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Letteratura Inglese 2019/2020

I cinque paradossi legati alla figura di William Shakespeare

1-Social paradox
Shakespeare nacque a Stratford-upon-Avon, una località di provincia di cui il padre era sindaco. La famiglia
era di ceto medio, Shakespeare frequentò sicuramente il liceo ma non ci sono evidenze del fatto che abbia
frequentato anche l’università. Di base, quindi, non avrebbe dovuto avere competenze particolarmente
elevate in alcun campo, come accadeva invece per chi apparteneva all’alta società inglese. Il suo background
socio-culturale risulta quindi assolutamente inadatto a giustificare il livello di complessità dei suoi testi, che
contengono non solo riferimenti dotti ai classici latini e greci, ma rivelano anche vastissime competenze
giuridiche, oltre a un vocabolario fuori dal comune e a una padronanza del linguaggio impressionante.
Tali erano le conoscenze giuridiche di Shakespeare, che agli inizi del Novecento i giuristi si sono accorti di
poter utilizzare alcune scene delle sue opere per spiegare concetti legati alla giurisprudenza. È nato così un
movimento internazionale chiamato Shakespeare and below/ the law.
I romantici giustificavano questa incongruenza sostenendo che Shakespeare fosse un genio naturale, ma la
spiegazione non risulta valida perché la legge è una convenzione, non si intuisce con l’intelletto, bisogna
necessariamente conoscerla, non ha niente a che fare col genio artistico naif sostenuto dai romantici. Chi
scrive di materie giuridiche come Shakespeare deve aver fatto studi specifici. Nelle sue opere Shakespeare
mostra anche un’ampia conoscenza della politica e dei suoi meccanismi, appannaggio di chi fa parte dell’alta
società.
Appurato che le competenze dei testi shakespeariani sono troppo elevate per il background culturale
dell’autore, comincia la caccia all’autore reale delle opere.
La prima ipotesi è Francis Bacon. Il contesto socio-culturale sarebbe adeguato, il personaggio plausibile. Ma
Bacon stesso ha firmato numerosissime opere e si è occupato di diverse riforme giuridiche, non avrebbe mai
potuto scrivere anche tutto Shakespeare.
La seconda ipotesi è il conte di Oxford, ma anche lui scrive e firma opere, di tutt’altro livello rispetto a
quelle shakespeariane. È anche stato in Italia (la conoscenza del nord Italia, da Venezia a Milano, emerge
nelle opere di Shakespeare), ma muore nel 1604, mentre Shakespeare scrive almeno fino al 1610.
Nella biografia di Shakespeare si parla addirittura di lost years: dieci anni della sua vita, dai 20 ai 30 circa, di
cui non si sa assolutamente nulla. Si ipotizza che li abbia trascorsi in Italia, centro della cultura europea
dell’epoca. Quando ricompare in Inghilterra e comincia a scrivere per il teatro, lo si accusa infatti di essere «
italianated».
Hammer Schmitt, studiosa tedesca, trova persino un documento da cui risulta che un uomo di nome
Gullielmus Clercus Staffordensis si sia registrato presso un collegio anglico di Roma (clercus sta per clark,
l’assistente di un avvocato).
Come farebbe, quindi, un uomo con il background di Shakespeare ad avere tutte le conoscenze che rivelano
le sue opere? In La Tempesta anche le manovre nautiche descritte sono di estrema precisione, sembra che chi
scrive sappia come si manovra una nave. Tra l’altro non c’erano testi di nautica che circolassero, quindi
l’unico modo per venire a contatto con alcune informazioni erano gli studi e le esperienze dirette. Il
personaggio non corrisponde al background.

2-Ambiguity paradox
Con il termine ambiguità si designa tutto ciò che ci risulta ancora incomprensibile dell’opera di Shakespeare.
L’autore a tratti è criptico, a volte addirittura si contraddice. Molte scene non sono minimamente in linea con
il tipo di ricezione che si era abituati a prendere in considerazione. Shakespeare è forse l’unico autore per cui
tale ambiguità sia stata considerata un vanto. Numerose contraddizioni sono state considerate licenze
artistiche.

3-Historical paradox
Il periodo storico in cui si colloca Shakespeare, a cavallo tra il regno di Elisabetta I e quello di James I,
corrisponde al periodo in cui l’Inghilterra cresce e diventa una potenza coloniale.
A partire dagli anni Settanta sono stati condotti degli studi che hanno portato a rivalutare l’intero periodo
storico, che si è rivelato molto più complesso di quanto si pensasse, soprattutto dal punto di vista socio-
politico. Questa battaglia storiografica investì i tre patroni di Shakespeare: il conte di Essex, il conte di
Southampton e la famiglia Pembroke.

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Si scoprì ad esempio quale ruolo fondamentale avesse giocato il conte di Essex nel quadro politico del
tempo, così come l’esistenza dell’Essex Network, di cui sia Shakespeare che l’amico Ben Johnson facevano
parte.
C’è stata dunque una revisione storiografica che ha interpretato questo periodo come tempo di aspre battaglie
politiche che hanno inevitabilmente condizionato l’opera di Shakespeare. Alla luce di tutto ciò, anche le
opere stesse dovrebbero essere reinterpretate, così come l’intera vita dell’autore.
I fondamentali studi sull’epoca storica di Shakespeare sono stati condotti dall’Università di Oxford a partire
dagli anni Settanta e da Gajda, che ha pubblicato il suo libro nel 2012.

4-Dissolution paradox
Le opere di Shakespeare che si rappresentano oggi nei teatri sono molto distanti dall’originale. In primis
perché si tratta di opere molto lunghe, adatte a essere rappresentate nel pomeriggio come si faceva all’epoca
di Elisabetta I, in modo da avere diverse ore a disposizione, mentre adesso gli spettacoli serali non possono
durare più di un paio d’ore. Secondariamente perché i registi manomettono gli originali con tagli,
adattamenti e introduzione di elementi legati alla modernità. I testi ne escono stravolti. A tale proposito,
Harold Bloom parla di reducing Shakespeare.

5- Tre patroni
Ricostruire la vita di Shakespeare è molto difficile perché di lui si sa poco. Certo che ha avuto tre patroni,
che in alcuni casi gli hanno fatto regali molto consistenti. Qual era quindi l’ascendente di Shakespeare su
questi personaggi così eminenti?
Sulla vita del conte di Essex ci sono molte informazioni, ma per quanto riguarda il conte di Southampton
esiste solo una biografia striminzita e censurata (Hackrigg). Anche la biografia dei Pembroke scritta da O’
Farrell è stata tagliata e censurata dagli editori.
Come è possibile quindi studiare Shakespeare ma prescindere dai suoi patroni?

Le ragioni per cui il periodo storico di Shakespeare risulta di difficile lettura sono radicate in un’epoca
precedente e hanno a che fare con le cause della guerra civile inglese, la English Civil War. Gli storici hanno
cominciato a occuparsene concretamente intorno agli anni Settanta.
La guerra civile inglese (1642-1649), prima chiamata Puritan War, è considerata la prima “rivoluzione
francese” della storia. Classificata come una guerra di religione, aveva effettivamente una componente
puritana, ma il risultato fu l’insorgere dell’esercito guidato da Cromwell contro Sua Maestà (Charles I, figlio
di James Stuart), quindi un’opposizione prettamente politica.

Franco Venturi: per la prima volta una forza nazionale riesce ad arruolare un esercito capace di battere
l’esercito del re: si istituisce uno Stato nello Stato, il sovrano viene contrastato e deposto. Si tratta di un
rovesciamento della logica, il parlamento si schiera contro il re.
Ma la domanda fondamentale risulta essere: perché mai in un paese come l’Inghilterra, happy country per
antonomasia, mai toccato dalle rivoluzioni né da Napoleone, non si è mai chiarita la natura di questa guerra?
Dopo aver guidato la rivolta, Oliver Cromwell tenta di far eleggere il figlio come suo successore, ma questi
non viene accolto. Il parlamento inglese decide allora di dare la corona a Charles II. Questo atto rappresenta
un’enorme affermazione di potere da parte del parlamento, che è così influente da scegliere persino il
sovrano.

CHE COSA DETERMINA LA ENGLISH CIVIL WAR?

L’Ottocento è stato definito il secolo della storia e della storiografia. Durante questo periodo diversi storici
hanno tentato di individuare le cause che hanno portato alla English Civil War.

Thomas Macaulay (History of England, 1848) afferma che la rivoluzione si sia resa possibile a causa del
carattere debole di Charles I. È stato quindi un happy destiny che il sovrano non fosse abbastanza forte da
opporsi al parlamento, perché questo ha permesso all’Inghilterra di affermarsi come monarchia parlamentare,
formula tipica dell’Occidente. Nasce così il mito dell’Inghilterra come nazione privilegiata, la più antica
democrazia europea, liberatasi dal giogo dell’assolutismo che era attivo in altri paesi, come la Francia e la
Spagna.

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Lo scontro tra sovrano e parlamento si inserisce senza dubbio anche nel quadro delle complicazioni religiose
tra Scozia, Irlanda ecc., ma considerare questo come unico elemento significa mascherare in parte il vero
significato della rivoluzione.

Gardiner (History of England, 1893) - tesi analoga a quella di Macaulay: la rivoluzione è avvenuta perché
gli inglesi sono stati abbastanza abili da provocarla, il genio inglese ha inoltre il merito di aver elaborato la
English Constitution.
Naturalmente si tratta più di autocompiacimento, che di un’analisi lucida delle circostanze.

Nel Novecento, con l’affermarsi della filosofia marxista, si è fatta strada l’idea la rivoluzione fosse l’esito
necessario e prevedibile dello sviluppo di una classe sociale, che diventando più forte ha finito per imporsi.
Questa interpretazione fa parte della rilettura della storia che si è fatta alla luce delle nuove idee marxiste.

Christopher Hill (Intellectual origins of English Revolution, 1965)


Con la nascita della classe media, che sostituisce l’aristocrazia, la rivoluzione era inevitabile.
Questa teoria non convince gli storici più conservatori, per cui le idee marxiste rappresentavano una
minaccia.

Conrad Russell: (The origins of the English Civil War, 1973)


Nella sua opera Russell teorizza che non ci sia stata nessuna contrapposizione né ideologica né di classe, ma
una serie di incomprensioni e urti personali. Dal punto di vista politico, anzi, erano tutti d’accordo, tanto da
poter parlare di una È.
Tali incomprensioni unite alle complicazioni religiose hanno dato vita a una «accidental war», qualcosa di
scatenato dal caos e da imputare a semplici differenze di carattere, escludendo ogni discorso sociopolitico. Si
tratta del manifesto del negazionismo/revisionismo storico nella storia inglese, l’idea che ci fossero fazioni
diverse risultava infatti fastidiosa.
Russell ignora totalmente il concetto di contrapposizione tra Court e Country, che nasce dalle contee, le quali
avevano il diritto di eleggere i propri rappresentanti in parlamento, generando fondamentalmente una
contrapposizione tra corona e parlamento.

Negli anni Ottanta gli studiosi cominciarono a mettere in dubbio la teoria di Russell, in particolare
Sommerville consulta gli archivi e porta alla luce milioni di trattati e materiale propagandistico, che
dimostrano l’esistenza di un’opposizione politica, distruggenti di fatto la One-party Theory.

Inizia così una corsa a chi rivede il periodo storico.

Patrick Collison avanza una teoria che sembra una contraddizione in termini: dopo aver studiato i materiali
che circolavano all’epoca di Elisabetta I, sostiene di poter dimostrare che si facessero discorsi in parte
monarchici e in parte repubblicani, e che esistesse quindi una sorta di «Monarchical Republic». È così che la
regina Elisabetta I ha acquisito notevole popolarità nonostante sembrava avesse la fortuna contro, in quanto
donna, non sposata e senza figli. Riuscì addirittura a tenere insieme unità religiose differenti, libere di
coesistere a patto che tutti accettassero il potere politico della chiesa anglicana.

McLaren sostiene che la regina Elisabetta abbia inventato quella che definisce incorporated crown: la
corona si fa carico di una serie di richieste e include nel proprio spazio decisionale diversi enti che vengono
ascoltati e interpellati nella gestione del potere. La regina era infatti molto colta, in grado di trattare e di farsi
dei validi alleati, caratteristiche che la resero una delle sovrane più longeve. Contrariamente a ciò che si
pensava, Elisabetta regnò a lungo e riuscì a far fronte alle casse vuote dello stato, ai dissidi religiosi e a una
politica estera tutt’altro che semplice da gestire.

Non esistono biografie dei grandi uomini di quel periodo (Yates)


Hammer (australiano) decise di scrivere la biografia del conte di Essex: personaggio di rilievo nella storia
del suo tempo, consigliere militare e aristocratico. Non riuscì a portare a termine il suo lavoro – mancavano
gli ultimi dieci anni di vita del conte – in quanto si trattava di un’opera estremamente lunga e complessa. In
più le fonti non erano complete: prima di essere giustiziato (1601), il conte di Essex bruciò tutti i suoi
documenti e carteggi, consapevole del pericolo che incombeva sulla sua vita.

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Prima di morire, però, il conte aveva dato vita a una rete di contatti che prese il nome di Essex Network.
Così, l sue idee sopravvissero alla sua morte e continuarono a circolare in tutto il Paese grazie all’importante
presa ideologica che i suoi successori esercitavano su tutta l’Inghilterra. Non a caso, sia la figlia che il nipote
(figlio della sorella Penelope Rich) del conte furono alla guida della rivoluzione del 1642. Penelope stessa si
occupava insieme al fratello di politica internazionale, era specializzata in criptazione e decriptazione di
messaggi segreti e giocò un ruolo fondamentale nei rapporti tra la Scozia e l’Inghilterra.
L’Essex Network era così influente da riuscire a opporsi al sovrano: ogni volta che James I convocava il
parlamento non otteneva nulla, perché questo si opponeva. Il re collezionò ben quattro fallimenti.

Irish Bradley: Il lascito ideologico del conte di Essex sarebbe andato perduto se non ci fosse stata la
mediazione dell’Essex Network. Appena giunto in Inghilterra, infatti, James I venne ospitato da un uomo del
circolo, tale Wilton House. Conobbe così immediatamente Shakespeare. Il gruppo instaurò un rapporto con
la corona dando vita a una serie di negoziazioni, il che si rivelò fondamentale per evitare che James I
mettesse in atto il suo progetto di politica assolutista.
Con il suo modello di incorporated crown, Elisabetta I aveva di fatto creato i presupposti per permettere
all’Essex Network di avere un ruolo di rilievo nella politica nazionale.
Anche Adamson scrisse un libro sulla English Civil War, ma non era consapevole del prezioso lascito del
conte di Essex, portato alla luce un anno dopo dalla Gajda.
L’Amleto di Shakespeare allude alla figura del conte di Essex.

Lezione 1

Nelle prime tre ore di lezione abbiamo visto che si può parlare oggi di cinque paradossi per quanto riguarda
la figura e l’opera di William Shakespeare:

1. SOCIAL PARADOX: riguarda la posizione sociale di Shakespeare considerata inadeguata a livello


culturale e sociale delle sue opere. Si è messo in dubbio che sia l’autore delle sue opere (problema
della “authorship”);

2. AMBIGUITÀ: i testi appaiono poco comprensibili dal punto di vista delle aspettative dei significati
e quindi addirittura contraddittori, tanto che è nata la teoria che valorizza l’ambiguità come un tratto
tipico dell’opera shakespeariana; 

3. HISTORICAL PARADOX: la nuova prospettiva storica sul periodo viene ignorata da anni dalla
critica shakespeariana ma oggi comincia ad esserci qualche consenso tra gli storici. Il considerare
irrilevante lo sfondo storico è un atteggiamento non più giustificabile;

4. TEXT DISSOLUTION PARADOX: molti registi oggi usano il testo shakespeariano sfruttando il
nome di Shakespeare e di fatto modificano il testo, lo modernizzano e lo tagliano, dissolvendo il
vero messaggio shakespeariano e compiendo semplicemente un’operazione teatrale che altera il
messaggio originario;

5. PATRONI DI SHAKESPEARE: sappiamo che Shakespeare ha avuto tre patroni (Conte di Essex,
Conte di Pembroke e Conte di Southampton), dei personaggi di grande importanza storico-politica
che hanno giocato ruoli di primo piano nelle vicende politiche in Inghilterra sia nel periodo di
Shakespeare, sia nel periodo che porta alla dittatura di Cromwell. Su questi personaggi così
importanti a lungo non si sono però viste delle biografie. Fatto molto strano: da una parte c’era un
interesse che li investiva in quanto patroni di Shakespeare, cosa che gli farebbe determinare quale
fosse lo spazio sociale dell’autore e che permetterebbe di poterne comprendere il contesto sociale,
dall’altra parte erano rilevanti dal punto di vista storico-politico in sé. 

Questa serie di paradossi non ha trovato fino ad ora una chiara risposta, ma il dibattito storiografico ha avuto
nel frattempo un’importante evoluzione. Il periodo Shakespeariano precede di non molto la rivoluzione del
42-49. La comprensione di cosa porta a questa rivoluzione ha provocato un dibattito storico molto intenso e
contrastato. Abbiamo visto in particolare:

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● l’interpretazione del felice destino della storia inglese che sarebbe stata benedetta da una vicenda
che ha portato a fondare la prima vera democrazia europea, senza però spiegare che cosa ha
provocato la rivoluzione. 
● La lettura marxista di Christopher Hill che indicava la rivoluzione come una rivoluzione necessaria
di classe. 
● La teoria negazionista di Conrad Russell che azzerava l’esistenza di cause veramente specifiche, nel
senso che la sua teoria definibile come negazionista affermava che non c’era stato uno scontro di
partiti o di punti di vista ideologici diversi ma che tutto era nato da una situazione di caos in una
società che aveva “one party, one class”. Questa tesi, che è stata sostenuta per anni, viene contestata
alla fine del novecento, in particolare da Sommerville (mette in luce tutta una ricca bibliografia che
rivede un intenso dibattito, quindi un’opposizione che scriveva trattati, mettendo in luce il fatto che
c’era stato un intenso dibattito con molte pubblicazioni che mette in discussione la tesi di one party,
one class), Collinson (monarchical republic ai tempi di Elisabetta, ridefinendo il concetto di
monarchia) e McLaren (definisce il regno di Elisabetta come il regno di una regina con una
incorporated crown, ovvero una regina che rende il paese partecipe alle sue decisioni, rivalutando il
rapporto tra la regina Elisabetta e le parti sociali nel suo paese). Questo dibattito permette di
rivedere tutto il periodo shakespeariano dal punto di vista storico. 

Prima di entrare nello specifico anche per quanto riguarda la revisione della posizione dei tre patrons di
Shakespeare, è opportuno vedere una descrizione dei tratti salienti del periodo che era stata fatta nel 1972 da
Lawrence Stone, storico dell’Università di Princeton, che fa delle osservazioni storico-sociali molto
interessanti sul periodo. Questo libro viene ripubblicato nel 1987, 97 e nel 2002. L’edizione dell’87 è ancora
il testo che più sinteticamente e significativamente mette in risalto gli aspetti salienti di questo periodo è ci
permetterà di entrare nello specifico attraverso una revisione dell’opera sociale dei protettori di Shakespeare. 

Stone ha un grosso vantaggio che gli ha permesso di essere un testo di riferimento: si pone un problema di
vasta prospettiva, partendo dal concetto di rivoluzione e da cosa si intenda per rivoluzione. Cosa si intende
per rivoluzione? È un cambiamento in modo violento di forme di governo o di regime o di aspetti importanti
del funzionamento della società come ad esempio i meccanismi della solidarietà sociale, la distribuzione
sociale dei beni, l’autocoscienza nazionale di un paese. Partendo da questa definizione, Stone prende in
considerazione un periodo che va dal 1529 al 1629 come il periodo che crea le “preconditions” per quello
che succederà dopo. Che cosa sono queste preconditions? Delle condizioni che non rendono la rivoluzione
necessaria ma senza le quali la risoluzione sarebbe stata impossibile. Il secondo periodo, che va dal 1629 al
1639, viene definito come “precipitance”, ovvero le condizioni che rendono molto probabile la rivoluzione.
Il terzo periodo sono i “triggers”, le cause che rendono ineludibile la rivoluzione, e va dal 1639 al 1640.
L’unico periodo che è rilevante per comprendere Shakespeare è quello delle preconditions.

Qual è l’evento che innesca tutti i fenomeni, rendendo così mobile la società inglese e mettendo in moto una
serie di cause che porteranno alla rivoluzione? La data del 29 viene scelta perché è la data in cui avviene lo
scisma dalla chiesa inglese dalla chiesa cattolica romana. Enrico VIII decide per la rottura con Roma e
istituisce la nuova chiesa anglicana. Quali sono le conseguenze? Lo scisma provoca quello che si potrebbe
definire un terremoto sociale ma anche un possente ascensore sociale. Operando lo scisma, Enrico VIII si
appropria di tutti i beni della chiesa (che erano in buona parte donazioni di persone religiose che lasciavano
in eredità proprietà, terreni e quant’altro) liberando tutta una serie di proprietà, soprattutto fondiarie e
immobili, che entrano nelle casse dello stato. Dal punto di vista economico è una grossa operazione, che
avrebbe potuto arricchire le casse del sovrano inglese, ma pochi anni dopo, dal 1543 al 1551, Enrico VIII
decide di imbastire una guerra contro i francesi. Il sovrano riuscirà a conquistare la città di Boulogne ma
questa guerra avrà un forte effetto imprevisto perché per poter avere i mezzi economici per finanziarla,
Enrico VIII decide di vendere il patrimonio ottenuto con lo scisma. Questo provoca un terremoto sociale
positivo perché molti, visto che questo patrimonio viene venduto in fretta, riescono a comprare delle parti del
patrimonio nazionale a prezzo ribassato. Persone che non si sarebbero potute permettere acquisti a questo
punto riescono ad acquisire proprietà di un certo valore e quindi ad innalzare il loro status sociale. Se
calcoliamo che questo avviene in concomitanza con una crescita demografica, capiamo che si stanno
gettando le basi per un cambiamento sociale radicale: la nascita della classe media. 

Di fatto, questo scisma religioso porta a una trasformazione della società inglese di primaria importanza:
nasce la prima classe media d’Europa, nascono le professioni e si è notato che c’è un’anticipazione rispetto

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alla scena europea della crescita della classe borghese media e in particolare delle professioni mediche e
giuridiche. Naturalmente a queste si affianca tutta la classe mercantile che è quella che poi arricchisce il
paese. Questa trasformazione sociale viene posta in essere senza un programma da parte del monarca e sarà
la base della fortuna storico-sociale dell’Inghilterra. Il raddoppio della popolazione può avere maggiore
spazio perché se l’economia cresce ci sono più risorse per tutti. La crescita demografica avviene in
particolare a Londra, che passa da 60 mila a 140 mila abitanti. Questo è importante perché crea il pubblico di
Shakespeare. Al raddoppio della popolazione corrisponde un forte incremento del commercio, anche con
l’estero (passando per Londra). La concentrazione nella città di Londra non riguarda solo la popolazione ma
anche l’importanza delle istituzioni, in particolare dei tribunali. La carriera forense diventa un tratto
caratteristico della città di Londra, con una concentrazione sia degli studenti di diritto sia degli avvocati
perché i tribunali più importanti del paese si trovavano tutti a Londra. Questo avviene più che in qualsiasi
altra capitale europea. Le scuole di giurisprudenza di Londra sono un punto fondamentale per l’opera di
Shakespeare perché gli studenti avevano interesse nelle sue opere, essendo queste raccomandate dai docenti
come utili per la loro formazione (take it down in Amleto si rivolge agli studenti di giurisprudenza). Altro
fenomeno fondamentale è il cambiamento sociale che avviene all’interno del parlamento, che esisteva dal
300 ma la cui formazione cambia notevolmente. In questo periodo i membri del parlamento passano da 300 a
500; quelli che appartengono alla nuova classe sociale, quella che studia e che si è evoluta grazie alla
rivoluzione sociale nel periodo di Enrico VIII (gentry) arrivano a rappresentarne il 50%-75%. Mentre la
popolazione raddoppia, le classi terriere triplicano. C’è un’esplosione edilizia.

Lawrence Stone mette in evidenza tre fattori fondamentali della trasformazione sociale:
1. Rising Gentry: dal 1590 al 1640 c’è una crescita delle professioni, in primis quella giuridica, dando
origine ad una middle class che è competente, in grado di gestire la proprietà, discutere con
competenza in parlamento, conosce la common law e può farsi sentire nei tribunali. Una vasta fascia
della popolazione che prima era socialmente inadeguata e non aveva voce in capitolo ora si afferma
sia nei tribunali che nel parlamento, cominciando un dibattito ideologico sul proprio ruolo,
cominciando a discutere del rapporto tra La Corona e il suddito. La Rising gentry diventa una forza
sociale importante per definire il funzionamento della macchina sociale. Non si parla solo di una
crescita numerica della gentry ma anche di un’ascesa sociale. A questa Rising gentry accedono sia
persone che salgono dal basso, sia quelle che scendono dall’alto. L’aristocrazia, essendo
parzialmente in crisi, ha un grosso problema: per mantenere il privilegio di casato che cosa fa? Già
da tempo aveva previsto che il patrimonio andasse tutto nelle mani del primogenito e che gli altri
figli dovessero trovarsi una professione che gli permettesse di portare avanti una vita dignitosa.
Queste persone cadono quindi nella categoria della Rising gentry, i figli cadetti che appartengono a
famiglie aristocratiche che non sono più in grado di finanziare tutti i figli o di finanziare l’espansione
della classe aristocratica. C’è quindi tutta una fascia di figli cadetti dell’aristocrazia che “scendono”
nella categoria della Rising gentry, contribuendo alla formazione di una middle class. 
2. Fenomeno della Educational Revolution: fenomeno importantissimo perché le università
diventano i cavalli di Troia del nuovo ordine che si va a creare. I figli della Rising gentry hanno
bisogno di studiare: si scrivono a Oxford, Cambridge o alle Inns of Court, che sono quasi tutte a
Londra. A Londra esiste quindi una popolazione molto vasta di giovani che studiano e che sono
intellettualmente attivi e interessati a competere sul mercato intellettuale e delle professioni. Questo
pubblico diventa un pubblico prezioso e di riferimento per Shakespeare, che si rivolge ai judicious,
coloro che sono capaci di giudicare. Shakespeare sostiene che sia importante la full House ma che la
cosa fondamentale sia essere approvato dai judicious. Le scuole londinesi crescono
esponenzialmente così come crescono i numeri degli studenti di Oxford e Cambridge nei loro corsi
di formazione generale. La common law era scritta in Norman French, che solo le Inns of Court
erano in grado di trattare. 
3. Fenomeno della Declining Aristocracy: l’aristocrazia non scompare, anzi, alcuni dei grossi
aristocratici giocheranno un ruolo fondamentale, ma c’è un declino della vecchia aristocrazia che
basava il proprio potere sul potere militare. La vecchia aristocrazia era forte nella misura in cui
poteva mettere in campo un’importante forza militare. Questo tipo di aristocrazia, a meno di non
entrare nel mondo moderno degli affari, non è più e non sarà mai più in grado di mettere in piedi un
proprio esercito. Per contrasto, il declino di questa aristocrazia lascia spazio all’ascesa della gentry. 

A questo punto può essere utile vedere qualche aspetto fondamentale sul dibattito sociopolitico di quel
periodo. Che cosa viene descritto come decisivo da Lawrence Stone per quanto riguarda la circolazione

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ideologica del periodo? Si arriva qui a prendere in considerazione il dibattito ideologico che si svolge in
questo periodo: Lawrence Stone mette a fuoco l’analisi del rapporto tra l’innovazione delle fasce sociali e del
loro ruolo e il sovrano (che ha luogo soprattutto a Londra ma anche nel resto del paese). Stone mette
fortemente in rilievo questo dibattito, che di fatto diventa un dibattito costituzionale. Bisogna stabilire quali
sono i poteri della corona e quali quelli del parlamento e inoltre quale sia il ruolo del parlamento, che
rappresenta il patrimonio del paese, il Commonwealth, ed ha una natura elettiva. La visione dei membri del
parlamento, così come il loro ruolo all’interno di questa istituzione, cambia. Si costituiscono quattro gruppi
sociali di revisione e opposizione allo stato di preminenza della corona, che determineranno il dibattito
ideologico in parlamento e al di fuori del parlamento: 

1. l’ideologia puritana;
2. l’ideologia della campagna (country ideology);
3. la funzione giuridica della common law che rivendica i diritti dei cittadini nei confronti della corona;
4. il cosiddetto relativismo (atteggiamento ideologico mentale che crea una nuova mentalità che è
pronta a discutere di tutto, a studiare con uno sguardo nuovo i rapporti sociali sia tra corona e suddito
che tra corona e religione). 

LEZIONE 2
Sono quattro i movimenti di opposizione alla corona individuati da Lawrence Stone nella fase delle
preconditions che va dal 1529 al 1629, cioè la prima fase preparatoria che è quella che ci riguarda perché
include il periodo shakespeariano:
1. Ideologia puritana
Il primo filone di opposizione alla corona è costituito dal puritanesimo, che secondo Stone non è in sé
un’ideologia rivoluzionaria ma di fatto crea un senso di identità particolare del cittadino, perché il
puritanesimo si lega a una componente nazionalista, suggerisce un senso di elezione nazionale, ma
soprattutto avvalora l’individuo in quanto mette il soggetto in rapporto diretto con Dio, suppone che
nella coscienza dell’individuo si determini un rapporto con Dio di cui l’individuo è il solo responsabile
senza il tramite della chiesa. Questo implica alfabetizzazione, il soggetto deve studiare le scritture, deve
essere in grado di capirle, inoltre la sua responsabilità individuale produce una forma di righteousness,
cioè una convinzione di essere nel giusto, di indipendenza di scegliere cosa è giusto. Quindi, in questo
senso, abitua il soggetto protestante ad essere responsabile non all’obbedienza (tratto caratteristico della
concezione cattolica) ma a un’autonomia di giudizio che crea anche un fenomeno di indignazione morale
quando il sovrano o le istituzioni non si comportano in modo adeguato in termini religiosi/etici. Questo
crea tra i puritani un senso di aggregazione, una forma di aggregazione difensiva, infatti i puritani
costituiranno il primo partito della storia della politica inglese. Quindi il puritanesimo è fondamentale
nella nascita di un atteggiamento critico oltre che di aggregazione partitica.
2. Common law
Il secondo filone che ha avuto un ruolo nel dare origine alla rivoluzione è costituito dalla common law
che rivendica i diritti dei cittadini nei confronti della corona. Esiste in Inghilterra da secoli e viene
considerata come una forma sedimentata di ragione, una forma di indipendenza dal sovrano perché è
costituita dal diritto consuetudinario, cioè dal deposito di una serie di judgements precedenti conservati
per tipologia di casi, preso in consultazione ogni volta che si deve definire un nuovo caso. Quindi un
nuovo caso viene definito in rapporto alle decisioni prese in casi analoghi precedenti. Questa competenza
dà da una parte un senso di appartenenza a un gruppo specializzato e orgoglioso di sé e coeso in
parlamento e quindi da un senso di autonomia ai membri di questo gruppo, su formano associazioni (es
white coith cappuccio bianco). Non c’è un sovrano che definisce una legge, ma c’è un deposito al quale
si attinge indipendentemente dalle variabili corone e politiche.
3. Ideologia country
Rappresenta una forma di critica alla corte. Viene riconosciuta già nel 1970 da Perez Zagorin, che in The
Court and the Country aveva parlato dell’ideologia country in opposizione alla corte definendola l’inizio
della rivoluzione inglese, quindi aveva inteso molto bene l’importanza di questo fenomeno. Perché è
stata invece negata a lungo da quasi tutti gli storici (es da Russell)? La Restivo non se lo spiega. Dunque,

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Stone (1972) aveva alle spalle la ricerca di Zagorin. Stone ha quindi terreno per ben descrivere questa
ideologia che di fatto trova ampio riscontro nelle opere di Shakespeare. L’ideologia country crea una
visione di contrapposizione tra corte e paese, che è comunque una delle manifestazioni politiche che la
regina Elisabetta I permette di far sviluppare. Al tempo stesso, Zagorin parlava della sua abilità a gestire
questa contrapposizione e capirne l’utilità. In cosa consiste questa contrapposizione? L’ideologia
country presenta diversi aspetti che sono di critica di quello che succede a corte e per questo è stata a
lungo trascurata perché vista come inopportuna. Definizione che Stone dà di ideologia country = terza
componente della mentalità dell’opposizione e chiarisce che ci sono 6 aspetti diversi di questa ideologia
che interagirono tra di loro: 
1. componente letteraria; nasce nelle università di Oxford e Cambridge e ha origine dalla letteratura
latina, dalle Georgiche di Virgilio (che venivano fatte imparare a memoria in latino) che presenta
questo ideale di distanza dagli intrighi della corte dell’Impero Romano rifugiandosi in campagna.
Quindi le Georgiche per gli studenti diventano un vessillo dell’idea della campagna (colta, casta,
nazionalista, produttrice di beni economici) come luogo ideale da contrapporre alla corte di Londra
(stile di vita corrotto, indebitati, lussuriosi, non producono niente economicamente). 
2. componente ambientale, fisica; campagna vs Londra (sporca). 
3. componente culturale; la campagna è una cultura, uno stile di vita. I proprietari terrieri sono
parsimoniosi, hanno un senso di responsabilità e sono tipicamente inglesi in usi e costumi, in cui il
paese si riconosce a differenza di quelli importati dall’estero della corte. A corte si concentravano le
ambasciate straniere e la nobiltà faceva viaggi nel mondo. 
4. componente geografica; country come contea che elegge i propri rappresentanti per mandarli in
parlamento. Luogo fisico e politico, in cui sono avvenuti grandi cambiamenti rispetto al passato
medievale. Le grandi famiglie aristocratiche che un tempo controllavano il territorio (dette case
magnatizie) hanno perso importanza, c’è stato un lungo declino del loro ruolo. Ora il terreno delle
contee è diventato più indipendente dalle casate aristocratiche, ha i propri giudici e i propri
rappresentanti. Da qui il motto my country is my county, frase molto forte. 
5. componente nazionale; da una parte l’avvaloramento dell’antica costituzione, ovvero i rappresentanti
della campagna che siedono in parlamento in quanto onorano l’esistenza del parlamento che deve la
sua esistenza all’antica costituzione che prevede questa rappresentanza. Dall’altra, la corona e i suoi
alti funzionari. Si crea così una contrapposizione, ci sono due paesi in un certo senso. Ciò veniva
detto esplicitamente, infatti Stone cita un passo dell’epoca in cui il paese viene definito come
costituito da due componenti (il che non vuol dire necessariamente in contrapposizione, ma che
devono convivere e accordarsi): la campagna e la corte. Il governo a sua volta è costituito dalla
corona e dal parlamento e il parlamento contiene sia i deputati della corte sia quelli della campagna.
Il parlamento conta perché rappresenta l’economia del paese. Chi entrava in parlamento? Coloro che
avevano proprietà e quindi chi aveva una parte dell’economia del paese in mano e aveva un ruolo
produttivo e che quindi riteneva di avere il diritto di difendere questo ruolo. Quindi la difesa del
ruolo delle contee nella House of Commons in parlamento, appare come la difesa del
Commonwealth cioè della ricchezza comune. 
6. componente della politica estera; l’ideologia country punta alla difesa della caratteristica protestante
del paese. In politica estera punta all’alleanza con paesi protestanti, mentre in politica interna
all’indipendenza rispetto alla corona. 

4. relativismo: Il relativismo diffondeva scetticismo, erodendo i valori tradizionali e la gerarchia


della tradizione (pag. 134 edizione Einaudi).
Lawrence Stone cita come esempio John Donne, riportando i suoi celebri versi:
And new philosophy calls all in doubt,
[…]
'Tis all in pieces, all coherence gone,
All just supply, and all relation;
Prince, subject, father, son, are things forgot
(i pezzi citati dalla prof in realtà non sono consecutivi nell’opera di Donne, ho messo […] per segnalare
il distacco)

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Questi versi celebri indicano che è finita la concezione gerarchica all’interno dello stato e della famiglia
(quindi rapporto tra suddito-sovrano, ma anche tra patriarca-membri della famiglia). Questi riferimenti
registrano un crollo degli schemi di autorità (come commenta Lawrence),
Con questa poesia, Lawrence commenta che si registra un crollo degli schemi di autorità, e parla anche di
Francis Bacon e del metodo sperimentale, dicendo che anche l’ideologia di Bacon e l’inizio di un pensiero
scientifico basato su prove, analisi e sperimentazione, contribuiscono alla crisi già avviata in campo
religioso. Si iniziano a confrontare religioni diverse e questo pluralismo religioso mette tutto in discussione
(fino a quel momento si pensava che la religione è una sola, tutti ci credevano e sembrava convincente).
A ciò si aggiunge l’aumento demografico e la crescente mobilità della popolazione, che diminuisce il
controllo della comunità di pensiero. Vecchie credenze e convinzioni vengono messe in discussione.
Lawrence Stone cita Donne e Bacon come punti di riferimento, ma bisognerebbe aggiungere anche il nome
di Montaigne. I saggi di Montaigne e la sua famosa domanda “cosa sono io?”, tipica domanda scettica e di
dubbio, assumono importanza all’interno della cultura inglese grazie alla traduzione in inglese di John
Florio, studioso di origine italiana che si trova a Londra, entra nel giro del Conte di Essex e diventa docente
di italiano per il Conte di Southampton (secondo patrono di Shakespeare).
Grazie a lui, il pensiero di Montaigne irrompe nell’ambiente shakesperiano, tanto che influenza molto le
opere di Shakespeare (in cui si possono trovare citazioni celebri, la più lunga delle quali è nella Tempesta).
La presenza del pensiero di Montaigne in Shakespeare è stata rilevata a partire da Hamlet. 

Il relativismo mina l’assolutismo, anche perché quest’ultimo si basava sulla concezione che il potere
temporale del sovrano gli fosse stato dato dalla volontà divina e che egli rispondeva direttamente a Dio, da
cui era incaricato in modo provvidenziale di governare.
È chiaro che una concezione che mette in discussione la religione, mette in discussione anche il mandato
divino del sovrano, soprattutto se lo si pensa come assoluto.
A) Sono necessarie alcune osservazioni dopo la spiegazione storica data da Stone. Queste riguardano
l’opposizione tra corona e parlamento, centro del suo discorso. 

La corona inglese, dopo la morte Enrico VIII (1547), rimane debole per quasi un secolo, perché quando
Enrico muore gli succede il figlio tanto desiderato Edoardo VI che sale al trono nel 1547. Ma regna soltanto
6 anni fino al 1553, perché è un bambino di salute cagionevole, e al suo posto regnano i reggenti e quindi di
fatto la corona viene gestita da altri. Alla sua morte subentra Mary Tudor, che regna per soli 5 anni, la quale
si sposa con Filippo II di Spagna, che viene sentito come un estraneo (non verrà mai ammesso nel
parlamento inglese). Inoltre, Mary cerca di riportare l’Inghilterra nel cattolicesimo. Di fatto anche Mary non
è un sovrano forte, non ha il tempo di stabilizzare la sua scelta di ritorno al cattolicesimo, ha un marito
imbarazzante per il parlamento, ha un paese diviso di fronte a sé, quindi rappresenta una fase debole della
monarchia. Quando nel 1558 Elisabetta I sale al trono, e regnerà per 25 anni, il suo regno diviene un periodo
decisivo per durata e portata, e altera il rapporto della corona con il paese. In parte per sbaglio, perché la
regina essendo una donna veniva considerata incapace di avere una propria autonomia (come ha notato la
McLaren), e quindi Elisabetta I ricorse a consiglieri, a favoriti e al parlamento. Lei promuove con
intelligenza il rapporto col parlamento, convoca molti parlamenti e ha un ottimo rapporto con loro, anche
perché li convoca da una posizione di popolarità rispetto al paese, dunque da una posizione forte, è molto
apprezzata (si fa vedere ogni anno dal popolo nei famosi ‘progress of the queen’, cioè ricerca attivamente la
devozione dei sudditi, che la osannano). McLaren parla di incorporated crown perché Elisabetta ha saputo
guadagnare e q popolarità presso i sudditi e allo stesso tempo ha saputo interloquire con le parti sociali.
Elisabetta I ascolta davvero il parlamento, non prende ordini ma collabora (a differenza dei parlamenti dei
sovrani precedenti). Nel Golden Speech (1601), fatto in occasione della convocazione del suo ultimo
parlamento, ricorda la lunga ed efficiente collaborazione tra corona e parlamento. Anche recentemente gli
storici concordano che è stata il miglior sovrano della storia inglese. Una pecca del trattato di Laurence Store
è che in fondo parla di debolezza della corona sotto Elisabetta I. (non è d’accordo la Restivo) Elisabetta I,
come il padre, provoca trasformazione socio-storica. Enrico VIII aveva provocato, grazie al patrimonio
ottenuto con lo scisma, la nascita di una borghesia in anticipo rispetto al resto d’Europa, che sarà
fondamentale per la crescita del paese. Elisabetta I provoca una consuetudine politica che continuerà nel
tempo. Dopo la morte di Elisabetta nel 1603, con James I e Charles I, la collaborazione col parlamento di
fatto cessa. James è determinato a concepire la monarchia, e quindi il suo ruolo, come sovrano assoluto, il
suo potere discende direttamente da Dio e ascolta il parlamento ma decide in autonomia. Non ritiene di avere
dei doveri nei confronti del parlamento. Infatti i suoi quattro parlamenti sono tutti fallimentari. Non riesce a
utilizzare il parlamento. James consiglia al figlio Charles di evitare il parlamento perché luogo di litigi

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inutile. Quando Charles I sale al trono e ha bisogno di chiedere soldi per l’esercito contro i ribelli scozzesi si
trova obbligato a convocare il parlamento, col quale però non sa interloquire e ciò porterà alla guerra civile.
La guerra dal 1642 al 1649 porta a un periodo di Commonwealth, cioè senza sovrano, poi alla dittatura di
Cromwell dal 1658 al 1660. Dopo la morte di Cromwell, avrebbe dovuto succedergli il figlio ma ciò causò
caos sociale. Alla fine, il parlamento invita Charles II (figlio di Charles I in esilio in Francia) a tornare e
prendere la corona. Charles II regna dal 1660 al 1685, convoca il parlamento dandogli poco spazio ma ci
entra a patti. Nel frattempo, si afferma la teoria del leviatano di Hobbes (che era stato il tutor di Charles II)
che rovesciava il concetto ideologico di parlamento, riteneva giusta la violenza del singolo, il sovrano, su
tutti gli altri, per evitare l’homo homini lupus, il tutti contro tutti, una violenza universale, la quale viene
sospesa soltanto dal fatto che il popolo cede tutti i suoi diritti originari al sovrano per evitarla. Charles II
muore e gli succede il fratello James II Stuart che è cattolico. Nel 1688, poiché non viene tollerato dal paese
e nemmeno dal parlamento, c’è la Glorious Revolution. Questo ci fa capire come il parlamento sia riuscito a
sopravvivere e ad affermarsi. Il parlamento ottiene di far sposare sua figlia Mary II Stuart protestante con
Guglielmo d’Orange. Quindi vuol dire che il parlamento si trova nella posizione di poter scegliere la
successione. Motivo per cui l’Inghilterra è considerata la più antica democrazia al mondo. 
B) Stone è un modello adatto e valido ancora nel 2020 perché i suoi punti di forza sono: innanzitutto che
offre un modello di tipo composito, di tipo socio-storico e cerca le cause della rivoluzione inglese sul tempo
lungo, cioè ha uno sguardo di lunga durata. Fa un confronto con un testo di John Adamson The Noble Revolt
(2007), che aggiorna sotto certi profili il problema delle cause del conflitto (rivoluzione 42-49), distrugge la
teoria della accidental war di Russell, sostiene che fu una vera rivoluzione (non una guerra civile né una
guerra religiosa) e ne attribuisce le motivazioni alla nascita del noble junto, un gruppo di nobili a capo della
House of Lords, e chiarisce una volta per tutte, documentando tutte le varie scelte dei personaggi, che ci sono
motivazioni politiche attorno alla collaborazione o meno della corona col parlamento. Al tempo stesso, non
spiega come mai è potuto accadere un simile fenomeno come ha fatto un gruppo di quattro nobili (noble
junto) a essere seguito dalla maggioranza della popolazione, considerato che per vincere deve mettere in
campo un esercito, cosa che nessun aristocratico poteva permettersi col proprio potere dinastico. 
Stone spiega che qui l’esercito nasce dal consenso popolare, ovvero la maggioranza della popolazione si
unisce a questi nobili, è disposta a sacrificare la vita in una guerra contro il legittimo sovrano. Come mai?
Che cosa sostiene questa azione? Ci vuole una forte convinzione, dei forti interessi per giustificare un
fenomeno di questo tipo. Stone spiega questa evoluzione ideologica per cui, quando la gentry scende in
campo, quando si crea questa alleanza tra nobili e gentry, è chiaro che si ha così il grosso dell’ economia del
paese e per questo avrà il successo che noi sappiamo, per questo che sarà in grado di ottenere la condanna a
morte del sovrano, accusandolo di alto tradimento della costituzione inglese. Questa è una rivoluzione
costituzionale. 
Il discorso di Adamson mette bene in risalto le fasi della rivoluzione ma non spiega come mai si sia arrivati a
un contesto sociale che mette in grado il parlamento (Commons e Lords, gli ultimi capeggiati dai noble
junto) di andare contro il legittimo sovrano e vincere. Quindi è Stone che ci spiega come è stato possibile.
Bisogna collegare Adamson e Stone per capire cosa sta succedendo. 
C) Inns of Court: per Stone la common law, la giurisprudenza, gioca un ruolo decisivo in quanto rappresenta
uno dei filoni di opposizione a sua maestà ed è ciò che dà forza e competenza al parlamento. Su cosa si regge
questa opposizione della common law? Sull’esistenza delle Inns of Court naturalmente, che preparano gli
avvocati e gli esperti di giurisprudenza, sull’esistenza delle istituzioni, dei tribunali e sul ruolo che gli esperti
di legge giocano in parlamento. Come mai si chiamano Inns of Court? Perché erano nate come alberghi, gli
esperti di legge in passato dovendosi recare a Londra per andare nei tribunali crearono un’associazione
volontaria con una sede dove risiedere per spendere meno. Si sviluppano nel tempo e iniziano a ospitare
corsi per preparare le generazioni successive. Come si costituisce questa fascia sociale così importante? Lo
storico Wilfred Prest li descrive: questi esperti si formano nelle scuole, nelle 4 Inns of Court a Londra oppure
nelle 10 Inns of Chancery (per occuparsi di casi non risolvibili con gli strumenti giuridici della common law,
dato che la legge inglese era duale ma poi i due modelli si integreranno). Ai tempi di Shakespeare hanno
circa mille studenti, che a 15-16 anni prenotavano un posto per studiare legge e prima di frequentare
andavano a studiare a Oxford o Cambridge perché la cultura generale insegnata in latino veniva fatta lì. La
cultura giuridica specifica si insegnava invece nelle Inns of Court in Norman French. Questo significa che
abbiamo una popolazione di circa 5000 studenti (1000 + 4000) che costituiscono il pubblico potenziale di
Shakespeare. Che cosa fanno gli studenti delle Inns of Court? Studiano per sei mesi e poi fanno sei mesi di
learning vacation in cui studiano da soli. Devono abituarsi a destreggiarsi con la lingua, avere una certa dose

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di wit per influenzare giudici e pubblico, acquisire competenza per citare i casi giusti dal deposito e avere
una certa sensibilità politica e storica. Imparavano tutto ciò con lezioni e esercizi, ma anche con la
frequentazione del teatro di Shakespeare che si rivela in grado di migliorare queste caratteristiche. Quindi il
teatro diventa completamente nella preparazione degli studenti. Questi studenti erano affiancati da
professionisti della legge, e si preparano per lavorare. Si sta formando sotto Elisabetta I la diplomazia, che
avrà bisogno di professionisti. Quindi un pubblico che si aspetta competenza, e allora le opere teatrali
devono essere interessanti per gente preparata come loro. Questo determina il successo del teatro di
Shakespeare ma anche gli interessi dietro i quali lavora Shakespeare. Infatti, Amleto si rivolge agli studenti
di legge, a un certo punto dice ‘take it down’, prendete appunti. Al cimitero, mentre scavano la tomba per
Ofelia e trovano dei teschi, tutte le ipotesi di identità dei teschi che Amleto fa rimandano a esperti di legge.
Questo perché il pubblico di riferimento di Shakespeare era competente in giurisprudenza. Ciò spiega come
mai Amleto, che è stato a lungo considerato come un testo di vendetta, in realtà sia un testo che inizia col
tema della vendetta che viene in realtà sostituita dalla giustizia. Ciò era di grande interesse per il pubblico di
giuristi, poiché è un testo di passaggio, anche proprio dal punto di vista ideologico. Si passa da una
prospettiva in cui l’aristocrazia aveva il diritto e il dovere della vendetta per farsi rispettare, a una prospettiva
in cui invece nello stato moderno nascente sotto Elisabetta I il diritto si afferma contro il concetto di vendetta
(giustizia fai da te). Infatti, Horatio, studente, non approva mai il sentimento di vendetta di Amleto. 

