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Estimo ed esercizio professionale – Lezione 3 01/03/2021

Dopo aver esaminato i principi dell’estimo, quindi le questioni


fondanti, e abbiamo anche visto i valori, c’è questa parte dello
sviluppo sostenibile. È una parte discorsiva però, come vedremo, è
una parte che ci apre a nuovi valori. Potremmo dire che ci sono tutta
una serie di altri beni che entrano in campo, per esempio i beni
senza mercato e una serie di relativi valori che derivano proprio
dalla nozione di sviluppo sostenibile. World ecological footprint
(fig.1), ci fa vedere come l’impronta ecologica mondiale è
aumentata dagli anni ’60 alla fine del ‘900, sempre di più, e vediamo
come pesa tantissimo il consumo di energia, per esempio, più che i
pascoli, le foreste, la pesca o la stessa terra costruita. Questo trend
ovviamente continua se non ci mettiamo un rimedio nei nostri stili
di produzione, consumo, uso degli scarti, stili di vita in genere.
Questi sono altri indici correlati (fig.2), è lo stesso di prima però
messo sottoforma di curva, quindi la crescita della impronta
ecologica mondiale. Quello a sinistra è l’indice di vita del pianeta,
della biodiversità, e ovviamente, diminuisce significa che l’uomo
pesa sempre di più. Qui abbiamo chi pesa di più sul pianeta (fig.3),
chi pesa di più lo troviamo nel Nord-America, lo troviamo in
Australia, parte del centro Nord-Europa e poi, ci sono una serie di
rossi un po’ meno scuri come noi, ma si affacciano nuovi paesi,
quindi dobbiamo fare fronte a questo. È stato fatto un calcolo che se
considerassimo l’Italia, pesiamo sul pianeta ma non pesiamo solo
sull’Italia, abbiamo un rapporto di 1/3 (fig.4). Il resto lo andiamo a
prendere fuori dalla nostra stessa nazione. Pesiamo molto di più rispetto
a quanto abbiamo disponibile per soddisfare i nostri stili di vita. Questo ci
dice che ci sta una terra non produttiva (fig.5), c’è il mare, le foreste, i
pascoli, la terra arabile che invece va a diminuire, cosa che non dovrebbe
accadere. L’area ecologicamente produttiva, non solo la terra arabile ma
anche foreste, pascoli o mare produttivo, cioè l’aria che può essere utile
per far vivere l’umanità, negli anni 2000 era pari a 2,1 ettaro (ha) per
persona, ciascuno di noi aveva un’area disponibile di 2,1 ettari. Nell’anno
2050 avremo 1,4 ha, non solo perchè la popolazione aumenta ma anche
perché l’area di sostegno alla vita diminuisce. Quindi, bisogna cambiare
prospettiva, perseguire uno sviluppo sostenibile. Un’idea di sviluppo nata
nell’era moderna con le prime invenzioni, la nascita della scienza moderna
e poi, quello che ne è conseguito in termini tecnica, tecnologia, la
rivoluzione industriale dell’America dell’800, tutti i pregressi tecnologici a
partire dal secondo dopoguerra ad oggi. Però questo modello di sviluppo
entra in crisi per le mutate condizioni di vita sul pianeta. Bisogna decidere
(fig.6) se vogliamo un ambiente degradato in cui la natura e l’uomo sono
entrambi infelici, se pensiamo di illuderci di distruggere la natura ed essere
noi felici (ma questa è un’illusione), se proteggere la natura ed essere noi
infelici nel senso di non soddisfare i nostri bisogni, oppure perseguire una
soluzione D, cioè uno sviluppo che da un lato riesca a soddisfare i bisogni
umani e dall’altro a proteggere l’ambiente.
