, ul se move, coi i oci spiritai, ve ciapè un tremon
che caschè in tera su un sasso. Morti! Secchi! E Varé ch’el santo ne fa ün solamente de
miracolamento, eh! Cateve la cadrega! Doi bajochi!
1- Ohi, nol pense propri che a fà schei, eh!
3- Alora, a gh'è nisün che o vaga...?
6- Se i mari fusse de toci la li la là
5- No spigner! La tomba l’è averta! Burlo dentro e po’ ariva il santo el dise “vivo, vivo” e mi
ero già vivo!
6- Quanta bella zente! No vegno miga qua par el miragolo, vegno per le ridade che me fago!
5- Via umbriago no la me toche!
6- E bevilo bevilo bevilo bevilo bevilo bevilo!
TUTTI: Sssssssh
6- (piano, piano) shhhhhh
4- Chi è che me tire? No la me spinghe
3- Pardone che non ghe vego ben!
4- No importa d’avanti a la morte semo tuti uguali! E la vaga infondo se non la ghe vede che
la sente istesso! E ti no muntar sü le cadreghe! Ah furbo! L'hai vist? Ol pìculo se piassa sü
le cadreghe!
2- E non appogiare, eh! che gh'è la tumba che...
5- Ariva? on ariva!
2- Dai che vien scuro che poi me toca impissar tuti i lumini!
5- Sù no se pol aspeciar tanto! Che po’ col buio ariva il santo e se sbaja de tomba. Va su
un’altra tomba, resuscita un altro morto, poi arriva la mema de Lazaro e scominzia a
piagnere e toca mazar el morto appena resuscitato! No se fa ste robe! No ariva?
8- Sardele! Dolze le sardele! Doi bajochi le sardele! Dolze! Brustolide! Frite! Bone! Bone le
sardele! Fresche. Fresche che par ancora vive! Sardele, Sardele! Che fa suscitare i morti!
Varé ch’el santo fa svariati miracolamenti int un ziorno, eh! No ste a morir de fame! Cateve
do sardele! Bone! Doi bajochi!
6- Sardele? Daghen un cartocio al Lazzaro, ca'l se parecia el stomego!
3- Tasi, blasfemo!
2- Boni!
5- Ul riva! Ul riva! L'è chi!
1- Chi l'è? cu l'è?
3- Jésus!
6- Fiol d’un deo
10- Jesus, Jesus, Jesus
5- Qual'è?
6- Quelo negru? Uh, che ogio cativu!
4- Ma no! Quelu l'è ol Marco!
5- Quelo de drio
4- Quelo lì cun la barbeta.
6- Oh ma '1 par un fiulin, un sbarbà, boja!
3- Tasi blasfemo! Com’è? Leo belu?
5- Oh come che l’è belo! Jovine, coi cavei biondi li oci azuri !
5- Ohè! Giuvanni! Cugnussi mi el Giuvanni. Sta tacà de casa mia!
7- Jesus! Che simpatic co l'è ol Jesus!
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2- Ohè! Guarda! Gh'è anca la Madona, gh'è tüta la parentela!
4- No lo lasseno andà in giro solengo, parché a l'è un po' mato!
10- Mema, mema, M'ha schiscià l'öcio!
3- Jesus! Sempatego!
6- Jesus! Jesus, femo el miracolamento dei pessi e dei pani come l'altra völta, che magnada!
3- Cito, blasfemo.
8- In genögio, l'ha fait segn de 'ndà in genögio, besogna pregà.
1- dove xea la tumba?
2- Eh... l'è quela là.
7- Ohia! Varda! L'ha dit de tirà sü ol tumbun!
1- Oh, che piera!