LEZIONE 3
Lezione incentrata sul Conte di Essex, primo patrono di Shakespeare e a cui fa riferimento la figura di
Hamlet (come si riconobbe già nel ‘900 in un saggio di Lilian Winstanley intitolato Hamlet and the Scottish
succession, in cui dedica un intero capitolo alla figura del conte di Essex all’interno di Hamlet). Da allora, la
figura di Essex è riemersa dagli studi di Gajda e Hammer.
Facendo riferimento a questi studi, soprattutto a quello del 2012 pubblicato da Alessandra Gajda, sappiamo
che il conte di Essex nasce nel 1565 e muore nel 1601 (muore a 35 anni, giovane).
La sua vita si definisce in funzione del rapporto con la regina Elisabetta, col suo regno e il suo ruolo politico,
ma anche col suo rapporto con Shakespeare.

Essex nasce nel 1565, viene presentato a corte dal patrigno, il Conte di Leicester, che era il favorito di
Elisabetta e lo rimase fino a quando morì (nel 1587).
Tutti pensavano che sarebbe stato il giusto marito per Elisabetta, i due erano attratti reciprocamente ma non
si sono mai sposati a causa di motivi politici (il contesto politico era tale che la corte non avrebbe accettato il
matrimonio, lui non era nobile, era stata la regina a nominarlo Conte di Leicester ma la sua famiglia non era
adeguata).
La figura di Leicester era stata importante ma controversa. Lui sposò in seconde nozze la madre del Secondo
Conte di Essex ed è lui a presentare il giovane a corte come suo sostituto, nuovo favorito della regina.

Quando Essex viene presentato a corte nel 1588, Elisabetta ha 54 anni, lui 22. Lui è giovane e in alcuni scritti
che potremmo definire “giornalistici” (che precedono però i veri studi storici, iniziati con Hammer e Gajda)
descrivevano il rapporto tra i due come un rapporto di gigolò a sua maestà, avevano insinuato che Essex
fosse l’amante della regina, ma tutto questo è falso. I due hanno un rapporto di tipo materno, ed è proprio
quello che Shakespeare descrive nell’Amleto, in cui la madre di Hamlet è la regina. È anche un rapporto
politico, di collaborazione con la regina che cercava i migliori strumenti per portare avanti il suo governo del
regno. Quindi il rapporto è tra madre-figlio, in un certo senso Essex è il figlio che lei non ebbe, peraltro
presentato a corte dall’uomo che lei avrebbe voluto sposare. Per secoli, tuttavia, vi fu la damnatio memorie
del Conte di Essex.

La Gajda descrive gli ultimi anni del rapporto tra Essex e la regina, che furono quelli decisivi che poi
adducono all’Amleto.
Gajda parte nel primo capitolo clamorosamente dicendo che tutti per anni hanno considerato con sprezzo la
figura di Essex, ma che in realtà il Conte godette di enorme prestigio nella sua epoca, un prestigio superiore a
qualsiasi altra figura a lui contemporanea, e che durò per diversi anni dopo la sua morte.
L’immagine negativa che si aveva di Essex era dovuta alla disinformazione.
Gajda parte citando il testo di Robert Pricket del 1604, che elogia il Conte di Essex (nonostante il testo sia
stato pubblicato ben tre anni dopo la sua morte e che la sua morte fu infamante, decapitato per alto
tradimento, condannato dalla regina che aveva servito per anni).

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Robert Pricket definisce il Conte di Essex come “Natures pride, Vertues bulwarke, the whole worlds
wonder”. Grande pregio, “l’orgoglio della natura” (era un uomo prestante in tutti i sensi, anche nell’aspetto),
si parla di “Vertues” (ha tutte le qualità migliori che si potevano desiderare in un gentiluomo e in un nobile) e
lo definisce “la meraviglia del mondo” (ovviamente mondo europeo). 
L’opera in cui viene data questa definizione del Conte si chiama “Honors fame in triumph riding”, titolo
forte, “la fama dell’onore che cavalca trionfante”.

Gajda mostra che Pricket non sta esagerando, le sue descrizioni non sono eccessive.
La fama di Essex non fu solo senza precedenti in quel periodo e successivamente, ma fu anche
internazionale.
Enorme popolarità in Inghilterra (forse anche superiore a quella di Elisabetta) ma famoso anche altrove,
come in Olanda (aiuta gli olandesi per problemi politici), in Francia (diventa amico personale di Enrico IV di
Francia, con cui conduce una politica estera in accordo con la regina, Enrico IV lo favorisce e si allea con gli
inglesi contro gli spagnoli), in Italia (Essex organizza attività di intelligence in nord Italia, nella fascia che va
da Milano a Venezia) e in Spagna (dove molti sapevano chi era grazie alle sue azioni militari).

Figura famosa a corte, ma nota anche negli ambienti più umili della popolazione inglese. Fama di cui si
avvale quando deve arruolare eserciti: diventa il generale più importante d’Inghilterra, se chiamava a raccolta
un esercito i giovani si precipitavano ad arruolarsi.

Questa figura gode di popolarità senza precedenti, ma come mai? Possibile che personaggio poi liquidato
come troppo ambizioso, “a fool”, abbia avuto fama così incontrastata a lungo in quel periodo?
Prova della sua fama:
Nel 1642, quando inizia il contrasto tra parlamento e Charles I Stuart, il parlamento mette in campo un
esercito (contro le pretese assolutistiche del sovrano) raccolto sotto al vessillo personale del Conte di Essex.
Questo segnala non solo l’importanza nell’epoca elisabettiana della sua figura, ma anche il perdurare della
sua importanza (il suo vessillo alzato 40 anni dopo, giovani ancora si arruolavano sotto il suo simbolo).

Storia del Conte secondo Gajda:


Il padre era il Primo Conte di Essex, morto in Irlanda, dove era stato mandato per domare gli irlandesi a
nome della corona inglese. Aveva profuso beni personali per alimentare la guerra e pagare l’esercito.
Nel 1576 muore di dissenteria e suo figlio diventa Conte a 11 anni. Essendo minorenne, passa sotto la tutela
(diventa ward) di William Cecil, a cui poi fu conferito il titolo di Lord Burghley dalla regina.
La regina aveva due grandi consiglieri al suo fianco, uno era William Cecil e l’altro (che viene scelto dallo
stesso) è Francis Walsingham (che diventerà padre del primo servizio segreto inglese). 
Mentre Cecil si occupa di politica interna, la politica estera e diplomazia viene affidata per lo più a
Walsingham.
Il Conte di Essex ha come padre Walter Devereux, che è morto impoverito durante la campagna d’Irlanda,
mentre la madre è Lettice Knollys, che a sua volta è stata sposata in seconde nozze dopo la morte del marito
con il Conte di Leicester, favorito e mancato marito della regina. 

Quindi Essex diventa Conte nel ‘76, nel 1577 va all’Università di Cambridge. Dai 12 ai 16 anni frequenta
l’università e completa gli studi sottoponendosi agli esami finali, cosa che di solito i nobili non facevano
perché non avevano bisogno del titolo di studio e non amavano sottoporsi alla valutazione dei docenti, si
consideravano socialmente superiori a loro.
Essex apprezza la scholarship, si sottopone agli esami fino in fondo (cose che di solito facevano i
gentiluomini e non i nobili). Apprezza molto gli studi (anche se lascia Cambridge per la vita politica, militare
ecc) ma per tutta la vita continuerà a chiamare Cambridge “Itaca mea” (ad indicare che desidera ritornarci).

Nel 1581 si laurea. Due anni dopo, nel 1583 (tra i 17 e i 18 anni) si reca in Scozia, dove inizia una carriera
diplomatica. È Walsingham a portarlo con sé in Scozia, di fatto Essex entra nell’attività politico-diplomatica
di Walsingham (che lavora per la regina ed è alleato con Lord Burghley). Essex segue la missione
diplomatica in Scozia per parlare con James VI di Scozia, il sovrano di cui sosterrà la candidatura alla
successione di Elisabetta (e che infatti diventerà James I d’Inghilterra).

Ciò rivela che è destinato alla vita politica direttamente dal patrigno (che lavora insieme a Walsingham) ed è
educato alla vita politica. Le sue opposizioni non sono inventate da lui, ma portano avanti il programma di

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Walsingham e del Conte di Leicester. Porta avanti per senso di dovere un programma non nato dalla sua
ambizione politica e sociale, ma un programma in cui è stato cresciuto, programma della generazione
precedente di famiglia. 
Walsingham studiò a Parma, sapeva le lingue, nominato alleato di Burghley perché quest’ultimo non
conosceva le lingue straniere, mentre Walsingham sapeva l’italiano, il francese ed era la persona adatta per la
politica estera.

A 18 anni è presentato brevemente a corte alla regina Elisabetta, ma in quel momento non accade niente di
importante.
Nel 1586 viene portato in Olanda da Leicester e partecipa ad una celebre battaglia a Zutphen, ha 20 anni e
inizia la sua carriera militare e a distinguersi per abilità militare (è la sua prima azione militare di qualche
rilievo).
Nella battaglia muore una persona che faceva parte del gruppo di Leicester, ovvero Sir Philip Sidney, che
era considerato un grande esempio di uomo dotato di abilità militari, diplomatiche e di grande cultura.
Viene ferito in battaglia, la ferita si infetta e muore. È interessante perché si racconta che Sidney (che era
considerato esempio di uomo di grandi virtù, abilità a tutto campo, militari e intellettuali), in punto di morte,
abbia regalato la sua spada al Conte di Essex. Atto di riconoscimento, quasi delegandolo come successore
della sua fama.
Conte di Essex, che aveva già ricevuto l’influsso del Conte di Leicester, riceve anche quello di Sidney, che
gli passa con la spada anche il simbolo della sua identità.

1589, 3 anni dopo la battaglia di Zutphen, Essex sposa la vedova di Sidney (figlia di Francis Walsingham).
Anche questo indica coesione all’interno del gruppo.

Nel frattempo, nel 1587 (21 anni) viene notato dalla regina (anche per la gloria della battaglia) che lo
apprezza, ne fa il suo favorito e lo nomina Master of the Horse. Incomincia la sua brillante carriera politica,
sostenuta dal favore della regina.
Tra il 1590 e il 1595, Essex aggiunge al suo lavoro politico di consigliere della corona un sistema di
intelligence, messo in piedi a proprie spese (qui come erede di Walsingham, ormai morto). Lui eredita i
materiali di intelligence raccolti da Walsingham e prosegue il suo lavoro nell’area italiana, soprattutto
veneziana, considerata di vitale importanza per vari motivi. Uno di questi è che Venezia era una potenza
navale, famosa per la sua cantieristica navale. 
Gli spagnoli erano meno abili dei veneziani, quando avevano bisogno di esperti andavano a Venezia, e nei
cantieri della città si raccolgono notizie su quel che succede nella flotta spagnola. Venezia diventa quindi un
punto essenziale per avere notizie sulla flotta spagnola (principale minaccia dell’epoca per l’Inghilterra), sui
suoi movimenti e le sue intenzioni.
Inoltre, Venezia faceva da tramite tra il mondo nordico protestante e il mondo cattolico italiano, perché
aveva una certa indipendenza dal papato, a momenti quasi si separa dal cattolicesimo e si unisce ai
protestanti. Quindi oltre che fonte di notizie, è un posto in cui si possono trovare alleati (gli uomini di Essex
infatti diventeranno diplomatici, accreditati dalla corona, proprio a Venezia).

Questa attività di intelligence dura 5 anni, sempre a spese personali di Essex, ed è importante perché egli non
solo ottiene informazioni importanti decisive per la politica estera inglese, ma riesce a impressionare
favorevolmente la regina con rapporti praticamente settimanali (che da Venezia attraversano l’Europa e
giungono a Londra), tanto che lei nel 1592 lo fa entrare nel Privy Council, gruppo dei consiglieri più vicini
alla corona. Lui è il più giovane tra i membri.
Da qui inizia un lavoro politico mirato, non è solo il favorito della regina, ma uno dei pochi che si riuniscono
formalmente per prendere decisioni e esprimere pareri alla regina.
Partecipa anche ai lavori del parlamento, egli stesso disse che nessun gentiluomo aveva mai lavorato tanto in
parlamento quanto lui (lavorava incessantemente, studiava i provvedimenti, discuteva di questioni, faceva
commissioni, ecc). 

Il giovane Francis Bacon è attratto dal lavoro di Essex, diventa uno dei suoi alleati e collaboratori, e lo
definisce physician of the state (Gajda sottolinea questo). Perché “medico dello stato?”. Nel momento in cui
lo stato passa dal medioevo alla modernità deve rinnovarsi, nelle sue forme, strutture, amministrazione e tipi
di interventi in parlamento. Essex dimostra grande interesse per questo rinnovamento, per l’inizio della

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modernità in Inghilterra. L’apprezzamento di Bacon non è da poco, lo segue per molto (si stacca solo negli
ultimi anni, quando si accorge che la posizione politica di Essex inizi a diventare pericolosa).

Un altro testo che Gajda mette in risalto è un testo che esce apparentemente anonimo nel 1594-95 che si
intitola “The State of Christendom”. Gajda ha le prove che sia un testo del circolo di Essex. Lui non è un
uomo isolato, mette in piedi un ampio giro di persone, tra cui Bacon, per fare un lavoro collettivo da statisti.
Gajda dice oggi si sa che quest’opera anonima è un’opera collettiva del circolo di Essex, gruppo di pensatori
e intellettuali che sono sia letterati, che politici, avvocati, esperti di giurisprudenza, che lavorano insieme per
produrre anche opere anonime come questa.
Quest’opera analizza i vari stati europei per vedere qual è il meglio governato. Si pone il problema delle
strutture dello stato, è chiaro che c’è l’interesse di rinnovare lo stato inglese sulla base del modello europeo.
Le considerazioni su quali siano gli stati meglio governati ci indicano il pensiero di questo gruppo.
Un tratto specifico dell’attività politica di Essex è un’alleanza importante con la Francia di Enrico IV, con il
quale ha sintonia di idee e con cui fa un’alleanza fondamentale di contrasto alla Spagna.
La politica estera di Essex si basa sull’alleanza con la Francia in funzione antispagnola. Ma perché
antispagnola?

2 motivi per cui la Spagna è vista come il grande nemico dell’Inghilterra:


● Spagna è la più grande potenza d’Europa in questo momento, collegata agli Asburgo, e ha una
potente flotta. È un paese coloniale. Minaccia l’Inghilterra di invasione (che prova a compiere nel
1587)
● Problema costituzionale. Non solo la Spagna è un pericolo diretto per l’indipendenza del paese, ma è
anche un esempio di assolutismo regio, qualcosa che Essex definisce come Spanish servitude. Essex
ebbe modo di avere notizie di prima mano sul regno spagnolo e sapeva bene cosa significasse
assolutismo regio e temeva che l‘Inghilterra potesse andare verso forme di assolutismo.

L’odio verso la Spagna non è solo dovuto alla paura che essa potesse sopraffare l’Inghilterra, ma è
soprattutto un odio dovuto a rifiuto e paura della sua forma politica (che tra l’altro si stava diffondendo in
Europa).
Quindi per Essex è importante l’alleanza con Enrico IV contro gli spagnoli. Elisabetta è d’accordo e anche se
c’erano opposizioni all’interno del Privy Council e del governo, tutto sommato vanno d’accordo.

Nel 1598, però, Spagna e Francia firmano la Pace di Vervins, la Francia è spossata dalla guerra contro la
Spagna e la Spagna ha capito che non riesce ad invadere la Francia. Quindi viene meno il grande alleato
francese per gli inglesi, ora la Francia si è legata le mani con la pace e non è più un alleato affidabile contro
gli spagnoli.
Nel 1598 inizia una crisi politica della posizione di Essex. Essex viene accusato di essere l’unico a voler
continuare un atteggiamento ostile nei confronti degli spagnoli. Lui non si fida di loro e si trova per la prima
volta attaccato da una certa fascia politica. Scrive allora la famosa Apology, in cui cerca di spiegare che lui
non è un guerrafondaio che ama la guerra, ma il problema è che ritiene che la Spagna continui ad essere un
pericolo per l’Inghilterra e che bisogna continuare una politica ideologicamente contraria alla Spagna.

Ma di cosa si occupa nello specifico il conte di Essex?


4 aspetti importanti della sua politica:
● Politica sociale
● Politica militare (riforma dell’esercito)
● Politica costituzionale 
● Politica religiosa

Tutto ciò incide sulla politica estera, che continua ad essere a favore della Francia e degli olandesi. 
La politica di Essex dal ’98 entra in crisi, non c’è più quella unità nazionale necessaria nei confronti della
Spagna, non solo a causa della Pace di Vervins, ma anche per altri due motivi:
● Questione della successione della regina. Dal 98 Elisabetta non è più giovane, si teme che la sua
morte possa non essere lontana (lei era stata anche male, poi si riprende. Morirà nel 1603). C’erano
stati momenti di panico, successione difficile perché non aveva figli. Definire la successione in base
alle persone che potevano vantare una parentela con la famiglia inglese non era facile.

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● Problema irlandese. La rivolta in Irlanda, che porta il problema di un intervento militare. Essex viene
nominato a capo dell’esercito per domare la ribellione, ma in realtà sia per motivi politici che per
motivi religiosi (o ideologici in generale) non è così in contrapposizione con gli irlandesi. Cerca di
arrivare ad una pace con loro, cosa che però gli sarà fatale e lo porterà alla contrapposizione con
Elisabetta e i suoi consiglieri, soprattutto con Robert Cecil (figlio di William Cecil), allo scontro
finale e al suo destino di esecuzione capitale nel 1601.

Lezione 4
Nella precedente lezione abbiamo tratteggiato il profilo del Conte di Essex. Dobbiamo dire ancora due parole
sulla crisi che lo porta alla decapitazione nel 1601.
Crisi di Essex
La crisi di Essex comincia nel suo momento di maggiore gloria, cioè con la battaglia di Cádiz, una battaglia
contro gli spagnoli voluta da Essex, il quale temendo come tutti gli inglesi un secondo attacco dalla flotta
spagnola dopo quella della famosa Invincibile Armata o quella precedente dell’87, ha un’idea alla Pearl
Harbour, ovvero cogliere di sorpresa la flotta spagnola nel porto spagnolo di Cadice e distruggerla. Dunque,
organizza con la Regina Elisabetta una spedizione navale con un esercito che arriva all’improvviso nel porto
di Cadice. Sbarca l’esercito, gli spagnoli sono colti di sorpresa, distruggono le navi nel porto. Intervengono
anche nella zona vicino al porto con un’azione militare sul territorio e di fatto rendono impossibile, almeno a
breve, una nuova spedizione spagnola contro gli inglesi, della quale si era parlato negli ultimi tempi e che si
era parecchio temuta. Questa battaglia – che in realtà è un attacco a sorpresa agli spagnoli, ma si svolge
anche sul territorio –, dunque, questa azione militare è di grande successo perché gli inglesi riescono a
distruggere quasi un’intera flotta ancorata a Cadice e quindi a prevenire qualsiasi attacco spagnolo per gli
anni successivi.
In realtà Essex aveva pensato anche ad un’ulteriore seconda parte della missione perché sapeva che doveva
tornare in quei giorni la flotta spagnola dalle colonie americane e pensava anche di attaccare la flotta
spagnola di ritorno e di impadronirsi dei tesori (soprattutto oro) che questi portavano a casa dalle colonie per
le casse dello Stato spagnolo.
L’operazione di Cadice quindi, dal punto di vista militare ottiene il suo scopo dal punto di vista degli inglesi,
perché mette al sicuro per un certo periodo di tempo l’Inghilterra da attacchi spagnoli. Tuttavia, la seconda
parte dell’operazione non riesce, per una questione di giorni non riescono a intercettare la flotta spagnola di
rientro.
Per di più, quando rientra in patria (questa operazione avviene nel ‘96/’97), viene assalito dai suoi nemici e
gli vengono fatte domande su cosa abbia fatto del bottino di guerra (perché naturalmente c’era stato anche un
bottino ricavato dall’attacco sul territorio intorno a Cadice) e viene indirettamente accusato di essersi
appropriato di un ingente bottino. Questo naturalmente offende molto Essex che non era certo un uomo da
riempirsi le tasche a differenza di Robert Cecil che – come dice Susan Doran – si era “lined his pockets with
money”. Infatti, i due Cecil, padre e figlio, in due generazioni riescono a costruire ben tre palazzi di livello
letteralmente reale, laddove Essex inizia e finisce la sua carriera indebitato praticamente, anzi la finisce più
indebitato di quanto fosse all’inizio.
Dunque, per il Conte di Essex l’accusa e l’inchiesta che viene portata avanti al suo rientro da Cadice è
decisamente offensiva. Questa crisi fa da prologo a una crisi di vita di corte, nel senso che quando lui rientra
a partire dal ’98 si pongono altri problemi. Quindi non solo c’è stato questo episodio estremamente
sgradevole per Essex, ma nel ’98 comincia a porsi il problema di una spedizione militare inglese in Irlanda.

Spedizione irlandese
Per questa spedizione in un primo tempo Essex cerca di evitare l’incarico, ma è considerato il migliore
generale inglese della sua generazione, appena rientrato da un’operazione che lui aveva condotto con
successo a Cadice e quindi in un certo senso è quasi costretto ad accettare malvolentieri. Malvolentieri
perché la situazione irlandese era particolarmente difficile, non solo dal punto di vista del territorio e dei
finanziamenti e dell’approvvigionamento per l’esercito, ma anche perché in Irlanda c’era stata la rivolta degli

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irlandesi guidata dal nobile Tyrone che Essex conosceva e che faceva delle richieste che Essex non riusciva a
considerare insensate e ingiuste.
La prima richiesta che gli irlandesi facevano era quella di avere il diritto di continuare a praticare la religione
cattolica. L'Irlanda era ed è sempre stata tipicamente cattolica, laddove gli inglesi con lo scisma si erano
allontanati dalla chiesa romana. Quindi per gli irlandesi era motivo di grande sofferenza non poter praticare
la loro religione, così come per gli inglesi era motivo di grande allarme che gli irlandesi insistessero ad
essere cattolici perché gli irlandesi apparivano più vicini agli spagnoli che erano cattolici e quindi possibili
alleati degli spagnoli. C'era una battuta che diceva che l'Irlanda sarà la porta sul retro per fare entrare gli
spagnoli in Inghilterra.
Poi consideriamo che Essex dal punto di vista della sua politica – avevo parlato anche della sua politica
religiosa –, conduceva una politica religiosa di tipo irenico, come dice la Gadia che parla chiaramente di
Irenicism. Che cosa intendeva [con Irenicism]? Lui voleva la libertà religiosa nell'ambito del cristianesimo.
La sua posizione era: in tutta Europa siamo cristiani non importa se cattolici o protestanti (perché poi c'erano
varie chiese protestanti, vari modi di essere protestanti, a cominciare dalla chiesa anglicana che non
corrispondeva affatto alle chiese protestanti del nord Europa, ma andavano abbastanza d'accordo nel senso
che avevano un comune nemico: la chiesa cattolica romana, il papato. Ma a parte questo dal punto di vista
teologico la questione era problematica: non c'erano vere differenze tra la chiesa anglicana e il cattolicesimo
laddove c'erano tra i protestanti del nord Europa e la chiesa cattolica quindi dal punto di vista teologico la
situazione è piuttosto confusa). Essex aveva teorizzato la necessità intanto di essere uniti come cristiani
contro l'attacco turco che allora era pericoloso indubbiamente e voleva evitare quello che saranno poi le
guerre di religione. Oltre a questo, vedeva addirittura l'utilità di un’alleanza tra i Paesi europei perché
intervenissero semmai contro fenomeni come l’assolutismo regio di Filippo II e dei suoi successori in
Spagna. Quindi voleva addirittura che ci fosse una coesione politica tra gli europei e sperava che l'Inghilterra
potesse far parte di questa Unione in qualche modo. In ogni caso oltre a questo per lui sarebbe stato
imbarazzante andare a negare il diritto di essere cattolici agli irlandesi viste le sue posizioni religiose.
Tra l’altro, uno dei motivi probabilmente per i quali Shakespeare si avvicinò a Essex, entrò nel suo giro, fu
proprio per il fatto che in questo giro erano ammessi diversi cattolici e Shakespeare in particolare sappiamo
che appartiene a una famiglia di origine cattolica, sebbene dalle sue opere non appare particolarmente
impegnato sul piano religioso. Però certamente non poteva non apprezzare, vista l’origine della sua famiglia,
la posizione di tolleranza religiosa tipica del Conte di Essex. Quando Essex si trova di fronte alla difficile
situazione irlandese – dopo avere tentato di evitarla, essere entrato in conflitto con la regina, essersi
temporaneamente allontanato dalla Corte, poi è tornato, eccetera – alla fine decide di accettare che non c'è
soluzione diversa possibile. Anche perché se era il Conte di Essex a fare arruolamento degli uomini, i
giovani correvano ad arruolarsi, perché intanto era considerato un buon generale e in più era noto che
trattava bene i suoi soldati, che si preoccupava di loro, che se erano abili abbastanza li premiava volentieri,
che si occupava anche dei veterani una volta tornati a casa, magari menomati fisicamente mentre di solito
sono abbandonati. Quindi per vari motivi, Essex viene riconosciuto e considerato come il generale adatto per
l'operazione.
Essex parte con un ampio esercito, acclamato da una folla incredibile, però l’operazione militare diventa poi
di fatto, come lui aveva temuto fin dall’inizio, una trappola militare e politica insieme. Cerca di mettersi
d’accordo con Tyrone per i motivi già detti e torna all’improvviso e abbandona l’Irlanda per cercare di fare
accettare le condizioni per una tregua proposta da Tyrone, la cui prima condizione era libertà di religione. La
regina Elisabetta lo ascolta e lì per lì sembra non trovarla nemmeno un'idea così negativa, poi parla con
Robert Cecil e da quel momento non riceve più Essex. Cecil ritiene le condizioni di Tyrone inaccettabili e
ritiene che sia pericoloso fare concessioni ai cattolici, perché temevano possibili ribellioni dei cattolici
inglesi, soprattutto nel Nord dell’Inghilterra, quindi ritiene che una concessione del genere avrebbe potuto
provocare dei contraccolpi importanti per il Paese.
Per di più, era in un periodo in cui si parlava insistentemente della successione perché Elisabetta non era più
giovane – siamo nel 1599/1600 quando quindi Elisabetta decide di non ricevere più Essex per non lasciarsi
convincere dalle sue tesi. Essex entra in difficoltà, viene giudicato dai suoi pari a livello delle azioni politiche
che ha fatto, gli vengono tolte le cariche che aveva, viene di fatto disonorato e soprattutto allontanato dalla
corte. Bacon si era già allontanato da lui un anno prima perché Bacon era d’accordo con le ideologie del
lavoro di Essex, lui aveva definito Essex physician of the state, attratto decisamente dal suo programma
politico, ma quando vede che Essex si oppone alla regina perché lei in questo momento si è avvicinata molto

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di più a Cecil per due motivi (il problema della successione e la questione irlandese) si allontana da lui. La
regina non è più un’alleata e sostenitrice di Essex. Questa situazione viene ritenuta (e giustamente)
insostenibile.
In questi anni la situazione è completamente cambiata Corte. Abbiamo la testimonianza di un ambasciatore
veneziano a Londra che descrive questa situazione come non più il regno di Elisabetta ma come un “regnum
cecilianum”, così scrive facendo una relazione al doge di Venezia e al suo Gran Consiglio. Questa situazione
ci fa capire in quale difficoltà potesse trovarsi Essex. Lo scontro quindi più che con la regina è con Robert
Cecil e lo scontro è mortale come nota Susan Doran nel suo libro del 2014 Elizabeth I and Her Circle (di
Oxford University Press). Lei scrive che per quanto Cecil abbia goduto tutta la sua vita della fiducia della
regina, lei giunge alla conclusione, visto che tra lui e il padre avevano costruito tre palazzi, che lui “lined his
pocket with money”, cioè Susan Doran accusa apertamente i Cecil di peculato e il contrasto rispetto a Essex è
molto forte.
Concludo con questo la crisi finale a cui è arrivato Essex, che arriva al suo esito infausto quando tornato
dalla spedizione irlandese, Essex ormai è in totale crisi e in fallimento economico perché ha speso di suo per
la spedizione irlandese come sempre faceva per ogni spedizione che faceva, specialmente per quelle militari.
Il Rising del 1601
A questo punto è chiaro che il povero Essex deve provare il tutto e per tutto: deve riuscire a ricontattare la
regina per convincerla a cambiare politica. Anche perché stava scadendo l’unico introito che la regina gli
aveva procurato che era l’introito che veniva dai vini dolci dalla Spagna. Quindi era alla bancarotta e
siccome da lui dipendeva l'intero gruppo del Conte di Essex, quindi c'era un intero gruppo di persone che
dipendeva dal suo patronato, dal suo finanziamento, Essex decide di cercare di rompere gli indugi e farsi
ricevere dalla regina Elisabetta, dato che Cecil era riuscito a convincerla a chiudere letteralmente la porta
della corte nei confronti di Essex. Questo tentativo è noto come il Rising del febbraio 1601.
Essex riceve un ordine perentorio del British Council di presentarsi per riferire e rispondere a delle domande.
In realtà qualcuno aveva ha saputo probabilmente attraverso i servizi segreti interni che si stava raccogliendo
un esercito nel Galles perché in effetti gli amici di Essex erano convinti che solo un'azione militare potesse
sbloccare la situazione. Avevano capito che Robert Cecil non avrebbe mai ceduto e che Elisabetta per una
serie di motivi non avrebbe preso un’iniziativa contraria alle intenzioni di Cecil.
A questo punto, avviene un fatto molto importante. Alla vigilia di questa azione Essex decide di scendere per
le vie di Londra visto che hai ricevuto questo ordine di presentarsi al British Council. Si rende conto che
questo è il preludio di un arresto e decide di fare un’azione dimostrativa in città e scende per le vie della città
di Londra con un gruppo di cavalieri, circa 300 uomini armati per sollecitare possibilmente i cittadini di
Londra (anche se così all’improvviso è difficile che ci riuscisse), presso i quali era estremamente popolare,
ad accompagnarlo in un’azione e presentarsi letteralmente davanti alle porte di Westminster e farsi ricevere
dalla Regina.
Lui dichiarò poi al processo che viene fatto per alto tradimento nei suoi confronti che la sua intenzione era –
e da tutto quello che ha fatto sembra che effettivamente così fosse – quella di forzare indubbiamente
l'ingresso nella reggia, inginocchiarsi di fronte Elisabetta e recuperare il suo rapporto con la regina contro
Cecil. Appellarsi a lei e costringerla a scegliere tra lui e Cecil.
Bacon aveva criticato questa scelta, se ne era distaccato e addirittura diventerà uno dei membri dell’accusa
del processo che seguirà quest’azione che fallisce. Perché fallisce? Essex è costretto a scendere all'alba
praticamente per le strade di Londra all'improvviso perché ha ricevuto l'ordine di presentarsi l’indomani
mattina al British Council ed è convinto che sarebbe la fine. Era in vista sicuramente un arresto. A questo
punto, tenta il tutto e per tutto, ma l’operazione non riesce: i londinesi non sono pronti a prepararsi, a reagire.
Un amico che sembrava aver promesso degli uomini armati viene meno, probabilmente considerata la cosa
troppo rischiosa. Di fatto Essex non riesce nella sua operazione, ritorna a casa sua nella Essex House e qui
distrugge tutta la documentazione per non compromettere i suoi alleati, viene poi arrestato e accusato di alto
tradimento, di aver cercato di forzare la mano a Sua Maestà, di aver disobbedito poi anche all'ordine di
presentarsi al British Council. A questo punto il processo ha un esito scontato: in pochissimi giorni, in meno
di una settimana, viene fatto il processo e viene eseguita la sentenza per decapitazione. Una sentenza anche
sgradevole sotto vari profili. Così finisce il Conte di Essex.

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Aspetti che collegano Essex con Shakespeare
La notte prima dell’azione finale disperata, del Rising del 1601, Essex chiede (e finanza) che la compagnia
finale di Shakespeare reciti per i suoi uomini (non va lui, ma manda i suoi uomini) Riccardo II (Richard II).
E c’è da chiedersi perché. Hammer, il primo biografo di Essex analizza questo episodio. Nel Riccardo II, si
vede che Riccardo II viene deposto da Henry (of) Bolingbroke che poi diventerà Enrico IV d’Inghilterra, il
cui figlio, Enrico V, sarà il grande vincitore di Azincourt.
Che succede in questa sera? Perché far vedere ciò a degli uomini che stanno rischiando la vita? Lui stesso li
guiderà in un’operazione estremamente pericolosa, non si faceva illusioni sulle possibilità di vittoria. Non
solo, ma sappiamo che ha deciso di agire evitando di aspettare l’esercito che si era preparato nel Galles (che
era la sua terra di riferimento, era una sua proprietà nella quale aveva passato la sua infanzia). Lui decide di
non aspettare questo esercito che sarebbe stato l’unico strumento per poter avere ragione. A Londra con un
esercito simile avrebbe potuto certamente impadronirsi di Londra, probabilmente della reggia di Westminster
e aveva allertato anche James VI di Scozia perché difendesse i suoi diritti di successione e James avrebbe
potuto mandare a sua volta un esercito di scozzesi. Ma questo è quello che gli uomini di Essex gli
consigliano, ma che lui non vuole giustamente. E perché?
Hammer commenta questo episodio. Essex dissuade i suoi uomini attraverso la visione del Riccardo II di
Shakespeare. Infatti, che succede nel Riccardo II? Riccardo II è un sovrano considerato per vari motivi
debole e inadeguato dai suoi stessi nobili. Henry (of) Bolingbroke decide, anche per rivendicare i suoi diritti
di successione, di tornare dall’esilio a cui era stato costretto anni prima. Decide di tornare in Inghilterra e
trova degli amici nobili pronti a insorgere con lui contro Riccardo II, chiedendo giustizia. Questa
insurrezione si trasforma presto in una deposizione. Alla fine, Riccardo II viene ucciso e sostituito al nuovo
causato a cui dà origine Henry of Bolingbroke. 
Questo cosa significa? Significa innanzitutto un fenomeno di uccisione del monarca precedente, ma apre le
porte anche alla famosa guerra delle rose. Cioè porta ad una lunga guerra civile in cui eserciti inglesi si
scontrano con altri eserciti inglesi che era esattamente ciò che il conte di Essex non poteva permettersi di
rischiare. Perché? Non solo c'era ancora memoria della guerra delle rose e della Guerra dei cent’anni che era
stata lunga, disastrosa ed estremamente distruttiva per il Paese, ma c'era qualcosa di più grave in gioco in
quel momento: visto che la successione di Elisabetta era incerta, gli spagnoli avrebbero facilmente deciso di
intervenire. Quindi la situazione sarebbe diventata gravissima in breve tempo perché ci sarebbe stato
l'interesse degli scozzesi ad intervenire, ma gli scozzesi non erano abbastanza forti per contrapporsi agli
spagnoli. Gli spagnoli erano la grande potenza d’Europa e del mondo in quel momento. Quindi la situazione
sarebbe stata estremamente pericolosa: guerra civile con potenti nemici, interessati a intervenire in
Inghilterra. Quindi il conte di Essex è deciso a dimostrare i suoi uomini attraverso Riccardo II di
Shakespeare che non è il caso di agire militarmente. Bisogna procedere ottenendo il consenso di Elisabetta e
non scatenare una guerra civile.
Hammer è convinto; sostiene questa tesi. Laddove, invece, prima di lui, quando non si sapeva quasi nulla di
Essex, si era pensato che al contrario il Riccardo II di Shakespeare potesse suggerire che bisognava imitare la
rivolta di Bolingbroke. Hammer sostiene in modo molto interessante che, invece, non solo l'intento di Essex
era quello di convincere attraverso il testo shakespeariano i suoi uomini ad agire pacificamente - un atto
dimostrativo ma non militare -, ma aggiunge che questa scelta di Shakespeare serve a provare che
Shakespeare era l'uomo di riferimento per la ideologia [lei dice] di Shakespeare [ma secondo me si è
sbagliata e intende del conte di Essex]. Parla di un “Shakespeare ideolog”, Shakespeare era l’ideologo del
gruppo e in effetti vista la gravità del momento, questa scelta incredibile alla vigilia di un’azione così
rischiosa suggerisce veramente l'importanza che Essex dava al pensiero e quindi alle scelte messe in scena
nel teatro di Shakespeare. Questa vicenda di Essex quindi si chiude in modo così triste con questa esecuzione
e con questa partecipazione di Shakespeare indirettamente. Ma c’è ben altro.
La cosa che più ci avvicina a Shakespeare, la cosa più interessante su cui Gajda scrive è che Essex mette in
piedi il cosiddetto circolo di Essex, l’Essex Circle. Cos’è? Qui ci avviciniamo alla posizione di Shakespeare,
il fatto decisivo è proprio l’esistenza di questo Circolo di Essex, di cui abbiamo praticamente prova che quasi
certamente Shakespeare ne faceva parte.

Shakespeare e il circolo di Essex

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Nel 1588 Essex aveva ereditato la casa del patrigno Leicester che era stato l’uomo che Elisabetta avrebbe
desiderato sposare se avesse potuto farlo. Nella casa di Leicester (Leicester House), divenuta nel frattempo
Essex House, si riprende con Essex una tradizione che c’era già stata con Leicester, cioè c’era già stato un
circolo di Leicester, di uomini colti che aveva ospitato in particolare Giordano Bruno. Giordano Bruno era
venuto in Inghilterra e descrive la famosa cena delle ceneri del 1584, il 14 febbraio, a cui aveva partecipato,
organizzata da Fulke Greville insieme a [sir Philip] Sidney nel giro del Conte di Leicester, cioè nella prima
parte del giro che poi diventerà il giro del Conte di Essex, ovvero il giro che era stato del patrigno del Conte
di Essex. Quindi Essex aveva già un antecedente nella stessa casa (Leicester House) che non fa altro che
riprendere, continuare. Questa House diventa Essex House e insieme a Sidney, uno dei suoi migliori amici, e
a una serie di altri personaggi che sono il fior fiore dell’intelligenza letteraria inglese del periodo riprende la
consuetudine di un circolo di intellettuali che mettono in comune i problemi politici con la letteratura e con
la cultura giuridica e scientifica (con Bacon). Tra i membri ci sono varie competenze che si raccolgono in
questo Essex Circle, tra cui la Gajda mette in risalto la collaborazione tipica di questo circle tra la letteratura,
la politica e la legge in particolare. Poi c’è anche un’attività di intelligence che viene portata avanti.
Questa organizzazione, questo circle che viene messo anche in luce dalla Gajda, si basa anche su una
premessa sociale molto interessante, cioè che per Essex non conta la distanza sociale che allora era tipica
nella società inglese tra la nobiltà inglese, l’aristocrazia, che era un mondo totalmente diverso da quello dei
non aristocratici. Qui il Conte di Essex insiste invece sul concetto che la vera differenza tra gli uomini non è
il rango sociale di appartenenza ma è il concetto di merito. Insiste sul concetto di merito e su quelle che i
sociologi definiscono le qualità personali acquisitive rispetto alla qualità ascritte, cioè quelle che dipendono
dai diritti della nobiltà di sangue sulle quali invece la nobiltà ovviamente insisteva.
Essex, che abbiamo visto essere molto orgoglioso dei suoi studi, è “uno scholar, un soldier, un courtier”
esattamente come Amleto viene definito da Ofelia e questo era insolito perché di solito chi era un soldier
difficilmente era uno scholar e viceversa. Magari courtier poteva andare anche bene con scholar o con
soldier, ma tutte e tre insieme era veramente raro. Dare quelle tre definizioni di Amleto equivaleva in quel
momento storico-sociale ad alludere al Conte di Essex. Quando Ofelia dice questo di Amleto è come se
dicesse Amleto sta per il Conte di Essex in una somma eccezionale di ruoli. 
L’Essex Circle si basa sul fatto che il Conte di Essex vuole mettere insieme competenze diverse, punta sul
merito (la virtus, quindi sulle qualità personali e non sull’ascrizione sociale) e quindi rende anche i contatti
all’interno del gruppo ovviamente molto più collaborativi: è diverso se si ha un contatto tra un aristocratico e
un non aristocratico in una prospettiva ideologica di questo tipo; è chiaro che la collaborazione è reale,
laddove nella società corrente dell’epoca questa collaborazione sarebbe stata difficile. Vi avevo anche
accennato che i nobili andavano all’università di Cambridge, ma non volevano sottoporsi agli esami dei
docenti dell’università perché loro si sentivano al di sopra socialmente. Essex invece che aveva sostenuto gli
esami e riconosciuto la superiorità delle competenze dei docenti naturalmente non ha di questi problemi. 
Chi fa parte dell’Essex Circle?
L’Essex Circle raccoglie i migliori cervelli dell’epoca, è impressionante.
1. Francis Bacon che è il primo a entusiasmarsi dell’opera e dell’ideologia politica e sociale di Essex.
Francis Bacon viene dalla Gray’s Inn e garantisce anche un rapporto con il circolo e coloro che ne
fanno parte, tra cui Shakespeare che ha un rapporto privilegiato con la Gray’s Inn, una delle quattro
Inns of Court di cui vi ho già parlato.
2. Suo fratello Anthony Bacon, grande esperto di intelligence. Dopo anni di esperienza di intelligence
in Francia per conto della Corona, rientra Londra e diventa il più fedele amico del Conte di Essex.
Quindi i due fratelli Bacon costituiscono un binomio importante.
3. Sir Philip Sidney che addirittura regala la sua spada morendo a Zutphen, che anche però l’autore
dell’Arcadia, di Astrophel and Stella, uno dei maggiori nomi della letteratura di questo periodo. 
4. Edmund Spenser, altro grande nome. Autore della Faerie Queene, molto complesso e difficile, oggi
poco studiato, ma certamente grande opera letteraria.
5. Fulke Greville, scrittore meno noto perché scriveva privatamente. Scrive tre drammi tutti a sfondo
politico, con intenti politici: Mustapha, Alaham e un Antonio e Cleopatra che anticipa quello di
Shakespeare e scrive una serie di poesie Caelica. I suoi drammi non li dà un pubblico, ma
privatamente. Sono drammi che vengono visti nel chiuso delle case del giro.

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6. Esperti di storia latina, in particolare: Henry Cuffe, un esperto di letteratura latina e di Orazio, e
Henry Wotton, che farà una carriera di ambasciatore a Venezia.
7. Alberico Gentili, italiano che si era trasferito a Londra ed era un esperto di diritto, amico di due
docenti di Cambridge.
8. Anthony Perez, era stato segretario di Filippo II, si era rifugiato nella Essex House, accolto da Essex
perché aveva portato preziose notizie su quel che succedeva nella Corte spagnola di Filippo II.
9. The Earl of Southampton, il secondo patrono di Shakespeare, che a sua volta è collegato con John
Florio, il suo docente di italiano, il traduttore di Montaigne.
Due donne di spicco che giocano un gioco importante:
10.  Penelope Devereux, la sorella del Conte di Essex che sposa un uomo molto ricco come dice il
cognome (Rich), ma era infelice di questo matrimonio. Si era sposata molto giovane per convenienza
economica. Dopo la spedizione del padre di Essex in Irlanda, i Devereux non erano più tanto ricchi,
quindi Penelope era stata sposata contro la sua volontà. A un certo punto decide – in modo inconsueto,
scandalistico e scandaloso per l’epoca– di fare un accordo col marito perché hanno dei figli insieme: lei
continua ad aiutare il marito in vari frangenti, anche in questioni giuridiche (perché lei in realtà è molto
esperta di giurisprudenza come viene fuori da diversi documenti) e soprattutto decide di risposarsi di
fatto, anche se non in modo riconosciuto dalla chiesa anglicana, con l'uomo che ama, l'uomo del quale
nel frattempo si è innamorata (il barone di Mountjoy, uno dei principali alleati ed esponenti dell’Essex
Circle).
Quindi Penelope Rich è un personaggio assolutamente fuori dal comune per molti motivi. Intanto perché si è
permessa, da nobildonna di spicco com’è, la sorella del Conte di Essex, favorito della regina, di convivere
pubblicamente, quindi con pubblico scandalo, con l'uomo che ama (ovvero Mountjoy), pur continuando ad
avere dei rapporti d'amicizia e domestici per i figli con il vero marito, quello riconosciuto come tale. Ma per
di più diventa un personaggio ancora più importante grazie al fatto che Essex aveva ospitato Perez che era
venuto dalla Spagna ed era diventato segretario di Filippo II. (Penelope Rich che era stata educata
privatamente come succedeva nelle grandi casate nobiliari conosceva latino greco italiano francese e anche
lo spagnolo.) Penelope Rich in realtà grazie alla conoscenza di questo Perez che era stato segretario del re di
Spagna e quindi anche esperto dei servizi segreti apprende privatamente tramite Perez che poi la mette in
contatto con alcuni noti agenti europei e diventa una vera e propria esperta di servizi segreti. In particolare,
diventa famosa per aver decriptato uno dei codici più importanti che circolavano in Europa, probabilmente di
origine veneziana perché i veneziani erano stati i primi esperti di criptazione per i servizi segreti.Penelope
Rich a questo punto si rende importante sia gli occhi di James di Scozia (lavora per lui e lo colpisce per la
sua preparazione) sia per la regina Elisabetta, tanto che è stata poi definita dagli studiosi come un'esperta
dietro il trono della regina. La regina sa che può fidarsi di Penelope Rich e quindi lei gode di un prestigio
senza precedenti per una dama della nobiltà. Per di più nel circolo di Essex, di cui lei fa parte, c'è un altro
personaggio femminile di primaria e insolita dimensione:
2.  La sorella di Sidney che poi diventerà contessa di Pembroke, quindi siamo sempre nel giro di
Shakespeare. Mary Sidney diventa la signora della Wilton House, diventando contessa di Pembroke. Wilton
House diventa famosa come accademia di intellettuali gestita da lei. Quindi ci sono queste due figure: [Mary
Sidney e] Penelope Rich, con questa fama di intelligence, di cultura anche giuridica. È stato riportato che
quando il marito [di Penelope] è entrato in difficoltà e rischia che gli portino via delle proprietà attraverso
cavilli giuridici, lui si rivolge a Penelope Rich. Infatti, con ogni probabilità è Penelope Rich il modello della
Portia del Mercante di Venezia che con successo svolge un ruolo di avvocato a Venezia. Tra l'altro Penelope
Rich viene chiamata con il nome in codice di Rialta, quindi rimanda al nome del ponte di Rialto a Venezia.
Quindi c'è probabilmente un’allusione, un nesso, anche se non chiarissimo per noi, tra Penelope Rich e i
servizi segreti inglesi a Venezia, anche perché nei suoi documenti William Cecil (padre di Robert) la chiama
Rialta in codice che è un nome piuttosto curioso, ma chiaramente allusivo.
Quindi nel circolo di Essex, abbiamo una combinazione assolutamente insolita di pensiero politico e
letteratura, più anche la componente di intelligence. Non dimentichiamo Anthony Bacon, grande esperto di
intelligence, e la funzione di Penelope Rich, ma anche di Essex stesso, perché Essex mette in piedi un
servizio di intelligence dal ‘90 al ‘95 importante che manda rapporti settimanali alla regina in una fase critica
soprattutto nei rapporti con la Spagna. Quindi a questo punto abbiamo un quadro importante sul quale la
Gajda attira l'attenzione dicendo “non ho mai visto una situazione analoga in cui letteratura e politica si
diano la mano per così dire” e quindi invita a studiare da questo punto di vista la figura di Sidney da un lato e

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la figura di Shakespeare dall’altro. Da qualche tempo sto raccogliendo questa esortazione della Gajda; lo
considero in qualche un mandato culturale del lavoro della Gajda.

