“Questo predica la dottrina della fede ritenuta più sicura e questo troviamo che abbiano ritenuto i santi Padri: non
dubitarono di chia-mare genitrice di Dio la santa vergine [θεοτόκον…τήν άγίαν παρθένον], non nel senso che la
natura del Verbo e la sua divinità abbiano preso principio dell’essere dalla santa Vergine, ma nel senso che il Verbo
si dice nato secondo la carne, avendo tratto da lei il santo corpo perfezionato dall’anima razionale al quale era unito
secondo l’ipostasi” (1). La definizione del Concilio ecume-nico III di Efeso (431) (2) (3) (4) rappresenta il
punto di arrivo di un cammino di riflessione secolare della Chiesa primitiva a partire dai testi
neotestamentari e il punto di partenza di tutta la mariologia suc-cessiva.
Il termine “Θεοτόκος” è il titolo fondamentale della Vergine Maria: da esso e dall’asserzione di Cirillo
di Alessandria (5) –fatta propria dal Concilio- nascono l’ulteriore riflessione mariologica e anche nuove
definizione dogmatiche(6). Il titolo è presente nella prima preghiera mariana d’Oriente, l’antifona nota
sotto il titolo di Sub tuum praesidium: “Sotto la protezione della tua misericordia ci rifugiamo, “Θεοτόκος”.
Non respingere le domande [che ti rivolgiamo] nella difficoltà, ma salvaci dal pericolo, [tu] sola casta e benedetta”
(7)
. La dottrina –fatta risalire da tutti i padri preniceni a testi biblici- è già espressa nel simbolo niceno-
costantipolitano(8) ed esprime la preoccupazione di tutti i vescovi, teologi, Padri della Chiesa, di
difendere la fede nel Cristo pienamente Uomo e pienamente Dio dalle eresie che la inficiano fin dagli
anni della comunità aposto-lica(9). La maternità verginale di Maria “viene caricata di significato
soteriologico [per noi uomini e per la nostra salvezza…],
(1) Dalla II Lettera di Cirillo di Alessandria “De Incarnatione”, approvata dal Concilio di Efeso nella prima
sessione. Cfr. Denzinger, Enchiridion simbolorum, n. 111a (DS 111a), ed. Herder 1952. La dottrina è riaffermata
nel primo degli anatematismi di Cirillo: “Si quis non confitetur Deum esse veraciter Emmanuel et propterea Dei
Genitricem sanctam virginem (peperit enim secundum carnem factum Dei Verbum) anatema sit” (DS 113)
(2) “La decisione era presa; tuttavia rimase in molti vescovi una spiacevole sensazione. Dal punto di vista
mariologico, la situazione era stata chiarita, ma dal punto di vista cristologico c’era ancora da fare” (G. Soll, Storia
dei dogmi mariani, Las Roma, 1981, p. 162).
(3) “La precisione teologica di questo testo esclude ogni falsa comprensione del titolo di genitrice di Dio,
implicante una qualunque dipendenza o subordinazione del divino all’umano ed esprime con forza il valore
personale del titolo di madre di Dio: esso non sta a dire che Maria è genitrice della divinità, ma che è la Madre del
Verbo incarnato. La piena e vera umanità di Gesù, unita all’ipostasi divina, è generata dalla Vergine, che perciò è
genitrice del Figlio eterno fatto carne. Questo rigore teologico non deve oscurare i limiti delle affermazioni di
Cirillo [riprese dal Concilio di Efeso (ndr)]: il rilievo soteriologico resta piuttosto in ombra; la maternità di Maria è
colta più nel suo aspetto ontologico, che nella sua rilevanza storica, lo Spirito Santo non è mai espressamente
nominato” (Bruno Forte, Maria , la donna icona del Mistero, EP, Milano 1988)
(4) “Uno dei problemi fondamentali inerenti la dottrina cristologica di Efeso… è la questione terminologica. Nei
vari documenti la ter-minologia è rimasta ancora fluida e imprecisa… questo linguaggio ancora equivoco
determinò non solo l’opposizione di Nestorio ma anche il successivo errore monofisita” (Salvatore Meo, Madre di
Dio. Dogma, storia e teologia, in Nuovo dizionario di mariologia (NDM), a cura di Stefano De Fiores e Salvatore
Meo, EP, Milano 1985) p. 816)
(5) “Questo documento cirilliano è il testo più profondo e importante sia dal punto di vista teologico che dogmatico
riguardante la cristologia di Efeso e la dottrina sulla “Madre di Dio”. Esso è pervaso da profonda riflessione
teologica, stilato con logica stringente e riassume il fior fiore della dottrina cristologica neonicena, anche se la
terminologia non è ancora sicura” (cfr. S. Meo, op. cit., NDM, p. 817)
(6) “La solenne definizione dell’assunzione di Maria –proclamata da Papa Pio XII il 1 novembre 1950- sviluppa
una dottrina basata sulla divina maternità di Maria” (cfr. S. Meo, op. cit., in NDM, p. 812)
(7) cfr. René Laurentin, La Vergine Maria. Mariologia post-conciliare, EP, Roma 1971, p, 95. La preghiera è
contenuta nel papiro n. 470 della John Rylands Library di Manchester. Studi recenti la fanno risalire all’inizio del
IV secolo; con alcuni riferimenti al III secolo. Vari commentatori vi scorgono influssi della devozione popolare
egiziana alla gran madre degli dei del pantheon egiziano, Iside.
(8) “Crediamo in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, luce
da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono
state create; il quale per noi uomini e per la no-stra salvezza discese dal cielo e si è fatto uomo da Spirito Santo e
da Maria Vergine [σαρκωθέντα έκ…Μαρίας τής παρθένου]” in DS 86.
