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La struttura dell’opera:

Meditazioni* metafisiche†
Meditationes de prima philosophia (1641)

Sottotitolo: In cui si dimostrano‡ l’esistenza di Dio e la distinzione dell’anima dal


corpo.

I Delle cose che si possono revocare in dubbio (il dubbio come strategia di
indagine)

II Della natura dell’anima umana: come essa sia più facile a conoscersi che il
corpo (esistenza e natura dell’Io)

III Di Dio e della sua esistenza (le idee e l’esistenza di Dio: le prove a
posteriori)

IV Del vero e del falso (l’origine dell’errore nei giudizi)

V Dell’essenza delle cose materiali e di nuovo su Dio e sulla sua esistenza


(l’innatismo: la prova ontologica)

VI Sull’esistenza delle cose materiali e sulla distinzione reale dell’anima dal


corpo (la mente e il corpo)

(Si veda anche la Sinossicontenuta nella dispensa a pp. 35-7)

*
MEDITAZIONE: ‘Esercizio della mente (soprattutto in atti di devozione) nel pensiero
o nella contemplazione’

METAFISICA: Originariamente, il titolo dei libri di Aristotele che trattano delle cose
che vanno studiate dopo la fisica; Aristotele chiama questa scienza ‘prima filosofia’ e ne
offre diverse caratterizzazioni: ‘la scienza che indaga i primi princìpi e cause’; ‘la
scienza dell’essere in quanto essere’; la scienza delle sostanze immobili (e divine)’ e ‘la
scienza della sostanza’. Per Cartesio, è la scienza che tratta di Dio e dell’anima e, in
generale, di tutte le prime cose che si possono conoscere filosofando con ordine.

DIMOSTRAZIONE: Non necessariamente una prova di tipo matematico; Cartesio usa
la parola nel senso di ‘indicazione’: una volta viste queste (presunte) verità, ognuno può
esserne certo per se stesso.
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Definizione dei termini

SOSTANZA:

1. Ciò che è necessariamente quello che è.


Ciò che esiste necessariamente.
Ciò che si afferma essere di per sé.
(Aristotele, Metafisica)

2. Ciò che non ha bisogno di altro per esistere.


(Cartesio, Principi, I, 51)

3. Per sostanza intendo ciò che è in sé ed è concepito per sé: ossia ciò il cui
concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa dal quale debba essere
formato.
Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica l’esistenza.
(Spinoza, Ethica)

La causa di sé è ciò che è proprietà esclusiva della sostanza, ed è definita prima


della sostanza perché è una prova della sua esistenza e perché si sottolinea
l’importanza della causa.

ATTRIBUTO: quello che ha bisogno del concorso di qualcos’altro per esistere. “ma
quando si tratta di sapere se qualcuna di queste sostanze esiste veramente, cioè
se essa è attualmente nel mondo, bisogna che essa abbia alcuni attributi che
possiamo osservare; e non ve n’è nessuno che basti per questo scopo, poiché una
delle nostre nozioni comuni è che il nulla non può avere né attributi, né proprietà
o qualità: ecco perché, quando se ne trova qualcuno, si ha ragione di concludere
che esso è l’attributo di qualche sostanza, e che questa esiste”. (Cartesio,
Principi, I, 52).
• Per attributo intendo ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come
costituente la sua stessa essenza. (Spinoza, Ethica).

ATTRIBUTO PRINCIPALE: “Ma benché ogni attributo sia sufficiente per far
conoscere la sostanza, ve n’è tuttavia uno in ognuna, che costituisce la sua natura
e la sua essenza, e dal quale tutti gli altri dipendono. Cioè l’estensione in
lunghezza, larghezza e profondità costituisce la natura della sostanza corporea;
ed il pensiero costituisce la natura della sostanza pensante. Poiché tutto ciò che
del resto si può attribuire al corpo presuppone estensione; egualmente, tutte le
proprietà che troviamo nella cosa che pensa, non sono che modi differenti del
pensare. Così non sapremmo concepire, per esempio, nessuna figura se non in
una cosa estesa, né movimento in uno spazio che non sia esteso; così
l’immaginazione, il sentimento, la volontà dipendono in tal modo da una cosa
che pensa, che non possiamo concepirli senza di essa. Ma, al contrario, noi
possiamo concepire l’estensione senza figura senza movimento, e la cosa che
pensa senza immaginazione e sentimento, e così via.” (Cartesio, Principi, I, 53).

