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FREDDA
La vicenda della fusione fredda iniziò, apparentemente, con il fragoroso annuncio del marzo 1989. I giornali titolarono che l’energia del sole era
stata “racchiusa” in una provetta e che la produzione di energia illimitata e a basso costo era alle porte (1) . Gli autori della scoperta erano uno
stimatissimo elettrochimico britannico di grande esperienza, Martin Fleischmann ed il suo collaboratore Stanley Pons, anche lui elettrochimico e
non erano affatto degli scienziati improvvisati. Martin Fleischmann aveva lavorato per molti anni sugli idruri metallici, ossia dei metalli speciali
che si imbevono di Idrogeno come delle spugne per poi rilasciarlo al momento opportuno (2). Contemporaneamente anche un altro scienziato,
un fisico di nome Steven Jones, annunciò di aver ottenuto una reazione nucleare di fusione a bassa temperatura. Anche Jones aveva un brillante
curriculum come fisico impegnato nella fusione “muonica” un tipo particolare di reazione di fusione che utilizza particelle elementari “esotiche”.
Non era facile liquidare la scoperta con una alzata di spalle, almeno in assenza di ulteriori verifiche. Tuttavia già alcune settimane dopo iniziò
una violentissima campagna di “destrutturazione” della scoperta e dei suoi autori proveniente sia dall’interno che dall’esterno della comunità
scientifica. Non si può comprendere l’eccezionalità di questi annunci se non si conosce la storia delle ricerche sull’energia nucleare. Il primo
reattore nucleare in cui si dimostrava la possibilità di sostenere e controllare una reazione di fissione (3) fu quello realizzato da Enrico Fermi a
Chicago nel 1942. Nonostante l’enorme sforzo connesso all’impegno bellico, che portò alla realizzazione ed all’uso delle bombe atomiche
sganciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945, la prima centrale nucleare per scopi civili, in grado di immettere energia elettrica nella
rete di distribuzione, entrò in funzione solo nel 1955 negli USA. Nel 1950, alcuni fisici russi, tra cui il famoso scienziato Andrei Sakarov,
proposero la realizzazione di un reattore sperimentale in cui fosse possibile realizzare una reazione di fusione autosostenuta (ossia in cui
l’energia prodotta fosse almeno uguale a quella immessa). Un simile impianto dovrebbe raggiungere al suo interno temperature estremamente
elevate, milioni di gradi, simulando le condizioni che i gas raggiungono nelle stelle. Dopo oltre 50 anni di studi è stato recentemente approvato
(Novembre 2006) un progetto internazionale per la realizzazione di un gigantesco impianto per dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica
del processo di produzione di energia mediante fusione termonucleare. Il futuro impianto, denominato ITER (International Thermonuclear
Experimental Reactor) dovrebbe essere in grado di produrre energia (10 volte di più rispetto a quella impiegata) non prima del 2022. Dopo oltre
70 anni un nuovo esperimento dimostrativo della fattibilità di una reazione autosostenuta. Costo: più di 10 miliardi di euro! Nel 1989 due
chimici ed un fisico hanno sostenuto che con attrezzature cosiddette “da banco”, ossia da tavolo da lavoro, si poteva realizzare quello che in 50
anni e con investimenti da capogiro sfuggiva a migliaia di colleghi! A cominciare dal capolavoro organizzativo sotto il profilo scientifico e
militare che fu il Progetto Manhattan che portò nel giro di 2 anni alla realizzazione del primo ordigno nucleare della storia, ci sono stati molti
esempi di realizzazione di progetti estremamente complessi e delicati: oltre al già citato ITER, tutte le attività della fisica delle alte energie (4), i
laboratori del CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra e dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) sotto al
Gran Sasso. Il complesso e delicato esperimento che consegnò il premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia nel 1983, riguardava la rivelazione di
una particella elementare subatomica, prevista dalla teoria e mai osservata prima in natura. Anche i grandi progetti nella ricerca medica e
biologica, il “Progetto Genoma”, la ricerca sul cancro sono esempi di “big science”, di scienza “in grande”. In tutti questi esempi gli aspetti
organizzativi sono quasi preponderanti rispetto agli aspetti scientifici. Lo scienziato, fisico o biologo, si trasforma in “manager di ricerca” per
tenere sotto controllo tutte le diverse parti che compongono l’insieme complesso: la finalità della ricerca e la strategia per conseguirla, il
reperimento e la destinazione dei fondi, la gestione del gruppo di ricerca che può coinvolgere anche centinaia di scienziati, la realizzazione delle
infrastrutture necessarie al funzionamento dei laboratori. Solo pochi, o pochissimi, hanno la visione complessiva dell’esperimento, la maggior
parte dei ricercatori coinvolti è concentrata su una porzione di lavoro ad altissima specializzazione e finisce per trasformarsi da scienziato in
“esperto”. Lo scienziato moderno assomiglia sempre di più a colui che cerca di guardare al cielo stellato dal fondo di un pozzo: più il pozzo è
profondo, più piccola sarà la porzione di cielo che riesce a vedere. La sua specializzazione è la profondità del pozzo da cui guarda il cielo.
L’organizzazione del lavoro nella “big science”, fortemente gerarchica, consente un efficiente ottenimento dei risultati ma altrettanto
efficientemente è in grado di condizionare la direzione in cui la ricerca può, o deve, andare. La logica della ricerca finalizzata all’ottenimento di
risultati di interesse industriale in tempi medio-brevi, (2-3 anni) completa il quadro. Una realtà scomoda ed inquietante è che oggi, i margini per
una ricerca realmente libera, sono ridotti quasi a zero. Così, quando accade che qualcuno azzardi una proposta totalmente inaspettata e
suscettibile di alterare i meccanismi consolidati, è possibile che si scateni un putiferio: la reazione viene non soltanto da chi lavora per
indirizzare la ricerca su alcuni binari invece che su altri, ma anche da parte di coloro che lavorano, duramente, per partecipare alle grandi
imprese scientifiche, avendo rinunciato alla creatività ed al gioco in cambio di una “professionalità”. Nel caso dell’esperimento di Fleischmann e
Pons la domanda corretta che la comunità scientifica avrebbe dovuto porsi è se davvero le loro affermazioni fossero da prendere sul serio. Un
approccio razionale sarebbe stato dunque, considerato anche il costo “irrisorio” degli esperimenti, quello di consentire a questi ed altri
scienziati, di continuare le loro attività in tranquillità, anzi, potenziando i mezzi a loro disposizione e contemporaneamente pretendendo estremo
rigore. Trattandosi della promessa di una fonte energetica senza scorie e a basso costo, forse il gioco sarebbe valso la candela di un investimento,
diciamo di un decimo (o molto meno), rispetto ai costi di un tipico esperimento del CERN o dell’investimento che ogni anno fa l’EURATOM
(Comunità Europea dell’Energia Atomica). Ma le cose non sono andate così. Anzi. Nei mesi immediatamente successivi al Marzo 1989 si
susseguirono sulla stampa scientifica una serie di articoli sulle misure di Fleischmann, Pons e Jones. Si trattava di esperimenti fatti in gran fretta
nei laboratori in cui si disponeva già, per qualche motivo pregresso, della strumentazione necessaria, tentando semplicemente di ripetere la
ricetta degli elettrochimici. Ci furono anche molti fisici teorici che si cimentarono in interpretazioni. Ma accanto agli esperimenti che
confermavano i risultati, molti riferivano di fallimenti nei tentativi di riprodurre il fenomeno. Intanto infuriava, letteralmente, una feroce
polemica tra i cosiddetti “credenti” e coloro che si ostinavano a non credere. In un articolo comparso su “La Repubblica” del 6 marzo 1990,
l’autorevole decano della fisica italiana, Carlo Bernardini, usava parole di disprezzo nei confronti della fusione fredda chiamando Fleischmann e
Pons “adescatori” della pubblica opinione ed irridendo a quegli scienziati “eccitati dai miracoli e dai misteri della complessità” (5). Fino ad
arrivare, esattamente un anno dopo, nel Marzo del 1990 ad un editoriale della “prestigiosa” rivista Nature intitolato più o meno “Addio, senza
rimpianti, alla fusione fredda” in cui si annunciava che mai più la rivista avrebbe accettato sulle sue colonne articoli riguardanti la fusione
fredda. Orientamento a cui si uniformarono, immediatamente, tutte le altre riviste scientifiche, senza eccezioni. Sono stata testimone degli
avvenimenti fino dal principio di questa vicenda. Nel marzo del 1989 lavoravo già da 2 anni presso il laboratorio di Criogenia (6) dell’ENEA di
Frascati con il Prof. Franco Scaramuzzi ed un altro giovane collega ed amico, Antonio Frattolillo. L’annuncio di Fleischmann e Pons ci aveva
eccitato, come molti altri colleghi, e spinto all’idea di tentare di riprodurre quei risultati straordinari, sia pure utilizzando le nostre competenze di
fisici per evitare le trappole dell’elettrochimica che non ci era familiare. Mettemmo su in pochissimo tempo un esperimento, avvalendoci anche
della collaborazione di due altri colleghi, ed ottenemmo quasi subito dei risultati interessanti. Ma quello che accadde subito dopo fu
sconcertante: intorno ai nostri risultati venne montato un vero e proprio evento mediatico. L’ENEA convocò una roboante conferenza stampa per
annunciare “la via italiana alla fusione fredda”, e per alcune settimane le prime pagine dei giornali e tutte le televisioni furono piene di articoli,
foto ed interviste che inneggiavano al nostro lavoro e alla riconfermata capacità degli scienziati italiani di competere alla pari a livello
internazionale. Ancora oggi, provo una strana inquietudine, ricordando quei giorni e quella sensazione di disorientamento e di fastidio per il
succedersi vorticoso di avvenimenti assolutamente al di sopra di ogni mia possibilità di controllo, e per quella forte ”sovraesposizione”, tanto del
nostro lavoro quanto delle nostre persone. Sebbene molto giovane e con poca esperienza del mondo della ricerca, mi rendevo perfettamente
conto che quella situazione, lungi dall’offrirci una scorciatoia per il successo ed aprirci nuove prospettive per le nostre ricerche, ci stava piuttosto
dirottando in un vicolo cieco. Un simile processo di “costruzione” dell’immagine pubblica di un ricercatore, ha due finalità immediate: da un
lato isolare lo scienziato dalla comunità scientifica, usualmente molto moralista, che non perdona chi cerca (o quanto meno sembra cercare)
scorciatoie alla normale dialettica, dall’altro legarlo proprio a quel potere che ne ha voluto esaltare l’immagine, rendendolo così manipolabile e
facilmente controllabile. Apparve subito chiaro che dietro all’esibizione mediatica, non c’era nessuna reale volontà di far proseguire le attività di
ricerca. Mi pare di ricordare che l’ENEA stanziò 100 milioni di lire nel 1989 (7) e poi più nulla.
