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Il tema fondamentale della sua riflessione filosofica è l’esistenza e della sua filosofia si dice sia un’analisi esistenziale.
Ci sono eventi banali nella sua vita che appaiono a lui come eccezionali.
Filosofo danese, nato a Copenaghen, nel 1813 e morto nel 1855.
Un paio di anni (1842) andò a Berlino per studiare filosofia e lì ebbe modo di ascoltare lezioni di Schelling, il quale non era +
idealista da un pezzo, e insegnava quella che chiamava filosofia positiva per contrapporla all’idealismo che chiamava
filosofia negativa. Idealismo non è la vera filo .
La filosofia di Schelling è intrisa di temi mitologici e religiosi, questo è importante perché kierkegaard aveva studiato
teologia e la sua esistenza va a collocarsi su uno sfondo profondamente religioso, la fede gioca un ruolo importante nella
sua riflessione.
Lui studia teologia per diventare pastore (come suo padre, pastore luterano), ed è una forma di luteranesimo
particolarmente , e la scuola di Copenaghen è formata da filosofi di insegnamento hegeliano.
Quindi impostare teologia su basi hegeliane, è come concettualizzare al max il discorso teologico e
razionalizzarlo al max, e questo non soddisfa Kierkegaard che polemizzerà apertamente contro i teologi danesi
su alcune riviste del tempo.
Bisogna passare per la sua riflessione per capire quali e quanti siano i motivi di critica a hegel, e all’idealismo.
Circa 11 anni dopo Kierke si laurea finalmente e ci mette un po a laurearsi in teologia, si laurea dopo la morte di suo padre.
Fu un farfallone.Sembra quasi non voglia laurearsi.
Interessante vedere che si laurea con una dissertazione Sul concetto dell’ironia con particolare riguardo a Socrate. In questo
saggio riflette sull’ironia e esalta l’ironia socratica, quindi il metodo di istruzione delle certezze. Mette a confronto ironia
socratica con ironia romantica, per dire che discussione sulle incertezze a cui mette capo ironia socratica serve comunque
per creare valori e conoscenze, mentre quella romantica gli sembra nichilistica, che va verso la distruzione di ogni valore e
punto di riferimento.
Si laurea e si abilita alla professione di pastore luterano, segue le orme del padre però non farà mai il pastore, non si
deciderà mai a fare questa professione.
Kierke vivrà di una rendita data dalla morte del padre, e pubblicando diverse opere che al suo tempo non hanno alcun
successo editoriale.
Come molti giovani, si fidanza, ama profondamente una giovane che si chiama Regina Olsen, e alla fine non la sposa e
rompe il fidanzamento nonostante la ami. Non si decide a prendere un impegno che lo impegni tutta la vita.
A proposito di ciò che Kierke pubblica nel corso della sua vita, pubblica una serie di opere:
- Timore e Tremore, Johannes de Silentio
- La ripresa (la ripetizione) , Constantin Constantius
- Il concetto dell’angoscia, Vigilius Haufniensis
- La malattia mortale
- Aut Aut
Non ne pubblica però nemmeno una con il suo nome, ma usa degli pseudonimi, come ad esempio “Aut-Aut” sotto lo
pseudonimo di Victor Eremita.
Per dire che in nessuna di queste opere si immedesima completamente , come se non avesse un’identità circoscrivibile
in un solo nome, come se la sua personalità fosse dispersa in una serie di immagini caleidoscopiche. Nei suoi diari
(scritti non per la pubblicazione) parla della sua prod filosofica come di una produzione ironica (come se l’autore
prendesse le distanze dalle sue opere, dicendo anche con lo pseudonimo, che lui è li dentro, ma dato che ne usa molti
di pseudonimi è come se dicesse che non lo si può racchiudere in una sola opera→ ironia come distacco e fingersi in
molti modi diversi ma non essere in alcuno di questi modi.)
Sono espressioni di stati d’animo, di una determinata situa emotiva ed esistenziale che però non è tutto lui stesso,
quindi il dire che ha un atteggiamento poetico nei confronti delle sue opere è come dire che ne prende le distanze.
Le uniche pubblicate col suo nome:
- Opere religiose
- Articoli pubblicati per polemizzare contro tendenza hegeliana che si era consolidata nella facoltà
teologica di Copenaghen
Lui è un uomo dalla personalità irrisolta, indeciso. Studia e scrive però scrive cose in cui non si cala
profondamente.