(9) I tentativi ereticali si muovevano nelle due direzioni, che si toccano nella fede in Cristo: da una parte –in
ambiente giudaico (ebioniti) e poi in ambiente ellenistico (adozionisti)- si tendeva a accentuare la dimensione
umana di Gesù, vanificandone la divinità; dall’altra, negli ambienti gnostici, giudaici (docetismo) o ellenisti, si
svuotava la umanità di Cristo, presentandolo come una forma di Rivelatore (Demiurgo) non toccato dalla materia.
Le due posizioni trovano successori in Prassea, Paolo di Samosata e Ario (cfr. B. Forte, op. cit., p. 110-112)
teologico contro le eresie esplicitamente nominate nel canone del Concilio di Costantinopoli, perché viene ad
evidenziare la verità cristologica dell’essere Cristo vero Dio e vero uomo”(10). Titolo e dottrina si sviluppano
nei campi biblico, teologico, omiletico, liturgico, devozionale, come testimoniato anche dalla sintesi,
proposta dal proemio del cap. VIII della Lumen Gentium:
“Volendo Dio misericordiosissimo e sapientissimo compiere la redenzione del mondo, “quando venne la pienezza
dei tempi, mandò il suo Figliolo, fatto da donna… affinché ricevessimo l’adozione in figlioli” (Gal 4,4-5). “Egli per
noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo e si incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine”
(simbolo niceno-cost.). Questo divino mistero di salvezza ci è rivelato ed è continuato nella Chiesa, che il Signore
ha costituita quale suo corpo e nella quale i fedeli, che aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione con tutti i
suoi santi, devono pure venerare la memoria “innanzi tutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre di Dio e
del Signore nostro Gesù Cristo” (Canone romano, Comunicantes)(11).
Il testo del Concilio Vaticano II introduce anche l’altro aspetto della maternità di Maria: Maria, Madre
del Cristo Capo, è anche madre del Corpo di Cristo, di coloro che credono nel Figlio e sono a lui uniti
dalla fede e dall’amore trinitario. Essa è il centro della nuova umanità dei redenti, come testimonia
questo commento di O. Clement:
“Il Verbo si è incarnato perché lo Spirito possa discendere con tutta la sua forza e perché possa apparire l’umanità
deificata dei pneumatofori, i portatori dello Spirito; ora questa umanità, l’Apocalisse la simbolizza nella donna
vestita di sole (Apoc 12,1) ed è una donna –la “Θεοτόκος”, colei che ha generato Dio,- che ne è il cuore e il
modello. Nicola Cabasilas diceva che Dio ha creato l’umanità allo scopo di trovare una madre(12). E Pavel
Evdokimov scriveva: “Il mondo comincia in Adamo-uomo e si compie in Eva-“Θεοτόκος” (13).
La nostra breve sintesi e riflessione tenterà di ripercorrere il cammino del dogma mariano –quasi uni-
versalmente condiviso(14)- soffermandoci sugli aspetti fondamentali della duplice maternità di Maria.
1. FONTI BIBLICHE
a. La testimonianza di Paolo
Appartiene all’apostolo Paolo la più antica testimonianza biblica riguardante la maternità di Maria.
Nel noto testo di Galati(15) la menzione della Vergine è soltanto incidentale, indiretta, in un testo che
ha al suo centro come argomento primario l’incarnazione di Cristo. Il linguaggio dell’apostolo è into-
nato al modo con cui Dio ha voluto venire incontro all’uomo. Per soccorrerci e renderci suoi figli, “Dio
si cala dentro i fatti della nostra storia… e i tempi del disegno divino attingono a pienezza quando il Padre invia il
suo Figlio al mon-do… Nella sua persona, in ciò che Egli fece e disse “nei giorni della sua carne” (Eb, 5,7)
abbiamo la stagione matura della redenzione che il Padre voleva donarci”(16). “La pienezza dei tempi allora non è il
centro cronologico della storia ma il suo centro escatologico, il va-
(42) Il Concilio Vaticano II riprende queste immagini matteane per affermare la maternità spirituale di Maria verso
i credenti nel Figlio risorto:
* “Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in
croce, [Maria] cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e
l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu a noi madre nell’ordine della
grazia” (LG 61)
* “… assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua
ad ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora
pellegrinanti e posti in mezzo agli affanni, finché non siano condotti alla patria beata” (LG 62)
(43) “Maria è la Vergine offerente… L’unione della madre con il Figlio nell’opera della redenzione raggiunge il
culmine sul calvario, ove Cristo “offrì se stesso quale vittima immacolata a Dio” (Eb 9,14) e dove Maria stette
sotto la croce, (Gv 19,25), “soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al
sacrificio di lui, armoniosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata” (LG 58) e offrendola
anch’ella all’eterno Padre (Pio XII, Mystici corporis, 35)” (cfr. Paolo VI, Marialis cultus, n. 46)
(44) “Giovanni, il discepolo amato da Cristo, simbolo di tutti i discepoli, la prende tra le proprie cose: i beni,
l’eredità, che gli proviene dal fatto di essere amato da Gesù, in comunione con Lui. I beni sono la sua fede nel
Maestro, l’ambiente vitale in cui ha situato la sua esi-stenza. In questo ambiente vitale, Giovanni accoglie Maria
come propria Madre” (Aristide Serra, Contributi dell’antica letteratura giu-daica…, ed. Marianum, p. 426)
(45) “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Os 11,1). Gesù è il nuovo
popolo giovinetto, che il Padre ama (la rivelazione dell’amore paterno verso Gesù nella voce teofanica durante il
battesimo al Giordano: “Tu sei il figlio di me, l’amato, in te mi sono compiaciuto” (cfr. Lc 3,22)
(46) “Solo a partire dalla morte glorificante di Gesù, potrà compiersi l’unificazione dei credenti e il “luogo”, dove Gesù li
riunirà, è l’unità stessa del Padre e del Figlio, è la Persona di Gesù, che forma una cosa sola con il Padre (Gv 10,30). Questo è
il termine di approdo verso cui Gesù è incamminato… Ma solo dalla sua passione gloriosa diverrà manifesta l’unità sostanziale
di Gesù con il Padre e, in pari tempo, la comunione definitiva che lui e il Padre vorranno stabilire con gli uomini: “In quel
giorno conoscerete che io sono nel Padre, voi in me e io in voi” (Gv 14,20). Nell’Ora di Cristo, ebrei e gentili diverranno un
solo gregge e un solo pastore, quando Gesù donerà la sua vita per le pecorelle e la riprenderà con la risurrezione: innalzato da
terra, Cristo attirerà tutti a sé (A. Serra, op. cit., p. 376)
(47) L’immagine di Gesù-vite e dei discepoli tralci di Giovanni 15, 1ss ci dice l’unione vitale che si stabilisce tra
Cristo e i discepoli: il tralcio-discepolo non può fruttificare se non rimane nella vite-Cristo; se uno rimane in Cristo
e Cristo in lui, porterà molto frutto (Gv 15,5). Ma per rimanere in Gesù bisogna che le sue parole rimangano nei
discepoli (Gv 15,7). I discepoli vengono mondati dalla Parola di Gesù; custodendola e portandola a compimento
essi “generano Cristo in sé” (cfr. A.Serra, op. cit., p. 253-254). È evidente qui il riferi-mento all’icona di Maria –
madre incinta della Parola di Dio- che custodisce e lascia compiere in sé la Parola, annunciata dall’angelo. Maria
è icona del discepolo che genera Cristo in sé.
