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Fisica tecnica ambientale – Lezione 4 25/03/2020

Prima della teoria facciamo qualche esercizio sul bilancio di energia per sistemi chiusi. A valle del capitolo 2
sul bilancio di energia per sistemi chiusi, ci sono una serie di esercizi non svolti. Esercizio: si supponga di
fornire come calore 180kJ (kilojoule) ad un sistema chiuso che evolva da uno stato 1 ad uno stato 2 con un
incremento di energia interna di 100 kJ. Per esempio, supponiamo invece l’incremento di energia interna non
sia di 100 ma di 200 kJ. Per riportare il sistema al suo stato iniziale (quindi dallo stato 2 allo stato 1), l’ambiente
riceve dal sistema 70 kJ di energia come lavoro. Quanto valgono l’interazione meccanica nel processo da 1 a
2 e quella termica nel processo da 2 a 1? Noi
abbiamo un certo sistema chiuso che si trova in
certe condizioni iniziali 1, questo sistema
subisce una trasformazione passando dallo
stato 1 allo stato 2, questo sistema per passa
dallo stato 1 allo stato 2 ha interagito con
l’ambiente circostante. Andiamo a valutare quali sono le interazioni energetiche
fra sistema e ambiente, prima di incominciare, abbiamo definito il bilancio di
energia per sistemi chiusi come ΔU= Q – L, in generale dovremmo scrivere ΔE=Q-L, ma poiché la variazione
di energia è pari alla somma della variazione di energia cinetica + la variazione di energia potenziale + la
variazione di energia interna, abbiamo fatto appunto l’ipotesi che il sistema si trovi in condizioni di quiete
rispetto ad un riferimento cartesiano ortogonale e quindi l’energia cinetica è proprio 0 sia all’inizio che alla
fine della trasformazione e la variazione di energia potenziale è sicuramente nulla perché il sistema non
modifica la sua posizione. Quindi il bilancio di energia si scrive ΔU=Q-L. Da qua possiamo anche dove con Q
intendiamo la somma algebrica di tutti gli scambi termici (con Q abbiamo ipotizzato, posto il calore in
ingresso-quello in uscita, ipotizzando il calore positivo quando entra e negativo quando esce, il lavoro il
contrario positivo quando esce e negativo quando entra). Quindi L lo definiamo come lavoro uscente – lavoro
entrante, quindi abbiamo ottenuto la relazione in questa forma. Se all’esame ci viene chiesto: cosa dice il 1°
principio della termodinamica per un sistema chiuso? Noi possiamo scrivere direttamente ΔU=Q-L, da dove
viene fuori e perché scriviamo ΔU, oppure ΔE=Q-L, ma questa è la relazione e questo significa che in questo
esercizio o conosciamo ΔU e Q e ricaviamo L, o viceversa. Tornando all’esercizio, nel momento in cui l’energia
interna aumenta di 200kJ significa che la variazione di energia interna del sistema quando evolve dallo stato
1 allo stato 2 (ΔU da 1 a 2 = 200kJ) si fornisce come calore 180kJ, significa che Q il calore fornito andando da
1 a 2 è pari a 180kJ. Con quale segno? Positivo, perché il calore viene fornito al sistema quindi è entrante,
difatti avrò Q1,2 entrante al sistema. Domanda: per riportare il sistema al suo stato iniziale, significa che avrò
una trasformazione che mi riporterà il sistema dallo stato 2 in cui è arrivato precedentemente, di nuovo allo
stato 1. Quindi avrò una seconda trasformazione/variazione di energia interna deltaU2,1 e anche del calore
e del lavoro scambiato. Per andare dallo stato 2 allo stato 1, l’ambiente riceve dal sistema 70kJ di energia
come lavoro, quindi sappiamo che è l’ambiente che riceve dal sistema 70kJ, quindi il lavoro nel caso 2,1 sarà
positivo (lavoro uscente) L2,1= +70kJ. Quindi nella trasformazione 2,1 poiché il lavoro è uscente, secondo la
convenzione è positivo (quindi L2,1 è il lavoro che è stato ceduto per far passare il sistema 2 al sistema 1).
Osserviamo che abbiamo scritto ΔU2,1, potremmo dire che questo non è un dato, in realtà l’abbiamo scritto
perché nella traccia è dato questo perché la traccia dice che io devo riportare il sistema nel suo stato iniziale
quindi dallo stato 2 allo stato 1. Quindi, il sistema torna dov’era. Quindi inizialmente lui subisce una variazione
di energia interna ΔU1,2 durante la prima fase, durante la seconda fase subirà un’altra trasformazione ΔU2,1
, complessivamente, supponiamo di considerare le due trasformazioni una dopo l’altra, tornando da dove è
partito, questa è la cosa importante, quindi poiché da 1 torna in 1, la
somma di questi due processi come potrebbe essere definita? Deve dare
0. In altre parole è come se la somma di queste due trasformazioni
costituisse una trasformazione ciclica, si torna nello stato di partenza,
quindi alla fine quando torna nello stato di partenza non ho nessuna
variazione, è come se non avessi fatto nulla. In realtà il sistema si è modificato però poi, alla fine, è tornato
com’era e quindi non si avverte nessuna variazione. Per il momento conosciamo ΔU1,2 e ΔU2,1, l’unica cosa
che possiamo dire quindi, ΔU1,2 = - ΔU2,1, (attenzione a non confondere Q e L, perché queste Q e L date
come dati, non si riferiscono alla stessa trasformazione ma si riferiscono ai due pezzi, tant’è vero che la
domanda è: quanto valgono l’interazione meccanica durante il tratto 1,2. Quindi le incognite quali sono? L1,2
e si vuole conoscere l’interazione termica, cioè
il calore durante la trasformazione che da 2 va
ad 1. Quindi la seconda cosa che voglio
conoscere è Q2,1. In altre parole, io dovrò
applicare due volte questa relazione ΔU=Q-L, la
prima volta alla trasformazione 1,2 e la seconda
volta alla trasformazione 2,1. Che cos’è che lega
queste due trasformazioni? Il fatto che il
sistema torna nella condizione 1, quindi ΔU1,2
= - ΔU2,1, ossia se il sistema aveva ottenuto un
incremento di energia interna di 200kJ durante
il primo tratto, questi 200kJ li deve perdere, e quindi la variazione di energia interna nella seconda fase sarà
pari a -200kJ. Perciò abbiamo messo ΔU nei dati, perché nella traccia dicendo: il sistema torna da dove era
partito, automaticamente riesco a capire che la variazione di energia interna del primo tratto deve essere
uguale e contraria alla variazione di energia interna del secondo tratto, in modo tale da annullare. Scrivo
l’equazione per la prima trasformazione: ΔU1,2= Q1,2 – L1,2 , poiché devo calcolare L1,2 la prima cosa che
vado a fare è esprimere la relazione in funzione di L1,2. Quindi posso scrivere che: L1,2 sarà uguale a Q1,2 –
ΔU1,2, a questo punto, quanto vale
Q1,2? Vale 180kJ, quindi posso
scrivere L1,2= 180kJ (il calore
positivo) – 200kJ (la variazione di
energia interna)= -20kJ. Come è
venuto questo lavoro? Negativo,
quindi com’è? Entrante. Possiamo
valutare questa cosa con le frecce,
avrò un ΔU all’interno del sistema che vale 200kJ e sappiamo che sono entrati 180kJ di calore, quindi Q=180kJ,
è chiaro che se ΔU è 200kJ, sono entrati 180kJ, il lavoro deve essere tale per cui devo ancora avere altri 20kJ,
altrimenti non posso incrementare la mia energia interna di 200kJ, quindi ci sarà L=-20kJ perché è in ingresso.