Fin qui abbiamo qualche probabilità, ma non abbiamo nessuna chiara evidenza, nessun documento che provi
il rapporto tra Shakespeare e il circolo di Essex. C'è però quest’ipotesi forte della Gajda che sottolinea
l’importanza di questo rapporto anche per la storia delle idee. Dice: “se c'è, bisognerebbe scavare in questo
rapporto tra letteratura e politica senza precedenti e non tanto ripetibile nella storia della letteratura, nonché
della politica; cioè qui c'è un gruppo di pensatori che lavorano insieme”.
Questa osservazione riceve una conferma più o meno negli stessi anni o meglio: mentre la Gajda sta finendo
il proprio libro che esce agli inizi del 2012, a febbraio 2012, alla fine del 2011 esce un altro libro di un altro
studioso, Ian Donaldson, che si occupa di letteratura. In particolare, è il maggior esperto al mondo di Ben
Jonson, altro grande autore, il secondo autore considerato dopo Shakespeare il più importante del periodo.
Ma Ben Johnson è molto interessante perché è molto vicino a Shakespeare e lavora per la compagnia di
Shakespeare ed è l'autore dell’introduzione all’in-folio, in cui Ben Jonson presenta Shakespeare come colui
che ha fatto un'opera per tutte le epoche, per tutti i tempi, cioè il primo a riconoscere adeguatamente il merito
di Shakespeare.
Donaldson dimostra nel 2011 – probabilmente perché aveva già parlato con la Oxford University Press come
con la Gajda, siamo nell’ambiente di Oxford, quindi probabilmente i due avevano parlato –, Donaldson
prova nel suo libro, un libro molto grosso più di 500 pagine, che Ben Jonson faceva sicuramente parte del
circolo di Essex. Fa tutta una serie di ragionamenti e ha dei documenti che lo portano a dimostrare due cose:
che ben Jonson faceva parte del circolo politico del Conte di Essex e che all'interno di questo circolo politico
gli scrittori come Ben Johnson possono interagire in termini familiari praticamente con persone d'alto rango,
con nobili di alto rango del Paese.
Quindi la cosa è estremamente interessante perché ci fa capire che tipo di rapporti c'erano e – già abbiamo
notizie dell’Essex Circle, poi se consideriamo questa prova portata da Ian Donaldson cominciamo a capire
che – doveva esserci con ogni probabilità, vista la vicinanza tra Shakespeare e Ben Johnson, anche qualche
rapporto (che la Gajda ipotizza) tra Shakespeare e il gruppo di Essex.
Con questo possiamo considerare conclusa la parte di riferimento alla biografia del Conte di Essex, alla quale
poi ritorneremo quando ci servirà.

Robert Greene e Thomas Nashe


A questo punto, a questa informazione storica possiamo aggiungere un'informazione, una documentazione
che ci era già arrivata da due autori contemporanei a Shakespeare. Sono due autori di teatro: Robert Greene e
Thomas Nashe. Il primo muore giovane a 34 anni; Nashe è suo amico e suo allievo. Loro avevano lasciato
dei commenti e delle osservazioni sulla prima parte della carriera di Shakespeare. Questi commenti che
erano stati fatti nei primi anni della carriera di Shakespeare – Shakespeare comincia a emergere negli anni
'80 e nei primi anni '90 – erano stati considerati curiosi e strani, non si erano capiti.
Ma se noi andiamo a riprendere i commenti fatti da Greene e soprattutto quelli fatti da Nashe e li
confrontiamo con il discorso fatto dalla Gajda sul circolo di Essex e con le dimostrazioni fatte da Donaldson
per dimostrare il rapporto tra Ben Jonson il circolo di Essex, allora il cerchio si chiude. Il cerchio si chiude e
viene fuori una dimostrazione abbastanza evidente del rapporto tra Shakespeare e il circolo di Essex. A
questo punto vengono fuori diverse informazioni che fino a ieri non erano credibili: eravamo rimasti
perplessi di fronte a questi cenni strani che avevano fatto Greene e Nashe. Ma nel nuovo contesto creatosi
dopo il recupero della figura del Conte di Essex, il discorso cambia.
Greene in particolare è uno strano personaggio, del quale è stato scritto giustamente da Stephen Greenblatt
che probabilmente è il personaggio che ha ispirato la figura di Falstaff, del grasso Falstaff nei tre testi di
Enrico VI ed Enrico V di Shakespeare. Questo personaggio è un personaggio che muore giovane, a 34 anni
in miseria, ma è uno strano personaggio perché lui e il suo amico Thomas Nashe avevano tentato la carriera
di scrittori, orgogliosi di avere studiato entrambi a Oxford; erano laureati due volte con un master sia a
Oxford che a Cambridge, entrambi. Quindi erano orgogliosi della loro scholarship, della loro preparazione.
Avevano tentato la carriera di scrittori e di attori di teatro, ma fino a una certa data Nashe con uno scarso

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successo e Greene decisamente senza successo, o meglio: ha un certo successo, qualcosa guadagna, ma poi
distrugge tutto quello che ha guadagnato per la vita che conduce. Di fatto muore a 34 anni in miseria, avendo
scritto qualche testo con qualche notorietà, ma di cui oggi non è rimasto nulla. Oggi nessuno andrebbe a
vedere a teatro Friar Bacon and Friar Bungay e neanche le opere di Thomas Nashe, però per noi sono
interessanti. Perché?
Abbiamo due testimonianze: una di Greene e una di Nashe. Cominciamo da Greene. Dunque, questi due
personaggi sono orgogliosi della loro cultura universitaria e si accorgono a un certo punto, verso la fine degli
anni '80 e gli inizi degli anni '90 (dal ‘90 al ‘92), si rendono conto che c’è una nuova stella nata nel
firmamento teatrale londinese che si chiama William Shakespeare e questo per loro è scandaloso perché
William Shakespeare non è laureato. Loro hanno ben due lauree, di Oxford e Cambridge e William
Shakespeare non è laureato, eppure lui ha un successo non paragonabile al loro. A questo punto sono
iracondi e Greene in particolare fa un famoso attacco di cui c'era giunta notizia perché era evidente che il
riferimento era a Shakespeare e definisce Shakespeare come un “upstart crow”, un corvo ribelle, uno che era
venuto dal basso e improvvisamente aveva superato i limiti sociali e si era fatto una fortuna, si era affermato.
Questo per lui è uno scandalo.

Lezione 5 

L’ultima volta si è visto come Robert Greene e Thomas Nashe abbiano ingaggiato, intorno al 1590,
un’azione di protesta nei confronti di William Shakespeare, il quale aveva riscosso un successo tale da
oscurarli. Questo aveva indispettito Greene e Nashe, entrambi laureati a Oxford e Cambridge con doppia
laurea, perché Shakespeare non aveva invece conseguito nessuna laurea ed era comunque diventato più
celebre di loro. 
La critica che Greene e Nashe muovono nei confronti di Shakespeare è di matrice sociale. Il nome di
Shakespeare non è mai citato direttamente, ma l’allusione è inequivocabile. L’autore viene definito shake-
scene e upstart crow. Che si parli di Shakespeare risulta evidente anche perché si cita un verso dell’Enrico
VI. Lo scandalo, secondo Greene e Nashe, consiste nel fatto che Shakespeare non sia un uomo libero ma un
serving man, un uomo al servizio di qualcuno. Per questo viene definito Johannes Factotum, un tuttofare che
lavora per conto di altri (chiaramente il conte di Essex), mentre Greene e Nashe sono uomini laureati che
esercitano liberamente la professione di scrittori, dunque appartengono a tutt’altra categoria sociale. Un’altra
allusione alla condizione di Shakespeare sta nell’espressione buckram gentleman. Con buckram si indica
infatti la tela rigida utilizzata per fabbricare borse e valigette porta documenti dei diplomatici. Un buckram
gentleman, di conseguenza, è chi porta con sé documenti e carteggi, cosa che Shakespeare faceva per conto
del Conte di Essex. Un’altra accusa mossa nei confronti di Shakespeare è che sia divenuto famoso sfruttando
il tempo libero che il suo lavoro per il conte di Essex gli lasciava a disposizione. Quando non lavorava,
infatti, pare che Shakespeare passeggiasse nel centro di Londra o scrivesse le proprie opere. Tale
atteggiamento viene definito serving man’s idleness. Le passeggiate per la city of London lasciano dedurre
che Shakespeare lavorasse a casa del conte di Essex, perché da lì il centro risultava facilmente raggiungibile.
Dunque Shakespeare lavora per il conte di Essex, svolgendo le mansioni di un diplomatico o dell’aiutante di
un avvocato (noverint), conduce una vita agiata, passeggia e scrive: per Greene e Nashe la sua posizione gli
assicura un indebito vantaggio. 

Nashe fan anche delle considerazioni sulla funzione del teatro, che ritiene essere una forma di
intrattenimento utile a evitare che i giovani vadano a far baldoria nelle taverne. Oltre a questo, le opere
teatrali servono a esaltare le gesta eroiche dell’aristocrazia e dell’esercito inglese nelle grandi battaglie del
passato. Una visione piuttosto limitata. 
A questo Shakespeare risponde nell’Amleto, esponendo in tre punti la propria visione e definizione del
teatro, che ai lettori contemporanei risulta comprensibile solo alla luce delle recenti scoperte sul circolo di
Essex e sulle attività che vi si svolgevano.
 Alla diatriba sul teatro si aggiunge un’ulteriore polemica. Greene aveva infatti definito Shakespeare « an
upstart crow beautified with our feathers», ma la parola beautified non esisteva nella lingua inglese, era
un’invenzione di Greene. Shakespeare non perde l’occasione di farlo notare, riprendendo la parola nel suo
Amleto in riferimento a Ofelia (Amleto scrive di lei che è the most beautified Ofelia). Nell’opera, Polonio
reagirà alla parola con grande sorpresa. In questo modo Shakespeare critica indirettamente le capacità
linguistiche di Greene, mettendo in dubbio la sua bravura di scrittore. 

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Attraverso queste critiche reciproche, però, si apprendono molte informazioni importanti che chiariscono le
reali condizioni sociali di Shakespeare. Egli lavorava per il conte di Essex, e questo non conferma soltanto
l’esistenza dell’Essex circle, ma anche il fatto che all’interno del circolo ci fossero le condizioni ideali per
istruirsi e partecipare alla cultura contemporanea. Arrivavano persino libri di testo da Oxford e Cambridge,
quasi il circolo fosse un’università a tutti gli effetti. Shakespeare ha quindi avuto accesso, di fatto, alla
migliore forma di istruzione disponibile nel Paese all’epoca. Ecco che si risolve il cosiddetto authorship
paradox. 
Dicendo che Shakespeare fosse un serving man e il factotum del conte di Essex, Greene e Nashe
testimoniano in realtà quale fosse l’importanza di Shakespeare all’interno del Circolo: se passava ore
nell’abitazione di Essex non poteva che essere una figura fondamentale e rispettata. 
Questo rivela inoltre l’importanza del patronage system, perché per non incappare in rischi legati alla
censura, in particolare se si scriveva di fatti contemporanei, era necessario avere un protettore. Ecco perché
per Shakespeare era fondamentale la vicinanza a Essex. Infatti Nashe cercò in tutti i modi di convincere
Essex ad accettarlo nel Circolo (cosa che in parte ottenne, perché per breve tempo fu sotto il patronato di
Southampton, molto vicino a Essex, ed ebbe successo con l’opera Pierce Penniless). 

In questa fase preliminare alla lettura dell’Amleto si è acquisita una comprensione del contesto in cui opera
Shakespeare e del perché nel testo siano state fatte determinate scelte. Si è chiarito come mai Amleto venga
definito da Ofelia soldier, scholar and courtier, nonostante l’associazione di queste tre caratteristiche fosse
molto rara. Nel caso del conte di Essex ognuna di queste definizioni corrisponde al vero: Essex era
considerato un grande stratega e un membro eminente della società militare dell’epoca, tanto da aver operato
una grande riforma organizzativa dell’esercito, era uno scholar, circondato dalle migliori menti dell’epoca, e
indubbiamente un courtier, parte dell’entourage della regina e immerso nella politica contemporanea. 
Si è chiarito anche il ruolo del patronato del conte di Essex, che creò le condizioni ideali per permettere a
Shakespeare di acquisire le competenze necessarie a produrre opere così rilevanti dal punto di vista
giuridico, storico e psico-antropologico. Opere molto lontane dall’incarnare gli ideali di patriottismo e
nazionalismo promossi da Nashe, che scriveva per tenere i giovani lontani dagli eccessi dell’alcol e del
sesso, intenti piuttosto modesti. 

OSSERVAZIONI SULLA PREFAZIONE DI HIBBARD (OXFORD UNIVERSITY PRESS)

La prima osservazione di Hibbard sull’Amleto è che l’opera ha un carattere fortemente personale. Secondo la
sua teoria, infatti, la ben nota melanconia di Amleto (to be or not to be) è riconducibile al Sonetto LXVI, in
cui Shakespeare scrive «for restful death I cry». Si riscontra quindi una corrispondenza tra la tentazione
suicida di Amleto e quella di Shakespeare. Il dolore dell’autore, in realtà, è comprensibile in quanto legato
alla morte del conte di Essex, che era stato per lui molto più di un patrono, quindi la sua era autentica
partecipazione umana. 
La seconda osservazione riguarda la scelta della versione da pubblicare tra le tre esistenti: Q1, Q2 e F1.
Queste denominazioni indicano dei formati editoriali: primo in quarto, secondo in quarto e primo in folio.
L’in folio era la versione più prestigiosa, perché l’in folio era il formato più grande in assoluto, mentre il
quarto si otteneva dividendo il foglio (folio) in quattro parti.
Il primo in quarto (Q1) risale al 1603 ed è una versione un po’ confusa dell’opera, probabilmente trascritta a
memoria da qualche attore, e per questo tenuta in scarsa considerazione. Il secondo in quarto (Q2) è già
molto più autorevole, e risale al 1604-1605 circa, mentre il primo in folio viene datato al 1623 (Shakespeare
muore nel 1616).
Per l’edizione Oxford University Press, Hibbard decide di combinare F1 e Q2, perché Q2 aveva alcune scene
in più (230 versi), che in F1 mancavano, probabilmente erano state tagliate. Le scene mancanti saranno
inserite in appendice. 
Anche la datazione dell’opera ha posto diversi problemi. Si sa con certezza che il testo viene registrato nel
1602 nello stationer’s register per il diritto di stampa. Il titolo è Revenge Hamlet, la compagnia a cui viene
attribuito è proprio quella di Shakespeare, ma la data di composizione è incerta. Si suppone, sulla base di vari
indizi, che sia tra il 1600 e il 1601 (Restivo propende per il 1601). La prima rappresentazione a corte di cui si
abbia evidenza è del 1619, quindi ben dopo la morte di Shakespeare. 

Uno dei documenti di riferimento utilizzati come indizi è un libro di Gabriel Harvey, docente a Cambridge.
Tra i suoi appunti Harvey scrive che suggerisce ai propri studenti di leggere l’Amleto, e che anzi il testo è
molto apprezzato dagli studenti più brillanti. Da questo si evince che il testo fosse già noto all’epoca, ma non

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si sa con certezza a quale anno risalgano gli appunti di Harvey, dal momento che il libro era stato acquistato
nel 1598 e gli appunti riguardano fatti successivi. 
Tra le note di Harvey si fa riferimento anche al conte di Essex (si dice che il conte di Essex avesse
apprezzato una certa opera), quindi si suppone che il conte di Essex fosse ancora vivo quando uscì l’Amleto
(morì nel febbraio del 1601). In realtà questa non è una vera e propria prova, dal momento che Harvey può
aver scritto del conte al presente nonostante fosse morto. 
Un’allusione più utile alla datazione dell’opera, invece, è il riferimento nell’Amleto ai Children of the
Chapel. Si trattava di una compagnia teatrale di bambini che recitavano al Blackfriars Theatre, un teatro
elitario, e facevano così concorrenza alle compagnie teatrali di adulti. In particolare si dice che i Children of
the Chapel avessero scatenato svariate polemiche perché avvantaggiati dal fatto di avere voci infantili, quindi
perfette per recitare ruoli femminili e più gradevoli all’orecchio del pubblico. In ogni caso, quel che conta è
che il riferimento a questa compagnia teatrale collochi il testo intorno al 1601-1602. Qualcuno dice che tale
riferimento possa essere stato aggiunto al testo successivamente, ma non se ne vede la ragione, dunque è
poco probabile. 

L’ipotesi del 1601 è confermata dal fatto che nel 1601 sia stato viene ristampato (per la prima volta dopo il
1570) l’Amleto di Saxo Grammaticus, che costituisce una delle fonti utilizzate da Shakespeare per il suo
Amleto. 
La vicenda di Amleto attinge infatti a due fonti. La prima è la Historiae Danicae Libri (Libri della storia
danese) di Saxo Grammaticus, che fornisce il nucleo centrale della vicenda di Amleto. 
La storia narra di due fratelli, Horwendill e Feng, che diventano governatori dello Jutland per conto del re
RØrik di Danimarca. Horwendill sfida il re di Norvegia in duello, e vincendo si appropria di tutti i suoi averi
e delle sue terre. Come premio, riceve anche in moglie la figlia del re Rørik di Danimarca, diventando così
suo legittimo successore. I due hanno un figlio di nome Amleth. Feng però, geloso del fratello, lo uccide e
sposa la vedova. Amleth si rende poi conto che il padre è stato ucciso e si sente in pericolo. Per guadagnare
tempo e sfuggire alla violenza dello zio/patrigno finge la follia, mentre trama la propria vendetta. Si tenterà
di smascherare Amleth con vari stratagemmi, ma lui persevererà. La figura dell’Amleto del Saxo
Grammaticus non prova alcuna malinconia, non ha dubbi sul fatto che il padre sia stato ucciso e su chi sia
stato a ucciderlo, ucciderà lui stesso senza remore, è astuto e non esita a compiere la vendetta. Dunque
Amleth non è l’eroe shakespeariano. 
La seconda fonte è un testo dell’attore francese Belleforest, che riprende la storia dell’Amleto nelle sue
Histoires Tragiques, stravolgendo però il personaggio. Amleth, divenuto nel frattempo Hamlet, diventa
infatti un personaggio colto, intellettuale e malinconico. Ciononostante, in questa seconda versione di
Belleforest mancano una serie di elementi fondamentali che verranno introdotti da Shakespeare: il dubbio su
chi sia l’assassino, il fantasma del padre, il generale clima di incertezza. 
Shakespeare aggiungerà nell’opera anche le figure degli attori, che gli servono per parlare della sua
concezione di teatro, in contrapposizione a quella di Nashe di cui si è parlato sopra.
L’Ur-Hamlet è un altro testo, di autore sconosciuto, che tratta della figura di Amleto. Questo però era stato
screditato e pesantemente deriso, in quanto appariva ridicolo che l’unica cosa che facesse il protagonista
fosse gridare vendetta, sollecitato da un fantasma. Era insomma semplicemente una vicenda sopra le righe
con un protagonista dalle smanie bizzarre. 
Nel momento in cui Belleforest ha reso quello stesso personaggio melanconico e intellettuale, uscendo dal
registro tragicomico a cui apparteneva, e creando un’atmosfera seria e suggestiva, si è creato un retroterra
adatto perché Shakespeare potesse riprendere il personaggio, riscrivendo ampiamente la vicenda. 

Introduzione all’analisi del testo


Il testo inizia con due sentinelle, Bernardo e Francisco, che stanno facendo la guardia al castello di Elsinore e
discutono di un’apparizione che hanno già visto per due notti consecutive. Il testo si apre quindi con una nota
stupefacente, perché si parla di una presenza sovrannaturale che si teme possa tornare, dunque si crea
un’atmosfera surreale. Arrivano subito dopo due compagni a dare loro il cambio, Marcello e Orazio, e i
quattro personaggi continuano a conversare finché non arriva il fantasma. Orazio, considerato dai compagni
un uomo colto in quanto studente di Wittenberg, viene incaricato di parlare con il fantasma e infatti lo
identifica subito. Il fantasma, in armatura con visiera alzata e mazza in mano, ha l’aspetto del precedente re
di Danimarca. 

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Dal momento che per i protestanti il Purgatorio non esiste, era chiaro che quel fantasma venisse dall’inferno.
È importante ricordarsi che nell’ottica del Vangelo una richiesta di vendetta non può che essere negativa, e
chiarirlo è fondamentale affinché Amleto decida come rapportarsi al fantasma. 

Lezione 6
BREVE RIEPILOGO DELLA LEZIONE 5 (SCENA I)
● L’Amleto inizia con un colloquio tra due sentinelle. Esse parlano dell’apparizione di un fantasma,
avvenuta già due volte sugli spalti del castello di Elsinore
● Le sentinelle invitano Orazio (amico colto del Principe Amleto, studente all’università di
Wittenberg) perché possa parlare con il fantasma
● Orazio accetta l’invito e cerca di parlare con il fantasma che non risponde

● Alla fine del colloquio abbiamo ottenuto due informazioni importanti:


1. L’identità del fantasma: Il fantasma riproduce le fattezze del Re di Danimarca (=Il padre di
Amleto). Era morto recentemente. Il fantasma non intende parlare con loro 🡪 decidono di farlo
incontrare con il figlio Amleto
2. La natura stessa del fantasma: La prima volta che Orazio tenta di parlare con il fantasma,
questo all’improvviso si dilegua non appena il gallo inizia a cantare. Orazio spiega come
secondo una tradizione religiosa il canto del gallo dovesse dissipare tutte le presenze maligne.
Secondo una promessa divina il giorno in quel periodo dell’anno che precedeva Natale doveva
essere libero da presenze malefiche.

● Alla fine del tentativo fallito di Orazio di parlare con il fantasma, Orazio afferma 
“And then it started, like a guilty thing. Upon a fearful summons.”
● Il fantasma è un “guilty thing”, perché è dovuto sparire al canto del gallo. Probabilmente è un
fantasma infernale

●  Chiamano Amleto perché parli lui con il fantasma. Quest’ultimo si presenta esattamente come il
padre di Amleto (= il defunto Re di Danimarca)

● La natura del fantasma viene rimessa in discussione: da dove viene il fantasma?


1. dal purgatorio: la sua richiesta può avere un significato giusto e positivo, la sua rivelazione
può essere corretta
2. dall’inferno: può essere una trappola per dannare l’anima di chi lo ascolta

● Orazio chiarisce che c’è stato un patto antecedente importante: una sfida tra il Re di Danimarca e
Fortinbras. L’ultimo, avendo perso la sfida, ha dovuto cedere delle terre
● Il figlio di Fortinbras vuole riprendersi i beni che erano andati al Re di Danimarca

SCENA II
● Si svolge a corte
● Sono presenti: Re Claudio (= il nuovo Re di Danimarca), la Regina, alti funzionari, principe Amleto,

● Re Claudio fa un discorso di Stato:


“Though yet of Hamlet our dear brother's death
The memory be green, and that it us befitted
To bear our hearts in grief and our whole kingdom
To be contracted in one brow of woe,
Yet so far hath discretion fought with nature
That we with wisest sorrow think on him,
Together with remembrance of ourselves.”

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● Il nuovo Re Claudio chiarisce
1. Che è salito da poco al trono
2. Che è ancora in lutto e che è addolorato per il morto del fratello
3. Ma che si deve procedere a occuparsi dello Stato.

● Spiega inoltre che ha rapidamente sposato la vedova del fratello (= La Regina Gertrude). Il
matrimonio si svolge meno di un mese dal funerale del fratello.

PERCHÉ COSÌ PRESTO?


1. Il figlio di Fortinbras ha messo in piedi un esercito per venire a rivendicare le terre perse
dal padre 🡪 Situazione di pericolo
2. Secondo una legge la vedova ereditava, per 40 giorni dopo il morto del marito, tutte le
sue proprietà. Dopo quel periodo la vedova perde una parte della proprietà. Durante i
primi 40 giorni, la vedova Gertrude essendo erede universale, si sposa e fa anche una
jointure. 
È un atto giuridico mediante il quale lei condivideva con Claudio una parte della sua proprietà 
● Amleto non può reclamare i suoi diritti neanche passati i 40 giorni. Non può
neanche fare causa la Corona aveva diritto di prevalenza.
● Amleto aspetta che Claudio muoia per ereditare la sua parte.

● Questa spiegazione implicita spiega bene la posizione di Amleto e l’attenzione con cui ha
agito Claudio. 

● A corte Claudio spiega anche la situazione di pericolo: 


● Fortinbras vuole invadere Danimarca con un esercito. 
● Il re di Norvegia, parente di Fortinbras, non stava bene, era po’ disattento a ciò che
succedeva sul suo territorio
● Claudio manda notizia al re di Norvegia di quanto sta succedendo, cosicché può
fermare il suo parente Fortinbras

● WRIT” = documento ufficiale diplomatico giuridico con le condizioni per trattare


con il re di Norvegia per fermare l’iniziativa di Fortinbras

● Claudio sta gestendo con abilità diplomatica la situazione politica: si difende subito,
mandando il messaggio al re di Norvegia per impedire un conflitto armato

● Claudio si rivolge a Laerte:


● Laerte chiede un permesso (d’accordo con suo padre) di tornare a Parigi, dove studiava.
● Il re dà il consenso: quindi capiamo che
1. Il re controlla la situazione dei personaggi importanti della corte. 
2. Lui si vanta di essere molto ragionevole. Non è un tiranno. 

● Claudio si rivolge ad Amleto come se fosse suo figlio: “But now, my cousin Hamlet, and my
son,--” 
⬄ Amleto risponde con la frase celebre: “A little more than kin, and less than kind”
● Sono qualcosa di più di un parente, ma meno di un figlio
● Prende le distanze dalla presunta attenzione del patrigno

● Amleto continua a portare i segni del lutto (a vestirsi di nero), mentre gli altri hanno cessato di
portare il lutto
● Crea una polemica

● Sua madre Gertrude gli chiede perché insista sul su quell'atteggiamento e Amleto risponde che è
sempre sincero e che non finge un dolore.

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● Claudio reagisce che Amleto avrebbe dovuto accettare il morto del padre, visto che è naturale che un
padre muoia prima dei figli
● Claudio è irritato dal mantenimento di lutto di Amleto

● Amleto è venuto a corte abbandonando gli studi a Wittenberg per il funerale del padre e poi al
matrimonio di Claudio e Gertrude. Adesso vorrebbe ritornare a Wittenberg. 
⬄ Claudio vuole tenerlo sotto controllo e chiede ad Amleto di non tornare a Wittenberg. Anche
Gertrude vuole che suo figlio rimanga.
● Amleto accetta di obbedire e di rimanere

● Alla fine della scena Claudio è lieto e brinda al felice consenso di Amleto. Ad ogni brindisi il grande
cannone spara delle salve echeggiando la gloria del re di Danimarca.
●  Viene fuori un notorio difetto dei danesi: bere troppo

● Amleto rimane solo e comincia a fare le prime riflessioni:


“O, that this too too solid flesh would melt
Thaw and resolve itself into a dew!
Or that the Everlasting had not fix'd
His canon 'gainst self-slaughter!”

● Amleto dice che vuole uccidersi


● PERCHÉ?
● Suo padre era un uomo di qualità superiore che è stato sostituito da un satiro
(= re Claudio)
● Già entro un mese del morte del padre la madre Gertrude sposa Claudio
● Amleto dice che re Claudio assomigliava così poco a suo padre come lui
assomiglia poco a Ercole

● Orazio entra e Amleto è sorpreso di trovarlo


● Orazio dice che era venuto con l’idea di marinare gli studi/che voleva farsi una vacanza
● Per Amleto questa è un’offesa: gli amici Amleto e Orazio tendono allo studio
● Poi Orazio spiega che era venuto per il funerale del padre di Amleto

● Orazio spiega ad Amleto che il giorno precedente aveva visto il fantasma del padre, ma che esso non
ha voluto parlare.

● Orazio fin dall’inizio avvisa Amleto che probabilmente si tratta di un’apparizione infernale
● Amleto decide di parlare con il fantasma tra gli 11 e mezzanotte

SCENA III

● Due personaggi nuovi: Laerte e Ofelia (= fratello e sorella)

● Laerte tra poco parte di nuovo per Parigi e sta salutando la sorella Ofelia. Le dice di non prendere
troppo sul serio il corteggiamento da parte di Amleto. Probabilmente dovrà sposare una donna di
rango superiore. 
● Ofelia rimane delusa

● Il padre Polonia saluta Laerte prima che parti e gli dà qualche consiglio: quando sarai all’estero non
dire tutto quello che pensi, non spendere troppo, … 

● Anche Polonio vuole persuadere Ofelia di non credere alle proposte affettuose di Amleto.

● Ofelia riceve una doppia ordine


1. Del fratello: stare attenta

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2. Del padre: non credere nella possibilità che il rapporto con Amleto possa andare
avanti

● Polonio riesce a dissuaderla e di rompere il rapporto tra la figlia e Amleto. La mette così in ansia per
renderla incapace per credere alle offerte d’amore di Amleto. 

● In un breve periodo Amleto:


1. Viene abbandonato dalla donna che ama 
2. Vede la madre sposare neanche un mese dopo la morte del marito
3. Si sente messo da parte: dovrebbe essere lui l’erede del trono, non Claudio.

SCENA IV

● Amleto si presenta sugli spalti del castello insieme a Orazio e Marcellus per incontrare il fantasma.
Mentre Amleto sta spiegando a Orazio che in Danimarca si beve un po’ troppo entra il fantasma.
● Il principe Amleto chiede al fantasma:
1. Se viene dal cielo o dall’inferno
2. Come mai ha abbandonato il suo sepolcro 

● Il fantasma non risponde, ma fa dei segni come per farsi seguire


● Marcellus e Orazio vorrebbero impedire ad Amleto di seguirlo perché temono che il
fantasma possa attirare il principe in qualche trappola
● Amleto reagisce che non teme la morte

● Amleto non vuole che Marcellus e Orazio impediscano il colloquio con il fantasma. Dice che non
teme la morte. 
● Il suo discorso richiama il mito di Ercole: si mette in una posizione del leone di Nemea che
Ercole aveva ucciso. Quindi dichiara di essere da una parte di essere un leone (un animale
forte), ma all’altro parte di non essere Ercole.
SCENA V
● Il fantasma si rivolge ad Amleto e gli chiede di vendicarsi. Dice inoltre che di notte è libero, ma che
di giorno deve bruciare.

● Amleto non capisce come mai doveva vendicarsi: ufficialmente il padre era morto dormendo nel
giardino e che era morso da un serpente velenoso. Tuttavia, il fantasma spiega che in realtà Claudio
l’ha ucciso

● Il fantasma è convinto che Gertrude è stata ingannata dal fratello, quindi non parla male di lei. 

● Il fantasma parte e Amleto è angosciato e giura che non potrà dimenticare l’ordine di vendetta. Sta
dando la precedenza assoluta a suo compito di vendicarsi. Dice che si doveva prendere nota che una
persona può mentire e fingere molto bene di dire la verità.
● Era noto che il pubblico prendeva nota durante gli spettacoli

Lezione 7

Riepilogo della scorsa lezione:


● Amleto, ascoltando la rivelazione del fantasma, promette di non dimenticarsi della richiesta di
vendetta.
● Amleto scopre che lo zio è una persona capace di fingere e mentire, compiendo un assassinio, ma
non ne ha la assoluta certezza.
● Marcellus e Horatio vogliono notizie sul colloquio con il fantasma. Dopo un’iniziale esitazione,
chiede loro di giurare di non dire nulla. Nonostante ciò, Amleto non si fida e chiede un secondo
giuramento, più solenne, in cui interviene lo stesso fantasma. 

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● Il giuramento doveva valere “hic et ubique”, qui e ovunque. Per farlo, Amleto si sposta in varie
direzioni e si accorge che la voce del fantasma, proveniente da sottoterra, si sposta rapidamente in
molte direzioni. In nota c’è un riferimento al fatto che solo Dio e il diavolo potessero spostarsi
ovunque senza ostacoli, riferimento che suggerisce che il fantasma sia il diavolo stesso.
ATTO I, SCENA V
Amleto fa dei commenti con Horatio e da questo momento annuncia agli amici, in particolare Horatio, che
non solo non dovranno dire nulla, ma se dovessero notare dei comportamenti strani o irrazionali da parte sua
non dovranno sorprendersi. Inizia quindi a pensare un comportamento adatto per fingere una follia che
possa coprire la sua indagine. Il fantasma chiede l’ennesimo giuramento, dopodiché Amleto e gli amici si
lasciano con la celebre dichiarazione di Amleto: “The time is out of joint. O cursed spite, that ever I was
born to set it right!”.

ATTO II, SCENA I


Polonio parla del viaggio di suo figlio Laerte a Parigi e ne è preoccupato: sapeva che spesso quando i giovani
viaggiavano all’estero si comportavano in modo inappropriato. Chiede quindi a Reynaldo di controllarlo, ma
la cosa interessante però sono le tecniche che Polonio suggerisce a Reynaldo per farlo. Gli dice di
comportarsi come un “agente provocatore”: andare a Parigi senza avvertire Laerte, indagare l’eventuale
presenza di danesi, avvicinarsi a persone che possono averlo incontrato e provocarle indirettamente per
attirare la loro confidenza, con lo scopo finale di farsi dire come si comporta davvero Laerte. Questa
descrizione, piuttosto lunga e dettagliata, si conclude con un’osservazione tipica dell’atteggiamento di
Polonio e del personaggio che gli sta dietro. Questa tecnica infatti è tipica di una persona ben nota: William
Cecil. Alla fine del discorso di Polonio, il pubblico era in grado di distinguere la figura di Cecil grazie a una
serie di tratti caratteristica: la posizione a corte, la tecnica di raccolta di informazioni, l’orgoglio di tale
capacità e anche l’età. Di questo si parlerà più nello specifico più avanti.
Poco dopo, nella stessa scena, entra Ofelia, agitata, che rivela al padre ciò che era accaduto durante l’ultima
visita di Amleto: egli infatti si era presentato nella stanza della fanciulla disordinato, l’aveva osservata a
lungo senza dire nulla per poi andarsene, dimostrando un forte turbamento psicologico. Ofelia sottolinea di
aver obbedito all’ordine del padre di allontanarsi da Amleto, ma che è turbata dalle conseguenze dei suoi
gesti. Polonio dice che la follia di Amleto è ormai chiara: va a parlare con il re, convinto di aver ormai
trovato la causa della follia di Amleto, ovvero il rifiuto dell’innamorata.
ATTO II, SCENA II
Claudio e Gertrude stanno parlando con Rosencrantz e Guildenstern, personaggi che veniamo a conoscere
in questa scena. Vediamo, infatti, che sono due gentlemen, amici d'infanzia di Amleto, che si sono
allontanati dalla corte e vengono richiamati dai sovrani nella speranza che riescano ad aiutarli a capire il
perché del turbamento di Amleto. Rosencrantz e Guildenstern vengono trattati molto gentilmente e mostrano
un atteggiamento di sudditanza totale: obbediscono ai sovrani e avrebbero obbedito anche se non fossero
stati trattati con gentilezza e non fossero state offerte loro delle ricompense, perché l’obbedienza è un dovere
del suddito nei confronti dei suoi sovrani. 
Questo è un elemento politicamente interessante per il pubblico: mentre Rosencrantz e Guildenstern
mostrano obbedienza totale, Claudio e Gertrude rappresentano il costume tipico della corte di Elisabetta I,
ovvero favore e cortesia nei confronti della gentry e del consenso popolare.
Entra Polonio, pronto a rivelare la sua scoperta al re. Prima di prendere la parola, però, lascia che
l'ambasciatore che era stato mandato in Norvegia comunichi il suo successo: il re di Norvegia ha indagato sul
comportamento di Fortinbras, suo nipote, e gli ha impedito di minacciare militarmente la Danimarca, gli ha
offerto una pensione annuale di tremila corone e lo incarica di usare l’esercito che ha messo in piedi per
regolare dei conti con i polacchi. A questo fine, chiede il permesso di attraversare la Danimarca in pace con
l’esercito per arrivare in Polonia. Questo rappresenta un grande successo diplomatico per Claudio, che è
riuscito sia a gestire la successione dopo la morte del fratello, sia a risolvere il problema politico con la
Norvegia.
A questo punto Polonio inizia il suo discorso per spiegare la sua scoperta sullo stato d’animo di Amleto,
facendo grandi preamboli. Il succo del discorso è che la pazzia di Amleto è dovuta in primo luogo al suo
amore per Ofelia e, soprattutto, al rifiuto definitivo che ha ricevuto dalla fanciulla. Polonio vuole dimostrare

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di avere un’ambizione retorica, usando un linguaggio raffinato per mostrarsi eloquente, ma in realtà si
rivela sciocco, poiché riesce solo ad allungare moltissimo i tempi finendo per annoiare e innervosire chi lo
ascolta. Come prova per la sua teoria che la follia di Amleto sia dovuta all’amore, mostra delle lettere che
Ofelia ha ricevuto dal pretendente e ne legge qualcuna.
La prima frase di una delle lettere recita “To the celestial, and my soul’s idol, the most beautified Ophelia”.
L’aggettivo beautified aveva caratterizzato la famosa accusa di Greene e Nashe nei confronti di Shakespeare
di essersi beautified, “fatto bello” con le loro penne. Anche Polonio commenta l’uso di questa parola e la
definisce “ill phrase, vile phrase”. L’uso di questa parola, non di uso corrente per quei tempi, e del relativo
commento è quindi allusivo, una chiara prima risposta all’attacco subito da Shakespeare. 
Polonio continua a leggere altri passi di lettere e poesie, per convincere Claudio della sua teoria, ma il
sovrano è dubbioso. Polonio gli comunica di essersi comportato “as a man faithful and honorable” e di aver
imposto alla figlia di rifiutare la corte di Amleto, quindi inizia un discorso che, secondo la precettistica
sull’innamoramento del tempo, spiegherebbe cosa sia successo: la persona (in questo caso Amleto) che per
qualche motivo non poteva avvicinarsi alla persona amata poteva cadere in un intenso stato d’animo negativo
e, di fronte a un rifiuto così disperante, poteva arrivare alla follia. Gertrude e Claudio ringraziano Polonio ma
continuano a mostrarsi incerti, per cui Polonio insiste, arrivando a chiedere se abbia mai dato consigli
sbagliati. Polonio, in effetti, sembra godere di ottima fama presso la corona. Arriva, addirittura, a
scommettere la vita e la posizione a corte su ciò che afferma e si impegna a cercare una prova di quanto
sostiene: cercherà di far assistere i sovrani a un colloquio tra Ofelia e Amleto. 
Dopodiché arriva Amleto, con un libro in mano, a cui Polonio chiede che cosa stia leggendo. Amleto quindi
mette in atto la “antic disposition”: Polonio gli chiede se sappia chi è e Amleto gli risponde che ovviamente
lo sa, che lui è un “fishmonger”, un pescivendolo. La scelta della parola “fishmonger” è un’allusione: prima
c’era stata la scena del “fishing”, ovvero il tentativo di carpire notizie con sistemi indiretti. Amleto gioca sul
termine “honest”, alludendo che un pescivendolo sia più onesto di un uomo di stato quale è Polonio.
Polonio commenta la follia di Amleto, ma gli chiede di nuovo della sua lettura. La risposta di Amleto è
nuovamente offensiva: dice che il libro che legge parla di vecchi e che nel libro si dice che i vecchi perdano
le capacità intellettive, che si indeboliscono nel corpo e nella mente e sono meno capaci dei giovani. Questa
serie di affermazioni è ovviamente offensiva per Polonio, vecchio uomo di stato che era stato molto abile in
passato, come egli stesso ricorda, ma ormai è talmente invecchiato che comincia a perdere le sue capacità (si
vede come nella scena precedente perde il filo del discorso che stava facendo a Reynaldo). Si tratteggia
quindi il profilo di un uomo con alta considerazione di sé, molto abile ma che con l’avanzare dell’età inizia a
perdere lucidità e ha una posizione critica nei confronti di Amleto, che guarda a lui con sospetto. 
Polonio capisce che nelle parole apparentemente folli di Amleto c’è qualche intenzione (“ Though this be
madness, yet there is method in’t”) e intuisce che forse sta fingendo, ma non può osare di sostenere qualcosa
di simile di fronte a si sovrani. Quindi si ritira, come anche fa Amleto, dopo uno scambio di battute “ witty”
tra i due: Amleto sostiene che Polonio non può privarlo di nulla a cui lui stesso non voglia già rinunciare, a
parte la sua vita. Questo riferimento alla vita (insieme a quello precedente: Polonio aveva scommesso la sua
vita sulla veridicità della sua teoria sulla pazzia di Amleto) risulta essere una previsione di quello che
effettivamente succederà: Polonio perderà la vita nel confronto con Amleto. 
Chi è Polonio?
A questo punto c’è da chiedersi chi è Polonio e cosa il pubblico poteva pensare di lui alla luce di ciò che
abbiamo visto fin qui. Il discorso che abbiamo visto fin qui suggerisce una figura molto precisa nel pubblico:
il riferimento immediato è, come abbiamo già accennato, a William Cecil. A spiegarlo è la storica Lilian
Winstanley che, dopo aver notato che molti elementi storici erano impliciti nell’Amleto, riporta nella sua
opera Hamlet and the Scottish Succession (1921) una serie di dati. Winstanley non disponeva di una serie di
studi a lei successivi, ma aveva ben capito che dietro il personaggio di Polonio c’era William Cecil e dietro
quello di Amleto c’erano dei tratti del conte di Essex. Ha capito che l’Amleto gronda di storia
contemporanea e di riferimenti alla corte di Elisabetta, e che il conte di Essex è tra questi personaggi, ma lo
relega in fondo, trattandolo solo nell'ultimo capitolo della sua opera.
Sono diversi gli elementi che collegano Polonio a Cecil.
1. Polonio ha 78 anni, comincia a perdere lucidità e possiede dei tratti distintivi che lo ricollegano
chiaramente a Cecil: si vanta di aver avuto una cultura classica, di aver recitato durante gli anni
dell’università nel ruolo di Bruto ed è un uomo capace di pensare che un uomo possa impazzire

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d’amore. Questi dettagli rimandano molto bene alla biografia di William Cecil: da giovane si era
innamorato della figlia del suo docente di latino e greco e, contro l'opinione della sua famiglia,
l’aveva sposata. 
2. Il tentativo di Polonio di mettere pace nelle vicende è un tratto tipico di William Cecil.
3. La vicenda di Laerte a Parigi rinvia molto bene a quella realmente accaduta del figlio di Cecil,
Thomas, che si era recato a studiare a Parigi assumendo un pessimo comportamento che rischiava di
minare il buon nome della famiglia. William, quindi, aveva fatto di tutto perché i suoi amici a Parigi
controllassero il comportamento del figlio, esattamente come ha fatto Polonio con Laerte (di cui non
si hanno, però, evidenze di comportamento scorretto). 
4. Il rapporto Ofelia-Amleto-Polonio ricorda vicenda realmente esistita: Cecil aveva una figlia che
era stata corteggiata da vari nobili, ma il padre, come fa Polonio con Ofelia, aveva cercato di evitare
che la figlia sposasse un nobile per timore che potesse essere considerata come segno di ambizione
che gli potesse dare complicazioni politiche. Tra le varie richiesta c’era stata anche quella del primo
conte di Essex, elemento che rimarca il riferimento dei personaggi dell’opera a personaggi realmente
esistiti: come Essex viene preso in considerazione come pretendente per la figlia di William Cecil,
così Amleto è un pretendente per la figlia di Polonio.
5. Quando Amleto deride Polonio chiamandolo “fishmonger” fa, di fatto, anche un’allusione alle umili
origini di Cecil, figlio del padrone di una taverna. Sottolinearne l’origine è un’offesa sociale.
6. Il “wit” del conte di Essex era molto famoso a corte: ormai Essex riusciva tranquillamente a battere
Cecil, non più così scattante nel replicare al conte. Questa dinamica ricorda chiaramente Polonio e
Amleto.
Tutti questi dettagli nella figura di Polonio rimandano chiaramente, agli occhi del pubblico, alla figura del
consigliere di stato della regina, William Cecil.