Che cos’è uno sviluppo sostenibile? La nozione di sviluppo sostenibile è stata scritta in maniera canonica nel
1887, in questo documento our common future, cioè il nostro futuro comune, noto anche come Rapporto
Bruntland (dal nome della presidente della commissione delle nazioni unite, la signora Bruntland il primo
ministro norvegese che ha presediuto la commissione, che appunto ha elaborato il rapporto) e definisce nel
1987 lo sviluppo sostenibile come: quello sviluppo capace di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione
senza compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle future generazioni. Possiamo leggerci una
dimenisone economica, ecco, l’uomo felice di cui prima perchè soddisfa i suoi bisogni, una dimensioni sociale,
ovvero tutti gli uomini felici e una dimensione ambientale, la natura rigogliosa. Perchè ci sono nascoste
queste 3 dimensioni? Perché ci sono tutte e 3 le dimensioni? Inanzitutto, è uno sviluppo capace di soddisfare
i bisogni e di questo ne abbiamo parlato già, l’uomo soddisfa bisogni perchè si accorge di una mancanza,
ebbene, la dimensione econmica sta nel soddisfare i bisogni, perché in genere i bisogni vengono soddisfatti
perchè si producono beni o servizi, in genere nel mercato, in un’economia di mercato talvolta è anche la
mano pubblica che deve intervenire perchè il privato non troverebbe la convenieza a offrire certi beni e
servizi a prezzi che non siano soddisfacenti, ed ecco perchè talvolta il pubblico fissa tariffe, quindi sono prezzi
amministrati dal pubblico ed evidentemente i costi maggiori per offrire quel bene o quel servizio vengono
sostenuti dal pubblico o si trova un modo per esempio per far soddisfare a persone meno ambienti certi
bisogni. Come il bisogno primario della casa, l’istruzione, piuttosto che altro, in maniera agevolata. Quindi il
mercato, almeno per quanto riguarda tutti quei settori in cui c’è una libera contrattazione, oppure in ogni
caso l’intervento del pubblico, stato, regioni, comuni per andare a soddisfare bisogni e quindi stiamo in una
dimensione economica. Ma stiamo anche in una diemnsione sociale perchè si parla dell’attuale generazione,
non si parla degli uomini che vivono nel mondo occidentale, piuttosto che in altri luoghi, non si parla di ricchi
contro povere così via, ma di tutta l’attuale generazione, quindi c’è una dimensione di equità. Se la prima è
una dimensione di efficienza economica, la seconda è una dimensione di equità sociale, all’interno della
stessa generazione ma anche nel rispetto delle generazioni future. Cioè si dice che dobbiamo perseguire
un’equità infragenerazionale e un’equità intergenerazionale. Poi c’è una dimensione ambientale naturale,
nel rispetto della natura, del pianeta, perché senza compromettere la possibiltà da parte delle future
generazioni di soddisfare i loro bisogni, significa che nel momento in cui io ho tagliato l’albero, ho distrutto
le risorse naturali, è ovvio che dopo di me nessuno riuscirà a soddisfare i propri bisogni. Quindi, assicurare la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni significa proteggere la natura, proteggere il
pianeta , non consumare le risorse naturali se non in un certo modo. E qui entrano in gioco i due principi di
Erman Deli sulle risorse rinnovabili e non rinnovabili. I due principi di questo studioso americano, ci guidano
su come operare. Diceva Erman Deli, 8siamo negli anni 80/90), diceva: allora com’è possibile raggiungere lo
sviluppo sostenibile? Innanzitutto dobbiamo operare sulle risorse rinnovabili, risorse rinnovabili sono anche
la pesca in un certo senso, tutto ciò che è vita e puoi utilizzarle per il soddisfacimento dei bisogni umani,
perchè noi ci nutriamo di vita, anche se qualcuno fosse vegetariano, comunque mangia vita, non animale ma
vegetale. Non è che riusciamo a vivere traendo quello di cui abbiamo necessità da un altro pianeta. Lui quindi
