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PARTE TERZA - DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE ALLA METÁ DEL NOVECENTO
CAPITOLO 9 - LA RIVOLUZIONE ETNOGRAFICA IN GRAN BRETAGNA DA RIVERS A MALINOWSKI
Nel XX secolo avvenne un declino delle teorie evoluzioniste ed un’ascesa dell’etnografia, soprattutto in Gran
Bretagna, che mise al centro del discorso antropologico il lavoro sul campo. Queste ricerche furono curate da due
grandi studiosi che hanno portato una grande rivoluzione etnografica: Rivers e Malinowski.
Rivers, medico e psicologo, partecipò alla spedizione di Haddon, nello stretto di Torres, e sottopose i nativi agli stessi
test ai quali sottoponeva i suoi studenti di Cambridge giungendo alla conclusione che non ci fossero sostanziai
differenza tra costoro e i giovani inglesi; diede un grande contributo all’idea, esposta da Boas agli inizi del Novecento,
di una fondamentale unità fisico-psichica del genere umano.
I suoi studi si concentrarono poi sulle terminologie di parentela, avvicinandosi alla teoria di Morgan (terminologie
come conseguenza linguistica delle relazioni sociali), ma attraverso la somministrazione di questionari ai nativi, ai
quali venivano chieste informazioni sui parenti più stretti, su quelli più lontani e sulla terminologia utilizzata. Questo
lavoro del 1910, The genealogical method of Anthropological inquiry, illustrava un sistema rapido ed efficace di
raccolta dati relativi all’organizzazione dei popoli selvaggi. L’innovazione era quella di mettere l’europeo sullo stesso
piano del nativo ed anche quella di poter sviluppare con il nativo una confidenza reciproca.
Ciò che un ricercatore doveva fare era vivere con la comunità, entrare nei meccanismi, conoscere la tribù ed
applicare una prospettiva olistica (da olos, intero). Questa prospettiva segna un’importante svolta negli studi
antropologici, anche se il suo lavoro terminò presto, sia perché dovette occuparsi dei del trauma causato ai soldati
dalla guerra, sia per la sua morte prematura, sopraggiunta nel 1922.
Il diffusionismo trovò molti seguaci in Gran Bretagna. Nei primi anni del Novecento, divennero note le teorie di
Grafton Elliot Smith e Perry: offrirono una nuova verdione del diffusionismo, che venne definita iperdiffusionismo.
Postularono un unico centro di diffusione della cultura, l’Egitto; gli egiziani viaggiando avrebbero trasmesso la
propria cultura ad altri popoli, che però non furono in grado di conservarla. Molti popoli conservano i resti di quella
cultura, ciascuno ad un diverso grado di degenerazione proporzionale alla distanza dal punto di partenza.
Con il libro Children of the sun (1923), Perry parlò di teorie eliocentriche ed eliolitiche definite per l’accento posto
sulla diffusione del culto del sole e dei grandi monumenti in pietra.
Il diffusionismo radicale, o iperdiffusionismo, ebbe grande seguito, ma fu solo una meteora.
Nell’anno della morte di Rivers un antropologo polacco trasferitosi in Inghilterra pubblicò un libro destinato a
segnare un momento decisivo nella storia dell’antropologia. Malinowski aveva studiato antropologia a Londra;
cittadino dell’Impero austro-ungarico, era un nemico quando scoppiò la Prima guerra mondiale che lo sorprese in
Australia, a Melbourne, dove si era recato nel 1914 per un congresso. Lo studioso venne comunque lasciato libero di
condurre le sue ricerche in Nuova Guinea, nelle Isole Trobriand e in Malanesia, dove studiò l’organizzazione sociale e
quella economico-giuridica, le tecniche di costruzione delle canoe, i miti ed i riti, la lingua ed il comportamento
sessuale. Successivamente, dal 1922 al 1938, fu professore alla London school of economics per poi trasferirsi negli
Stati Uniti. Nel 1910 avviene la pubblicazione del suo importantissimo libro, Argonauti del Pacifico.
Fu molto apprezzato per come si legava ai nativi e per la sua eccezionale brillantezza.
Malinowski diede vita a quella che venne definita osservazione partecipante, una tecnica d’inchiesta che
permetteva al ricercatore di entrare in un rapporto empatico con i nativi, cogliendo la loro visione del mondo.