Quindi ho due termini in ingresso, 180+20 (calore + energia). Facciamo il secondo pezzo, riscriviamo la stessa
relazione però calcolando Q, perché conosco L del secondo pezzo e devo ricavarmi Q. Scrivo ΔU2,1=Q2,1 –
L2,1. A questo punto voglio calcolare Q2,1, quanto vale? Q2,1 = ΔU2,1+L2,1. Sostituisco i valori numerici, ΔU
che è -200kJ, e L che vale 70kJ
(perché è positivo, in uscita) =
-130kJ. Facciamo di nuovo il
disegno, questo ΔU prima era
200kJ, adesso diventa -200kJ, il
calore è -130 (il calore se è
negativo vuol dire che è
uscente), il lavoro 70kJ perché
veniva ceduto all’ambiente/o perlomeno l’ambiente riceveva dal sistema, quindi il lavoro per definizione è
positivo, quindi uscente. Sono entrambe freccette in uscita quindi 130kJ+70kJ è tutto quello che esce, quindi
escono 200kJ, uscendo 200kJ la variazione di energia interna è negativa. Nella prima trasformazione entrambi
i termini Q ed L erano in ingresso, durante la seconda sono in uscita. Esercizio: un sistema chiuso, durante un
processo, scambia energia secondo la modalità lavoro, ricevendo 100kJ. Se la variazione della sua energia
interna è di 60kJ, calcolare l’energia scambiata secondo la modalità calore. Lo stesso sistema lungo una
diversa trasformazione che ha in comune con la precedente solo i punti iniziale e finale, riceve/cede 20kJ

secondo la modalità lavoro. Si calcoli il calore scambiato durante quest’ultima trasformazione. Ho un sistema
che si trova nella condizione 1, attraverso una certa trasformazione passa allo stato 2, cosa succede durante
questa trasformazione? Riceve secondo la modalità lavoro 100kJ, i dati della prima trasformazione mi dicono
che il lavoro viene ricevuto dal sistema ed è pari a 100kJ, quindi il lavoro è negativo (entrante). La variazione
della sua energia interna è 60kJ, quindi ΔU è positiva. Devo calcolare l’energia scambiata secondo la modalità
calore. ΔU1,2=60kJ positivo, la prima cosa bisogna calcolare il calore, quindi l’incognita è Q. Scrivo
ΔU1,2=Q1,2 – L1,2. Quindi
Q1,2 = ΔU1,2 + L1,2,
sostituiamo i valori numerici
ΔU= 60kJ + (-100kJ)= -40kJ.
Andiamolo a verificare, io ho
una variazione di energia
interna che è pari a 60kJ, il
calore è -40kJ, quindi vi sarà
del calore uscente che è pari
proprio a 40kJ (col meno perché è uscente), il lavoro è negativo, quindi è entrante -100kJ, escono 40kJ, ho
un incremento di 60kJ. La seconda parte dice: lo stesso sistema lungo una diversa trasformazione che ha in
comune con la precedente solo i punti iniziale e finale, significa che il sistema passa sempre da 1 a 2, ma non
scambiando calore e lavoro così come abbiamo visto adesso, cioè cedendo 40kJ come calore e ricevendo
60kJ come lavoro, ma con una diversa composizione di calore e lavoro. Ma la cosa importante è che lo stato
iniziale e finale sono uguali alla trasformazione di prima. Quindi, non è come prima che da 2 tornava su 1, ho
un sistema che va sempre da 1 a 2. Quindi che significa? Che la variazione di energia interna sarà uguale a
quella dell’esempio precedente, ossia che la variazione da 1 a 2 questa nuova sarà sempre 60kJ. Quindi avrò
ΔU1,2= 60kJ, questa volta cambiano Q ed L, quindi ΔU1,2 sarà uguale a Q’1,2 – L’1,2 , significa che non ho più
lo stesso Q1,2 e L1,2, sono cambiati, però il ΔU è lo stesso. Di questo Q ed L nuovi io conosco uno dei due
perché mi viene dato (dice: lo stesso sistema lungo una diversa trasformazione che ha in comune con la
precedente solo i punti iniziali e finali, riceve 20kJ secondo la modalità lavoro). Quindi, se riceve 20kJ, a questo
punto L’1,2 sarà uguale a -
20kJ, anche questa volta
devo calcolare il calore.