dice: dobbiamo agire sulle risorse rinnovabili, cioè, basta utilizzare la risorsa rinnovabile, rispettando il tasso
di rinnovo: quindi io non posso pescare più della capacità che ha il pesce di riprodursi, non posso utilizzare
la biodiversità (animale o vegetale che sia) se non nei limiti del tasso di rinnovo, talvolta noi usiamo questo
per mangiare ma anche per produrre beni e servizi. Posso ad esempio trarre dalla natura il legno, però devo
rispettarne il rinnovo, al fronte dell’abbattimento di alberi, non solo devo pensare ad una ripiantumazione,
ma anche al fatto che impiegano anni nuovi alberi a crescere e a ridarmi la massa che ho sottratto. Quindi un
uso molto oculato delle risorse rinnovabili. Il vero problema sono le risorse non rinnovabili, esempio: sono
qui seduto per fare questa lezione, la mia scrivania è di lengo, però vedo che davanti a me ho il monitor del
computer che è fatto in parte di materiale metallico, in parte di materiali plastici, e anche all’interno ci
saranno circuiti metallici, questioni in plastica, così come il computer che ho, vedo un case di metallo però
anche delle cose in plastica, la tastiera in plastica ecc… Per le risorse non rinnovabili che si fa? Visto che la
plastica, il ferro, materiali metallici non sono rinnovabili? E non parliamo dell’energia che stiamo usando,
perché se ognuno di noi è davanti al computer come sta, questo computer funziona perché sta consumando
energia elettrica, quindi se prima per venire a lezione comunque pesavamo sul pianeta perché prendevamo
un mezzo di trasporto, arrivavamo all’università, avevamo le luci accese in aula, il riscaldamento e il
raffreddamento e così via. Erman diceva: possiamo utilizzare le risorse non rinnovabili pernsando ad un tasso
di sostituzione con nuove tecnologie ovvero, le risorse non rinnovabili da un lato nell’ottica dell’economia
circolare, da un lato devono diventare semplicemente scarti per nuovi processi produttivi (nuovi processi
produttivi che richiedono un investimento di nuove tecnologie), e per quanto riguarda l’energia la capacità
di sostituire l’attuale approvvigionamento energetico con tutta un’altra serie di fonti possibili e che al
momento non è proprio così anno 2021. Nel senso che le fonti che noi diciamo rinnovabili non riescono a
coprire in realtà tutta l’energia di cui abbiamo bisgonom ma tuttavia si stanno facendo grossi progressi su
nuove forme e fonti di energia. Per cui è possibile perseguire lo sviluppo sostenibile se si fanno opportune
decisioni e poi ricerche e produzioni di nuove tecnologie che ci consente di fare questo. Altrimenti non è
possibile, nel senso che se andiamo a consumare le risorse rinnovabili oltre i tassi di rinnovo, distruggiamo il
pianeta, e se andiamo a consumare tutte le risorse non rinnovabili senza pensare al loro riutilizzo o nuove
forme soprattutto in campo energetico, non è possibile. Se invece questa cosa la facciamo con opportune
decisioni prima, investimenti, ricerca e produzione dopo, la cosa è possibile. Quindi direi che la risposta è
possibile, ma è possibile se facciamo delle cose, se rispettimao i principi di Erman Deli, non è possibile se
continuiamo come stiamo andando.

Lo sviluppo sostenibile non è uno sviluppo che cerca da 0 a 100% di soddisfare solo l’efficienza economica e
poi semmai, a discapito dell’equità sociale e della tutala ambientale. Ma è neppure uno sviluppo che da 0 a
100% miri solo alla tutela dell’ambiente senza mirare all’equià sociale e all’efficienza economica, oppure
soltanto all’equità sociale. È uno sviluppo che si colloca
all’interno di questo triangolo, che probabilmente deve
trovare un giusto punto di equilibrio tra tutte le
dimenisoni. 1992 Summit della Terra a Rio de Janeiro,
si è tenuta la conferenza di Rio de Janeiro. La conferenza
di Rio stabilisce una dichiarazione sull’ambiente e lo
sviluppo, e quindi la necessità di attuare lo sviluppo
sostenibile che era stato definito 5 anni prima, e