Il mito di Malinowski, come uomo in fuga dalla civiltà e dalla guerra, si diffuse rapidamente fino alla scoperta dei suoi
diari personali, con i quali venne alla luce una figura di ricercatore completamente diverso da come appariva: nei
suoi scritti si parla del disagio epistemologico dell’antropologo nel confrontarsi con le interpretazioni dei nativi.
della cultura delle Isole Trobriand, ma partiva da un aspetto particolare della vita per poi aprirsi sugli altri; l’oggetto
principale era una forma di attività di scambio praticata da un certo numero di comunità stanziate su isole comprese
in un’area geografica circoscritta. Questa forma di scambio, chiamata kula, era un fenomeno economico complesso
di notevole importanza teorica.
Tra le isole abitate dai gruppi partecipanti allo scambio, disposte in circonferenza, circolavano due tipi di oggetti:
collane di conchiglie rosse (soulava), che circolavano solo in senso orario, e braccialetti di conchiglie bianche (mwali),
che circolavano solo in senso antiorario, in modo che le prime fossero scambiate con i secondi e viceversa.
Gli oggetti circolavano sempre, restando in mano alle tribù per brevi periodi. La partenza e l’arrivo di questi oggetti
erano accompagnati da rituali precisi, accompagnati da un commercio in base al valore dell’oggetto.
È importante l’esistenza di sfere di scambio, ambiti non comunicanti nei quali circolano oggetti di natura differente.
La novità dell’osservazione partecipante era la prospettiva di tipo olistico e non settoriale, inoltre l’oggetto di studio
dell’antropologia (società, culture) risultava costituito da parti tra loro correlate in senso funzionale (funzionalismo).
Questa prospettiva mirava ad accentuare il comportamento coerente e ragionevole del primitivo, contro le tesi
discriminatorie degli evoluzionisti. Inoltre, Argonauti del Pacifico fu considerato il primo studio sull’antropologia
economica, intesa non solo come economia, ma anche come complesso di produzione, distribuzione e scambio.
Ciò che Malinowski evidenziò nello scambio kula fu proprio il principio di reciprocità, che tratterà nell’opera Diritto e
costume nella società primitiva, del 1926. Il principio attribuiva alla pratica un aspetto di coerenza ad altre pratiche
connesse con il controllo sociale. Questa novità venne rielaborata nella teoria del dono di Mauss e negli studi
antropologici di Lévy-Strauss.
Nell’opera The family among the australian aborigines (1913) confutò l’ipotesi della promiscuità originaria.
Secondo lo studioso, queste pratiche avevano delle precise regole e non consentivano l’accoppiamento
indiscriminato al di fuori del matrimonio. Da qui nacque l’idea della famiglia elementare come cellula universale e
originare, luogo di riproduzione biologica e culturale, concetti illustrati nell’opera Sesso e repressione sessuale tra i
selvaggi (1927). L’incesto era bandito, poiché comportamenti di quel genere avrebbero minato la struttura dei
comportamenti all’interno della società, mentre l’esogamia era il mezzo per risolvere correttamente questo divieto.
Il modo in cui Malinowski intese queste pratiche lo portò produrre la concezione funzionalista.
L’immagine della società e della cultura era quella di un insieme di pratiche e comportamenti tra loro integrati che
tendevano all’equilibrio della società e al suo funzionamento (funzionalismo ristretto). In seguito aggiunse a questa
prospettiva un novo elelmento, quello del significato della cultura; egli parla di vasto apparato,
materiale/umano/spirituale. Questa analisi coincide con quella delle relazioni tra i bisogni fondamentali e quelli
secondari o derivati, che mantengono la coesione sociale.
In Magia, scienza e religione (pubblicato postumo nel 1948) viene illustrata la teoria della magia. Il lavoro è basato
sugli studi condotti da Malinowski nelle isole Trobriand, dove aveva analizzato la “magia agricola” degli abitanti di
queste isole. Tali osservazioni avevano dato origine alla pubblicazione di un’altra grande opera etnografica, I giardini
di corallo e la loro magia, del 1935. Respinte le teorie di Frazer, secondo cui la magia era solo un goffo tentativo di
manipolare lo svolgersi dei fenomeni naturali, Malinowski propose una spiegazione delle pratiche magiche che ne
individua la particolare natura nella risposta emotiva ad una situazione non controllabile. La magia non è “anteriore”
alla religione o alla scienza, ma è un possesso primordiale che afferma il potere autonomo dell’uomo di creare dei
fini desiderati. Bisogna distinguere tra magia e religione, perché quest’ultima è invece un mezzo per rassicurarsi di
fronte alla prospettiva della fine che spaventa l’uomo.
Nell’opera La dinamica del cambiamento culturale (pubblicato postumo nel 1961) si analizza la teoria del
cambiamento culturale: lo studioso sostenne che l’incontro tra due culture portasse alla creazione di una terza
cultura, o terza entità; questa teoria venne successivamente molto criticata.