LEZIONE 8
[da pag. 215 a pag. 236, fino a fine 2.2]
Nella lezione precedente siamo arrivati all'Atto II Scena 2, e riprendiamo dopo l'incontro di Amleto e
Polonio, alla pag. 215. Qui troviamo il primo incontro di Amleto con Rosencrantz e Guildenstern, i due
amici che sono stati chiamati dal re e dalla regina per indagare sullo strano stato d'animo di Amleto.
Guildenstern e Rosencrantz si presentano come vecchi amici di Amleto, che li riconosce come tali: li chiama
"excellent good friends". Amleto chiede loro notizie - evidentemente non si vedono da tempo dato che
Amleto era stato via a studiare a Wittenberg - e loro si definiscono "indifferent children of the Earth" (lo dice
Rosencrantz, v. 224). "Indifferent" qui si riferisce ad un gioco di parole, una via di mezzo indicata dal fatto
che non sono stati né eccessivamente fortunati né eccessivamente sfortunati. In realtà è un aggettivo anche
molto significativo per i due: il loro problema è proprio quello di essere indifferenti. Infatti tutto il colloquio
tra Amleto e i due amici verte sul fatto che Amleto insiste sul rapporto di amicizia, rapporto personale che
per lui dovrebbe avere la precedenza su qualsiasi altro rapporto. Rosencrantz e Guildenstern invece si
sentono prima di tutto sudditi in dovere di obbedire al re e alla regina, e questo ha la precedenza sul rapporto
di amicizia con Amleto - e lo confermeranno anche più avanti in maniera marcata. Quindi c'è in realtà un
sottinteso contrasto nel loro rapporto.
Nelle prime battute Rosencrantz dopo aver chiarito che non hanno fatto fortuna ma non se la passano poi
neanche tanto male, di fronte alla domanda di Amleto "What's the news?" risponde "None, my lord, but that
the world's grown honest" (vv. 233-35). Attraverso questa risposta si capisce che il problema che in realtà si
apre nel rapporto fra Amleto e i vecchi amici è proprio una questione di onestà. La risposta di Rosencrantz è
in realtà una battuta, infatti Amleto risponde "Then is doomsday near" (v. 237) -> "allora il giorno del
giudizio dev'essere vicino" -> improbabile. Infatti dal punto di vista di Amleto i primi a non essere onesti
saranno proprio Rosencrantz e Guildenstern, che in fondo hanno accettato di fare da spie nei suoi confronti
per il re e la regina.
A questo punto Amleto chiede che cosa li ha portati lì - e chiama quel "lì" (cioè la Danimarca) una prigione,
un giudizio negativo che colpisce i due vecchi amici. Rosencrantz dice "We think not so, my lord" e Amleto
risponde "Thinking makes it so" (vv. 246-48), cioè tutto dipende dalla valutazione positiva/negativa che ci si
attribuisce. I due avanzano subito un'ipotesi sullo stato d'animo di Amleto: che sia l'ambizione a farlo soffrire

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- ""why then, your ambition makes it one" (v.250). Dal che si capisce che l'ipotesi suggerita indirettamente da
Claudio e ora proposta da Rosencrantz e Guildenstern è che Amleto sia turbato perché si aspettava di essere
il legittimo erede del padre, e dunque la sua ambizione di diventare re lo fa soffrire.
In realtà sappiamo che Amleto non era particolarmente ansioso di diventare sovrano, infatti la sua risposta è
"I could be bounded in a nutshell and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad
dreams" (v.252). I pessimi sogni sono un'allusione all'apparizione del fantasma. Amleto non ha nessuna
ambizione, è un uomo che ambiva a fare lo scholar, non a fare il sovrano.
Si crea subito una distanza tra Amleto e i due amici. Guildenstern insiste sull'ambizione: "Which dreams
indeed are ambition". Amleto risponde che l'ambizione non è altro che un'ombra, e Guildenstern dice che è
l'ombra di un'ombra. Amleto risponde con una battuta: se l'ambizione è un'ombra allora i monarchi, i sovrani,
gli eroi, che sono ambiziosi per definizione, non sono altro che ombre, e le uniche realtà sono solo i
mendicanti perché non hanno nessun ruolo eroico. Tramite tutte queste battute Amleto rifiuta totalmente e
ironicamente l'ipotesi dell'ambizione al trono.
Subito dopo Amleto cerca di stabilire un rapporto con i suoi amici molto diverso da quello con i suoi
servants, infatti quando Rosencrantz & Guildenstern gli dicono "We’ll wait upon you" (linguaggio tipico dei
servitori) Amleto risponde "I will not sort you with the rest of my servants" (v. 267). Quindi Amleto insiste
sul concetto di amicizia. Si crea dunque uno iato o una distanza tra il concetto di amicizia, che dovrebbe dare
priorità alla fedeltà e importanza del rapporto personale, laddove Rosencrantz & Guildenstern insistono per
avere un rapporto di tipo formale, di sudditanza.
A questo punto Rosencrantz & Guildenstern comprendono che Amleto è in dubbio sul loro atteggiamento.
Infatti Amleto dice:
By the rights of our fellowship, by the consonancy of ouryouth, by the obligation of our ever-preserved love,
andby what more dear a better proposer could charge youwithal, be even and direct with me whether you
were sentfor or no. (vv. 282-86)
Amleto ha capito che i due sono a disagio e gli pone subito la domanda: siete stati mandati o siete venuti
apposta per me? E loro esitano e poi confermano "we were sent for" (v.290). Il rapporto si fa dunque sempre
più teso, perché Amleto capisce che deve stare in guardia. Da questo momento in poi non dirà nulla
veramente di sé.
Amleto dice: "I have of late - but wherefore I know not - lost all my mirth. [...] The earth, seems to me a
sterile promontory. [...] it appears no other thing to me than a foul and pestilent congregation of vapours".
La terra non gli sembra più una meraviglia, e l'uomo dotato di ragione (su cui il Rinascimento rifletteva) non
lo entusiasma più. L'uomo rinascimentale "in act how like an angel, in apprehension how like a god - the
beauty of the world, the paragon of animals!" (vv. 303-05) -> c'era questa consapevolezza dell'uomo
nell'ambiente rispetto al firmamento, alla Terra, agli altri animali. Tutto questo non attira più Amleto: "And
yet, to me, what is this but quintessence of dust?" ((v. 306) Dopotutto l'uomo non è altro che qualcosa che
tornerà alla polvere.
Amleto ha spostato il discorso su un piano filosofico generale, ironico naturalmente. Rosencrantz capisce che
è meglio non insistere sull'argomento, e annuncia l'arrivo dei players - cioè della compagnia teatrale. Amleto
subito si infervora. È pronto a ricevere gli attori ma li descrive con una certa ironia, mettendo in risalto le
tipologie delle parti recitate dagli attori: the King, the Adventutous Knight, the Lover, the Humorous Man,
the Clown, the Lady. Ora c'è un lungo passo in cui si fa da una parte ironia e dall'altra un discorso molto
serio sul teatro. Perché questi due poli? Di fatto Amleto da una parte sta dando le sue definizioni di teatro
(che sono quelle di Shakespeare) e dall'altra prendendo le distanze da una certa tradizione su come il teatro
era effettivamente inteso. Questo riprende ancora una volta il confronto con Nashe.
A questo punto Amleto chiede come mai gli attori sono venuti alla reggia e non in città. Quella di
Rosencrantz & Guildenstern è una risposta che rimanda a fatti contemporanei del 1601 a Londra, e spiega
che gli attori non hanno più quel grande successo in città che avevano prima, subiscono una forte
concorrenza che li spinge a cercare di far fortuna dove concorrenza non c'è, e quindi si sono messi a
viaggiare. La compagnia che gli faceva concorrenza è quella di attori bambini che recitavano a Blackfriars,
un fatto legato al 1601 - Hibbard ne parlava nell'introduzione per datare il testo, e secondo lui questo passo è
stato inserito successivamente e quindi lui data l'Amleto al 1600. Prof. Restivo invece non è convinta che

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questo passo sia stato inserito successivamente, perché è un passo che giustifica la presenza degli attori a
Elsinore e quindi tutta la scena che segue - questo significherebbe che una grande porzione del testo sarebbe
stata scritta in un secondo momento, il che a suo avviso non avrebbe senso.
Amleto chiede "what, are they children?" (v. 341) e commenta dicendo che questi bambini in fondo recitano
contro il loro stesso interesse, perché una volta cresciuti non possono più fare gli attori dato che la loro voce
cambia (e quello era il motivo del loro successo). Al verso 257 si dice che questi bambini hanno talmente
tanto successo da battere "Hercules and his load too": cioè si fa allusione al Globe theatre, che aveva come
simbolo il globo terrestre retto sulle spalle da Ercole. Sta chiaramente dicendo che questi bambini fanno
concorrenza al teatro stesso di Shakespeare.
Arrivano gli attori. Prima di parlare con gli attori, Amleto fa una battuta per far capire a Rosencrantz &
Guildenstern che lui ha capito che non si stanno comportando da amici ma che stanno dalla parte del re: "My
uncle-father and aunt-mother are deceived. [...] I am but mad north-north-west; when the wind is southerly,
I know a hawk from a handsaw" (vv. 371-734) cioè dice è pazzo a seconda di come gira il vento -> li prende
in giro, ha capito benissimo quale sia la richiesta del re ai suoi ex amici: il re vuole sapere perché Amleto è
pazzo. 
Amleto vede entrare Polonio, fa dei commenti su di lui, lo chiama "great baby" (v. 377) insistendo che è
tornato come un bambino essendo troppo invecchiato. Insiste con questo atteggiamento sprezzante nei suoi
confronti anche perché si sente praticamente assediato da Polonio, e anche da Rosencrantz & Guildenstern
che cercano di fare le spie. In generale Amleto si sente circondato da nemici che lo spiano.
Polonio è venuto per annunciare che sono arrivati gli attori. Li presenta come "the best actors in the world"
(v.391) dicendo che sanno recitare qualsiasi genere teatrale, ed elenca i generi teatrali in una maniera che
risulta quasi comica: prima comincia con i generi classici, poi comincia a mescolarli. Questo perché il teatro
era partito con dei generi a sé stanti però poi di fatto si mescolavano ed era difficile assegnare un solo genere
ad un’opera. Questo passo diventa una presa in giro del concetto di genere: il sottinteso è che il genere è
artificiale rispetto alla realtà. 
La conclusione dell'elenco è la più interessante e sorprendente: "For the law of writ and the liberty, these are
the only men" (v. 396). La critica ha discusso per molti anni sul significato di questa frase, che però
probabilmente vuol dire proprio quello che dice letteralmente. La legge del writ è la common law, che inizia
con la necessità, quando qualcuno vuol portare in causa qualcuno, di recarsi alla chancery per comprare una
copia di uno dei writs cioè una copia del testo che prevedeva quella tipologia di reato. Era una copia in
latino, e una volta scelta la si portava ad un giudice di uno dei tribunali, e in base al writ il giudice convocava
le parti e le ascoltava per poi emettere giudizio. È impossibile cambiare significato a questa frase;
letteralmente significa "per la common law e per la libertà". Perché libertà? Perché la legge era considerata la
difesa del cittadino nei confronti della corona: era un sedimento di ragione che proveniva da secoli di giudizi
precedenti, era indipendente dalla corona e dall'epoca storica, e quindi era lo strumento principe per
assicurare un grado di libertà del suddito nei confronti della corona. È una definizione molto forte, ma
Polonio essendo uomo di stato può permettersi di dire questo.
Riassumendo Polonio dice: gli attori sono in grado di recitare qualsiasi tipo di testo, poi fa un'implicita
polemica sulla commistione dei generi, e alla fine tira fuori un genere nuovo, il vero genere del teatro: for
the law of writ and the liberty, these are the only men - un'affermazione molto forte in bocca ad un uomo di
stato che conosce la legge, e può permettersi di esprimerla. È una frase a sorpresa, tanto che la critica non
pensando che Shakespeare fosse esperto di giurisprudenza e quindi non pensando che Shakespeare volesse
dare questo significato al teatro, ha cercato di interpretare la frase in vari modi. Hibbard invece, da bravo
linguista, non si lascia coinvolgere in questo arrampicarsi sugli specchi, anzi fa solo un commento di
contestazione di quello che la critica aveva cercato di dire. La critica aveva cercato di riportare questa frase
al concetto di teatro come intrattenimento e quindi si era detto che: Liberty alludesse al quartiere dei teatri
che are chiamato appunto così perché era fuori dalla giurisdizione del sindaco di Londra; che writ si riferisse
a generi o forme letterarie, che rappresentasse il testo scritto. Hibbard invece dice che writ non ha mai
significato "testo/composizione letteraria" ma ha sempre indicato un documento ufficiale.
Poco dopo arrivano altre due definizioni di teatro. Il fatto che ce ne siano tre in così breve tempo lascia
trasparire un'intenzione precisa da parte dell'autore.

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Amleto fa una battuta che può sembrare fra la follia e la ragione ma in realtà sta facendo una serie di
allusioni: "O Jephthath, judge of Israel, what a treasure hadst thou!" (v.397). Cita una ballata nota all'epoca,
che raccontava la vicenda di Jephthath, della vecchia storia di Israele, che aveva promesso a Dio che se
avesse vinto una grande battaglia contro i nemici avrebbe sacrificato la prima cosa che gli fosse venuta
incontro dopo la battaglia. Dopo averla vinta, la prima persona che gli viene incontro è l'unica figlia che
aveva e si trova costretto a sacrificarla. Amleto cita questa ballata perché vuol far capire a Polonio che sta
giocando col fuoco: ha capito benissimo che è stato Polonio a dire ad Ofelia di tirarsi indietro e gli dice che è
un gioco pericoloso quello che sta facendo -> l'nterferenza di Polonio tra Amleto e Ofelia è pericolosa:
allusione tragica.
Poi Amleto si rivolge agli attori, che non vedeva da qualche tempo. Alcuni di loro sono molto giovani. Ad
uno è cresciuta la barba, uno è cresciuto di statura. E poi Amleto chiede loro di recitargli un passo
appassionato, e ne cita i primi versi dopo aver detto che era un testo non di facile apprezzamento da parte
della gente, un testo che si riferiva Enea e a Didone - si deduce che si tratta di Dido, Queen of Carthage,
scritto da Marlowe e Nashe. Ecco un altro riferimento a Nashe.
Questo che cita Amleto è un passo sulla vendetta. La guerra di Troia infatti nasce come vendetta perché
Elena era stata rapita al marito, e quindi i greci offesi avevano portato guerra a Troia per vendicarla. La scena
recitata su richiesta di Amleto è quella in cui i greci, avendo messo il cavallo di legno davanti alla città e
facendo finta di partire, hanno teso una trappola ai troiani e i troiani hanno portato dentro la città il cavallo di
legno come omaggio agli dei. A questo punto i migliori soldati greci escono dal cavallo, attaccano di notte e
di sorpresa la reggia. La scena descrive proprio Pirro che si precipita nella reggia di Troia per uccidere il re e
la regina. È una delle scene di vendetta più famose e più feroci, e la descrizione dell'attacco proditorio di
Pirro è veramente orrifica perché è un attacco estremamente sanguinario. Pirro fa una vera strage, attraversa
le strade e ammazza chiunque trova e coglie nel sonno, si impasta di sangue aggrumato - e nel frattempo
stanno dando fuoco alla città quindi il sangue addirittura gli si incrosta sul corpo. Fa vedere questo uomo
feroce che diventa una belva impastata di sangue, che quando arriva alla reggia fa a pezzi Priamo e la
moglie. Non è certo una battaglia eroica: Pirro trova il re di Troia disarmato e in camicia da notte e lo fa a
pezzi davanti alla moglie disperata. È un gesto vile ed estremamente tragico. La descrizione è molto carica
dal punto di vista verbale: la città sta bruciando e crollando, e Pirro viene descritto come "a painted tyrant"
(v. 471) - cioè servo delle passioni, violento oltre misura. Di fatto questa scena è una pessima immagine di
vendetta, nella sua peggiore accezione.
Questo passo sembra appunto venire da una tragedia scritta da a quattro mani da Marlowe e Nashe, dove c'è
questa celebrazione classica della vendetta legata alle arti di Marte e quindi all'atteggiamento marziale. La
regina, che è stata svegliata nel sonno e cerca di coprirsi in qualche modo con il vestiario, viene definita "the
mobled queen" (v. 494) per indicare che è infagottata in qualche modo, solo che questo viene commentato da
Polonio, come aveva già commentato "beautified". Di nuovo quando si fa allusione a Nashe c'è un
commento sulle parole da lui inventate. Questo però non è solo un modo per Shakespeare per saldare i conti,
c'è qualcosa di più - ma lo vedremo più avanti.
Dopo questa scena, Amleto nota che l'attore si era talmente commosso da versare lacrime per una finta
tragedia, ed è colpito da questo fatto. Quando parla degli gli attori, coglie l'occasione per fare delle
considerazioni sulla natura del teatro. Parlando con Polonio (che era presentatore della compagnia teatrale),
gli dice di trattarli bene e di "let them be well used, for they are the abstracts and brief chronicles of the
time" (v. 515). Quindi dopo questa recita così insistita e sopra i toni, che riguardava un poema classico e non
aveva niente a che fare con la storia vera, e dopo che è stata data una definizione del teatro da un uomo di
stato che parla in termini di diritto, Amleto come principe dice che gli attori sono la sintesi e le concise
cronache del tempo. "Abstracts" è riferito al lavoro dello storico: estrae gli aspetti importanti degli eventi
singoli dell'epoca, collocandoli in un tempo più ampio dell'immediato -> quindi il senso dei fatti al di là del
quotidiano. "Brief chronicles of the time" si riferisce invece alla cronaca dei fatti quotidiani, quello che noi
chiameremmo atteggiamento giornalistico. Amleto dice che il teatro sta per la storia, una definizione che
sembra bizzarra appunto perché non è in linea con la scena appena recitata, che non si riferiva a fatti di
cronaca ma a una tragedia classica.
A questo punto Amleto chiede alla compagnia se possono recitare un dramma a corte, The Murder of
Gonzago, e il primo attore risponde di sì. Amleto aggiunge che vorrebbe che nel recitarlo inserissero un
passo di 12-16 righe che scriverà lui stesso - dopo vedremo che questo sarà una forma di provocazione verso
il re e la regina. Gli attori acconsentono.

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Amleto, rimasto solo, fa la prima autoriflessione. Confronta sé stesso e l'attore che si era commosso. Da una
parte c’è la carica emotiva dell'attore che si era così immedesimato nel recitare la sua parte pensando alla
vendetta di Pirro, dall'altra c’è Amleto che è stato incitato alla vendetta dal fantasma ma invece rimane
freddo e controllato, non si è certo precipitato all’azione. Quindi questo è un passo che è stato interpretato
come un'auto-denigrazione ("O what a rogue and peasant slave am I!" v. 540). Infatti Amleto si colpevolizza
perché non riesce a dire niente su suo padre che è stato ucciso, mentre l'attore per una vendetta che non lo
riguarda si è commosso fino alle lacrime. Quindi si pone il problema dell'obbligo della vendetta sia in
termini di tradizione e teatrale e dunque culturale, sia in termini di emozione. Amleto si è molto contenuto,
non è così prono alla passione così come l'attore nel recitare la passione -> sembra un vero e proprio auto-
rimprovero. Amleto si chiede perché non riesce a decidersi a compiere vendetta: al verso 571 dice "what an
ass am I!". C'è effettivamente un auto-rimprovero di Amleto rispetto a una tradizione che riteneva la
vendetta così necessaria e così dovuta.
Ma prima che si chiuda la seconda scena del secondo atto, nella parte finale Amleto si auto-giustifica sul
perché non ha ancora fatto vendetta: "The spirit that I have seen may be the devil" (v. 588). Lui in realtà ha
un grosso dubbio: il fantasma da dove viene? dal Purgatorio, dall'Inferno? È difficile che anche dal
Purgatorio si abbia il permesso di venire a chiedere vendetta. Comunque si tratta di un problema conoscitivo:
è veramente vero quello che il fantasma gli ha detto? Ci sono alte probabilità che il fantasma sia infernale e
quindi che la sua richiesta sia un tentativo di dannare Amleto.
Quindi Amleto si è decisamente confrontato con una tradizione culturale che richiedeva la vendetta, ma allo
stesso tempo ha chiarito bene due cose proprio perché riflette in senso positivo: prima di tutto si chiede se è
un inganno, se il diavolo lo tenta, e quindi dubita di potersi fidare delle parole del fantasma; e secondo
dichiara il suo tentativo di trovare una prova, e decide di usare lo spettacolo a corte come trappola per
cercare di capire se è veramente stato Claudio a uccidere suo padre. Amleto si dimostra ragionevole: ha
bisogno di prove, non può uccidere un uomo solo perché ha avuto un'apparizione.
Non è un auto-rimprovero nel senso di non sentirsi all'altezza: è un confronto con una tradizione di vendetta,
ma è anche una critica indiretta al fatto che la vendetta non è positiva, e soprattutto al fatto che lui non ha
certezze - se lui avesse la prova che Claudio ha ucciso il padre si sentirebbe in diritto e in dovere di esercitare
vendetta. Ma certamente fin qui non ha nessuna prova e quindi non vede come potrebbe precipitarsi a
compiere vendetta. Il dubbio Amletico non è "perché non riesco a fare vendetta?" ma è prima di tutto
"Claudio è veramente colpevole?" -> il problema si trasferisce nell'ambito della giustizia perché potrebbe
essere ingiusto e oltretutto rischioso per la propria anima compiere una vendetta senza essere sicuri del
colpevole.
Lezione 9 

III atto, I scena: entrano Claudio, Gertrude, Polonio, Ofelia, Rosencrantz e Guildenstern. 

Claudio parla con Rosencrantz e Guildenstern per vedere se hanno capito qualcosa del motivo dei turbamenti
e dello strano comportamento di Amleto. Guildenstern si è reso conto che Amleto non vuole aprirsi e cerca
di tenersi a distanza e che, nel farlo, si comporta most like a gentleman (vv.12), ovvero appare molto attento e
composto nei suoi atteggiamenti.
Rosencrantz informa il re e la regina che sta per andare in scena uno spettacolo teatrale a corte, proprio su
richiesta di Amleto. Questa sembra una bella notizia a Claudio (perché se Amleto, appassionato di teatro,
pensa allo spettacolo, forse non è così turbato). Ma Claudio non sa quello che l’aspetta: lo spettacolo si
trasformerà in un’accusa dell’uccisione del fratello nei suoi confronti. 
Allora Claudio parla a Gertrude e suggerisce che lui e Polonio assistano all’incontro tra Ofelia e Amleto,
visto che Polonio crede che la follia di Amleto sia dovuta al suo amore per Ofelia.

A questo punto Polonio, nel preparare la scena, rivela un principio del suo comportamento politico (non è la
prima volta: l’aveva fatto anche quando aveva suggerito di spiare il figlio Laerte che andava a Parigi). Infatti,
rifacendosi in particolare ad un principio tipico del machiavellismo, afferma: 

[…] we are oft to blame in this


‘Tis too much proved, that with devotion’s visage
And pious action we do sugar o’er
The devil himself

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Questa affermazione ricorda una massima de Il Principe di Machiavelli, che sosteneva che un sovrano deve
fingere comportamenti religiosi per far pensare che sia un uomo pio, ma dietro questo aspetto potrebbe in
realtà esserci “il diavolo in persona”.

Claudio invece fa un paragone tra il loro comportamento e il trucco delle donne. Inoltre, definisce le donne
che si truccano come “beautied with plast’ring art” (riprendendo il tema del trucco già trattato nel colloquio
precedente tra Ofelia ed Amleto). C’è inoltre la ripresa dell’aggettivo “beautified” utilizzato da Nash, qui
corretto in “beautied”, in quanto “beautified” suonava strano a Shakespeare (qui c’è ironia nei confronti di
Nash). Nello stesso verso, si ha un ulteriore richiamo ad un passo di Nash che parlava delle donne che,
attraverso il trucco, si “rifanno” il volto (la polemica nei confronti di Nash, rivale di Shakespeare, attraversa
tutto il testo). 

Monologo To be or not to be - Amleto/Conte di Essex


Amleto rimane solo per incontrare Ofelia e qui si ha il celebre monologo To be or not to be, rivelatorio dello
stato d’animo di Amleto, che si sovrappone al personaggio del Conte di Essex. 

● Soprattutto nella prima parte del monologo, si può immaginare una sovrapposizione con lo stato
d’animo del Conte dopo il 1597 (dopo il ritorno dalla fallimentare impresa di Cadice 🡪 Essex aveva
dedicato tutta la sua vita al servizio della regina, aveva difeso il suo paese dalla Spagna per poi
essere ingiustamente accusato di essersi arricchito tramite questa impresa). 
Il Conte di Essex è stato anche soggetto di molti ritratti e, in uno di questi, si presenta in modo
particolarmente melanconico 🡪 potrebbe quindi essere comprensibile il fatto che, dopo le molte
delusioni, si fosse chiesto se valesse davvero la pena vivere e sopportare tutte quelle ingiustizie
(come Amleto), data la situazione in cui si trova dal 1600 in poi (in cui perde ogni rapporto con la
regina). Non è da escludere che il Conte abbia pensato al suicidio negli ultimi anni di vita. 

● Amleto nel monologo si chiede anche cosa lo trattenga dal suicidio: la sua fede religiosa, la stessa
che lo trattiene anche dalla vendetta (anche perché non ha prove del fatto che il fantasma dica la
verità) 🡪 anche Essex era molto religioso e probabilmente si pone questo problema. Amleto crede
che sarebbe più facile togliersi la vita e liberarsi dei mali della terra se non ci fosse l’idea dell’aldilà
e il dubbio su cosa ci sia dopo la morte. 

● Ma soprattutto, un concetto molto caro anche ad Essex, era quello di “merito” 🡪 I mali della terra
che tormentano Amleto vengono intesi come “le offese degli uomini orgogliosi” e le ingiustizie
sociali (Amleto afferma: “the spurns that patient merit of the unworthy takes”, vv. 75). Il Conte,
d’altra parte, era consapevole delle sue abilità e dei suoi buoni intenti e sa che persone meno
meritevoli di lui gli danno contro e quindi è particolarmente offeso da ciò. 

Proseguendo:
Is sicklied o’er with the pale cast of thought, And enterprises of great pith and moment With this
regard their currents turn awry, And lose the name of action

Si è poi dibattuto a lungo sull’espressione “pale cast of thought” (vv.86), secondo cui Amleto sarebbe
prigioniero di questa “pallida forma del pensiero” che impedisce le grandi imprese. Questa frase è stata
spesso letta come incapacità di agire da parte del protagonista 🡪 ma in realtà lui sta riflettendo sulla sua
stessa visione religiosa, che gli impedisce di uccidersi e di portare a termine la vendetta. Inoltre, non c’è solo
il dubbio sull’aldilà, ma anche le sue valutazioni etiche sulla vita terrena.

Dialogo tra Amleto e Ofelia


A questo punto arriva Ofelia che continua a rifiutarlo e si preoccupa di restituirgli vari oggetti e regali di
fidanzamento, che rappresentano ormai per lei un triste ricordo della loro relazione. Lui, estremamente
turbato (anche perché sa che il rifiuto di Ofelia è dovuto all’intervento di Polonio), arriva ad affermare di
averla davvero amata un tempo, ma poi non più. Questo stato confusionale ricade anche sulla ragazza, che
non capisce se Amleto reagisca così perché è ferito dal suo rifiuto o se davvero non la ama. Ma poi Amleto
giustifica le sue parole rifiutando il concetto stesso di amore, perché (rifacendosi a quanto detto nel

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monologo) è ormai arrivato a rifiutare la vita stessa: addirittura consiglia ad Ofelia di ritirarsi in convento,
come forma di rifiuto della vita normale. 
La raccomandazione di chiudersi in convento ricorre spesso nel corso del dialogo, anche come forma di
difesa dalle calunnie della gente. Infatti, il protagonista afferma: “parleranno male di te anche se sarai pura
come la neve e casta come il ghiaccio” (vv.137), semplicemente perché la gente parla sempre male 🡪
completa la sua visione negativa della vita. 
Poi, consigliandole nuovamente la clausura, afferma: I say we will have no more marriages. Those that are
married already -all but one-shall live”(vv.149)🡪 A chi si riferisce con quell “all but one”? Probabilmente a
Claudio e Gertrude: qui c’è una minaccia velata nei confronti di Claudio, ma Ofelia non può capirlo ed è
convinta (anche perché spinta dal padre) che Amleto sia impazzito solo a causa del suo rifiuto. Perciò, la
ragazza si sente anche in colpa, al punto che arriverà ad impazzire. In particolare, Ofelia si attribuirà due
colpe che la porteranno alla pazzia: aver fatto impazzire Amleto ed aver provocato la morte del padre. 

Il dialogo prosegue con un’altra minaccia di Amleto, ma questa volta al padre della ragazza 🡪 e qui c’è una
sorta di prolessi di ciò che succederà: Amleto non può sapere che poi Polonio si nasconderà nello studio
della regina, dove lui incontrerà la madre, ma ha come un presentimento e, in più, ha capito che Polonio ha
rovinato il rapporto tra lui e Ofelia. 

Riprende anche il tema del trucco delle donne e della loro seduzione ingannevole. Qui paragona i visi delle
donne a dei dipinti (paintings, vv. 143), riprendendo un altro passo di Nash.
 
Sul finale, Ofelia ci offre anche una bella descrizione di Amleto, che secondo lei ha una “ noble mind”,
capace di esprimere in sé le qualità del cortigiano (courtier), del soldato (soldier) e dello
studioso/accademico (scholar). Questa descrizione è tuttavia contrastante rispetto alle informazioni che
abbiamo su Amleto:
● Courtier: nulla ci dice che sia stato un uomo di corte, anzi l’aveva evitata per anni
● Soldier: non abbiamo prove delle sue imprese militari
● Scholar: era certamente un uomo colto, ma è difficile capire se fosse uno scholar nel senso di
“accademico” 
Questa non è altro che la conferma del fatto che questi tratti (come i precedenti) sono attribuibili al Conte di
Essex 🡪 sovrapposizione tra Amleto e il Conte diventa forte. In particolare, il conte era un:
● Cortigiano, perché vive a lungo a corte al servizio della regina (di cui era il favorito)
● Soldato, perché partecipa a varie imprese militari
● Studioso, nonché fondatore dell’Essex circle 🡪 circolo di intellettuali dell’epoca

Dialogo tra Claudio e Polonio


Claudio e Polonio, che rappresentano rispettivamente a Robert Cecil e William Cecil, hanno assistito al
dialogo tra i due giovani. Claudio, uomo estremamente abile, capisce che Amleto non è in crisi per amore (a
differenza di quanto pensa Polonio) e che non è affatto pazzo 🡪 sospetta che Amleto sospetti di lui e decide
di intervenire allontanandolo, mandandolo in Inghilterra per una “missione diplomatica”, dicendo a Polonio
che la missione e il viaggio potrebbero aiutarlo a ritrovare se stesso (in realtà, in Inghilterra, sfruttando il suo
rapporto con gli inglesi, darà ordine a questi di ucciderlo facendo passare il fatto per un incidente). 
Polonio crede ancora che il problema sia il rifiuto di Ofelia e, per dimostrare di aver ragione, propone di
spiare il colloquio tra Amleto e sua madre per saperne qualcosa di più. 

II scena, III atto


Entra Amleto con alcuni attori dando indicazioni su come recitare. 
In particolare, insiste sul non eccedere con la “passion”, ma di essere naturali.
Qui Shakespeare ne approfitta per criticare la sua ed altre compagnie teatrali che a volte recitando
trascuravano il testo, esagerando le reazioni. Lo scrittore lamenta una certa inadeguatezza tra la parte e il
modo in cui viene recitata, nonché il fatto che gli attori ricorrano a questi eccessi recitativi per “spaccare le
orecchie ai groundlings” (vv. 10): infatti, nel teatro elisabettiano c’erano i groundlings, ossia quegli
spettatori che stavano in piedi intorno al palco e che pagavano meno il biglietto d’ingresso e, intorno a
questi, vi erano i posti a sedere rialzati (che costavano di più). 
I groundlings erano per lo più giovani che nel tempo libero andavano a teatro: sono descritti come persone di
facile gusto, che andavano a teatro anche per imparare qualcosa. Questi, dato che erano i più vicini al palco,

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costituivano uno stimolo per gli attori, che eccedevano per strappargli l’applauso che avrebbe poi trascinato
l’intero pubblico.
 
A questo punto Shakespeare mette in bocca ad Amleto principi importanti sul suo teatro:
● Offre una terza definizione di teatro: “the purpose of playing, both at the first and now, was and is
to hold, as ‘twere, the mirror up to nature: to show virtue her own feature, scorn her own image,
and the very age and body of the time his form and pressure” (vv.19-23) 🡪 il teatro, fin dalle sue
origini (con il teatro greco, già menzionato anche da Polonio), aveva quindi come intento quello di
“mettere lo specchio davanti alla natura”, di mostrare virtù e buoni comportamenti e di
disprezzare la falsa imitazione di questi ultimi. Il comportamento umano, al tempo stesso, dipende
dal contesto storico e sociale in cui il soggetto si trova, in quanto non c’è una psico-antropologia
uguale in tutte le epoche.
(Le sue definizioni di teatro: 1. Il teatro può parlare di diritto, come aveva dimostrato ne Il mercante
di Venezia; 2. Il teatro può parlare di storia; 3. Il teatro è uno specchio psico-antropologico per
l’epoca). 
● Di conseguenza, se gli aspetti del comportamento umano sono eccessivi o inferiori alla realtà,
sebbene ciò possa far ridere gli unskillful (così Shakespeare definisce quella parte del pubblico
costituita dai groundlings), non può che far dispiacere i judicious (=coloro che sanno giudicare).
Quindi per Shakespeare il pubblico si divide in due parti: i groundlings (=gli unskillful), che si fanno
trascinare da effetti eccessivi, e i judicious, che costituiscono la fascia alta a cui lui indirizza il suo
teatro. I judicious sono quindi la reference audience di Shakespeare, che ha una concezione molto
alta ed ambiziosa del suo teatro: Shakespeare in questo si contrappone a Nash, che vedeva il teatro
come una forma di intrattenimento per i giovani o come un espediente per ricordare le gesta eroiche
dei soldati inglesi e, quindi, per tenere alto il sentimento nazionale. Shakespeare invece crede che
non si debbano compiacere i groundlings, ma fare riferimento ai judicious. Tramite queste
affermazioni cerca di rispondere a Nash, che aveva affermato che il teatro di Shakespeare non poteva
essere apprezzato dai più colti. 

Lezione 11
Nella precedente lezione abbiamo visto come Amleto si prepara al colloquio con la madre da lei richiesto
dopo lo spettacolo teatrale nel quale il marito ha avuto una reazione negativa, abbandonando la corte durante
lo spettacolo. L’incontro avviene nel closet della regina, da sottolineare perché questa scena è stata
tipicamente rappresentata come fosse la camera da letto ma non è affatto così. In realtà il closet era un
salottino / studiolo privato che non ha niente a che vedere con il letto che viene regolarmente inserito dai
registi nell’allestimento dell’Amleto. Errore causato dalla sovrapposizione mentale con le teorie edipiche di
Freud, e quindi s’è pensato di inserire un letto che nel testo non c’era, ma in realtà il discorso ha tutt’altra
valenza e tono. Si tratta quindi di un salottino privato dove fra l’altro è anche più logico che si inserisca un
personaggio come Polonio (sarebbe stato abbastanza difficile che avesse avuto accesso alla camera della
regina).
Atto III Scena III
Abbiamo visto che Amleto si accinge a recarsi al closet, prima però che questo avvenga abbiamo in 33 una
scena in cui Claudio parla con Rosencrantz e Guildenstern e chiarisce che lui ha già deciso di mandare
Amleto – personaggio che sembra oramai decisamente pericoloso – in Inghilterra (vv.1).
I like him not, nor stands it safe with us
To let his madness range. Therefore prepare you;
I your commission will forthwith dispatch,
And he to England shall along with you:
The terms of our estate may not endure
Hazard so dangerous as doth hourly grow
Out of his lunacies.

Li informa perché vuole che essi scortino Amleto nel viaggio e questo è il servizio che la corona si aspetta
da loro. 

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Guildenstern prima e Rosencrantz dopo si danno il cambio nelle risposte con Amleto e con Claudio, sono del
tutto simili quasi come due gemelli e rispondono esternando il loro atteggiamento ovvero di sostegno alla
corona. 
Guildenstern dice (vv.7): 
We will ourselves provide:
Most holy and religious fear it is
To keep those many many bodies safe
That live and feed upon your majesty.

cioè esprime con chiarezza (seguito poi da da Rosencrantz) in base a quale teoria politica, se vogliamo
addirittura religioso-politica (perché dice “holy and religious fear”) in base alla quale il sovrano ha il diritto
e il dovere di difendere tutti perché rappresenta lo stato, da lui dipendono le condizioni e il benessere o la
disgrazia di tutto il paese e quindi a lui è dovuta assoluta obbedienza. Dunque il loro rapporto con la corona è
ideologicamente chiarito, accettano questa tipica teoria dello stato secondo la quale la corona ha assoluta
preminenza perché si trascina dietro il bene o il male di tutto il paese. Rosencrantz conferma dicendo
(vv.11): 
The single and peculiar life is bound,
With all the strength and armour of the mind,
To keep itself from noyance; but much more
That spirit upon whose weal depend and rest
The lives of many. The cease of majesty
Dies not alone; but, like a gulf, doth draw
What's near it with it: it is a massy wheel,
Fix'd on the summit of the highest mount,
To whose huge spokes ten thousand lesser things
Are mortised and adjoin'd; which, when it falls,
Each small annexment, petty consequence,
Attends the boisterous ruin. Never alone
Did the king sigh, but with a general groan.

cioè la singola vita deve tutto alla corona poiché dipende da essa e quindi deve offrire servizio, e ribadisce
dicendo che le vite di molti dipendono dalla corona.
Questo significa che la loro amicizia per Amleto ovviamente non esiste. Mentre Amleto aveva insistito
sull’importanza del rapporto interpersonale, per i due questo rapporto non sussiste, esiste solo obbedienza
alla corona poiché da essa dipende il bene generale. E quindi la loro ideologia ferma costituisce il totale
distanziamento dall’amicizia d’infanzia con Amleto. Nel dramma di Pinter del XX secolo si metteva in
risalto l’apparente disinvoltura con cui Amleto manda poi a morte Guildenstern, in un certo senso cerca di
giustificare il loro destino facendo apparire Amleto disattento e crudele nei loro confronti. Il testo però
assume tutt’altro atteggiamento, cioè è chiaro che il testo patteggia per Amleto, ma lo fa chiarendo la vera
contrapposizione di Rosencrantz che divide questi personaggi per cui alla fine i due ci rimetteranno la vita.
Chiarisce che lo scontro più che personale sta diventando uno scontro ideologico. 
Tornando al discorso di Rosencrantz, dunque c’è questa immagine di questa grande ruota in cui sono
congiunti i destini di molte persone. Rosencrantz e Guildenstern sono dunque vittime nei confronti di Amleto
visto che poi finiranno col pagare con la vita la loro dedizione. Sono vittime di una contrapposizione
ideologica. 
Polonio subito dopo entra e parla col re e dice che si accinge ad andare nello studiolo di Gertrude e poi
giustifica la sua indebita presenza nella camera della regina (perché significa che Gertrude abbia dato il suo
consenso e si sa che le madri sono parziali verso i propri figli) e quindi è opportuno che orecchie meno
parziali ascoltino. Questo significa che Gertrude è a conoscenza di questo ascolto che in un certo senso è
anche un po’ una trappola, sa benissimo che nei confronti di suo figlio si sta comportando male dando spazio
a un orecchio estraneo. Claudio a questo punto, sentita la conferma da Polonio della sua presenza durante
questo colloquio tra madre e figlio, a sua volta rimane solo e abbiamo una scena particolarmente
significativa. 

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Claudio è certamente un villain sotto vari profili, nel senso che ha ucciso il fratello, e lo dice qui, lo confessa
apertamente. Questo è importante perché fin qui il pubblico non sa veramente cosa è successo. La parola del
fantasma poteva essere falsa, anzi certamente poiché fantasma infernale (anche se ambiguo, dipende dalla
religione, poteva essere anche purgatoriale ma da vari segni s’intende che non è così). Claudio però in questo
momento fa, in una scena solo, un monologo e parla con sé stesso. In questa scena, mentre Amleto non è in
scena non può sapere e avere conferma di quello che è avvenuto, il pubblico invece sì. In questa scena
Claudio si autoaccusa di ciò che il fantasma lo aveva accusato e dichiara apertamente di avere fatto qualcosa
di molto grave, e dice (vv.37): 
O, my offence is rank it smells to heaven;
It hath the primal eldest curse upon't,
A brother's murder. Pray can I not,
Though inclination be as sharp as will:
My stronger guilt defeats my strong intent;
And, like a man to double business bound,
I stand in pause where I shall first begin,
And both neglect. What if this cursed hand
Were thicker than itself with brother's blood,
Is there not rain enough in the sweet heavens
To wash it white as snow? Whereto serves mercy
But to confront the visage of offence?
And what's in prayer but this two-fold force,
To be forestalled ere we come to fall,
Or pardon'd being down? Then I'll look up;
My fault is past. But, O, what form of prayer
Can serve my turn? 'Forgive me my foul murder'?
That cannot be; since I am still possess'd
Of those effects for which I did the murder,
My crown, mine own ambition and my queen.
May one be pardon'd and retain the offence?

È chiaro: lui ammette di aver ucciso suo fratello, il più antico dei delitti (Caino e Abele). Claudio qui non dà
solo un importante informazione al pubblico, che finalmente viene a sapere con certezza che l’antefatto
descritto dal fantasma è reale, ma al tempo stesso questo villain ha fatto la mossa di uccidere il fratello e
sposarne la moglie per impossessarsi di tutto quello che aveva, e lo dice pure apertamente! Non solo la
moglie, voleva pure la corona, e che non ha intenzione di rinunciare a nessuna delle due. L’intento è chiaro e
c’è anche un vero pentimento, o meglio mezzo pentimento, perché questa è una scena in cui Claudio tenta di
pregare, voleva riscattarsi quindi non è totalmente disinvoltamente malvagio ma al tempo stesso non vuole
rinunciare a ciò che ha acquisito, e quindi di fatto non riesce a pentirsi. Aggiunge: “a stronger guilt defeats
my strong intent”.
“My crown, my own ambition and my queen” ammette di avere una grande ambizione, di aver volute la
corona, ma anche la regina. La sua condizione psicologica e religiosa è chiara, ma soprattutto abbiamo una
forte conferma dell’antefatto.
Poi va avanti riflettendo su questa specie di suo doppio desiderio, di purgarsi dalla sua colpa senza però
pentirsi veramente e naturalmente conclude che non c’è niente da fare. “What repentance can what can I not,
yet when one can not repent?” c’è una contraddizione, poi cerca di costringere le sue ginocchia a piegarsi,
prova a pregare e insiste anche se sa che non vuole pentirsi. Nel momento in cui piega le ginocchia arriva
Amleto e lo vede inginocchiato a pregare. La situazione nei confronti del pubblico è contraddittoria: è
chiaro che con un discorso del genere questa preghiera non ha molto effetto. Quando entra Amleto e lo vede
inginocchiato che prega l’impressione è quella di una persona pentita.
Da una parte Amleto vuole ucciderlo, ma non è tanto semplice uccidere un re e ora che è da solo sarebbe
l’occasione perfetta, e infatti lo sta per fare. Fa per tirare fuori la spada ma poi si ferma: sta per ucciderlo
mentre prega. Claudio sembra effettivamente pentirsi e così Amleto fa la riflessione che se lo uccidesse ora
lo manderebbe in paradiso. Questo solo perché non ha sentito la confessione al cielo che ha fatto Claudio e
quindi non ha ancora nessuna certezza di quello che è avvenuto. Infatti ha avuto solo la dichiarazione del
fantasma, probabilmente infernale, dunque cosa deve pensare? Vero? Falso? Vede il patrigno a tiro di

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spada ma non ha assoluta certezza e se è colpevole, “he goes to heaven”, cioè qualsiasi cosa abbia fatto
prima verrebbe perdonata. Da una prospettiva protestante ancora di più, perché il singolo se la vede con Dio
senza necessità della mediazione di un prete per la remissione del peccato, e quindi Amleto pensa che non sia
una vera vendetta, ma addirittura pensa di premiarlo. Rimette la spada nel fodero e decide di aspettare un
momento migliore. Vuole coglierlo o nell’incesto del suo rapporto con la regina oppure mentre dorme dopo
aver gozzovigliato e bevuto.
Perché incesto? All’epoca si riteneva che siccome nella formula del matrimonio l’uomo e la donna quando si
sposavano diventavano una persona sola, allora in questo senso, diventando un unico sangue, se il fratello
sposa la moglie del fratello allora si parla di incesto. Come se la moglie fosse divenuta una sorella, anche se
in realtà non c’è nessun incesto poiché non vi è consanguineità. Questo era diventato un celebre problema ai
tempi di Enrico VIII, perché egli aveva sposato la moglie spagnola (Caterina d’Aragona) del fratello che era
morto. Quando poi si crea il problema della discendenza dei figli maschi, lui cerca di giustificare il suo
volersi risposare (ai tempi il divorzio non era consentito) di fronte alla Chiesa dicendo che aveva sbagliato
prima con l’incesto. Questo problema importante nella società inglese e quindi molto ben comprensibile dal
pubblico.

Atto III Scena IV


Sii vedono Gertrude e Polonio, che è arrivato nel closet, e Polonio dice che Amleto “will come straight” e
aggiunge che lui si nasconderà dietro l’arazzo per ascoltare. In questo lui è corresponsabile con Gertrude e
lei è perfettamente consenziente. Arriva Amleto che ovviamente non sa nulla di tutto questo. Scambio quasi
comico perché Gertrude si rivolge chiamando Claudio attuale patrigno e Amleto risponde che è lei ad aver
offeso suo padre (naturale). Gioco ironico sui due padri. Seguono degli scambi un po’ aspri, in cui Gertrude
dice “ti sei dimenticato di chi sono, la regina e tua madre?” e Amleto risponde “sei la regina ma sei la moglie
del fratello di tuo marito” quindi gioco di parentela sottolineato. Gertrude si mostra spaventata e preoccupata,
e Amleto dice (vv.19):
Come, come, and sit you down; you shall not budge;
You go not till I set you up a glass
Where you may see the inmost part of you.

Amleto dice “userò lo specchio perché tu capisca chi sei e cosa hai fatto”, quindi lui sta dichiarando che la
sua intenzione è di rendere consapevole la regina di quello che è accaduto. Si comprende da quello che
accade che la regina non è molto consapevole e neanche totalmente informata. Poco dopo infatti Amleto
infatti accusa il patrigno di avere ucciso suo padre e questa affermazione sembra prendere di sorpresa
Gertrude. 
Si deduce da una serie di osservazione fatte qui ma anche successivamente che lei non era pienamente
consapevole di quello che era successo. Pensava che il marito fosse morto per cause esterne tipo incidente,
indipendenti da Claudio. Rimasta sola, aveva accettato il corteggiamento di Claudio, probabilmente davvero
attratta da lui (sappiamo solo che il marito precedente la rispettava, ma non sappiamo bene quale fosse il
rapporto di coppia). Gertrude ora si spaventa. Invece di capire che Amleto vuole metterle davanti uno
specchio perché lei capisca il fatto, si è spaventata.
Perché? Perché è già in allarme per i commenti fatti prima da Claudio, che già aveva detto che Amleto è
pericoloso (uno dei sottintesi per cui Polonio è nella stanza). 
Gertrude dice (vv.22):
What wilt thou do? thou wilt not murder me?
Help, help, ho!