Sempre l’immagine della vite ci dice che l’unione del nuovo popolo di credenti in Cristo è attuata dal dinamismo
dell’unità tra il Padre e il Figlio, che li spinge alla “loro crescita verso la coesione reciproca. Come tralci nella
vite, essi si alimentano della linfa (l’amore trinitario. ndr)che scorre nella vite, Cristo” (cfr. A.Serra, op. cit., p. 283)
(48) cfr. Lc 1-2
(49) “[Gli Undici] erano assidui e concordi nella preghiera con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e ai
fratelli di Lui” (At 1,14)
nascita, e il racconto della presentazione al tempio(50).
1. Il racconto dell’annunciazione –costruito secondo uno schema letterario di alleanza, di vocazione
e di annuncio(51)- introduce il tema di Maria “tenda della nuova alleanza”(52) e del legame unico e par-
ticolare tra lo Spirito Santo e Maria(53). Nel parallelismo tra i due testi emergono i seguenti accoppia-
menti: Spirito Santo-Nube; Maria-Tenda del convegno/Dimora; Santo/Figlio di Dio-Gloria di Dio. L’a-
zione dello Spirito è sempre quella di “coprire con la sua ombra”, discendere in Maria con la sua es-
senza profonda (ricordiamo l’ossimoro della Nube luminosa per indicare la realtà inconoscibile di Dio
che si manifesta tuttavia al mondo); il generare di Maria è in rapporto con il riempimento della Dimo-
ra da parte della Gloria di Dio. Abbiamo qui una serie di importanti significati che entreranno nella
Tradizione e diventeranno la fonte delle varie espressioni dei simboli di fede e dei concili ecumenici:
Maria è la nuova Dimora di Dio e il figlio –che lei partorirà- sarà colmato di Dio, cioè sarà Dio, Figlio
del Padre. I titoli Santo e Figlio di Dio, devono essere intesi in senso pieno(54). Maria diventa il Santo
dei Santi del nuovo tempio, un santuario vivente: “La presenza divina che essa aveva imparato a venerare
solo nel Santo dei Santi, ora l’angelo Gabriele le insegna che deve ormai adorarla in se stessa”(55).
2. Dal racconto della visitazione emerge l’immagine di Maria, Madre di Dio, come arca della nuova
alleanza. Il racconto sembra costruito sul modello della pericope di 2 Sam 6,1-11, che narra il trasfe-
rimento dell’arca da parte di David a Sion. Vi sono molti elementi in comune:
* la fretta di Maria e di David(56).
* le manifestazioni di gioia di David –che danza davanti all’arca- e il balzare di gioia di Giovanni nel
grembo di Elisabetta al saluto di Maria(57). Il verbo saltare con gioia (ςκιρτάω) –utilizzato anche nei LXX
esprime l’esultanza davanti al Signore che libera(58). Luca usa lo stesso verbo per il gaudio messianico
(59) Lc 6,22-23
(60) 2 Sam 6,15; Lc1,42. Il verbo greco –utilizzato dai LXX e da Luca- ανεφωνέω è usato esclusivamente per le
acclamazioni liturgiche, specie quelle che accompagnano il trasporto dell’arca dell’alleanza (cfr. 1 Cr 15, 28; 2Cr
5,13)
(61) cfr. Max Thurian, Maria, Madre del Signore, immagine della Chiesa, ed. Morcelliana, Brescia 1980, 57-69,
citato in A. Serra, Maria Madre del Signore, in NDM, p. 811
(62) 2 Sam 6,10-11; Lc 1,40
(63) 2 Sam 6,9; Lc 1,43
(64) Lc 1,43
(65) A. Serra, Maria Madre del Signore, in NDM, p. 811
(66) Lc 2,6
(67) cfr. B. Forte, op. cit., p. 79
(68) Lc 2,7
(69) cfr. Giovanni Vannucci, La vita senza fine, ed. CENS, Milano 91, P. 27
(70) Lc 2,19 e 2,51
(71) cfr. B. Forte, op. cit., p. 80. Da tenere presente il rapporto particolare di Maria con la Parola: nell’annuncio
accetta che si compia in lei la Parola (ρήµα) –quindi di diventare madre di Cristo- e nella profezia di Simeone sarà
la Parola (ρήµα), sotto l’immagine della spada (in greco ροµφαία: che significa letteralmente parola che rivela) a
provare e rivelare il cuore di Maria, rivelandola madre di Cristo nella pienezza della fede.