Alcuni colleghi che pure avevano partecipato ai nostri esperimenti, preferirono tornare alle proprie consuete attività, e molti altri, che al principio
avevano mostrato interesse, si defilarono lasciando cadere i rapporti di collaborazione già in corso; a volte con signorile distacco, più spesso con
risatine ironiche. Naturalmente questo atteggiamento ebbe come primo effetto quello di scoraggiare i giovani, sia nelle università che negli Enti
di ricerca, più esposti ai ricatti della carriera, ad accostarsi a questo tipo di ricerca. Ma per fortuna siamo in Italia dove l’inefficienza del sistema
consente di trovare degli spazi in cui lavorare se si è disposti a farsi dimenticare. Gli esperimenti erano difficili, scarsamente riproducibili, le
teorie troppo complesse (8)…tranne una. Tre fisici italiani, Giuliano Preparata, Emilio Del Giudice e Tullio Bressani, avevano pubblicato nel
maggio 1989 un articolo su una rivista scientifica in cui si davano le basi per una giustificazione teorica della fusione fredda. La spiegazione era
quanto mai affascinante ma soprattutto la teoria apparteneva alla più pregiata e rara specie delle teorie fisiche: quelle in grado di fare previsioni!
La teoria indicava la via da seguire agli sperimentali per poter riprodurre le condizioni in cui ottenere il fenomeno e risolvere la drammatica
questione della scarsa riproducibilità che stava affossando questa ricerca e che neanche Fleischmann sembrava in grado di risolvere
definitivamente. Ci sono voluti circa 12 anni per giungere ad un esperimento che, seguendo le indicazioni di quella teoria, raffinata negli anni, ne
confermava le previsioni. 12 anni di lavoro silenzioso, alla costante ricerca di finanziamenti, senza poter pubblicare per arricchire il curriculum
perché, dopo il veto di Nature, nessuna rivista era più disposta ad accettare articoli sulla fusione fredda. Ma anche 12 anni di grandi
soddisfazioni, di studio, di successi sperimentali, di incontri con grandi scienziati e maestri, di entusiasmo. Cresciuti alla scuola illuministica
della supremazia della ragione, io ed i miei amici eravamo convinti, come Galileo, che invitare i “nemici” a guardare nel cannocchiale le lune di
Giove (9), avrebbe risolto ogni problema: la realizzazione di un esperimento che, secondo le regole condivise dalla comunità scientifica,
mostrava la produzione di una quantità anomala di calore proprio nelle condizioni previste dalla teoria doveva essere la prova definitiva per
essere riammessi nel corso ufficiale della scienza. Ancora una volta non andò nel modo sperato. Benché l’esperimento, realizzato con la
collaborazione diretta di Giuliano Preparata (10) ed Emilio del Giudice (11), ed il forte incoraggiamento dell’allora Presidente dell’ENEA, Carlo
Rubbia, avesse prodotto i risultati sperati fummo, come nel Monopoli, invitati a ricominciare dal via. Ancora una volta il nostro lavoro fu
ignorato e le riviste scientifiche interpellate, ben 5, cui proponemmo un articolo per la pubblicazione, lo respinsero rifiutando addirittura di
motivare tale decisione(12). In compenso, questa volta il sistema mostrò una insolita efficienza e la “nicchia” in cui era stato possibile continuare
le ricerche fino a quel momento venne definitivamente chiusa (13).
È molto interessante analizzare le giustificazioni addotte da alcuni colleghi per rifiutare di prendere in considerazione la fusione fredda come
reale. Uno stimato collega fisico a cui avevo inviato il rapporto conclusivo dell’esperimento condotto all’ENEA mi ha risposto: “…non
sentendomi competente nel tuo campo non sono in grado di dare un giudizio professionale sul tuo report. Con questo non sto emettendo
giudizi, nè in un senso nè nell’altro. Mi pare, la mia, una ammissione di incompetenza, non un atto di accusa”. Ma poi, in una conversazione
pubblica scrive: “Non esiste una sola pubblicazione in giro per il mondo che dimostra l’esistenza di fenomeni di FNF (Fusione Nucleare
Fredda). Ho ripetutamente (e provocatoriamente) chiesto a questo forum di indicarmene almeno una, ma non ho MAI ottenuto risposta. LA
FNF, sino ad ora, è una bella chimera”. Questo atteggiamento lascia supporre l’esistenza di un problema metodologico: un fenomeno fisico
esiste solo se se ne parla sulle riviste “autorevoli”, il parere ed il convincimento personale, anche di uno stimato professionista, passano in
secondo piano di fronte al principio di autorità. Ecco che ritorna il problema dell’”esperto”. Non è più però soltanto un problema metodologico
ma diventa strategico se poi, lo stesso fisico afferma: “Capisci quindi la mia posizione, che è semplicemente quella di cercare di impedire che
finanziamenti ingenti vengano dirottati verso ricerche che non hanno (ancora, potrei aggiungere) mostrato di poter portare a risultati tangibili. Le
“teorie” (Preparata,…) che sottendono a queste ricerche sono, per quanto ne so, semplicemente non compatibili con il corpus del sapere attuale.
In assenza di teorie, e in assenza di esperimenti che, non da me, ma dagli esperti del settore siano giudicati convincenti, che altro si dovrebbe
fare?”. Alcune riviste hanno rifiutato la pubblicazione del nostro rapporto perché hanno sostenuto di non conoscere alcun “esperto del settore”.
Un nuovo settore della fisica perciò, in quanto tale non può aspirare a finanziamenti se prima non viene costituita una categoria di “esperti del
settore”. In assenza di finanziamenti non si possono produrre prove convincenti che diano credibilità al settore, invoglino nuovi scienziati a
partecipare alle ricerche, producano letteratura scientifica ed, in ultima battuta “esperti di settore”. Ma siamo davvero sicuri che il progresso
della scienza avvenga grazie agli “esperti”? Un grande matematico e filosofo della scienza, Jules-Henry Poincarè (morto nel 1921) scriveva:
“Via via che la scienza si sviluppa, diventa sempre più difficile averne una visione complessiva; si cerca allora di dividerla in tanti pezzi e di
accontentarsi di un pezzo solo; in una parola ci si specializza. Continuare in questa direzione sarebbe di grave ostacolo ai progressi della scienza.
Lo abbiamo detto: sono le connessioni inattese fra diversi domini scientifici che rendono possibili tali progressi”. La possibilità di produrre
energia a basso costo, la realizzazione di tecnologie “leggere” e distribuite sono argomenti che catturano l’attenzione e fanno nascere grandi
speranze ma stimolano anche la grande inquietudine dello sfruttamento ad uso “non pacifico” della nuova fonte energetica. Interessi oscuri
possono aver lavorato per creare un clima ostile alla fusione fredda, ma la realtà non è un romanzo giallo e non ha il dovere della
verosimiglianza, dunque occorre considerare, tra le altre, anche l’ipotesi che la fusione fredda sia stata ignorata semplicemente per “sciatteria
intellettuale”. L’eccessiva parcellizzazione della scienza e la paura delle “connessioni inattese” possono aver permesso che interessi tutti estranei
alla scienza frenassero il processo della conoscenza perché gli scienziati non sono più in grado di rispondere come una comunità ma solo come
un insieme non coerente di esperti. Come sosteneva quel fisico citato, forse davvero la comunità scientifica ha ignorato la nuova scoperta perché
non ne ha trovato traccia sulle riviste “rispettabili” le quali non hanno accettato di pubblicare i lavori perché non hanno trovato esperti in grado
di giudicarli. Le istituzioni non hanno finanziato le ricerche perché la scarsità dei finanziamenti attribuiti alla ricerca (non solo in Italia)
suggerisce di potenziare le attività suscettibili di avere una applicazione industriale in tempi brevi o, come la ricerca sulle alte energie o la
fusione termonucleare controllata, di mettere in moto grandi capitali per la realizzazione delle infrastrutture necessarie agli esperimenti.
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Forse davvero non esiste un “complotto” nel senso che non esiste una “volontà” di estromettere la fusione fredda dal panorama della scienza,
tuttavia la scienza è oggi organizzata nel suo interno da leggi che tendono ad espellere come estranee le innovazioni troppo “sconvolgenti”. Gli
scienziati che occupano le posizioni più rappresentative, dirigenti di ricerca, professori universitari, presidenti di enti scientifici, non
obbediscono agli ordini di un “grande vecchio” ed operano nella piena autonomia delle proprie convinzioni, tuttavia soltanto coloro che per
convinzione o convenienza concordano con le finalità del sistema possono aspirare a ricoprirne le posizioni dirigenziali, e questo semplicemente
a causa di un processo naturale di selezione che peraltro non è limitato soltanto al mondo della scienza (14). Ma se così fosse la scienza
moderna sarebbe davvero giunta al suo crepuscolo, come è accaduto altre volte nel corso della storia, quando la creatività e l’innovazione hanno
dovuto uscire dalle “accademie” per svilupparsi e dare i loro frutti.
Note
(1) La fusione è letteralmente la fusione di due atomi leggeri, usualmente due isotopi (nuclei contenenti un diverso numero di neutroni)
dell’idrogeno, l’elemento più leggero in natura. La reazione genera enormi quantità di energia ed è alla base del processo utilizzato nel Sole e
nelle bombe termonucleari.
(2) La sua lunga esperienza con l’elettrochimica di questi materiali lo aveva portato a formulare l’ipotesi che l’immagazzinamento del deuterio
nel reticolo del Palladio potesse dare luogo, in condizioni particolari, a reazioni di fusione.
(3) La fissione è un processo fisico in cui il nucleo di un atomo di grandi dimensioni si scinde in due nuclei più piccoli liberando energia. Il
processo che avviene è simile a quello della scissione di una grossa goccia d’acqua in due goccioline più piccole.