soprattutto oltre la dichiarazione sulle foreste, la
convenzione dei cambiamenti climatici, convenzione
sulla desertificazione, la convenzione sulla biodiversità, ma importante è l’agenda 21. È un programma di
obbiettivi che devono essere perseguiti e accanto agli obbiettivi una serie di azioni che devono essere
perseguiti per il 21 esimo secolo. Un’agenda per il 21 esimo secolo. L’agenda 21 richiede un piano di azioni
ambientali, chiede, una volta che si è trovato questo accordo dall’alto, perché questa è una conferenza delle
nazioni unite, e quindi è stata approvata dal consenso delle nazioni, però per attuarle il capitolo 28
dell’agenda 21 dice: dovete attuarla dal basso. Non potete pensare che tutto si faccia dall’alto. Chiedeva ai
comuni, alle autorità locali di intraprendere, definire e attuare un Piano di Azione Ambientale. Perché se
certe cose, non si fanno a livello locale, non si attuano evidentemente. Ecco perchè viene denominato questo
progesso l’agenda 21 locale e nel 1994, si riuniscono da Aalborg in Danimarca una serie di autorità locali,
comuni per l’Italia, che aderiscono a fare ciò e iniziano a fare una serie di azioni a livello locale. Questa cosa
in Italia viene sopratutto attuata, iniziata da quali comuni? Bologna. È diventata famosa per essere la prima
ad applicare l’agenda 21 locale, istituì dei forum di partecipazione dove i cittadini individuavano i problemi
ambientali della città, dove insieme andavano a stabilire questo piano di azione locale e che si cercava di
attuare, perché l’agenda 21 locale, di fatto, consiste in 3 step. 1) uno studio sullo stato dell’ambiente, se io
non conosco lo stato ambientale della mia città, non posso neppure sapere cosa fare; 2) azioni di foum di
partecipazione, per insieme comprendere cosa fare; 3) la stesura di un piano di azione locale ambientale, in
senso generale, se poi è l’agenda 21 un piano di azione locale. Bologna lo ha fatto alla fine degli anni ‘90,
subito dopo il ‘94. L’agenda 21 da Conferenza di Rio ci dà una serie di obbiettivi e possibili azioni di scala
globale, dove devono essere gli stati evidentemente in alcuni casi a prendere delle misure, ma il grosso
dell’attuazioe di un’Agenda 21 la si fa a livello locale. E quindi devono essere i livelli di governo locale che la
devono attuare. Inoltre, cosa è successo prima ma anche dopo? Per quanto riguarda le città in generale, ci
furono altre 2 conferenze a Vacouver nel 1976 in cui fu stilata un’agenda, la conferenza si chiama habitat I e
fu definita un’agenda che viene detta un’agenda habitat. L’agenda 21 è più generale su tutte le questioni
ambientali, l’agenda habitat è un’agenda soprattutto per le città, spesso la chiamano la green agenda,
l’agenda 21 è la brown come i mattoni. Quindi sono due grossi documenti per la sostenibilità. Così come 20
anni dopo Rio nel 2002 è stata fatta anche la conferenza Johannesburg, così 20 anni dopo la conferenza di
Vancouver c’è stata la conferenza di Istanbul (1996) in cui è stata redatta un’agenda molto sostanziosa per
la sostenibilità delle città, è stata definita habitat II. Nel 2016 altri 20 anni dopo, c’è stata la conferenza a
Quito definta habitat III. Nel frattempo, nel 2015 le nazioni unite hanno stabilito degli obbiettivi cosiddetti
di sviluppo sostenibile, questa agenda si chiama agenda 20 30, una serie di obbiettivi di obbiettivi sostenibili
da perseguire dal 2015 al 2030 e monitorarli concretamente, completamente. Quindi: conferenza a Rio de
Janeiro per l’ambiente e lo sviluppo in genere, le agende habitat per quanto riguarda le città e l’agenda
generale su ambiente e sviluppo l’agenda 2030.

Entriamo negli obbiettivi di sviluppo sostenibile, cioè come si concretizza questo sviluppo sostenibile? Si
concretizza se si perseguono una serie di obbiettivi precisi. Poichè lo sviluppo sostenibile è sempre quella
definizione, lo possiamo declinare: l’abbiamo declinato con l’agenda 21 e l’agenda 21 locale negli anni ‘90.