Si inizia a capire che per lui l’esistenza è un problema che continuamente risorge ed è un problema che
parte dal suo vissuto particolare. Ha vissuto la vita come qualcosa di difficile e insormontabile.
Espressioni nel suo diario: “Grande terremoto” e “Scheggia nelle carni”→ alludono a un evento
catastrofico e qualcosa che lo ha turbato ed è intrinseco a lui, e gli rende difficile vivere.
Quel padre pastore protestante etc sposa poco dopo la morte della madre, la governante che aveva
assistito la madre della malattia. kierke suppone che la relazione tra il padre e questa donna fosse
iniziata già durante la malattia della madre. Questa è la supposizione + avvalorata (anche se non ne
parla in modo specifico) sul grande Terremoto→ è scandaloso e perturbante che sconvolge punti di
riferimento e Kierke si sente anche come un peso che gli impedisce di vivere con leggerezza.
Resta comunque grande difficoltà a vivere ed esistere di Kierke
Parole chiave:
Analisi esistenziale→ tutta la sua filosofia va intesa così.
Se pensiamo agli anni in cui opera (40-50) questa tematica è totalmente avulsa da ciò che è argomento
di discussione (si stanno sviluppando hegelismo e critiche, positivismo, marxismo…), marginale così
come anche la Danimarca che è un po esclusa. Questo spiega perché le opere non abbiano avuto un
grande successo editoriale. Non si è perso per strada perché all’inizio del 900 c’è stata una rinascita di
Kierke, che fu anche una rinascita degli studi su di lui e i suoi scritti e questa rinascita porta alla nascita
dell’esistenzialismo, che nasce durante una crisi profondissima causata dalla IGM.
Proprio perché si parla di esistenza si parla del Singolo
Il Singolo. L’Esistenza non può voler dire parlare degli essere umani in generale, ma di un individuo e
della sua, propria, esistenza. Su due individui troveremmo due esistenze differenti. 2 individui di fronte a
2 situa uguali fanno individualmente la propria scelta.
Analizzare l’esistenza vuol dire parlare della propria esistenza, per questo è importante capire chi è
Kierke.
Domanda che si si può porre. Come fa un autore che parla della propria esistenza ad essere un filosofo.
Un filosofo è colui che parla universalmente.
Kierke è un filosofo in modo diverso, ma lo è (il + simile a lui è Pascal), perchè comunque afferma che
fare filosofia voglia dire comunicare esistenza. Il compito del filosofo è comunicare l’esistenza, quindi
ognuno è in grado di comunicare la propria esistenza, o le riflessioni che parlano della propria personale
esistenza. Kierke è avverso profondamente alla filosofia sistematica hegeliana. Filosofia non può che
essere analisi esistenziale, e partire dall’analisi del singolo.
Il singolo ESISTE:
Ex-sistere=essere messi fuori, trovarsi ad essere → uso particolare del verbo esistere.
L’esistere è il modo d’essere specifico dell’essere umano , al quale capita di trovarsi li, lui vive perchè è
gettato nel mondo. Nessuno ha scelto di esistere in un determinato momento o luogo, ciascuno si trova
ad esistere ed è messo nel mondo. Si trova in una condizione che non ha scelto o determinato.
Coesistere non vuol dire essere. L’individuo non ha un essenza, ma esiste ovvero si fa, attraverso le
scelte. Esistendo sceglie, via via che viene a trovarsi in situazioni.
Esseri umani sono tutti differenti perché esistendo, ognuno fa le proprie scelte e decisioni, anche
copiare quelle di un altro vuol dire comunque prendere le proprie. Non si può parlare di un essenza
determinata del singolo. ma si trova ad essere nel mondo.
Scelta: ognuno diventa ciò che via via sceglie di diventare. Scegliere tra alternative. Anche la scelta di
non scegliere è una scelta. Scelta è caratteristica fondamentale dell’esistenza dell’individuo, Quindi è
caratteristica costitutiva anche la possibilità.
E questo implica la libertà e l’angoscia (che ci rivela che cosa significhi esistere. Ogni individuo è
angosciato, angoscia è la paura di ciò che non sappiamo, e quindi una paura paralizzante perché non si
può esorcizzare in alcun modo, è ineliminabile, perché quando scegliamo scegliamo per il futuro e quindi
ciò che non sappiamo.