8- In genögio, in genögio, sü, giù tüti in genögio, va!
6- Ma mi no, no va in genögio parché no ghe credo! O bella!
3- Tasi Blasfemo!
8- Che te catassi un fulmine che te sturpiassi tutti i jambi! Po va! Va da Jesus: “Jesus feme
il miracolo”! E straaaam un altro fulmine te storze anca le braza!
5- gh’è 'ol morto, ol gh'è dentro!
3- euh che spüssa, s'o l'è stu tanfo?
5- Boja!
3- Cus'è il l’ha buttà dentro un gato marzo?
4- Boja, ol è Lassaro
10- Che spussaaaaa, memaaaa!
5- Sito!
1- Lassém guardà!
5- O l'è marcito, impienit de vermi, de tafàni che ghe vien fora pure dai oji. Euh! Ol sarà
almanco un mese che l'è morto quelo, ul s'è disfat! Uh, la carugnada co g'han fai! Uhia che
schers! No ghe la fa stavolta, povaretto!
4- De seguro non ghe la fa, non ghe riesse, l’è tropo infrolato sto morto! Imposibil ca l'è bon
a tirar fora! O l'è smarso! Che scherso.
2- Mi digo che non è capaze!
3- Mi digo che ghe riesse uguale parche questo l’è un santon tale che anche se ghe xe
drentro quatro assi marside e ossi sbirulat basta che lù rivolta i oci al sielo e subito el morto
resuscita!
5- Ma nun dir strunzade!
3- Come strunzade? Vói far scomessa?
2- E femo scomessa!
7- Deh! Pronti coe scommesse! Doi baiocchi! Tre baiocchi! Diese baiocchi! Quel che volé
scometer.
8- I tegno mi? Ti te fidi? Se fida! Se fidemo tüti? D'accordo, i tegno mi sti bajochi!
TUTTI: scommetto che ghe la fa, mi scommetto de no! Sì sì el se un santo!
1- Basta! Vergogna, far scommessa con quel lì chel prega! Blasfemi! Vergogna! Cinque
bajocchi anche par mi per el miraculamento!
TUTTI: quattro contro do, contime, do a cinque che no ghe la fa!
1- Ecco, ecco, fet atension! Tuti in genogio, silensio!
10- Ul cossa '1 fa?
5- L’è li ch'el prega!
4- Tasi! Eh?!
3- Ohia! Alzati, Lassaro!
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1- El lo ga dito de alsarse!
6- Oh! Ghe pò dire e anco cantare, sojamente i vermini che o l'è impienido ven fora!...
Alsarse?.,.
4- Cittu! U s'è muntà in genogio!
3- Chi? Jesus?
4- No, Lassaro, Boja! Va ben che sé na vecia orba ma anca gnucca parò!
5- Ma va', impusibil!
2- Fa' vedè!
1- Oh varda el se alza!
3- ol va, ol va, ol va, ol va, ol borla, ol va, ol va, su, su, ol va, ol va, l'è in piè!..
1- El dà una scrulada a tuti i vermi!
4- Oh desgraziò, va pian co sti vermini!
3- E l’è vivo, el la resuscitat, miracolamento!
5- Oh Jesus, dolze che ti set creatura, ca mi non credeva miga!
3- Maravejoso fiol de deo, sinque bajocchi par mi!
5- Bravo Jesus! Doi pezi par mi!
10- Jesus, jesus, jesus
7- Ho vinciü la scumessa, da' chì.
4- Jesus, bravo! Dame indrio o Bajochi
8- Uehi! Fa' mia ul fürbasso!
1- Sia lodato Jesus, La mia borsa! Me l'han robada! Ladro!
3- Bravo Jesus !
1- Ladro!
6- Jesus, bravo!
2- Jesus! Bravo!
1-... Lader…