Riprendiamo la relazione
scritta prima Q’1,2= ΔU1,2 +
L’1,2 , quindi Q’1,2 = 60kJ –
20kJ = 40kJ, in questo caso
cosa fa il sistema rispetto a
prima? Riceve 40kJ di calore
e 20kJ di lavoro, quindi la sua
variazione è uguale a prima è
60kJ, ora entrambi entrano,
prima invece, uno entrava e l’altro usciva. Questo ci fa capire che: calore e lavoro sono due modalità di
scambio di energia e possono essere perfettamente alternative, posso avere solo calore o solo lavoro in certi
casi, quello che è importante e che definisce lo stato termodinamico è l’energia interna che è una proprietà
di stato (che definisce lo stato termodinamico), così come la pressione, la temperatura, il volume, la massa
ecc.. quindi nel momento in cui io faccio interagire il sistema con l’ambiente circostante, le modalità di
scambio di energia possono anche essere differenti, quello che è importante è che per definire lo stato iniziale
e quello finale è la variazione di energia interna in questo caso. Esercizio: si calcoli la variazione di energia
interna per un sistema chiuso che, durante una trasformazione riceve
10kcal e ne cede 50 come calore, mentre effettua sull’ambiente un
lavoro di 70kJ. Abbiamo un sistema chiuso, c’è una differenza rispetto
ai casi precedenti perché l’energia sottoforma di calore è espressa in
kilocalorie. Quindi devo calcolare la variazione di energia interna di un
sistema chiuso, il sistema riceve 10kcal come calore e ne cede 50 come
calore, poi effettua un lavoro sull’ambiente di 70kJ quindi il lavoro è
positivo, quindi i dati sono i seguenti Q1=10kcal , Q2=-50kcal, L=70kJ. Io per calcolare le variazioni di energia
interna i dati sono questi, l’incognita è ΔU che è uguale a Q-L. Il calore è la somma algebrica di tutti i flussi di
calore in ingresso e in uscita, quindi poiché ho Q1 e Q2, posso scrivere che Q=10kcal-50kcal=-40kcal. Il
problema è che se io vado a sostituire questo valore nella relazione avrò una quantità espressa in kilocalorie
meno 70kJ e non posso sottrarre questi due numeri. Quindi devo convertire le kilocalorie in kilojoule, come
faccio? Prendiamo l’appendice A e andiamo a vedere la conversione tra le unità che non sono del SI e quelle
che sono del SI. Andiamo nella tabella dei coefficienti di conversione e nella tabella A15 c’è l’energia a pagina
A7, per passare da kcal (che non è una grandezza del SI) a J, devo moltiplicare (perché vado da sinistra verso
destra) per questo coefficiente che è 4,187x103J. Quindi posso scrivere che 1Kcal= 4,187x103J. Poiché il lavoro
è espresso in kJ, so che 103J è il kilojoule proprio e quindi posso scrivere che ad una kilocaloria corrispondono
4,187 kJ, quindi per passare da kcal a kJ devo moltiplicare per 4,187. A questo punto devo calcolare Q, Q=-40
x 4,187 = -167,48 kJ. Adesso calcoliamo la variazione di energia interna perché abbiamo tutti e due gli
ingredienti in kJ, ΔU= -167,48kJ (Q che è negativo) – 70kJ (L positivo, il meno è della relazione)= -237,48kJ. Se
facciamo il disegno, la variazione di energia interna è negativa (-237,48kJ), e sia calore che lavoro sono
entrambi negativi, la gran parte della riduzione di energia interna è dovuta alla cessione di calore (Q= -
167,48kJ) e il resto lavoro (L=+70kJ) che è in uscita, e quindi abbiamo due termini in uscita.

Esercizio: Un sistema chiuso, durante una


trasformazione, riceve 15kcal come energia
termica e cede 70kJ come lavoro.
Successivamente cede 45kcal come energia
termica e riceve 80kJ secondo la modalità
lavoro. Calcolare la variazione di energia
interna complessiva del sistema. Quindi riceve
15kcal (Q1=15kcal in ingresso), poi nella
seconda parte ne cede 45kcal (Q2 in uscita = -
45kcal). Sempre nella prima parte cede 70kJ
come lavoro (abbiamo quindi del lavoro in
uscita L1=70kJ) e poi ne riceve 80 (L2=-80kJ).
Quindi è vero che avrò un ΔU1 = Q1-L1 e ΔU2=Q2-L2 e poi avrò un ΔUtotale = alla somma algebrica dei calori
– la somma algebrica del lavoro. Quindi posso anche ragionare in questi termini, ΔUtotale = Qtotale-Ltotale,
vediamo chi è Qtotale. Qtot= Q1+Q2 = 15 – 45 = -30kcal. Queste -30kcal moltiplicate per 4,187 fanno -125,61
kJ. Ltot=-10Kj. Quindi ΔUtot=-125,61kJ – (-10kJ) = -115,61kJ.