(4) La fisica delle alte energie è la branca della fisica che studia le reazioni che avvengono tra particelle elementari di dimensioni atomiche o
subatomiche. Poiché molte particelle elementari non si trovano libere in natura esse sono prodotte negli urti ad alta energia (da cui il nome) tra
particelle più grandi che avvengono nei grandi acceleratori di particelle come, ad esempio, quello del CERN.
(5) Albert Einstein ha scritto: “L’uomo per il quale non è più familiare il sentimento del mistero, che ha perso la facoltà di meravigliarsi davanti
alla creazione, è come un uomo morto, i suoi occhi sono spenti”.
(6) La criogenia è la branca della fisica che si occupa della produzione delle basse temperature (fino a circa 273 gradi centigradi sotto lo zero) e
dei fenomeni fisici che avvengono in quelle condizioni estreme.
(7) Quel denaro fu utilizzato, quasi interamente, per acquistare uno strumento più sofisticato di quelli a nostra disposizione, utile nella misura di
eventuali radiazioni nucleari emesse nella reazione.
(8) Il rasoio di Ockham impone di scegliere, tra le molteplici cause, quella che spiega in modo più semplice l’evento.
(9) Episodio narrato nella “Vita di Galileo” di Bertold Brecht, nel quale Galileo invita il filosofo ed il matematico inviati dalla corte medicea per
valutare il suo lavoro, a guardare nel cannocchiale per rendersi conto di persona della realtà delle sue affermazioni e ne riceve invece un rifiuto
con la motivazione che “un occhiale che mostra cose poco probabili, non può che essere un occhiale poco attendibile”.
(10) Giuliano Preparata non assistette al completamento dell’esperimento perché venne a mancare prematuramente nell’Aprile del 2000 quando
l’attività di laboratorio era nel pieno dell’esecuzione.
(11) Tullio Bressani smise di occuparsi di fusione fredda dopo alcuni anni dalla pubblicazione dell’articolo citato e Franco Scaramuzzi non
aveva voluto seguirci in quella nuova impresa ma ne perseguiva una sua indipendente.
(12) Quando un articolo scientifico viene inviato ad una rivista per la pubblicazione, il responsabile scientifico della rivista individua due o tre
scienziati a cui chiedere un parere sulla validità del lavoro presentato. Il parere espresso sarà vincolante per l’accettazione del lavoro e la sua
pubblicazione. Nel nostro caso alcuni responsabili si sono rifiutati di chiedere alcun parere ed hanno respinto il lavoro, altri lo hanno respinto pur
riconoscendo la non validità delle obiezioni mosse dagli scienziati interpellati, altri ancora hanno sostenuto di non aver trovato nessuno che
accettasse di dare un parere sul lavoro.
(13) Non ottenemmo mai da Rubbia, ne da alcuno, spiegazioni sul perché la nostra attività venne chiusa dall’ENEA.
(14) “Pares cum paribus facillime congregantur”: I simili si accompagnano molto più facilmente con i loro simili.(Cicerone, Cato Maior de
Senectute, III.7 )…
M.M.) Dott. Eugene F. Mallove, presidente di New Energy Foundation e direttore della rivista Infinte Energy. A tutte le persone del mondo che
sono curiose e di mente aperta, dotate di buona volontà, di capacità di giudizio e di immaginazione. A scienziati e ingegneri, filantropi,
ambientalisti, studiosi di energia, investitori in alta tecnologia, professionisti della sanità, giornalisti, artisti, scrittori, finanzieri, gente dello
spettacolo e leader politici. Che siate conservatori, progressisti, democratici, repubblicani, libertari o anarchici, che siate agnostici, buddisti,
cristiani, ebrei, indù, musulmani, atei, o di qualunque altro credo spirituale, questo messaggio è diretto a tutte le persone di buona volontà come
voi. Caro amico: Inizio con alcune riflessioni di uomini saggi, che possano fare da sfondo a questo accorato appello perché tu prenda in
considerazione e sostenga la ricerca e lo sviluppo di forme di energia radicalmente nuove. Si tratta di fonti energetiche in grado di capovolgere il
mondo dalla testa ai piedi, e di segnare l’alba di un nuovo giorno glorioso per la nostra civiltà. “L’eccezione mette alla prova la
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regola”. Oppure, detto in un altro modo: “L’eccezione dimostra che la regola è sbagliata”. Se esiste una eccezione ad una regola qualunque, e
questa può essere dimostrata e osservata, quella regola è sbagliata. – Richard P. Feynman (1963), Premio Nobel per la Fisica 1965. Il progresso
della fisica è a-sistematico. Questo significa che la fisica a volte si inoltra verso nuovi territori senza aver sufficientemente consolidato quelli su
cui già si trova. Presume a volte troppo facilmente che certi risultati siano confermati, e basa su di essi il proprio progresso, esponendosi così al
rischio di dover fare in futuro una retromarcia ancora più vistosa. Questo fenomeno diventa evidente in una materia il cui sviluppo dei concetti
fondamentali avviene spesso in modo lento. Le nuove generazioni compaiono all’orizzonte prima che il concetto si sia consolidato, e presumono
– con il tipico entusiasmo a-critico della gioventù – che tutto ciò che gli viene insegnato a scuola sia oro colato, mentre dimenticano i dubbi e le
incertezze dei loro predecessori, nella fretta di trasformare i concetti in applicazioni utili ad ottenere nuovi trionfi. Ogni nuovo giovane fisico
corre il rischio di dimenticare i dubbi del passato e le incertezze del presente, e di accettare con mente a-critica i concetti al livello di sviluppo in
cui li ha trovati. – Percy W. Bridgman (1961), Premio Nobel per la Fisica 1946. Il Nobel americano per la Fisica 1988, Leon M. Lederman, non
è certo un propositore della ricerca di forme radicalmente nuove di energia. Lo si potrebbe definire uno “scettico patologico”, in base ad almeno
una sua opinione, espressa in The God Particle (1993, p.122). Nonostante questo, egli sente in qualche modo che potremmo essere alle soglie di
una rivoluzione della fisica. Di recente ha dichiarato: “Lo si sente nell’aria… il senso di una rivoluzione imminente è molto forte”. (New York
Times, 11 novembre 2003, p.D12). Lederman non ha idea di quanto sia accurata la sua affermazione, ma non lo è certo per motivi che sarebbe
disposto ad accettare facilmente. Forse Lederman si riferisce a certi argomenti esoterici di fisica accademica, come la “Teoria delle stringhe“,
oppure “l’oscura energia cosmica”, ma non certo a tecnologie pratiche basate su una fisica radicalmente nuova. Poiché soffre dei problemi
intellettuali sopra descritti dal Nobel P. W. Bridgman, Lederman non ha mai preso in considerazione l’enorme quantità di ricerca che certamente
rivoluzionerà le fondamenta della fisica, e ci darà il controllo di nuove e fantastiche forme di energia. Peggio per Lederman, e peggio per tutti
noi, visto che non ha voluto interessarsi di queste cose. Ci sarebbe certo tornato utile il supporto di gente come Lederman, se solo volesse tornare
con i piedi per terra ed esaminare a mente aperta la validità dei dati sperimentali che oggi mettono in pericolo le loro beneamate teorie. In un
articolo di “Science” del 1 novembre 2002, 18 esperti riferiscono di aver esaminato tutte le alternative disponibili oggi ai combustibili fossili,
trovando che tutte hanno “severe deficienze“ nella loro capacità di affrontare i problemi ambientali, e nel rappresentare adeguate soluzioni al
crescente bisogno di energia del pianeta. Il professore di Fisica Martin Hoffert, leader di quel gruppo di ricerca, ha dichiarato alla stampa che gli
Stati Uniti dovrebbero implementare un programma urgente di ricerca energetica, come il progetto Manhattan della bomba atomica o le missioni
lunari Apollo. Secondo il New York Times (4 novembre 2003, D1), Hoffert ha dichiarato che “ci vorrebbero forse sei o sette progetti colossali
che operano simultaneamente … [e che] dovremmo prepararci ad investire diverse centinaia di miliardi di dollari nei prossimi dieci-quindici
anni”. Ebbene, io ho qualcosa da dire a questi esperti: le soluzioni ai nostri problemi energetici sono a portata di mano, e sicuramente richiedono
ricerca e investimenti iniziali, ma non certo i miliardi di dollari a cui questi “esperti” dell’establishment sono abituati dalla generosità del nostro
governo. Al massimo saranno necessarie alcune decine di milioni di dollari, per creare dei robusti prototipi di generatori di energia elettrica
basati su nuove scoperte in fisica energetica che già sono avvenute. Questo è in sintesi lo scopo del presente appello: fare crescere la
consapevolezza e gli investimenti per queste fonti energetiche radicalmente alternative. Alla domanda se è possibile che la scienza moderna
abbia sottovalutato o ignorato importanti scoperte scientifiche che, se trasformate in tecnologie rivoluzionarie, risolverebbero praticamente ogni
aspetto della nostra civiltà, io rispondo di sì. Non starò ad elencare i mille orrori e problemi di questo mondo che potrebbero essere ridotti o
eliminati con una abbondante, sicura, pulita e radicalmente nuova forma di energia, se venisse utilizzata in tecnologie di grande diffusione.
