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uni o SKILL CASE COMUNICAZIONE EFFICACE • TUTORIAL 3 1

Come comprendere e gestire


i messaggi non verbali
“La mimica rende più vive le nostre parole e conferisce
tempo a
ur
loro più forza. Essa è più delle parole, che possono
di lett ti
9 m i n u essere falsate, rivela i pensieri e le intenzioni altrui”
(Charles Darwin)

Che cos’è la comunicazione non verbale?


In molte situazioni i nostri gesti parlano ed esprimono molto più delle parole. Imparare a
decodificare ciò che inconsapevolmente comunichiamo e ci viene comunicato dagli altri è
un modo per comprendere i bisogni reali che spingono tutti noi ad assumere determinati
atteggiamenti. Saper cogliere e utilizzare il “linguaggio non verbale” significa migliorare la
nostra capacità di gestire le situazioni anche in ambito professionale.
La comunicazione interpersonale include, tra gli altri, messaggi impliciti, intenzionali o
meno, che sono espressi attraverso segnali non verbali e paraverbali.

Guarda questa foto, solo osservando il non verbale cosa ti trasmettono i due protagonisti?
Qual è il loro livello di coinvolgimento nel contesto/situazione? Ti sembrano partecipi?
Perché? Prova a soffermarti sui particolari delle loro posture, sguardi, gesti, espressioni.

Quali sono i segnali non verbali e quelli paraverbali?


I segnali che inviamo con il nostro corpo e che riceviamo dagli altri possono essere suddivisi in:

postura contatto oculare spazio personale

aspetto esteriore espressione facciale gesti e movimenti

I segnali che inviamo con la voce comprendono:


silenzio/pause ritmo dell’eloquio tono di voce

volume della voce intercalare
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Il significato implicito dei segnali non verbali


postura L’atteggiamento e i gesti posturali, sia quando siamo in piedi sia quando sia-
mo seduti, possono trasmettere qualcosa sul modo in cui ognuno di noi si
pone in relazione agli altri e al mondo. Essere consapevoli della nostra po-
stura risulta importante, ad esempio, durante un colloquio di lavoro in cui
vogliamo apparire sicuri, ma non aggressivi, sufficientemente a proprio agio,
ma non eccessivamente rilassati.

ESEMPIO ESEMPIO

Quando Fabio assume una posizione Quando Flavio assume una posizione
con il corpo schiacciato e il collo con il petto gonfio, il collo teso
e la testa incassati tra le spalle, e con la parte superiore del corpo molto
trasmette al suo interlocutore più esposta della parte inferiore,
un atteggiamento di sottomissione trasmette un atteggiamento dominante.

ESEMPIO Se durante una conversazione l’interlocutore si “rifugia” verso


Se una persona è seduta in punta al sedile della sua sedia, lo schienale della sua sedia, questa postura può trasmettere un
trasmette una sensazione di non rilassatezza, forse non vede l’ora atteggiamento di disagio, magari nei confronti dell’argomento
di terminare l’incontro. trattato o della domanda che gli è stata rivolta.

Guardare negli occhi una persona fornisce importanti informazioni sociali ed


contatto
oculare emotive, utili per costruire una relazione interpersonale. Con lo sguardo, in-
fatti, accogli e fai sentire accolto il tuo interlocutore, oppure se il tuo sguardo
si fa insistente potresti farlo sentire a disagio. Il contatto visivo viene tuttavia
interpretato in modi diversi a seconda dei contesti culturali. In Asia orientale
e in alcuni paesi come la Nigeria, è segno di rispetto non guardare la persona
negli occhi, ma nella cultura occidentale questo può apparire un atteggiamento
“sfuggente”, come a voler nascondere qualcosa.
Il comportamento oculare degli interlocutori, unito alle
espressioni del volto costituisce un ottimo feedback ri-
spetto alla percezione, al giudizio e all’atteggiamento degli
altri nei nostri confronti. Si possono cogliere molti segnali
interessanti osservando il viso del vostro interlocutore!
ESEMPIO Se, a un certo momento, lo sguardo diventa sfuggente può
Durante un colloquio, se lo sguardo di una persona è diretto segnalare ansia, imbarazzo, insincerità, paura, sottomissione;
verso l’interlocutore può segnalare che lo sta ascoltando oppure se lo sguardo è indiretto e assente, può segnalare
attentamente. Se lo sguardo si prolunga molto nel tempo, può che l’interlocutore sta riflettendo, ricordando, immaginando
indicare gradimento o invito, oppure invasione, intromissione. qualcosa o che è perso nei propri pensieri.