Il ΔU viene calcolato diversamente a seconda della fase in cui si trova la sostanza considerata, abbiamo quindi
detto che per poter definire lo stato termodinamico occorre conoscere delle proprietà, una delle quali sono
indipendenti e altre che dipendono dalle precedenti, a questo punto passiamo dalla teoria alla pratica. Come
faccio io a capire in che fase si trova? E se conosco alcune proprietà, ad esempio conosco la pressione e la
temperatura, come faccio a calcolare le altre proprietà? Per esempio l’energia interna o il volume? Questa
parte la troviamo nell’appendice A ‘’calcolo delle proprietà di una sostanza e riconoscimento delle fasi di una
sostanza’’. Quindi, come faccio riconoscere o a calcolare le proprietà di una sostanza, innanzitutto abbiamo
visto come noi lavoriamo (lezione precedente) con sistemi semplici comprimibili, ossia le proprietà che in
genere consideriamo la pressione, il volume e la temperatura. Volume scritto con lettera maiuscola perché
lo sto considerando come grandezza estensiva, mentre se considero lo stato
intensivo posso considerare pressione, volume specifico e temperatura. Altra
cosa importante, se conosco il volume specifico, la pressione e la temperatura
(pressione e temperatura sono già proprietà intensive), e conosco anche la
massa, allora torno allo stato estensivo. Quindi in genere è assegnato negli esercizi la massa e poi qualcuna
di queste proprietà in modo tale da ricavarne altre. Generalmente per i sistemi semplici comprimibili è
sufficiente conoscere tra queste tre grandezze (pressione, volume e temperatura), due di queste per ricavare
la terza, addirittura poi vedremo che quando ci troviamo in fase solida o liquida, la condizione è ancora più
semplice, basta addirittura conoscere una sola proprietà e possiamo già individuare lo stato termodinamico
del sistema. Conoscendo queste grandezze, vedremo che l’energia interna è collegata a queste proprietà
stesse e in particolare vedremo che quando ci troviamo in condizioni monofasiche (cioè è presente una sola
fase), l’energia interna è direttamente proporzionale alla temperatura (quindi impareremo a valutare
l’energia interna in funziona della temperatura). Prima di fare questo, introduciamo le relazione che
sussistono tra le grandezze quando ci troviamo nelle diverse condizioni di aggregazione. Quando la sostanza
si trova in condizione aeriforme, noi adotteremo (per motivi di praticità) una relazione costitutiva tra le
diverse proprietà che adotta un modello di comportamento per gli aeriforme che si chiama ‘’modello di gas
ideale’’. Quindi, in ogni caso (tranne in rari casi in cui verrà specificato), adotteremo questo modello. Che
significa questo concetto di gas a comportamento ideale? Supponiamo che questo sia un recipiente e questi
puntolini sono le molecole del gas
contenuto in questo recipiente.
Cosa fanno queste molecole? Il
gas si trova appunto in
condizione aeriforme, sono libere
di vagare in questo recipiente. Si
può adottare questo modello quando le interazioni tra queste molecole (a meno che non siano urti elastici
che accadono proprio perché appunto il gas non è troppo compresso, poco frequentemente) non sono di
altra natura, quindi non ci sono per esempio interazioni magnetiche o elettriche, ma ci sono semplicemente
urti elastici che possono avvenire all’interno di questa sostanza (quindi vuol dire che queste molecole tra di
loro non si danno troppo fastidio). Quando possiamo adottare questo modello, allora la relazione (quindi
sempre, nell’ambito di questo corso, quando studieremo l’area contenuta negli ambienti e così via,
adotteremo questo modello) tra pressione, volume e temperatura rispetta l’equazione di stato (così si
chiama) per i gas ideali. Questa equazione si scrive
così in forma estensiva: pressione x volume = massa
x una costante caratteristica (che dipende dal
particolare gas) x la temperatura assoluta del gas stesso (pV=mRT). Se voglio scriverla in forma intensiva, cioè
non considerando l’estensione del sistema, ossia dividendo entrambi i membri per la massa, avrò al primo
membro pressione, il volume/m che mi da il volume specifico = m/m fa 1, RT. Andiamo a vedere le unità di
misura (che sono quelle del SI), la pressione in pascal (ovvero N/m2), il volume m3, devo avere a destra la
stessa cosa, quindi avrò la massa espressa in kg per la temperatura in kelvin. Qui capiamo perché ci servono
i kelvin, perché sia la pressione che il volume, che la massa che poi pure la costante caratteristica, sono tutti
termini positivi, per cui la temperatura deve anch’essa assumere un valore positivo. Quindi la temperatura
in questa equazione deve essere la
temperatura assoluta. Andiamo a vedere
che succede per questa costante
caratteristica, che unità di misura ha
questa costante, in effetti per poter
scrivere questa uguaglianza, io devo
avere che le unità di misura a sinistra
devono essere uguali alle unità di misura
a destra, però andiamo a vedere questi
newton cosa rappresentano. Newton
posso scriverlo come kg m/s2 m3 / m2 = K.
Allora che cosa ottengo, kg m /s =kg K (m m fa m /m ). Che cos’è kg m2/s2? Il Joule, perché kg m/s2 è il
2 2 3 4 2

newton, newton per metro è Joule. Quindi, per apparare le cose, K deve avere come unità di misura Joule/kg
K, in modo tale che kg e K si semplificano e viene Joule = Joule. Quindi, l’unità di misura della costante
caratteristica R è Joule/kg K. Come fare per trovare questa relazione R? Andiamo nell’appendice A e
consultiamo la tabella pagina A16, tabelle per il calcolo delle proprietà, sono riportate temperatura critica,
pressione critica e costante caratteristica di alcune sostanze. Ci sono i valori di R espressi in J/kg K per le
diverse sostanze : azoto, ossigeno, ossido di carbonio, acqua (in fase di gas) ecc.. quindi quando dobbiamo
fare un esercizio dobbiamo consultare questa tabella. Esempio: supponiamo di avere un gas, 12kg di ossigeno
(O2) si trovano alla temperatura di 27,0°C ed alla pressione di 2,0 bar. Calcolare il volume occupato. Diamo