Questi problemi li conoscete già. Vorrei invece parlarvi dell’importante percorso verso la risoluzione di molti di questi problemi, che possiamo
tutti intraprendere adesso, ma dei quali avete probabilmente sentito parlare molto poco. O forse avrete pensato che questo percorso non esista del
tutto. Io vi posso garantire che esiste, e che ormai migliaia di ricercatori sono su quella strada. Hanno già percorso troppo cammino su quel
sentiero poco battuto senza un supporto adeguato, ed io lo so bene poiché sono uno di loro. Sicuramente non abbiamo ancora raggiunto i nostri
obiettivi, ma grazie ad una meticolosa ricerca scientifica, a enormi sacrifici, e all’instancabile lavoro contro una feroce opposizione, questi
obiettivi sono ora molto più vicini alla loro realizzazione. E la strada maestra, in senso scientifico, è ormai tracciata. Ora abbiamo bisogno del
vostro supporto, per procedere e raggiungere la nostra destinazione comune: un mondo con abbondante, pulita e sicura energia da fonti che non
siano sotto un controllo geo-politico centralizzato. Per favore date ascolto a questo appello. Certamente non vi chiedo di credermi sulla parola,
ma vi invito a leggere, valutare, studiare o rivedere la raccolta di materiali indicati. Dopo averli esaminati, mi auguro, sentirete il bisogno di
agire. Se vi resteranno domande sulle nostre affermazioni che ancora non hanno risposta, io ed i miei colleghi siamo a vostra disposizione per
rispondere con fatti tangibili, e non con un gesto della mano. Chi sono io per chiedervi qualcosa per conto di altri, che possa essere la vostra
attenzione per pochi istanti, oppure il vostro supporto finanziario e morale? Sono uno scienziato e un ingegnere, con due lauree in ingegneria al
MIT (1969, 1970), e una cattedra alla School of Public Health dell’Università di Harvard (1975). Ho lavorato tutta la vita come uno scienziato
impegnato, nonostante i miei galloni da ingegnere. Mi sono sempre sforzato di capire come funzioni l’universo, e questo lavoro rappresenta per
me una avventura stimolante, difficile e infinita, nonostante tutti quelli che erroneamente sostengono che “stiamo avvicinandoci alla fine della
scienza“, oppure alla “teoria finale del tutto“. Oltre al mio lavoro di ricerca sovvenzionato dal governo al MIT e ad Harward, e in seguito da
corporazioni private, ho anche allargato i miei orizzonti scrivendo di scienza come autore e come giornalista. Articoli miei e su di me sono
comparsi su pubblicazioni come il MIT Technology Review, la sezione “Outlook” del Sunday Washington Post, il New York Times, Popular
Science, Analog, TWA Ambassador Magazine, Wired, e il New Hampshire Magazine. Ho partecipato a diversi programmi radiofonici nazionali,
e per un certo periodo, nella metà degli anni ’80, sono orgoglioso di aver condotto un regolare programma di scienza e tecnologia per The Voice
of America. Se vi parlo di me non è certo per vantarmi, ma per comunicarvi qualcosa della mia esperienza, della mia sincerità e della mia
integrità. Ho scritto tre libri scientifici di successo, rivolti ad un pubblico generico: “L’universo in accelerazione: evoluzione cosmica e destino
umano”, “Manuale del volo cosmico: guida pionieristica del viaggio interstellare”, e “Fuoco dal ghiaccio: alla ricerca della verità nella diatriba
sulla Fusione Fredda”. [1]. Il premio Nobel 1965 per la Fisica, Julian Schwinger, ha sostenuto il mio libro “Fuoco dal ghiaccio” con queste
parole: “Eugene Mallove ci ha fornito una disperatamente necessaria ed accessibile visione sulla diatriba della Fusione Fredda. Spazzando via
preconcetti testardamente radicati, mette a nudo la verità implicita con una provocante serie di esperimenti“. Sono particolarmente orgoglioso
di questo mio ultimo libro, perché ha dato il via ad una ricerca che mi ha portato non solo a scoprire travolgenti nuove verità sulle nuove forme
di energia accessibili in natura, ma – ancora più importante per me e per voi – mi ha rivelato questa stupefacente verità sulla moderna scienza
“ufficiale“: la scienza ufficiale non è realmente intenzionata ad espandere la conoscenza scientifica, soprattutto quando vengono messi in
pericolo dogmi e teorie scientifiche veramente fondamentali. Ecco cosa ha risposto un famoso professore di scienze nucleari del MIT alla mia
richiesta del 1991 di esaminare le relazioni di due scienziati innovatori, sui loro rivoluzionari esperimenti in reazioni nucleari a bassa energia
(dette anche “Fusione Fredda“). Uno degli scienziati aveva 34 anni di esperienza come ricercatore al Los Alamos National Laboratory (LANL),
l’altro era il direttore della ricerca al Bhabha Atomic Research Center in India (BARC): “Ho 50 anni di esperienza in fisica nucleare, e so cosa
sia possibile e cosa no. Non prenderò più in considerazione nuovi dati. Sono tutte stupidaggini.” – Prof. Herman Feshbach, maggio 1991, al
telefono con Eugene Mallove. Spero sia evidente come l’infelice reazione del Prof. Feshbach fosse sostanzialmente antiscientifica. Mi ricorda le
autorità della chiesa, ai tempi di Galileo, che si rifiutavano di guardare la Luna o Giove nel suo telescopio, perché “sapevano“ che non si sarebbe
potuto vedere nulla di nuovo. Ebbene sì, molti scienziati moderni sono impregnati di preconcetti deleteri, e sono diventati nei lunghi anni dei
semplici “tecnici della scienza”, oltre che i guardiani di quello che equivale ad un pernicioso “Sacro Testamento”. Non venite a disturbarci con i
vostri dati empirici, la nostra teoria è più che sufficiente per stabilire cosa sia possibile e cosa no! Se per caso siete fra coloro che pensano che
“va tutto bene in casa della scienza“, e che possiamo contare sulla “scienza ufficiale” perché si mantenga sempre alla ricerca della verità, persino
<4>
su argomenti di fondamentale importanza che riguardano il benessere di tutta l’umanità, vi state sbagliando di grosso, e io potrei dimostrarvelo
con una voluminosa documentazione. Se volete sapere che cosa è successo in una sola istituzione, il MIT, quando un nuovo paradigma mise a
rischio il ben avviato programma di ricerca sulla fusione calda, insieme a certi interessi intellettuali come quelli che il Prof. Feshbach difendeva
così vigorosamente, leggete il mio rapporto di 55 pagine su questa tragedia monumentale a www.infinite-energy.com. Ma inizialmente vi invito
a riflettere in senso più ampio sulla storia della scienza, che è perennemente costellata da balzi rivoluzionari e da cambiamenti di paradigma.
Questi spesso sono avvenuti contro una forte opposizione, con i dati rivoluzionari che urlavano in faccia ad una generazione di scienziati che non
voleva accettarli. Leggete questo appello con attenzione, e poi decidete chi sia a dire la verità e chi sia a difendere le menzogne sulle nuove
rivoluzionarie possibilità per la scienza e per la civiltà. Da quasi nove anni dirigo Infinite Energy, la rivista scientifica sulle nuove energie e
tecnologie. Per quanto di circolazione ridotta, Infinite Energy è distribuita in circa 40 paesi nel mondo, oltre ad essere presente nelle edicole di
Stati Uniti e Canada. Il mio amico e collega, Sir Arthur C. Clarke, ha supportato sia con parole che con contributi alcuni dei nostri sforzi sulle
nuove energie. La ricerca a cui si è dedicata Infinite Energy suggerisce che vi siano almeno tre categorie fondamentali di fonti energetiche
radicalmente nuove, a cui la civiltà sta per poter accedere, per poi incanalarle in tecnologie di uso pratico. Queste sono le forme di energia
completamente nuove per le quali viene lanciato questo appello. “Nuova Energia” è il termine che noi usiamo per le fonti energetiche che
attualmente non sono riconosciute come accessibili dall’“establishment scientifico”, ma per le quali esiste ormai una abbondante quantità di
prove convincenti. Elencheremo a seguire le tre categorie fondamentali.
CATEGORIA 1.
Nuova fisica dell’idrogeno, detta anche Fusione Fredda, o più genericamente “reazioni nucleari a bassa energia”, o LENR, fisica dell’idrino, ed
altre fonti energetiche basate sull’acqua. Abbondanti informazioni tecniche su questa ricerca si possono trovare in questi due siti www.lenr-
canr.org e www.blacklightpower.com, come sul nostro, www.infinite-energy.com. Il vantaggio principale di questa “energia dall’acqua” è che
nella normale acqua si trova una riserva inimmaginabile di energia, pari forse all’energia di 300 galloni di benzina per ogni gallone di semplice
acqua! Questa energia non sarebbe inquinante, non provocherebbe radiazioni pericolose, ed avrebbe in realtà un costo del combustibile pari a
zero. Un solo chilometro cubo di acqua marina fornirebbe l’energia equivalente a tutte le riserve petrolifere conosciute oggi sulla terra. In
seguito ad una speciale richiesta da parte di Sir Arthur C. Clarke, la Casa Bianca mi ha incaricato, nel febbraio 2000, di preparare un
memorandum tecnico sull’argomento. Questo memorandum, di 8.500 parole, è intitolato “La strana nascita dell’era del combustibile ad acqua“,
ed è stato presentato prima all’amministrazione Clinton, e poi alla amministrazione Bush. Attualmente è pubblicato su www.infinite-
energy.com. Il memorandum invita ad una analisi delle sostanziali prove – in particolare le abbondanti prove raccolte negli ultimi 14 anni dai
laboratori federali americani – su questa categoria di anomala nuova fisica energetica. Sfortunatamente, al di là di un educato ringraziamento,
nessuna azione concreta è stata intrapresa da alcuna delle due amministrazioni. La decima Conferenza Internazionale sulla Fusione Fredda
(ICCF10) ha avuto luogo vicino e presso il MIT, nell’agosto 2003. Pubbliche dimostrazioni di produzione di energia in eccesso in celle
elettrolitiche sono di fatto avvenute nel Reparto di Ingegneria Elettrica e Scienza dei Computer del MIT. Il redattore scientifico del Wall Street
Journal, Sharon Begley, che era presente al ICCF10, il 5 settembre 2003 ha scritto un ottimo articolo sul WSJ, intitolato “La fusione fredda non
è morta, sta agonizzando per la disattenzione della scienza“. Fra le altre sorprendenti novità tecniche del ICCF10 c’è stata la presentazione di una
ben finanziata corporation israeliana, la Energetics Technology, che sembra aver compiuto passi da gigante nel superare alcuni dei problemi che
riguardano il fenomeno delle reazioni nucleari a bassa energia [“Fusione Fredda”, n.d.t.]. Non è forse ora di sottoporre i dati sperimentali di
questo importante lavoro scientifico ad una commissione libera da pregiudizi, diversamente da quanto accadde nel 1989, quando un gruppo
ostile manipolò in modo ingiustificabile i risultati dei propri esperimenti? Perché i vari politici che sono stati informati di questi progressi non
fanno nulla in proposito? Temono forse la classica etichettatura negativa da parte dell’establishment scientifico?