Ma vediamo in un linguaggio più moderno nel 2015, la cosiddetta agenda 2030. L’agenda 2030: doucmento
delle nazioni unite del 2015, stabilisce quelli che sono gli obbiettivi di sviluppo sostenibile. Stabilisce 17 goals,
il goal è l’obbiettivo principale, ma all’interno dei goals vengono stabiliti dei targets, ovvero degli obbiettivi
dei bersagli da raggiungere entro il 2030 e ne sono 169. Accanto ai targets la commissione statistica delle
nazioni unite ha, seppur in maniera non completa, definito degli indicatori e i vari servizi nazionali stanno
monitorando, per esempio nel nostro caso l’ISTAT.

17 OBBIETTIVI

1) lotta alla povertà, questo può sembrare che non ci riguardi, ma non è così. Perchè se è vero che in alcuni
paesi ci sono persone che vivono in estrema povertà, tornando al caso di Bombey gli slam ci sono, non è che
la questione non è stata risolta, in India per esempio a Calcutta alcune persone vivono sotto i ponti
autostradali, con le loro baracche, dove c’è assenza di servizi igienici, e l’acqua piovana ti allaga senza pietà;
2) fame o malnutrizione, molta parte della popolazione mondiale soffre la fame, altra è malnutrita, un
bambino su 4 ha problemi di crescita nel mondo. Anche qui forse non riguarda noi? Però riguarda anche noi;
3) la salute e il benessere, ridurre la mortalità, combattere le malattie. Nel 2015 hanno messo come esempio
la malaria che colpisce la maggior parte dell’Africa. Oggi con il Coronavirus la questione è ancora più delicata
e non riguarda solamente l’Africa; 4) La qualità della formazione, in quanti paesi non si ha l’accesso alla
scuola primaria. Anche qui in Italia e nel sud italia si abbandona la scuola, sopratutto nelle periferie urbane,
soprattutto anche nell’area metropolitana di napoli. Non è che il problema non esiste; 5) equità di genere,
spesso le donne hanno minore opportunità degli uomini, qui fa un esempio che a parità di ore spese, hai
lavoro non pagato molto di più alle donne che agli uomini, per non parlare dell’accesso ai posti di
responsabilità. Non so se avete letto che il covid ha prodotto molta disoccupazione di cui oltre il 90% sono
donne. 6) accesso all’acqua potabile e ai servizi sanitari, l’India di cui parlavamo prima, per non parlare
dell’Africa, anche da noi non è che tutto funziona alla perfezione, a parte che da noi abbiao due grossi
problemi: le reti acquedottistiche che sono colabrodi, e quindi spesso sprechiamo risorsa acqua in maniera
veramente illogica e poi non è pensabile che usiamo l’acqua potabiile anche per lavare le strade, per le
automobili, per gli scarichi fognari. Nei paesi civili si fanno delle separazioni tra acqua potabile e acqua per
altri scopi, e poi siamo costretti a usare l’acqua in bottiglia invece di quella degli acquedotti. L’uso razionale
della risorsa idrica è fondamentale. 7) energia pulita e disponibile. Su questo poi ci torniamo, quindi la
produzione con nuove fonti energetiche che è in crescita, però non basta a sopperire tutta l’energia di cui
abbiamo bisogno e che stiamo continuando a produrre dai combustibili fossili. Per non parlare delle persone
che energia elettrica non ne hanno proprio. 8) lavori decenti e crescita economica, adesso il coronavirus ci
ha messo molto in crisi, speriamo di uscirne e speriamo di ricominciare una crescita economica sopratutto
sui nuovi settori di cui stiamo parlando: dell’ambiente, perché poi, produrre nuovi beni e nuovi servizi nel
rispetto dell’ambiente, significa crescita dell’economia. Non è che l’economia si regge solamente su un certo
modo di fare economia, ma proprio l’economia circolare prevede nuovi investimenti e nuovi profitti. 9)
industria, innovazione ed infrastrutture, infrastrutture ovviamente di collegamento, non parliamo di come
sono ridotte in alcune aree interne del nostro paese e della nostra regione le strade e le ferrovie, poi però
abbiamo l’alta velocità. Nulla da dire contro l’alta velocità, però non è possibile pensare di avere l’alta velocità
e poi tutto il resto non è efficiente. Quindi, collegamenti, infrastrutture di trasporto ma anche infrastrutture