Quindi noi non sappiamo quali e quante alternative rigettiamo nel nulla e per queste avremmo potuto
avere un’esistenza del tutto diversa.
Possibilità:
Filosofia di Kierkegaard è una analisi esistenziale→ modo di fare filosofia diverso, e diametralmente
opposto a quello di Hegel (l’unico oggetto degno della filosofia è l’esistenza del singolo). Quindi questo
verbo exsistere, sta a indicare l’essere nel mondo proveniente da, quindi nessuno individuo è
autosufficiente. Il verbo viene posto sistematicamente. QUalcosa che possiede un’essenza, ha una
natura determinata.
Individuo non è autosufficiente/incondizionato (Kierkegaard è profondamente religioso,e anche la sua
analisi filosofica. L’incondizionato per lui è Dio. Per lui unica speranza di radicamento per uomo è Dio.)
QUindi esistere: essere nel tempo, non incondizionatamente, trovarsi nel mondo a fare propria
esistenza… ma + in particolare per ogni singolo individuo significa compiere delle scelte. Per l’individuo
non ci si può sottrarre alla scelta. Nessuno ha scelto di esistere, ma poi l’esistenza stessa comporta delle
scelte.
ESISTERE ≠ ESSERE
Esistere però è ben diverso da essere→ non c’è un'essenza determinata, ma si compie un proprio modo
di esistere rispettivamente alla nostre scelte, infatti, Non ci possono essere 2 esistenze identiche.
L’Esistenza si fonda anche sulla possibilità: possibilità è ciò che ci si pone di fronte via via che compiamo
delle scelte.
Il concetto di possibilità non è nuovo in filosofia, ma è sempre stato collegato a un ambito di termini
positivi (esempio kantiano; oppure filosofia occidentale dal Rinascimento in poi ovvero, l’uomo artefice
del proprio destino), in Kierkegaard non è così perché l’uomo parte già da una condizione, che non ha
scelto, ma è stato posto lì, inoltre scegliere per gli individui è scegliere fra le possibilità, e di cui ne va
della nostra esistenza. Noi decidiamo per qualcosa che cambierà la nostra esistenza.
Decisione→ quando decido di fare una certa cosa, poi RECIDO tutte le altre possibilità, e le rigetto nel
non essere. Inoltre si fa questo in una condizione di totale ignoranza: io decido in condizione
dell’avvenire, progetto nella precarietà (non sono sicura di realizzare quegli obiettivi) ma so anche che
scegliendo quella opzione ne sto togliendo altre. E la scelta di una di quelle rigettate potrebbe portare
un altro ventaglio di possibilità (quindi sto eliminando un’infinità di possibilità).
Scegliere vuol dire trovarsi sempre di fronte al nulla, alla nullità.
La libertà che caratterizza l’essere umano e gli rende possibile fare delle scelte(distintivo dell’essere
umano), è un dono terribile, perchè faccio scelte per un futuro che non conosco rischiando di fallire e
avendo escluso un’infinità di possibilità che non si presenteranno mai + nel modo e nella forma di quel
momento.
Per questo l’angoscia è il sentimento dell’esistenza
Fede: ancora di salvezza per Kierkegaard, ma anche uomo di fede è angosciato, perché sceglie di
radicare se stesso all’ incondizionato, ma questa scelta non è sempre rassicurante.
VITA ESTETICA
L’esteta è un uomo che vive la propria vita come un’opera d’arte, che ha fatto della ricerca del piacere,
la regola della propria esistenza. Uomo estetico è uomo che non fa una scelta che lo impegni per il
futuro ma è colui che va sempre alla ricerca della novità, ha bisogno di provare emozioni, e va alla
ricerca di avventura,altrimenti si annoierebbe. L’uomo estetico è l’uomo del divertimento (fare delle
diversioni, andare alla ricerca di qualcosa di nuovo e cercare qualcosa che faccia provare emozioni).
In realtà l’uomo estetico ha fatto la scelta di non scegliere un cammino ma di farsi portare alla ricerca
del nuovo e dell’inaspettato..
Chi va alla ricerca di piaceri raffinati va comunque alla ricerca di piaceri, e non fa scelte che lo vincolino.