spazio Lo spazio personale (o interpersonale) è quella zona attorno a ciascuno di noi


personale che consideriamo come nostra, quindi “personale”. Se viene occupata da una
persona che non ne “ha il diritto”, potremmo sentirci a disagio. La distanza
alla quale ci si sente a proprio agio con le altre persone dipende dalla propria
cultura (ad esempio, gli arabi preferiscono stare molto vicini tra loro, quasi
gomito a gomito, gli europei e gli asiatici si tengono invece fuori dal raggio di
azione del braccio), dal sesso (di norma, gli uomini si trovano più a loro agio
a lato di una persona, invece le donne di fronte), dal carattere di ciascuno.
Distanza intima (0-45 cm): questo spazio
può essere occupato solo da persone con
personale
Distanza

Distanza

Distanza

Distanza
pubblica

cui si ha una relazione molto intima e affet-


sociale
intima

tiva, come un familiare o un partner.


Distanza personale (45-120 cm): nel mon-
do occidentale rappresenta la distanza ideale per la maggior parte delle inte-
razioni e coincide con la distanza per una stretta di mano. Di solito indica che
esiste una relazione di amicizia e fiducia tra i due interlocutori.
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Distanza sociale (120-300 cm): queste è la distanza da prendere quando si di-


scute con una persona con cui si ha una relazione formale, ad esempio dover
parlare con interviste di lavoro o trattative importanti.
Distanza pubblica (> 3 m): è la distanza adottata nelle conversazioni pub-
bliche in cui è praticamente impossibile interagire con l’individuo. Esempi
di conversazioni in cui adotta questa distanza sono gli spettacoli, i congressi,
convegni.
ESEMPIO
All’interno di un ufficio, le posizioni che le persone occupano
nello spazio assumono significati diversi, anche quando sono
comprese eventuali barriere fisiche (ad esempio, una scrivania).
Lavorare seduti vicino a qualcuno, aiuta a trasmettere un
atteggiamento collaborativo. Probabilmente se si lavora seduti rapporto
frontalmente e con la scrivania di mezzo, si comunica distanza e gerarchico
sarà più facile stimolare un lavoro individuale. amicizia collaborazone

aspetto L’aspetto personale è una parte importante che influenza l’efficacia comunica-
esteriore tiva. L’impatto visivo è infatti importante, almeno quanto quello verbale: le per-
sone si faranno molto rapidamente condizionare, nel loro giudizio, dai vestiti
che indossiamo, come sono acconciati i capelli, la cura personale in generale.
Inoltre, quando parliamo in uno spazio pubblico, durante il lavoro, è impor-
tante ricordare che rappresentiamo non solo noi stessi, ma anche l’organizza-
zione di cui facciamo parte.
ESEMPIO code prevede giacca e cravatta o tailleur. Se invece, si affronta un
Presentarsi a un colloquio di lavoro presso una banca con i jeans colloquio di lavoro presso una multinazionale nel settore sportivo,
potrebbe generare disagio e la sensazione di essere fuori luogo, forse i jeans potrebbero passare molto di più inosservati. Ogni
poiché guardandosi intorno si scoprirebbe facilmente che il dress contesto ha un suo dress code.

espressione Il volto è una delle principali fonti di comunicazione. Infatti, la modalità più
facciale evidente con cui esprimiamo le nostre emozioni è l’espressione facciale. La ri-
cerca ha concluso che sei principali espressioni del viso mostrano le emozioni
primarie, cioè gioia, tristezza, disgusto, rabbia, paura e stupore, e possono es-
sere riconosciute come universali. Altre espressioni sono più specifiche e di-
pendono dal carattere di ciascuno, dalla cultura, dall’intensità delle emozioni e
sentimenti.

gioia tristezza disgusto rabbia paura stupore

Le nostre espressioni facciali forniscono informazioni sulle emozioni che stia-


mo provando; d’altro canto influenzano il processo emotivo: siamo tristi perché
piangiamo, lieti perché sorridiamo. Per una gestione dei rapporti interpersonali,
risulta quindi importante sviluppare quella che viene definita “intelligenza emo-
tiva” (I.E.). L’I. E. è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere
e gestire in modo consapevole le emozioni proprie e altrui, evitando di agire
impulsivamente, “senza pensare”, e calibrando invece la nostra risposta com-
portamentale (espressione del viso, sguardo, ecc..) in funzione della situazione.