(72) “Vivo, però non più io, ma vive in me Cristo” (Gal 2,20); “Di nuovo partorisco nel dolore, finché non sia
formato Cristo in voi” (Gal 4,19)
suo Gesù e che partecipa a questi eventi con tutta la verità di un cammino di fede non facile, segnato dal confronto
con la Parola di Dio risuonata in lui… in tutti questi racconti emerge la sua figura di modello di fede nella rilettura
pasquale della Chiesa nascente”(73).
4. La testimonianza di Luca su Maria è illuminata dalla luce della Pasqua: in Maria e in Cristo si compie
la promessa antica e si inizia la nuova alleanza; la Madre di Dio è la terra pura dell’avvento di Dio fra
noi(74), tenda ed arca della nuova alleanza. In lei si compie anticipatamente la Pasqua e risuona la
buona novella. Essa è modello e madre del credente(75).
e. La testimonianza di Giovanni
Non vi sono racconti della nascita di Cristo in Giovanni, ma alcuni testi possono essere significativi per
il nostro assunto, soprattutto per i commenti esegetici, che attuano la cosiddetta lectio difficilior.
1. Il parto verginale in Gv 1,13(76)
De la Potterie –nel suo accurato studio- sottolinea un elemento:
* dai sangui: rifacendosi all’Antico Testamento e ai testi rabbinici, ove è presente questa parola al
plurale con il significato di sangue versato dalla donna durante il parto, il biblista afferma che “la frase
negativa di Giovanni significa che la nascita di Gesù, contrariamente al solito, è avvenuta senza effusione di
sangue… Maria, nel partorire Gesù, rimase incontaminata e integra nella sua persona fisica, evento che permette ai
credenti di riconoscere Gesù come vero Figlio di Dio… la missione di Maria prende il suo vero significato; in
questa prospettiva, concezione e parto verginale della madre di Gesù hanno un senso anzitutto cristologico”(77).
2. Le nozze di Cana(78)
La nota anticipazione pasquale(79) del segno di Cana –con sullo sfondo il simbolismo del Sinai e dello
sposalizio tra Dio e il suo popolo(80)- vede l’azione di Maria –la madre attenta ai bisogni dei poveri
sposi- come la provocazione del segno del vino nuovo da parte di Gesù. Secondo Serra(81), Maria
assume a Cana il ruolo di mediazione che fu di Mosé, stando tra Gesù e i servi. E come Israele si diceva
pronto ad eseguire e ascoltare quanto diceva il Signore sul Sinai(82), Maria dispone i servi delle nozze
escatologiche –i discepoli- a fare quanto avrebbe detto il Figlio, Parola di Dio. Sembra riproporsi qui la
rilettura della maternità spirituale di Maria, icona del discepolo perfetto, che attraverso l’ascolto-
attuazione della Parola, genera in sé Cristo. L’essere mediatrice tra Dio e gli uomini più che alla me-
diazione di grazie, è legata alla mediazione della Parola: Maria –colei che ha ascoltato e generato
nella carne la Parola- diventa colei che insegna ai discepoli ad ascoltare e generare in sé la Parola.
(73) cfr. B. Forte, op. cit., p. 84-85. la rilettura pasquale degli eventi di Luca è particolarmente evidente nel
racconto dello smarrimento di Gesù nel tempio (Lc 2,41-50), con vari elementi: i tre giorni dello smarrimento; il
ritrovamento nel tempio; la rivelazione dell’opera di Gesù (fare le cose del Padre mio), lo smarrimento di Maria e
Giuseppe, anticipatore dello smarrimento e perdita dei discepoli.
(74) “La Vergine Madre è terra devoluta totalmente alle energie dello Spirito. Essa diviene Madre del Verbo
attraverso l’ascolto della Parola eterna. La Parola in lei prese la carne umana e con la Parola in lei si rese attiva
l’essenza di ogni vita e tutti i viventi –nell’Incarnazione- diventano suoi figli. Nella liturgia orientale la terra è
spesso il simbolo della Madre di Dio. Maria, come la terra, è degna di generare la vita per il dono totale di se stessa
alla Parola-germe. L’azione generatrice della terra, la maternità che permette l’ininterrotta catena di nascite, diventa
in Maria maternità divina. In questo senso Maria è al vertice del mondo creato, il compimento di tutto il suo
destino, la realizzazione di tutta la sua speranza. La terra non è soltanto chiamata a generare le creature, è
chiamata a gene-rare Dio portando in se stessa la possibilità dell’Incarnazione divina. Così può venir compresa la
santità della terra e per questo suo essere oggetto d’amore e si può commettere peccato contro di essa e si può
domandarle perdono” (L.A. Zander, Dostojevskij, Parigi, 1946, p.69-70) in G. Vannucci, Verso la luce, ed. CENS,
Milano 1984, p.22-24
(75) cfr. B. Forte, op. cit., p. 86-87
(76) Proponiamo la lettura al singolare proposta da vari codici e usata da Ignazio d’Antiochia, Ambrogio, Agostino,
Vetus latina e altri. Tra i moderni De la Potterie, Serra, Brown. “A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di
diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome, il quale non dai sangui, né da volere di carne, né da
volere di uomo, ma da Dio è stato generato” (cfr. S. Perrella, op. cit., 102)
(77) cfr. S. Perrella, op. cit., 103-104
(78) Gv 2,1-11
(79) La formula del terzo giorno introduttiva dell’intervento di Dio è ampiamente testimoniata nell’Antico
Testamento: il terzo giorno Dio apparirà sul Sinai (Es 19,11); il terzo giorno Dio guarirà e farà rinascere il
popolo ( Os 6,2). Nel Nuovo Testamento il terzo giorno nei vangeli e in Paolo indica la risurrezione.
