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15 capitolo ULTIMO CAPITOLO I Malavoglia

La gente diceva che Lia era andata a stare con don Michele; i Malavoglia non avevano
nulla da perdere e almeno lui le avrebbe dato il pane. Padron ‘Ntoni era vecchio, fumava la
pipa e se qualcuno gli domandasse che stesse facendo seduto con le spalle al muro diceva
che aspettava la morte. Nessuno in casa parlava di Lia, e Mena piangeva sempre quando
rimaneva sola in casa. I denari se ne erano andati con ‘Ntoni, Alessi era sempre lontano per
guadagnarsi il pane e tornava il sabato e veniva a contare i denari che aveva guadagnato
come se il nonno avesse ancora il giudizio e sosteneva che entro due anni avrebbero finito di
accumulare i denari per ricomprare la casa. Padron ‘Ntoni era vecchio, non ragionava più,
vedeva poco, un giorno domandò alla Nunziata se erano vere le chiacchiere su Lia ed ella
rispose di no, perché non lo sapeva neanche lei. Una sera si fermò nella strada del Neo Alfio
Mosca col carro, aveva la faccia gialla e la pancia gonfia come un otre. Alfio Mosca (sapeva
dov’era Lia e l’aveva vista con i suoi occhi), parlava a Mena e le diceva che se uno se ne
andava da paese era meglio che non ritornasse più. Mena stava zitta. Intanto Alessi gli
raccontava che voleva pigliarsi la Nunziata e Alfio gli rispose che faceva bene. La Nunziata
aveva anche lei la sua dote, dacché i fratellini avevano buscato qualche soldo e non aveva
voluto comprare né oro né roba bianca. Lei era una buona ragazza con i capelli neri, magra e
alta, aspettava che tornasse il padre per darle il consenso, ma poi decisero di non farlo;
inoltre i denari c’erano e si poteva ricomprare la casa del nespolo. Zio Crocifisso li
aspettava a braccia aperte perché nessuno voleva quella casa scomunicata, inoltre sperava
che tra la Vespa e Alfio sarebbe nato qualcosa, macché la Vespa non ne voleva sentire
parlare e gli stava attaccato come una cagna. Compare Alfio era stato mandato dai
Malavoglia da parte di zio Crocifisso per la casa, ma padron ‘Ntoni era contrario perché la
Mena non si poteva più sposare e poi dei Malavoglia non c’era più nessuno. Il vecchio era
stanco di vivere e diceva agli altri che stava per andarsene. Don Ciccio che gli tastava ogni
giorno il polso gli consigliò che era meglio se lo portassero all’ospedale, ma aveva il timore
che lo mandassero all’albergo. La Mena cercava di non fargli pensare alla morte
raccontandogli storie come ai bambini. Infine non si alzava più dal letto e don Ciccio disse
che era proprio finita, è in quel letto ci poteva stare anche degli anni. Quindi Mena, la
Nunziata e Alessi a turno facevano la guardia. Padron ‘Ntoni capita la situazione disse alla
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Nunziata che era meglio per tutti che lo portassero all’ospedale, quando non c’erano Mena e
Alessi perché avevano un buon cuore. Tutti criticavano i Malavoglia che non portavano il
vecchio all’ospedale. Un giorno egli fece chiamare Alfio e si fece portare all’ospedale sul
suo carro, quel giorno Alessi era a Riposto e Mena era uscita. Al passare del caro tutti si
affacciavano alla porta e il vecchio guardava dappertutto per imprimere nella mente
l’immagine del suo paesello. Alfio Mosca mentre guidava il carro raccontò di non dirlo a
nessuno e gli disse che l’aveva vista mentre lavorava al telaio ed era andata a vivere con don
Michele. Padron ‘Ntoni poté vederli finché non ne se ritornarono a casa. Alessi e la Mena si
preoccuparono e si disperavano quando non videro più il nonno e Compare Alfio cercava di
confortarli rammentando quei momenti felici di prima che se ne era andato lui. Un giorno si
seppe che padron Fortunato si maritava con Barbara perché la sua roba non se la godesse la
Mangiacarrubbe. Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, ma lei rispondeva
che era vecchia e non si era offesa ma gli avrebbe detto di si se c’era la Provvidenza e i suoi
parenti sarebbero vissuti (insomma circa 8 anni fa). Ora aveva 26 anni e per lei era passato il
tempo di maritarsi; non era per il tempo ma c’erano altri motivi che non ha voluto dire ad
Alfio. Alessi aveva sposato la Nunziata e aveva comprato la casa del nespolo, a Mena le diedero le
stanze della soffitta e lei aspettava che venissero i nipotini. Avevano le galline, il vitello ecc. e
intanto erano nati i bambini e Mena le faceva da mamma. Alfio Mosca tornava a dir di Mena la
solita storia e lei gli disse che non si sposava perché allora in paese avrebbero cominciato a parlare
di Lia. Quindi Alfio Mosca si mise il cuore in pace e Mena continuò a portare spesso i nipotini.
Padron ‘Ntoni aveva intrapreso un viaggio senza ritorno. E ogni volta che entrava lui nei loro
discorsi l’ultima volta che l’avevano visto felice quando gli avevano detto che avevano riscattato la
casa del nespolo, ma quel lunedì quando se l’erano venuti a prendere già non c’era più. Una sera sul
tardi bussarono alla porta, Alessi andò ad aprire: era ‘Ntoni. Nessuno osava fargli festa e persino il
cane gli abbaiava, gli offrirono la minestra e se la mangiò e gli disse che era venuto per vederli
l’ultima volta perché non era degno di rimanere in quella casa. Chiese del nonno e poi di Lia,
nessuno rispose e lui capì che erano morti. Fece un ultimo giro per vedere se tutto era apposto,
Alessi gli disse che se voleva rimanere c’era un letto anche per lui ma questi disse che ora era
meglio che se ne andasse e prima di partire rammentavano i momenti belli quando tutti erano felici.
Quindi chiese scusa, disse addio e se ne andò nella buia notte ascoltando il rumore del mare che
infrange nei faraglioni, mentre camminava pensava alla sua storia e quasi si pentiva, guardò il mare
e per lui era arrivato il tempo di andarsene perché ormai comincerà a passare gente.
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ANALISI
Il brano proposto chiude il romanzo I Malavoglia: il giovane‘Ntoni ha scontato la pena che
la società gli ha imposto per aver svolto attività illecite, ma solo adesso si appresta a
scontare veramente la sua colpa. La condizione di estraneità del personaggio è subito
evidenziata dall’abbaiare del cane che non conosce ‘Ntoni, e quasi non lo riconoscono
neppure Alessi e Mena tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga. Il giovane
Malavoglia non appartiene più al suo mondo d’origine e il ritorno alla casa del nespolo è in
realtà un addio definitivo: egli sa di aver tradito i valori morali della famiglia e di non poter
offende-re con la sua presenza il nucleo ricostituito degli affetti e dell’onore. La sua visita
ad AciTrezza, quindi, si configura come un ultimo, intenso saluto al passato: ‘Ntoni
ripercorre i luoghi della propria casa come se li vedesse per la prima volta (e andava
guardando in giro le pareti, come non le avesse mai viste), perché per la prima volta ha
compreso il valore di ciò che essi rappresentano: l’unità familiare, l’affetto, l’onore,
l’onestà. Ales-si e Mena, d’altra parte, pur di-mostrando con i loro semplici gesti l’affetto
nutrito per il fratello (Gli misero fra le gambe la scodella, perché aveva fame e sete; Alessi
gli buttò le braccia al collo), condividono la sua scelta di allontanarsi, ritenendola l’unica
possibile.