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Punti trattati nel commento alla seconda Meditazione

• Prima parte : esistenza dell’Io


• Seconda parte: natura dell’Io
• Terza parte: si conosce più facilmente la mente dei corpi

1. Il cogito scopre una sostanza e il pensiero il suo attributo principale (prima


parte)

2. Concepisco che l’Io può sussistere senza il corpo, è completo, quindi è una
sostanza (prima parte)

3. Novità: non è il pensiero che ci dà la certezza di esistere, ma è nel pensiero


che risiede la peculiarità della natura umana ed è il fondamento di ogni tipo
di conoscenza (seconda parte)

4. La conoscenza dell’Io avviene indipendentemente dai corpi (seconda parte)

5. Non esiste una conoscenza chiara e distinta della mente e una conoscenza
oscura dei sensi, ma una conoscenza della mente che può essere chiara o
oscura. Ogni conoscenza è conoscenza della mente (terza parte)

6. La mente è conosciuta, quindi, prima dei corpi e consente l’esperienza dei


corpi (terza parte)

7. Si esclude la corporeità nella natura dell’Io, quindi anche il corpo è


indipendente dalla mente, è una sostanza (res extensa) (terza parte)

Conclusione: mente e corpo sono due sostanze (res cogitans e res extensa) distinte e
separate, esistono indipendentemente l’una dall’altra ma ogni tipo di conoscenza ha il
suo fondamento nell’Io.

3
Idee innate

Col nome idea intendo quella forma di ognuno dei nostri pensieri, per la percezione
immediata della quale abbiamo conoscenza di questi stessi pensieri.
Cartesio, Risposte alle seconde obiezioni
(determinato modo di apprendere)

Prendo il nome di idea per tutto ciò che è concepito dallo spirito
Cartesio, Risposte alle terze obiezioni

Le idee sono le immagini delle cose


Cartesio, Meditazioni III

(quello che la mente apprende- Medit. VI)

Orbene, per quanto riguarda le idee, se vengono considerate da sole in sé, e non le
riferisco a qualcos’altro, propriamente esse non possono essere false, poiché sia che
immagini una capra o una chimera, immagino l’una non meno che l’altra. […] invero
l’errore principale e più frequente consiste nel giudicare che le idee, che si trovano in
me, siano simili o conformi a certe cose che si trovano fuori da me.

[…] Di queste idee alcune mi sembrano innate, altre avventizie, altre fatte da me.

[…] tra queste mie idee, oltre a quella che mi rappresenta me stesso, su cui non può qui
sorgere nessuna difficoltà, ce n’è un’altra che rappresenta Dio.

[…] Resta dunque soltanto la sola idea di Dio, nella quale bisogna considerare se vi sia
qualcosa che non sia potuta provenire da me. Con il termine Dio intendo una certa
sostanza infinita, indipendente, sommamente intelligente, sommamente potente, e dalla
quale tanto io stesso, tanto tutto il resto che esiste - se dell’altro esiste - è stato creato.
Tutte queste cose sono certamente tali che, quanto più attentamente le osservo, tanto
meno mi sembra che possano essere tratte da me solo. Pertanto, da quanto detto in
precedenza, bisogna concludere che Dio esiste necessariamente.
Cartesio, Meditazioni metafisiche, III

Idee chiare e distinte:

Idea chiara: richiede l’attenzione della mente. E’ evidente.


Idea distinta: precisa e separata dalle altre. Non si confonde con le altre

Un’idea puo’ essere chiara senza essere distinta, ma non puo’ essere il contrario.