per scontato che quest’ossigeno si trovi in condizioni di gas, vediamo la temperatura 27°C significa che
immediatamente, visto che dobbiamo applicare l’equazione di stato, dobbiamo esprimerla in Kelvin. Come
passiamo da 27°C a Kelvin? Aggiungiamo 273,15, devo quindi fare temperatura = 27,0 + 273,15 e avrò 300,15
K. Il metodo pratico che si utilizza studiando le diverse sostanze, per poter in modo tranquillo
l’eq. Di stato quando una sostanza si trova in fase aeriforme è di controllare che: -la
temperatura di questa sostanza sia maggiore di una temperatura che dipende dalla sostanza
stessa, chiamata temperatura critica, che è quella che abbiamo visto poco fa nella tabella; -la
pressione deve essere molto minore della pressione critica. Il secondo controllo sulla pressione non lo faremo
mai perché noi studiamo fisica tecnica ambientale non industriale, quindi non studieremo mai le
trasformazioni di gas in cui i gas subiscono delle compressioni elevate perché magari lavoriamo all’interno di
una macchina, quindi noi lavoriamo con trasformazioni di gas che possono essere aria o sostanze che
subiscono piccole compressioni e il controllo normalmente lo andiamo a fare sulla temperatura che deve
essere maggiore di quella critica. Spesso la temperatura ci viene data in gradi celsius e per fare questa verifica
dobbiamo esprimerla in kelvin. Andiamoci quindi a leggere il valore della costante caratteristica R
dell’ossigeno, torniamo sulla tabella, per l’ossigeno (ultima riga) la temperatura critica è 154,8K (c’è scritto
temperatura critica in kelvin). La nostra temperatura è 300,15K, quindi la nostra temperatura del gas che
stiamo considerando è maggiore di quella critica, possiamo
quindi applicare tranquillamente l’eq. Di stato per i gas a
comportamento ideale. La pressione critica qui riportata è
espressa in Pascal x 10-5, sull’intestazione della tabella è
-5
riportato 50,8 pascal x 10 (è il valore che poi andrò ad aggiungere per avere i Pascal, nella tabella è riportato
in bar), quindi il valore della pressione critica è 50,8 x 105. Abbiamo visto che la temperatura è maggiore di
quella critica, la pressione è 2 bar quindi minore di quella critica, possiamo andare a vedere la costante
dell’ossigeno che è R= 260,83 J/kg K. Devo calcolare il volume, come lo calcolo? Uso l’eq. Di stato per i gas a
comportamento ideali: pV=mRT. Prima di sostituire i valori, vediamo delle dinamiche per non cadere in
errore: la prima cosa da fare è esplicitare
l’incognita, in questo caso, l’incognita è il
volume quindi V=mRT/p. Ora dobbiamo
controllare che tutti i valori siano nelle
corrette unità di misura, la massa è 12kg, la
temperatura in kelvin, la pressione è in bar, per passare da bar a pascal: 1bar = 10 5 pascal, quindi per passa
da bar a pascal cioè N/m2 possiamo scrivere che 2bar x 105pascal. Abbiamo quindi le unità di misura corrette,
andiamo a sostituire i valori numerici V= 12 kg x 260,83 J/kg K x 300,15 K / 2x10 5 pascal (N/m2 ) ma se
moltiplichiamo il numeratore e il denominatore per metro, viene Nm/m3, quindi il pascal non solo è N/m2 ma
è anche Joule/m3. Quindi in questa equazione, ogni volta che ci troviamo la pressione in Pascal ci conviene
scriverla in Joule/m3 perché così semplifichiamo questi Joule che si trovano al numeratore. Dovrei scrivere
Joule su metro cubo, invece di scrivere così, il metro cubo lo riporto al numeratore. Vediamo che i kg, i Joule
e i kelvin si semplificano, cosa rimane?
m3. Ci rimane fare i calcoli, possiamo
anche qui semplificare qualcosa, 105 è
come dire moltiplico per 100.000,
oppure possiamo scrivere con
notazione scientifica i termini al
numeratore e trovarci. Possiamo
2 2 5
scrivere 12 come 1,20 x 10 x 2,6083 x 10 + 3,0015 x 10 / 2 x 10 . Scrivendo in notazione osservo che al
numeratore 10 x 102 x 102 fa 105 che si semplifica con 105 al denominatore, quindi il risultato è circa 4,6 m3.

Cominciamo a vedere i passaggi di fase, supponiamo di avere un recipiente con dell’acqua liquida,
supponiamo che si trovi a pressione di un’atmosfera e alla temperatura di 20°C e occuperà un certo volume.
Quindi se vado a riportare su un diagramma in cui riporto sulle ascisse il volume e sulle ordinate la
temperatura, questo punto 1 atm e 20°C è riportato in questo punto A, quindi questo punto temperatura-
volume rappresenta lo stato termodinamico di quest’acqua. A questo punto io somministro del calore
(disegno candelina, vuol dire che sto fornendo del calore Q a questo sistema) e cosa fa quest’acqua nel
momento in cui fornisco dell’energia sottoforma di calore? Osservo che il volume avrà una certa dilatazione,
piccola perché non è che l’acqua essendo in fase liquida chissà quanto si dilati, quindi il volume aumenterà
di poco e la temperatura aumenta, quest’acqua si riscalda. Ad un certo punto, riscaldandosi si raggiunge una
condizione individuata da questo punto B oltre la quale
continuando a somministrare calore (quindi sempre
fornendo Q alla sostanza), una parte dell’acqua passa in fase
aeriforme. Quindi l’acqua bolle ad un certo punto, ovvero
una parte di questa passa dalla fase liquida alla fase
aeriforme, quindi la parte grigia che vediamo è il vapore,
ovvero la fase aeriforme. Ci accorgiamo che quando questa
sostanza inizia a passare in fase aeriforme, quindi dal punto
B in poi sono presenti due fasi perché mentre prima c’era
solo acqua liquida quindi semplicemente una fase, quando
comincia questa ebollizione nell’acqua ci saranno due fasi:
liquida e aeriforme/vapore. Se continuo a somministrare
calore, mi accorgo che nel momento in cui si è innescato
questo passaggio di fase, quest’acqua aumenta il suo
volume perché ovviamente passando in fase vapore, al
vapore corrisponde un volume molto maggiore rispetto a
quando mi trovo in fase liquida. Quindi la sostanza espande, aumenta moltissimo il suo volume. Mantenendo
la pressione costante, anche la temperatura durante il passaggio di fase si mantiene costante, e cosa succede
man mano che somministro calore? Che invece di osservare un incremento di temperatura, osservo che c’è
un sempre maggiore passaggio dalla fase liquida alla fase aeriforme, cioè la quantità di aeriforme rispetto al