CATEGORIA 2.
Energia dal vuoto, Energia Punto Zero, ZPE, energia dell’etere, o energia dello spazio. Tutte queste definizioni riguardano le enormi fonti
energetiche dello stato di vuoto. Informazioni su questo estremamente radicale e innovatore tipo di fisica e di ricerca tecnologica si trovano sui
siti www.aetherometry.com, www.energyscience.co.uk, www.aethera.org. A metà degli anni ’90 i dottori Paolo e Alexandra Correas, di
Toronto, hanno brevettato uno stupefacente strumento tecnologico, un reattore chiamato Pulsed Abnormal Glow Discharge (PAGDTM). Nelle
sue diverse configurazioni, è già in grado di produrre energia meccanica, termica ed elettrica a livello di Kilowatt. Un video Quicktime di uno di
questi strumenti, funzionante nel 2003, si trova suwww.aetherometry.com/cat-abrimedia.html. Un test positivo del PAGD, condotto da un
gruppo indipendente, che comprendeva le Israel Aircraft Industries (IAI) e la Ontario Hydro, non ha purtroppo portato ad accordi commerciali
per lo sviluppo ulteriore di questa meraviglia scientifica, che è stata meticolosamente documentata nei tre stati che hanno concesso ai Correas il
brevetto. I Correas e il Dr. Harold Aspden, ex-direttore dell’ufficio brevetti della IBM in Europa (dal 1963 al 1983), hanno fornito convincenti
spiegazioni teoriche, basate su esperimenti concreti su una varietà di fenomeni fondamentali, che permettono di comprendere come questa
impensabile energia dallo stato di vuoto possa essere estratta con il reattore PADG. La possibilità di vedere nell’arco di soli due o tre anni dei
generatori autosufficienti, che producano energia a livello di molti Kilowatt, sembra dipendere solamente dalla capacità di ottenere un
finanziamento relativamente limitato per lo sviluppo scientifico- ingegneristico, nell’ordine di alcune decine di milioni di dollari.
CATEGORIA 3.
Energia ambientale, ovvero energia termica sensibile (in particolare l’energia da movimento molecolare), attraverso una significativa estensione
della Seconda Legge della Termodinamica. I risultati di una importante conferenza scientifica offrono una preziosa spiegazione su questo
argomento: First International Conference on Quantum Limits to the Second Law (San Diego, CA, July 28-31, 2002), Professor Daniel P.
Sheehan, Editor, American Institute of Physics, Conference Proceedings, #643, 2002.
Come riferito nel rapporto finale, vi è stato il forte consenso di un significativo numero degli scienziati presenti sulla possibilità di costruire
macchine che convertano l’energia termica ambientale in utilizzo pratico, senza un serbatoio di bassa temperatura che raccolga il calore di
scarto. Questo rappresenterebbe una diretta contraddizione della “presuntamente sacrosanta” Seconda Legge della Termodinamica. Questi
macchinari rappresenterebbero una realizzazione quasi perfetta della cosiddetta free energy. Accurate simulazioni di questi macchinari sono state
realizzate, e i risultati sono stati pubblicati su riviste scientifiche “peer-reviewed”. Alcuni dei relatori predicono che alcuni prototipi di questi
macchinari potrebbero essere realizzati in dimensioni ridotte nell’arco di cinque anni. La breve descrizione delle tre categorie di nuova energia
presentate più sopra è solamente la punta dell’iceberg delle informazioni disponibili e verificabili oggi su queste fonti energetiche, che sono
pronte ad affrontare qualunque esame critico-scientifico. Ovviamente, se l’establishment scientifico si fida soltanto delle teorie dei testi
pubblicati, e se le persone di buona volontà, che potrebbero far avanzare questa ricerca, scelgono di “non guardare nel telescopio“, avverrà che
queste meravigliose tecnologie non saranno sviluppate così rapidamente, o non saranno sviluppate del tutto. Questo ha rappresentato e
<5>
rappresenta una tragedia monumentale in praticamente tutte le categorie dell’esperienza umana, che potrebbero essere trasformate da queste ora
apparentemente “spiacevoli” scoperte. Potrei scrivere molto di più sulle trame corrotte all’interno della apparentemente pulita ed etica Casa della
Scienza, su azioni che hanno impedito ad informazioni, pubblicate da Infinite Energy, di arrivare dove meritavano di arrivare, e cioè sulle più
autorevoli pubblicazioni come Science and Nature. Oh certo, molte, moltissime relazioni tecniche sono state coraggiosamente pubblicate sulla
nuova energia, ma le più importanti pubblicazioni mainstream, che stabiliscono i confini del discorso scientifico – come ad esempio Science and
Nature – respingono senza esaminarlo qualunque articolo che minacci i paradigmi fondamentali della fisica, della chimica o della biologia.
Sembrerà difficile da credere – come sarebbe stato difficile per me crederlo 15 anni fa, quando scrissi “Fuoco dal Ghiaccio” – ma è una triste e
tangibile verità. In ogni caso, non stiamo a piangerci addosso, ma cerchiamo di procedere uniti per porre fine una volta per tutte a questo
grottesco ostruzionismo anti-scientifico. [Segue una prolissa e verbosa esortazione a sostenere la rivista Infinite Energy, con un lungo elenco
dei suoi meriti e delle sue qualità, che evitiamo di tradurre per la sua relativa futilità].
Oggi ci troviamo di fronte ad una seria minaccia di tutti gli idro-carburi [combustibili fossili], e il conseguente incubo geopolitico è qualcosa di
assolutamente terrificante. Non esiste praticamente settore delle attività umane che non verrebbe toccato in modo sostanziale dall’avvento di una
nuova tecnologia energetica, specialmente per quel che riguarda le questioni di guerra e pace, di salute o dell’ambiente. Se quindi,
nell’esaminare il materiale che vi proponiamo, resterete convinti che non si tratti di “scienza patologica“ – come cercano di farvi credere certi
critici, che non hanno minimamente studiato i dati scientifici disponibili – speriamo che vogliate contribuire economicamente alla New Energy
Foundation, come importante investimento nel vostro futuro, in quello dei vostri cari e della civiltà in senso lato. Se proviamo ad immaginare un
futuro, fra 20 o 50 anni, senza l’avvento di una radicalmente nuova fonte di energia – come le reazioni nucleari a bassa energia, energia
dall’etere o qualche altra nuova fonte energetica – non è certo una bella immagine da vedere. Cosa dire allora – chiederete voi – del solare,
dell’eolico o delle celle a combustibile di idrogeno? Tutte cose che vanno bene, a cui Infinite Energy ogni tanto dedica uno spazio limitato. Ma
un futuro con una abbondante energia pulita ha pochissime possibilità di emergere dal ben intenzionato ma estremamente limitato mondo
dell’eolico, del foto-voltaico o dell’energia idrica e di altri fonti rinnovabili convenzionali. Altresì il programma di reattore Tokamak a
cosiddetta fusione calda controllata, generosamente finanziato con miliardi di dollari dai governi ad esclusione di più pratiche nuove fonti
energetiche e tecnologiche, non potrà mai portarci un’era di energia pulita e abbondante dall’idrogeno pesante dell’acqua. Le convenzionali celle
all’idrogeno, di cui si discute ampiamente sui media oggi, si basano comunque sul modo convenzionale di concepire l’energia dall’idrogeno
combinato con l’ossigeno per formare acqua. Tutto ciò è da migliaia a milioni di volte meno potente, per ogni grammo di idrogeno, delle già
dimostrate fonti di nuova energia. Inoltre l’idrogeno per le convenzionali celle di combustibile deve essere prodotto con un’altra fonte di energia,
che deve scomporre grandi quantità d’acqua per ottenere l’idrogeno combustibile Ma tutti i processi convenzionali che utilizzano l’idrogeno
come combustibile, e che usano l’acqua come materia prima, richiederanno sempre più energia di quella che si potrà ricavare, una volta che
l’idrogeno sarà stato consumato. Quindi la normale “energia dall’idrogeno” è semplicemente una falsa definizione, e non offre certamente una
soluzione alle reali necessità energetiche del mondo. L’idrogeno usato in modo convenzionale è semplicemente un serbatoio di energia. [Segue
una seconda, lunga e ripetitiva implorazione per finanziare Infinite Energy e diffondere le nuove forme di energia, che evitiamo nuovamente di
tradurre per la sua ridondanza].
In fede,Dr. Eugene F. Mallove
Presidente della New Energy Foundation, Inc. e Direttore di Infinite Energy Magazine
Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net
NOTE:
1 – I titoli dei libri sono stati tradotti in modo arbitrario. I titoli originali sono: The Quickening Universe: Cosmic Evolution and Human Destiny
(1987, St. Martin’s Press), The Starflight Handbook: A Pioneer’s Guide to Interstellar Travel (1989, John Wiley & Sons, with co-author Dr.
Gregory Matloff), and Fire from Ice: Searching for the Truth Behind the Cold Fusion Furor (1991, John Wiley & Sons).
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21 SETTEMBRE, 2008
<7>
- Ma ci fu un problema nella coerenza della loro esposizione del caso, infatti Eugene Mallove, riuscì ad ottenere una copia degli appunti di
laboratorio originali degli esperimenti eseguiti. I dati dimostravano la frode, si, ma quella contro l’intera umanità; veniva infatti che:
1- La reazione era ottenuta da un comune componente della normale acqua, molto abbondante e facile da estrarre.
2- La reazione produceva elio in forma gassosa e calore in eccesso.
3- Nessuna radiazione, ovvero, nessun combustibile o scarto tossico e radioattivo nocivo per l’ambiente e gli esseri viventi veniva rilasciato. Una
caratteristica che rendeva istantaneamente obsoleti e inutili le centrali nucleari e tutte le ricerche sulla condotte sulla fissione e sulla fusione
calda. Gli esperimenti condotti dall’MIT dimostravano che la Fusione Fredda era in grado di eliminare il fabbisogno sociale degli idrocarburi per
la produzione di energia. Ma il professor Deutch, disse al Presidente Bush che si trattava soltanto di una semplice frode. Se questo non è
sufficiente a destare sospetti, nel maggio 1995 il neo Presidente Clinton nominò il professor John Deutch, niente meno che Direttore della
Central Intelligence Agency, la CIA! Ma nel 1996 la comunità dell’intelligence statunitense si rese conto che erano in atto pesanti fughe
d’informazioni sensibili, di elevato livello di “sicurezza” ed una commissione guidata da un ispettore generale con pieni poteri fu istituita ed
avviata a delle indagini sulla questione. Venne scoperta una realtà tremenda, in seguito ammessa da Deutch, il direttore si portava a casa
un’enormità di materiali sensibili che analizzava con i suoi personal computer connessi con la rete della Citibank di cui era uno dei dirigenti.