23
SCENA QUARTA (finale)

IVANO: No, no, no! Non è possibile!


Scena fisica dove i Cardinali si passano di mano i fogli di Emanuele cominciando a togliere
le pagine, in un crescendo. Con battute a soggetto tipo: “Via questo! Questo no! Le
puntarelle no! Per carità! Va tolto! Via.”
EMANUELE: ADESSO BASTA!!! (un tuono, un effetto, un miracolo. I 3 Cardinali non
riescono più ad emettere suoni. Muovono la bocca come pesci ma non riescono a parlare).
Ora parlo io, per la miseria! Da un’ora sto ascoltando le vostre parole, avete ridotto tutta la
vita di Gesù a quattro libri. State riempendo queste pagine di paura e io non sento parlare
di amore, di carità, di compassione. Avete eliminato il sorriso, l’infanzia, la dolcezza e volete
trasformare l’immagine di Cristo in un imbonitore tutto miracoli e terrore. Sostenete che la
paura sia il centro della vostra Religione ma non è così. Siete voi i mercanti della sinagoga,
che trattate i vostri fedeli come animali da bastonare per tenerli sotto il giogo del vostro
potere, per mungerli come vacche e ogni tanto sgozzarne qualcuno da consacrare sull’altare
della vostra autorità. Voi siete i rami morti da tagliare e non queste pagine. Se togliete tutta
l’umanità da questa Chiesa cosa rimane se non una serie di altari vuoti, scranni dai quali
berciare parole piene di pregiudizio e retorica?
Pausa. Poi con un cenno sblocca i 3 Cardinali.
IVANO: Diavoleria! Eresia! Blasfemia.
ENRICO: Voi siete un demonio! Voi meritate la punizione! Padre Tarquinio!
TARQUINIO: (maledicendo) Di te perdant, ut in sepulcro excruciatus sis!” (trad. che gli dei
ti portino alla morte e che, anche nella tomba, tu soffra)
ENRICO: Prendetelo!
Si lanciano contro di lui e d’improvviso si bloccano. Musica celestiale, voce di God.
EMANUELE: Babbo, sei tu?
GOD: Sono qui figliolo. Sono sempre qui.
EMANUELE: Babbo, io c’ho provato. Non c’è stato verso. Pensano che i miracoli
rappresentino la forza…vogliono la paura. Io non ce la faccio.
GOD: Che farai ora? Ti arresteranno?
EMANUELE: Eh, non lo so.
GOD: E poi?
EMANUELE: Non lo so. Non eri tu che sapevi tutto?
GOD: Non potevi star buono?
EMANUELE: Non ce l’ho fatta…
(pausa)
GOD: Sai che non posso fare niente vero?
EMANUELE: Sì, lo so.
GOD: Passato è il tempo di Sodoma e Gomorra…gli ho dato il libero arbitrio...
EMANUELE: Non serve che ti scusi, dai. Ho capito. Hanno deciso così, vuol dire che non
erano pronti.
GOD: E tu sei pronto?
EMANUELE: Ancora un momento.
Emanuele raccoglie le pagine, scende in platea e le distribuisce al pubblico.
EMANUELE: Mi dispiace per queste pagine, sono... sono le più umane. Custoditele voi! Non
perdetele! Imparatele a memoria, eh!
Emanuele torna sul palco per rivolgersi al Padre.
EMANUELE: Ora sono pronto.
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GOD: Ciao Manu. Ti voglio bene.
EMANUELE: Vabbè Babbo, questo lo dici a tutti…
Finisce la musica celestiale i Cardinali si sbloccano e acciuffano Emanuele.
IVANO: Preso! Adesso Rovigo, vero Iddio ne parlerai davanti alla Santa Inquisizione.
TARQUINIO: Sarai un esempio per tutti coloro che credono di calpestare il nostro potere
temporale.
ENRICO: Giratelo verso di me! In ginocchio!
Lo voltano verso il pubblico in ginocchio.
ENRICO: Padre Emanuele. In nome di Papa Innocenzo I e di tutta la sacra chiesa da me
qui rappresentata io ti scomunico pro tempore. Verrai portato nelle prigioni Papali e menato
di fronte ai Giudici che ufficializzeranno la tua condanna. La tua condotta immorale, i tuoi
atti di stregoneria, le tue parole, tutto ciò che rappresenti vanno contro ogni legge di Dio!
Egli è ovunque, egli sa. Emanuele! Dio ti guarda! Non provi vergogna? Non vuoi chiedere
la grazia? Implorare perdono?
EMANUELE: (guardando in alto sorridente) Babbo, perdona loro, perché anche stavolta non
sanno quello che fanno.

BUIO.

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