(da LIE TO ME – MICROESPRESSIONI)


www.youtube.com/watch?v=zLZ65e_4xlY
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ESEMPIO impatto sul clima relazionale e sulla buona riuscita di un meeting!


Durante una riunione, Marco non interviene con le parole; il suo Per esprimere il suo parere contrario, Marco potrebbe usare
viso ed espressioni (fronte corrucciata, bocca storta, labbra rivolte una comunicazione chiara, diretta attraverso le parole e
verso il basso) comunicano però disaccordo, dissenso, rifiuto mantenendo un’espressione del volto neutra o comunque
rispetto all’idea espressa dai colleghi. Tutti questi messaggi hanno adeguata ad un rapporto professionale.

Il sorriso è un atto primario innato con una forte valenza comunicativa. L’atto
del sorridere può rappresentare un gesto di calore, vicinanza, apertura, oppure
un mero rituale sociale. In alcuni casi può apparire non opportuno, falso o ag-
gressivo. Altri segnali che concorrono a definire il messaggio del nostro sorriso:
• gli occhi, per esempio, possono rafforzare o ridurre la sincerità del sorriso, a
seconda che siano intensamente fissi sull’interlocutore o sfuggenti;
• le labbra, se sono rigidamente serrate o distese, possono intaccarne la sponta-
neità;
• gli angoli della bocca, se piegati verso il basso o verso l’alto, ne possono dimi-
nuire o aumentare l’intensità;
• la testa, se chinata di lato o eretta, denota rispettivamente chiusura o apertura;
• le sopracciglia, se sollevate rapidamente indicano riconoscimento e gradi-
mento, se sollevate lentamente mostrano disappunto.

gesti e Il linguaggio del corpo è una comunicazione non verbale che comprende sia i
movimenti gesti sia il movimento del corpo. Attraverso la comunicazione non verbale del
corpo, possiamo trasmettere una grande quantità di informazioni, senza parlare:
• il linguaggio del corpo contiene parole, frasi e segni di punteggiatura
• ogni gesto è come una singola parola: può avere diversi significati
Questo vuol dire che, per tutti i segnali corporei, l’interpretazione non deve
essere univoca, ma va ricercata la conferma del messaggio inviato analizzando
contemporaneamente gli altri segnali verbali e non verbali.

SEGNALI DI APERTURA VERSO L’ALTRO


• postura sciolta e flessibile
• busto eretto e rivolto verso l’interlocutore
• sciogliere gambe e braccia dalla posizione incrociata
• busto proteso in avanti (peso del corpo in avanti)
• gesti che “vanno verso” l’interlocutore
• contatto visivo con l’interlocutore, sguardi benevoli
• sorriso (con la bocca e con gli occhi)
• cenni di assenso col capo
• piccoli gesti di contatto (mano-mano/mano-spalla)
• togliere la giacca, togliere gli occhiali, sollevare le maniche della giacca/camicia…

SEGNALI DI INTERESSE/ATTENZIONE/CONCENTRAZIONE
• contatto oculare diretto verso l’interlocutore o indiretto ma concentrato
• pieghe orizzontali della fronte: indicano che l’attenzione è fortemente attratta da
qualcosa (può tuttavia segnalare anche sforzo di capire, stupore, dubbio, confusione,
sorpresa, paura)
• pieghe verticali della fronte: indicano che l’attenzione e intensamente concentrata su

qualcosa/qualcuno
• mano vicino alla bocca o mento
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SEGNALI DI RIFIUTO/CHIUSURA
• postura rigida e contratta
• portare il busto indietro (peso del corpo indietro)
• spalle chiuse
• postura ipotonica (spalle curve, testa bassa…)
• sfuggire lo sguardo dell’interlocutore
• incrociare braccia e gambe: è comunemente inteso come segnale di chiusura. Può
essere letto come una barriera posta tra sé e l’interlocutore.
• serrare la bocca o coprire la bocca con la mano mentre si parla