liquido, man mano che mi sposto dal punto B verso il punto C, fino a poi a raggiungere il punto D, aumenta
sempre più, aumenta quindi sempre più il vapore fino a quando arrivata nel punto D la sostanza è tutta in
condizione di vapore. Quindi a questo punto non ho più una sostanza bifasica ma ho solo vapore, solo
aeriforme. Quindi mi accorgo che se continuo ad amministrare calore, riscontrerò nuovamente un
incremento di temperatura quindi mi sposterò su questa linea rossa da D verso E, aumenta molto la
temperatura ma aumenta anche molto il volume, ossia riscaldando questo gas, il volume aumenta in modo
consistente. Mi accorgo che la trasformazione A-B-C-D-E è una trasformazione dell’acqua a pressione
costante, si ha un riscaldamento durante gli stadi monofasici e invece la trasformazione avviene a
temperatura costante quando mi trovo in passaggio di fase. Quindi, il calore che viene fornito durante il
passaggio di fase, invece di manifestarsi con un incremento di temperatura, si attiva in modo tale da
rompere/allentare quei legami che ci sono tra le molecole della sostanza stessa, per consentire il passaggio
di fase, quindi per passare a una fase in cui l’energia interna è sempre maggiore e le molecole sono più libere
di muoversi. Quindi aumenta l’energia cinetica di ogni singola particella e quindi aumenta l’energia interna
del sistema. Possiamo anche vedere un’altra cosa, poiché ogni volta che somministro del calore a questa
sostanza (come abbiamo visto dal primo principio della termodinamica incremento la sua energia interna)
mi rendo conto che questa energia interna quando mi trovo in regione monofasica, si manifesta con
incremento di temperatura. Vedremo che: ad un incremento di energia interna corrisponde un incremento
di temperatura se in condizioni monofasiche, se in condizioni di passaggio di fase cioè da sostanza liquida a
aeriforme o viceversa, allora l’energia interna non è collegata a questo, ma il valore di temperatura si
mantiene costante se la pressione è costante. Nel primo tratto avrò quindi la sostanza in condizione di liquido
e prende il nome di liquido complesso (o semplicemente liquido), qui ho la miscela perché costituita da due
parti, miscela bifasica e si dice che in questo caso la sostanza quando mi trovo in passaggio di fase (tratto B-
D), tra B e D ho il passaggio di fase e in particolare passaggio di fase liquido-aeriforme. La sostanza che si
trova in passaggio di fase si dice che si trova in condizioni di saturazione. Quando mi trovo in condizioni di
miscela bifasica o di saturazione (la cosa importante è che la pressione lungo tutta la trasformazione si
mantenga costante, quindi p è costante e t è costante, t inteso come passaggio di fase). Il valore della
temperatura è fissato, dipende dalla sostanza, per esempio per l’acqua con pressione 1atm (101,325 Pa) la
temperatura del passaggio di fase è 100°C. Vediamo cosa succede se considero diverse pressioni, se invece
di effettuarlo con pressione 1atm decido di effettuarla a pressioni inferiori o superiori, consideriamo
pressioni superiori. Di cosa mi accorgo? Mi accorgo che il passaggio di fase avverrà ad una temperatura
maggiore (quindi se la pressione cresce, la temperatura di passaggio di fase sarà maggiore/crescente). I punti
estremi della condizione di saturazione B-D, il punto B è quando io ho che l’acqua è tutta ancora liquida ma
arrivata a questo punto B incomincia il passaggio di fase, quindi sono al punto estremo del liquido tutto
liquido, da lì in poi, comincia a comparire il vapore. Per l’altro estremo D, vuol dire che la sostanza è passata
tutta in fase aeriforme e il punto D è il punto ultimo dove anche l’ultima particella di liquido è passata in fase
aeriforme e da quel punto in poi
la sostanza, continua a
incrementare, ricomincia a far
incrementare la sua
temperatura. Questi due punti
estremi del passaggio di fase,
sono caratterizzati il punto B da
una percentuale di 100% fase
liquida e 0% aeriforme, il punto
D 0% liquido e 100% aeriforme.
Il generico punto C che è intermedio ma sta un po' più a sinistra, sarà caratterizzato dal 60% liquido e 40%
aeriforme, man mano che mi sposto verso destra, va aumentando la quantità di aeriforme. Quindi se mi trovo
al centro del segmento, sarà 50% liquido e 50% aeriforme. Il fatto che incrementando la pressione, aumenta
la temperatura di passaggio di fase lo possiamo sperimentare in modo pratico in cucina con la pentola a
pressione. Cosa fa la pentola a pressione? Ha una chiusura, stagna in modo tale che la pressione interna alla
pentola sia maggiore della pressione atmosferica che invece viene esercitata se mettere un normale
coperchio. Quindi se abbiamo dell’acqua pura, questa in assenza di pressione ulteriore bolle a 100°C, se
invece utilizziamo la pentola a pressione, succede che incremento la pressione contenuta all’interno della
pentola, quindi la temperatura di passaggio di fase sarà maggiore, questo significa che invece di bollire a
100°C, raggiungerò per esempio 105/106°C o anche di più in base al valore di pressione. E quindi cosa
succederà? I cibi cuoceranno più velocemente, quindi ho una maggiore velocità nella cottura del cibo non
perché lo tengo più tempo ma perché raggiungo la temperatura superiore. Stessa cosa avviene per esempio
al contrario, se io per esempio abbasso la pressione e rispetto all’atmosfera ho una pressione più bassa, il
passaggio di fase avverrà ad una temperatura inferiore. Se io sono in montagna per esempio, la pressione è
minore della pressione atmosferica a livello del mare, quindi se io cucino la pasta in montagna, la pasta cuoce
male quando la pressione è inferiore a quella atmosferica perché si raggiunge una temperatura inferiore e
gli amminoacidi contenuti nella pasta non cuociono in maniera appropriata, quindi la pasta è come se non
rimanesse al dente. Quindi modificando la pressione, modifico la temperatura di passaggio di fase, quindi a
ogni pressione della sostanza corrisponde una determinata temperatura in cui c’è il passaggio di fase. Al