Nonostante le indagini dimostrarono che con quei computer ci furono scambi di messaggi email con la Russia ed Israele, a John Deutch non
venne tolto il nulla-osta di sicurezza industriale del Pentagono. Fu costretto a dimettersi da direttore della CIA il 15 dicembre 1996 e ritornò
professore al MIT e consulente delle industrie di armamenti Raytheon Corp., SAIC e altre. Il suo comportamento ai vertici del Governo
statunitense diede origine ad un’azione giudiziaria che avrebbe potuto portare all’incriminazione per alto tradimento, ma il giorno prima di
rimettere il suo mandato, Clinton concesse a Deutch e ad altre 99 persone il Perdono Presidenziale. Tutto finito. Tutto pulito. Si ricomincia.
Come abbiamo riportato, Eugene Mallove aveva scoperto che i dati sperimentali dimostravano che quanto dichiarato al Presidente George Bush
dal rettore dell’MIT John Deutch fosse completamente falso. Di quest’ultimo inoltre, nominato da Bill Clinton direttore della CIA, sono stati
ritrovati dei computer a casa sua, zeppi di documenti interni della CIA, con tracce di scambi di messaggi con Israele e con la Russia.
Successivamente, rientrato al MIT come professore Deutch ha mantenuto gli incarichi di consulente di grandi multinazionali tra le quali
Raytheon (armamenti), Perkin-Elmer, Schlumberger (farmaceutici), SAIC e Citibank. La stessa Citibank ora sotto inchiesta per gigantesche
attività internazionali di riciclaggio di denaro sporco e per aver speculato sui pacchetti azionari della American Airlines e United Airlines ben
una settimana prima del tragico 11 settembre 2001. Che combinazione, proprio mentre il professor Deutch sedeva nel consiglio di
amministrazione del gigante bancario. Niente paura, il 14 ottobre 2003 la Commissione del Congresso USA sugli Attacchi Terroristici del 11
settembre invita proprio John Deutch a fornire i suoi preziosi suggerimenti di grande esperto per una efficace riorganizzazione dell’intero
apparato d’intelligence statunitense. Staremo a vedere i risultati. Intanto oltre che il fronte irakeno si sta scaldando anche quello della Fusione
Fredda e le ultime settimane sono state dense di avvenimenti. Nel “The 2004 Cold Fusion Report“, un rapporto di 54 pagine al Dipartimento
dell’Energia USA costato quattro anni di lavoro e l’analisi di oltre 3.000 documenti di ricerca ai due incaricati Steven Krivit e Nadine Winocur,
viene dimostrato in modo inequivocabile che: Oltre 150 scienziati di tutto il mondo, compresi 60 fisici, sostengono, dati alla mano come la FF
sia una reazione nucleare a bassa temperatura verificabile, riproducibile e priva di radiazioni nocive o di scorie nucleari. Il rapporto al DOE,
secondo Kenneth Chang del New York Times: “Porta i seguaci della FF agli apici della vendetta, dopo anni di ridicoli rifiuti.” Il numero di aprile
di Physics Today racconta come il Dipartimento per l’Energia USA abbia deciso di rivedere le ricerche sulla fusione fredda degli ultimi quindici
anni. James Corey, dirigente dell’unità tecnologica dei Sandia National Laboratories del governo degli Stati Uniti, sostiene “E’ in arrivo in
ritardo una rivoluzione della scienza, e la reputazione degli scienziati della FF e di quelli che l’hanno ingiuriata sarà capovolta.” Sharon Begley,
esperto di scienze del Wall Street Journal sottolinea come la Fusione Fredda può essere considerata una “scienza patologica” non per mancanza
di evidenze, ma perché gli scienziati che avrebbero dovuto analizzarla non erano disposti nemmeno a considerarla o a discuterla. E’ facile che
questa “scienza patologica” sia potuta evolversi in paranoica e nel tentativo di arginare l’ondata incontrollabile del progresso pulito uno dei
primi a cui farla pagare sia stato proprio quell’Eugene Mallove che con la sua attività aveva mantenuta accesa la fiaccola della speranza.
<8>
LA STORIA. COME E’ NATA LA FUSIONE FREDDA
1989. Il 23 marzo di quell’anno, uno dei più stimati e rispettati elettrochimici inglesi, Martin Fleischmann, e il collega americano Stanley Pons,
convocarono una conferenza stampa presso l’Università di Utah (USA) per comunicare al mondo intero di aver fatto una scoperta che avrebbe
cambiato il destino energetico dell’umanità. I due scienziati, che stavano studiando sistemi di immagazzinamento di Idrogeno in strutture
metalliche solide sfruttando le proprietà che hanno alcuni metalli di assorbire tale gas all’interno del proprio reticolo atomico, in quell’occasione
annunciarono di essere riusciti a ricavare una anomala e massiccia produzione di energia d’origine nucleare. Essi infatti ipotizzarono di aver
scovato un fenomeno naturale in cui una reazione nucleare (fusione tra due atomi di Deuterio a dare l’Elio) riusciva ad avvenire in un ambiente a
temperature non enormi, come invece accade nel Sole, pur trattandosi sempre di fusione. Per questo la battezzarono con il nome “Fusione
Fredda”. 1989. Nelle cinque settimane successive il mondo scientifico fu in subbuglio. In moltissimi si gettano a capofitto su tale esperimento.
Fleishmann & Pons però, non sapendo resistere ad una notizia di cotanta importanza a livello mondiale, avevano commesso un’ingenuità fatale:
non tennero conto che mancava la capacità della riproducibilià dell’esperimento presentato. Questo “particolare” fu un ostacolo per chi tentava
di riprodurre l’esperimento e divenne immediatamente l’appiglio comodo e sicuro per chi, per invidia, per pigrizia, per anticonvenienza, per
paura di perdere potere o altre ragioni, scelse di non approfondire gli studi e gli esperimenti ma di gridare in maniera superficiale alla bufala.
Tutto ciò portò comunque, in pochi mesi, a far crescere nell’opinione pubblica la ‘certezza’ che la FF fosse una bufala, una cantonata colossale.
Non venne compreso, semplicemente, che il fenomeno richiedeva di superare una certa soglia per avvenire. Se questa non veniva superata (e non
era semplice) non accedva un bel nulla!
1991. L’allora Presidente degli USA George Bush, incaricò il MIT di replicare le prove e di compilare un rapporto. Il rapporto finale che arrivò
sulla scrivania del Presidente, compilato e firmato del rettore del MIT John Deutch, concludeva “provando” che la reazione nucleare era soltanto
una “frode”, screditando i molti scienziati che si erano interessati alle ricerche e sottolineando che “non fu ottenuta assolutamente nessuna
reazione”.
Ma Eugene Mallove, con il suo intuito di vecchio volpone del MIT, riuscì ad ottenere una copia degli appunti di laboratorio originali degli
esperimenti eseguiti. I dati dimostravano l’opposto, cioè che la frode era stata compiuta da chi aveva voluto far risultare bufala la FF (Foto a
destra):
1- La reazione è ottenuta da un comune componente della normale acqua, molto abbondante e facile da estrarre;
2- La reazione produce Elio in forma gassosa e calore in eccesso;
3- Non viene emessa nessuna radiazione, o scarto tossico e radioattivo per l’ambiente e gli esseri viventi. Una caratteristica che rende
istantaneamente obsoleti e inutili le centrali nucleari e tutte le ricerche sulla condotte sulla fissione e sulla fusione calda.
1994. Gli esperimenti condotti dall’MIT dimostravano che la Fusione Fredda é in grado di eliminare il fabbisogno sociale degli idrocarburi per
la produzione di energia, ma il professor Deutch dichiarò al Presidente Bush che si trattava soltanto di una semplice frode! Il maggio successivo,
con grande sorpresa, il neo Presidente Clinton nominò il professor John Deutch Direttore della Central Intelligence Agency, la CIA!
1996. Ma nel 1996 una commissione scoprì una realtà tremenda, in seguito ammessa da Deutch: egli si portava a casa un’enormità di materiali
sensibili che analizzava con i suoi personal computer connessi con la rete della Citibank di cui era uno dei dirigenti. Il suo comportamento diede
origine ad un’azione giudiziaria che avrebbe potuto portare all’incriminazione per alto tradimento, ma… niente paura! Il giorno prima di
rimettere il suo mandato il buon Clinton concesse a Deutch e ad altre 99 persone il Perdono Presidenziale. Tutto finito. Tutto Pulito.
1998. All’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, a Frascati, a seguito del lavoro del Prof. Giuliano Preparata viene redatto il “Protocollo
innovativo per l’ ipercaricamento di catodi di Palladio con Idrogeno“. Viene cioè compreso che il processo di caricamento del Palladio, che
durava settimane, è l’elemento critico, è la soglia da superare. Se il Deuterio, isotopo dell’Idrogeno, non arriva alla corretta concentrazione, il
fenomeno di F.F. non può avvenire. Viene steso quindi un protocollo per la fase di caricamento che, attraverso una precisa procedura, ne
garantisce il livello ottimale per ottenere la tanto agognata replicabilità del fenomeno FF.
1999. In tutto il decennio ’89-’99 a livello mondiale la questione Fusione Fredda si insabbia, e viene dimenticata dalla comunità scientifica
(almeno quella operante in ambito civile). Chiunque provi a lavorarci su diviene oggetto di un duro scherno e può venire addirittura rilevato dal
posto che occupa. John Bockris fu, ad esempio, tra quelli che ‘pagarono’ di più questo spregevole atteggiamento dei colleghi. Un fenomeno
psicologico assimilabile alla classica ‘aggressività del branco’ s’innescò tra gli accademici, che continuarono per anni la ‘guerra’ della derisione
su chiunque nominasse la parola Fusione Fredda. Tanto fu che, i pochi che scelsero di non uniformarsi al gruppo e che vollero vederci chiaro
fino in fondo, furono costretti a cambiare il nome al fenomeno fisico. I documenti scientifici relativi alla FF datati negli anni ’90 si intitolano
tutti più o meno così: “Analisi dell’eccesso di calore nel processo di caricamento del Palladio in elettrolisi di deuterossido di Litio ed acqua
deuterata”. In pratica: “Calorimetria della Fusione Fredda”.