SEGNALI DI TENSIONE/ANSIA/NERVOSISMO/FASTIDIO
• serrare la bocca
• muovere continuamente una parte del corpo (la gamba, il piede, la mano, tamburellare
con le dita)
• movimenti di manipolazione del proprio corpo durante l’interazione (toccarsi i capelli,
mangiarsi le unghie, schiarirsi la voce, dare un colpo di tosse, tirare la cravatta verso
l’esterno, deglutire ingiustificatamente…)
• movimenti che coinvolgono la persona con cui si sta parlando (battere sulla spalla

dell’interlocutore)
• giocherellare con una penna o con le monete nella tasca, cercare appoggi, muovere più

volte un foglio

ESEMPIO
Silvia è a colloquio con un cliente per affrontare un errore giocherellando con una penna. Tutti questi segnali vengono
commesso la settimana precedente: Silvia è nervosa e agitata percepiti dal suo interlocutore e potrebbero incidere
e cerca di scaricare la tensione, toccandosi i capelli e sulla buona riuscita dell’incontro.

Il significato implicito dei segnali paraverbali


Quanto più ci sentiamo sicuri di ciò che diciamo, o quanto meno entrano in gioco emozioni
negative, quanto più chiara e comprensibile sarà, in genere, la pronuncia delle singole pa-
role. Quanto più pronunceremo chiaramente le parole, tanto più comunicheremo sicurez-
za. Con la voce, anche quando siamo in una comunicazione telefonica, comunichiamo uno
stato d’animo o un atteggiamento. Saper comprendere e padroneggiare i segnali che invia-
mo con la voce, può aiutarci molto!

SILENZIO E PAUSE
Il silenzio contiene più informazioni di quante non potrebbero racchiuderne le parole.
Con il silenzio possiamo trasmettere ascolto, riflessione, ma anche rabbia o paura. Spesso
abbiamo timore del silenzio e tendiamo a occupare tutto lo spazio sonoro. Eppure usare il
silenzio può essere essenziale per creare una buona comunicazione; ad esempio, durante
una conversazione è utile fare pause per:
• permettere all’interlocutore di parlare e mandare segnali di interesse verso l’altro
• evidenziare l’importanza di una affermazione appena formulata
• attirare l’attenzione prima di un messaggio importante.
Gli ascoltatori, durante le pause, interpretano il significato; a volte bisogna aver coraggio
di rimanere in silenzio fino a cinque secondi: pause intense come queste trasmettono au-
torevolezza e sicurezza.

RITMO DELL’ELOQUIO
Il ritmo si riferisce alla velocità della comunicazione: può essere lento o veloce. Solitamente, si
tende a parlare molto velocemente in situazioni di imbarazzo e semplicemente di nervosismo,
come potrebbe essere parlare davanti ad una folta platea. Un’accelerazione nel ritmo può
causare tensione in chi ascolta, mentre un ritmo lento trasmette calma e controllo.
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È una buona regola variare il ritmo, accelerando e poi rallentando, usando le giuste pause:
questo contribuirà a mantenere l’interesse e allontanerà il rischio di risultare monotoni!