A sua volta Polonio da dietro l’arazzo grida help! Help! Anziché semmai intervenire ad aiutare la regina, e
quindi palesando la sua presenza, e quindi Amleto ha facile gioco avendo la spada sempre con sé come allora
usava regolarmente, tira fuori la spada gridando (v.25): 
How now! a rat? Dead, for a ducat, dead!

Crede si tratti del patrigno, dato che questa persona si trova nei pressi della zona privata della regina e quindi
non pensa a Polonio, pensa si tratti di Claudio. La sua prima reazione è quella di potersi finalmente vendicare

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contro Claudio. Estrae la spada e uccide a morte la persona dietro l’arazzo per poi scoprire che però non è
Claudio. 
Amleto ha già manifestato due volte una seria intenzione di uccidere Claudio, perché la prima volta si è
fermato davanti al gesto religioso (che è alla base del famoso monologo to be or not to be: il personaggio è
sinceramente religioso e quindi si chiede che cosa succeda poi all’aldilà e questo gli causa problemi e lo
porta a riflettere), ma qui Amleto ha la sensazione di aver colto l’occasione giusta, ha una pronta e rapida
reazione di fronte a quella che gli sembra l’ovvia situazione. L’idea era che lo stava uccidendo mentre si
accingeva ad avere rapporti con la madre. 
Quindi Amleto non è poi così incerto a compiere vendetta: si chiede il senso della vendetta, come e dove
farla, raggiungendo quali fini. Cambierà atteggiamento sulla vendetta in base alle reazioni di Orazio.
Gertrude quindi assiste all’assassinio di Polonio e Amleto reagisce in maniera ancora violenta, è dice che è
un gesto di sangue orribile quanto quello compiuto dal marito della regina. Gertrude rimane sorpresa e fa eco
alla frase pronunciata da Amleto: “kill a king?” Come si vedrà anche successivamente per lei il marito non è
stato ucciso, è morto e basta. Con notevole disinvoltura entrambi trascurano la morte di Polonio, perché
Amleto si rende subito conto che non è la persona che pensava e dopodiché prosegue nel suo colloquio che
non viene affatto interrotto dalla sua morte. Ciò è significativo perché a Amleto non gli era mai stato troppo
simpatico Polonio e comunque ha forti emozioni in questo contesto e quindi passa ad altro. Ancora più
sorprendente è Gertrude, alla quale sembra importare poco dell’assassinio di Polonio, e d’altra parte lei
voleva parlare col figlio e va avanti a parlare sapendo che non avrà più testimoni. 
Rapporto tra i due molto intenso e Gertrude dice (vv.40):
What have I done, that thou darest wag thy tongue
In noise so rude against me?

questo conferma per la seconda volta dopo “as kill a king” che non è consapevole della gravità della sua
posizione. Pensa semplicemente che il marito sia morto, ha accettato di risposarsi con Claudio anche per la
situazione politico-militare grave, in cui un matrimonio avrebbe potuto garantire sicurezza. Solo Claudio è a
conoscenza della gravità di quello che è avvenuto. 
Di fronte alla madre che gli chiede cosa ha fatto di così grave, Amleto risponde non insistendo ad accusarla
di aver partecipato, ma dicendole qualcosa che riporta il discorso a lui stesso, all’effetto che ha sul figlio il
comportamento della madre, perché collega le scelte affettive come qualcosa che ha reso impossibile l’amore
a suo figlio. “Dopo aver capito quello che tu hai fatto non posso più vivere un amore innocente”, rende il
giuramento del matrimonio falso come quello dei giocatori di dadi. “Il tuo comportamento fa della religione
una serie di parole inutili”. Accusa quindi molto più ampia. 
Come se non bastasse, altro fatto che fa star male Amleto: accusa a Gertrude di comportamenti di cui lei è
solo parzialmente consapevole, quindi non totalmente ascrivibili a lei, ha distrutto possibilità di amare
sinceramente qualcuno per Amleto. 
Look here, upon this picture, and on this,
The counterfeit presentment of two brothers.
See, what a grace was seated on this brow;
Hyperion's curls; the front of Jove himself;
An eye like Mars, to threaten and command;
A station like the herald Mercury
New-lighted on a heaven-kissing hill;
A combination and a form indeed,
Where every god did seem to set his seal,
To give the world assurance of a man:
This was your husband. Look you now, what follows:
Here is your husband; like a mildew'd ear,
Blasting his wholesome brother. Have you eyes?

Tira fuori due ritratti e confronta quello del marito precedente con quello di Claudio. Mentre il primo
era un Iperione, bello, coi riccioli, con la fronte di Giove, un occhio marziale, capace di minacciare e

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comandare, insomma la tipica immagine di un re (anche se da questo comprendiamo che non c’era molta
tenerezza del personaggio), l’altra immagine invece l’esatta antitesi: il fratello come una spiga ammuffita.
Questa differenza fisica viene sottolineata perché Claudio = Robert Cecil, che era notoriamente una persona
molto intelligente, molto capace d’inganno e di tendere trappole mortali non del tutto malvagio, come
Claudio che si pente e non si pente, ma in realtà determinato a fare i suoi interessi, nonché però anche quelli
dello stato, e quindi personaggio fondamentalmente machiavellico. Claudio assomiglia pure fisicamente e
Cecil, perché da ragazzo aveva avuto problemi con la spina dorsale e quindi aveva la gobba, e questo
naturalmente aveva accorciato la sua statura. Nella tradizione Rinascimentale vigeva ancora il principio
greco del bello e buono e brutto e cattivo. Pubblico del tempo ne era cosciente e associava la sua bruttezza ai
suoi comportamenti.
Gertrude a questo punto si sente molto turbata, e da qui in poi non farà altro che sentire rimorsi. Alla fine
si suicida bevendo quella che scopre essere una coppa avvelenata per suo figlio. Da questo in poi ha capito
che è successo qualcosa di grave, comincia ad avere gravi sospetti su Claudio (anche se era ancora incerta: i
sospetti vanno crescendo in seguito), e soprattutto comincia a temere di aver compiuto dei gravi errori, inizia
a “vedere qualcosa di nero nella sua anima”. Da parte di Gertrude inizia una specie di auto giudizio e viene
spaccata in due dentro di sé: da una parte inizia a dubitare e capisce che è successo qualcosa di strano, che
non è stato tutto così limpido e senza risvolti negativi, comincia ad autoaccusarsi e a chiedersi cosa sia
successo; dall’altra deve giudicare il figlio che sembra pazzo, lo è non lo è non si sa, e l’affetto di Claudio
per lei che non viene mai contraddetto.
Amleto dice (vv.88): 
A murderer and a villain;
A slave that is not twentieth part the tithe
Of your precedent lord; a vice of kings;
A cutpurse of the empire and the rule,
That from a shelf the precious diadem stole,
And put it in his pocket!

Quando dice che ha rubato, dice che ha rubato il suo “Empire”, e spesso questa parola viene ripetuta e ha
un’accezione particolare dal punto di vista politico, che si rifà alla questione della “ jointure”. Certamente
risposandosi nel giro di un mese ha mantenuto l’eredità, ma lei viene chiamata “emperior jointress”, cosa
c’entra l’impero? Significava che il regno di Danimarca evidentemente era nato dalla congiunzione di sangue
tra lei e il re precedente, ognuno dei quali aveva un patrimonio personale, quindi Gertrude era erede
personale di una parte di un territorio che in realtà era uno stato. Si parla di Empire quando ci sono due stati
congiunti sotto un’unica corona. Quindi la Danimarca è tenuta unita dal fatto che ci sono due eredi
territoriali. La fretta del matrimonio si spiega anche per questo, per tenere unito il regno. È un sottinteso
politico un po’ complesso. 
Quindi come abbiamo visto le spiegazioni e le motivazioni del comportamento sono complesse: Amleto se
ne ricorda utilizzando la parola Empire, che chiarisce che Claudio ha inteso unire l’eredità sua con quella di
Gertrude, come d’altronde aveva fatto il marito precedente, per mantenere l’unità del territorio (nel momento
in cui oltretutto è minacciato da Fortinbras). 
Amleto però a questo punto ha un’altra apparizione: questa è la seconda e ultima apparizione del fantasma.
Questa volta però compare in camicia da letto, mentre però prima il fantasma era comparso a tutti, prima alle
sentinelle, poi Orazio e Marcello, poi addirittura al principe, con cui parla. Prima era un fantasma in armi,
che rappresentava la grandezza della Danimarca, visibile a tutti e che rappresentava l’unità o il pericolo dello
stato, era una “state image”. Adesso invece non solo appare in camicia da notte, ma è visibile soltanto al
figlio. In altri termini: questa è un’immagine domestica, visibile solamente a chi aveva un rapporto
affettivo con lui, mentre appare del tutto invisibile a Gertrude. Lei non vede nulla e quindi pensa che il figlio
sia pazzo a immaginare che ci sia un fantasma. 
Amleto (vv.99) 
Do you not come your tardy son to chide,
That, lapsed in time and passion, lets go by
The important acting of your dread command? O, say!

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Fantasma (vv.102):
Do not forget: this visitation
Is but to whet thy almost blunted purpose.
But, look, amazement on thy mother sits:
O, step between her and her fighting soul:
Conceit in weakest bodies strongest works:
Speak to her, Hamlet.

Amleto viene trattenuto dal fantasma dal fare qualcosa di affrettato e negativo nei confronti della madre, e in
questo Gertrude è scioccata: non vede il fantasma. Sottinteso che non vi fosse un rapporto caloroso tra
Gertrude ed il primo marito.
Si crea qui una duplicità di significato della figura del fantasma. 
Amleto e Gertrude (vv.125): 
-Do you see nothing there?
-Nothing at all; yet all that is I see.

 Questo conferma la scarsa consistenza del loro rapporto. Mentre invece il figlio lo vede sia come uomo di
stato che come padre, quindi rapporto affettivo confermato dalla sua apparizione. 
Però adesso Gertrude è convinta che il figlio sia pazzo, e Amleto con molto controllo di sé le fa “non
consolarti pensando che sono io pazzo, pentiti, confessati col cielo e tieni le distanze da tuo marito: se non
hai una virtù, almeno simula”, e quindi consigli alla madre di distaccarsi da Claudio, e Gertrude da questo
punto di vista ribatte “hai spaccato il mio cuore in due”.
Rapporto tra figlio e madre diventa un rapporto in cui la madre cerca ancora di illudersi che il figlio sia
pazzo anche se Amleto è sempre molto lucido nel modo in cui parla, perlopiù dopo questo colloquio si
preoccupa del cadavere di Polonio e dice (vv.162):
I do repent: but heaven hath pleased it so,
To punish me with this and this with me,
That I must be their scourge and minister.
I will bestow him, and will answer well
The death I gave him. So, again, good night.

È importante perché “è il cielo che ha disposto così per punire me”. Anche se Polonio non gli era mai stato
simpatico si rende conto che ha fatto un gesto atroce ed è pentito. Lo disprezzava per i suoi atteggiamenti
politici ma mai lo avrebbe ucciso, e dice “il cielo ha punito me con lui, mi sento colpevole, ma ha punito lui
con me”, tra l’altro non dice “him” ma “this”, quasi lo rende come un oggetto. Perché oggetto? Perché era
soltanto uno strumento, un po’ come Rosencrantz e Guildenstern, un oggetto al servizio di Claudio: viveva in
funzione del suo servizio alla corona. Visione ideologica tra sovrano e suddito. E quindi Amleto dice “io mi
sento strumento usato dal cielo per punire lui” quindi punire l’ideologia da lui rappresentata, come
Rosencrantz e Guildenstern (analogia tra i destini, perché ideologicamente si tratta della stessa posizione). 
In pratica “io ho punito Polonio per la sua posizione politica, per aver preso parte alle trame di un villain
assassino quale è il nuovo re”. In ultima analisi questo per motivi ideologici, come punirà per lo stesso
motivo Rosencrantz e Guildenstern. Però si sente a sua volta punito.

Che cosa dobbiamo dedurre quindi da questa doppia affermazione? Che il cielo punisce due cose: punisce la
vendetta di Amleto che per questo motivo ha ucciso Polonio credendo fosse Claudio, e al tempo stesso
punisce Polonio tramite Amleto per il suo comportamento politico-ideologico di servizio nei confronti di un
villain. Implicazioni ideologiche che serviranno a tirare le somme, che il pubblico faceva, perché non ci
dimentichiamo che non è un pubblico qualunque ma un pubblico judicious (come espresso nello stesso
testo). 
Amleto quindi raccomanda alla madre di astenersi dall’avere rapporti sessuali col marito, e dice “ho sentito
che devo andare in Inghilterra, il re ha già deciso di farmi imbarcare” (pag. 287, fine della quarta scena del

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terzo atto) “anzi a maggior ragione che ho ucciso Polonio adesso devo partire” perché è uno scandalo
uccidere un uomo in vista noto a tutti a corte” e quindi si rende conto che sarà costretto a partire per
l’Inghilterra. 

Lezione 12

Alla fine della scena precedente c’è stato il colloquio tra Amleto e Gertrude

ATTO IVSCENA I

Claudio va da Gertrude e vede che è molto turbata (There’s matter in these sighs, these profound heaves) e le
chiede quale sia stato l’esito del colloquio. Gertrude risponde “alleandosi” con il figlio, che le aveva chiesto
di non rivelare che la sua follia fosse finta: spiega che Amleto è veramente turbato (Mad as the sea and wind
when both contend / Which is the mightier), che appena aveva sentito che c’era qualcuno dietro l’arazzo
(quel qualcuno era Polonio) l’aveva ucciso e aggiunge che non vede possibilità di autocontrollo da parte del
figlio. Claudio reagisce gridando “O heavy deed! / It had been so with us had we been there. His liberty is
full of threats to all – / To you yourself, to us, to everyone”, cogliendo subito il significato dell’uccisione di
Polonio: Amleto deve aver pensato che la persona lì nascosta fosse il re, e avendo delle reazioni
estremamente pericolose è pronto ad uccidere lo stesso Claudio.

A questo punto Claudio è ben deciso a mandare Amleto in missione diplomatica in Inghilterra per
allontanarlo dalla corte, anche perché nel frattempo è stato ucciso un uomo di Stato importante e si deve
giustificare questo fatto in qualche modo. Un viaggio può distrarlo e magari fargli tornare la salute mentale.

In realtà poco dopo scopriamo che l’intento è un altro, Claudio ha già deciso di mandare Amleto a morte
dando ordine agli inglesi di ucciderlo appena sbarca in Inghilterra.

Si pongono il problema del cadavere di Polonio: si rivolgono a Rosencrantz e Guildenstern, chiamandoli


“friends both”. Non sono più gli amici di Amleto: non stanno rispondendo al loro rapporto di amicizia
storica quanto al rapporto di dipendenza (politica, sociale) dal re, al quale sono decisi ad obbedire. Però
continua a trattarli con atteggiamento magnanimo, li chiama amici anche se di fatto sono servi.

Rosencrantz & Guildenstern sono mandati alla ricerca di Amleto perché devono ritrovare il cadavere di
Polonio per portarlo nella cappella per celebrare il funerale.

SCENA II

Amleto incontra Rosencrantz e Guildenstern, momento decisivo: il possibile rapporto di amicizia appare
completamente fallito, Amleto ha capito che i due sono completamente dalla parte del re e ormai non si fida
più di loro. Quando gli chiedono di rivelare loro dov’è il cadavere lui risponde che non può più fidarsi di
loro, li definisce come servi al servizio del re. In più, Amleto dà a Rosencrantz della spugna (sponge). Gli
chiede, che risposta dovrei mai dare, io, figlio di un re, a una domanda che mi viene posta da una spugna?
Rosencrantz chiede spiegazioni e Amleto gli dice che non solo non li considera più degli amici, ma ormai
vede in loro un oggetto, non più una persona. Una spugna che cerca di assorbire tutto ciò che il re può darle,
ma che alla fine verrà schiacciata e rimarrà all’asciutto. È l’immagine di un servo che cerca di ingraziarsi il
re e di fare carriera in qualche modo ma che inevitabilmente finirà senza nulla. L’immagine è una citazione
classica, rimanda alla Storia Romana di Svetonio, che descrivendo gli eventi di corte all’epoca
dell’imperatore Vespasiano delinea un rapporto con i sudditi/servitori di questo tipo.

Amleto aggiunge un’altra immagine: le autorità usano i servi come una mela che una scimmia si tiene in
bocca e non mastica subito, ma prima o poi darà il morso (He keeps them, like an ape an apple in / the
corner of his jaw, first mouthed, to be last swallowed.). In sostanza siete soltanto oggetti che il re sta usando.
Vi illudete di avere dei favori (ideologia country!) sperando di far fortuna ma sarete soltanto sfruttati.

Amleto ha quindi definitivamente ripudiato Rosencrantz & Guildenstern, ormai per lui quasi non sono più
persone, perché hanno ignorato il rapporto umano con lui per rendersi completamente schiavi della corona.
Conclude la scena rispondendo alla domanda dei due su dove sia il cadavere di Polonio con una specie di

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indovinello: “The body is with the King, but the King is not with / the body. The King is a thing – […] of
nothing.” “Il cadavere è con il re” – ma con il precedente re, con suo padre! Polonio ormai si trova
nell’aldilà, dove si trova pure Amleto senior; ma allo stesso tempo il re non è più con il proprio corpo visto
che il fantasma si è staccato. Alla fine invece si riferisce a re Claudio, dicendo che non vale niente.
Praticamente dopo aver disprezzato Rosencrantz & Guildenstern disprezza pure il re che si sforzano di
servire.

SCENA III

C’è Claudio che dice che deve assolutamente far partire Amleto e dice di non poterlo accusare
dell’assassinio di Polonio davanti a un tribunale: compare il concetto di legge, alla quale anche il sovrano
dovrebbe ricorrere: “Yet must not we put the strong law on him. / He’s loved of the distracted multitude”
(plurale maiestatis). Apprendiamo per la prima volta che Amleto, pur essendo stato molto assente dalla corte
(da quanto sappiamo dal testo), gode comunque di grande popolarità: Claudio non può rischiare di
convocarlo in tribunale perché il popolo potrebbe schierarsi dalla sua parte. Dettaglio che alludeva
chiaramente al Conte di Essex: nobile che aveva goduto di una popolarità insolita, tale da poter temere una
rivolta popolare a suo favore.

Il riferimento alla legge è molto interessante: da una parte c’è il discorso della colpa, della vendetta;
dall’altra c’è la soluzione normale, un delitto dovrebbe venire giudicato in una corte di giustizia, è il
tribunale che dovrebbe intervenire nel caso di questo assassinio. Arriva Rosencrantz a dire che non sono
riusciti a farsi dire dove Amleto abbia messo il cadavere, poi arrivano pure Guildenstern e Amleto.

Amleto dice dove si trova il cadavere, ma fa un gioco di parole molto significativo. “At supper. […] Not
where he eats, but where he is eaten. A certain convocation of politic worms are Èen at him.” Polonio, che
faceva l’uomo politico, ora è a una cena dove non mangia ma viene mangiato. La nota dice che si tratta di
un’allusione alla celebre Dieta di Worms, quindi un riferimento ai problemi religiosi definiti nel 1521:
Charles V aveva voluto ascoltare Lutero per prendere una posizione nel contrasto tra protestantesimo e
cattolicesimo. È interessante perché ogni volta che Amleto pensa all’aldilà, gli si pone il problema religioso.
Quale concezione religiosa scegliere, protestante o cattolica? (In quella protestante il Purgatorio non c’è)
Dubbio applicabile alla figura di Essex, che era protestante sulla carta ma difendeva i cattolici irlandesi.

Il discorso di Amleto quindi non è solo un’immagine macabra della fine che fanno gli uomini, di diventare
cibo per i vermi (We fat all creatures else to fat us, and we fat ourselves for maggots) – insiste molto su
questo concetto – ma c’è anche un livellamento della morte: un re e un mendicante sono nella stessa
condizione quando diventano pasto per i vermi.

A man may fish with the worm that hath eat of a king, and eat of the fish that hath fed of that worm. […] a
king may go a progress through the guts of a beggar”: Un uomo può pescare, usando come amo un verme
che ha mangiato la carne di un re, e pescare un pesce che può essere mangiato da un mendicante: la carne di
un re può finire tra le viscere di un mendicante. Concetto di livellamento sociale: un re, pur essendo al
vertice sociale, può finire la sua carriera nelle viscere di un mendicante.

C’è ironia anche sul concetto di “progress of a king”, che era il momento in cui il sovrano si esibiva in
pubblico in full state cosicché la popolazione potesse vederlo e applaudirlo. (Elisabetta aveva sfruttato i suoi
Queen’s progresses per guadagnare popolarità)

Amleto dice che Polonio è andato nell’aldilà, ma tra un mese, se non lo trovano prima, lo troveranno
sentendo l’odore che proviene dalla lobby sopra le scale (if you find him not within this month, you shall
nose him as you go up the stairs into the lobby).

Il cadavere viene recuperato, e Claudio dice piuttosto disinvoltamente ad Amleto che deve partire, che ha
deciso di mandarlo in Inghilterra: “il gesto che hai fatto mi obbliga a mandarti via, per la tua sicurezza” –
anche se sappiamo che Claudio aveva paura per se stesso. Quando Claudio gli dice “So it is, if thou knew’st
our purposes”, Amleto risponde: “I see a cherub that sees them.” Gli sta dicendo che sarà in grado di capire
cosa sta tramando. Apparentemente sta dicendo qualche sciocchezza sul parlare con gli angeli, ma in realtà
sottintende che non si fida di Claudio. Poi Amleto aggiunge: “Farewell, dear mother.” Claudio gli fa what,
sono tuo padre, ma Amleto insiste: “My mother. Father and mother is man and wife; man and wife is one
flesh; and so, my mother.” Sta dicendo che una volta sposati, marito e moglie sono la stessa cosa, le

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decisioni di uno sono le decisioni dell’altro: quindi queste sono le conseguenze del matrimonio della madre,
che permette a questo uomo di mandare a morte il proprio figlio! Mette la responsabilità su Gertrude.

Poi, quando rimane da solo, Claudio dice all’Inghilterra che, se rispetta il suo potere, il suo dominio su di lei,
deve immediatamente mandare Amleto a morte non appena lui arrivi sul suolo inglese, perché (l’Inghilterra)
deve curarlo (Claudio) da questa grande malattia che sarebbe Amleto. Diventa esplicita anche per il pubblico
la decisione di Claudio di salvaguardarsi mandando a morte Amleto, rivelandosi quindi come perfetto villain.

SCENA IV

Entra Fortebraccio/Fortinbras, il figlio di quel Fortinbras che il padre di Amleto aveva sconfitto a duello e
che sta attraversando la Danimarca per recarsi alla testa del suo esercito a combattere contro i polacchi (su
ordine del re di Norvegia e con il permesso del re di Danimarca). Si vede passare Fortinbras con un suo
capitano, a cui dice di salutargli il re danese ed avvisarlo del suo passaggio (pg. 296)

MA! Nella versione del Q2 questa scena introduceva un’altra scena, che noi ritroviamo nell’Appendice ma
che dall’F1 è stata tolta. Tra le più lunghe, forse la più lunga, delle scene che sono state tolte dall’in folio.

In questa scena tagliata si parla della vendetta: è un passo che è stato ampiamente commentato, perché verte
sul tema centrale dell’Amleto! Presenta una serie di problemi però

1. Hibbard la mette nell’appendice, visto che anche se lui ha seguito l’F1, molte altre versioni
dell’Amleto la riportano
2. È importante per valutare il rapporto tra Amleto e la vendetta

APPENDICE (pgg. 362-365)

Amleto è coinvolto in questa scena, perché incontra il capitano di Fortebraccio. Gli chiede che esercito sia e
il capitano gli dice “They are of Norway, sir” – non è più l’esercito di Fortebraccio infatti, è l’esercito del re
di Norvegia! Il capitano gli dice che stanno andando contro la Polonia e Amleto gli chiede se vadano contro
l’intera Polonia o solo qualche territorio, e la risposta del capitano è estremamente polemica: “We go to gain
a little patch of ground / That hath in it no profit but the name.” Stiamo andando a conquistare un piccolo
fazzoletto di terra che non ha alcun valore se non il suo nome. Vale meno di cinque ducati! Allora Amleto gli
chiede perché mai stiano andando a conquistarlo se ha così poco valore. Il capitano risponde che è già pronto
un esercito per scontrarsi contro di loro. Il problema di questa pagliuzza verrà discusso “consumando”
duemila anime (soldati intesi come uomini veri!) e ventimila ducati. Si sta impegnando un capitale umano ed
economico enorme per andare a conquistare un pezzetto di terra senza valore.

È un’affermazione scandalosa (striking), come mai permettere quest’azione militare quasi priva di
guadagno? Amleto commenta che in effetti quando si ha troppa ricchezza succedono anche queste cose, si fa
morire la gente per nulla. Amleto deve riprendere la strada con Rosencrantz (sta andando a imbarcarsi) e nel
mentre fa una riflessione personale sulla vendetta.

Pensieri di Amleto: il caso sembra voler stimolare la mia vendetta! Cos’è un uomo? Se i suoi unici bisogni
sono il bere e il mangiare lo possiamo considerare alla stregua di una bestia, e questo sembra contraddire il
fatto che l’uomo abbia tante qualità (large discourse), abbia una ragione quasi divina (godlike reason). Un
uomo non può semplicemente vivere per mangiare e dormire, è qualcosa di più di un animale, quindi deve
vantarsi delle sue qualità: si passa a un concetto di onore. Un nobile come Fortinbras non può vivere
tranquillo, deve avvalorare il proprio onore al di sopra di ogni altra cosa.

Non sarà un buon ragionamento ma verte sul tema dell’onore, e aveva una sua logica per il vecchio concetto
aristocratico dell’onore. Valeva la pena rischiare la vita per affermare la propria grandezza nobiliare e la
superiorità del proprio casato sugli altri. Un aristocratico non doveva limitarsi a vivere la propria superiorità,
doveva accettare di doversi sacrificare per mantenere il proprio status e il proprio onore. Era stata anche la
logica del padre di Amleto, che aveva rischiato la morte per sfidare a duello il padre di Fortinbras, quindi il
ragionamento sembra poter seguire con coerenza quei due esempi.

Amleto si chiede a questo punto se, dal momento che Fortinbras è pronto ad andare in guerra per una
questione puramente di onore, la sua è una sfida gratuita. Suo padre (di Fortebraccio) ha perso tutto e lui
vuole recuperare ciò che è stato perso. Io (Amleto) che invece ho qualcosa in più da guadagnare (tbh non è

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molto chiaro cosa ci abbia da guadagnare. Dovrebbe uccidere un re per ottenere forse un regno?): io ho una
causa, la volontà, la forza, i mezzi per farlo, eppure non lo faccio, non mi prendo la mia vendetta. 

Amleto quindi coglie l’occasione per rimproverarsi da solo. Questo “tender prince” (sempre Fortebraccio) è
ben deciso a mettere alla prova la sua capacità militare, pur non avendone una vera necessità (immagine non
troppo elegante: “Makes mouths at the invisible event”, cioè fa le smorfie agli eventi che devono ancora
venire, e quindi invisibili). Poi dice che persino per un guscio d’uovo varrebbe la pena sfidare la fortuna; la
grandezza non consiste nel muoversi per grandi cause, grandi guadagni, ma nel muoversi per questioni di
poco conto. In questo consiste l’onore, quindi sembra confermare la logica criticata dal capitano poco fa,
perché l’onore disprezza anche il denaro, il senso dell’onore dimostra che non si ha paura a rischiare la vita.

Intanto in questo confronto i duemila di Fortinbras sono diventati ventimila: si possono impiegare così tanti
uomini per una pagliuzza, perché l’onore è al di sopra di ogni cosa.

Il senso del monologo è prendere esempio da ciò che sta accadendo: ossia che non serve avere un vero fine
per esaltare la gloria militare e l’onore.

È una vera esaltazione della vendetta, come è stato a lungo ritenuto? Si pensava che rappresentasse
l’ideologia adatta per Amleto. Ma il passo imposta il problema della vendetta corredato da un sacco di
problemi. Amleto deve compiere la vendetta? Deve rimproverarsi perché è incerto nel compiere vendetta?
Questo passo è veramente di Shakespeare o è un’interpolazione? Perché è sparito dall’in folio se c’era nell’in
quarto? (A lei personalmente alcune frasi non sembrano nello stile di Shakespeare, ma non c’entra, è difficile
da definire).

Questa scena, se la si vuole interpretare come un autentico invito a compiere la vendetta, presenta una serie
di problemi.

i. Amleto fin qui non è semplicemente un uomo incerto che non vuole compiere la vendetta perché
non ne ha il coraggio. Il problema che lui si pone è cognitivo: non sa se il fantasma sia infernale, se
dice il vero, se Claudio è veramente colpevole. Solo il pubblico sa, grazie alla scena della preghiera
(fallimentare) di Claudio, sa che lui ha effettivamente ucciso il fratello. Amleto invece non ha questa
certezza. L’unico tentativo che Amleto ha fatto per capire la verità (mettere in scena quello
spettacolo a corte) non è andato troppo a buon fine, non gli aveva dato nessuna prova. Di fatto
Amleto non avrà mai la prova del fatto che Claudio abbia ucciso suo padre

ii. Shakespeare, nelle sue opere precedenti, aveva già ampiamente trattato la logica dell’onore
aristocratico. Il discorso fatto dal capitano di Fortinbras richiama da vicino (era impossibile che il
pubblico all’epoca non cogliesse il riferimento) un personaggio comparso nell’Enriade (?).
Shakespeare aveva scritto tre drammi incentrati sulla storia inglese, dedicati alla figura del principe
Enrico, figlio di Enrico IV, che sarebbe poi salito al trono come Enrico V e diventerà il celebre
vincitore della battaglia di Azincourt (????) contro i francesi. In questa guerra aveva conquistato
ampi territori in Francia, ed era stata una vittoria assolutamente clamorosa contro un esercito
apparentemente superiore per mezzi e numeri. Momento di grande eroismo e motivo di orgoglio
nazionale. Shakespeare aveva dedicato due parti dell’Enrico IV e l’Enrico V (drammi in sequenza) a
raccontare come Enrico V fosse salito al trono e avesse riportato la vittoria di Azincourt. Nelle
vicende di questi tre drammi il principe Enrico era comparso come dotato di abilità militari molto
spiccate – tra l’altro aveva molti tratti del Conte di Essex ed è in uno di questi testi che si fa la prima
e unica menzione esplicita del Conte di Essex. Avviene quando si sta parlando del ritorno del
sovrano dopo la vittoria, si narra come viene accolto il re paragonandolo al modo in cui l’esercito di
Essex era stato salutato quando partiva per l’Irlanda.
Per noi è rilevante il fatto che nel testo il principe Hal si contrapponga ideologicamente a Henry Percy:
orgoglioso aristocratico che rappresenta appunto la logica della gloria e dell’onore. Questo contrasto
(prevalentemente nella prima parte) è tra il principe e la concezione di Henry Percy, perché anche
quando questo muore il principe continuerà la sua vicenda in contrasto con i valori di Henry Percy. 
Se ci rendiamo conto che il principe era il completo opposto di Henry Percy, non possiamo accettare che i valori
di Henry Percy si rispecchino invece in Amleto.

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(lei in realtà dice: “non possiamo accettare che i valori del principe siano gli stessi di Henry Percy”. Penso si sia
confusa perché non ha senso)

Lezione 13

Alla fine della dodicesima lezione abbiamo visto come Amleto si accinge a partire per l’Inghilterra sotto
l’ordine di Re Claudio. 
Nella scena successiva (Atto IV Scena IV) si ha un brevissimo episodio in cui compare Fortebraccio. Egli
sta attraversando il territorio danese per andare ad attaccare i polacchi e manda un suo capitano con un
messaggio al re di Danimarca. 
Questo passo così breve, in realtà, era molto più lungo. Questa seconda parte viene riportata in appendice ma
è stata tagliata nell’in folio che viene poi preso come testo di riferimento. Questa scena riportata in appendice
cominciava sottolineando uno scandalo. Si ipotizza che la scena inizi con Amleto che incontra il capitano a
capo dell’esercito di Fortebraccio e si informa sul perché di tale attacco. Il capitano rivela che si stanno
rischiando le vite di 2000 uomini oltre che un’ingente perdita di denaro, ovvero 20.000 ducati. 
Amleto, a seguito di questo colloquio, riflette sulla figura di Fortebraccio che ai suoi occhi appare come un
perfetto esempio di onore. L’onore di Fortebraccio prescinde infatti dal vantaggio economico, sfida la morte
per affermare la propria supremazia ed è pronto a rischiare tutto, pur senza trarre un vero vantaggio dalla sua
azione. 
È importante sottolineare che alla fine del passo il numero degli uomini, da 2000 diventa 20.000, creando un
senso di ironia.

Questo passo afferma essenzialmente 3 cose: 


● Da una parte, Fortebraccio è pronto a rischiare un esercito che all’inizio sembra essere di 2000
uomini e poi diventa di 20.000 uomini e una grande somma di denaro per un territorio che non vale
nemmeno 5 ducati.
● Dall’altra, questo viene commentato come esempio illustre di un concetto di onore estremo che a
questo punto crea un contrasto con il comportamento di Amleto. Egli infatti non ha ancora iniziato
un’azione di vendetta avendo lui cause ben più importanti di quelle che aveva Fortebraccio per
procedere con il suo attacco ai danesi.
● Questo passo è la prova che Amleto deve compiere la vendetta ma c’è qualcosa che lo trattiene.
Questo è un demerito per lui, nel senso che Amleto condivide il punto di vista della prospettiva
sull’onore di Fortebraccio ma si reputa incapace di insistere su questo suo scopo e quindi di attuare
ciò che dovrebbe fare. Si è dato quindi per scontato, leggendo questo passo, per decenni di
traduzione critica, che Amleto debba compiere vendetta e che però non agisce. Di conseguenza,
viene meno al suo dovere visto che sembrerebbe condividere la concezione dell’onore di
Fortebraccio. 

Le cose stanno veramente così? 


Questo passo sembrerebbe apparentemente un’esaltazione dell’onore, poiché l’uomo, soprattutto se
aristocratico, deve puntare all’onore e quindi ad un orgoglio all’altezza della sua condizione aristocratica.
Amleto sembrerebbe quindi, da questo punto di vista, condividere tale posizione e non si capisce perché non
proceda alla sua vendetta. Questo ragionamento però non regge: questo passo infatti è stato tagliato e non è
presente nell’in folio, forse perché comportava dei fraintendimenti come in effetti ci sono stati. 
Questo passo poteva facilmente essere un termine di confronto tra due ideologie: quelle di una certa
aristocrazia che viene qui esibita e quelli che sono poi i ragionamenti di Amleto, le sue conclusioni e i suoi
comportamenti. Il testo inizia e finisce con una sorta di scandalo sociale dove si portano 20.000 uomini a
morire spendendo ingenti somme di denaro. 
Questa è una situazione oggettivamente scandalosa che viene sottolineata alla fine del passo quando i 2000
uomini diventano 20.000 dalle parole di Amleto. Si sottolinea qui che lo stato viene praticamente tassato di
una spesa bellica e un numero elevato di morti senza che se ne tragga alcun vantaggio ma solo per
l’esaltazione dell’onore di qualcuno.

Si può notare tuttavia un problema: in uno stato come l’Inghilterra dove il parlamento discute le spese del
paese, dove si segue il principio di ricchezza comune (Commonwealth) e dove la corona deve proteggere i

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beni comuni, un discorso del genere sarebbe scandaloso e non reggerebbe poiché l’impresa non varrebbe la
grande perdita.

Ma ci sono altre due considerazioni importanti:


● Il caso di Amleto è diverso perché è un problema cognitivo. Il fantasma potrebbe essere infernale e
potrebbe aver mentito sul suo assassinio. Amleto è certo che debba compiere una vendetta? È certo
che il fantasma abbia detto la verità e che quindi ci sia una colpa così grave da vendicare? Per
Amleto questo non è affatto certo. Il pubblico ha appresso a seguito della confessione da parte di
Claudio che la colpa c’è stata ma Amleto la certezza non ce l’ha e non l’avrà fino alla fine. 
● Ma c’è qualcosa di molto più importante, ovvero le opere antecedenti dello stesso Shakespeare. In
queste sue opere, egli aveva già trattato questo tema dell’onore e della vendetta, in modo particolare
proprio le opere che precedono l’Amleto: nella parte I e parte II dell’Enrico IV, nell’Enrico V (i.e.
Enriade) e As you like it. Questi erano stati gli ultimi testi di cui il pubblico non poteva non
ricordarsi anche perché in particolare l’Enriade aveva avuto un grande successo dato che esaltava
l’eroismo inglese come nella grande vittoria di Azincourt.

Che posizione aveva assunto Shakespeare in questi testi? 


C’era una posizione che Shakespeare aveva già assunto proprio sul tema della vendetta e dell’onore.
In particolare, la concezione che qui viene descritta attribuita a Fortebraccio, nella prima parte dell’Enriade
cioè nella prima parte dell’Enrico IV, era la posizione tipica presa dal nobile di nome Henry Percy. 
Questo è un personaggio con il quale si confronta e contrasta il protagonista che invece è il futuro Enrico V,
il principe Enrico. Il principe osserva il comportamento di questo Henry Percy che viene descritto attraverso
una serie di scene anche in rapporto ad altri nobili dell’epoca e questo personaggio viene irriso dal
protagonista dell’Enriade. 

Per quale motivo? 


Percy è un uomo che vive fondamentalmente per il puro piacere della battaglia e dell’onore, pronto a buttare
via la sua vita, muore proprio in duello con il principe Enrico. Percy era talmente esaltato dal concetto
dell’onore che a un certo punto litiga anche con altri aristocratici perché pretende di dominare su tutti
rendendosi così insopportabile agli occhi dei suoi pari. Decide poi di affrontare una guerra folle perché
chiaramente destinata alla sconfitta e finisce ucciso, con un esercito sconfitto. Viene giudicato quasi come
pazzo per questo suo atteggiamento. 
Al momento della morte di Percy, Enrico afferma “Diventerò grande e famoso perché tu Percy ti sei reso
famoso per la tua vita militare e vincendo te io acquisterò ancora più fama”. Il principe infatti non aveva
ancora un passato militare così glorioso ma vincendo qualcuno che ne aveva uno, come appunto Henry
Percy, acquista fama militare.
In questa scena si trova anche un senso di ironia: dopo aver vinto il duello, il principe Enrico addirittura
prova un senso di pena di fronte al morto. Egli, chiudendo gli occhi, rende in qualche modo onore all’eroe
sconfitto provando un forte senso di pena dato che si rende conto che Percy era stato solamente una vittima
di questo desiderio d’onore.
Il concetto di onore secondo il principe Enrico, attraverso l’Enriade, porta a soffermarsi sul concetto di bene
dello stato. 
Di certo si nota già una contrapposizione tra l’eroe positivo e l’eroe che sbagliava (Henry Percy). Quindi
Shakespeare ha già preso una posizione su una parte di aristocrazia la quale riteneva che praticare l’onore
significava non avere paura della morte, accettare a qualsiasi condizione la guerra a costo di morire. In realtà,
questa è una posizione negativa per lo stato, per la popolazione e per lo stesso soggetto che quindi porta
solamente ad una falsa illusione. C’era stata proprio una netta contrapposizione e persino un punto in cui il
principe Enrico prende letteralmente in giro il comportamento di Percy perché indubbiamente ossessiva.

C’è inoltre un altro antecedente, non meno importante, che riguarda il tema della vendetta. Shakespeare ne
aveva già parlato in un testo immediatamente successivo all’Enriade che si chiama “As you like it”. In questo
caso, la contrapposizione nasce tra due fratelli di nome Oliver e Orlando: il fratello maggiore, Oliver, riceve
dal padre tutta l’eredità e Orlando invece viene escluso. Per questo motivo i due fratelli entrano in conflitto. 
Questa situazione aveva creato uno scontro tra i due fratelli perché il fratello minore si era reso conto che il
suo futuro sarebbe stato distrutto da questo fatto dato che non sarebbe stato in grado di ereditare niente e non
avrebbe nemmeno potuto studiare. Ad un certo punto lo scontro è talmente sentito che il fratello maggiore
arriva a pensare di eliminare il fratello minore visto che costituiva per lui un problema e pensa addirittura di

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dare fuoco all’appartamento nel quale il fratello abitava. Orlando aveva scoperto il piano ma, dopo una serie
di vicende, ad un certo punto nel corso del testo si ritrova faccia a faccia col fratello in una situazione
particolare. Orlando, dovendo abbandonare la sua casa natale, era fuggito nella foresta e un giorno vede il
fratello addormentato sotto un albero. In quel momento Oliver viene minacciato da due animali, da una parte
un serpente che gli si attorciglia addosso e dall’altra da una leonessa. Ovviamente è in pericolo di vita e il
fratello, vedendolo, pensa in primo luogo di attendere che i due animali lo uccidano così da ricevere
vendetta. Tuttavia, a seguito di una riflessione, non se la sente e di fatto interviene negando il concetto di
vendetta.

In questo caso ci si può riallacciare alla tesi della vendetta di Montaigne: la vendetta viene vista come
qualcosa di negativo. Montaigne crede che sia di gran lunga meglio rinunciare alla vendetta poiché essere
magnanimi portava più gloria. Nel caso del testo shakespeariano di “As you like it”, Orlando lotta con sé
stesso tentato dal concetto di vendetta per poi decidere infine di affrontare lui stesso la leonessa per evitare
che il fratello venga ucciso. Egli ne esce vincitore ed è contento di aver superato la tentazione della vendetta. 

Vi sono quindi due antecedenti importanti nella carriera shakespeariana che precedono l’Amleto: 

● In “As you like it”, riprendendo i saggi di Montaigne che erano stati tradotti in inglese nell’ambito
del circolo di Essex, Shakespeare aveva già preso posizione su questo tema della vendetta,
rinnegandola. In questo caso si dava la preferenza alla rinuncia alla vendetta dicendo “la vendetta è
meglio dimenticarla”, si tratta qui dello scontro tra i due fratelli. È quindi un caso delicato, molto
simile a quello del giovane Amleto che dovrebbe vendicare senza avere chiarezza della colpevolezza
di Claudio, in più dovrebbe intervenire contro un consanguineo, ovvero lo zio, nonché nuovo marito
di sua madre. 
● Nell’Enriade, aveva dimostrato che il tema del comportamento e la logica aristocratica alla Percy era
una logica perdente, criticata e superata dal protagonista. 

Non si può dare quindi per scontato che Shakespeare volesse intendere che il discorso fatto in questo passo,
non presente nell’in folio, fosse un discorso serio. Quindi, il fatto che sia stato tagliato fa pensare che, o che
fosse ironico o che potesse essere soggetto a fraintendimenti a distanza di tempo.
Shakespeare poteva fare affidamento sulla memoria del pubblico dell’Amleto visto che il tempo trascorso
dalla pubblicazione delle altre opere era di un anno o due. Tuttavia, chi pubblica l’In folio nel 1623, non
poteva più pensarlo e quindi nella versione che poi arriva al 1623 non sappiamo se proviene da un testo
diretto di Shakespeare. È quindi difficile sostenere che la posizione di Shakespeare sia a favore della logica
aristocratica descritta per Fortebraccio e a favore del concetto di vendetta visti dalle figure appena
accennate. 

È bene soffermarsi su questo grande dibattito che è il principale nell’Amleto, ovvero il dibattito sulla
vendetta. È sintomatico che soltanto tardi, cioè nel 1967, sia stato scritto un libro a riguardo da Eleanor
Prosser, intitolato “Hamlet and revenge”. 
Qui la Prosser conduce uno studio in cui prende in considerazione l’epoca in cui nasce l’Amleto. La vendetta
era considerata qualcosa di onorevole, quasi come un compito necessario per un nobile? La Prosser fa
un’analisi di numerosi testi che trattano questo tema per capire se la maggioranza la ritenesse opportuna
oppure no. 
Conclude che l’ideologia dominante non era a favore della vendetta.
La possibilità di vendetta presupponeva che non ci fosse una giustizia centralizzata. Tuttavia, in Inghilterra e
a Londra c’era da tempo una giustizia centralizzata che era la giustizia fatta dal re e delle corti di giustizia
che dipendevano dal sovrano. Consentire il concetto di vendetta laddove questo concetto era stato
ampiamente sostituito dal concetto di giustizia non aveva senso. Un tempo erano i grandi aristocratici ad
esercitare giustizia nel loro territorio ma quel tempo era passato da molto e il potere era stato centralizzato
con i sovrani, specialmente sotto Enrico VIII in poi. Il concetto di vendetta non era quindi un concetto
preminente. Questo è quello che ci dice lo studio della Prosser del 1967. Ma siamo molto in ritardo, prima
del 67, infatti, si insisteva sul dovere della vendetta. Questo passo veniva erroneamente letto come un passo
che insisteva sul dovere della vendetta.