(80) cfr. Os 2,16-25; Ger 2,1-2; Ez 16; Is 50,1; Cantico e sal 45
(81) A. Serra, Contributi dell’antica letteratura giudaica…, p. 216-226
(82) Deut 5,5.27
Interessante il commento di G. Vannucci, che anticipa a Cana l’icona di Maria, madre della miseri-
cordia(83). “Maria –nella prospettiva giovannea- è colei che presenta al Figlio i bisogni dell’attesa e orienta alla
fede in Lui … se nella densità del simbolo, Gesù è lo Sposo del nuovo popolo di Dio, Maria appare come la figura
sponsale della donna, la Vergine Israele, la Chiesa Vergine e Madre, nel patto nuziale che è la nuova ed eterna
alleanza”(84).
3. Maria sotto la croce(85)
Questa è la fonte riconosciuta da recenti esegeti(86) del rapporto Maria-Chiesa e della maternità spiri-
tuale di Maria. Qui la presenza di Maria assume vari significati:
* è l’immagine della nuova Sion, madre di “tutti i figli di Dio dispersi riuniti in unità (συναγάγη είς
έν)(87) da Cristo con la sua morte. “Al posto di Sion, Madre, subentra ora Maria Madre. Essendo Madre di
Gesù, è dichiarata da Lui Madre del discepolo amato. La maternità di Maria è la maturazione escatologica della
maternità di Dio. Al posto di Gerusa-lemme, Madre dei dispersi radunati da Jahvè entro le sue mura e nel Tempio,
subentra Maria, Madre dei dispersi figli di Dio, radunati da Gesù nel tempio della Nuova Alleanza, costruito
dall’unione del Padre con il Figlio. Nell’economia del Patto Nuovo, sancito nell’Ora di Cristo, Maria diventa
Madre della Chiesa”(88).
* poiché è Madre di Gesù, diviene Madre dei discepoli: “la sua maternità rispetto a Gesù è il fondamento
della sua maternità nei confronti del discepolo. Abbiamo visto che per Giovanni la Persona di Gesù è il mistico
Tempio, ove sono radunati i dispersi figli di Dio: Maria in quanto Madre, è Colei che lo ha rivestito di carne umana
entro il suo grembo. Perciò è Madre anche di coloro che vengono adunati entro il Cristo-Tempio, da lei generato
secondo la carne”(89).
* la maternità spirituale di Maria verso i discepoli è affermata da Giovanni, ma non approfondita. Ma-
ria diviene modello di vita per i suoi nuovi figli(90). Sotto la Croce Maria diviene nuovamente madre:
genera in sé –nella fede provata dalla Parola che si compie nell’Ora- il Cristo, raggiungendo la piena
statura di Lui come discepola(91); genera nel dolore- lei che ha dato carne al Figlio di Dio senza versa-
mento di sangue e dolore- i fratelli di Gesù, generati dal Sangue del figlio versato sulla Croce(92).
4. La donna vestita di sole (Apoc 12,1)
Gli esegeti contemporanei danno una lettura ecclesiologica della “donna vestita di sole”; ma alcuni
salvano un riferimento a Maria perché la donna di Apocalisse 12 è la Madre del Re-Messia(93).
In brevissima sintesi, per Giovanni come “Serva del Signore” Maria è chiamata a collaborare all’opera
della salvezza (intesa come riunificazione di tutti i figli dispersi nell’Unità dell’Amore del Padre e del
Figlio) con titoli e prerogative di Madre, “lei che sotto la croce è la madre. Sembra quasi che questo sia il suo
nome proprio. Ella è semplicemente la madre”(94).
f. sintesi finale
La testimonianza neotestamentaria su Maria, Θεοτόκος, è sobria, ma estremamente densa. Nell’appro-
fondimento pasquale della sua figura, dai racconti dell’infanzia fino all’Apocalisse, ella appare nella
singolarità della sua duplice maternità, segnata dal rapporto con Figlio (cristologia), con la Trinità
(pneumatologia e teologia), con Israele e con la Chiesa (ecclesiologia). In lei si incrociano antico e
(83) “La Vergine-Madre non può che segnalare la mancanza del vino, la mancanza della Vita. Addita l’attesa di
una nuova ebbrezza da parte di forme esauste; solo la Parola divina, che si incarna, può compiere quest’opera.
“Niente c’è fra me e te, o Donna. Tu sei la matrice che attende la fecondazione, tu sei la misericordia che trepida e
si dona quando la vita vien meno. Io sono la Vita fecondante, tu attendi ed accogli: dal nostro incontro nasce una
più ardente vita” (G. Vannucci, op. cit., p. 23)
(84) B. Forte, op. cit., p. 93
(85) Gv 19,25-27
(86) cfr. I. de la Potterie, Le témoin qui demeure: le disciple che Jesus amait, in Biblica 67 (1986) p. 343-359; B.
Forte, op. cit., p. 94-98; A. Serra, Contributi dell’antica letteratura giudaica..., p. 306-434
(87) cfr. Gv 11,52
(88) A. Serra, op. cit., p. 405
(89) A. Serra, op. cit., p. 404
(90) “ La Scrittura insegna che un padre o una madre spirituale sono esempio, modello di vita per i loro figli. Ora,
se Gesù ci consegna sua Madre come nostra Madre, questo significa che intende donarcela anche come esempio da
imitare. Ella è per i credenti un paradigma perfetto di vita cristiana” (A. Serra, op. cit., p. 407)
(91) “…fino a che arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, all’uomo perfetto, alla
misura della statura della pienezza/pleroma di Cristo” (cfr. Ef 4,13)
(92) Gv 19,34; cfr. 1 Gv 5,5-6: “Chi è che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è Figlio di Dio? Questi è
Colui che è venuto con acqua e sangue, non con l’acqua soltanto, ma con acqua e sangue. Ed è lo Spirito che da
testimonianza, poiché lo Spirito è verità”.