2000. Muore Giuliano Preparata, pochi mesi dopo aver scritto la prefazione del libro di Roberto Germano: “Fusione Fredda: moderna storia
d’inquisizione e alchimia” – Ed. Bibliopolis. Un testo che ricalca molto bene ed in dettaglio tutti gli avvenimenti che hanno coinvolto la storia
della FF.
2001. Il Nobel Carlo Rubbia, allora presidente dell’ENEA, decide di porre fine alla diatriba e commissiona un esperimento ad un gruppo di
ricercatori fra cui il Prof. Emilio Del Giudice, un grande amico di Giuliano Preparata, ed altri scienziati come Antonella De Ninno e
AntonioFrattolillo, che già lavoravano con Preparata. Questo esperimento, ovvero la rilevazione di produzione di Elio-4 e la successiva
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correlazione con gli eccessi di calore rilevati, avrebbe definitivamente fugato ogni dubbio in proposito all’origine nucleare della FF. Se si fosse
rilevata effettivamente produzione di 4He contestualmente alla produzione di calore in eccesso, essa sarebbe stata l’inconfutabile e definitiva
prova che la reazione di fusione avviene realmente.
2002. Alla fine del 2002 il gruppo dell’ENEA arriva a produrre il Rapporto-41. Un documento che effettivamente conferma la reale natura
nucleare della FF.
Purtroppo, ed inspiegabilmente, Rubbia dapprima convoca gli scienziati per raccoglierne i risultati, anzi, addirittura si prodiga in prima persona
per stendere alcuni dettagli del rapporto, ma poi sparisce nel silenzio totale. Anche la stessa direzione dell’ENEA ignora le richieste di contatto
dei ricercatori. Sul sito dell’ENEA di Frascati compare la seguente dicitura: “I risultati (positivi) delle attività relative al progetto “Nuova
Energia da Idrogeno” , svolte nell’ambito dell’Unità Tecnico Scientifica FUSIONE, sono stati raccolti nel rapporto tecnico ENEA
RT2002/41/FUS. Per l’anno 2003 non sono stati assegnati finanziamenti ulteriori per cui non sono previsti ulteriori sviluppi“. Carlo Rubbia non
si fa più sentire. Lascerà poi la presidenza dell’ENEA nel 2005.
2003. A questo punto, siamo in piena estate 2003, oltreoceano un evento scientifico cambiò in qualche modo lo scenario di cui parliamo: la
“Conferenza internazionale sulla Fusione Fredda” tenutasi a Boston. Qui, Vittorio Violante, membro del gruppo Del Giudice-De Ninno, ed altri
ricercatori di istituti che avevano utilizzato i materiali messi a punto dall’Enea presentarono i positivi risultati raggiunti. Questi ed altri risultati,
presentati da altri gruppi di prestigio internazionale, convinsero alcuni accademici americani a sottoporre nuovamente la questione alDepartment
of Energy americano (DOE), affinché svolgesse nuove verifiche. Così, insigni esperti del DOE effettuarono un’ampia analisi dei dati disponibili
in letteratura, in seguito alla quale proposero un confronto dal vivo con alcuni esperti. In sostanza un vero e proprio ripensamento, nel quale il
DOE, per non dover ammettere con evidenza di aver sbagliato in pieno, camuffa come «approvazione di un processo di revisione». Cioè la presa
d’atto che la situazione è oggi diversa da quella iniziale del 1989, e che il lavoro fatto nei quindici anni successivi dai vari laboratori di ricerca,
come quello dell’ENEA, ha cambiato i termini della questione.
2004. Confronto che si tenne nell’agosto 2004 a Washington, dove 5 scienziati americani e uno solo non americano, Vittorio Violante,
discussero davanti ad una commissione di qualificati referee le ricerche effettuate e i risultati ottenuti. Quindi la commissione, dopo aver
valutato per alcuni mesi la documentazione raccolta, emise finalmente una “sentenza”, nella quale si asseriva che “circa la metà dei referee
riteneva che il fenomeno era da considerarsi un effetto reale, cioè non frutto di fantasia o di cattive misure, e che la materia meritava di essere
studiata ne più ne meno che altre materie scientifiche”.
Parallelamente, in Italia, il 20 ottobre del 2004 il Ministero delle Attività Produttive, nella persona del dirigente Salvatore Della Corte, che per
caso incappò sul sito dell’ENEA, incuriositosi, lesse il Rapporto41 e volle vederci chiaro. Convocò la Presidenza della divisione Fusione
dell’ENEA e la Dott.ssa De Ninno per capire perchè l’ENEA non diede seguito al lavoro iniziato, dato che la rilevanza del risultato era notevole.
Ma la direzione ENEA, a fronte di un’offerta di finanziamento, cercò addirittura di convincere il Ministero a finanziare altri settori. Poi, pur di
non perdere tutti i soldi, accettò il finanziamento di 800.000€ per proseguire gli studi sulla Fusione Fredda, ma affida il lavoro non più a Del
Giudice-De Ninno ma ad un altro gruppo, quello di Vittorio Violante.
Nel 2005, grazie ad organizzazioni come l’International Conference of Condensed Matter Nuclear Science, o ad ISCMNS in cui gli scienziati di
tutto il mondo che lavorano attivamente sulla Fusione Fredda si scambiano le informazioni relative al risultato del proprio lavoro, emerge una
realtà impensata. Si sviluppano innumerevoli ‘variazioni sul tema’, e si scopre che il fenomeno della F.F. è ottenibile con diverse metodologie.
Dal bombardamento diretto del Palladio per sputtering di ioni Deuterio o di neutroni, al processo di Gas-Loading (in cui il Deuterio è immesso
in una camera contenente nanosfere di Palladio), al processo di stimolazione esterna tramite Laser Triggering (Violante), eccetera. Insomma, si
apre una nuova scienza. Così come accadde agli inizi del 1900 quando Irwing Langmuir scoprì la ‘surface chemistry’, la chimica delle superfici,
che ha portato oggi, per esempio, a capire l’importanza dei catalizzatori nelle reazioni chimiche.
2006. Gli ultimi sviluppi del gruppo di Vittorio Violante hanno dimostrato che si è raggiunto un buon controllo, in laboratorio, del fenomeno.
Incomincia anche ad emergere una realtà nascosta: già da qualche anno, alcuni grandi gruppi industriali, oltre che Università ed Enti di ricerca
pubblici in tutto il mondo, si stanno dedicando al fenomeno: ST Microelectronics, Pirelli Labs, EDF Electricitè de France, Energetics
Inc., ENEL, ENEA, IFNF, Mitsubishi Heavy Industries, eccetera. I paesi più attivi, che fino all’anno scorso erano Italia e Giappone, stanno
rischiando di vedersi rubare il know-how accumulato con tanto coraggio e determinazione in questi 20 anni di fatiche ‘contro corrente’ da paesi
come la Cina, che prevede ingenti stanziamenti nel settore energetico o, ironia della sorte, dagli USA, primi e pesanti fautori della tesi della
bufala. Oggi la verità, lentamente, sembra venire a galla e anche i media incominciano ad interessarsi alla questione. Di Ottobre 2006 è un
servizio di Rainews24, ad opera del giornalista Angelo Soso. Ilvideo è scaricabile anche online, sia pure a bassa qualità.
Riccardo Bennati
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Roy Virgilio
LA FUSIONE FREDDA
Da quanto sopra deriva il termine “Fusione fredda” oppure “Cold fusion” espressione anglosassone che definisce appunto una fusione dei nuclei
che avviene a temperatura molto, ma molto più bassa dei 15.000°C richiesti. A seconda del processo che viene utilizzato i metodi più studiati
sono essenzialmente due: fusione fredda prodotta mediante CONFINAMENTO MUONICO e fusione fredda da CONFINAMENTO
CHIMICO.
IL CONFINAMENTO MUONICO:
Il muone è una particella dotata di una massa pari a circa 200 volte quella dell’elettrone e possiede una durata della vita media di circa 2,2
milionesimi di secondo. Tale particella presenta l’interessante caratteristica che, nel disintegrarsi, il 99,5% della sua massa si converte in energia.
Sulla base di questa peculiarità si è pensato di utilizzarlo come catalizzatore nelle reazioni nucleari nel far avvicinare nuclei di Deuterio e Trizio
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restando a temperatura ambiente e pressione atmosferica. Nel passaggio dalla teoria alla pratica sperimentale tuttavia ci si è resi conto che, la
possibilità che tale processo possa avere delle ricadute interessanti nelle applicazioni nell’ambito della produzione energetica su scala
industriale, è legata al fatto che tale particella, prima di disintegrarsi, possa sostenere almeno un migliaio di reazioni che, a loro volta, diano
inizio ad una vantaggiosa “reazione a catena”. Questo perché altrimenti, seppur basato su un fenomeno estremamente interessante, l’utilizzo e lo
sfruttamento di tale fenomeno, non sarebbe vantaggioso. Nel voler delineare una storia del confinamento muonico, la prima verifica
sperimentale di questo fenomeno fu eseguita nel 1957 da L. Alvarez a Berkeley, ma verifiche approfondite dimostrarono che la quantità di
energia prodotta, seppur inconfutabilmente prodotta, era molto piccola con la conseguenza che il muone riusciva a catalizzare, al più, una sola
reazione prima di disintegrarsi. Ad oggi, le ricerche, più o meno sistematiche, sullo sfruttamento di questa particella nella fusione di miscele di
Deuterio-Trizio nell’intervallo di temperature che va da -260°C a 530°C, ha portato all’interessante risultato di non più di duecento fusioni per
ogni muone. Un valore ancora troppo basso visto che duecento reazioni per muone sono appena sufficienti a compensare l’energia di
alimentazione dello stesso reattore muonico. Anche se in un prossimo futuro non fosse ancora possibile raggiungere le mille reazioni per muone,
sarebbe comunque pensabile la realizzazione di un reattore ibrido in cui la fusione, catalizzata da muoni, sia seguita da reazioni di fissione
nucleare. Impiegando la prima come fonte di neutroni necessari per la seconda.