È opportuno anche soffermarsi sulla prima parte del libro di Lilian Winstanley, non avendo un quadro chiaro
dell’importanza del riferimento a Essex e essendo vittima di una tradizione che riteneva la vendetta come

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una tipica caratteristica dell’aristocrazia. La Winstanley ha due importanti motivi per convincersi che
l’Amleto sia essenzialmente una tragedia. Il protagonista dovrebbe compiere vendetta ma ha un difetto di
carattere tale per cui non riesce ad andare fino in fondo. Questa è la tipica lettura che è stata portata avanti a
lungo (il famoso dubbio amletico). 
Questo libro pubblicato nel 1921 infatti è stato poi ripreso da tutta una tradizione critica inglese a cominciare
da Wilson Knight negli anni 30-50 quando scrive dei saggi sull’Amleto condividendo la posizione della
Winstanley, la quale verrà portata avanti fino a Carl Schmitt, nel 1956, nel celebre saggio dal titolo Hamlet
oder Hekuba.
C’è tutta una tradizione che legge l’Amleto come la tragedia di un personaggio che sa quello che dovrebbe
fare ma non riesce a farlo e che quindi mostra un’incertezza di carattere. 
Perché la Winstanley nella prima parte del suo libro insiste su questa posizione nonostante abbia le giuste
intuizioni nella seconda parte per quanto riguarda la presenza di un nesso tra Amleto e il conte di Essex? La
Winstanley parte in realtà da un presupposto che è corretto e che verrà poi ripreso dal giurista e politologo
tedesco Schmitt e cioè si convince che questo non sia un teatro che nasce nel vuoto, ma è legato alla storia
contemporanea. 
Questo teatro, dice la Winstanley, è denso di storia e dice “la storia è decisiva in molti casi e certamente nel
caso di Amleto”. Partono quindi dal presupposto corretto ma mancando di adeguati studi storici sulla figura
del conte di Essex, essi non sono in grado di cogliere adeguatamente il secondo rapporto che la Winstanley
relega nella seconda parte del libro, lo intuisce ma non può veramente comprenderlo perché non si conosceva
l’istanza del conte di Essex. 
La Winstanley non aveva ancora potuto leggere il libro della Prosser perché uscirà solo nel 1967. 
La Winstanley propone però un’ipotesi: ovvero che Shakespeare stia scrivendo nel momento in cui a
Elisabetta I sta subentrando James I di Inghilterra/VI di Scozia e quindi ci può essere qualche rinvio
probabilmente alla figura di James I. Sembrerebbe logico pensare che Shakespeare ponga attenzione a James
I tanto più che la Winstanley è pienamente consapevole che il gruppo di Essex stava sostenendo la
successione di James I. Quindi probabilmente ci deve essere un rapporto con James I.
Come fa a convincersi di questo? 
Esaminando la vicenda di James I le sembra di trovare alcuni punti di contatto e delle coincidenze e infatti
tutta la prima parte del libro della Winstanley si pone il problema delle analogie tra la situazione/contesto in
cui viene a trovarsi Amleto e il contesto in cui si era venuto a trovare James VI di Scozia, non ancora I di
Inghilterra. 
Effettivamente c’era un fatto eclatante che colpisce la Winstanley e che giustifica il suo tentativo di fare
coincidere Amleto con lo stesso re James: James da bambino aveva indirettamente vissuto nella
consapevolezza di un antefatto che riguardava i suoi genitori. James era figlio di Maria Stuarda/Maria di
Scozia la quale aveva sposato in prime nozze un nobile scozzese che si chiamava Henry Stuart, Lord
Darnley. Egli era notoriamente un bel uomo, amante delle arti marziali che amava presentarsi con l’armatura
seguendo le migliori tradizioni aristocratiche dell’epoca sebbene non avesse compiuto grandi imprese
militari. 
In un primo tempo, questo matrimonio era piaciuto a entrambi, il marito certamente corrisponde bene alla
descrizione del primo marito di Gertrude nell’Amleto dato che era un uomo di bell’aspetto con grande
passione per le armi. 
Tuttavia, egli entra in contrasto con la moglie, la quale fa alleanza con un altro nobile della corte, il conte di
Bothwell il quale si innamora di lei e, pur essendo molto meno bello di Darnley, viene corrisposto con
grande fedeltà fino all’ultimo dalla regina che comincia a nutrire un rapporto vero ricambiando. Bothwell ad
un certo punto si scontra pubblicamente con Lord Darnley e lo pugnala durante un banchetto.
In realtà ci sono diverse narrazioni su come veramente muore Lord Darnley ma di fatto c’è uno scontro tra il
primo marito e un altro uomo che riceve il consenso della regina e a questo punto la situazione assomiglia a
quella descritta da Gertrude e i due fratelli. 
Bothwell non era fratello di Darnley e neanche Darnley era propriamente un re, era Maria ad essere regina,
tuttavia c’era stata una vicenda molto famosa e scandalosa tanto che si era detto che la regina aveva fatto di
tutto per far uccidere Darnley per poter sposare Bothwell. In questa vicenda complessa ci sono alcuni
elementi che potevano rimandare ad alcuni dettagli della vicenda di Amleto in quanto si era creato intorno
alla vicenda una necessità di vendetta per James per cui lui aveva vissuto la sua infanzia nel segno di una
vicenda analoga a quella di Amleto. 
Il padre era stato ucciso e l’uccisore di suo padre era stato sposato da sua madre. 
Si devono inoltre notare le differenze tra Darnley e Bothwell: il primo bello e prestante, il secondo brutto. Ci
sono anche altri elementi sui quali la Winstanley insiste.

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Lord Darnley si era inimicato la moglie dopo aver fatto uccidere un italiano di nome Davide Rizzio che
faceva parte della sua corte. Il giovane era una sorta di paggio che insegnava musica e canto alla regina
ricevendo la sua protezione. Egli era stato ucciso all’interno degli appartamenti privati della regina. Di fatto
Lord Darnley l’aveva fatto uccidere convinto che lei prestasse più attenzione a questo giovanotto che non a
lui stesso e siccome sapeva che lei voleva bene a questo ragazzo l’aveva fatto uccidere e il cadavere era stato
trascinato attraverso una scala dell’appartamento. 
Questo dettaglio fa pensare alla Winstanley che ci possa essere un riferimento in questo senso nell’Amleto. 
Si può osservare in questo momento un parallelismo tra la figura di Amleto e James: egli era cresciuto con
questo fatto che quindi lo accomuna ad Amleto. 
Per tutta la vita era stato un giovane amante degli studi, il più intellettuale di tutti i sovrani d’Inghilterra. 
Da un lato, quindi, si ha un sovrano intellettuale, dall’altro, analizzando le famose corrispondenze tra
Elisabetta e James VI, si nota un carattere poco deciso. Elisabetta sente spesso il giovane James e lo sostiene
in vista della successione visto che comunque era abbastanza povero viste le vicende domestiche del suo
passato. 
Elisabetta rimane sempre in contatto con lui aiutandolo in diversi modi e gli scrive una serie di lettere in cui
lo rimprovera continuamente di essere irresoluto. Poiché egli aveva avuto una serie di difficoltà in Scozia
dovute alle contrapposizioni religiose tra cattolici e protestanti ma anche situazioni difficili dove era
comunque riuscito a destreggiarsi piuttosto bene, sempre riuscendo a sopravvivere dimostrando abilità, la sua
figura risulta tutt’altro che spregevole. 
Elisabetta lo rimprovera più volte di essere stato politicamente insicuro e per non aver preso decisioni più
nette nel governo del suo regno scozzese. 

Sono quindi queste le similitudini da tenere in conto seconda la Winstanley:


● L’assassino del padre del protagonista ha sposato la madre
● Le volontà sia di Amleto sia di James I vacillano. Tuttavia, nei momenti di maggior pericolo
divenivano entrambi rapidi e determinati. Proprio per questo James I si era salvato la vita più volte,
ma questo secondo lei è un tratto evidente anche in Amleto. In effetti Amleto prende a volte delle
rapide decisioni che gli salvano la vita fino all’ultima scena.
● L’età e l’aspetto fisico dei due personaggi. Sebbene Shakespeare non dia in genere l’età specifica dei
suoi protagonisti, in questo caso, dichiara che il suo protagonista, prima del duello finale, ha circa 30
anni. Insieme ai dati sull’età viene dato anche un dettaglio fisico. Amleto, negli ultimi tempi, sembra
aver guadagnato un po’ di peso nel momento del duello rispetto agli anni precedenti. Questo aspetto
fisico un po’ appesantito e anche l’età corrispondono alle caratteristiche di James I, il quale aveva
proprio 33 anni. 
● L’assassinio di Rizzio per volontà di Lord Darnley all’interno dell’appartamento della regina così
come Polonio viene ucciso nell’appartamento della regina.

Questi tratti messi insieme convincono la Winstanley che dietro la figura di Amleto si celi il riferimento a
James di Scozia. Addirittura, arriva a pensare la tragedia come una specie di omaggio di Shakespeare a
James I. 
Questi dettagli possono sembrare giustificanti della tesi della Prosser. 
Oggi abbiamo ben altri dettagli che ci portano invece a pensare al conte di Essex e la stessa Prosser, nella
seconda parte del libro, abbandona la figura di James per notare che ci sono punti di contatto molto evidenti
che avvicinano Amleto piuttosto alla figura del conte di Essex. 
Lei si ferma però alla prima figura che le sembrava quella da omaggiare. Essex era per lei una figura
assolutamente in secondo piano e disgraziata, finita pure sul patibolo, inoltre non si conosceva del rapporto
così importante tra Shakespeare e il circolo di Essex, dedotto molto più recentemente. È quindi plausibile che
lei sostenga il rapporto con James I. 
Questa posizione viene letta con interesse e favore da Schmitt poiché convinto del forte rapporto tra le opere
di Shakespeare e il periodo storico.

Lezione 14
La scorsa volta abbiamo parlato dell’Importanza dell’eredità della Winstanley. Oggi vedremo come i suoi
studi vengano ripresi dallo studioso tedesco Carl Schmitt.

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Carl Schmitt è giurista e politologo e riprende il discorso che la Winstanley fa nella prima parte del suo libro,
ovvero analizza la relazione fra Amleto e James I.
Di qui il suo breve testo “Hamlet oder Hebuka” (presente in bibliografia). È chiaro come Schmitt analizzi il
testo shakespeariano con occhiali tedeschi. Due sono le prospettive che recupera: 
● Quella di Goethe che vede Amleto come il principe gentiluomo a cui è stato imposto il ruolo del
vendicatore. Secondo Goethe, Amleto deve vendicarsi, ma la sua personalità delicata e la sua
sensibilità da intellettuale rendono il compito molto arduo. Per spiegare questa situazione Schmitt
usa la metafora di un vaso di porcellana (Amleto) in cui non può essere collocata una quercia (la
vendetta). –
● Quella freudiana. Freud non ha mai scritto di Amleto, ma lo ha fatto Ernest Johes, allievo del padre
della psicoanalisi, che vede Amleto come il tipico nevrotico, una figura schizofrenica.
Queste due prospettive precedono il saggio di Schmitt e ne influenzano gli studi. Dà per scontato che la
vendetta sia un compito giusto sia socialmente che politicamente e che Amleto non ne sia all’altezza di
questa sfida.
Sulla falsa riga delle prospettive di Goethe e su quella freudiana, Schmitt nei primi due capitoli del suo
saggio affronta due questioni:
1. Tabù regina
2. Deviazione vendicatore

1. Tabù regina 🡪 Shakespeare non poteva offendere James I (all’epoca James VI di Scozia), visto che
la madre Maria Stuarda aveva sposato James Hepburn, IV conte di Bothwell, assassino del secondo
marito, lord Darnley. Storicamente non sappiamo se Maria Stuarda abbia commesso adulterio con il
conte prima che morisse lord Darnley. James I sempre rispettò sua madre, nonostante le
controversie. Shakespeare quindi, secondo Schmitt, non poteva fare ipotesi negative su Gertrude che
starebbe per la madre di James nell’Amleto. Se così fosse, saremmo davanti ad un’irruzione della
Storia che impedisce al testo di essere chiaro.

1. Deviazione del vendicatore 🡪 Memore delle tesi di Goethe, Schmitt spiega che L’inattività Amleto
sia dovuta al fatto che Shakespeare non posso implicare che James I di non abbia compiuto adeguata
vendetta
Schmitt dà per scontato il compito della vendetta e l’insufficienza comportamentale di Amleto. 
Restivo 🡪 Discorso di Schmitt va rovesciato.
Seguendo la logica dello studioso tedesco, dovremmo ammettere che Shakespeare abbia fallito nella
realizzazione della sua opera. Shakespeare avrebbe condotto un discorso storico, commettendo però errori
psico-antropologici di fondo perché non può dire come stanno veramente le cose. Amleto sarebbe un
fallimento perché ci sarebbero delle incongruità comportamentali dovute ad ombre della storia
Schmitt dava per scontato che Amleto dovesse compiere vendetta. In realtà Shakespeare aveva una visione
del tema differente. Il concetto medievale e aristocratico di vendetta a tutti costi per preservare l’onore, a cui
si rifà Schmitt, era ben lontano delle idee di Shakespeare. Quest’ultimo aveva già preso posizione sul
concetto di onore aristocratico (vendetta per un territorio che vale meno di 5 ducati) che in teoria non
dovrebbe badare a nulla. Shakespeare dimostra la sua visione già nella contrapposizione fra Henry Percy ed
Enrico V e in “As you like it”, in cui il valore della vendetta viene condannato. Schmitt, politologo, non ha il
background letterario shakespeariano per fare questo tipo di valutazioni. 
I riferimenti alla storia attivano il testo che diventa un interlocutore con la Storia, non lo limitano. Non
esistono “ombre della storia” caldeggiate da Schmitt.
Nel 3° capitolo del libro però Schmitt fa un’osservazione importante
● Polemica su concetto del tragico
Cosa è la tragedia? 

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Tradizione letteraria ignora la storia, molti critici letterari credono che la letteratura sia separata dalla
storia e dai problemi sociologici. Per una “divisione dei lavori” la storia non fa parte del bagaglio di un
letterato. Per i letterati esiste solo il bello, alcuni di loro trovano addirittura di cattivo gusto e inopportuni
la storia e problemi sociologici (adottando un punto di vista meramente estetico). Schmitt sottolinea
l’importanza del recupero della storia da parte della Winstanley. 
Winstanley non può andare fino in fondo perché non sapeva molto di Essex, ma è comunque positiva la
volontà di riammettere la storia che è necessaria per comprendere la letteratura.
L’idea che uno scrittore scriva per i posteri e un’idea moderna, contemporanea. All’epoca si scriveva con il
pubblico del teatro in mente (rapporto diretto).

ANALISI DEL TESTO


Atto IV Scena V
Gertrude è invitata da Orazio ad incontrare la povera Ofelia che è impazzita. La scena riguarda la pazzia di
Ofelia che si è convinta di essere la causa sia della pazzia di Amleto che della morte, seppur accidentale, di
suo padre.
Gertrude è imbarazzata: I will not speak with her
Ma Orazio fa comunque entrare Ofelia e afferma:
She speaks much of her father; says she hears 
 There’s tricks i' the world; and hems, and beats her heart;
Non si capisce cosa dica Ofelia che parla usando delle specie di riddles (her speech is nothing) 
Orazio è colpito dalle emozioni di Ofelia e chiede a Gertrude di badare alla povera. 
Gertrude, sa dopo il colloquio col figlio, teme per lei stessa, per il regno e per il nuovo marito. Si parla di
dangerous conjectures. 
To my sick soul, as sin's true nature is,
Each toy seems prologue to some great amiss:
Gertrude si sente oramai colpevole ed è colpevolizzata ulteriormente dall’incontro col figlio.
Entra Ofelia con un flauto che cerca di suonare e canta, usa la musica per accompagnare la sua follia
Where is the beauteous majesty of Denmark?
La sua prima preoccupazione è quella di aver rovinato la mente di Amleto (majesty)
Ritiene di aver compiuto un grave errore nei confronti di Amleto 
How should I your true love know 
From another one?
(Come avrei fatto a riconoscere che il tuo amore era sincero)
Poi parla della morte del padre, che la proteggeva dai rischi delle sue ossessioni 
He is dead and gone, lady, 
He is dead and gone;
Alcune frasi sono incomprensibili, altre molto allusive come la famosa Lord, we know what we are, 
but know not what we may be.
Claudio e la regina sono colpiti dalla follia della bella Ofelia. 

55
Claudio dice 
O Gertrude, Gertrude,
When sorrows come, they come not single spies
Il sovrano si mette ad elencare tutte le tragedie che sono successe. Prima Polonio dietro l’arazzo, poi il figlio
partito che non tornerà. 
Apprendiamo che è in corso anche una rivolta popolare perché la gente si rende conto che stanno avvenendo
strani fatti a corte: Amleto è partito, Ofelia è impazzita e soprattutto Laerte torna dalla Francia avendo
appreso della morte del padre e non è per niente tranquillo. Vuole rivendicare la morte del padre a tutti i
costi, non curandosi della veridicità dei fatti. Crede che il padre sia stato vittima di una congiura di palazzo e
individua in Claudio il responsabile. 
O thou vile king, 
Give me my father!
Claudio minacciato da Laerte che quindi chiama le sue guardie
Where are my Switzers? (Le guardie svizzere erano un corpo di guardia che proteggeva tutti i sovrani
d’Europa, vista la loro lealtà e affidabilità. Ancora oggi vengono utilizzate dal Vaticano)
La ribellione viene fomentata da Laerte
Than young Laertes, in a riotous head,
L’opinione pubblica assume le sue parti
The rabble call him lord; 
Abbiamo già appreso perché Claudio non aveva fatto ricorso alla giustizia per accusare Amleto: il popolo si
sarebbe ribellato. Ora la ribellione non per Amleto, ma l’opinione pubblica è alleata a Laerte. Prima
parteggia per Amleto e poi per Laerte, è chiaro come Claudio non sia un sovrano amato. 
They cry 'Choose we: Laertes shall be king:'
A questo punto Gertrude si spazientisce
How cheerfully on the false trail they cry!O, this is counter, you false Danish dogs!
Irrompono Laerte e i suoi seguaci
Shakespeare innesca ancora una volta il tema della VENDETTA 🡪 centrale nell’Amleto perché anche Laerte
ha un padre da vendicare, entrambi guardano a Claudio, ma Laerte lo fa apertamente, Amleto no. 
That drop of blood that's calm proclaims me bastard, 
Cries cuckold to my father, (NON SAREI UN VERO FIGLIO)
Confronto fra comportamento di Amleto e di Laerte.
Amleto 🡪 ne sa meno, non affronta la questione di petto.
Laerte🡪 sospetta del re, ma non ha esitazioni ad accusarlo e a fomentare una rivolta popolare. 

Lezione 15

Abbiamo visto l’ultima volta come, in Atto IV Scena V Laerte, tornato da Parigi per la morte del padre,
esiga vendetta. 
Questo creando un terzo esempio di vendetta: ci sono già stati due casi di richiesta determinata di vendetta. 

56
Il primo è l’esempio di Pirro, che Amleto aveva chiesto agli attori di recitare, quindi l’esempio della
tradizione classica greca, della guerra di Troia, con la ripresa nella contemporaneità dell’esempio di
Fortinbras. Il secondo esempio è quello di Fortinbras, che abbiamo visto essere descritto in modo
particolarmente insistito nel passo che è stato messo da Hibbard in appendice, in quanto nel Q2 ma non
nell’in-folio. Quindi, il tema della vendetta era già stato sottolineato con un esempio classico ed uno
contemporaneo. 
Qui, ricompare con un terzo esempio, questa volta abbastanza vicino socialmente, ma molto vicino
fisicamente ad Amleto, ovvero l’esempio di Laerte. 
Questo passo che abbiamo visto, in cui Laerte parla con Claudio e dichiara la sua determinazione ad ottenere
vendetta, è estremamente significativo: le argomentazioni, o meglio, lo stato d’animo che il giovane esprime
per giustificare la sua esigenza di vendetta, esprimono tre valori importanti, ideologicamente molto ben
qualificati. 

1. “To hell, allegiance!”


La prima affermazione è “to hell, allegiance!”: vuol dire che non gli importa più delle indicazioni
politiche; in questo caso, se il colpevole fosse Claudio lo ucciderebbe, senza nessuna attenzione al fatto
che si tratti di un sovrano. 
Dunque, non ci sono più motivazioni politiche da prendere in considerazione, allegiance, cioè la legge
che vincolava l’inferiore sociale al superiore. 
Indubbiamente in questo senso Laerte si accinge ad uccidere l’erede al trono di Danimarca, l’erede
dichiarato, perché Claudio aveva dichiarato che il suo erede sarebbe stato Amleto. Quindi, da una parte
abbiamo questa implicazione politica molto forte: al nostro Laerte non importa nulla delle conseguenze
per lo stato. Oltretutto, Claudio non ha altri eredi, quindi questa uccisione, questa vendetta contro
Amleto, avrebbe delle conseguenze importanti per la successione al trono di Danimarca. 

2. “To the blackest devil […] I dare damnation.” 


La seconda motivazione è religiosa, perché oltre a “to hell allegiance”, in questo famoso passo a pagina
304, Laerte dice “To the blackest devil! […] I dare damnation.” – la religione non conta, farebbe questo
delitto pure se fosse in chiesa. 
Ad un certo punto dice: “That both the worlds I give to negligence”: entrambi i mondi, dell’aldiquà e
dell’aldilà, per lui sono da dimenticare. Cielo e terra non possono nulla su di lui, in questo senso, perché
raggiunga lo scopo della vendetta. Quindi, sia la motivazione politica che la motivazione religiosa non
contano nulla per Laerte. 

3. “Coscience and grace”


Terza motivazione: implicazione ideologica della scelta di volontà di vendetta di Laerte, quando parla di
“coscience and grace”. Ora, “coscience and grace” riguardano la posizione comportamentale e sociale
del soggetto. 
Intanto, la coscienza personale, in quanto uccidere per lui è diventato secondario. In grace c’era tutta una
tradizione del comportamento gentile ed aggraziato, del concetto di gentleman, e gentleness. Tutto
questo non ha nessun valore per Laerte, a confronto col concetto di vendetta. Quindi, in altri termini, la
vendetta di Laerte si pone contro e aldilà delle implicazioni politiche (“to hell allegiance”), delle
implicazioni religiose (non m’importa che cosa si pensi dell’aldilà, non mi importa di qualsiasi premessa
religiosa), e di coscience and grace, non mi importa nemmeno di comportarmi in modo violento e
antisociale. 

Dunque, in sintesi, quello che Laerte sta affermando è: qual è il valore che lo porta a rifiutare tutti questi
valori, a rifiutare gli aspetti negativi politici, religiosi e comportamentali/sociali? 
“My will, not all the world.” 
Lo dice abbastanza chiaramente: soltanto la mia volontà può fermarmi. La sua volontà è diventata quindi
assolutamente dominante, al di là di valori politici, religiosi, sociali, di qualsiasi natura. 

Questa era la psicologia che era stata di Henry Percy nell’Enriade di Shakespeare, che Shakespeare aveva
già discusso e contrastato attraverso la opposta ideologia del futuro Enrico V. Che poi, stava già per il
personaggio di Essex, aveva già molti tratti di Essex facilmente riconoscibili.

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Questa ideologia di Laerte è una perfetta antitesi non solo di quello che stato il comportamento di Amleto,
fin qui apparentemente incerto, ma soprattutto è in esatta antitesi con l’ideologia, il comportamento e la
mentalità di Orazio, l’amico di riferimento di Amleto. 
Se noi andiamo a vedere a pagina 251, ne abbiamo già parlato nella scena 2 dell’atto 3, Orazio era
apprezzato da Amleto perché è “just a man, As e’er my conversation coped withal”, quindi è un uomo
giusto. Come si comporta un uomo giusto? Quali sono i valori di un uomo giusto, per cui Amleto ha scelto
Orazio, che è un nullatenente? Lo ha detto esplicitamente: tu non hai beni, non è neanche un nobile.
Goethe si era preoccupato, come mai Amleto non aveva cercato di farne almeno il governatore dello Jutland,
aveva cercato di dargli almeno una posizione sociale, perché sembrava inappropriato che Amleto avesse
come principale amico un uomo senza posizione sociale. 
Invece, Amleto, quindi Shakespeare dietro Amleto, insiste sul fatto che Orazio non ha una posizione sociale
di rilievo, ma è essenzialmente una mente giudicante. Questa mente giudicante è ciò che Amleto apprezza,
che si oppone perfettamente alla mentalità di Laerte. Quindi, Amleto apprezza Orazio sia perché è un uomo
giusto, sia perché rappresenta l’election of my soul, perché giudica con la sua anima e la sua mente, e perché
è un esempio comportamentale e fondamentale da seguire. E come la definisce? 

“Whose blood and judgment are so well commingled, 


That they are not a pipe for fortune’s finger.” 

Cosa sta dicendo Amleto dell’amico? L’amico Orazio, da lui avvalorato, non si lascia turbare dalla passione.
“Whose blood and judgement are so well commingled”, cioè il suo sangue sta calmo e la sua capacità di
giudizio permane in qualsiasi contesto. 
“That they are not a pipe for fortunÈs finger”, quindi non può essere suonato come uno strumento da
qualcun altro che impone la sua musica. 

L’immagine del pipe era già presente in modo importante nel rapporto tra Amleto e Rosencrantz e
Guildenstern, che cercarono di suonare Amleto come se fosse uno strumento nelle loro mani. Vi ricorderete
la scena in cui Amleto ha detto a Rosencrantz e Guildenstern: credete di giocare con me come giochereste
con uno strumento che non sapete suonare. Io non sono uno strumento che voi potete suonare.

E poi aveva insistito, parlando con l’amico Orazio, dicendo che lo apprezzava perché era “not passion’s
slave”. Invece, Laerte sta dimostrando in questo momento nel suo rapporto con Claudio, che è un passion’s
slave. Lui è schiavo della passione, e in questo modo si lascia usare letteralmente da Claudio, esattamente
come Claudio sta usando Rosencrantz e Guildenstern ed userà fra poco anche Osric, ed in un certo senso ha
anche ingannato ed usato la moglie, Gertrude, la povera regina che non ha capito neanche in quale gioco si è
trovato implicata, non ha capito fino in fondo la vera tragedia in cui si è trovata immersa. 

Amleto ha una mente superiore che ha scelto come esempio Orazio, perché si è rispecchiato nella sua
capacità di giudizio e nella sua superiorità mentale e ideologica – qui c’è una fortissima componente
ideologica.

Contro il comportamento barbarico del concetto di vendetta si pone la figura di Orazio, che rappresenta una
concezione completamente antitetica. Una persona che riflette, che giudica, che vuole prove, che osserva con
attenzione, che non è passion’s slave. 
Ma c’è qualcos’altro in più: pensare che Amleto debba compiere vendetta, e che debba comportarsi come
Laerte, significa non aver capito nulla del sistema ideologico del testo. 
(È chiaro che qui c’è una contrapposizione, più evidente di così? Dopo vedremo perché a lungo ci si è
ingannati.)

Dunque, c’è voluto il libro della Prosser per cominciare a capire che la vendetta non era il valore precipuo
del testo, dimostrando che non lo era nemmeno nella cultura dell’epoca. Quello che il testo sta dicendo è: da
una parte c’è Amleto, che si rispecchia nell’amico Orazio, e dall’altra parte Laerte, antitesi perfetta di
Orazio. 

Laerte, a sua volta, perché insiste tanto nel volere vendetta? Per l’esaltazione del proprio casato. Tutto era
legato a my will, la posizione sociale, l’importanza sociale, il fatto che lui e la sua famiglia dovevano essere

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al di sopra di qualsiasi offesa, e se qualcuno si permetteva di offenderla, in questo caso di uccidere suo padre,
indebitamente bisognava distruggerlo. 
Ciò di cui si rammarica Laerte per quanto è successo, in particolare è il fatto che durante le esequie non ci
siano stati onori adeguati resi alla sua famiglia, al suo casato, a suo padre. Si parla di simboli dell’onore,
quindi simboli del casato nobile. 

A questo punto ci sono due concezioni completamente antitetiche: Amleto è la perfetta antitesi di Laerte.
Anche Goethe, in fondo, aveva cercato di dire che Amleto sbaglia ed è debole, perché Amleto si è posto in
una posizione rispetto alla vendetta che è opposta a quella di Laerte. 
La posizione di Amleto è molto complessa: non è che Amleto sia indifferente a ciò che accade, si pone il
problema di una responsabilità nella risposta a ciò che accade, ma non reagisce in modo irrazionale e
totalmente passionale come Laerte, che finisce per diventare uno strumento nelle mani di Claudio. 

Da una parte, dopo che abbiamo visto come Amleto definisce il suo rapporto con Orazio, non possiamo
aspettarci logicamente che Amleto aderisca alla mentalità del personaggio di Orazio, sarebbe illogico e
contraddittorio. Il gioco di contrapposizione ideologica e di contrapposizione psicologica nel sistema di
valori ormai è evidente. Laerte è la perfetta antitesi di Orazio, Orazio rappresenta l’ideale mentale, la attitude
mentale esemplare per Amleto. Non solo, ma a questo punto, la parola di Amleto, quando aveva detto
appunto di non voler essere usato come pipe for fortune’s finger, parla chiaro: infatti quello che segue qui in
questa scena è una evidente strumentalizzazione da parte di Claudio della volontà di vendetta di Laerte.
 Laerte ormai è accecato, non si chiede perché Amleto avrebbe dovuto uccidere suo padre, sapeva benissimo
che Amleto “prendesse in giro” suo padre, Polonio, anche perché aveva osteggiato il suo rapporto con Ofelia,
ma non c’era un’evidente motivazione di odio nei confronti di Polonio. Inoltre, nella stanza, negli
appartamenti della regina, non era pensabile per Amleto che ci potesse essere Polonio. Quindi, la persona che
Amleto voleva uccidere non poteva essere Polonio, si è trattato di un incidente. 
Il cielo ha punito lui con me e me con lui, aveva detto. 
È strano che Laerte non rifletta su questo, non si chieda come mai Amleto era pronto ad uccidere il padre, ma
probabilmente si era fatto un’idea di Amleto che coincideva con quella di Rosencrantz e Guildenstern,
ovvero che Amleto fosse iracondo nei confronti del patrigno, perché dopo la morte del padre si sarebbe
potuto aspettare di salire al trono di Danimarca. C’è un po’ questo sottinteso.

Tuttavia, Laerte non riflette minimamente sul fatto che Claudio abbia interesse ad usarlo, e non riflette
nemmeno su tutto il contesto e sui motivi del comportamento di Amleto. Infatti, Claudio è mentalmente
molto abile e, come al solito, approfitta della situazione, dicendo: “why, now you speak like a good child and
a true gentleman”. 
In realtà, è esattamente il contrario, perché una delle affermazioni che aveva fatto Laerte era non solo to hell
allegiance, ma anche conscience and grace, che erano le caratteristiche del gentleman. Praticamente Claudio
dice ironicamente “eh Caro Laerte, adesso sì che parli come un vero gentiluomo” – un vero gentiluomo non
si comporta assolutamente così. Ma su questo torneremo, perché c’è il discorso di contrasto con il concetto di
giustizia.

A questo punto, Laerte, comunque turbato per quello che è successo, e qui come successivamente, neanche a
farlo apposta, nei momenti decisivi in cui deve prendere posizione sul da farsi e di fatto si accolla il dovere di
vendetta, compare ai suoi occhi Ofelia; in particolare arriverà una notizia
su Ofelia, come vedremo in seguito. 
Indubbiamente, Laerte è trascinato da una forte carica emotiva, a causa del destino della sorella.

Qui, irrompe Ofelia, che Laerte non aveva ancora visto da quando era rientrato, e abbiamo una scena della
sua follia. Ha le mani piene di fiori, canta, non è più padrona di sé stessa, e naturalmente quando il fratello la
vede, e dice “how now, what noise is that? O heat, dry up my brains!” È chiaro che è fortemente turbato
dalla vista della follia della sorella. 
Naturalmente, a questo punto, questo diventa un motivo in più per chiedere vendetta.

“By heaven, thy madness shall be paid by weight, 


Till our scale turn the beam. 
O rose of May! Dear maid, kind sister, sweet Ofelia!”. 

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Laerte amava la sorella: l’avevamo già visto, quando prima di partire per Parigi si era preoccupato di parlare
con lei, e Ofelia lo ascoltava, avevano un ottimo rapporto. Tuttavia, anche qui, è la passione che ha la meglio
nella testa di Laerte. 
Qui abbiamo una scena strappacuore, nella follia di Ofelia, lei canta: “they bore him barefaced on the bier,
[…] And in his grave rain'd many a tear”. Quindi, lei oscilla continuamente tra il pensiero della morte del
padre, di cui si ritiene inconsciamente colpevole, ed il pensiero della sepoltura del padre. È chiaro che Ofelia
è estremamente turbata e “turbante”, poiché turba il fratello che, per questo, è preda di una serie di emozioni
violente. Naturalmente, di fronte all’immagine di Ofelia, vista anche la sua ideologia, Laerte non fa che
confermare la sua idea di revenge, e dice:

“Hadst thou thy wits, and didst persuade revenge, 


It could not move thus.” 

Se tu, Ofelia, mi chiedessi vendetta, nel pieno dominio della tua facoltà, non potresti convincermi meglio di
come stai facendo, preda della follia. 
In altri termini, la morte del padre si congiunge con la follia della sorella per motivare la sua vendetta, senza
chiedersi la successione delle cause e degli effetti. Laerte è letteralmente uno strumento nelle mani di
Claudio.

Ofelia appare a Laerte “A document in madness”, un documento nella sua follia. 


Inoltre, ci sono dei riferimenti ai fiori, il cui linguaggio simbolico è stato studiato.

Quello che è importante da sottolineare è che Laerte ha da una parte un’ideologia della vendetta e dell’onore
della famiglia e del casato, dall’altra ha affetti reali verso il padre e verso Ofelia, la sorella, e a quel punto
anche un’ideologia che esalta l’ira, la rabbia, l’irrazionalità del suo comportamento. 
Lui si ritiene in dovere di essere irrazionalmente violento. 
“Thought and affliction, passion, hell itself” dunque, non a caso lui è pronto a sfidare l’inferno. Lo dice
ripetutamente. Di fronte alla follia di Ofelia, trova un’ulteriore spinta alla sua vendetta.

Claudio, a questo punto, si dice contento, ovviamente. Capisce che sta per raggiungere lo scopo, che può
usare Laerte come uno strumento per liberarsi di Amleto, visto che non è riuscito a liberarsi di lui in altro
modo. 
Abbiamo visto che Laerte aveva reagito in modo molto iracondo nei confronti di Claudio, pensando che
fosse in qualche modo responsabile alla morte del padre. Invece adesso Claudio dice a Laerte: “adesso
consultati, con i tuoi migliori amici, con i tuoi più saggi amici, lascia che loro giudichino tra me e te. Io sono
pronto a mettere a repentaglio la mia vita, la mia corona, il mio regno. - Kingdom, crown and life. - Lascio
giudicare i tuoi amici, se io avevo interesse a uccidere tuo padre.”
Indubbiamente, Claudio non aveva motivi per provocare la morte di Polonio: avevano un ottimo rapporto,
Claudio non aveva mai pensato in termini negativi nei confronti di Polonio, e Polonio gli aveva reso ottimi
servizi. Queste naturalmente sono ottime motivazioni per Laerte. 
Laerte dovrebbe però domandarsi come mai Amleto ha ucciso Polonio, e fare un ragionamento piuttosto
complesso, non facile certamente da risolvere e da prendere in considerazione, perché gli mancano delle
informazioni importanti.
Tuttavia, dovrebbe capire che il suo atteggiamento nei confronti di Amleto è insensato e dovrebbe riflettere. 

Laerte a questo punto promette alleanza con Claudio e dice che si consulterà con i suoi amici. Inoltre, questo
è interessante, perché tornerà anche successivamente: Laerte da una parte è pronto a reagire, quando ritiene
che il concetto di onore sia at stake, sia centrale per la sua posizione; dall’altra tende a far riferimento
all’autorità di qualcun altro, non ha una capacità di autogiudizio. 
Non è né orgoglioso, né tantomeno consapevole di una sua capacità di autogiudizio: tende infatti a far
riferimento all’autorevolezza di qualcun altro, incluso Claudio in questo senso, si sta fidando di lui. Anzi, fra
poco lo vedremo collaborare intensamente con lui.
Quindi, da una parte, non ha un’immagine di sé capace di dargli un senso di superiorità intellettuale, di
autonomia intellettuale, dall’altra è pronto invece ad aiutare Claudio, a fidarsi di Claudio, che è l’ultima
persona di cui si dovrebbe fidare. Non ha motivi di inimicizia nei suoi confronti, ma ha motivi per liberarsi di
Amleto: questo però Laerte non lo sa.

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Pagina 309: Laerte, nel momento in cui decide di compiere vendetta nei confronti di Amleto, esprime un
cruccio particolare che è sintomatico della sua mentalità: accetta di allearsi con Claudio, quindi di fare quello
che Claudio gli chiederà di fare, di essere uno strumento nelle sue mani, e poi giustifica questa fiducia in
Claudio lamentandosi che il funerale di suo padre sia stato troppo modesto. 

Ecco cosa dice (vv.213): 

Let this be so;


His means of death, his obscure funeral—
No trophy, sword, nor hatchment o'er his bones,
No noble rite nor formal ostentation—
Cry to be heard, as 'twere from heaven to earth,
That I must call't in question.

Dunque, non si è semplicemente offeso perché il padre è stato ucciso, ma perché c’è stato un funerale
modesto, non all’altezza del ruolo sociale, della posizione sociale della sua famiglia, di suo padre. 
Questo è avvenuto perché Claudio ha imposto un funerale modesto, poiché bisognava cercare di far capire
meno possibile quello che era successo a corte, o la gente si sarebbe chiesta come mai.
Inoltre, già Rosencrantz e Guildenstern avevano notato che ci sarebbe voluto l’intervento della corte di
giustizia.
Quindi, è chiaro che Claudio aveva cercato di nascondere il tutto, tra poco dirà anche altri buoni motivi per
evitare di dare spazio al funerale e a quanto successo: c’era di mezzo Gertrude, la madre di Amleto, quindi
accusare apertamente Amleto era difficile, e andare a processo era ancor più difficile, perché viene fuori che
la gente parteggerebbe per Amleto. Per Claudio sarebbe estremamente pericoloso, perché farebbe nascere dei
dubbi su come lui è salito al trono. 
Da una parte, c’è un sottinteso diciamo personale, ideologico da parte di Laerte, dall’altra ci sono motivi di
nascondimento da parte di Claudio.

Scena VI
Con questo, finisce la quinta scena dell’atto quarto e abbiamo una breve scena in cui apprendiamo alcuni
fatti molto importanti. 
Entra Orazio con un servo, e viene raggiunto dai messaggeri dei marinai che portano le lettere da Amleto,
lettere per Orazio e per il re. 
Viene spiegato che Amleto era partito in nave insieme a Rosencrantz e Guildenstern, per andare in
Inghilterra, apparentemente in missione diplomatica. Dopo essere partita, la nave era stata assalita da pirati e
Amleto si era comportato coraggiosamente al punto che per errore, per inseguire i suoi amici, aveva finito
col mettere piede sulla nave che aveva assalito la sua nave.

In genere, l’assalto navale avveniva agganciando la nave da assalire, di modo tale che gli assalitori potessero
salire sulla nave, per impadronirsene e fare razzia. 

Questa, però, era una nave reale, mandata da sua maestà re di Danimarca, quindi certamente si poteva
pensare che ci fosse qualcosa di valore sulla nave: in realtà, la cosa più di valore sulla nave era il principe,
del quale i pirati pensavano di poter chiedere il riscatto. 
È chiaro che, qui c’è tutta una serie di sottintesi: i pirati hanno abbordato la nave, ma lasciano andare Amleto
aspettandosi però qualche ricompensa per averlo rimandato in patria. 
Naturalmente non sanno tutto il sottinteso.

Orazio apprende quindi quello che è avvenuto, apprende che Rosencrantz e Guildenstern sono rimasti sulla
nave, che di fatto l’unico che ha abbondonato la nave “per sbaglio” e l’unico catturato dai pirati è stato
Amleto. A quanto pare, la nave è riuscita poi a liberarsi dalla nave dei pirati. Rosencrantz e Guildenstern
proseguono il loro viaggio verso l’Inghilterra, nonostante Amleto sia rimasto preda dei pirati e sia tornato in
Danimarca. Nella scena si capisce perché Amleto stia mandando lettere ad Orazio e al re. 

Bisogna fare attenzione, perché Orazio nelle lettere riceve notizia di qualcosa di grave: Amleto ha delle cose
tremende da raccontargli, che potrà dirgli solo di persona e di cui non può parlare per scritto: “ words to

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speak in thine ear will make thee dumb”. Quindi, dovrò dirti delle cose che ti renderanno muto. C’è qualcosa
di particolarmente grave che Amleto deve rivelare all’amico Orazio, di cui si fida.

Atto IV Scena VII


A questo punto abbiamo la scena successiva, la scena 7 dell’atto 4: Claudio e Laerte si accordano per quello
che dovranno fare, per far fronte a quello che ormai è diventato apparentemente il nemico comune. Amleto è
per Claudio un nemico, ma ha ormai convinto Laerte che il nemico di cui Claudio si vuole vendicare è lo
stesso suo.

Claudio dice a Laerte: Sono tuo amico, chi voleva uccidere tuo padre voleva uccidere me. Lo dice
chiaramente, he pursued my life. È strano che su questo dettaglio importante Laerte non rifletta, però
indubbiamente era difficile per lui fare questo tipo di riflessione.
I due si mettono d’accordo, ed è qui che Claudio chiarisce quello che avevo già anticipato, quando Laerte fa
l’unica domanda razionale è chiaro che Amleto vuole uccidere te, re Claudio. 

“It well appears: but tell me


Why you proceeded not against these feats”

Visto che era stato crimeful quello che era stato fatto, c’era stato un delitto di mezzo. Come aveva anticipato,
Claudio dice: avevo dei buoni motivi, 

“The queen his mother


Lives almost by his looks”. 

La regina madre vive solo praticamente della sua vista, perché i suoi occhi non possono fare a meno di lui:
per lui lei è so conjunctive to my life and soul. 
In realtà, conjunctive in vari sensi: certamente, lui ci tiene alla regina, l’abbiamo capito in vari modi, ma è
anche conjunctive in senso politico e imperiale.
Comunque, c’è quest’altro sottinteso.

Poi dice:
“The other motive,
Why to a public count I might not go,
Is the great love the general gender bear him;”

Dunque, c’è un problema di popolarità: il tema della popolarità di Amleto è un tema che lo accomuna, al
conte di Essex, un tema specifico ed insolito. Come dice la Gajda, mai una figura politica, era stata così
popolare come il conte di Essex. 

Qui, Claudio ammette che per lui Amleto sarebbe un pericoloso nemico, perché la gente parteggerebbe per
lui. La gente, nel momento in cui Laerte chiede vendetta per il padre, sarebbe pronta perfino a opporre Laerte
come re allo stesso Claudio: qui vediamo che Claudio non è proprio amato. 
Non si tratta di un successo, di una buona opinione popolare nei confronti di Amleto, ma di un insuccesso di
Claudio, assai poco amato, visto che Laerte potrebbe andar bene al popolo, piuttosto che la figura di
Claudio. 
Al di là di questo, Laerte si ritiene in ottima posizione per allearsi con il re. 

Che cosa concordano insieme, in questa scena? (Pag. 313) 

“And so have I a noble father lost;


A sister driven into desperate terms”

insiste,

“My revenge will come.”

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Lui ha solo questo pensiero: deve vendicare queste due morti. Fisicamente, l’assassino è stato Amleto, e
dopotutto Ofelia era stata in rapporto con Amleto, e il suo destino emotivo era stato anche definito dal
rapporto con lui. 

A questo punto Claudio ha perfettamente in mano Laerte, e immediatamente gli dice che ha già riflettuto:

“I loved your father, and we love ourself”

Ho amato me stesso e ho amato tuo padre, dice la verità. 

Arriva un messaggero che porta le lettere di Amleto e Claudio apprende che Amleto lungi da essere in
viaggio in Inghilterra, dove dovrebbe essere ucciso secondo i suoi ordini: invece, è appena tornato in
Danimarca, cosa che per lui è negativa.

“Letters, my lord, from Hamlet:


This to your majesty; this to the queen.”

Claudio chiede chi ha portato queste lettere e promette a Laerte di rivelare il contenuto delle lettere e legge la
lettera a lui rivolta da Amleto:

“'High and mighty, You shall know I am set naked on


your kingdom!”

C’è una forte ironia con high and mighty. Poi dice che domani arriverà a corte, che sarà naked on your
kingdom. Cosa vuol dire questo naked? Su questo participio passato, bendato o nudo che dir si voglia,
avremo occasione di tornare. Vedremo che ha varie implicazioni: Amleto da questo momento ha buoni
motivi per ritenersi in un certo senso nudo, cioè non più costretto nel suo ruolo sociale, figlio della regina e
anche in qualche modo in un rapporto di sudditanza, che gli ha promesso la successione.

Pagina 314:
Laerte a questo punto si fida di Claudio, che gli chiede: 

“will you be ruled by me?”

Laerte è pronto ad essere ruled, ma dice:

“Ay, my lord;
So you will not o'errule me to a peace.”

Sì, sono pronto a mettermi d’accordo, a condizione che tu mi aiuti a fare vendetta. 
Quindi, la vera regola che lui segue è quella della vendetta. 

A questo punto, sono alleati nel segno della vendetta.


Claudio dice benissimo, questo porterà alla pace, “To thine own peace”, ed ecco che viene fuori il progetto
che lui ha ipotizzato. 
È un progetto veramente infernale, astuto, poi anche molto complesso. 
Claudio dice a Laerte: so che Amleto ha una certa invidia per te. Qui subentra l’abilità machiavellica di
Claudio. Dice a Laerte che mentre lui era assente a Parigi, qui si sono fatti dei commenti su di te, dicendo
che Laerte aveva preso lezioni da un certo Lamond, un maestro d’armi. Lamond aveva vantato la sua abilità
di maestro e il successo del suo allievo. 
Quindi Lamond, che era un francese, era giunto alla corte di Danimarca, aveva dato lezioni marziali a Laerte,
che aveva avuto un certo successo, apprendendo l’arte da lui insegnata, ed aveva parlato bene del suo allievo
per ricamare i buoni risultati delle sue lezioni. Questo aveva conferito un onore pubblico alla figura di
Laerte, che era stato quindi proclamato come abile discepolo, un esempio di arti marziali ai più alti livelli
della corte. Per un aristocratico, questo era molto importante. 
Inoltre, l’abilità delle arti marziali era un tratto caratteristico del conte di Essex, su questo poi torneremo. 

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Claudio, usa questo antefatto dicendo a Laerte che la stima espressa da Lamond ha suscitato l’invidia di
Amleto. 

“He made confession of you,


Sir, this report of his
Did Hamlet so envenom with his envy” 

L’invidia creata da Laerte, a causa di questi commenti di Lamond, era tale che Amleto aveva assunto un
atteggiamento di rivalità. Claudio sta cercando di inventare una situazione di presunta rivalità tra Amleto e
Laerte.
Cerca di contrapporre due giovani, dicendo che Amleto risponderà senz’altro alla sfida di Laerte per
dimostrare che non è da meno di lui, dal punto di vista della capacità marziali. 

Da qui, l’idea di una sfida, di un duello. Un duello che apparentemente doveva essere sportivo, doveva
soltanto dimostrare chi dei due fosse più abile. Ufficialmente sarà una prova di abilità a corte, si facevano
diversi esercizi di abilità in varie festività eccetera, con l’idea che non ci fossero vittime. Non era una sfida
marziale, non è che i danesi ammazzavano altri danesi o inglesi altri inglesi, per dimostrare all’interno del
paese chi fosse il più bravo. Una cosa era il vero nemico da uccidere, un’altra cosa era la sfida. 

La proposta di Claudio per Amleto è: se tu hai amato tuo padre, accetta questa sfida, che sarà
apparentemente una sfida sociale, sportiva, quindi senza vittime ovviamente, ma io farò in modo che Amleto
non esca vivo da questa prova. 
Quello che sta proponendo Claudio è un inganno mortale, in altri termini un assassinio. Ma Laerte voleva
proprio ammazzare Amleto, era proprio quello il suo concetto di vendetta. 
Questo piano sembra ottimo a Laerte, perché non passerebbe da una corte di giustizia, quindi otterrebbe
vendetta proditoriamente.

Qual è la trappola pensata abilmente da Claudio, e dalla quale Laerte diventerebbe strumento e
corresponsabile? 

Claudio ricorda a Laerte: 


“Laertes, was your father dear to you?”

Insiste, perché quello che lui vuole è un assassinio aperto: gli sta proponendo di fare il delinquente, ma
Laerte è determinato a sua volta di vendetta - ecco a cosa può portare il concetto di vendetta, quanto può
essere irrazionale - e accetta, dicendo che sarebbe pronto a tagliare la gola di Amleto in Chiesa (To cut his
throat i' the church.). Torna il tema della sfida, to hell allegiance, le buone maniere, tutti i valori sociali
contemporanei, da quelli politici a quelli sociali a quelli religiosi.