(93) B. Forte, op. cit., p. 102
(94) A. Serra, op. cit., p. 404
nuovo patto; in lei si celebra l’alleanza che è suo Figlio Gesù; in lei si densifica la storia della salvez-
za: “l’intero messaggio scritturistico sulla Vergine Madre si compendia nel fatto che ella è icona dell’intero
mistero cristiano… Maria nella Scrittura manifesta la Scrittura in Maria: la totalità del disegno salvifico si offre nel
frammento di donna di Nazareth, scelta dall’Eterno come madre del Figlio venuto tra noi”(95).
(103) La posizione cristologica di Nestorio –secondo la critica odierna- sembra la seguente: egli salvaguardia
l’integrità e la pienezza della natura umana di Cristo; ribadisce la distinzione delle proprietà delle due nature, sia la
unità delle stesse. Predicava la volontarietà dell’unione del Logos divino con la natura umana. Utilizzava il
linguaggio della scuola antiochena: uomo assunto dal Logos, che vi abita come in un tempio. Inoltre affermava
l’unità ontologica del prosopon (termine che allora indicava l’apparenza esterna indivisa di Cristo)in cui
confluivano le due nature.
Le posizioni di Cirillo erano le seguenti: fedele alla cristologia alessandrina del logos sarx, Cirillo pur affermando
l’integrità della natura umana, dava assoluta precedenza al Logos divino, unico vero centro di azione in Cristo (per
Cirillo la natura umana resta passiva). Conseguenza della perfetta unità delle nature in Cristo è la dottrina di Cirillo
della comunicatio idiomatum, cioè della possibilità di poter riferire le proprietà o le caratteristiche (=idiomata)
dell’umanità alla divinità e viceversa, per cui, rimanendo le due nature distinte e non confuse, in forza dell’unione,
si può dire della divinità quanto è dell’umanità e viceversa. Per cui si può dire che Maria è la Θεοτόκος perché “in
lei il Logos è stato generato secondo la carne” (II° lettera a Nestorio). Cfr. A. Amato, op. cit., p. 198-201.
Ambedue le posizioni presentano –come già detto- dei problemi, risolti nel concilio di Calcedonia.
(104) cfr. A. Amato, op. cit., p. 202-203.
(105) Per la proclamazione del dogma vedi testo citato all’inizio del presente lavoro.
(106) cfr. A. Amato, op. cit., p. 208
(107) cfr. A. Amato, op. cit., p. 208
(108) cfr. A. Amato, op. cit., p. 208. Efeso possedeva una delle sette meraviglie del mondo antico: il tempio
dedicato alla Vergine Artemide, (sorella di Apollo e una delle raffigurazioni della Grande Madre). Molti in seguito
–a cominciare dai sostenitori di Nestorio- accusarono i difensori di Efeso di paganesimo, avendo scambiato Maria,
come una rappresentazione della Grande Madre degli dei o della Madre Terra. L’accusa fu avanzata anche per il
sostegno dei cittadini di Efeso, che dal tempio di Artemide ricevevano un grande afflusso di denaro e di ricchezze
ne”(109), il Tomus ad Flavianum(110) di Leone Magno, la migliore sintesi cristologica della Chiesa latina,
di cui fu impedita la lettura nel secondo concilio di Efeso del 449 (chiamato “il latrocinio di Efeso”, in
cui fu riabilitato Eutiche, sostenuto dall’imperatore Teodosio e durante il quale fu ucciso il patriarca
Flaviano). Morto l’imperatore Teodosio, il successore Marciano con la moglie Pulcheria indicono il Con-
cilio di Calcedonia , per portare la pace nelle contese sempre più violente tra i vari gruppi in campo.
Nel concilio –che fa proprio il simbolo di fede dei concili di Nicea e di Costantinopoli del 381, la II
Lettera di Cirillo a Nestorio e la Epistola ad Flavianum di Leone Magno- si raggiunge una formulazione
della fede in Cristo(111), che non verrà più modificata –in questo campo- per tutti i grandi patriarcati.
L’unico riferimento mariano –nella soteriologia- è il richiamo del simbolo e di Efeso: “da Maria vergine
Θεο-τόκος”. Questo indica la realtà concreta e storica della vera umanità di Cristo; consacra
definitivamente il titolo efesino di Θεοτόκος come patrimonio della Chiesa universale e lega per
sempre la Vergine Madre al mistero di salvezza operato dal Figlio e alla sua figura.
Il cammino di 450 anni, fatto dalla Chiesa, per giungere alle definizione dogmatiche su Cristo e su
Maria Θεοτόκος parte dall’antico testo di Galati per concludersi con una definizione che salvava la
verità –concepibile solo nella fede- della divinità di chi era nato nel modo raccontato da Matteo e Luca
e il fatto storico, cioè l’incarnazione nel grembo di una donna vergine. Il titolo Θεοτόκος serviva sia
alla cristologia sia alla mariologia, sia a far entrare nella coscienza dei fedeli la posizione di
preminenza della Madre del Redentore nella fede e nella devozione dei fedeli.
Il titolo Θεοτόκος è una confessione cristologica(112) non più messo in discussione; ma a Calcedonia “il
mistero mariano risultò felicemente formulato sia dogmaticamente sia terminologicamente, perché qui fu
tematizzato il riferimento sia alla persona che all’opera di Cristo… sia il ruolo della Madre di Dio nella salvezza…
e doveva diventare di grande importanza per lo sviluppo successivo della mariologia”(113).
d. Il Concilio Vaticano II
Fin dal titolo del Cap. VIII della Lumen Gentium(114), “la divina maternità appare come il fulcro dottrinale,
per il concilio
(109) Essa rappresenta il compromesso tra la scuola antiochena, rappresentata dal patriarca di Antiochia, Giovanni
e Cirillo di Alessandria, che permise un chiarimento e un avvicinamento tra i due schieramenti nel 433 a Efeso. La
formula afferma quanto segue per quanto riguarda il problema delle due nature e del termine Θεοτόκος: “… Infatti
è avvenuta l’unione di due nature. Perciò professiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore. Secondo
questo concetto senza confusione, professiamo la santa vergine Θεοτόκος, perché il Dio Logos si è incarnato e si è
fatto uomo e per questo concepimento ha unito a sé il tempio che ha assunto” (A. Amato, op. cit., p. 205).