IL CONFINAMENTO CHIMICO:
La fusione fredda, basata su tale tipo di confinamento, è caratterizzata dalla proprietà che ha ilPalladio nei confronti dell’idrogeno e dei suoi
isotopi. Esso, come una sorta di spugna, riesce ad assorbire (caricarsi) di una grande quantità di questo elemento. L’interazione tra Palladio e
Idrogeno in condizioni di caricamento è, tuttora, oggetto di numerosi studi da parte della fisica della materia condensata in quanto le anomalie
riscontrate in questo tipo di sistemi attendono ancora una rigorosa interpretazione fisica. Proprio in questo genere di studi si inserisce la cella
elettrolitica a “fusione fredda” presentata da Fleischmann e Pons nella famosa conferenza stampa del 1989. L’apparato dei due ricercatori era
costituito grossomodo da una soluzione di acqua pesante (nient’altro che acqua col Deuterio al posto dell’Idrogeno) in cui sono immersi due
elettrodi, il negativo (catodo) costituito da Palladio e il positivo (anodo) da Platino.
Alimentando la cella elettrolitica dall’esterno fornendole semplicemente energia elettrica si ha, come noto, il passaggio di una corrente da un
elettrodo all’altro attraverso la soluzione elettrolitica che determina migrazione degli ioni in soluzione. Il deuterio, (D+), attratto dal polo
negativo di palladio, si introduce in copiose quantità all’interno del reticolo cristallino finchè, raggiunte determinate condizioni, inizia a generare
una serie di prodotti “anomali” per una semplice elettrolisi: Elio, Trizio, neutroni, raggi Gamma e raggi X. Inoltre si registra la produzione di una
quantità di energia sotto forma di calore che, confrontata con quella fornita in ingresso, risulta essere maggiore. Secondo Fleischmann e Pons,
l’instaurarsi di quella che si presenta come una reazione di fusione nucleare, è dovuta alle particolari proprietà cristallografiche del Palladio che,
fungendo in tal modo da catalizzatore, imprime ai nuclei degli atomi di Deuterio delle condizioni di risonanza tali da farli fondere. Diverse
interpretazioni del fenomeno, seppur in grado in qualche modo di giustificare l’eccesso di calore prodotto, non potevano rientrare all’interno di
nessuna reazione chimica nota, in quanto in nessun caso si ha concomitanza di trasmutazioni di idrogeno in elio, generazioni di neutroni ed
emisioni gamma. Solo una reazione nucleare di fusione del Deuterio poteva giustificare quanto riscontrato. I risultati principali dei loro
esperimenti furono che le celle elettrolitiche avevano prodotto una potenza di 4 Watt contro 1 Watt fornito, con un rendimento quindi del 400%;
i neutroni, in alcuni casi, sono stati prodotti con un ritmo di circa 40.000 al secondo; (per i detrattori della fusione fredda, per poter parlare di
vera e propria fusione, i neutroni prodotti per secondo dovrebbero essere almeno mezzo miliardo). In seguito altri ricercatori, rifacendosi alla
strada aperta dagli esperimenti dei due elettrochimici, giunsero a risultati analoghi. In taluni casi la rilevazione dei neutroni prodotti era affidata a
due metodi diversi: la via elettrolitica o “umida” (adottata da Fleischmann e Pons) e la via del “caricamento gassoso” o “secca” (avviata nei
laboratori dell’ENEA di Frascati) in cui il Deuterio veniva caricato nel Titanio (non nel Palladio) sotto forma di gas. In ogni caso divenne ben
presto evidente che la via elettrolitica “umida”, rispetto a quella secca, presenteva numerosi vantaggi, soprattutto riguardo una maggiore facilità
nel caricamento del Deuterio nel Palladio, dovuta al fatto che il meccanismo dell’elettrolisi alla superficie degli elettrodi, responsabile della
penetrazione dei nuclei di Deuterio all’interno del reticolo cristallino del Palladio, equivale a condizioni di pressioni equivalenti a quelle di molte
migliaia di atmosfere, difficilmente raggiungibili con il caricamento per via gassosa.
L’”EFFETTO PREPARATA”
Una delle teorie più solide e coerenti da un punto di vista fisico fu enunciata da un docente di Fisica Nucleare dell’Università di Milano, prof.
Giuliano Preparata, che elaborò la sua “teoria coerente sulla fusione fredda”. Tale teoria si basa sull’elettrodinamica quantistica (QED) nella
materia condensata. La fisica quantistica ci mostra come la materia consista in un insieme numerosissimo di sistemi elementari (come atomi,
molecole, ecc.) tenuti insieme da forze elettrostatiche, come la forza di Coulomb, e da altre forze fondamentali, caratterizzate da un cortissimo
raggio d’azione: le forze elettrodinamiche. Tali campi quantistici, Come dimostra il Prof. Preparata, se messi in condizioni di risonanza col
campo elettromagnetico, hanno la caratteristica di esercitarsi a grandi distanze e pur essendo deboli fra due corpi, suppliscono a tale limitazione
con enormi fattori di amplificazione dovuti a tale natura cooperativa (o coerente). Preparata con questa comprensione delle dinamiche in gioco
affiancò tali forze all’analisi teorica della elettrodinamica quantistica all’interno della materia condensata, riuscendo a giustificare l’origine dei
risultati sperimentali di Fleischmann e Pons e in moltissimi casi, anche a fare previsioni corrette sui risultati da ottenere.
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Dettagli sul sistema
I test sono eseguiti in due fasi. Nella prima si acquisiscono i dati del plasma funzionante in condizioni stabili. Nella seconda si acquisiscono i
dati di un resistore riscaldante che funziona con la stessa potenza del plasma. Le due acquisizioni durano lo stesso tempo.
foto:
cella dotata di camicia esterna (notare il nastro isolante nero che fissa le due termocoppie in ingresso e in uscita)
pompa di circolazione
visione di insieme
cella in azione
Il test in realtà consta di due test uno col plasma e l’altro con un resistore. Plasma e resistore vengono alimentati con la stessa potenza elettrica,
la cella è investita dalla stessa portata di liquido esterno e la temperatura di inizio test è la stessa per entrambi. Il modo di operare è il seguente.
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Si innesca il plasma dopo aver portato la temperatura della soluzione a 80°C e si attende che la soluzione si ponga in equilibrio termodinamico
col flusso circolante e con l’ambiente. Il raggiungimento dell’equilibrio è segnalato dal fatto che ad un certo punto la temperatura della cella si
fissa su un valore costante (non arriva mai a ebollizione a causa dell’efficacia del flusso della camicia esterna, in questo caso il plasma si è
fissato a 94°C). A questo punto si fa partire l’acquisizione dei dati per 500 secondi. Quella che segue è la descrizione di uno dei test eseguiti la
scorsa settimana (le cose in realtà migliorano di giorno in giorno, ma è indicativo): Dalla sola prova al plasma abbiamo ottenuto questo
andamento delle potenza…. da notare che la potenza termica in uscita in alcuni punti era quasi il doppio di quella elettrica di alimentazione… il
rendimento finale di questo test, solo considerando il calore scambiato con la camicia esterna è pari a 1.305 Per eliminare la possibilità di errore
nella misura abbiamo poi eseguito lo steso test ma con un resistore riscaldante facendolo lavorare alla stessa potenza richiesta dal plasma (450
W) e cominciando ad acquisire al raggiungimento dell’equilibrio con l’ambiente (il resistore ha raggiunto l’equilibrio termico con l’ambiente
portando la soluzione a 84°C fissi).
in questo caso il rendimento finale misurato è più “normale” ed è pari a 0.71. Volendo normalizzare le perdite termiche (praticamente identiche
nei due test) rapportando i due rendimenti, si ottiene: COP = rendimento plasma / rendimento resistore = 1.84
ULTIMI AGGIORNAMENTI SULLA CELLA IORIO-CIRILLO AL PLASMA ELETTROLITICO sviluppata presso il laboratorio della
“Promete S.r.l.” (società di spin-off dell’INFM di Napoli) SINTESI
CHE DIRE A PROPOSITO DEGLI ESPERIMENTI DEL 1989 DI CALTECH, DEL MIT E DI HARWELL, CHE SUPPOSERO NON
ESSERCI CALORE IN ECCEDENZA? NON È QUESTO MOLTO DANNOSO ALLA CAUSA DELLA FUSIONE FREDDA?
Il caso di tre fra i maggiori gruppi di ricerca che avevano supposto risultati apparentemente negativi nella primavera e nell’estate del 1989 -
Caltech, l’Harwell Laboratory in Inghilterra e il MIT - è sconcertante ma vero: ora emergono dubbi importanti circa il loro operato, che non sono
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stati indirizzati alla comunità scientifica. Il terzetto di scienziati ha trovato semplici errori algebrici e altri fondamentali errori sperimentali nelle
opere di Caltech, che invalidano le conclusioni negative sulla carta. Questi scienziati scrissero molte volte al periodico Nature, ma Nature rifiutò
di pubblicare queste correzioni, così un articolo fu pubblicato su "Fusion Technology". Nel caso del Plasma Fusion Center del MIT, sono sorti
seri dubbi circa i metodi usati per valutare l’eccedenza di calore che i risultati avevano presentato. I dati inediti appaiono mostrare indicazioni di
calore in eccedenza, ma la versione pubblicata non mostra queste indicazioni. Inoltre, l’analisi della metodologia adottata da questo gruppo
rivelò vizi fatali – anche se i dati erano stati trattati propriamente. Una discussione tecnica del 1989 del MIT Plasma Fusion Center sulla
calorimetria nella fusione fredda apparve in "Fusion Fact" nell’Agosto del 1992, autore il Dr. Mitchell R Swartz. Nel caso dei risultati presunti
completamente "negativi" della calorimetria dell’Harwell Laboratory (U.K.), l’analisi indipendente dei dati grezzi di quel laboratorio mostra
l’evidenza di produzione di calore in eccedenza. I dettagli sui problemi dell’ Harwell Laboratory sono ora stati pubblicati su entrambi i verbali
della Terza e della Quarta Conferenza Internazionale sulle Attività nella Fusione Fredda.