Claudio ribadisce:
“Revenge should have no bounds” – la vendetta non deve avere limiti. 

Dunque, questa è l’ideologia della vendetta, che è stata sviscerata nei suoi aspetti; qui stiamo vedendo come
la vendetta sia essere totalmente irrazionale e possa far accettare le cose più incredibili. 

Procediamo a vedere cosa succede in questa proposta e come si pone la proposta di Claudio. 
Claudio suggerisce di fare un duello a corte, con le spade; di solito i duelli sportivi si facevano con le armi
spuntate, perché non ci si facesse male, per non ferire seriamente, tantomeno uccidere. 

Claudio dice che farà in modo che Laerte abbia una spada non spuntata, mentre Amleto l’avrà spuntata.
Aggiunge che Amleto non controllerà le spade, perché si fida: si sapeva che le spade non erano davvero
affilate, non in grado di uccidere o ferire seriamente. 
Primo inganno: tipologia delle armi, disparità delle armi.

Seconda idea: Laerte vuole partecipare e inventare un’idea che porti alla vendetta e dice:
“I'll anoint my sword.” – Laerte afferma quindi che utilizzerà un unguento velenoso per avvelenare la sua
spada, un veleno mortale di cui era in possesso. Questo ci dice qualcosa a proposito della sua personalità,

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ovvero che, tenendo in casa un veleno del genere, era pronto a ricorrere a strumenti proditori per avere la
meglio di qualcuno.

Anche un semplice graffio fatto con un’arma con un simile veleno sarebbe mortale. 
Quindi, nel caso la spada non spuntata facesse una ferita minima, riuscirà comunque ad uccidere Amleto. 
Laerte ci mette del suo, in modo doppiamente grave: in primo luogo, teneva questo veleno in casa, quindi
non aveva una mentalità corretta ed era pronto ad uccidere. In secondo luogo, era pronto a farsi vedere abile
come assassino, al punto di gareggiare con Claudio, che ha pensato di utilizzare un’arma non spuntata. 

A questo punto, Claudio aggiunge che ha un’altra idea: se per qualche motivo, il duello non riuscisse a fare
una vittima di Amleto, quindi nel caso in cui Laerte non riuscisse a ferirlo, Claudio ha una soluzione di
riserva. Claudio preparerà un calice di vino avvelenato, facendo finta di usarlo per offrirlo ad Amleto, in suo
onore, sotto gli occhi di tutti, ma farà in modo che in quel calice ci sia del veleno. 
Sia Laerte che Claudio pensano ad una soluzione B, nel caso la soluzione A non funzionasse, per essere
sicuri che Amleto non esca vivo. 
Quindi, entrambi sono determinati a far morire Amleto, a non farlo uscire vivo. 

A questo punto arriva Gertrude, la regina, in lacrime. 


Claudio dice: 

“How now, sweet queen!”


 
Gertrude rivela che Ofelia nel frattempo è morta. Questo è uno dei momenti più tragici ed emotivi del
dramma, quando la regina descrive la morte di Ofelia: racconta che lei, presa dalla sua follia, si era recata,
con le mani piene di fiori, presso lo stagno e lì si era arrampicata su un albero cantando, in mezzo a questo
ambiente naturale molto bello. Si era arrampicata in modo tale da cadere nell’acqua ed era annegata in
questo brook. 
C’è questa scena che viene decritta nei dettagli e poi ripresa nel quadro di Millais. 
Si tratta di una morte molto patetica, molto striking: Ofelia che non si rende conto di nulla nella sua follia,
canta, associata ai fiori, a un ambiente naturale, e finisce nello stagno. Per un po’ rimane a galla, perché il
tessuto dell’abito che portava si allarga e la tiene a galla. Ma il vestito, riempendosi di acqua, la trascina giù. 

“Till that her garments, heavy with their drink,


Pull'd the poor wretch from her melodious lay
To muddy death.”

Una morte melmosa: finisce annegata nella melma di questo stagno. È un’immagine tremenda,
evidentemente nessuno si era accorto di quello che stava succedendo. 
Gertrude aggiunge questa nota emotiva patetica fortissima, che toglie ulteriormente lucidità a Laerte. Ogni
volta che Laerte deve decidere cosa fare, prima incontra Ofelia e vede la sorella impazzita. Ora, nel momento
in cui gli viene fatta la proposta da Claudio, non ha neanche il tempo di riflettere, è desideroso di vendicarsi,
ma viene aggiunta questa nota molto forte, estremamente patetica: la notizia dell’annegamento di Ofelia. 
Quindi Laerte piange, e si giustifica per questo perché un uomo non dovrebbe piangere.
“The woman will be out.” 🡪 quando la donna che è in me, che piange per mia sorella, avrà finito di piangere,
io sarò pronto ad agire.

C’è un’ulteriore spinta emotiva violenta, a dire sì a Claudio, ad impegnarsi per diventare un assassino, perché
il duello che sta per svolgersi, di cui Laerte accetta di essere corresponsabile e anzi strumento, non è che una
forma di assassinio. Infatti, sarà un delitto nei confronti di Amleto, ma giustificato: la famiglia di Laerte è
stata fin qui distrutta, è rimasta in vita solo a lui. 
Vedremo in seguito che nemmeno lui sopravviverà.
Vedremo anche che la morte di Ofelia rappresenta un’ulteriore spinta per la scelta assassina che Laerte sta
facendo, la scelta di allearsi con Claudio. 

Lezione 16

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La scena precedente, come si è già visto, tratta il tema della vendetta.
Nella scena successiva (Atto V Scena I) il tema centrale è la legge e la giustizia sociale.
La scena del cimitero, nel quale Amleto giunge al ritorno dal viaggio interrotto per l’Inghilterra, comincia
con il dialogo tra due becchini che preparano la sepoltura di Ofelia, morta annegata in uno stagno.
I due discutono della morte di Ofelia e si chiedono se sarà sepolta o meno sul suolo consacrato perché chi
compie suicidio non ne ha il diritto, secondo la legge canonica. Quindi i due sono dubbiosi sulla natura della
morte di Ofelia: accidentale o suicidio?
A causa di questo dubbio, come afferma il primo becchino, è stato necessario l’intervento di un (crowner)
magistrato che ne ha reso possibile la sepoltura su suolo consacrato, sotto insistenza del fratello Laerte.
Quindi fin dalle prime battute si può notare quale sia il tema principale: la legge.
Dopodiché i due cominciano a discutere (mimesi di discorso giuridico) e a questo punto il primo becchino
cerca di spiegare la situazione all’altro citando il caso celeberrimo, analogo a quello di Ofelia, di un giudice
di Common law, James Hales, nel 1554. Costui aveva prima operato come protestante sotto Enrico VIII, poi
con il regno di Maria Tudor era addirittura finito in prigione perché era protestante. Impazzito a causa delle
condizioni disumane in cui viveva, anche se era stato liberato da Maria Tudor stessa, si era suicidato
buttandosi in un fiume.
Questo aveva creato un caso giuridico molto discusso perché quando un cristiano si suicidava oltre a perdere
il diritto alla sepoltura su suolo consacrato, perdeva anche la sua eredità, che quindi veniva acquisita dallo
Stato, perché aveva infranto la legge contro il suicidio. Questo ovviamente fungeva de deterrente. Questo
caso era diventato famoso perché la vedova aveva reclamato la sua parte dell’eredità, dato che vi era una
condivisione dei beni (jointure). La sentenza, molto discussa, andava a favore della moglie ma era di difficile
interpretazione perché in effetti le ragioni non erano molto chiare.
Ma allora perché i due becchini citano questo caso? Innanzitutto perché vogliono mostrare competenza dato
che gli atti del processo erano stati ripubblicati di recente ed erano scritti in Norman French, che quindi
Shakespeare capiva (Ha scritto anche scene in francese nell’Enrico V). Tuttavia c’è qualcosa in più perché a
parlarne sono due becchini. Qui si trova un sottinteso sociale, perché i becchini si trovavano in fondo alla
scala sociale e il fatto che sappiano discutere di legge suggerisce che fossero degli assidui frequentatori delle
aule di tribunale. Questo perché all’epoca la gente comune assisteva ai processi come si assiste agli
spettacoli.
 A questo punto i due becchini cercano di imitare il linguaggio giuridico, storpiandolo, perché non
conoscono il latino:
● ‘se defendendo’ diventa ‘se offendendo’ (verso 9);
● ‘ergo’ diventa ‘argal’ …
Ovviamente la discussione si trasforma in una gara a chi ne sa di più. La cosa risulta essere molto
interessante perché mostra un interesse generalizzato per la legge e quindi anche un’attenzione, da parte dei
più umili, al teatro che tratta di legge. Il testo oscilla tra l’interesse di gente non istruita che imita il
linguaggio colto e i veri competenti, come Amleto, che invece ne parlano seriamente.
La società all’epoca, quindi, era caratterizzata da persone istruite e da gente comune alla quale però
interessavano le questioni sociali e giuridiche.
Il discorso dei becchini è accompagnato da una serie di considerazioni riguardanti la giustizia sociale e la
differenziazione sociale: 
● prima i becchini discutono della sepoltura di Ofelia. Qui c’è un gioco di sottintesa rivendicazione
sociale e di fatto il loro discorso mette in luce il problema della discutibile sepoltura della ragazza,
che ha avuto il diritto di sepoltura in un cimitero solo perché nobildonna
● poi il primo becchino, per dimostrarsi capace di gestire il proprio wit, fa vedere che è capace di fare
delle battute intelligenti e lo fa con un gioco di parole. Egli rivendica il fatto che Adamo fu il primo ‘
to bear arms’ e quindi si chiede (in maniera implicita) perché ci siano persone che si ritengono più
nobili di altre. ‘To bear arms’ significa appartenere ad una famiglia aristocratica, avere insegne
nobiliari. In questo caso però il becchino gioca sulle parole e usa quest’espressione per dire che
Adamo fu il primo ad avere le braccia e che le utilizzava per lavorare. In realtà nel fare questo
ragionamento, ne sta facendo uno sottinteso che è più polemico: se tutti discendiamo, come vuole la
religione, da Adamo ed Eva non si capisce perché ci debbano essere stirpi diverse. Ovviamente
stanno parlando della diseguaglianza sociale e rivendicazione sociale.
Se Ofelia non fosse stata una nobildonna non l’avrebbero fatta seppellire in camposanto.

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● In seguito i due becchini discutono su quale sia la costruzione più duratura. Uno dei due suggerisce
la forca, dato che è quella utilizzata da più utenti, l’altro la tomba, dato che verrà aperta solo nel
giorno del giudizio universale. 
● Per ultimo, quindi, c’è un discorso riguardo il giudizio universale con un sottinteso di protesta
sociale, soprattutto quando si accenna ad Adamo e a quello detto in precedenza.

A questo punto entra in scena Amleto e si avvicina ai becchini i quali stanno scavando una fossa che Amleto
non sa essere per Ofelia. Mentre scavano trovano tre teschi i quali sono oggetto di commento. 
1. ‘the skull had a tongue in it, and could sing once’ 🡪 questo teschio non viene trattato con troppo
rispetto dal becchino. Ad Amleto quindi venne subito in mente la storia di Caino e Abele in quanto
gli sembrava che lo stessero trattando come il teschio di Caino. Amleto però fa tre ipotesi: il teschio
può essere o di Caino o di un politico che avrebbe pensato di ingannare persino Dio o ancora, di un
courtier. Amleto disprezza il courtier (=cortigiano) in quanto è quella figura che cerca di entrare
nelle grazie dei nobili tramite false parole e sostanzialmente fingendo. Le considerazioni appena
fatte sono tutte su figure/personaggi che Amleto disprezza particolarmente. Molto importante è il
seguente commento: “Here’s fine revolution, if we had the trick to see’t” (ovvero: c’è una vera
immagine rivoluzionaria se fossimo in grado di capirlo). Con questo messaggio intende suggerire
che la morte funge da livella e annulla tutte le disparità.
2. ‘Why, might not that be the skull of a lawyer…’ 🡪Amleto ipotizza che questo teschio sia appartenuto
ad un avvocato che svolgeva pratiche molto complicate. Tutte queste pratiche vengono elencate
utilizzando termini tecnici che l’esperto in materia riesce assolutamente a cogliere ma il meno colto
no. È chiaro che menzionare tutte quelle pratiche sarebbe risultato noioso per i meno colti, per cui il
vero scopo di Shakespeare è quello di mostrarsi competente e in seguito di appellarsi ai competenti
in materia. Quindi l’autore da una parte sta facendo appello a tutti gli esperti di giurisprudenza,
dall’altra vuole sottintendere che dato che il suddetto avvocato si occupava di mille pratiche, avrebbe
saputo occuparsi anche della gestione di grandi proprietà. Infatti a pagina 326 immagina che sia stato
un bravo compratore di terre. Anche questa volta, attraverso le parole di Amleto, si sta facendo
riferimento alla distanza sociale.
A questo punto Amleto si chiede di chi sia la tomba in questione. Il becchino (first clown) risponde
con una serie di battute che ovviamente concernono l’identità del morto e sono volte a precisarne
l’identità. Amleto a questo punto elogia il becchino per la sua precisione e afferma che recentemente
le persone colte vengono tallonate/inseguite dai contadini. In altri termini sta affermando che c’è un
tale desiderio di ascesa sociale di tipo culturale per cui anche un becchino, quindi una persona molto
umile, può arrivare a scherzare e a ragionare con una persona colta come Amleto. In questo modo
non fa che riassumere il significato di tutta la scena.
Incuriosito, quindi, Amleto chiede a questo becchino particolarmente articolato da quanto tempo
faccia il suo mestiere. L’altro, con molta precisione, risponde che ha iniziato a fare il becchino il
giorno in cui il padre di Amleto ha vinto il famoso duello contro Fortinbras, giorno in cui nacque
anche suo figlio, Amleto. Di fatto, non sapendo di stare parlando con Amleto, sta involontariamente
dichiarando anche l’età di Amleto, 30 anni. Si da il caso che anche il conte di Essex abbia avuto la
stessa età. 
3. La conversazione si sposta sul terzo teschio. Il terzo teschio era quello di Yorick, un buffone di corte
che era vissuto quando Amleto era ragazzo. Venuto a conoscenza di ciò Amleto si commuove
perché ricorda di aver conosciuto il defunto e di avergli voluto molto bene. Il riferimento Yorick è
interessante perché la figura del buffone di corte è una figura di cui Shakespeare fa molto uso. Era
tradizione per un nobile avere un buffone; il buffone non aveva nessun ruolo sociale in quanto
aveva il compito di dire tutto quello che pensava. Per questo motivo i buffoni dovevano essere
molto spigliati, acuti e abili con le parole. Questa figura quindi rappresentava la fonte della verità e
poteva dire tutto quello che i cortigiani normalmente avevano troppa paura di dire. Rievocare la
figura del buffone rivendica il diritto di criticare colui che è al potere.
A questo segue immediatamente l’osservazione da parte di Amleto che paragona il teschio di Yorick
a quello di Alessandro Magno e poco dopo a quello di Giulio Cesare. Queste due figure erano i
massimi condottieri e rappresentanti massimi della gloria militare. Secondo Amleto i loro teschi
somiglierebbero perfettamente a quello di Yorick e una volta ridotti in polvere potrebbero essere

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usati per fare una pasta atta a tappare una botte. Fa questa osservazione pensando che anche gli
uomini più conosciuti al mondo un giorno diventeranno semplice polvere. 

A questo punto inizia la scena della sepoltura di Ofelia. Laerte, il fratello, protesta chiedendo più cerimonie
per la sepoltura. Questa richiesta non può essere esaudita in quanto la morte della ragazza risulta essere
ambigua. Laerte si dimostra essere coerente in quanto aveva protestato in maniera simile anche al funerale
del padre.

Lezione 17

ATTO V, SCENA I
Nella prima scena dell’atto V, lunga e molto importante, Amleto si rende conto dai commenti di Laerte che
la persona che viene seppellita è Ofelia, esclamando What, the fair Ofelia! Segue un commento di Gertrude,
la quale in precedenza aveva espresso il desiderio di rendere omaggi ad Amleto e Ofelia in occasione del
loro matrimonio. La visione di Polonio si oppone invece a quella di Gertrude, che aveva imposto alla figlia
di rifiutare le attenzioni di Amleto, ritenendo che il matrimonio tra i due fosse una cosa indegna per la loro
famiglia. Durante la sepoltura, Laerte esprime il suo turbamento arrivando addirittura a saltare dentro la
tomba, esprimendo il desiderio di voler essere seppellito insieme alla sorella.
Amleto, rimasto estremamente turbato scoprendo che Ofelia fosse morta, si fa avanti in questo funerale e si
scontra verbalmente con Laerte (What is he whose grief / Bears such an emphasis […]?), poiché le sue
parole di dolore gli erano parse eccessive. Amleto riteneva infatti che fosse lui quello a soffrire più chiunque
altro in quanto aveva amato Ofelia (I loved Ofelia. Forty thousand brothers / Could not, with all their
quantity of love, / Make up my sum […]). La scena principale di quest’atto si ha quando anche Amleto salta
nella fossa e si scontra fisicamente con Laerte. A questo punto Amleto non solo critica lo spirito di protesta
eccessivo di Laerte in occasione della morte di Ofelia, ma sorprende anche tutti i presenti al funerale
esclamando:

«This is I, Hamlet the Dane»

Il senso di quest’esclamazione è inequivocabile: con l’uso dell’aggettivo di nazionalità Dane (“il Danese”),
Amleto dichiara fermamente di essere il Re di Danimarca, dato che in questo contesto quell’aggettivo poteva
avere soltanto un unico significato. Ma perché Amleto esclama questa frase apparentemente incongrua dopo
il suo lungo viaggio in Inghilterra e in occasione del funerale?
È solo con lo scontro tra Amleto e Laerte che si capisce quanto l’amore del protagonista fosse grande nei
confronti della donna amata. In questo scontro sembrerebbe che i due personaggi gareggino sul piano della
dimensione emotiva, soprattutto alla luce del fatto che Laerte manifesta il suo dolore per la perdita della
sorella in maniera enfatica, eccessiva e molto retorica. Amleto sfida e stuzzica il contendente sul piano delle
emozioni e, mettendo in risalto l’esuberanza emotiva di Laerte determinato ad ottenere vendetta, percepisce
il suo atteggiamento come una sfida con sé stesso (Dost thou come here to whine, / To outface me with
leaping in her grave?).
Claudio interviene sostenendo che si tratta di pura follia (This is mere madness), ma Amleto reagisce a
queste parole sostenendo che protestare in maniera così eccessiva è piuttosto inutile nonché irrazionale.
Questa risposta scaturisce implicitamente anche dalle reazioni antitetiche che i due personaggi hanno
manifestato di fronte alla perdita di uno dei propri cari, tant’è che lo stesso Amleto non aveva reagito allo
stesso modo di Laerte alla morte di suo padre.
Alla fine della scena rimane comunque irrisolto il motivo per cui Amleto avesse esclamato This is I, Hamlet
the Dane. La tragedia di questa scena è definita da una contrapposizione ideologica e comportamentale tra
Laerte e Amleto: mentre il primo si mostra come il sostenitore determinato e deciso del potere della vendetta,
il secondo al contrario si proclama the Dane. Il tutto viene chiarito nella seconda scena dell’atto V.

ATTO V, SCENA II

Amleto parla con Orazio e narra il viaggio verso l’Inghilterra.


Durante il viaggio in nave, Amleto non riusciva a prendere sonno perché si chiedeva come mai Claudio
avesse deciso di mandarlo in Inghilterra e con quale messaggio diplomatico di accompagnamento. Sappiamo

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già che si trattava dell’ordine di uccidere Amleto subito dopo il suo arrivo in Inghilterra, dal momento che
Claudio, sospettando che il giovane avesse capito qualcosa dell’antefatto, voleva liberarsene.
Amleto sospettava a sua volta che ci fosse qualcosa di strano in quel messaggio, motivo per il quale non
riusciva a prendere sonno. Con il commento There’s a divinity that shapes our ends Amleto ritiene che ci
fosse stata una provvidenza ad averlo spinto, viste le sue paure e le sue ansie, a cercare quel messaggio (che
sapeva dove si trovava) e a rompere il suo sigillo (My fears forgetting manners, to unseal / Their grand
commission). Segue lo stupore di Orazio (Is’t possible?).
Amleto, avendo letto il messaggio iniziale che ordinava la sua uccisione, aveva deciso di sostituirlo
scrivendone uno nuovo.
Sulla quella nave si sentiva circondato da nemici (Being thus benetted round with villains), che altro non
erano se non gli amici d’infanzia Rosencrantz e Guildenstern, disposti ad ucciderlo pur di obbedire agli
ordini del re. Amleto decise comunque di continuare a stare al loro gioco e approfitta delle sue conoscenze
per scrivere un documento diplomatico il più reale e adeguato possibile (I sat me down, / Devised a new
commission, wrote it fair. / I once did hold it, as our statists do, / A baseness to write fair, and laboured
much / How to forget that learning; but, sir, now / It did me yeoman’s service). A quel tempo la scrittura di
questo tipo di documenti si basava soltanto su una convenzione retorica che potesse garantire buoni rapporti
tra due o più stati, uno scambio di cortesie, anche se alla fine in essi si chiedevano cose terribili quali
appunto un assassinio.
Nel testo della lettera sostituì le persone da uccidere e vi inserì i nomi di Rosencrantz e Guildenstern al posto
del suo, venendo a creare così un perfetto contrappasso.
Orazio chiede allora come Amleto fosse riuscito a sigillare il documento e a farlo apparire plausibile e
autentico. Amleto risponde che in quell’occasione fu molto fortunato, perché sulla nave aveva con sé l’anello
di suo padre, da sempre usato come modello del sigillo reale, anche allora che Claudio era il re. Non avendo
incontrato nessuna difficoltà nel riscrivere il messaggio e nel sigillarlo adeguatamente, Amleto era così
abbastanza sicuro che nessuno si sarebbe accorto che fosse un falso. Orazio rimane stupito dal fatto che
Amleto avesse mandato a morte i due amici d’infanzia (Ay, good my lord), ma in questa scena il protagonista
riesce a giustificare accuratamente ogni sua azione (An earnest conjuration from the King, / As England was
his faithful tributary […]).

Orazio e Amleto parlano poi del ritorno in Danimarca del protagonista.


Il giorno successivo, la nave che stava portando Amleto, Rosencrantz e Guildenstern in Inghilterra venne
assalita dai pirati. Amleto, nel tentativo di respingerli, finì per errore su una nave pirata. I pirati, però, dopo
aver capito che Amleto era un principe, decisero di usarlo a proprio vantaggio per ottenere un riscatto e lo
riportarono in Danimarca. Dunque, Amleto era riuscito a tornare e, nel frattempo, la nave con ancora a bordo
Rosencrantz e Guildenstern continuava il suo viaggio verso l’Inghilterra. Appare chiaro come Rosencrantz e
Guildenstern non fossero affatto consapevoli del contenuto del messaggio, anche se agli occhi di Amleto
rimanevano colpevoli in quanto avevano deciso di obbedire agli ordini del re senza esitazione. Secondo loro
l’unica giustificazione del viaggio era quella di tenere Amleto distratto e lontano dal luogo nel quale
presumibilmente aveva commesso un delitto, nell’attesa che la Corte di Giustizia lo giudicasse.
Orazio comprende pertanto che Rosencrantz e Guildenstern, rimasti sulla nave, stavano andando incontro
alla loro condanna a morte (So Guildenstern and Rosencrantz go to’t), così Amleto risponde dicendo che non
li aveva assolutamente sulla propria coscienza perché riteneva che fossero stati loro due ad andare incontro
ad un tale destino (Why, man, they did make love to this employment. / They are not near my conscience.
Their defeat / Doth by their own insinuation grow. / ‘Tis dangerous when the baser nature comes / Between
the pass and fell incensed points / Of mighty opposites). Amleto condanna ulteriormente Rosencrantz e
Guildenstern perché entrambi si erano interposti tra due nemici giurati, cioè lui e il re Claudio.

Segue il commento di Orazio, frase sorprendente e rivelatoria:

Why, what a king is this!

L’esclamazione di Orazio rimanda a quella pronunciata da Amleto nella scena precedente, e cioè appunto
This is I, Hamlet the Dane. Pronunciando questa frase, Orazio riconosce Amleto in quanto sovrano capace
di emettere sentenze e prendere decisioni politico-diplomatiche difficili e importanti. Amleto elenca dopo
tutte le malefatte di Claudio: è l’uomo che ha ucciso il suo re, nonché suo padre, e che ha fatto di sua madre
una “bagascia” (He that hath killed my king and whored my mother), che si è messo in mezzo alle elezioni
danesi escludendo lo stesso Amleto dalla successione in linea (Popped in between th’election and my hopes)

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e che lo stava per mandare incontro alla sua uccisione (Thrown out his angle for my proper life). La
giustificazione di ogni sua azione commessa contro lo zio Claudio si ha poi con un’altra frase, is’t not
perfect conscience / To quit him with his arm?
Amleto è stato molto crudele nel sancire il destino di Rosencrantz e Guildenstern, ha ribaltato il gioco di
Claudio salvando sé stesso ed è dispiaciuto di essere intervenuto in modo brusco nei confronti di Laerte nella
scena del cimitero. Citando nuovamente in causa Laerte, Amleto conferma il confronto tra i due personaggi
ed è consapevole del fatto che anch’egli si trova in una situazione analoga alla sua, seppur agisca in modo
del tutto antitetico rispetto a lui (For by the image of my cause I see / The portraiture of his. I’ll count his
favours. / But sure the bravery of his grief did punt me / Into a tow’ring passion).

Bisogna concentrarsi sul riconoscimento da parte di Orazio della dichiarazione di Amleto in quanto sovrano
di Danimarca. Durante il viaggio in Inghilterra, Amleto aveva avuto conferma del fatto che lo zio Claudio
fosse un assassino e, mandando a morte Rosencrantz e Guildenstern, non aveva fatto altro che punirlo. Ma
esclamando This is I, Hamlet the Dane Amleto fa qualcosa di più, perché:
● Il re ha mentito spudoratamente e si è soprattutto dichiarato un assassino;
● Il re ormai è colpevole (né Orazio né Amleto hanno mai avuto una prova del fatto che Claudio
avesse ucciso il fratello, questa era solo la dichiarazione del fantasma che non poteva essere un
testimone affidabile);
● Amleto possiede il documento scritto che testimonia come Claudio abbia ingannato sia lui sia la
regina;
● Alla luce di ciò, Claudio non ha più il diritto di essere il re di Danimarca e quindi il successore non
può che essere Amleto;
● L’esclamazione This is I, Hamlet the Dane dichiara l’avvenuta successione.

L’unico problema è che Amleto non è un giudice. Tuttavia, dal punto di vista del sistema giuridico inglese, il
garante della giustizia era il sovrano stesso: fin dalla fondazione della Cancelleria sotto Guglielmo il
Conquistatore, ovvero l’attuale sistema giuridico del Common law in vigore in Inghilterra, la fonte di
emanazione del diritto era sempre stata la Corona, vale a dire che il sovrano era sempre responsabile della
giustizia.
È così che si delinea l’antitesi tra Amleto e Laerte, perché Amleto assume una posizione di responsabilità
giuridica al posto di accettare un’idea di vendetta, posizione assunta invece da Laerte. Si scioglie qui il nodo
del problema della vendetta, che Amleto trasforma in problema di giustizia. Sarà nella scena del duello degli
atti successivi che Amleto assumerà il tono e il linguaggio di un giudice, poiché questo duello si stabilirà
come un processo nel quale verranno fornite prove chiare e pubbliche e verrà messa in atto una vera e
propria esecuzione.

Lezione 18
Ultima scena dell’atto V scena II.
Dopo il famoso scambio tra Amleto e Orazio in cui Amleto è pronto ad affrontare il suo destino, compiere
giustizia e non vendetta. La seconda parte inizia con l’intervento di un personaggio tragicomico, viene irriso
parla in modo affettato e si comporta in modo divertente.
Osric inserito nella scena tragica in cui muoiono quasi tutti, perché? Osric è rappresentante della court
gentry; si allinea a Rosencrantz e Guildenstern, esponenti della gentry, la classe media gentilizia dell’epoca,
che si divideva in court gentry e country gentry, la prima composta dai figli primogeniti, aveva beni ed era
agiata e andava a caccia di favori a corte, la country gentry non perseguiva i favori di corte.
Osric viene presentato da Amleto dicendo che è una water-fly (scena di ideologia country che critica il
comportamento della corte, la court gentry era categoria per Essex fra le più criticabili, perché vivevano di
flattery verso il sovrano).
Costui non ha veri motivi per accattivarsi il sovrano se non il desiderio di una carriera politica, non è povero
ha molte terre però si comporta in modo risibile da molti punti di vista, Amleto dice che è come un insetto.
Parla in modo molto affettato, viene a portare la proposta di Claudio ad Amleto perché accetti il duello con
Laerte. Osric è consapevole dell’inganno, sarà lui a dare la spada non spuntata a Laerte, lui sa anche che la
spada è avvelenata ma non esita ad obbedire agli ordini del sovrano. Osric gioca con il cappello perché è così
riverente nei confronti del principe che non osa stare con il cappello in testa davanti al principe e Amleto lo
prende in giro dicendogli di rimettersi il cappello in testa, Osric è molto ossequioso e parla con tono di
omaggio ma alla fine contribuisce al suo assassinio.

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Osric porta la proposta, il re ha scommesso a favore di Amleto in una sfida personale con Laerte, stabilisce le
regole e le armi e il re ha scommesso per il vincitore 6 cavalli berberi, delle armi francesi con guaina ma i
lacci della guaina vengono definiti in modo diverso dal solito, con l’uso di carriages invece di hangers,
eccessivo perché la parola carriage veniva usata per ciò che sosteneva i fusti di cannone. Amleto lo riprende
per l’uso della parola dicendo (Atto V Scena II vv.122):
The phrase would be more german to the matter, if wecould carry cannon by our sides: I would it mightbe
hangers till then.
Amleto sottolinea l’eccesso verbale e comportamentale con cui Osric tratta le persone a corte. Amleto prende
in giro Osric per i suoi tic verbali, viene dato molto spazio ad Osric e al suo atteggiamento di flattery.
Oltre a questo, viene messo in risalto che il personaggio di Osric nel proporre la gara, seguendo il tipo di
linguaggio eccessivo da lui usato, usa un termine in linea col l’eccesso verbale, la sfida sportiva
apparentemente viene definita (v.131) come immediate trial, ciò nel contesto dato ha significato giuridico,
processo immediato.

Il testo ha preparato il tema della giustizia e Amleto accetta la sfida, decide di affrontare l’ultimatum con
Laerte, anche se lui dapprima non sa che si tratti di ciò ma poi ha un presentimento di cui parla ad Orazio e
sente che la scena sarà decisiva.
Osric insiste con il trial, è fuori luogo, non è adatta per spiegare una gara sportiva, descrive un processo
davanti ad una corte di giustizia dove vi è un opposition che accusa l’imputato. Linguaggio che il pubblico
competente in giurisprudenza del tempo come era quello di Shakespeare riconosceva immediatamente.
Non era linguaggio adatto a descrivere una gara sportiva.
Quando Osric usa questo linguaggio predispone il pubblico ad aspettarsi qualcosa di diverso, un trial e non
un duello sportivo. Trial viene usata due volte, insolito per descrivere la situazione. Conferma ciò che sta per
succedere, si sta andando a processo.
Amleto a questo punto accetta la gara, esce Osric, che sarà da questo momento in poi uno strumento nelle
mani di Claudio e Laerte.
Amleto commenta ciò che lo aspetta e critica la flattery di Osric, insiste sulle caratteristiche affettate di
Osric. Poi ripete la parola trial.
Orazio è preoccupato ma Amleto gli dice di non preoccuparsi, si è tenuto allenato, ma sente che sta per
succedere qualcosa di grave. Orazio gli dice di non obbedire, non presentarsi al duello. Amleto risponde
(vv.166):
Not a whit, we defy augury: therÈs a specialprovidence in the fall of a sparrow. If it be now,'tis not to come;
if it be not to come, it will benow; if it be not now, yet it will come: thereadiness is all: since no man has
aught of what heleaves, what is't to leave betimes?
Questo atteggiamento di sfida alla morte era anche tipico di Essex, era pronto ad affrontare il pericolo e si
vede anche nell’azione che poi lo porterà alla morte, alcuni suoi uomini non volevano che lui andasse, ma lui
sapeva controllare la paura.
Claudio apparentemente si comporta con Amleto e Laerte in modo gentile, sostiene di essere dalla parte di
Amleto e si prepara di essere generoso e celebrare la vittoria del figliastro. Amleto si rivolge a Laerte e gli
chiede perdono per la morte del padre e cerca di giustificarsi con la sua follia, cerca di riappacificarsi con lui
che è anche il fratello della donna che aveva amato.
Amleto vuole chiedere scusa a Laerte che ha perso padre e sorella ma lui risponde in modo tipico del
personaggio, sembra accettare le scuse ma in realtà si sta accingendo ad uccidere Amleto.
Dal punto di vista delle regole dell’onore Laerte non considera sé stesso giudice sufficiente, si fida delle
regole di altri, come aveva ceduto autorità al re per mettersi d’accordo per l’assassinio, si rimette alle
autorità, agli esperti del settore. Per lui è importante rispettare le regole e non essere in situazione di
inferiorità, gli interessa ricevere giusto funerale per il padre e la sorella, riconoscimento da parte del re e
degli esperti sull’onore.
Amleto cerca un rapporto personale con Laerte, desidera riappacificarsi, non è invidioso o irritato e gli spiace
di avergli portato tante sfortune. Laerte apparentemente accetta ma sta in realtà per uccidere Amleto o con la
spada o con la coppa avvelenata.
Claudio si fa dare le armi da Osric che è corresponsabile della morte di Amleto come Laerte, entrambi
vengono usati da Claudio, esattamente come Rosencrantz e Guildenstern, sono tutti asserviti al sovrano.
Claudio ha ottenuto molto facilmente anche il consenso di Osric.
Claudio chiede che si prepari il vino perché deve preparare la coppa avvelenata per Amleto.
Passo di retorica roboante, Claudio assume un tono di sovrano assoluto (vv.214):

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Set me the stoops of wine upon that table.If Hamlet give the first or second hit,Or quit in answer of the third
exchange,Let all the battlements their ordnance fire:The king shall drink to Hamlet's better breath;And in
the cup an union shall he throw,Richer than that which four successive kingsIn Denmark's crown have worn.
Give me the cups;And let the kettle to the trumpet speak,The trumpet to the cannoneer without,The cannons
to the heavens, the heavens to earth,'Now the king dunks to Hamlet.' Come, begin:And you, the judges, bear
a wary eye.

Fa sistemare il vino, predispone le spade e finge grande generosità nei confronti di Amleto, dice che il re
berrà alla salute di Amleto.
Subentra una tradizione ripresa anche nell’Antonio e Cleopatra. Cleopatra aveva scommesso con Antonio
che avrebbe speso una cifra enorme per una cena con Antonio, quindi scioglie una perla del valore di 60
milioni di sesterzi ridotte a polvere nel vino, rendendo la sua tavola la più ricca al mondo. Questo uso viene
ripreso qui da Claudio che dice che quando Amleto vincerà egli brinderà gettando una perla preziosa nel vino
che assumerà più valore di quattro corone di re successivi di Danimarca.
Claudio dice che è pronto a sprecare un enorme capitale per celebrare il figlio, per sottolineare questo dice
che quando il re berrà suoneranno i tamburi, poi le trombe e infine i cannoni che spareranno in cielo.
Eccesso di onnipotenza di Claudio che si appresta a giocare le sue carte e distruggere il suo nemico, questo
dimostra cosa lo ha spinto ad uccidere il fratello e diventare re, la sete di potere.
Amleto non sa cosa c’è dietro nello sciogliere la perla nel vino, Claudio doveva chiaramente solo avvelenare
Amleto e quindi usa questo stratagemma per armeggiare con il veleno indisturbato. Claudio finge di
sacrificare una perla preziosa per sé e per Amleto, lo tratta come un re.
Amleto vince il primo round e vince il secondo round e intanto Claudio gli sta offrendo vino visto che vede
che sta vincendo e pensa sia affaticato.
Gertrude è preoccupata, e dice che vuole brindare alla salute di Amleto e prende la coppa che Claudio aveva
preparato per Amleto. Perché lo fa? Sembra un gesto quasi offensivo nei confronti del figlio, visto che gli
ruba la coppa con la perla ma probabilmente le è sorto un dubbio. Quando vede sciogliere la polvere nel
bicchiere di Amleto ha un dubbio su Claudio, si getta sulla coppa, per vedere se quello che dice Claudio è
vero o se sta avvelenando la coppa, in quel caso è pronta a morire. Non sa più chi è suo marito e lo mette alla
prova.
Claudio non vuole veder morire Gertrude e la riprende, lei gli chiede perdono perché lo sta lasciando e
accusando pubblicamente. Però offre la coppa ad Amleto apparentemente ma lui la rifiuta. Dal punto di vista
formale non è un’accusa pubblica ma lei lo sta mettendo in atto. Laerte dice a Claudio che colpirà Amleto,
Claudio è apparentemente uno sostenitore di Amleto. Laerte ha un momento di ripensamento sul suo piano
assassino, perché sembra che sarà lui l’elemento attivo nella morte perché Amleto non prende la coppa.
Laerte non riesce a rompere la guardia di Amleto nel terzo assalto, rompe le righe e lo prende di sorpresa e lo
assale con l’arma avvelenata, vuole assolutamente ottenere la sua vendetta.
Laerte irrita Amleto che lo assale a sua volta, i due vengono alle mani e si scambiano le spade, Amleto
ferisce a questo punto Laerte con la spada avvelenata.
In quel momento Gertrude sviene, Osric la indica perché non sa quello che sta succedendo. Orazio dice che è
impossibile che uno dei due sanguini, entrambe le spade dovevano essere spuntate. Osric dice che non può
essere che Laerte sia ferito perché sa di aver dato la spada non spuntata a Laerte stesso. Laerte si rende conto
di essere uno strumento nelle mani di Claudio, anche se voleva solo compiere la sua vendetta.
Claudio dice che la regina è svenuta per la vista del sangue ma lei grida la sua denuncia nei confronti di
Claudio e la sua coppa avvelenata, lei ha bevuto per fare da controprova e salvare il figlio.
Di fatto Gertrude si suicida, entrambe le donne protagoniste sono morte suicide.

Amleto si comporta da sovrano, dà ordini e Laerte comincia a confessare perché si è pentito, capisce di aver
sbagliato tutto, dopo aver visto che è stato ferito con la sua stessa spada avvelenata.
Confessa della spada avvelenata e non spuntata. Quando capisce il suo destino, si pente dell’accordo che
aveva fatto con il re, vuole confessarsi prima di morire e lo denuncia.
Amleto apprende della spada avvelenata, dichiara che il re è colpevole due volte di assassinio, dell’aver
messo il veleno nella coppa che ha ucciso Gertrude e del veleno sulla spada non spuntata (vv. 268):
It is here, Hamlet: Hamlet, thou art slain;No medicine in the world can do thee good;In thee there is not half
an hour of life;The treacherous instrument is in thy hand,Unbated and envenom'd: the foul practiseHath
turn'd itself on me lo, here I lie,Never to rise again: thy mother's poison'd:I can no more: the king, the king's
to blame.

72
Osric è correo degli assassinii, Claudio grida per ricevere aiuto dagli amici ma Amleto usa l’arma avvelenata
con cui ha ferito Laerte per ferire il re.
Di fronte all’accusa dell’arma avvelenata lui ha la certezza che Claudio sia un assassino, anche la
commission data agli inglesi per uccidere Amleto è una prova.
Prima lo trafigge con la spada e poi gli fa bere il residuo della coppa avvelenata (vv.278):
Here, thou incestuous, murderous, damned Dane,Drink off this potion. Is thy union here?Follow my mother.

Laerte dice che la giustizia è servita, in vista dell’aldilà si pente e chiedere di scambiarsi il perdono con
Amleto. Nel momento in cui Laerte chiede perdono ad Amleto egli parla in termini giuridici.
Ripresa del trial, il duello è un processo. Usa un linguaggio apparentemente inadatto, ma lui ora si ritiene un
giustiziere quindi è adatto.
Amleto sta usando un linguaggio giuridico, la morte che sta arrivando per Claudio è diventata sergeant, cioè
colui che notificava l’accusa, inarrestabile e a prova di fuga (vv. 285):
Heaven make thee free of it! I follow thee.I am dead, Horatio. Wretched queen, adieu!You that look pale and
tremble at this chance,That are but mutes or audience to this act,Had I but time--as this fell sergeant, death,
Is strict in his arrest--O, I could tell you--But let it be. Horatio, I am dead;Thou livest; report me and my
cause arightTo the unsatisfied.
La scena è una doppia esecuzione, operata in un contesto in cui Amleto ha la sicurezza della colpevolezza
grazie alla doppia dichiarazione, usa linguaggio che riprende trial.
Non è una vendetta, non si usa il termine vendetta ma linguaggio giuridico.
Orazio è interessante perché svolge un ruolo decisivo, lui è talmente amico di Amleto che non vuole
sopravvivergli, di fronte alla sconfitta preferisce la morte, come un antico romano. Orazio ha un nome
romano (vv. 294)
Never believe it:I am more an antique Roman than a Dane:Here’s yet some liquor left.
Vuole morire anche lui e cerca di bere dalla coppa avvelenata ma Amleto non vuole lasciarlo morire e gli dà
un compito, un ordine: deve sopravvivere per riferire a tutti cosa è successo veramente, non vendetta ma
giustizia (vv. 297):
As thou'rt a man,Give me the cup: let go; by heaven, I'll have’t.O good Horatio, what a wounded name,
Things standing thus unknown, shall live behind me!If thou didst ever hold me in thy heartAbsent thee from
felicity awhile,And in this harsh world draw thy breath in pain,To tell my story.

Osric annuncia l’arrivo di Fortinbras e gli ambasciatori dall’Inghilterra, che dicono che Rosencrantz e
Guildenstern sono morti. Amleto di fronte all’arrivo di Fortinbras prevede che gli elettori di Danimarca
sceglieranno Fortinbras, Amleto gli dà la sua dying voice, il suo supporto. Amleto si sta comportando nei
confronti di Fortinbras esattamente come il conte di Essex si era comportato con James VI di Scozia.
(vv. 312) Now cracks a noble heart. Good night sweet prince:And flights of angels sing thee to thy rest!
Agli inizi del ‘900 ci si è accorti, anche la Winstanley l’ha fatto, che la frase era una frase celebre, in una
delle ballate che avevano commentato la morte di un personaggio così popolare come il conte di Essex. Sono
esattamente le parole che Essex ha detto morendo, pregando che flights of angels portassero la sua anima in
paradiso, perché lui si riteneva innocente e l’unica cosa che intendeva fare era porre fino al regnum
cecilianum.
Orazio usa le parole di una celebre battuta facendo coincidere la morte di Amleto con quella del conte di
Essex, è un punto di contatto fra i due.
Orazio dice (vv.332):
[…] And let me speak to the yet unknowing worldHow these things came about: so shall you hearOf carnal,
bloody, and unnatural acts,Of accidental judgments, casual slaughters,Of deaths put on by cunning and
forced cause,And, in this upshot, purposes mistookFall'n on the inventors' reads: all this can ITruly deliver.

È una sintesi precisa di quello che è accaduto: morti innaturali ossia Claudio che uccide il fratello, morti
impreviste nel progetto ideato da Claudio
Accidental judgements: Judgement è un giudizio o valutazione, che non può essere accidentale o fa parte del
trial stesso. Ci sono stati due giudizi accidentali, perché non ci si trova in una corte di giustizia ma una corte
reale, in cui vengono fatte due accuse pubbliche da Laerte a Claudio. Amleto ha avuto l’occasione di
pronunciare due sentenze in modo accidentale, poi usando veleno e spada per rispondere alle pubbliche
accuse di Laerte.
La giustizia viene esercitata da colui che è alla fonte della giustizia, il re, in modo accidentale.
La fine del dramma è un esercizio di giustizia da parte di Amleto, non si parla di vendetta.

73
Il discorso del dramma non è di vendetta, la vendetta è stata abbandonata e sostituita dalla giustizia, Amleto
è un giudice ed emette sentenza, poi prosegue con la doppia esecuzione.
Fortinbras esegue gli onori militari nei confronti di Amleto alla sua morte, anche se lui non appare mai come
soldato nel testo – ma era stato chiamato soldier da Ofelia.
La tragedia si chiude con Amleto che viene portato via con le esequie solenni volute da Fortinbras, che dice
che la corte è diventata un vero e proprio campo di battaglia.
I cannoni che avrebbero dovuto sparare alla vittoria di Amleto sparano per conferire gli onori militari ad
Amleto morto.