(110) Lettera dottrinale di Papa Leone I, datata 13 giugno 499, che sostiene Flaviano, patriarca di Costantinopoli
contro Eutiche, che difendeva il monofisismo: prima della unione il Signore era di due nature, dopo l’unione di una
sola. Papa Leone Magno afferma la doppia generazione del Verbo; l’unica persona del Verbo che assume la natura
umana e diviene uomo veramente; la comunicatio idiomatum (cfr. A. Amato, op. cit., p. 214).
(111) la Definizione di Calcedonia afferma: “Seguendo pertanto i santi Padri, insegniamo tutti concordemente a
confessare che l’unico e identico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, egli stesso perfetto in divinità ed egli stesso
perfetto in umanità, Dio veramente e veramente uomo, egli stesso (composto) di anima razionale e di corpo,
consustanziale al Padre secondo la divinità ed egli stesso consustanziale a noi secondo l’umanità, in tutto simile a
noi fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e negli ultimi giorni egli stesso
per noi e per la nostra salvezza da Maria la vergine Madre-di-Dio secondo l’umanità. Insegniamo a confessare
che egli è riconosciuto l’unico e identico Cristo, Figlio, Signore, Unigenito, in due nature, senza confusione e
mutazione, senza divisione e separazione; che non essendo stata eliminata la differenza delle nature per l’unione,
ma piuttosto essendo stato salvaguardato ciò che è proprio di entrambe le nature, ed essendo confluita in un’unica
persona e in un’unica ipostasi, egli non è spartito o diviso in due persone, ma unico e identico egli è Figlio e
Unigenito, Dio Verbo e Signore Gesù Cristo. Questo insegniamo a confessare secondo quanto dapprima i profeti
hanno detto di Lui e il medesimo Gesù Cristo ci ha insegnato e il simbolo dei padri ci ha trasmesso” (cfr. A.
Amato, op. cit., p. 219-221)
(112) cfr. G. Soll, op. cit., p. 164-166
(113) cfr. G. Soll, op. cit., p. 169. G. Soll fa rilevare che nello sviluppo mariologico ci fu il pericolo di render
autonoma la figura della Vergine, nella riflessione successiva della sua presenza nell’opera della salvezza e per la
questione della sua figura morale.
(114) “La beata Maria Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa”. Il documento è pervaso dall’uso
di vari titoli riferentesi alla maternità: Deipara, Genitrix Dei, Mater Dei, Mater Salvatoris e Redemptoris, Mater
Domini (cfr. S. Meo, op. cit., in NDM, p. 822)
Vaticano II, di tutto il mistero e la missione di Maria… il concilio esprime la precisa intenzione di rileggere la
missione materna di Maria non tanto per quello che significa in se stessa o per rapporto alla persona di Maria o al
Verbo incarnato, quanto per il significato e l’apporto che essa dà alla storia della salvezza”(114). Tra gli aspetti
nuovi evidenziati dal concilio, si possono notare:
“Maria vive la sua maternità divina e salvifica, sotto l’impulso gratificante dello Spirito Santo, dal principio
alla fine della sua vita terrena, in un progressivo cammino di fede, di speranza, di obbedienza, di carità,
consacrando se stessa all’opera salvifica del Fi-glio”(115)(116);
al concetto teologico della maternità divina il concilio unisce la dimensione biblica del servizio:
“La Madre di Dio è la serva del Signore, che interpreta la missione materna nella linea religiosa dei servi di
Javhé… Maria ha vissuto la maternità come servizio: Madre di Dio e perciò serva”(117)(118).
Maria, Madre e Vergine, è figura della maternità della Chiesa e madre di tutti gli uomini, che la
accettano come il discepolo amato da Gesù fra le proprie cose(119)(120).
Da questo ne nasce, secondo il concilio, che “la maternità divina verginale è una realtà che si rinnova in
tutti i tempi della salvezza ad opera della Chiesa, che come Maria vive la maternità verginale”(121)(122).
(135) cfr. Carmine Di Sante, La preghiera di Israele, ed. Marietti, Genova 1991, p. 68-69. il testo citato fa parte
della seconda bene-dizione che precede la recita mattutina dello Shema’ Israel. La Benedizione è nota come birkat-
ha-Torah (benedizione della Torah) o ‘Ahavah rabbah (con grande amore) dal suo incipit.
(136) cfr. Es 24,7
(137) l’icona più nota è forse lo splendido affresco di Cimabue, conservato nella chiesa di Santa Maria dei Servi in
Bologna, raffigurante la Vergine del Magnificat, incinta della Parola di Dio, cui obbedisce rifiutando la tentazione
del diavolo a Eva.
(138) cfr. Gn 1,1s
(139) cfr. Lc 24,5-7
(140) Lc 24,8
(141) Lc 24,9
(142) cfr. P. Evdokimov, La santità nella tradizione della Chiesa ortodossa, in Maria, op. cit., p. 1196-1197
(143) cfr. Is 52,7-9: “Come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di
bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio. Senti? Le sentinelle alzano la voce, insieme
gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion. Prorompete insieme in canti di gioia,
rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme”. Il testo del
Deutero-Isaia è ricco di elementi che concorrono a identificare nel messaggero, sia Maria, la madre-regina del Re
che salverà Israele e che annunzia a Israele la salvezza, sia in Elisabetta l’antico popolo d’Israele che canta e danza
di gioia e che riconosce in Gesù la consolazione di Israele, Colui che lo riscatta e insieme il prezzo del prezzo.
