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Capitolo 13, pagine a da 125 a 130

A partire dal 1920 l’antropologia cominciò ad interrogarsi sempre di più sui rapporti tra individuo e cultura da un
punto di vista psicologico. La psicoanalisi aveva dato, seppure in contrasto con la prospettiva antropologica, un
contributo significativo allo studio dei processi di costruzione della personalità. L’antropologia cercò, soprattutto in
America, di rendere ragione alle variazioni di personalità e carattere visti entrambi come frutto dell’influenza che la
società e la cultura esercitano sulla psiche degli individui.

13.1 Nacque in America il configurazionismo: ogni cultura è il prodotto dell’interazione di più modelli culturali o
configurazioni.
Ruth Benedict, allieva di Boas, criticò una concezione di cultura intesa come un insieme di tratti isolati.
Il significato di un tratto culturale era conseguenza del modo in cui si collegava agli altri facenti parte della stessa
configurazione, dove elementi interagiscono gli uni con gli altri producendo modelli significanti.
Il fatto che un tratto venisse accolto o respinto da una determinata cultura dipendeva dall’esistenza di modelli
preesistenti: due società con tratti simili possono essere avere configurazioni culturali diverse.
Analizzando la credenza dello spirito guardiano tra gli Indiani del Nord America, Benedict notò come essa assumesse
una sfumatura psicologica differente da una società all’altra.
Ogni società esprimeva una propria modellizzazione: in una regione lo spirito guardiano si è combinato con le
cerimonie della pubertà, in un’altra col totemismo in altre con l’eredita del rango sociale etc.
In “Modelli di cultura” del 1934, l’opera più celebre di Benedict, si studia il social patterning, ovvero la
modellizzazione, operata all’interno della società attraverso la comparazione di quattro tipi di società:
Gli apollinei indiani zuñi contrapposti ai dionisiaci indiani delle pianure per i pattern diversi rispetto al controllo delle
emozioni; i paranoici dobu con la sospettosità e i megalomani kwakiutl per la loro aspirazione al maggior prestigio
sociale. Questo studio mise in evidenza il carattere delle culture come complessi integrati, ovvero, come un insieme
più o meno coerente di pensieri e azioni.
Tuttavia, il ridurre le culture umane come entità definibili tramite categorie psicologico-intuitive fu una suddivisione
alquanto approssimativa non voluta dalla stessa Benedict.
Il suo intento era di insistere sulla dimensione simbolica della cultura, contro quelle tendenze che la riducevano ad
una somma dei singoli tratti. La sua opera risultò comunque un caso letterario e un modo per far diventare
l’antropologia un sapere di facile accesso per chiunque assimilabile al pensiero funzionalista.

13.2 Tra gli antropologi che svilupparono una visione originale dei rapporti tra individuo e società ci fu Gregory
Bateson, che fu prima ricercatore nel campo delle scienze naturali, poi allievo di Malinowski.
Esordì con alcune ricerche sul campo in Melanesia e in Nuova Guinea, pubblicò nel 1936 “Naven”, nome di un rituale
iatmul. Ne analizzò le implicazioni psicologiche, economiche, politiche ed etiche rifiutando quella visione che divideva
l’intera società in settori come economia, politica e religione.
Il naven era un rituale di travestimento che veniva celebrato quando un giovane (Iaua) compiva un primo obiettivo
culturalmente e socialmente approvato.
I suoi parenti si vestivano mimando i comportamenti dei sessi opposti: il fratello della mamma (wau) imitando
tenerezza, fragilità e affetto della donna, la madre emulando l’orgoglio e la fierezza dell'uomo. Bateson spiegò
quest’inversione non come una deviazione psicologica dei soggetti, ma con la necessità di assumere i segni di
un’identità da parte di coloro che, di solito, non erano chiamati a ostentare sentimenti contrastanti con il tono
emotivo (ethos) tipico, perché manifestazione dell’eidos (ideale della società) del proprio sesso. L’unità di ethos e
eidos era ciò che formava la realtà complessiva di una cultura, o configurazione, riprendendo il concetto e il termine
di Ruth Benedict.
Egli definisce inoltre il concetto di schismogenesi in un lavoro del 1935, “Contatto culturale e schizogenesi”.
Durante il rituale del naven gli uomini hanno modo di esternare sensazioni emotive e le donne possono ostentare
fierezza, possibilità negate nel quotidiano.
Notò che l’adesione al modello maschile da parte del marito ingenera nella moglie un atteggiamento di sottomissione
crescente: questo fenomeno se non interrotto da meccanismi frenanti può portare ad estreme conseguenze come la
disgregazione sociale o, all’estremo, schizofrenia.
Questi comportamenti non riguardano solo gli individui, ma anche i gruppi.
Grazie a questi meccanismi di reazione psichica che è possibile raggiungere un equilibrio dinamico in un
atteggiamento reciproco di controllo.
La dinamica principale della schismogenesi i consiste nell’individuare i processi di azione e reazione cumulativa che
dovrebbero consentire una migliore comprensione dell’individuo senza classificarlo in modelli culturali.