crescere della pressione, aumenta la temperatura,
quindi c’è una funzione crescente che lega queste
cose. Tornando all’immagine, i punti B e D vengono
chiamati stato di liquido-saturo il punto B e vapore-
saturo secco il punto D. Un punto intermedio
generico viene chiamato vapore saturo, quindi se
io mi trovo in una condizione di vapore saturo, vuol
dire che sono in passaggio di fase, l’unica cosa che
so è che pressione e temperatura sono
determinate, se conosco la pressione
automaticamente conosco la temperatura, il
volume non è determinato dipende dalla
percentuale di liquido rispetto al vapore o
viceversa. Se invece mi trovo nella condizione dopo
il punto D, dico che mi trovo nella condizione di vapore surriscaldato o vapore, surriscaldato significa che non
c’è più nulla di liquido e non c’è un passaggio di fase (sulle ordinate abbiamo la temperatura e sulle ascisse il
volume specifico). Ricapitolando: Il segmento B-D viene chiamato segmento dei vapori saturi che significa
miscela bifasica o vapore saturo e i punti estremi si chiamano rispettivamente liquido saturo e vapore saturo
secco, la zona di quando è tutto vapore e basta viene chiamata vapore surriscaldato. I due punti B e D hanno
delle ascisse e delle ordinate, l’ordinata è la temperatura di passaggio di fase che chiamiamo Ts e le ascisse
cioè il volume specifico, per quanto riguarda il liquido saturo lo chiamo vl, per quanto riguarda il volume
specifico del vapore saturo secco lo chiamo vvs. Quindi il volume specifico assume il valore di liquido saturo
quando è ancora tutto liquido, vapore saturo secco quando è tutto vapore saturo e non c’è più nessuna goccia
di liquido. Guardando il segmento B-D notiamo che al crescere della pressione e della temperatura, questo
segmento diventa sempre più piccolo, cioè la differenza tra il volume specifico di vapore saturo secco e di
liquido saturo va diminuendo sempre più man mano che
vado in alto (i segmenti che hanno i pallini verdi agli
estremi, diventano sempre più piccoli man mano che salgo
con il valore di pressione), fino a quando questi due estremi
non coincidono, il punto in cui i due estremi coincidono:
liquido saturo e vapore saturo secco viene chiamato punto
critico. Che succede? Se lavoro con una pressione maggiore
non vedo più il passaggio di fase, quindi questo punto
critico caratterizzato da una pressione critica e una
temperatura critica, se supero questo valore di
temperatura, andando oltre, non vedrò più il passaggio di
fase e quando mi trovo a temperatura maggiore della
temperatura critica la sostanza si trova in condizioni
sempre aeriforme, ossia gas. Abbiamo qui riportato un
diagramma in 3D dove abbiamo pressione, volume e temperatura, vediamo che ci sono i passaggi di fase per
temperature più basse da solido a gas direttamente (sublimazione), per passaggio di fase da liquido a
aeriforme, questi segmenti sono quelli che abbiamo visto prima fino ad arrivare al punto critico. Se questo è
l’asse della temperatura, oltre la temperatura critica, qui abbiamo sempre gas. Quindi ci sono delle zone
monofasiche (seconda figura 3D) liquido, solido e aeriforme (la parte gialla e la parte arancione) e poi le zone
in verde sono le zone del passaggio di fase, solido e vapore, liquido e vapore. Notiamo che per pressioni
molto basse, si ha direttamente il passaggio dal solido al vapore, questo accade in particolari condizioni e
questo prende il nome di
sublimazione o solidificazione
al contrario. Per esempio,
l’anidride carbonica CO2 è una
sostanza che a pressione
atmosferica se si trova in fase
solida, non passa per la fase
liquida ma passa direttamente
per la fase vapore, viene
chiamata comunemente
ghiaccio secco, si utilizza per
conservare i gelati e passa
direttamente dal solido
all’aeriforme. Questa è la stessa figura di prima con le aree
del passaggio di fase e le regioni monofasiche (solido, liquido,
aeriforme), la cosa sulla quale ci dobbiamo concentrare è
questa: il piano Tv l’abbiamo visto già è quello che abbiamo
costruito arrivando al punto critico ma la cosa interessante è
un piano con il quale avremo a che fare più frequentemente
ed è di andare a valutare i valori di pressione e temperatura.
Quindi vediamo l’asse della temperatura e l’asse della
pressione (quello verticale), se io proietto questo solido che
rappresenta i passaggi di fase, le regioni che rappresentano
gli stati termodinamici collegati da pressione, volume e
temperatura e vado a proiettare sul piano pressione-
temperatura, mi accorgo che poiché ho il passaggio di fase
esempio da liquido ad aeriforme, una volta che fisso la pressione anche la temperatura è unica, se io vado a
proiettare quella superficie caratteristica vista prima sul piano pressione-temperatura (quindi il piano dietro),
succede che se sono in passaggio di fase ad ogni segmento di tipo B-D corrisponderà qui un solo punto su
questa curva. E questa è la proiezione della superficie caratteristica vista prima sul piano pressione-
temperatura, allora succede che questo punto viene chiamato punto triplo (vuol dire che al di sotto di questo
punto io c’ho il passaggio di fase tra solido e vapore), da questo punto in poi comincio a vedere il passaggio
di fase tra liquido e vapore e di cosa mi accorgo? Che fissata ad esempio una certa pressione, supponiamo
che la pressione sia proprio 1atm, a questa corrisponderà una temperatura di passaggio di fase di 100°C,
quindi questa curva T-C è la curva di saturazione, quella che caratterizza il vapore saturo ossia se la
temperatura è maggiore di 100°C, anche la pressione di saturazione sarà maggiore. Se la temperatura è
minore di 100°C, anche la pressione saturazione sarà minore e così via. Quindi cosa rappresenta questo
piano? Si chiama piano delle fasi e rappresenta, conoscendo pressione e temperatura, mi fa capire se mi
trovo in fase liquida, aeriforme o addirittura vediamo che questa curva si ferma in un punto chiamato C, C
come punto critico, oltre questa temperatura che è la temperatura critica la sostanza si trova sempre in