Lezione 19
Sintesi degli elementi che collegano il conte di Essex alla figura di Amleto. La figura di Essex era
estremamente popolare in quel momento, anche se appena morto, quindi per il pubblico contemporaneo era
molto facile scovare gli elementi in comune.
1. Le ultime parole che accompagnano la morte di Amleto (Atto V Scena II v.313):
And flights of angels sing thee to thy rest!
Gli angeli dovevano portare l’anima di Essex in paradiso.
Evidente richiamo per il pubblico perché era stato ripreso in molte ballate famose.
2. Le tre caratteristiche che marcano la figura di Amleto, courtier, soldier, scholar.
Nessun’ altra figura, precedente, contemporanea o successiva, racchiude queste caratteristiche.
Courtier perché fa parte della corte di Elisabetta II e ne è il favorito, soldier perché era un esperto
uomo militare, considerato il migliore generale inglese della sua epoca e scholar perché non solo si
era laureato a Cambridge a differenza dei nobili contemporanei ma anche perché manteneva vivi i
rapporti con le università, continuando ad occuparsi di scholarship e aveva creato e finanziato
l’Essex circle, nel quale si raccoglievano le migliori menti del periodo.
Queste caratteristiche assieme alla popolarità che viene menzionata da Claudio che non osa
portare Amleto davanti al tribunale per denunciarlo dell’omicidio di Polonio perché teme che il
pubblico potrebbe rovesciare il discorso e l’esito del processo, fanno capire il grado di popolarità di
Essex stesso e spiega perché alla morte di Essex, giustiziato con altre poche persone vicine a lui, il
gruppo da lui costituito rimane integro e si costituisce come political network negli anni successivi
fino al 1642-1649.
3. Si specifica l’età di Amleto, 33 anni circa, che coincide con quella di Essex alla sua morte. Era
insolito specificare l’età dei protagonisti.
4. Rapporti critici di Amleto con Polonio che riflettono quelli di Essex con William Cecil, che aveva circa
l’età di Polonio.
Polonio ha più di 70 anni ed è nel periodo in cui si perde la lucidità. Rapporto polemico negli ultimi
anni tra il conte di Essex e William Cecil. Elemento della figlia di Cecil, la quale era stata presa in
considerazione dal primo conte di Essex come moglie per suo figlio, cosa che poi non accade, come
nel testo.
5. Opposizione mortale tra Amleto e Claudio corrisponde all’opposizione mortale tra il conte di Essex
e Robert Cecil.
Elisabetta è la Gertrude ingannata, Elisabetta non era madre di Essex ma aveva l’età per esserlo.
Essex era inoltre stato presentato a corte dal conte di Leicester, al tempo favorito di Elisabetta e
l’uomo che lei voleva sposare, assumendo quindi il ruolo di figlio di Leicester che i due non avevano
mai avuto assieme. Questa contrapposizione rafforzata anche dal fatto che la regina aveva una
somiglianza fisica con Lettice Knollys, la moglie del primo conte di Essex, madre del secondo conte
di Essex, che si era sposata in seconde nozze con il conte di Leicester.
6. Ideologia country di Amleto.
Scena in cui Amleto dichiara (Atto I Scena II vv:77):
Seems, madam! nay it is; I know not 'seems.'
passando alle ironie su Osric, le critiche e il disprezzo con cui Amleto tratta Guildenstern e
Rosencrantz alla fine, perché tutti e tre sono tipici rappresentanti dell’ideologia country, del
comportamento di flattery e totale asservimento alla corona contro tutti gli altri valori umani con

74
l’idea di guadagnare dal rapporto di favore con il sovrano. Ideologia country tratto distintivo del
conte di Essex.
7. Amleto dichiara (atto I scena V vv.197):
The time is out of joint: O cursed spite,
That ever I was born to set it right!
dopo l’apparizione del fantasma, si pensa che l’apparizione riveli qualcosa di grave per quanto
concerne la politica dello stato. Corrisponde alla frase su Essex, di Gajda, che si era proposto come
physician of the state, dottore per curare le malattie dello stato. Corrisponde all’atteggiamento di
Amleto.
8. Dying voice di Amleto per la successione di Fortinbras al trono di Danimarca.
Essex definito come il martire a favore della successione di James VI di Scozia.
9. Tema della melancolia.
Compare nel famoso monologo to be or not to be, dove si mescolano due tratti caratteristici di
Essex, non solo l’esitazione se vale la pena di vivere o no, ma anche se vale la pena di vivere visto
che il merito viene dato a chi non è meritevole (atto III scena I v.75):
That patient merit of the unworthy takes […].
Problema portato avanti da Essex perché le cariche di stato dovevano essere dati ai più meritevoli,
ma le cariche venivano date ai nobili che non le meritavano e che non avevano alcuna preparazione
particolare. Essex si era opposto e si era fatto nemici. Elemento presente nel monologo, riferimento
ben conosciuto al conte di Essex.
Melancolia+ merito agli sconosciuti.
Abbiamo un celebre miniatura di Nicholas Hilliard, chiamata Young man among roses, in cui si
rappresenta Essex, un giovane in una posizione che è stata letta come il tipico atteggiamento
melancolico giovanile, che si appoggia a dei tralci di rose.
10. Forte tema di amicizia che lega Amleto con Orazio così come Essex aveva famose amicizie con
Southampton, il secondo patrono di Shakespeare e Anthony Bacon.
Rapporti importanti perché gli amici sono così affezionati e in ammirazione che sono pronti a dare
la vita. Southampton seguì Essex con forte coinvolgimento nel Rising del 1601, entrambi furono
condannati a morte ma Essex fu subito giustiziato mentre Southampton era molto giovane e la
condanna fu sospesa, si salvò perché la regina morì e subentrò James VI di Scozia. Southampton era
molto legato ad Essex, sposato con una sua parente, tale Elisabeth Vernon, matrimonio osteggiato
e criticato dalla regina perché la donna era una sua dama d’onore e i due si erano sposati senza il
suo permesso; inoltre la donna era povera e la regina voleva un matrimonio con una donna ricca e
nobile per Southampton che era nobile ma povero, ma lui scelse di sposarsi per amore.
Risentimento della regina che impedì a Southampton di assumere cariche importanti che
normalmente venivano proposte da Essex anche perché Southampton era un buon soldato ed
Essex lo aveva proposto come comandante della cavalleria per le sue campagne militari. Dopo il
matrimonio, Essex aveva capito che Southampton era caduto in sfavore con Elisabetta, era privo i
mezzi e non sapeva dove vivere con la moglie, quindi li accolse in Essex House.
Con Anthony Bacon, fratello di Francis, è sempre stato legato e questi si ammalò gravemente
quando Essex fu arrestato e nel giro di sei mesi morì.
Questi due amici rappresentano due amicizie molto intense e riflettono il rapporto tra Amleto e
Orazio. Orazio l’ha seguito da Wittenberg a casa ma nel momento in cui Amleto sta morendo alla
fine del testo Orazio immediatamente dice “io, come un antico romano, non voglio sopravvivere a
questo” (atto V scena II vv.295):
I am more an antique Roman than a Dane:Here’s yet some liquor left.
e cerca di bere dalla coppa avvelenata perché non gli sembra che gli valga la pena di sopravvivere.
Non ci sono sotto toni omosessuali (no homo). Questi rapporti affettuosi, di rispetto e di
ammirazione erano molto noti al pubblico.
11. Passione per il teatro.

75
Hammer e Gajda riconoscono che Essex aveva attrazione e predilezione per il teatro, infatti la sera
prima del Rising, Essex manda a teatro i suoi uomini a vedere Riccardo II. Amleto mostra la sua
passione per il teatro nella scena in cui accoglie la compagnia di attori a Elsinore. È per questo che è
in Amleto che vengono date tre definizioni del teatro: il teatro parla di storia, il teatro come mirror
up to nature, specchio psico-antropologico dell’epoca, e il teatro che parla di diritto e legge
definiscono la concezione ambiziosa del teatro per Shakespeare, che corrispondono alle aspettative
e alle richieste dello stesso Essex, patrono di Shakespeare. Confronto con Nashe, per cui il teatro
aveva funzione molto modesta, esaltare gli eroi della scena nazionale o per tenere i giovani lontani
dalle donne e dal bere eccessivo.
12. Final reconciliation che Amleto cerca con Laerte prima del duello.
Atteggiamento tipico di Essex che prima di morire cercò di perdonare e riappacificarsi con Raleigh e
Cobham, che erano stati due suoi nemici, ma non con Cecil.
13. Canzoni cantate da Ofelia .(vv.187 Atto IV scena V):
For bonny sweet Robin is all my joy
sweet Robin è il modo in cui la madre di Essex, Lettice Knollys, chiamava il figlio Robert, Robin è
anche il modo in cui Essex viene chiamato nello scambio epistolare con la moglie.
14. Ambiguità religiosa che riveste il fantasma e quindi la figura di Amleto.
Il fantasma viene definito proveniente dal purgatorio, ma si lamenta che non si è potuto confessare
prima di essere ucciso ed è per questo che non è andato in paradiso, ma questa è una caratteristica
della religione cattolica e non protestante. Si oscilla tra cattolicesimo e protestantesimo, Amleto
studia a Wittenberg (dove Lutero affigge le sue 95 tesi, quindi città natale del protestantesimo) ma
tende a pensare al padre come ad un fantasma purgatoriale mentre Orazio pensa che sia infernale.
Corrispondenza con l’irenismo di Essex, che aderiva alla chiesa anglicana per legge in quanto
cittadino inglese ma appoggiava anche i cattolici.
15. Passaggio di Essex dal il codice di onore aristocratico alla giustizia.
Riflesso in Amleto dalla richiesta di vendetta del fantasma alla giustizia. Essex da una parte,
specialmente nei primi anni, era molto sensibile alle questioni d’ onore, prendeva parte ai duelli,
per difendere il proprio onore, che erano però ufficialmente proibiti perché andavano contro lo
stato di diritto, in un caso aveva invitato il suo sfidante ad andare in Francia per duellare per poi
tornare in Inghilterra a duello finito, legato all’onore aristocratico non temeva le sfide e non si
tirava indietro ma dall’altra parte negli ultimi anni il conte di Essex, pensando ai problemi della
successione di Elisabetta e essendo stato nominato Constable of England da Elisabetta aveva
riflettuto che la carica portava il diritto, in tempi antichi, in caso di difficile successione, di
convocare il parlamento perché intervenisse per decidere della questione successione. Essex aveva
meditato di convocare il parlamento perché questo dichiarasse James VI di Scozia come erede del
trono di Inghilterra ed evitare problemi successivamente e per stabilire un principio costituzionale
in cui il parlamento aveva il diritto di investire la corona del suo potere e la corona doveva poi
rispondere al parlamento. Sotto Elisabetta il rapporto con il parlamento era buono, ma temeva che
con James non sarebbe successo e infatti aveva ragione, James VI di Scozia e I di Inghilterra convocò
quattro volte il parlamento ma non andrà d’accordo con esso nessuna delle quattro volte e non si
riuscirà a prenderà decisioni, punto critico del suo regno e del regno del figlio Charles I che porterà
alla guerra civile tra suo figlio e il parlamento nel 1642.

Critica di Lilian Winstanley e Carl Schmitt.


Winstanley connetteva Amleto nella prima parte a James e solo nella seconda parte con Essex, vedeva meno
elementi di importanza nel collegamento, ma ora si conclude che il discorso di riferimento a James VI di
Scozia non sussiste. Non sarebbe stato carino ricordare al nuovo erede al trono che non aveva operato
vendetta dei confronti di quello che era successo a suo padre, Henry Lord Darnley e a sua madre, Mary
Stuart.
Diventa onnipresente il riferimento a Essex.

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Schmitt fa un’affermazione nel terzo capitolo, in cui dice che la storia e le questioni sociali sono il materiale
che deve alimentare la tragedia.
Con le ricerche di Hammer prima e di Gajda dopo, si capisce il rapporto di Amleto con la storia e il conte di
Essex.

Amleto, fine di una dinastia, David Snelling in Tradurre/Interpretare Amleto, a cura di G. Restivo e R.
Crivelli, CLUEB, Bologna 2002
Molto corto ma è utile perché affronta tre problemi.
Discorso di collocazione della vicenda di Amleto nel quadro storico europeo del tempo:
1. Problema dell’Ur-Hamlet, che (frase incomprensibile nel modo più assoluto 40:30) ma di un testo
precedente all’originale, antico. Perché Shakespeare scrive un nuovo Amleto? Non sappiamo che
rapporto Shakespeare avesse con il primo Amleto, qualcuno ha ipotizzato che lui stesso abbia
lavorato a questo testo ma non è citato nel Palladis Tamia (Palladis Tamia Wits Treasury, scritto nel
1598 da Francis Meres), i tesori di Pallade, elenco di opere inglesi messe in confronto con le opere
classiche conosciute al tempo. Sicuramente c’è un Amleto prima di Shakespeare, come mai
Shakespeare l’ha ripreso, che diritto aveva visto che non era una vecchia leggenda ma un testo
della sua generazione?
2. Rileva che l’Amleto nel testo originario doveva essere un giovane studente.
C’è un’anomalia nell’Amleto che ci è arrivato, c’è un giovane ma non giovanissimo da essere ancora
all’università, ha 30 anni ma all’epoca andavano all’università tra i 16 e 18. Come mai Amleto è
ancora studente? Da una parte è un uomo maturo e dall’altra parte invece è un giovane studente.
Ipotesi: il primo Amleto era giovane e non era Essex, il secondo diventa trentenne perché si
sovrappone alla figura di Essex. Questo si collega ad una questione politica, osservando i termini di
successione dei regni vicini, nota che la successione del fratello del sovrano se non c’erano figli in
età maggiore era possibile, o come re o come reggente/protettore fino alla maggiore età del
legittimo erede. Il fatto che Claudio sia stato eletto re dopo il fratello era simbolo che in una prima
versione di Amleto egli aveva 16-18 anni, non ancora maggiorenne.
3. Tratti storici politici dell’area danese. Spiega perché l’Inghilterra aveva interessi nella Danimarca. La
Danimarca aveva ruolo importante nei giochi di potere dei paesi protestanti nordici, Elisabetta
aveva consigliato a James VI di Scozia di sposare una principessa danese, Anna di Danimarca.

Quindi tre elementi di attenzione, il primo Amleto nel testo antecedente, l’Ur-Hamlet; cambiamento di età di
Amleto (per corrispondere ad alla figura del conte di Essex); l’interesse degli inglesi per la Danimarca.

I tre punti mesi in luce da Snelling sono ancora più interessanti alla luce dei riferimenti alla figura di Essex e
chiariscono il passaggio del tema della vendetta a quello della giustizia inseriti nel contesto del conte di
Essex.
Nel momento in cui Essex muore, si pone un problema per il gruppo di Essex, che continua a sostenere la
sua linea politica fino al 1642.
Il passaggio del trono avviene da lì a poco, meno di due anni. Il gruppo poteva vendicare la morte del
patrono o evitare la lotta, andare verso la riappacificazione, visto che Robert Cecil nel frattempo si sta
adattando all’idea di accettare la successione di James, che non avrebbe mai accettato finché Essex era in
vita, perché altrimenti Essex sarebbe diventato l’uomo di riferimento del nuovo sovrano in Inghilterra. Nel
momento in cui Essex muore, Cecil accetta James VI di Scozia e si impegna perché la successione avvenga
senza difficoltà.
Superare il concetto di vendetta e sostituirlo con un giudizio - in Amleto Claudio/ Robert Cecil viene
accusato e muore, ma Cecil diventa State Secretary prima e Treasurer poi per il nuovo sovrano - per non
creare pericolosi problemi di successione in cui la Spagna si sarebbe potuta inserire.
Giudicare Cecil, ma lui segretamente avvia una corrispondenza con James per avviare la successione.

77
Amleto contiene un sentimento, un auspicio di superamento di vendetta perché questa era contenuta nel
vecchio codice aristocratico superato ma anche perché il gruppo che aveva sostenuto Essex non voleva
vendette pericolose.

Andràs Kisery ha scritto un libro che si intitola Hamlet’s moment (2016) che parla non solo di Amleto, ma
anche di testi contemporanei all’Amleto ma di fatto è impregnato della figura di Amleto e il ruolo di questo
testo.
Discorso della funzione del teatro attraverso il significato di Amleto Shakespeariano. Esce 4 anni dopo il
libro della Gajda, ma non viene mai citata nel libro.
Kisery non parla mai del rapporto tra Essex e Amleto, non lo vede.
Amleto pensato come testo di political knowledge, riconosce che c’è un sapere politico nel testo, risponde
alla domanda su cosa serve il teatro, ignora le risposte date nell’Amleto e dà una sua risposta.

Lezione 20

Hamlet’s moment, Drama and Political Knowledge in Early Modern England, Oxford University Press
2016, di Andràs Kisery
È interessante perché è un libro su Shakespeare e su Amleto e perché essendo uscito nel 2016 è un libro di
risposta allo studio della Gajda del 2012.
Parte con un’introduzione in cui spiega perché ha scelto il testo dell’Amleto come sintomatico e quale
funzione ha il teatro elisabettiano nei confronti del proprio pubblico.
È composto da due parti: una dedicata a Shakespeare e un’altra dedicata a quattro autori a lui contemporanei,
Christopher Marlow, Ben Jonson, George Chapman e John Marston, che non tratta dell’Amleto.
La tesi fondamentale del libro, accennata nell’introduzione, è che il teatro elisabettiano ha una funzione,
quella di attirare l’attenzione del pubblico sulla prassi di governo, sulla politica, sugli arcana imperii che non
erano noti se non agli addetti ai lavori e così rendere partecipe la maggior parte del popolo a quello che
succede nelle stanze del potere.
Il teatro consente un grado di familiarità al pubblico sulle aree della politica del paese, non allude mai alle
votazioni o scelte politiche precise, questo interesse nella politica nasce dal desiderio di poter parlare di
politica nelle taverne.
Il teatro vende una certa competenza retorica al modico prezzo del biglietto di teatro.
Legge il teatro come fornitore di ammunitions in una gara sociale di capacità di eloquio e di discussione a
livello popolare.

La prima parte si suddivide a sua volta in tre capitoli.

Primo capitolo: The wiser sort.


Riprende la celebre annotazione di Gabriel Harvey citata nel commento di Hibbard all’Amleto.
Harvey era un docente universitario, legato prima al gruppo di Leicester e poi a quello di Essex.
Kisery usa Harvey nei suoi esempi, ma Harvey chiaramente si rivolge agli studenti di Oxford e Cambridge,
non agli incompetenti nelle taverne che dovevano fingere di sapere, quindi Kisery si auto contraddice qui.
Raccomanda ai più giovani di leggere Venus and Adonis, poesie d’amore, mentre a the wiser sort consiglia il
Lucrece, che parla del passaggio tra monarchia a repubblica dopo le rivolte contro Tarquinio il Superbo, e
l’Hamlet.
Kisery si chiede perché Harvey punti all’Amleto per the wiser sort.
Kisery sottolinea due aspetti interessanti: Harvey non commenta l’Amleto e il teatro di Shakespeare per la
sua bellezza letteraria o contenuti filosofici, ma ne parla in termini di political wisdom. Il teatro quindi punta
alla saggezza politica.
Seconda considerazione, Harvey sostituisce Shakespeare a Machiavelli. Machiavelli aveva fatto scalpore per
i suoi testi in tutta Europa, mostrando cosa succede veramente a livello dell’alta politica ed era considerato
un utile strumento per lo studio dello state craft.
Aveva creato scandalo perché i suoi testi non vedono la politica in funzione dell’etica, ma in funzione
dell’utile. Machiavelli appariva troppo disinvolto nell’accantonare l’etica.
Due partiti di opinione: uno dice che è solo realistico sganciando la politica dall’etica, come funziona in
realtà. Ci sono dei momenti sconcertanti, un compiacimento di essere contro e sopra l’etica, leggendo Il
principe ci sono degli episodi in cui c’è compiacimento nell’abilità di ottenere risultati indipendentemente
dai morti e dalle scelte etiche negative.

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La storia di Oliverotto da Fermo, condottiero rimasto orfano da giovane e adottato da un altro condottiero,
signore di Fermo, ne è un esempio. Egli decide che vuole diventare lui stesso signore di Fermo, quindi
decide di invitare a cena il padre adottivo e i suoi amici, fa uccidere tutti i partecipanti e diventa così signore
di Fermo.
Presentato come esempio di successo politico che porta potere ma non gloria.

Innocent Gentillet aveva già fatto nel 1576 dei famosi Discours anti-Machiavelli, c’era quindi una letteratura
che cercava di occuparsi dei problemi di stato con posizioni meno drastiche di quelle di Machiavelli.
Harvey secondo Kisery sta proponendo Amleto al posto de Il principe, dove Claudio è il responsabile
machiavellico, privo di etica e pronto ad uccidere gli innocenti ed usare gli altri per raggiungere il potere.
Harvey quindi intuisce che l’Amleto può essere usato come sostituto di Machiavelli come instrumental
statecraft, per spiegare come le cose funzionino a livello politico.

Questi commenti famosi di Harvey sull’Amleto non servono a datare l’Amleto prima della morte di Essex,
ma dopo.

Secondo capitolo: Some travellers return.


Si chiede quale Danimarca venga fuori dal testo.
Non è la Danimarca preistorica e fittizia di Saxo Grammaticus, ma è una Danimarca contemporanea e reale.
Usa le fonti di Saxo Grammaticus e Belleforest, ma sposta la scena dallo Jutland a Elsinore, colloca la
Danimarca nel quadro politico contemporaneo con Norvegia e Inghilterra e Polonia, inserisce l’università di
Wittenberg; c’era un sapere corrente in Inghilterra sulla Danimarca perché vi era un noto esperto che era
stato molti anni in Danimarca, Daniel Rogers, che lavorava per i rapporti internazionali tra l’Inghilterra e i
paesi protestanti del nord.
La Danimarca in quel momento era importante per l’Inghilterra, Elisabetta I aveva consigliato a James VI di
sposare una principessa danese, Anna, ma perché interessavano tutti i rapporti di quell’area e la Danimarca
era il più potente stato luterano del nord Europa dell’epoca.
La Danimarca descritta era reale, Rosencrantz e Guildenstern sono nomi reali di famiglie nobili danesi,
persino il riferimento ai pirati che assalgono la nave è realistico, il mare al tempo era denso di pirati ed era
comune venire attaccati.
Capitolo tre: I lack advancement.
Ricorda che c’erano diversi testi stampati con raccomandazioni per i politici, tra cui le raccomandazioni di
William Cecil al figlio Robert, c’era una certa consapevolezza sulla raccolta dati, sull’intelligence.

Si sofferma su Belleforest che ha fatto una sua resa dell’Amleto in cui lo trasforma da Saxo Grammaticus, è
più vicino alla versione di Shakespeare, include il componente della melancolia.
Kisery dice che Shakespeare usa Belleforest ma non lo usa politicamente perché Belleforest aveva delle
inclinazioni politiche molto forti in quanto non aveva solo riscritto la vicenda di Amleto aggiornandola a
modo suo, ma aveva preso posizione sul massacro degli Ugonotti nella notte di San Bartolomeo nell’agosto
del 1572, sostenendo che era stato giusto commettere la strage, attaccando il monarcomaco ugonotto
François Hotman, che sosteneva il diritto del popolo a partecipare alle elezioni e a deporre i tiranni.
Questi aspetti che connotavano politicamente Belleforest non sono rappresentati in Shakespeare, ci sono solo
un paio di momenti in cui si rumoreggia contro Claudio ma non viene presa una posizione politica precisa.
Kisery mette in risalto il fatto che questi aspetti politici di Belleforest non hanno riscontro nell’Amleto di
Shakespeare, che però è stato messo in risalto all’interno dell’opera shakespeariana e diventa qui
portabandiera di tutto il teatro elisabettiano.
Belleforest fa un discorso politicamente forte ma l’Amleto accenna ad un tiranno solo nella recita voluta da
Amleto in cui si parla di Pirro, non c’è un gran discorso contro il tiranno.
Il discorso di Amleto è privato, non è organizzatore di una opposizione politica a Claudio, che comunque
non gode di popolarità, Amleto è un monologhista, non fa discorsi al popolo.
Fa pochi riferimenti al tema della tirannia e quando Amleto parla dei meriti dati agli immeritevoli parla di
problemi personali, meriti personali non riconosciuti a lui, non pensa in termini di common good, ma in
termini privati.
Mostra un’ambizione politica frustrata ma si contrappone al commonwealth, il bene pubblico, a cui
Rosencrantz e Guildenstern fanno riferimento quando si sottomettono al re.

Horatio’s moment

79
Il grande amico di Amleto, che Amleto valuta e apprezza viene considerato in maniera molto negativa.
Kisery lo accomuna a Laerte e Osric.
Orazio è, assieme a Laerte e Osric, rappresentante di una nuova generazione di cortigiani privi di capacità di
giudizio personale e auto consapevolezza.
Orazio viene accusato di essere uno studente senza soldi che vuole fare la scalata sociale verso l’alto,
attaccandosi al principe.
Kisery vede in Orazio il rappresentante dell’aspirante carrierista che si attacca a personaggi importanti.
Vede il rapporto di patron politico e i suoi clients.

L’Essex circle in cui entra Shakespeare era anche un fenomeno di raggruppamento sociopolitico, ma una
cosa è essere partecipi dell’ideologia del gruppo, un’altra è essere client per denaro. Kisery sottintende che
non si vuole fare di Shakespeare client di un patron, che acconsente a quello che i patron desiderano per
soldi.
Disprezzo proiettato su Orazio, visto come arrivista sempre pronto a farsi apprezzare ma che acconsente ai
desideri del patron.
Kisery dice che Orazio è pronto a consigliare anche Gertrude quando Ofelia è impazzita, le consiglia di
prendersi cura di lei, gioca a fare il servo leale, ma la sua lealtà ad Amleto e alla regina ha un prezzo.
Cerca di accattivarsi gli altri, ma solo per interesse.
Dice che Amleto nei confronti di Orazio gioca crudelmente a fare l’amico, gli impone un rapporto di
amicizia che non esisterebbe in realtà.
Insiste sul fatto che Orazio non sia un just scholar, Amleto cerca di fare di lui un amico devoided of ambition
and flattery ma in realtà è solo un rappresentante dell’arrivismo clientelare.

Logica del patronage, concetto di political servitude.


Kisery teme che si possa pensare che Shakespeare avesse un rapporto di patronage con il conte di Essex, lo
proietta quindi sul rapporto tra Amleto e Orazio.
Insiste sul fatto che Amleto distorce gli intenti di Orazio cercando di farne un amico fedele, che non può
essere perché è un arrivista.
(Restivo non è assolutamente d’accordo con questa visione di Orazio, è quasi offesa)
Orazio è apprezzato da Amleto, che non è così sciocco da ingannarsi sul loro rapporto, e Orazio non si
suicida per l’amico solo perché Amleto gli dà l’ordine di rimanere in vita per dire la verità su come sono
andate le cose, per testimoniare la verità su Amleto e sul suo buon nome.
Kisery ha orrore di un possibile rapporto di patronage fra Shakespeare ed il conte di Essex proiettato sulla
disprezzata figura del povero Orazio.
Essex viene citato solo per due volte: per dire che aveva incrementato l’interesse nella lotta politica
contemporanea con la sua lotta contro Robert Cecil e per dire che aveva adottato una politica militarista,
cercava popolarità per avere supporto pecuniario per le sue mire militaristiche (again, Restivo aborre l’idea,
dice solo che era preoccupato per l’Inghilterra contro la Spagna).
La conclusione del libro riprende la tesi di fondo in cui spiega che tutto il teatro dell’epoca rispondeva ad una
richiesta di informazione politica da parte dei commoners e quindi serviva a fornire proiettili politici,
citazioni acculturate al popolo.
Amleto e il teatro di Shakespeare vengono da sempre usati come fonte di citazioni brillanti in una
conversazione che voleva porsi come colta e c’era sicuramente anche una gara di wit ed eloquenza ai tempi
di Shakespeare (si vede nella gara dei due becchini) ma ciò non può esaurire il discorso di Shakespeare, c’è
di più, è più complesso.
Per Kisery il political drama non è espressione di radicalismo, opposizione e ribellione ma è il medium per
fornire elementi ad una discussione socievole.
Questo è il contributo di Amleto nella storia della politica inglese.

Allontana il tema della ribellione da Shakespeare, evita che si possa collegare Shakespeare con una
ribellione.
Kisery ha una visione negazionista e conservatrice della figura di Essex, il teatro non è a servizio della
ribellione ma a servizio della retorica dell’argomentazione, un incremento della capacità di argomentazione.

Lezione 21

80
Punto 1Come collocare questo intero corso?

Linea tutt’altro che classica o corrente – a parte che oggi non c’è nulla di consensuale, non c’è un punto di
vista generale recepibile o recepito dalla critica, quindi fare un discorso critico su Shakespeare oggi è molto
complesso e in ogni modo non può ignorare i contributi apportati dai libri della Gajda e di Hammer.

In questo senso io (la prof) sto scrivendo un libro da qualche tempo, vi ho comunicato il punto di vista che
ho espresso in questo libro. La mia linea la definirei “storicista”, sull’asse che da Lilian Winstanley passa per
Carl Schmitt – non tanto per le tesi sue sull’Amleto, che anzi non condivido, ma per la posizione che assume
in uno dei capitoli di Hecuba, in cui insiste sul fatto che la storia e i problemi sociali devono costituire
materia per il teatro, e in particolar modo per la tragedia. Si chiede: cos’è il tragico? In questo senso ritengo
di collocarmi in questa linea storicista, che d’altra parte viene confermata dalla Gajda quando colloca il
Conte di Essex nel quadro storico contemporaneo, resuscitandone la figura che era stata quasi cancellata, e
permette di vedere la posizione di Shakespeare nel quadro storico contemporaneo.

Punto 2Osservazioni sul discorso critico del “dopo Gajda”

Il contesto cambia non per un patrono, ma per tutti e tre i patroni di Shakespeare! Lo spazio sociale in cui
Shakespeare si può permettere di fare discorsi impegnati e importanti, in particolare nelle sue tragedie, è
delineato e ampliato dal fatto che lui si connette con tre patroni: Essex, Southampton e i Pembroke.

Il libro della Gajda non investe solo il personaggio di Essex, che muore anche relativamente presto rispetto
alla produzione di Shakespeare, ma investe l’intero gruppo di appartenenza sociale e di spazio sociale nel
quale opera Shakespeare. Essex infatti non è un uomo isolato, nel discorso che porta avanti è legato con il
conte di Southampton e con i Pembroke.

La spiegazione storica risolve tutti i paradossi, anche se lei non parla della figura di Shakespeare quanto del
contesto storico in cui lui lavorava. Chiarisce che ci sono degli interessi, da parte di un gruppo agli apici del
paese, che hanno uno spazio di discussione che permette l’interazione di cervelli di prim’ordine con una
grande libertà di pensiero. A Essex importava solo il concetto di merito, non gli importava per niente la scala
sociale – cosa che lo porterà ad inimicarsi alcuni aristocratici dell’epoca.

Ci consente di capire in quale spazio sociale e culturale si muove Shakespeare. L’autore di provincia si trova
in contatto con i migliori cervelli dell’epoca, con le migliori informazioni sociopolitiche dell’epoca; sia in
campo letterario, sia in campo ideologico e sociale (per esempio, in senso di problemi del governo): i
“problemi della modernità”. Shakespeare viene proiettato nella modernità in un modo eccezionale, che non
ha simili né precedenti, il suo è un contesto assolutamente eccezionale che spiega tutti i paradossi.

1. Quello della authorship viene spiegato attraverso la collaborazione con tutta quella gente così
intelligente e competente; i discorsi che fa Shakespeare nei suoi testi rispecchiano e coincidono con
i discorsi fatti dagli altri componenti dell’Essex Circle.In realtà bisognerebbe fare un discorso più da
vicino sui rapporti personali di Shakespeare con gli altri componenti del circolo di Essex, cosa che lei
non farà.

2. Spiega gli elementi testuali che erano passati come ambigui perché sembravano contraddittori e poco
chiari. Adesso invece il discorso, pur essendo complesso, non è contraddittorio né ambiguo.

3. il paradosso storico viene risolto, perché per la prima volta siamo riusciti a ricostruire lo sfondo
storico, i problemi della Early Modernity – l’intero libro della Gajda è dedicato a questi anni, con
alle spalle il discorso di Hammer

4. il paradosso del text dissolution non è che venga risolto, ma se si comincia a fare un discorso come il
nostro diventa inaccettabile disporre dei testi di Shakespeare facendo voler dire loro tutto e il
contrario di tutto: abbiamo una nuova consapevolezza, diventa meno giustificabile la dissoluzione
del testo shakespeariano.

81
Punto 3Il discorso portava alla spiegazione delle cause della rivoluzione inglese. Il nocciolo della questione,
che ha turbato tutta la storiografia di questo periodo, era cosa avesse portato alla rivoluzione.

Anche nell’ultimo libro uscito sull’argomento (un libro di Adamson di 800 pagine) ci si pone questo
problema: anche Adamson, che non sapeva nulla del lavoro della Gajda, al massimo conosceva quello che
aveva detto Hammer, si ritrova a dover fare un’analisi, quasi giorno per giorno, della situazione, e conclude
che fondamentalmente ci sono due eserciti che si oppongono: un gruppo di aristocratici che si oppongono a
sua maestà. Pur non avendo chiari gli intenti di Essex (perché il libro di Gajda non era ancora uscito) il
quadro che viene fuori da Adamson è uno in cui ci sono: il figlio del vecchio conte di Essex; il conte di
Warwick (figlio della sorella del conte di Essex); i Pembroke; e altri vecchi amici dell’Essex Circle. Questi,
alleati con i commoners, con altri aristocratici favorevoli alla loro posizione e con il Parlamento, si stanno
opponendo a Charles I, che per un decennio si è rifiutato di convocare il Parlamento andando avanti con il
suo personal rule. Quando per motivi economici si degna di convocato lo farà con un atteggiamento
disastroso che porterà allo scontro finale.

La questione fondamentale parte dal Conte di Essex e finisce con suo figlio, che nel 1642 alza la bandiera
che era stata del padre, quindi non la sua personale, e farà semplicemente una difesa dell’istituzione
parlamentare, il che finirà per portare alla prima democrazia dell’occidente. 

Tutto il discorso rivoluzionario che Kisery tanto temeva e da cui cerca di difendere la sua lettura
dell’Amleto, il discorso di seething rebellion and oppositional radicalism, in realtà, non sussiste. C’è sì
un’opposizione, si arriva addirittura a uno scontro (Charles I non era né Elisabetta né James I, che si era
comunque riuscito a barcamenare nella situazione) ma è un discorso costituzionale. Si tratta del retroterra
che consente all’Inghilterra di salvare l’istituzione parlamentare e istituire la prima democrazia occidentale.

Ci sono ovviamente modelli: non solo le pòleis greche, non solo l’esempio della repubblica romana, ma
anche l’esempio contemporaneo di Venezia! Sarebbe in effetti da mettere più in risalto la relativa forma di
democrazia che c’era a Venezia, il cui doge non imponeva assolutamente una forma di assolutismo regio.
Questa tradizione europea/occidentale Essex e gli altri la conoscono bene, e riconoscere il rapporto tra
Shakespeare ed Essex non fa di Shakespeare un terribile ribelle come temerebbe Kisery: porta invece a
capire l’adesione convinta di Shakespeare al gruppo (convinta come quella degli altri membri, d’altronde).

Non è che per salvare Shakespeare da una luce di radicalismo serva ignorare la figura del Conte di Essex,
anzi: il Conte di Essex ci ha fatto due doni enormi. Ci ha donato la linea politica che poi salverà il
parlamento e ci ha donato lo stesso Shakespeare! Si capisce perché i due andavano d’accordo, perché
collaboravano così bene. Apprezzavano e condividevano le rispettive posizioni politiche, le ideologie – basti
ricordare che il Conte di Essex, la notte prima del suo Rising, manda i suoi uomini a vedere uno spettacolo
teatrale di Shakespeare.

Si capisce anche perché Amleto sia così ricco e perché contenga le tre definizioni del teatro, che sono spesso
state ignorate. Queste tre definizioni danno una definizione del teatro che per Kisery è assolutamente
straripante: per lui il teatro serviva solo come scuola di capacità oratoria per i frequentatori di bettole, serviva
a dare un’infarinatura generale sulla vita politica e rendere capace chiunque di saperne un po’ discutere
quando si ritrovava nelle trattorie a bere e mangiare con gli amici. Kisery cerca di ridurre Shakespeare a un
livello infimo, e lo si può descrivere solo come biased, vittima di un destructive bias. 

Ma d’altra parte il pregiudizio distruttivo ha investito a lungo Shakespeare, anche perché finché non si capiva
in quale contesto Shakespeare potesse avere acquisito le competenze e la consapevolezza socio-storica
contemporanea che dimostra, fino a che il paradosso della authorship non si fosse risolto, era anche
comprensibile dubitare. Ma una volta che questo viene chiarito, il problema non dovrebbe più porsi!

MOMENTO DI SINTESIcon riferimento alle tre definizioni di teatro che Shakespeare dà nell’Amleto.

Prima definizione

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Definizione più ambiziosa sotto certi profili, tanto che la mette in bocca a un politico, che in quanto tale se
ne intende di diritto (Atto II Scena II vv. 395):

“For the law of writ and the liberty, these are the only men.”

Una sintesi e allo stesso un mandato di intenti legato alla competenza giuridica di cui Shakespeare parla
nell’Amleto, il testo più ambizioso perché nel segno di Essex, che aveva sostenuto questo uso del teatro, per
lui era un luogo di dibattito fondamentale.

Questa definizione trova applicazione nell’Amleto. Si fa riferimento a diversi processi. Il duello finale di
fatto si costituisce come un sostituto della vendetta che Amleto ha rinunciato a compiere (anche perché in
fondo Amleto non avrà mai prove dell’omicidio di suo padre da parte di Claudio), quindi attraverso due
accidental judgements, che chiede a Orazio di comunicare ai posteri assieme a tutta la vicenda che ha portato
a quella situazione, punisce Claudio per due cose provate, per cui Laerte lo accusa pubblicamente: di aver
messo il veleno nella coppa e nella spada. Sono in fin dei conti le cause della morte di tutti, dell’intera
famiglia reale e degli amici coinvolti.

I due accidental judgements sono interessanti non solo per il ragionamento giuridico che c’è dietro, cosa che
lei ha già spiegato nell’articolo che ha pubblicato nel 2012, ma Kisery, che scrive nel 2016, le dà ragione
citando un dettaglio di cui lei non aveva parlato e che ora deve aggiungere: Kisery ricorda un dettaglio
presente nell’Amleto di Belleforest. Amleth si proclama “de iure king, the true undoubted heir of the valiant
and virtuous king Horvendille” (suo padre, nella vicenda originaria), e spiega a sua madre: “If I lay hands
upon Fengon (quello che nell’Amleto diventerà Claudio), it will never be felony nor treason. He been never
my king nor my lord, but I shall justly punish him as my subject.”

C’era già questo chiarimento! Non conosciamo bene il contesto né su che basi Amleth possa dire di essere il
legittimo erede al trono, non conosciamo i dettagli giuridici delle elezioni di Horvendille. La posizione
dell’Amleto shakespeariano, invece, l’abbiamo chiarita quando, di ritorno dall’Inghilterra, aveva le prove
della congiura che Claudio aveva ordito contro di lui e aveva quindi le prove del fatto che Claudio fosse un
assassino e ne aveva parlato con Orazio, che aveva confermato le sue parole.

Il ragionamento della professoressa trova quindi conferma nel fatto che c’era un antecedente giuridico molto
consapevole nell’Amleto di Belleforest; il quale d’altra parte, come Kisery ricorda, era molto attento a
problemi costituzionali, diritti di successione, etc. Quindi si tratta di un argomento che Shakespeare riprende
(complicandolo un po’), e che spiega sia la sostituzione della vendetta con la giustizia, sia il meccanismo che
permette ad Amleto di fare quello che fa come atto di giustizia.

La seconda questione giuridica che viene messa in risalto è che ci sono riferimenti a vari processi giuridici.
Per esempio, Claudio spiega come mai non ritiene di poter citare Amleto in tribunale per la morte di Polonio:
non può fare questo affronto alla regina, innanzitutto, ma c’è anche il fatto che Amleto gode di una tale
popolarità che la cosa gli si potrebbe ritorcere contro.

Tema del giudizio e del rapporto tra l’esercizio della giustizia (judgement) e il contesto sociopolitico,
ricordato in più occasioni come possibile limite che può distorcere i risultati di un processo. Infatti, quando
nell’Amleto si fa riferimento al coroner che ha consentito la sepoltura di Ofelia in Campo Santo, viene detto
apertamente ai becchini che se non si fosse trattato di una nobildonna questo permesso non sarebbe mai stato
ottenuto.

C’è un quarto riferimento: al processo di Hales, il famoso giudice che si era annegato. Si tratta di un esempio
non dell’incidenza dell’opinione pubblica sul processo, quanto di un vero e proprio problema giuridico,
perché si finiva col fare un’ingiustizia per applicare la legge: avevano quindi cercato un escamotage per
evitare questa cosa. Ci sono, quindi, dei limiti all’applicazione delle leggi, una certa ironia, e ne discutono i
becchini! Loro sono consapevoli – dicono che siamo tutti discendenti di Adamo quindi tutti con lo stesso
grado di aristocrazia.

Il quinto elemento che va collegato con la competenza giuridica riguarda i due teschi che compaiono nel
cimitero quando il becchino sta scavando la fossa per Ofelia. Amleto li commenta entrambi come se si
trattasse di due avvocati, esperti di giurisprudenza. Il primo sarebbe un avvocato che avrebbe fatto causa per
sinodia, avrebbe quindi discusso persino con Dio; il secondo teschio invece viene attribuito a un esperto di

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legge che si occupa di grandi proprietà, ritornando quindi al tema della disuguaglianza sociale che tornerà
più forte e netto nel King Lear.

Sesto elemento che mette in risalto l’importanza della capacità di discutere: la gara di wit tra i becchini,
mostra che i problemi di diritto appassionavano un po’ tutta la società inglese (Kisery ingigantirà questo
aspetto secondario per ridurre tutta l’opera di Shakespeare alla passione per il dibattito politico).

In questi sei punti, che rispondono alla definizione del teatro data da Polonio, emerge chiaramente quanto sia
importante il riferimento alla legge all’interno del testo.

Seconda definizione

Riguarda i personaggi storici dell’epoca: riferimenti sul piano politico.

[...]Good my lord, will you see the players well


bestowed? Do you hear, let them be well used; for
they are the abstract and brief chronicles of the
time: after your death you were better have a bad
epitaph than their ill report while you live.
(Atto II Scena II vv.513)

● Amleto – Conte di Essex.Ha già elencato in quindici punti in che modo sia ovvio che Amleto si
riferisca al Conte di Essex. Questo teatro nasce per i competenti, per i judicious, che sono i più
indicati per capire i riferimenti ai personaggi storici contemporanei. Ovviamente però può rivolgersi
anche ai becchini che si appassionano all’argomento, ma non sono loro il pubblico di riferimento,
non sono loro il target.

● Claudio – Robert Cecil.


Robert Cecil era in fin dei conti solo un uomo di stato, un segretario di Stato e un tesoriere, mentre
Claudio era un sovrano: come fa a stare in piedi il parallelismo?

I) Cecil, negli ultimi anni, in cui Elisabetta stava male, soffriva di anoressia, aveva sostanzialmente
preso il potere, tanto che un ambasciatore veneziano (molto attento alle questioni diplomatiche
all’estero) aveva definito il periodo come Regnum Cecilianum
II) Abilità diplomatica: Claudio e il suo rapporto diplomatico con la Norvegia; il suo modo di gestire
la potenziale ribellione di Amleto quando capisce che gli è ostile; la cortesia apparente con cui
tratta tutti (Rosencrantz e Guildenstern, Amleto, Laerte), il suo sfuggire ogni possibilità di scontro
aperto; tutto ciò corrisponde allo scheming machiavellico di Cecil, ampiamente commentato dagli
storici; al suo aperto sostegno alla corona e alla successione (manterrà la sua posizione di uomo di
stato anche con James I); la sua concezione che i sudditi vadano strumentalizzati ai fini del potere

● Polonio – William Cecil (Lord Burghley)Polonio è un servitore fedele della corona, mantiene una
sicura subordinazione, così come Lord Burghley aveva sempre riconosciuto la sovranità di Elisabetta
– Elisabetta stessa era diversa da quella con cui aveva a che fare Robert Cecil, solo dopo i 70 (quindi
in concomitanza con Robert Cecil) comincia a perdere colpi.
o Polonio rimanda a William Cecil anche per l’età! Diventa chiaro quando si fa riferimento al
suo periodo di dotage. Essex stesso aveva cercato di mettere William Cecil un po’ da parte
nella speranza di diventarne l’erede anche per una questione di età.

● La storia ritorna con evidenza anche nell’interesse per la Danimarca, parallelo all’interesse inglese
per la Scozia, così come per il tema della successione. La successione norvegese di Fortinbras, re di
uno stato minore ma confinante con la Danimarca, corrisponde alla successione del re scozzese, stato
minore ma confinante con l’Inghilterra: in tal senso il consenso di Amleto rispecchia il consenso di
Essex.

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● Rapporto tra sovrano e suddito.
Lo vediamo nel rapporto con Rosencrantz e Guildenstern, con Osric, con Laerte: Claudio
strumentalizza tutti, in particolare Laerte, nonostante sia il più elevato dal punto di vista della scala
sociale. Ha un rapporto molto invadente con loro, di assoluta supremazia della corona, gli altri sono
servi.

● Amleto riconosce il concetto di merito nel suo rapporto con Orazio, esattamente come era solito
fare il Conte di Essex, per il quale il merito era il principio fondamentale di valutazione dell’altro e
della sua utilità sul piano storico-politico.
● Spiccano anche le figure delle due donne, Ofelia e Gertrude, due donne la cui passività si rivela
essere suicida in ultima analisi.

Terza definizione

Definizione riconosciuta in senso psico-antropologico, più che in rapporto alla storia. È applicata in
modo molto vasto nell’Amleto.

Be not too tame neither, but let your own discretionbe your tutor: suit the action to the word, theword to
the action; with this special o'erstep notthe modesty of nature: for any thing so overdone isfrom the
purpose of playing, whose end, both at thefirst and now, was and is, to hold, as 'twere, themirror up to
nature; to show virtue her own feature,scorn her own image, and the very age and body ofthe time his
form and pressure.
(Atto III Scena II vv.15)

● Il rapporto tra padre e figlioAmleto padre-Amleto figlio; Polonio-Laerte; Polonio-Ofelia; Claudio-


Amleto. Sono tutti messi a fuoco con le relative strutture che dipendono dal contesto. Qui il padre
ha sempre un po’ il desiderio di inghiottire, controllare il figlio: dal caso minore di Polonio che cerca
di controllare Laerte e influenza Ofelia ordinandole come gestire il suo rapporto personale con
Amleto; fino ai casi più clamorosi, come Amleto padre che pensa solo ed esclusivamente alla
propria vendetta. Tutti questi rapporti sono modificati dal contesto storico, dal discorso del potere:
tanto la vendetta del padre di Amleto, quanto il comportamento di Claudio, quanto Polonio, che si
comporta con i figli non in vista del suo ruolo di padre, ma in vista del proprio ruolo politico a corte.

● Il rapporto tra madre e figlioGertrude ama Amleto, fino al punto di scegliere quasi consapevolmente
la coppa avvelenata, che sarebbe stata destinata al figlio. Questa scelta non è dettata da un’ingordigia
di Gertrude, ma dal dubbio che lei comincia ad avere: interviene, sapendo che forse si sta suicidando,
e mettendo anche a prova suo marito.

● Il rapporto di coppia Amleto padre con Gertrude, che avevano un rapporto di freddo rispetto, ma
sicuramente non avevano avuto sto gran rapporto affettivo;Claudio con Gertrude, che avevano un
rapporto di vera attrazione – Claudio stesso lo confessa a Dio, dicendo che non solo non sa
rinunciare alla corona, ma non sa rinunciare nemmeno alla regina. In questo caso l’interesse per il
potere e l’attrazione per Gertrude coincidono;Amleto con Ofelia, il cui rapporto viene rovinato dal
contesto storico-politico in cui si trovano

● Il rapporto di amiciziaAmleto e Orazio: Orazio è pronto a dare anche la vita per l’amicoAmleto e
Rosencrantz & Guildenstern: pur partendo da una base di amicizia “storica” sono pronti a dare la
vita di Amleto, invece che sacrificarsi loro stessi per lui! E tutto per obbedire alla corona in vista di
possibili premi e riconoscenze da parte della corona

● Opposizione tra court e country


Seems, madam! nay it is; I know not 'seems.' : famosa frase di Amleto contro la flattery e la finzione,
comportamenti tipici dei cortigiani così come le forti ironie che Amleto fa nei confronti di Osric,
tipico cortigiano menzognero.Apprezzamento, invece, per Orazio, che è l’antitesi di Osric.

● Rapporto fratello e sorellaOfelia e Laerte sono affezionati l’uno all’altra, uno dei motivi per cui si
lasciano facilmente piegare all’uso di Claudio, lui, e al rifiuto di Amleto, lei.

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