I luoghi hanno una forte valenza simbolica: la casa di famiglia, con i suoi interni e i suoi
oggetti, rappresenta il passato, al quale ‘Ntoni guarda con struggente malinconia, mentre il
paese, con la piazza scura e deserta e tutti gli usci chiusi, ribadisce la sua condizione di
esclusione e isolamento. Resta il mare. Uomo ed elemento naturale sembrano doppiamente
uniti: da un lato il mare, come ‘Ntoni, non ha paese nemmen lui, e quindi neri specchia la
natura di sradicato, dall’altro, però, è soltanto sulla costa di Aci Trezza che ha un modo tutto
suo di brontolare, solo lì par la voce di un amico, a testimoniare l’unicità e il valore di quella
terra, e di nessun’altra.
Il narratore che racconta l’intenso e commosso finale del romanzo è, come nell’intero libro,
un narratore popolare, che descrive gli avvenimenti secondo il punto di vista del popolo; nel
caso di questo specifico passo, tuttavia, ciò si verifica solo a tratti, e più spesso la
prospettiva del narratore coincide con quella di ‘Ntoni, come quando il giovane osserva il
paese di Aci Trezza, che si appresta a lasciare per sempre: quando fu lontano, in mezzo alla
piazza scura e deserta, che tutti gli usci erano chiusi, si fermò ad ascoltare se chiudessero la
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porta della casa del nespolo, mentre il cane gli abbaiava dietro... La descrizione non è
chiaramente quella di un narratore esterno, che rappresenta il mondo circostante da un’ottica
diversa rispetto a quella di ‘Ntoni, ma si presenta come frutto dei pensieri di quest’ultimo.

La tecnica stilistica della regressione del punto di vista del narratore a quello del
personaggio comporta anche un adeguamento del linguaggio, che si avvicina al parlato
popolare. Rispondono a tale esigenza l’uso frequente degli anacoluti, il ricorso al cosiddetto
che asintattico, cioè senza una valenza grammaticale (a lui che egli era bastato l’animo; tutti
lì, al chiaro di luna, che si sentiva chiacchierare per tutto il paese), la coordinazione per
polisindeto (e la Nunziata che spiegava gli indovinelli? e la mamma, e la Lia, tutti lì...), la
trasposizione in italiano di detti, proverbi o modi di dire siciliani(mangiò in silenzio la
minestra che gli diedero, come non avesse visto grazia di Dio; la minestra mi è andata tutta
in veleno; a lui che gli era bastato l’animo di lasciarla ... e di starsene nei guai; i Tre Re; la
Puddara), l’impiego del passato remoto anziché del passato prossimo, caratteri-stico del
dialetto

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