condizioni di aeriforme, ossia gas. Quindi, come capisco in che fasi si trova una sostanza? Facciamo un
esempio, supponiamo di avere dell’acqua e che la temperatura di quest’acqua sia pari a 120°C e che la
pressione sia pari a 0,70 bar. Domanda: in che fase si trova quest’acqua? (Ricordiamo che l’acqua solida non
la consideriamo), quindi saremo sempre al di sopra del punto triplo, quindi lavoreremo sempre col passaggio
di fase liquido-vapore o addirittura in condizione di gas). Con 120°C e 0,70 bar in che fase ci troviamo? Viene
in nostro soccorso l’appendice, l’ultima tabella dell’appendice A4.5 che presenta le proprietà
termodinamiche dell’acqua in condizioni di liquido saturo e vapore saturo secco, sono i due estremi del
segmento B e D. La prima colonna rappresenta la temperatura in °C, la seconda la pressione in bar e cosa
sono questa coppia di valori temperatura-pressione, rappresentano i valori dei punti p e t dal punto triplo al
punto critico per l’acqua sul piano pressione e temperatura del passaggio di fase, cioè di condizioni di
saturazione. Adesso disegniamo semplicemente questa curva T-C che è quella che ci interessa, punto triplo,
qui abbiamo la temperatura tripla e la pressione tripla, poi abbiamo una curva che è la curva di saturazione
che non cresce all’infinito ma finisce in un punto C che è il punto critico, con temperatura critica e pressione
critica. Al di sopra di questa curva abbiamo la sostanza in fase liquida, al di sotto della curva la sostanza è in
condizioni aeriforme, a destra della temperatura critica abbiamo il gas. Nelle prime due colonne, dal punto
triplo al punto critico sono riportati ogni 5 gradi le coordinate dei punti che stanno su questa curva di
saturazione. Queste due colonne temperatura e pressione non sono altro che i valori di temperatura e il
corrispondente valore di pressione di saturazione, tant’è vero che a 100°C ho 1,0132 bar cioè 1,0132 x 105
pascal, che è proprio 1atm, quindi a 100°C 1atm, a 120°C 1,9 bar e così via. Se vado avanti in questa tabella
pressione e temperatura, raggiungerò un valore che è questo: 374,15 che è la temperatura critica dell’acqua
che corrisponde ad una pressione elevatissima critica 221,29 bar. Torniamo all’esempio, sulla tabella della
saturazione a 120°C la pressione di saturazione è 1,98 bar. Andiamolo a riportare nel diagramma di prima
120°C 1,98 bar, sulle ascisse la temperatura e sulle ordinate la pressione. La pressione che ci è stata assegnata
era 0,70 bar ed è minore di 1,98 bar, quindi il valore assegnato è al di sotto della curva di saturazione quindi
significa che la sostanza è in fase aeriforme e quindi in condizioni di vapore surriscaldato. Se invece avessimo
avuto temperatura sempre 120°C ma pressione 3 bar, la sostanza quando è in fase liquida. Quindi quando
lavoreremo con l’acqua e ci viene assegnata pressione e temperatura, dobbiamo utilizzare la tabella per
definire la fase. Se ci troviamo in condizione di liquido, lavoreremo in un certo modo, se ci troviamo in
condizioni aeriforme lavoreremo diversamente. Tornando alla tabella di saturazione, vediamo le altre
colonne cosa rappresentano: è riportato anche il volume specifico che viene, è riportato nelle condizioni di
saturazione il volume specifico in condizioni di liquido saturo (ovvero il punto B) e il volume specifico in
condizioni di valore saturo secco (punto D), vediamo che il volume specifico di liquido saturo è indicato v con
il pedice l e vvs. C’è scritto vl x 103, esempio 1,0002 cosa sono questi? Sono m3/kg ma devono essere
moltiplicato per 10-3, quindi 1,0002 x 10-3 m3/kg, questo è il valore del volume specifico di liquido saturo alle
diverse temperature, quindi quanto vale? Osserviamo una cosa vl=1,0 x 10-3m3/kg e vado di nuovo a
riguardare la tabella, vediamo che per molte temperature, se rimango con due cifre significative rimane
1,0x10-3 qualunque sia la temperatura, 50°C 55°C ecc.. quando supero i 100°C mi avvicino a 1,1 x10-3 che
significa? Che quando mi trovo in condizioni di liquido fino a liquido saturo, quando è tutto liquido posso
assumere per il liquido il valore di volume specifico senza grossi errori pari a 1,0 x 10-3 m3/kg e assumere che
quando mi trovo in fase liquida posso dire che il volume specifico si mantiene costante al variare anche della
temperatura, a meno che non ho temperature enormi, quindi vedremo che nelle applicazioni se abbiamo
dell’acqua in fase liquida per esempio a 20°C, direttamente il volume è uguale a 1,0 x 10-3 m3/kg e questo
corrisponde a una densità pari a 103 kg/m3, quindi significa che quando siamo in condizioni di liquido fino a
liquido saturo, possiamo assumere quello che si chiama comportamento incomprimibile cioè che il volume
non cambia perché si assume costante, le variazioni ci sono ma sono trascurabili ai fini delle nostre
applicazioni. Mentre invece nelle altre proprietà cambiano notevolmente. Vediamo la colonna vvs del volume
specifico del vapore saturo secco, quindi mi trovo in corrispondenza del punto D. Quanto vale questo volume
specifico? 206,3 m3/kg, non devo più moltiplicare x 10-3 , vediamo la differenza abissale perché nel primo
abbiamo un millesimo di metro cubo su kilogrammo in condizione di liquido, quando questo liquido è
diventato tutto vapore, il volume specifico diventa 206,3 m3/kg. Vediamo quindi come il vapore occupa molto
di più del liquido e quindi quanta energia si ritrova in più. Osserviamo i due valori vl e vvs e man mano che
scendiamo in tabella e andiamo verso temperature più elevate, ci accorgiamo che da un lato vl aumenta
anche se poco, e invece il valore vvs va diminuendo sempre più man mano che scendo. Arriviamo all’ultimo
dato che è in corrispondenza del punto critico cioè 374,15°C, leggo per vl 3,18 x 10-3 quindi 0,00318 e qui
abbiamo che in corrispondenza del punto critico il volume specifico di liquido saturo e di vapore saturo secco,
vanno a coincidere e da quel punto in poi non si osservano più passaggi di fase, quindi ci troveremo sempre
in condizioni aeriforme.

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