VOLUME DELLA VOCE


Il volume della voce offre segnali importanti sulle nostre intenzioni espressive ed emotive.
Sono inoltre indicatori utili per attirare l’attenzione. Quando parliamo con una persona
è importante adeguarsi al tipo di comunicazione, garantendo un equilibrio con il volume
dell’interlocutore. Se una persona parla a volume troppo alto, non necessariamente dobbi-
amo alzare la nostra voce, ma possiamo utilizzare un volume poco più basso per portare la
comunicazione a livelli più pacati:
• volume basso: spesso denota introversione, la voce di chi non ha intenzione di essere
ascoltato
• volume sostenuto: indica sicurezza
• volume eccessivamente alto: denota aggressività (intento di farsi valere) o adesione forte
al perseguimento dello scopo e intenzione di procedere animatamente (attenzione:
quanta più energia e passione si mette, tanto più si rischia di risultare aggressivi nei
confronti di interlocutori più tranquilli e pacati)
• volume moderato: indica pacatezza, equilibrio interiore
• volume eccessivamente contenuto/scarso: indica debolezza, insicurezza, fragilità
INTERCALARE
Gli intercalari sono sequenze di suoni (parole, intere espressioni, interiezioni, esclamazioni)
che vengono inserite nella frase e nel flusso comunicativo spesso in maniera automatica e ir-
riflessa. Alcuni esempi sono: allora, appunto, diciamo, insomma, non so, voglio dire, oppure
rappresentano delle espressioni di forme dialettali (boh, neh, aoh, mi, ecc.).
Tali elementi, in genere, trasferiscono un particolare contenuto; tuttavia, possono assolvere a
funzioni espressive, punteggiando il procedere dell’eloquio o del discorso.
Alcuni intercalari, come ad esempio ahh, ehm, mhmm, se inseriti all’interno di un discorso
possono trasferire imbarazzo, nervosismo, disagio.

Come coinvolgere il pubblico attraverso


la comunicazione non verbale
Una situazione in cui la comunicazione non verbale ha un impatto decisivo è quando si
parla di fronte ad un pubblico. Intrattenerlo e saperlo coinvolgere può rivelarsi strategico
per ottenere maggior efficacia e dunque successo, tenendo conto che la prima impressione
è molto importante!
Nei primi secondi, infatti, il pubblico si farà un’idea del relatore e dell’argomento e questo
avverrà soprattutto sulla base del “non verbale” percepito che influisce molto più delle
parole.
Ecco alcuni consigli per catturare l’attenzione dell’uditorio fin dai primi momenti:
• guardare le persone davanti a sé e, in caso siano più di una, rivolgere comunque lo
sguardo a tutti
• usare un timbro di voce che sia udibile da tutti e fare attenzione alla velocità dell’eloquio

per evitare di “mangiare le parole”
• variare il tono della voce, per trasmettere emozioni, e il ritmo del discorso, per tener viva
l’attenzione (esempio: un ritmo troppo lento potrebbe far annoiare e distrarre, un ritmo
troppo veloce potrebbe invece trasmettere ansia e non far capire bene ciò che si dice)
• evitare di guardare il soffitto, il pavimento, il monitor del pc, le diapositive proiettate,
magari dando le spalle al pubblico
• osservare sempre attentamente gli interlocutori: dagli sguardi, dalle posture, dalle
espressioni facciali, si possono capire le reazioni alla presentazione!
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Monitorare e gestire la propria comunicazione


non verbale in situazioni importanti
Durante un colloquio o incontro importante (un colloquio di lavoro, una presentazione,
un esame, ecc.), può essere utile curare la comunicazione non verbale. Una tecnica può
aiutare:

1. Nella situazione che ti vede coinvolto (un colloquio


di lavoro, una presentazione, un esame, ecc.)
interrompi per un momento l’interazione - ad
esempio dicendoti mentalmente “STOP”

2. Porta la tua attenzione:


a. alla tua espressione non verbale: come tengole
gambe? Le braccia? E il capo? Dove sto guardando?
Qual è la mia espressione del viso? Qual è il ritmo
della mia voce? Il tono?
b. al tuo stato emotivo: percepisci tensione,
rilassatezza, ansia o eccitazione?

3. Chiediti: che cosa sto comunicando al mio


interlocutore? La mia comunicazione non verbale è
coerente con quello che sto dicendo?

4. Prova a gestire eventuali segnali che ti accorgi non


siano coerenti con il messaggio che vuoi trasferire,
l’immagine che vuoi dare, l’atteggiamento che vuoi
sostenere (ad esempio: smettere di giocherellare
con i capelli, o ripetere “ehm”, rallentare la velocità
dell’eloquio) e introduci altri comportamenti più
efficaci (guardare verso tutte le persone del pubblico,
sorridere, fare alcune pause).

Questa tecnica, seppur difficile, è applicabile e con un allenamento costante, iniziando da


situazioni più semplici per misurarsi con situazioni man mano più complesse (ad esempio
situazioni di negoziazione) può migliorare la qualità e l’efficacia della tua comunicazione!

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