4
La scoperta di Dio come garante delle idee chiare e distinte

(Dal cogito si arriva alla regola di idee chiare e distinte, che sono quelle innate; tra
le idee innate, c’è quella di Dio; dall’ispezione della nozione di un Dio che non
potrebbe ingannare, si arriva al criterio e, quindi, alla garanzia che ci sia qualcosa
che corrisponda alle idee non solo dello stesso Dio (prova ontologica) ma anche a
quella della materia)

Res Idee
cogitans innate

DIO

Res
extensa
Prove Prova
a ontolo
posterio gica
ri

5
Prove a posteriori dell’esistenza di Dio nella terza Meditazione

Principi: (l’innatismo e prove a posteriori dell’esistenza di Dio)


1. “capisco chiaramente che c’è più realtà in una sostanza infinita che in una
finita”
2. “poiché l’idea di Dio è un’idea chiara e distinta, e poiché contiene più realtà
che qualsiasi altra idea, non c’è idea più vera”
3. “è chiaro che ci deve essere almeno tanta realtà nella causa efficiente che
nell’effetto di questa causa”
4. “quello che contiene più realtà non può provenire da ciò che è meno
perfetto”
5. “ci deve essere almeno tanta quanta realtà nella causa che nell’effetto”
6. “è abbastanza ovvio che non si può avere un regresso all’infinito, soprattutto
se ho a che fare non solo con la causa che mi ha prodotto, ma anche con la
causa che sta sostenendo la mia esistenza nel tempo presente”

Infatti sebbene l’idea di sostanza sia in me per il fatto stesso che sono una sostanza, non
per questo tuttavia sarebbe in me l’idea di sostanza infinita, essendo io finito, se non
procedesse da qualche sostanza che fosse effettivamente infinita. […] Capisco
chiaramente che c’è molta più realtà in una sostanza infinita che in una finita e che […]
la percezione di Dio è in me

[…] Ma forse sono qualcosa di più di quanto io stesso intenda, e tutte quelle perfezioni
che attribuisco a Dio, si trovano in me in qualche modo in potenza, anche se ancora non
compaiono e neppure sono tradotte in atto. […] e infine percepisco che l’essere
oggettivo di un’idea non può provenire da un essere che esista solo in potenza, e che
parlando propriamente non è il nulla, ma solamente da un essere attuale e formale.

[…] da chi allora trarrei il mio essere? Da me, certamente no, né dai miei genitori, né da
un altro qualunque meno perfetto di Dio. Se però io fossi da me solo, non dubiterei, non
desidererei, non mi mancherebbe assolutamente niente; infatti mi sarei dato tutte le
perfezioni delle quali è presente in me una qualche idea, e così sarei Dio stesso.

Resta soltanto da esaminare in quale modo io abbia ricevuto questa idea da Dio; non
l’ho infatti attinta dai sensi, né mai mi è sopravvenuta senza che me lo aspettassi; e
neppure è stata formata da me, poiché non posso togliere da essa nulla e nulla
aggiungere; e di conseguenza resta solo che sia innata, nel modo in cui mi è innata
l’idea di me stesso.

E di certo non c’è da meravigliarsi, che Dio, creandomi, abbia infuso in me, quella idea,
che fosse come il marchio che l’artefice imprime nella sua opera.

6
Il ragionamento ontologico o prova a priori dell’esistenza di Dio
nella quinta Meditazione

Ragionamento di S. Anselmo (pubblicato per la prima volta nel Proslogion, 1077-8)

Definizione: Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore.


TESI: Dio esiste nella realtà
Contro tesi: Dio non esiste nella realtà (dimostrazione per assurdo)
Conseguenza della contro tesi: Dio non è perfetto e quindi potrebbe esserci
un’altra entità che oltre agli attributi di Dio ha anche l’esistenza.
Violazione del principio di non contraddizione
Quindi la contro testi è falsa
Conclusione: Dio esiste non solo nell’intelletto ma anche nella realtà.