13.3 Gli studi di «cultura e personalità»: Uno dei contributi maggiori all'unione di antropologia e psicoanalisi la diede
Abram Kardiner, allievo di Boas. Egli fu anche in analisi con Freud, diventando psicoanalista a sua volta.
Nel 1930 alla Columbia University fu il promotore di un seminario il cui tema era l’interazione individuo-società sotto
il profilo psicologico e antropologico. A questo seminario diede un contributo fondamentale Ralph Linton che era in
possesso di una grande esperienza di ricerca etnografica in Polinesia, USA e Madagascar, dando a Kardiner tutto il
materiale necessario per l'elaborazione delle sue teorie. Linton contribuì alla stesura de “L'individuo e la sua società”
(1939) nel quale è centrale la definizione di personalità di base.
Essa è un complesso di tratti tra loro correlati alla cui formazione concorrono sia le istituzioni primarie (che
contribuiscono a plasmare la personalità degli individui nella fase infantile: la soddisfazione, la punizione, l’inibizione)
che le istituzioni secondarie (quegli elementi culturali che la società elabora allo scopo di conciliare le tensioni che le
socializzazioni primarie creano sulla psiche individuale: la religione, i riti, le leggende, i tabù).

Kardiner cercò di stabilire un ordine di priorità nel processo di formazione della personalità di base, tra istituzioni
primarie e secondarie.
Egli rifiuta sia la visione funzionalista, poiché questa sostiene che il processo di formazione si tratti di un adattamento
e interdipendenza funzionale, che la visione di Benedict, poiché ritiene che nelle configurazioni culturali sia dato
maggior rilievo ad un particolare atteggiamento o sentimento manifestato da una società, ma anche quella di Freud
per il quale i fattori culturali hanno un’importanza secondaria rispetto alle pulsioni inconsce.
In accordo con la teoria della personalità di base si elabora il concetto di proiezione:
L’individuo elaborerebbe nel corso dell’infanzia sotto l’azione delle istituzioni primarie, una particolare immagine
delle figure parentali, oggetto della sua affettività.
Le proietta successivamente nel quadro delle istituzioni secondarie, nella sfera mitico-religiosa.

13.4 Margaret Mead, allieva di Boas, compì la sua prima ricerca nella isole Samoa, un arcipelago della Polinesia: fu la
prima studiosa di antropologia statunitense a spingersi fuori dal continente americano.
In questi anni, in conseguenza degli effetti socialmente devianti dopo la crisi economica del ’29 in America, gli studi
psicologici, sociologici nonché antropologici si orientarono sul problema dell’adattamento dell’individuo ai valori
espressi dalla società in cui vive.
In questo modo lo studio del processo di socializzazione coincide con quello dell’influenza esercitata dalla cultura
sull’individuo, si prendono in esame le modalità di trasmissione dei valori che consentono di adattarsi con successo
aderendo ai modelli della propria società.
Nel suo primo studio, Mead fu concentrata sul periodo di vita adolescenziale della donna samoana con “L’adolescenza
a Samoa” (1928).
La Mead evidenziò la grande differenza dei metodi educativi dei Samoani, ma anche l’alto grado di socializzazione da
essi prodotto rispetto a quanto invece avveniva nella società occidentale.
L’adolescenza in una società primitiva “semplice ed omogenea” non è una fase della vita dell’individuo esposta ai
traumi quanto nella società occidentale: a valori culturali diversi corrispondessero modelli educativi differenziati,
questi ultimi danno luogo alla formazione di personalità individuali orientate diversamente. Anche i tratti maschili e
femminili sono determinati più dalla cultura che da predisposizioni naturali.
Mead evidenzia anche come le forme culturali diverse non è detto non siano dotate di senso.

Insieme a Ruth Benedict contribuì ad introdurre il concetto di relativismo culturale: un’azione o un valore per poter
essere compresi devono essere considerati all’interno del contesto in cui si collocano, non vanno giustificati ma presi
in presi in esame “nel posto giusto”.

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