Il Don Giovanni mozartiano è un seduttore che vuole sedurre TUTTE, ma anche Faust è un esempio di
vita estetica, il non acquietarsi mai.
L’uomo estetico vede nella scelta dell’uomo etico che prende impegni una vita noiosa.
L’uomo estetico è un uomo disperato. Disperazione è da specificare: la disperazione dell’esteta consiste
nel fatto che esteta ha scelto di non sperare, progettare, non vuole progettare, non ha un filo
conduttore che lo accompagni. Esteta è disperato perchè si mette nelle condizioni di non sperare→
quindi è per definizione disperato.
Disperazione è una forma di angoscia che può far si che esteta a una certa può far scegliere
qualcos’altro.
Non è necessario che esteta decida in modo diverso rispetto alla propria esistenza, e non è neppure
detto che la vita estetica è la prima che l’uomo fa, ma magari prima ha scelto vita di fede, o etica.
VITA ETICA
L’altra forma di esistenza radicale presentata.
All’esteta pare noiosa la vita etica perché fondata sulla scelta e sulla ripetizione.
Due scelte fondamentali: matrimonio, chi ha scelto di legarsi a una donna, e prendersi un impegno con
quella donna, ed è una scelta che si rinnova tutti i giorni, è la ripetizione quotidiana. Scelta che impegna
per il futuro e che tutti i giorni deve essere ripetuta.
Per altro lato uomo etico, si impegna anche nella società (magistrato, funzionario pubblico), nella
comunità. Ha scelto un progetto di vita che porta coerentemente avanti.
La ripetizione caratterizza la vita dell’uomo etico.
L’esteta è immediatamente ciò che è, l’uomo etico invece diviene ciò che diviene, però diviene, e come
vedremo nella scelta dell’uomo di fede, che ancora se stesso all’incontro con Dio, non è una scelta
definitiva, perché incontro con Dio dura un istante (istante ha la stessa radice di estasi; un istante,
ovvero in un momento che non ha durata e non si colloca nella linea del tempo, ed è un incontro
personale, individuale, ma poi è quell’individuo che deve scegliere, perché Dio non gli si rivela, non lo
aiuta. Il cristiano del presente incontra Dio nel suo cuore, e non sa se Dio esiste e deve comportarsi
come un cristiano se ci crede, quindi è lui che sceglie. Neanche per colui che ha scelto la fede e Dio in
quanto possibilità, si va a determinare un’essenza definita e definitiva.
Vita dell’uomo è costantemente messa alla prova.
Il vivere ci pone di fronte alla necessità di scegliere.
Domanda mati: esiste un "tipo" di vita più giusta o utile secondo Kierkegaard?
Per sé Kierkegaard pensa alla vita religiosa, e pensa che solo in questa vi sia la salvezza o la speranza di
salvezza, e quindi la ritiene migliore per se stesso, e che sembra consigliare. Se è vero che è la vita
preferita da Kierkegaard è anche vero che lui non sia riuscito a scegliere una vita.
Ha impiegato 11 anni per laurearsi.
Non si sentiva all’altezza del dovere. Voleva fare pastore ma non lo è diventato→ se cerchiamo
l’emblema dell’angoscia eccolo.
Testo pag 64:
- importanti le prime righe, parla B che ha scelto una vita etica, e scrive che ogni uomo deve fare
una propria scelta per la vita, e anche l’uomo estetico.
- C’è un'espressione in corsivo a riga 8→ sta dicendo che l’esistenza dell’esteta non è frutto di
una scelta autentica. In questo caso è usato perchè all’esteta sembra di scegliere perché coglie
l’attimo perchè aderisce subito alle cose, ma in realtà viene scelto, e si lascia giocare dalle
condizioni e situa esterne. Coglie via via quello che le situazioni gli propongono, si inganna→
questo è il pov dell’uomo etico sull’esteta.
- Poi A si rivolge a B, A vuole la sua vita come un’opera d’arte, quindi è accomunato ai gaudenti.
L’esteta vive nell’attimo, vive nel carpe diem, fugge/evade da se stesso, il piacere lo distrae e gli
fa pensare di non essere realizzato
Testo pag 66.
- L’uomo diventa ciò che diventa. L’uomo estetico non è capace di stare con se stesso, perché si
“annoia”, nel senso usato da Pascal, quindi in senso filosofico (ovvero l’insofferenza di sè, il
disgusto per se stesso, e cerca se stesso nelle cose che la vita gli offre), l’uomo etico è il
contrario, che sceglie e continua a scegliere.