Maria-mesaggero è anche figura delle mirrofore che corrono con gioia ad annunciare agli apostoli la risurrezione di
Cristo, il nuovo Re, che dona pace, bene e salvezza. È figura, typus, di tutti i discepoli che annunciano il Signore
risorto al mondo, facendolo nascere nel proprio uomo nuovo, che li riveste e li rinnova.
ria e il messaggero isaiano, si identificano anche le donne mirrofore di Matteo(\144), figura di tutti i
discepoli che ricevono l’annunzio della risurrezione e devono portare l’annuncio agli altri la Buona
novella non può essere ricevuta e trattenuta per sé, dev’essere annunciata, portata, donata agli
altri. E la testimonianza vera della buona novella, della Parola, è la sua incarnazione, nella vita del
testimone: si annuncia prima con la vita, che con la parola.
La scena di Pasqua illumina di luce piena e di pienezza di significato il racconto dell’infanzia. Ogni cri-
stiano, immerso nella vita e nella luce del Risorto, come Maria ne diventa l’arca che rende possibile la
sua presenza vitale nel mondo.
d. La gratuità della donna e la Madre della Grazia
Ci rimane un ultimo aspetto da considerare. Il Concilio Vaticano II ci dice che Maria ci è madre nell’or-
dine della grazia. Questo testo è illuminato da considerazioni antropologiche e bibliche.
È un dono della donna quello di “penetrare direttamente nell’esistenza dell’altro, dell’uomo… di cogliere
l’impon-derabile della persona umana. Con questa facoltà ella aiuta l’uomo a comprendersi e a realizzare il senso
del proprio essere, ella lo porta al proprio compimento decifrandone il destino e così, grazie alla donna, l’uomo
diventa più facilmente quello che è. La funzione profe-tica diretta sull’essere lo muta, e l’offerta di sé, tipica della
donna, rende possibile l’irruzione dell’Altro. Questa è la dialettica della maternità spirituale”(145). La maternità
della donna non è solo fisica, ma anche spirituale: essa genera l’uomo a se stesso rivelandogli come a
Cana la verità su sé stesso.
Il legame con Cana è sottolineato da Evdokimov nel proseguo della sua riflessione: “l’istinto
materno, come a Cana, scopre immediatamente anche la sete di spirito degli uomini e trova la fonte eucaristica per
estinguerla. La relazione immediata con lo Spirito di Verità fa sì che la donna sia capace di porre agli uomini il
problema della loro verità e la porta ad impedir loro di installarsi nella storia o di distruggerla… L’uomo d’oggi
disumanizza e rende un oggetto il mondo… la relazione tra madre e figlio impedisce ogni forma di oggettivazione
fa capire che la donna veglia sulla forma umana come sul proprio figlio; vede in essa un valore assoluto e per
questo la donna umanizza e personalizza il mondo… Ma la donna salverà il mondo solo se, gratia plena, alla
sequela della Vergine, divine la porta del Regno e l’immagine conduttrice”(146). La Vergine, Donna per
eccellenza, diviene modello a tutte le donne di ministero spirituale verso ogni uomo e a tutti i
discepoli di vita spirituale.
Si può dire che la maternità spirituale della Madre di Dio, la sua intercessione –come madre di gra-
zie-, si compie in pienezza in un grande ministero didattico: “la Donna-Madre trasmette al discepolo
misteriosa-mente il senso di Dio, il gusto e la nostalgia indistruttibile del Regno. Il ministero femminile si esprime
al meglio nell’immagine euca-ristica: le cose sante ai santi”(147)(148). Maria e ogni donna esercita il carisma
materno in direzione della santità: fatta nuova creatura dallo Spirito, essa è capace di generare Dio
nelle anime devastate. “È il ministero del Paraclito, la grazia di consolazione e di gioia che postula in ogni
essere femminile una madre per la quale tutte le sue creature sono suoi figli. La Bellezza salverà il mondo: non una
bellezza qualsiasi, ma quella dello Spirito Santo, della Donna avvolta di Sole”(149).
CONCLUSIONE
Termino con due preghiere sulla madre e sulla donna; un augurio perché, come aspiriamo noi Servi di
santa Maria, essa sia non solo nostra Signora, ma ci porti alla pienezza della figliolanza divina.
“Sii tu allora, o tu cara madre, la nostra atmosfera, mio più beato mondo, dove io vaghi e non incontri peccato;
sopra me, intorno a me pòsati affrontando il mio occhio ritroso con dolce intatto cielo; nel mio orecchio vibra, parla
dell’amore di Dio, o aria viva, di pazienza, penitenza, preghiera: aria madre del mondo, aria selvaggia, raccolto in
te, in te isolato, nel tuo ricetto accogli, stringi tuo figlio”(150).
“A tutti i frammenti, gli atomi di Maria sparsi nel mondo, che hanno nome donna, rivolgiamo noi la salutazione
angelica: Ave, o Donna! che tu sia piena di grazia, che l’assistenza dello Spirito Santo sia teco, che sia benedetto e
benefico agli umani il frutto del tuo seno! Che tu possa pacificare la terra, conciliare i fratelli nemici, cancellare
Caino, far risorgere Abele, ricondurre tutta la terra al Padre celeste nell’amore del Figlio, nella grazia dello Spirito.
Amen”(151).
(144) Mt 28,8: “Abbandonato il sepolcro in fretta, con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio ai
discepoli”.
(145) cfr. P. Evdokimov, La donna e la salvezza dell’uomo, op. cit., p. 263
(146) cfr. P. Evdokimov, La donna e la salvezza dell’uomo, op. cit., p. 263-264
(147) cfr. Mt 7,6: “Non date le cose sante ai cani”, intendendo per cose sante gli alimenti consacrati dal sacrificio.
(148) cfr. P. Evdokimov, La donna e la salvezza dell’uomo, op. cit., p. 264
(149) cfr. P. Evdokimov, La donna e la salvezza dell’uomo, op. cit., p. 227
(150) Gerard M. Hopkins, Dalle foglie della sibilla, ed. Rizzoli 1998
(151) G. Vannucci, Preghiere alla Stinche, CENS, Milano 1987, p. 56