dell’informazione in genere, nonché innovazione tecnologica e produzione industriale. 10) ridurre le
ineguaglianze in genere, tra le nazioni e nella stessa nazione. 11) realizzare città e insediamenti umani
inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. Questo ci interessa tantissimo in quanto persone che lavorano
nell’architettura e quindi nelle città. Questo goal 11, fa riferimento proprio alle città, è il nostro campo di
azione. L’inquinamento dell’aria, ma anche dell’acqua e poi vediamo, la riduzione degli insediamenti non
soddisfacenti. La proporzione delle popolazione che vive negli slam sta diminuendo e se pensiamo che la
popolazione aumenta e la proporzione diminuisce, non stiamo messi malissimo. In ogni caso non è azzerata,
e anche nei nostri casi non è che non ci sono persone che non vivano in abitazioni non soddisfacenti. Quindi
è tutto un lavoro da fare proprio nelle città. 12) modelli di produzione e consumo responsabili, non è
possibile produrre rifiuti. Le regioni più sviluppate pesano di più delle regioni in via di sviluppo. 13) le azioni
sul clima, protocollo di Kyoto, gli accordi di Parigi, l’amministrazione Trump era uscita da questi accordi del
2015, mentre l’amministrazione Biden è ritornata a far parte di questi accordi. 14) la biodiversità marina,
bisogna proteggerla e usarla nei ritmi di rinnovo di quelle che sono le risorse rinnovabili. Tuttavia sta
crescendo il numero di aree protette marine nel mondo. 15) la biodiversità sulla terra, che anche va potretta
altrimenti ci sono specie in via d’estinzione ed è il discorso che facevamo sull’utilizzo delle risorse ancora una
volta rinnovabili. 16) l’obbiettivo molto più politico, della pace, giustizia, istituzioni forti, lotta al traffico
umano ecc.. 17) obbiettivo trasversale di partenariato per il giungimento di questi goals.

Approfondimento GOAL 11: è quello che riguarda il nostro settore, per le città sostenibili. Ogni goals ha i
suoi target. Goal 11, realizzare città ed insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili, e poi sotto
una serie di target come: l’accesso ai servizi di base, ai trasporti e ai sistemi di trasporto, all’urbanizzazione
sostenibile e alla partecipazione. Qualità dell’aria e rifiuti, gli spazi verdi. Quindi per esempio ne abbiamo 10,
per ciascun target l’ufficio statistico delle nazioni unite ha individuato degli indicatori. Quindi, per ogni target
ha individuato almeno un indicatore. Questo è un esempio sul target 11.4, il target 11.4 è rafforzare,
aumentare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del mondo. Quindi, su
questo target è stato stabilito un indicatore. L’unesco sta lavorando anche ad indicatori aggiuntivi. Questo
target 11.4 riguarda le città e quindi è strettamente legata all’HABITAT III del 2016 delle nazioni unite che si
chiama la nuova agenda urbana. Cosa fa l’istat? Monitora. Ha cominciato un monitoraggio per lo sviluppo
sostenibile dell’Italia nel 2013: l’hanno chiamato benessere equo e sostetnibile. Poi uno nel 2015. Questi
documenti li troviamo in internet. Molte città non italiane stanno cercando di attuare gli indicatori a livello
locale. Ad esempio Baltimora. Dopo il 2015 in Italia L’istat ha continuato a monitorare, non l’ha chiamato più
BES, visto che ormai erano stati definiti gli SDGs (sustainable developement goals). Hanno cominciato a fare
prime analisi già nel 2018. Se andiamo sul sito dell’istat possiamo selezionare un obbiettivo e possiamo
vedere la situazione italiana, e capire sopratutto il trend, per capire se negli ultimi anni, quell’obbiettico e
quegli indicatori stanno in un lieve peggioramento, in miglioramento, in netto miglioramento o un completo
miglioramento, più o meno stabili. Si riferisce all’intera italia. A Baltimora hanno attivato una serie di forum
di partecipazione tra la gente, per migliorare lo status quo. A Bologna ha iniziato a fare queste cose. E hanno
cominciato a fare una ricognizione dello stato attuale relativamente alla città metropolitana di bologna e poi
hanno cominciato a fare dei forum di partecipazione.

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