- elemento etico: ciò che caratterizza esistenza etica è la scelta ripetuta. Affinché uno viva
eticamente è necessario che prenda coscienza di se, che lui voglia se stesso in quel modo, e
quindi voglia continuare a divenire come è divenuto, continuando a riscegliere, fare scelte
coerenti a quelle fatte finora. Bisogna scegliere se stessi.
- C’è anche l’espressione “compito” che va insieme alla parola “dovere”
- Concrezione: significativa perchè da il senso del con crescere, e non da solo il senso
dell’esistenza, ma si riferisce anche al divenire, l’uomo etico e ciò che continua a divenire ed è
divenuto.
- Anche se prende distanze da ambiente hegeliano, qualche termine lessicale si trova nele sue
opere.
VITA RELIGIOSA
Timore e Tremore, 1843
Qui si parla della vita religiosa
Sottotitolo: Lirica dialettica di Johannes de Silentio
Si parla dell’uomo religioso parlando di Abramo e viene ripetuta + volte la vicenda di Abramo e si da per
scontato che tutti sappiano la storia di abramo ovvero che gli viene promessa una discendenza diversa,
quella di Isacco. E Abramo sente una voce che gli ordina di sacrificare il figlio. SI Elogia Abramo per la sua
grandezza di uomo di fede.
Nelle pagine successive riusciamo a capire perchè Abramo sia l’incarnazione della vita religiosa: Abramo
è l’uomo di fede che crede all’assoluto accetta il paradosso, non ha nessun senso quello che Dio gli
ordina, non solo perché Dio gli ordina di fare un infanticidio, crimine più grave, ma inoltre Dio ha
promesso questa discendenza ad Abramo e poi gli dice di ucciderlo, e sceglie ciò che è paradossale,
scandaloso, l’uomo che fa la vita religiosa deve credere all’assurdo. L’uomo che sceglie dio sceglie
l’assurdo, lo scandaloso (dal pov etico ma anche logico)
Kierkegaard parla del cristianesimo.
Cosa c’è di + assurdo di dio che si fa uomo (diventa un singolo uomo), che poi vediamo morire nel
peggiore dei modi sulla croce, quindi crede a una cosa assurda.
Nulla della vita religiosa sceglie l’ordinarietà, o c’entra qualcosa con la vita etica ed estetica.
L’uomo religioso sceglie di obbedire a Dio anche se non è certo che sia Dio quello che segue al punto che
arriva a fare cose come quella di Abramo che è un crimine gravissimo ma lui lo vede più come un atto di
dono e sacrificio a Dio. → l’uomo religioso si mette in una condizione di totale solitudine, incontra dio
nel suo animo, si convince sia Dio ma non può convincere nessuno. Abramo non può condividere con
nessuno ciò che Dio gli ha detto
Abramo non può condividere con gli altri questa esperienza, lo prenderebbero per pazzo criminale.
Kierkegaard addirittura arriva a dire in alcuni scritti che solo la scelta dell’uomo di fede faccia capire
veramente cosa voglia dire singolo, perché solo uomo di fede è solo, singolo. Ciò di cui ha responsabilità
è Dio, e se ci credi è una fonte di ogni possibilità però non ne hai la certezza.
L’uomo che sta con timore e tremore di fronte a Dio; Abramo crede nonostante, riferimenti ai concetti
di assurdo, paradosso→ con questi parla dell’esistenza dell’uomo religioso.
Abram crede l’assurdo e crede che Dio lo mette alla prova, e crede nonostante ciò che gli viene chiesto
sia un peccato.
Crede nonostante che ciò che dio gli chiede sia assurdo sul piano della logica.
Dio dà la vita e toglie la vita, e Dio chiede ad Abramo di compiere un infanticidio, su Isacco che è l’uomo
della promessa. → Dio si contraddice.
Passaggi pg 20, dove Kierkegaard vuole tematizzare grandezza di Abramo, e in cosa consiste? In una
serie di contraddizioni. La fede è un paradosso, è ciò che l’uomo non riesce a pensare. E questo visto dal
pov filosofico non ha senso, ma dal pov dell’uomo di fede fa la sua grandezza.