Schema del ragionamento di Cartesio

Definizione: Dio è l’ente sovranamente perfetto, la cui essenza è di possedere tutte le


perfezioni

Seconda premessa: l’esistenza è una perfezione


Conclusione: Dio esiste

Non è il pensiero che impone leggi alla realtà, ma è l’essenza di Dio che impone di
pensarlo esistente, cioè le cose si impongono con necessità al pensiero (l’esistenza è
attributo di Dio come sostanza).

La sostanza che noi intendiamo essere sovranamente perfetta, e nella quale non
concepiamo nulla che comprenda qualche difetto, o limitazione della perfezione, si
chiama Dio.
Cartesio, Risposte alle seconde obiezioni

7
Dalla quinta Meditazione

Sottotitolo: Dell’essenza delle cose materiali e ancora su Dio e sulla sua esistenza

E, innanzitutto, non saprei concepire altra cosa se non Dio solo, alla cui essenza
l’esistenza appartenga con necessità. Poi, anche, non mi è possibile concepire due o
parecchi dei della stessa maniera. E posto che ve ne sia uno che adesso esiste, io vedo
chiaramente essere necessario che esso sia stato per lo innanzi da tutta l’eternità, e che
sia eternamente nell’avvenire.

È certo che io trovo in me la sua idea (di Dio), cioè l’idea di un essere sovranamente
perfetto.
Infatti, essendomi abituato in tutte le altre cose a fare la distinzione tra l’esistenza e
l’essenza, io mi convinco facilmente che l’esistenza può essere separata dall’essenza di
Dio, così si può concepire Dio come non esistente attualmente.
Ma tuttavia, quando vi penso con maggiore attenzione, trovo manifestamente che
l’esistenza non può essere separata dall’essenza di Dio più che dall’essenza di un
triangolo rettangolo l’equivalenza dei suoi tre angoli a due retti, oppure dall’idea della
montagna all’idea della vallata; di modo che non vi è minor ripugnanza a concepire un
Dio (cioè un essere sovranamente perfetto) al quale manchi l’esistenza (cioè al quale
manche qualche perfezione) che a concepire una montagna alla quale manchi una
vallata.
Ma benché, in effetti, io non possa concepire un Dio senza l’esistenza più che una
montagna senza vallata, tuttavia, come dal solo fatto che concepisco una montagna con
una vallata non segue che esista qualche montagna nel mondo, così anche, sebbene io
concepisca Dio con l’esistenza, sembra che non ne segua, per questo, che Dio esista:
perché il mio pensiero non impone nessuna necessità alle cose; e come non dipende se
non da me l’immaginare un cavallo alato, sebbene non ce ne sia nessuno che abbia le
ali, così potrei attribuire forse l’esistenza a Dio, sebbene non ci sia nessun Dio che
esista. Eppure, viceversa, proprio qui un sofisma è nascosto sotto l’apparenza di questa
obiezione: perché dal fatto che io non posso concepire una montagna senza vallata, non
segue che vi siano al mondo montagne o vallate, ma solamente la montagna e la vallata,
sia che esistono, sia che non esitano, non si possono in nessun modo separare l’una
dall’altra; mentre dal solo fatto che io posso concepire io non posso concepire Dio senza
l’esistenza, segue che l’esistenza è inseparabile da lui e, pertanto, che egli esiste
veramente: e non già perché il mio pensiero possa fare che la cosa vada così, né perché
esso imponga alle cose alcuna necessità, ma, al contrario, perché la necessità della cosa
stessa, cioè dell’esistenza di Dio, determina il mio pensiero a concepirlo in tal maniera.
Poiché non è in mio arbitrio concepire Dio senza l’esistenza, (cioè un essere
sovranamente perfetto senza una sovrana perfezione), come è in mio arbitrio
immaginare un cavallo con le ali o senza ali.
[…] che questo essere primo e sovrano esiste veramente: come non è necessario che io
immagini mai un triangolo; ma tutte le volte che voglio considerare la figure rettilinea
composta solamente di tre angoli, è necessario che le attribuisca tutte le proprietà.

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