Nel passaggio si dice che … Abramo Grande è stato per molte cose.
Si fa riferimento anche alle altre scelte esistenziali, ognuno è stato grande a suo modo, ma colui che ha
amato Dio è stato + grande.
Pg 23→ crede nonostante la richiesta sia assurda.
Ognuno è grande nella propria scelta esistenziale, ma solo abramo è grande assolutamente perchè sta
nella contraddizione e paradosso (la fede).
Da vita estetica a etica a fede.
Aver fede nell’assurdo (paradosso, inverosimile, che non ha alcun senso per la ragione, ciò che la
ragione non riesce a pensare e sta oltre a ogni plausibile doxa). La fede è paradossale e si fonda
sull’assurdo, ma è anche scandola!!!.
Figura di Abramo: è uno scandalo che Dio chieda ad abramo di uccidere il proprio figlio, e sarebbe uno
scandalo anche se Abramo uccidesse Isacco sul piano etico.
Infatti Abramo è solo, non disse nulla a nessuno, perché non può farlo. Infatti quell’opera si fa finta sia
stata scritta da Johannes de Silentio, condizione del silenzio è quella dell’estrema solitudine dell’uomo
che fa la scelta della fede. Inoltre verso la fine di quel testo, si usa espressione “follia divina”, che ha un
altro significato rispetto a quello che aveva dato Platone, si usa per dire che non c’è nulla che abbia a
che fare con la razionalità nella fede. Abramo sempre stato religioso, si trova di fronte a una
contraddizione, si trova contro logica e questo da una parte fa di lui un uomo folle, e dall’altro un uomo
angosciato→ sceglie di credere ma non sa se sia giusto credere.
La fede richiede un “salto”, qualsiasi passaggio da una scelta esistenziale all’altra richiede sempre un
salto perchè sono scelte radicali, è un Aut Aut, ma questo vale ancora di + se si parla della fede e del
salto che porta l’uomo dalla scelta estetica o etica al di là.
La fede è un rapporto privato dell’uomo con Dio, questo è un rapporto assoluto→ ha a che fare con il
tema della solitudine, chiunque sia uomo di fede lo è nella sua totale solitudine, tant’è che è proprio
l’esistenza dell’uomo di fede che va meglio a comprendere la categoria del singolo.
L’incontro dell’uomo con Dio avviene nell’istante (da non confondere con “l’attimo” della vita estetica ,
ovvero l’esperienza che sceglie di fare è effimera; attimo è anche sinonimo di istante nel contesto
dell’uomo di fede), l’uomo incontra Dio nell’istante che è l’inserzione dell’eterno nel tempo; nella
nostra vita che procede con continuità avviene qualcosa al nostro cuore→ momento privato,
incomunicabile e irripetibile, ed è un dono di Dio. l’uomo che ha questa rivelazione ma poi sceglie se
credere o non credere. Tutti gli uomini hanno questa rivelazione ma solo alcuni lo colgono e credono.
Polemica che Kierkegaard ha intrattenuto con chiesa danese e facoltà teologica di Copenaghen, e quindi
fondò una rivista chiamata l’Attimo, in cui polemizza.
Il cristianesimo è l’antitesi della speculazione, della mediazione (conciliazione e ragionamento
discorsivo) → cristianesimo non può essere condotto ad alcun ragionamento o concetto di speculazione.
Si dice del libro che è solo una postilla, non scientifica, non vuole essere filosofia e verità universale.
Cosa può cogliere la ragione della fede?
Che chi crede, crede che Dio sia tutto, l’essere in senso pieno, assoluto, incondizionato. Chi riflette sulla
propria fede scopre che l’uomo non è dio , ma è completamente altro da Dio. → infinita differenza
qualitativa tra uomo e dio→ quindi discorso romantico, sull’uomo che si infinitizza non può avere senso.
Tema angoscia
L’angoscia nasce dalla possibilità, è il sentimento della possibilità. Angoscia come sentimento rivelativo
dell’esistenza, o dell’umanità di Cristo testimoniata dal fatto che Gesù chiede a Giuda di affrettarsi a
tradirlo per non lasciarlo nell’incerto.
In quell’opera Kierkegaard focalizza rapporto tra uomo e mondo, le alternative che si propongono
all’uomo compaiono attraverso le situa in cui uomo si viene a trovare.